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DA TUTTA LA REDAZIONE. Star Wars: l ascesa di Skywalker recensione con spoiler dell ultimo episodio di una saga ormai avvolta dal mito

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AUGURI BUONE FESTE

DA TUTTA LA REDAZIONE

Star Wars: l’ascesa di Skywalker – recensione con spoiler dell’ultimo episodio di una saga ormai avvolta dal mito

Che dire. Fare meglio del precedente, meno che mediocre, Gli Ultimi Jedi non sarebbe stato difficile, ma J. J. Abrams doveva chiudere l’intera saga di Star Wars. Confrontarsi con un mito è un compito improbo. Tra l’altro, vista la quantità di personaggi e di intrecci narrativi messi in scena nei precedenti episodi, bisognava rispondere a troppe domande nel tempo concesso a una singola pellicola.

In effetti seguire questo film, senza avere bene presente in mente tutti quelli precedenti, è una sfida persa in partenza.

A meno che lo spettatore non abbia un manuale di pronta consultazione sotto mano. Sempre che uno non decida di spegnere la parte raziocinante del cervello e di lasciarsi trasportare dal flusso narrativo in modalità brain off.

Perché gli effetti visivi sono molto coinvolgenti (e ci mancherebbe altro che non lo siano) e il ritmo della storia è

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molto sostenuto, vista la quantità di capitoli da chiudere.

Cosa che magari va bene per chi va al cinema per distrarsi e basta, ma forse non è entusiasmante per chi invece vuole immergersi in una storia, e non in un videogioco. Come sempre, è una questione di punti di vista.

Star Wars: l’ascesa di Skywalker – un film per i fans della saga

Se uno non conoscesse nulla degli episodi precedenti, probabilmente di questa pellicola capirebbe poco o nulla, dal punto di vista narrativo. La quantità di personaggi messi in scena è notevole, orizzontarsi in mezzo all’incalzare degli eventi non è facile. La velocità con la quale si succedono le inquadrature non agevola certo l’introspezione psicologica, l’indugiare sui particolari o il fare mente locale su quanto successo dieci secondi prima.

In ogni caso il nucleo della storia rimane legato all’eterna lotta tra il bene contro il male, in Star Wars rappresentata dallo scontro dei Jedi contro i Sith. Con tutte le contraddizioni, le ambiguità e i mescolamenti familiari a cui gli episodi precedenti ci avevano abituati.

Così ritroviamo Rey che sta terminando il suo addestramento, sotto la materna guida del generale Leia Organa, mentre Kylo Ren, nuovo Leader Supremo, raggiunge sul pianeta Exegol l’imperatore Palpatine, tenuto in uno stato di non-morte dal lato oscura della Forza e da un complesso macchinario tecnologico. Questi ordina a Kylo Ren di uccidere Rey, e di utilizzare la nuova flotta stellare per soggiogare la galassia, mettendo in moto il meccanismo narrativo.

In realtà Kylo ha altri progetti. Vorrebbe impalmare la bella Rey, uccidere Palpatine e godersi l’impero. Ovviamente il bene trionferà, dopo alterne vicende e varie morti e resurrezioni, che in questo film non si contano, inflazionando un espediente narrativo che dovrebbe essere usato con il contagocce, perché

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quando diventa un’abitudine rende scontate e quasi risibili molte scene dove invece bisognerebbe essere travolti dall’emozione.

Alla fine chi ci lascerà definitivamente le penne sarà il vecchio Palpatine e il giovane Kylo Ren, che tuttavia non riuscirà mai a consumare la sua passione per la bella Rey, nelle cui braccia morirà definitivamente, dopo un casto abbraccio, unica ricompensa concessagli per avere abbandonato il lato oscuro della Forza.

Ovviamente all’ultimo minuto, non si capisce bene perché, tutta la galassia accorrerà in difesa dei buoni, spazzando via le residue forze imperiali, già messe in seria crisi dall’improbabile attacco delle raffazzonate e picaresche forze della Resistenza, dove si viene nominati generali grazie a un bel sorriso e a una pacca sulla spalla.

Alla fine Rey ritorna su Tatooine, dove tutto ebbe inizio nel primo film della saga, nella vecchia fattoria degli Skywalker, dove seppellisce le spade Jedi di Anakin e Leia, facendole inghiottire nella sabbia. Quindi, rispondendo alla domanda di una vecchia, dopo avere visto dei fantasmi di Jedi nel deserto, decide che il suo cognome è Skywalker. Subito dopo si gira a guardare il tramonto, con il suo fido androide accanto.

Il bene trionfa, ma a che prezzo. Lacrimuccia. Titoli di coda.

Rey e Kylo Ren: il mito di Romeo e Giulietta in chiave fantascientifica

In Star Wars: l’ascesa di Skywalker il rapporto tra Rey e Kylo Ren raggiunge un nuovo livello. La bilancia tra attrazione e repulsione pende decisamente verso il primo polo. I due costituiscono una diade nella Forza, cosa che conferisce loro poteri incredibili, che il perfido Palpatine vorrebbe utilizzare per regalarsi una nuova vita, ma ne sarà alla fine travolto.

Come in Romeo e Giulietta, i due sono ineluttabilmente legati

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tra loro, ma l’appartenenza a due diverse famiglie, i Jedi e i Sith, rende impossibile una loro unione. Anche se si salveranno reciprocamente la vita, anche a costo della propria, alla fine sarà una pensosa Rey a sopravvivere, in triste compagnia di un piccolo droide, contemplando il tramonto su Tatooine.

Ovviamente nessuno si aspettava una scena di sesso in un film di Star Wars, fatto per di più dalla Disney, ma il film poteva concedere qualcosa di più all’evoluzione di questo connubio.

Probabilmente la fretta di raccontare troppe cose in un solo film ha bruciato anche questa opportunità. Peccato.

Nota a margine: nel film le figure dominanti sono quelle femminili. La Resistenza trionfa grazie alla determinazione di Rey, circondata da numerosi personaggi maschili, che tuttavia hanno una funzione ancillare. Alla fine sarà lei a sopravvivere e a sotterrare le spade Jedi, con un gesto carico di significati simbolici: il mondo femminile mette fine alla guerra galattica, che era tenuta in vita da un rappresentante di quello maschile, l’infame Palpatine. Nell’ultima inquadratura Rey non ha un uomo al suo fianco, ma un piccolo droide con il quale condivide la visione di un romantico tramonto.

In attesa del prossimo sequel, prequel o spin-off della saga di Star Wars

Ma forse Rey e Kylo Ren avranno altre opportunità. Essendo già morto e tornato in vita, magari Kylo farà il bis in un prossimo episodio, dando ulteriore concretezza fisica alla diade nella Forza. Il finale di questo film lascia la porta aperta a questa evenienza.

Del resto rimane un altro interrogativo senza risposta. Finn più volte dichiara che vuole dire a Rey, e solo a lei, un segreto, di natura imprecisata, che non viene mai rivelato allo spettatore. Scelta curiosa per un film che dovrebbe

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essere l’epilogo della saga.

Insomma ci sono diversi elementi per pensare che non sia finita qui. Ma forse non vale la pena lambiccarsi troppo nell’esegesi dei nove film della saga per arrivare a questa conclusione. Perché Star Wars è una macchina per fare soldi, ed è difficile pensare che la Disney, che ne ha comprato i diritti, rinunci alla possibilità di continuare a lucrarci sopra.

Basta pensare a questa pellicola, che nonostante la sua mediocrità sta facendo, e farà, incassi stellari al botteghino. Un film che narrasse con le stesse modalità una storia analoga, senza però utilizzare l’immaginario ormai avvolto dal mito di Star Wars, probabilmente sarebbe un fiasco commerciale e verrebbe maciullato dalla critica. Perché mai la Disney dovrebbe rinunciare a questa gallina dalle uova d’oro?

Prepariamoci quindi ai futuri sequel, prequel, spin off, senza aspettarci molta qualità, effetti speciali a parte.

Sinéad O’Connor ritorna in Italia con tre date, il 16 gennaio sarà al Capitol di Pordenone.

Sinéad O’Connor ritorna finalmente in Italia, la controversa cantautrice irlandese sarà al Capitol Event Hall di Pordenone giovedì 16 gennaio nella prima delle sole tre date italiane del tour che la sta portando in giro per l’Europa e che la vedrà poi calcare i palcoscenici degli States dove tutti gli

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spettacoli in programma sono praticamente sold out.

L’aggettivo “controversa” utilizzato nel descrivere la cantautrice non è stato impiegato a caso, Sinéad O’Connor ha dato modo di far parlare di se

in diverse occasioni nel corso d e g l i a n n i , s i a p e r q u a n t o riguarda il suo look (capelli r a s a t i ) c h e p e r a l c u n e s u e intemperanze a volte non gradite dai suoi collaboratori e anche d a u n a p a r t e d e l p u b b l i c o ;

spesso controcorrente, la O’ Connor è vista come un personaggio scomodo ma la sua voce strepitosa fa dimenticare i suoi eccessi e la scontrosità del suo carattere per godere della buona musica alla quale ci ha abituati.

L’artista irlandese è conosciuta dal grande pubblico per la bellissima interpretazione di “Nothing Compares 2 U” (scritta da Prince) ma il suo primo album da solista risale al 1987 quando pubblica “The Lion e The Cobra”, un lavoro innovativo per l’epoca che le fa ottenere il disco di platino. L’esordio vero e proprio avviene però alcuni anni prima quando ancora giovanissima si unisce alla band irlandese In Tua Nua – molto in voga all’epoca – per la quale scrive il pezzo Take my hand, per poi proseguire con la carriera solista dopo una parentesi con un altro gruppo irlandese.

Una decina gli album pubblicati nel corso della sua carriera, l’ultimo – I’m Not Bossy, I’m the Boss – risale al 2014, è seguito poi il periodo della conversione all’Islam con il conseguente cambio di nome (ora si fa chiamare Shuhada’

Davitt, ndr) ed il ritorno alle scene nella sua Irlanda lo scorso mese di settembre.

Non rimane quindi che attendere gennaio per godere della sua splendida voce e dei suoi brani indimenticabili che hanno caratterizzato gli anni ’80 e ’90, appuntamento al Capitol

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Event Hall di Pordenone il 16 gennaio 2020.

I n f o r m a z i o n i a l l i n k

http://www.musicclub.eu/locali/capitol-event-hall-pordenone e biglietti sul circuito ufficiale Ticketone.

Dario Furlan

Il 29 Dicembre al Teatro Palamostre di Udine andrà in scena l’irresistibile Musical in lingua friulana “No tu sâs ce che tu âs”.

Il 29 Dicembre al Teatro Palamostre di Udine andrà in scena l’irresistibile Musical in lingua friulana “No tu sâs ce che tu âs”.

Domenica 29 dicembre, alle 17.30, al Teatro Palamostre di Udine andrà in scena un irrinunciabile musical natalizio, ideato dall’Associazione Musicologi, con il patrocinio del Comune di Udine, intitolato “No tu sâs ce che tu âs”. Uno spettacolo comico tutto in lingua f r i u l a n a , c o n l a r e g i a d i A n n a Placereani, unico nel suo genere, fatto di recitazione, canto, balletti su coreografie di Miriam de Zuccato, suggestive scenografie di Luigino Rigo e

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la straordinaria partecipazione di due compagini corali.

Ambientato in una tipica casa friulana nel periodo natalizio, in cui sia i dialoghi e sia i brani cantati sono in

“marilenghe”. Questi ultimi sono stati ideati da Alessio de Franzoni e da compositori friulani, diplomati al conservatorio

“J. Tomadini” di Udine, arrangiati dagli stessi per strumenti e coro. Gli strumentisti suonano rigorosamente dal vivo (fisarmonica, pianoforte con Alessandro Tammelleo e Alessio de Franzoni, contrabbasso con Mauro Meroi, chitarra con Stefano Isola e batteria con Alessandro Piputto) con cantanti in costume, che recitano e cantano sul palco in lingua friulana, il tutto assieme a due cori, “Alpe Adria” di Treppo Grande e

“Rose di mîl” di Montenars, diretti nell’occasione dal Maestro Alessandro Tammelleo, che hanno il compito di valorizzare le scene con i loro brani corali. La tematica del musical, seppur in chiave comica, è incentrata sui veri valori della famiglia, quei valori che si riscoprono nel periodo natalizio.

Il costo del biglietto è 10 euro adulti e 8 euro ragazzi fino a 1 2 a n n i , p r e n o t a b i l e s u https://ilcaffedelvenerdi.it/eventi/prenotazione-no-tu-sas-ce- che-tu-as

L’Associazione Musicologi è una giovane realtà che si dedica dal 2001 alla promozione della musica nella Regione Friuli Venezia Giulia sotto i più diversi aspetti: nei suoi quattordici anni di attività si è occupata di organizzazione di concerti e convegni, realizzazione di programmi radiofonici e televisivi, produzione di conferenze e cd musicali, interventi in campo educativo e divulgativo. L’Associazione Musicologi si è fatta inoltre promotrice di importanti

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progetti in campo educativo, con il sostegno di diversi enti pubblici e privati: il “Laboratorio Interscolastico di Istruzione e Sperimentazione Musicale” (LIISM), che ha portato la musica nelle scuole superiori di Udine e Gemona, su un’idea di Marco Maria Tosolini, con la collaborazione degli insegnanti della Music Academy JazzFunk Co.; “Glemone Music Lab”, “La musica dei miei luoghi”, un laboratorio di composizione guidata, con l’ausilio del computer, avente come soggetto ispiratore il territorio del Gemonese e dedicato agli alunni delle scuole elementari, la scuola di musica “Gemusica”

a Gemona del Friuli con la sua ormai ultra-decennale attività, la “Casa della musica” di Udine che offre corsi di teoria e strumento musicale oltre a laboratori di DJ, tecnico del suono e di natura musicoterapica per donne in gravidanza e la scuola di musica alpina “Monte Bernadia” di Tarcento.

E. L.

Cena con Delitto – Knives Out: recensione del film scritto e diretto da Rian Johnson

Questo film è una riuscita rivisitazione moderna del giallo classico, nel quale un investigatore deve individuare il responsabile di un crimine, muovendosi tra una ristretta cerchia di sospettati, grazie alla sua innata capacità di individuare i minimi indizi, risolvendo enigmi apparentemente insolubili.

In Cena con Delitto – Knives Out l’investigatore è Benoit

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Blanc, interpetato da un convincente Daniel Kraig, chiamato a fare luce sulla morte dell’ottuagenario romanziere Harlan Thrombey, ritrovato deceduto nella sua camera dopo la sua festa di compleanno, in circostanze apparentemente riconducibili a un suicidio.

La sagacia di Benoit gli permette di fare luce su quanto veramente accaduto, grazie anche alla sua capacità di guardare oltre il velo di perbenismo della famiglia Thrombey, apparentemente unita e felice, ma in realtà profondamente divisa e pronta a scannarsi per dividersi l’eredità. Certo, saranno necessari numerosi colpi di scena, sempre capaci di sorprendere lo spettatore, ma l’incredibile verità alla fine verrà a galla.

Cena con Delitto: una fine satira della società statunitense contemporanea

Questo film non è solo un piacevole giallo, ben costruito, ottimamente recitato, permeato da un sottile humor inglese e mai avaro di sorprese. È anche uno scanzonato ritratto della società statunitense e prende sottilmente per i fondelli la classe benestante, rappresentata dalla famiglia Thrombey.

Nonostante il fiume di denaro che i libri di Harlan assicurano, i figli e i nipoti dell’ottuagenario patriarca sono ai ferri corti, per problemi di soldi e preoccupazioni legate all’eredità. La cosa curiosa è che nella famiglia esistono due fazioni, una legata ai valori conservatori e alla difesa a oltranza dei confini americani, l’altra progressista e favorevole all’immigrazione, almeno a parole.

In realtà queste differenze sono destinate a evaporare davanti alla prospettiva di perdere il patrimonio, e i suprematisti bianchi faranno fronte comune con i teorici della libera immigrazione, quando si tratterà di difendere il portafoglio.

Nel film è presente anche il mondo dei meno abbienti, bene rappresentato dalla giovane infermiera sudamericana Marta,

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interpretata dalla splendida Ana de Armas, che accudisce il vecchio Harlan e si guadagna la fiducia di tutta la famiglia Thrombey, grazie all’impegno profuso nella sua professione.

Ma la gratitudine dei suoi datori di lavoro è destinata a durare poco, in quanto i Thrombey, messi alle strette da eventi a loro avversi, sono pronti a ricattarla, facendo leva sulla sua unica debolezza: la madre è una immigrata clandestina, e se la polizia lo sapesse sarebbe un guaio per tutta la famiglia sudamericana.

Apparentemente divisi da appartenenze politiche di facciata, ma interiormente accomunati da una avidità cieca e indifferente alle altrui necessità, i Thrombey bene rappresentano una società chiusa nella difesa di stantie rendite di posizione, incapace di prendere coscienza delle proprie contraddizioni e della propria ipocrisia. E destinata e essere travolta dal nuovo che avanza, come inevitabilmente accade nell’imprevedibile finale di questo gustoso film.

Cena con Delitto: un dichiarato e riuscito omaggio al giallo classico

Sui social network Rian Johnson, regista e sceneggiatore, ha postato i nomi dei film a cui si è ispirato nel creare questo suo lavoro. Troviamo molti classici, parecchi dei quali basati sui gialli di Agatha Christie: Delitto Sotto il Sole, Assassinio sul Nilo, Un Rebus per l’Assassino, Trappola Mortale, Signori il Delitto è Servito, Assassinio allo Specchio, Gosford Park, Assassinio sull’Orient Express, solo per citarne alcuni.

Sebbene la trama del film non sia riconducibile con precisione a nessuno di essi, la storia messa in scena ha tutte le caratteristiche del giallo classico, applicate tuttavia nel contesto contemporaneo, con grande intelligenza ed efficacia.

Rian Johnson ha poi dichiarato che per disegnare il personaggio di Benoit Blanc si è ispirato a quello di Hercule

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Poirot, uno dei detective inventato dal genio da Agatha Christie. I due non condividono l’aspetto fisico, ma la francofonia del nome e alcune caratteristiche caratteriali:

apparentemente freddi e distaccati, molto professionali nel modo di gestire le investigazioni, nascondono sotto la maschera razionale un cuore d’oro e una grande empatia.

Come Poirot, Blanc deve smascherare il colpevole tra una ristretta cerchia di parenti e loro dipendenti, molti dei quali avrebbero un ottimo movente per eliminare il vecchio Harlan Thrombey. Come Poirot, Blanc riesce a scoprire la verità con un paziente e certosino lavoro di interrogazione dei sospetti, di ricerca di indizi e di valutazione di tutti gli elementi raccolti.

Cena con Delitto: un ottimo film da vedere assolutamente

Questo film ha l’indubbio merito di rinnovare un genere ormai stantio. Perché Cena delitto non è il solito, ennesimo rifacimento di un qualcosa già visto. Rian Johnson è stato capace di creare una storia originale, permeata dallo spirito dei gialli classici, è vero, ma perfettamente ambientata nel mondo contemporaneo, dominato dagli smart phone e dai social network.

Il regista e sceneggiatore ha girato una pellicola ricca di colpi di scena, sostenuta da un buon ritmo, intrisa da un humor sottile, che regala un finale imprevedibile. Un film equilibrato, dove c’è spazio anche per inseguimenti e scene cariche di suspense, senza però mai scivolare nel trash o appesantire la storia con complicazioni narrative inutili.

La recitazione è di alto livello, sostenuta da un cast stellare, in stato di grazia: Daniel Craig, Chris Evans, Jamie Lee Curtis, Christofer Plummer, Don Johnson, Toni Collette, solo per citare i più famosi, senza dimenticarre la bravissima Ama de Armas.

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Un film che ha anche il merito di avere creato un riuscito personaggio, Benoit Blanc, che probabilmente avrà un futuro, in quanto Rian Johnson ha già dichiarato che intende girare un sequel di questo ottimo film. Una sfida impegnativa, perché dopo avere visto l’eccellente Cena con Delitto – Knives Out le aspettative del pubblico saranno molto alte. Speriamo che Rian Johnson non le deluda.

18 DICEMBRE AL POLITEAMA ROSSETTI SIMONE CRISTICCHI IN CONCERTO – “ABBI CURA DI ME – TOUR”

Simone Cristicchi (credits Dario Furlan)

L’atteso concerto di Simone Cristicchi al Politeama Rossetti è ormai vicinissimo: mercoledì 18 dicembre proprio Trieste ospita l’ultima tappa del tour che lo ha visto trionfare sui

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palchi musicali di tutta Italia e che è partito in concomitanza con la pubblicazione dell’album (edito Sony Music) “Abbi cura di me”, prima raccolta dei suoi più noti e amati brani.

Simone Cristicchi (credits Dario Furlan)

Un appuntamento da non perdere, dunque a cui Simone Cristicchi giunge forte di 6 anni di successi teatrali, con oltre 300.000 spettatori, sold out ripetuti, e un Festival di Sanremo 2019 che lo ha visto protagonista pluripremiato.

La tappa di dicembre dell’“Abbi cura di me Tour” al Politeama Rossetti sarà particolarmente emozionante, visto il legame dell’artista con Trieste e il suo teatro, dove ha già raccolto indimenticabili successi con “Magazzino 18”.

Durante questo nuovo tour, l’istrionico e imprevedibile artista ripercorrerà le tappe salienti del suo affascinante percorso: da “Vorrei cantare come Biagio” a “Ti regalerò una rosa” (canzone vincitrice del Festival di Sanremo 2007) passando per “Meno male (che c’è Carla Bruni)” alla recente

“Abbi cura di me” .

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Simone Cristicchi (credits Dario Furlan)

Monologhi e canzoni si alterneranno in uno spettacolo che viaggerà sulle ali del divertissement e della poesia…. “Ti immagini se cominciassimo a volare tra le montagne e il mare, dimmi dove vorresti andare…”

REMO ANZOVINO sabato 14

dicembre a Pordenone e Udine

presenta ART FILM MUSIC, il

cofanetto con i 5 album delle

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colonne sonore per La Grande Arte al Cinema in uscita oggi

REMO ANZOVINO ART FILM MUSIC

http://smarturl.it/anzonvinobox

ESCE OGGI SU ETICHETTA SONY CLASSICAL IL COFANETTO CON I 5 CD DI TUTTE LE COLONNE SONORE DEL

COMPOSITORE E PIANISTA ITALIANO PER LA GRANDE ARTE AL CINEMA

DA HITLER CONTRO PICASSO E GLI ALTRI A FRIDA KAHLO, PASSANDO PER VAN GOGH, MONET E GAUGUIN

SABATO 14 DICEMBRE L’ARTISTA INCONTRA IL PUBBLICO

A PORDENONE E UDINE

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Reduce dalla prima straordinaria tournée americana (Washington, Chicago e gran finale a New York al leggendario The Cutting Room), oggi, venerdì 13 dicembre, il pianista e compositore italiano Remo Anzovino pubblica in tutto il mondo, su etichetta Sony Classical, “ART FILM MUSIC” , il box set celebrativo che contiene in 5 CD l’intera collezione delle colonne sonore da lui scritte, dirette e orchestrate per la serie “La Grande Arte al Cinema” di Nexo Digital.

R e m o A n z o v i n o ( c r e d i t Gianluca Moro)

E domani, sabato 14 dicembre, l’artista incontrerà il pubblico nella sua regione: alle ore 11:00 del m a t t i n o a P o r d e n o n e n e l n e g o z i o d i d i s c h i Musicatelli (piazzale XX settembre 7) e alle ore 16:00 a Udine da Cerneaz Pianoforti (via Bariglaria 143).

Da “Hitler contro Picasso e gli altri” a “Frida.

Viva La Vida”, passando per “Van Gogh tra il grano e

il cielo”, “Le Ninfee di Monet” e “Gauguin a

Tahiti”, sono i 5 album di Anzovino, nuovo e unico

vero erede della grande tradizione italiana nella

musica da film, celebrati in Italia con il Nastro

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D’Argento 2019 – Menzione Speciale Musica dell’Arte e accolti trionfalmente dalla stampa internazionale, che nell’unicità del linguaggio del compositore italiano ha riconosciuto l’importanza dell’aspetto musicale nel racconto, la sua forza narrativa, il talento per la melodia e l’intelligenza compositiva, a tutti gli effetti co-protagonisti del successo planetario del progetto.

Le mie colonne sonore per il cinema – dichiara Anzovino – non nascono mai insieme alle immagini.

Passo molto tempo, piuttosto, a leggere la s c e n e g g i a t u r a e a g u a r d a r e i l f i l m , q u a s i disinteressandomi di quale musica proporrò. Cerco, cioè, di assorbire il più possibile la storia e lo stile visivo. Solo poi, ricordando le emozioni che il racconto ha suscitato in me, e con lo schermo rigorosamente spento, compongo la musica principale.

In qualche modo – conclude il compositore – questo

permette anche a me di sentirmi spettatore del film

e, soprattutto, dal punto di vista creativo mi rende

libero e non limitato dai tempi delle scene,

ottenendo così una musica non didascalica e

ispirata, che possa aggiungere valore alle immagini

e, insieme, una musica capace di avere un arco

narrativo completamente autonomo dal film e che il

pubblico godrà nell’album della colonna musicale.

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Remo Anzovino (credit Dario Furlan)

Questo straordinario progetto tra arte, cinema e musica, si è completato alla fine di novembre con

“Frida. Viva La Vida”, il docu-film dedicato a Frida Kahlo con la regia di Giovanni Troilo che ha debuttato con grande successo nei cinema italiani e ora verrà proiettato in tutto il mondo, in oltre 50 paesi.

La colonna sonora è stata anticipata da “Yo te cielo (Cancion para Frida)”, la canzone originale del film che per la prima volta ha visto Anzovino firmare, oltre alla musica, anche interamente il testo, riuscendo nell’impresa costruire i suoi versi in spagnolo attorno alla citazione di un frammento di una lettera che Frida Kahlo indirizzò al poeta messicano Carlos Pellicer: “Yo te cielo, así mis alas se extíenden enormes para amarte sin medida”

(Io ti cielo, affinché le mie ali si aprano a

dismisura per amarti senza confini).

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Una canzone struggente per la sua bruciante passione e la nostalgia della vita che se ne va nell’atto di Frida di dipingere il suo ultimo quadro, con la consapevolezza di essere già un mito. La voce di Frida è stata affidata ai colori caldi e bruniti della cantante e attrice turca Yasemin Sannino, già nota per Birdenbire e And Never Tell ne Le Fate Ignoranti di Ferzan Özpetek, nonché dall’intervento lirico e poetico del grande trombettista jazz Flavio Boltro. “Yo Te Cielo (Cancion Para Frida)” è anche un videoclip, intimo e raccolto nella sua semplicità e s p r e s s i v a , d i r e t t o d a G i a c o m o C i t r o : http://bit.ly/2KIz8D1

“Remo Anzovino è un compositore che ha il suo suono, il suo stile e il suo modo

davvero unico di creare musica magistrale e melodie memorabili.

È senza dubbio un autentico maestro nella sua arte.”

John Mansell (Movie Music International)

Remo Anzovino (credit Dario Furlan)

Canali ufficiali di REMO ANZOVINO Website http://remoanzovino.it

Facebook: http://facebook.com/remoanzovino

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YouTube: http://youtube.com/remoanzovino Instagram: http://instagram.com/remoanzovino Twitter: http://twitter.com/remoanzovino

VignaPR

Midway: recensione del film di guerra di Roland Emmerich

Roland Emmerich in questa pellicola ha raccontato quanto avvenuto nella Seconda Guerra Mondiale nel teatro del Pacifico, a partire dall’attacco giapponese a Pearl Harbour fino alla riscossa statunitense nella battaglia delle Midway.

La ricostruzione dei fatti è ineccepibile, ma non si può dire altrettanto di quella dei protagonisti di quegli eventi, trasformati in eroi da fumetto.

Anche le scene di combattimento, perfette in fatto di fedele ricostruzione dei mezzi bellici utilizzati e delle manovre eseguite sul campo di battaglia, alla fine vengono banalizzate in una specie di videogioco, dato lo spessore monodimensionale dei personaggi, schiacciati nel loro ruolo di combattenti muscolari dal volto squadrato e dalla mascella prominente.

L’unico svago concesso ai nostri eroi è scambiare qualche parola con la moglie, sempre dipinta come fedele compagna o madre di famiglia. E magari masticare un chewing gum tra un massacro e quello successivo. Va comunque detto che Emmerich non indugia mai in scene splatter o raccapriccianti. Gli uomini muoiono a centinaia negli aerei in fiamme o nelle esplosioni che squarciano le navi da battaglia, affogano

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intrappolati negli abitacoli dei loro siluranti che si inabissano, ma hanno la decenza di farlo lontano dall’occhio della cinepresa. Come accade nei film di propaganda bellica, del resto.

Un film che esalta il valore dei combattenti a scapito di tutto il resto

In definitiva il film mette al centro la figura del prode combattente che si sacrifica per la propria Patria e vendica i compagni morti in battaglia. Le poche debolezze umane messe in scena vengono prontamente superate, grazie alle superiori doti morali dei protagonisti o al radioso esempio dei commilitoni ansiosi di gettarsi nella mischia e massacrare l’odiato nemico.

L’attacco giapponese a Pearl Harbour del 1941 venne lanciato senza preventiva dichiarazione di guerra, e ha lasciato una grossa impronta nell’immaginario collettivo statunitense.

L’allora Presidente Franklin Delano Roosvelt, nel suo discorso alla nazione, etichettò quel drammatico evento come il giorno dell’infamia, e nell’opinione pubblica del tempo si creò un forte odio contro i giapponesi.

Anche se il punto di vista del film è quello statunitense, va detto che Emmerich omaggia anche i combattenti del sol levante, specie gli alti ufficiali, cui riconosce un alto senso dell’onore e un encomiabile spirito di sacrificio.

Certo, c’è anche il giapponese che non esita a gettare in mare, legato a un’ancora, un pilota americano raccolto su un barchino di salvataggio, perché si rifiuta di rivelare la posizione della sua flotta, ma nel complesso il regista strizza l’occhio alla filosofia etico-filosofica dei samurai, di cui la cultura giapponese era, ed è, intrisa.

Tuttavia, per quanto Emmerich pigi il piede sul pedale del patriottismo, è difficile immedesimarsi nei personaggi rappresentati, privi di spessore psicologico e scarsamente

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caratterizzati. La loro unica evoluzione possibile nella storia narrata è diventare eroi. Vivi o morti, non ha importanza.

L’omaggio interessato di Emmerich alla Cina

Il film dà molto rilievo a un episodio della guerra nel Pacifico: il bombardamento di Tokio da parte di 16 bombardieri medi North American B-25 Mitchell, partiti dalla portaerei Hornet e comandati dal tenente colonnello Jimmy Doolittle. Si trattò di un’azione dimostrativa, dagli effetti militari pressoché nulli, ma dal forte impatto emotivo, in quanto si trattò di una missione mirante a sollevare il morale statunitense e a lanciare un preciso messaggio al Giappone:

gli USA avrebbero combattuto fino all’ultimo uomo, nonostante la temporanea situazione di inferiorità provocata dal vile attacco a Pearl Harbour.

Dal momento che Doolittle e i suoi eroi non disponevano del carburante per tornare indietro, essi dovettero lanciarsi sulla Cina. A questo evento secondario Emmerich lascia ampio spazio nel film, e la cosa curiosa è che alcuni minuti della pellicola vengono impiegati per mostrare allo spettatore il valore dei combattenti cinesi, impegnati a difendersi dall’attacco giapponese. Cosa molto strana, nell’economia di un film che dovrebbe mettere in scena la battaglia delle Midway.

Ma questo omaggio acquisisce significato se teniamo conto del fatto che Emmerich, per realizzare questo film, ha ottenuto finanziamenti dalla Cina. E questo non poteva non avere effetti sulla pellicola stessa. Ennesimo esempio di come cinema e società sono inestricabilmente intrecciati, e ogni film per essere bene compreso andrebbe sempre analizzato tenendo conto del contesto nel quale è stato girato. Gli equilibri geopolitici e i flussi finanziari globali stanno cambiando, e questo fatto si riflette anche nei blockbuster.

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Gli effetti speciali, la forza e la debolezza di Midway

Il punto di forza di questa pellicola risiede negli effetti speciali. Per gli appassionati del genere di guerra, che vogliono godersi due ore di battaglie perfettamente ricostruite, ignorando la natura umana di chi nelle navi e negli aerei moriva o rimaneva ferito, spesso in modo raccapricciante, questa pellicola è una manna dal cielo. Gli effetti visivi sono alquanto coinvolgenti, anche se non superlativi, e se lo spettatore pensa di guardare un videogioco, e non di assistere a quella che dovrebbe essere la ricostruzione di fatti storici, la cosa può anche essere piacevole.

Discorso diverso vale per chi vorrebbe farsi coinvolgere anche dalla dimensione umana di chi ha combattuto quelle battaglie.

Qualcosa che vada oltre l’occhiata del pilota alla foto della famigliola, appiccicata col chewing gum nella cabina del proprio aereo, mentre vola contro il nemico, circondato dalle esplosioni dell’antiaerea avversaria e dai velivoli in fiamme della sua stessa squadriglia.

Perché dopo la quarantesima spettacolare picchiata sulle navi giapponesi, viste in soggettiva dalla cabina di un bombardiere in picchiata Douglas Dountless, magari uno ne ha anche le scatole piene. Anche perché nel film non c’è molto altro da vedere.

Un film interessante per i videogiocatori e per gli appassionati degli aeroplani della seconda guerra mondiale

In definitiva Midway, nonostante i cento milioni di dollari spesi e un cast molto nutrito, appare essere un prodotto alquanto modesto, cinematograficamente parlando. Potrebbe essere un discreto film di propaganda statunitense degli anni Quaranta, dove i combattenti a stelle e strisce vengono

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dipinti come maschi alfa ansiosi di gettarsi nella mischia, per vendicare l’affronto subito dalla Patria.

Dove il loro valore permette di compensare l’inferiorità numerica e tecnologica che in effetti gli USA hanno temporaneamente patito dopo l’attacco di Pearl Harbour, che originò il conflitto reale e che ha messo in moto anche il meccanismo narrativo del film, basato sulla necessità di vendicarsi dei giapponesi.

Se lo spettatore si dimentica del fatto che questa pellicola dovrebbe essere una ricostruzione storica della guerra del Pacifico, e la sua unica aspettativa è perdersi in un videogioco dal ritmo serrato, magari si diverte anche.

Considerazione analoga vale per gli appassionati di aeroplani della seconda guerra mondiale, perché la loro ricostruzione nel film è ineccepibile.

Certo che magari andarli a vedere in un museo sarebbe meglio.

Perché il cinema dovrebbe avere altri obiettivi.

Buon pari Udinese, Pordenone secondo

Ottimo pareggio dell’Udinese contro il Napoli arrivato in terra friulana per prova ad uscire dalla crisi di risultato che lo attanaglia da quasi due mesi.

3-5-2 per Gotti che schiera Musso in porta, difesa con De

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Maio, Troost-Ekong e Nuytinck, in mezzo Larsen, Fofana, Mandragora, De Paul e Ter Avest con Lasagna e Okaka in avanti.

Inizio non particolarmente vivace: ci provano De Maio da un lato e Insigne dall’altro, conclusioni che non trovano la porta. Al tiro anche Fofana, anche in questo palo. Al 32′

bella palla di Fofana che tagli in due la difesa ospite e serve Lasagna che controlla e trova un diagonale che supera il friulano Meret: Udinese in vantaggio. Reazione del Napoli non particolarmente rabbiosa: ci prova solo Lozano da posizione defilata, palla sul fondo.

Inizio di ripresa con il Napoli che prova a reagire. Doppia conclusione al 50′ con Mertens e Fabian Ruiz, la difesa bianconera si salva. Ancora Fabian Ruiz e colpo di testa di Llorente poco dopo. Al 69′ arriva il pareggio con Zielinski che trova un sinistro da dentro l’area e supera Musso. Il Napoli prova a vincerla con Mertens e Zielinski, ma le conclusioni non trovano la porta. L’Udinese risponde con un colpo di testa di Lasagna che finisce sul fondo. Finale di marca napoletana con tentativo pericoloso di testa di Llorente, bravo Musso, poi il solito Zielinsk, ancora Llorente e Mertens, ma il risultato non cambia.

Pareggio giusto quello del Friuli con l’Udinese ora che andrà a Torino contro la Juventus.

Vittoria in una partita “sporca” per il Pordenone che nel posticipo del 15° turno di B supera per 1 a 0 il Crotone grazie ad un autogol di Mustacchio al 43′. Gara scorbutica quella dei neroverdi che rischiano di andare sotto all’11, bravissimo in un doppio intervento il portiere Di Gregorio, ma poi controllano bene la gara e portano a casa il 20° punto su 24 disponibili fra le mura amiche e si riportano al secondo posto, con il Cittadella, a quota 25 lunghezze.

Rudi Buset

rudibuset@live.it

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Gioia Udinese: 4 a 0 contro il Bologna e passaggio del turno

Ottima vittoria dell’Udinese che supera con un rotondo 4 a 0 il Bologna e passa agli ottavi di finale di Coppa Italia dove affronterà la Juve.

Mister Gotti fa qualche cambio rispetto alle ultime gare mettendo in porta il secondo Nicola, difesa con De Maio, il debuttante Sierralta e Nuytinck, a metà campo Opoku, Fofana, Mandragora, Barak e Ter Avest con le due punte Teodorczyk e Lasagna.

Inizio di studio con il Bologna che ci prova con il giovane Juwara senza grossi pericoli per il portiere bianconero.

Friulani pericolosi prima con Fofana e poi con Lasagna. Al 24′

contropiede degli uomini di Gotti con Lasagna che non riesce ad andare al tiro ma lascia la palla per Barak che trova un sinistro che insacca per il vantaggio casalingo. Il Bologna ci prova ancora con un colpo di testa di Juwara, palla sul fondo.

Al 42′ punizione dalla sinistra di Barak, tocco di testa di Nuytinck che libera De Maio per il tapin vincente che porta il risultato sul 2 a 0 a fine primo tempo.

La ripresa inizia con un Bologna più vivace con due conclusione di Orsolini su cui è bravo e attento Nicolas.

L’Udinese non sta a guardare e con Teodorczyk, Lasagna, una girata di Sierralta e un tiro dalla distanza del nuovo entrato Pusseto va vicina al terzo gol che arriva con Mandragora al

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77′ con un tiro da fuori area, dopo un palo di Lasagna. Nel finale di match c’è spazio, al 92′, per il meritato gol del più volte citato Lasagna che si sblocca concludendo il match con un rotondo 4 a 0.

Vittoria meritata quella dei bianconeri che superano un Bologna non molto vivace. Prestazione che dà fiducia ai bianconeri in vista di un trittico impegnativo da qui a Natale con le gare casalinghe contro Napoli e Cagliari e la trasferta di Torino contro la Juventus.

Rudi Buset

rudibuset@live.it

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