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POSTE ITALIANE SPA – SPED IN A.P. DL 353/03 ( CONV. IN L 27/02/2004 N. 46) ART 1 C 1, DCB-C1 FI APPLIED PSYCHOLOGY BULLETINJANUARY-APRIL 20201/3 • N. 287

Indexed in PsycINFO® – Scopus Bibliographic Database

vol. LXVIII. January-April 2020 19.00

N° 287

Four-monthly Journal ISSN 0006-6761

1 3

Scientific Director Alessandro Zennaro

GIUNTI PSYCHOMETRICS

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APPLIED PSYCHOLOGY BULLETIN

APPLIED PSYCHOLOGY BULLETIN

Experiences & Tools Research

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Sommario

SOMMARIO

Ricerche

Predittori di esito della psicoterapia in adolescenti e giovani adulti

trattati in ambito ambulatoriale 2

Paola Monaci, Monica Littizzetto, Serena Zucchi, Angelo d’Errico

I modelli alternativi per la stima dello Stop-Signal Reaction Time nello Stop-Signal Paradigm e le loro differenti correlazioni con misure

autosomministrate dei domini dell’impulsività 19

Giulia Gialdi, Antonella Somma, Claudia Virginia Manara, Andrea Fossati

Promuovere il capitale umano e sociale all’università: il ruolo della ricerca

di sfide sulla performance accademica 31

Emanuela Ingusci, Fulvio Signore, Paola Pasca, Alessia Catalano, Silvia De Masi, Giovanni Mattia Gioia, Amelia Manuti, Monica Molino, Paola Spagnoli, Claudio Giovanni Cortese

Profili di intelligenza di bambini e adolescenti con disturbo dello spettro

dell’autismo ad alto funzionamento 44

Riccardo Alessandrelli, Claudia Di Bucchianico, Valeria Mancini,

Dominga Marfisi, Tatiana Bortolatto, Candida Marchione, Luana Pitturelli, Maria Elena Di Bucchianico, Antonietta Vassalli, Morena Farese,

James Dawe, Lina Pezzuti

Esperienze e Strumenti

Mindful compassion per il perfezionismo nei disturbi di personalità:

uno studio pilota di accettabilità e fattibilità 57

Simone Cheli, Veronica Cavalletti, Gordon L. Flett, Paul L. Hewitt

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Ricerche 2

287 • BPA Paola Monaci, Monica Littizzetto, Serena Zucchi, Angelo d’Errico

Predittori di esito della psicoterapia in adolescenti e giovani adulti trattati in ambito ambulatoriale

Paola Monaci1, Monica Littizzetto1, Serena Zucchi1, Angelo d’Errico2

1 Servizio di Psicologia dell’età evolutiva, ASL TO3, Regione Piemonte, Collegno, Torino

2 Servizio Sovrazonale di Epidemiologia, ASL TO3, Regione Piemonte, Grugliasco, Torino angelo.derrico@epi.piemonte.it

ᴥ ABSTRACT. I risultati del presente studio su un gruppo di adolescenti e giovani adulti trattati con psicoterapia in ambito ambulatoriale hanno mostrato un significativo miglioramento a seguito della terapia in tutte le dimensioni esaminate (Ansia, Benessere, Cambiamento percepito, Depressione, Disagio). Un peggiore esito della terapia era associato ad un’età più giovane, al tipo di disturbo psicologico e ad un maggior numero di sedute. Una maggiore gravità dei sintomi al pre-trattamento prediceva una minore probabilità di guarigione, ma un più ampio miglioramento dei sintomi. Il miglioramento relativo maggiore osservato nei pazienti più gravi, indicherebbe il maggiore impatto della psicoterapia su questi soggetti, migliorandone il funzionamento sociale ma escludendo la remissione completa.

Parole chiave: Psicoterapia, Psicopatologia adolescenziale, Valutazione, Efficacia, Predittori

DOI: 10.26387/bpa.287.6

INTRODUZIONE

Negli ultimi decenni, un maggiore interesse per la salute mentale degli adolescenti è stato suscitato da risultati che hanno mostrato la sua elevata prevalenza, che è stata riportata essere intorno al 10-15% nella maggior parte dei paesi sviluppati (Costello, Mustillo, Erkanli, Keeler e Angold, 2003; Polanczyk, Salum, Sugaya, Caye e Rohde, 2015; Roberts, Attkisson e Rosenblatt, 1998). I disturbi mentali sono oggi tra i problemi di salute con il maggior impatto negli adolescenti e nei giovani adulti, in termini di anni di vita persi corretti per la disabilità (DALYs), soprattutto nei paesi ad alto reddito (Erskine et al., 2015). In tutto il mondo i disturbi mentali più comuni nei bambini e negli adolescenti sono i disturbi d’ansia, seguiti dai disturbi di iperattività e deficit di attenzione (ADHD) e dai disturbi depressivi (Polanczyk et al., 2015).

Sulla base dei risultati di diversi studi sullo sviluppo neurologico degli adolescenti, essi sarebbero meno

“competenti” nel monitoraggio e nel controllo dei loro comportamenti, e in generale nella pianificazione e regolazione delle loro attività, a causa della maturazione incompleta della corteccia cerebrale prefrontale (Casey, Getz e Galvan, 2008; Jadhav e Boutrel, 2019). La maggiore predisposizione degli adolescenti a una maggiore instabilità emotiva e all’adozione di comportamenti rischiosi rende necessario che i servizi pubblici psicologici diagnostichino e trattino il più presto possibile adolescenti e giovani adulti, al fine di evitare il verificarsi di esaurimento emotivo e di ridurre la probabilità di sviluppare disturbi mentali noti o altre conseguenze per la salute, come l’uso di sostanze, i tentativi di suicidio, lesioni intenzionali e non intenzionali (Costello, 2016). Inoltre, un’alta percentuale di casi sorti

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3 Predittori di esito della psicoterapia in adolescenti e giovani adulti trattati in ambito ambulatoriale

nell’adolescenza avrà ancora un disturbo mentale cronico in età adulta (Ramsaw, Weisberg, Dyck, Stout e Keller, 2011), cosa che sottolinea l’importanza di interventi preventivi o terapeutici negli adolescenti colpiti, in quanto i disturbi mentali sono fortemente associati a un basso funzionamento sociale e a un basso livello di istruzione (de Lijster et al., 2018;

Essau, Conradt e Petermann, 2000), così come alla disabilità futura (Costello e Maughan, 2015). È quindi preoccupante che solo una percentuale relativamente piccola di adolescenti con problemi psicologici riceva un trattamento adeguato, anche nei paesi sviluppati (Tick, van der Ende e Verhulst, 2008) e che tra quelli trattati quasi il 20% abbandonino la terapia (Linardon, Fitzsimmons-Craft, Brennan, Barillaro e Wilfley, 2018).

Gli interventi terapeutici disponibili includono la terapia farmacologica e la psicoterapia, anche se è stato osservato che la prima dovrebbe essere limitata ai casi più gravi, in quanto la sicurezza di alcuni farmaci negli adolescenti è stata messa in discussione, in particolare quella degli antidepressivi, alla luce di un aumento del rischio di suicidio (Shain e Committee on Adolescence, 2016). Per quanto riguarda la psicoterapia, ci sono una serie di studi che documentano il miglioramento dei sintomi mentali negli adolescenti affetti da diversi tipi di disturbi, tra cui ansia, depressione, disturbi ossessivi- compulsivi e comportamentali (Cartwright-Hatton, Roberts, Chitsabesan, Fothergill e Harrington, 2004; Higa-McMillan, Francis, Rith-Najarian e Chorpita, 2016; Sigurvinsdóttir, Jensínudóttir, Baldvinsdóttir, Smárason e Skarphedinsson, 2019; Weersing, Jeffreys, Do, Schwartz e Bolano, 2017; Zhou et al., 2015). Diverse linee guida e revisioni sistematiche sull’efficacia della psicoterapia negli adolescenti sono state pubblicate nell’ultimo decennio, che raccomandano forme specifiche di terapia per i diversi disturbi (Bandelow, Michaelis e Wedekind, 2017; Higa-McMillan et al., 2016;

NICE, 2017a, 2017b).

Un problema importante è che una percentuale considerevole di adolescenti trattati con psicoterapia non mostra alcun miglioramento dei sintomi mentali, e le ragioni per cui questo si verifica non sono ancora ben comprese.

Inoltre, negli studi in cui la psicoterapia è stata somministrata agli adolescenti nel trattamento ambulatoriale ordinario, il livello di miglioramento è stato inferiore, rispetto a quello ottenuto negli studi clinici randomizzati (RCT), il che rende ancora più urgente caratterizzare meglio quei soggetti per i quali la psicoterapia somministrata all’interno delle cure ordinarie non era efficace (Smith e Jensen-Doss, 2017).

L’identificazione dei predittori e dei moderatori dell’esito del trattamento può essere limitata dalla selezione dei pazienti arruolati in RCT, che applicano diversi criteri di esclusione per limitare l’eterogeneità della popolazione in studio e sono caratterizzati da procedure più specifiche e strutturate di somministrazione del trattamento, al fine di ridurre gli abbandoni e consentire un’interpretazione più chiara dei risultati. Invece, i pazienti che si rivolgono alla cura psicologica nella pratica clinica ordinaria sono generalmente non selezionati e più eterogenei in termini di caratteristiche familiari, sociali, cliniche e psicologiche, cosa che può aiutare a identificare i predittori di un esito negativo a causa di una più ampia variabilità in questi covariate. Inoltre, gli studi condotti nell’ambito della pratica clinica routinaria potrebbero aiutare a identificare, meglio dei RCT, le peculiarità organizzative e i vincoli, tipici dell’assistenza sanitaria psicologica pubblica, che possono influenzare negativamente l’esito del trattamento, come una base teorica più variabile dei terapisti, o una ridotta accessibilità dei pazienti al trattamento a causa di limitate risorse finanziarie e umane (lunghe liste di attesa, orari ridotti, sedute meno frequenti).

Negli ultimi decenni si è verificata una graduale diffusione della pratica basata sull’evidenza in psicologia (EBPP), definita come “l’integrazione della migliore ricerca disponibile con le competenze cliniche nel contesto delle caratteristiche, della cultura e delle preferenze del paziente”

(APA Presidential Task Force on Evidence-Based Practice, 2006, p. 273). L’EBPP promuove l’applicazione della ricerca nella pratica ordinaria e nella psicologia della salute pubblica, basata sull’osservazione empirica dei risultati e sull’impatto delle pratiche di routine a livello locale, che possono portare a un miglioramento della qualità terapeutica.

Molti studi hanno esaminato il ruolo delle caratteristiche sociodemografiche, cliniche e terapeutiche come predittori o moderatori della risposta al trattamento, come età, sesso, composizione familiare e status socioeconomico, psicopatologia dei genitori, gravità dei sintomi, comorbilità, tipo di trattamento, durata e frequenza della psicoterapia.

Tuttavia, i risultati appaiono incoerenti per la maggior parte di queste caratteristiche e per i diversi tipi di disturbi, tra cui la depressione (Nilsen, Eisemann e Kvernmo, 2013;

Weersing et al., 2017), i disturbi d’ansia (Higa-McMillan et al., 2016; Lundkvist-Houndoumadi, Hougaard e Thastum, 2014; Nilsen et al., 2013), e i disturbi ossessivo-compulsivi (OCD) (Ginsburg, Kingery, Drake e Grados, 2008; McGuire et al., 2015; Turner, O’Gorman, Nair e O’Kearney, 2018).

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19 I modelli alternativi per la stima dello Stop-Signal Reaction Time nello Stop-Signal Paradigm

I modelli alternativi per la stima dello Stop-Signal Reaction Time

nello Stop-Signal Paradigm e le loro differenti correlazioni con misure

autosomministrate dei domini dell’impulsività

Giulia Gialdi, Antonella Somma, Claudia Virginia Manara, Andrea Fossati Università Vita-Salute San Raffaele, Milano somma.antonella@hsr.it

ᴥ ABSTRACT. Lo Stop-Signal Reaction Time (SSRT) come misura di comportamenti impulsivi è stato oggetto di discussione. L’obiettivo del presente studio era valutare la relazione tra misure autosomministrate di risk-taking e impulsività, e diversi metodi di stima dello SSRT, sia parametrici, sia non parametrici. Solo le stime parametriche sono risultate significativamente associate con le misure delle caratteristiche fondamenti dell’impulsività (mancanza di premeditazione). I nostri risultati sembrano suggerire che l’utilizzo un approccio parametrico per la stima dello SSRT possa consolidare l’uso di misure sperimentali per comportamenti sia impulsivi, sia di risk-taking.

Parole chiave: Stop-Signal Paradigm, Stop-Signal Reaction Time, Impulsività, Autosomministrati

DOI: 10.26387/bpa.287.7

INTRODUZIONE

La capacità dell’essere umano di adattarsi ad un ambiente in continua evoluzione implica, almeno in parte, la capacità di controllare gli impulsi e inibire le risposte inappropriate.

La capacità di inibizione della risposta prepotente quando questa è inappropriata rispetto al contesto è detta capacità di inibizione della risposta (IR; Skippen et al., 2018). L’IR rappresenta una delle componenti delle funzioni esecutive (Miyake et al., 2000), e risulta essere interconnessa alla capacità di controllo degli impulsi (Bari e Robbins, 2013).

Nonostante la sua rilevanza sul piano teorico, gli studi empirici devono ancora fornire risultati convincenti circa la relazione tra l’abilita dell’individuo di inibire la risposta e la misura in cui agisce d’impulso (per una revisione, cfr.

Sharma, Markon e Clark, 2014). Questa incapacità di trovare un supporto empirico per l’associazione tra l’IR e impulsività è stata in parte attribuita a questioni metodologiche.

Diversi studiosi (per una revisione, cfr. Sharma et al., 2014) hanno affermato che le basse correlazioni tra le misure autosomministrate e i task di laboratorio derivano da una definizione discordante dell’impulsività tra i diversi

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31 Promuovere il capitale umano e sociale all’università: il ruolo della ricerca di sfide sulla performance accademica

Promuovere il capitale umano e

sociale all’università: il ruolo della ricerca di sfide sulla performance accademica

Emanuela Ingusci1, Fulvio Signore1, Paola Pasca1, Alessia Catalano1, Silvia De Masi1, Giovanni Mattia Gioia1, Amelia Manuti2, Monica Molino3,

Paola Spagnoli4, Claudio Giovanni Cortese3

1 Dipartimento di Storia, Società e Studi sull’Uomo, Università del Salento, Lecce

2 Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia, Comunicazione, Università di Bari

3 Dipartimento di Psicologia, Università di Torino

4 Dipartimento di Psicologia, Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, Caserta claudio.cortese@unito.it

ᴥ ABSTRACT. Questo contributo si propone di esplorare in che modo gli studenti gestiscono le richieste accademiche (demands) per migliorare la propria performance accademica, utilizzando alcune risorse personali e sociali (ricerca di sfide, meta-competenze e networking). Il campione è composto da 152 studenti di psicologia che hanno compilato un questionario in modalità online. Le analisi sono state condotte con il PLS-SEM, un approccio non parametrico per la modellizzazione di equazioni strutturali. I risultati hanno messo in evidenza che modificare e potenziare le proprie risorse personali e sociali può influenzare positivamente il rendimento accademico attraverso lo sviluppo di abilità utili per accettare e superare le sfide, e ciò rende gli studenti maggiormente occupabili e in grado di dare forma al proprio percorso professionale.

Parole chiave: Crafting accademico, Capitale umano e sociale, Ricerca di sfide, PLS-SEM

DOI: 10.26387/bpa.287.8

INTRODUZIONE

Gli studi sulla motivazione e sulla performance accademica degli studenti universitari hanno ricevuto un’attenzione crescente negli ultimi anni (Bailey e Phillips, 2016; Robins, Roberts e Sarris, 2015; Secundo et al., 2019;

Signore, Catalano, De Carlo, Madaro e Ingusci, 2019). Le università sono contesti formativi estremamente importanti,

tanto per lo sviluppo personale dell’individuo, quanto per la sua capacità di diventare occupabile, di costruire un futuro lavorativo adeguato alle proprie esigenze ed ai propri interessi e determinare il successo professionale.

Durante il periodo degli studi universitari, gli studenti sono chiamati ad utilizzare le loro risorse personali, a rendersi autonomi, proattivi, ed a potenziare nuove capacità d’iniziativa e di autogestione (Geertshuis, Jung e Cooper-

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Ricerche 44

287 • BPA R. Alessandrelli, C. Di Bucchianico, V. Mancini, D. Marfisi, T. Bortolatto, C. Marchione, L. Pitturelli, M.E. Di Bucchianico, A. Vassalli, M. Farese, J. Dawe, L. Pezzuti

Profili di intelligenza di bambini e adolescenti con disturbo dello spettro dell’autismo ad alto

funzionamento

Riccardo Alessandrelli1, Claudia Di Bucchianico1, Valeria Mancini1, Dominga Marfisi1, Tatiana Bortolatto1, Candida Marchione1, Luana Pitturelli1, Maria Elena Di Bucchianico1,

Antonietta Vassalli1, Morena Farese2, James Dawe2, Lina Pezzuti2

1 Servizio di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza ASL2 Abruzzo Lanciano-Vasto-Chieti

2 Dipartimento di Psicologia Dinamica, Clinica e Salute, Facoltà di Medicina e Psicologia, Sapienza Università di Roma

lina.pezzuti@uniroma1.it

ᴥ ABSTRACT. Nel presente articolo identifichiamo un endofenotipo per soggetti con disturbo dello spettro autistico – livello 1 (Autism spectrum disorder, ASD-1) e normale funzionamento cognitivo, utilizzando la Wechsler Intelligence Scale for Children – Fourth Edition con un campione clinico di 80 bambini con diagnosi di ASD-1 senza disabilità intellettiva (con QI>70), e un gruppo di controllo di confronto (n = 80) appaiato per età, genere dei bambini e livello di istruzione dei genitori. Dai risultati è emerso che il gruppo clinico con alto funzionamento (High functioning autism spectrum disorder - level 1, HFASD-1) ha ottenuto risultati inferiori rispetto al gruppo di controllo appaiato all’Indice di Velocità di elaborazione e all’Indice della Memoria di lavoro, evidenziando la sensibilità di queste misure sul deterioramento cognitivo generalizzato.

Parole chiave: Disturbo dello spettro dell’autismo, Intelligenza, WISC-IV, Profilo cognitivo, Quoziente di Intelligenza totale DOI: 10.26387/bpa.287.9

INTRODUZIONE

Nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – quinta edizione (DSM-V; American Psychiatric Association, 2013), l’autismo, il disturbo di Asperger e il disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato, sono stati ricondotti ad un unico disturbo, il disturbo dello

spettro dell’autismo (ASD) (Kaufmann, 2012). Le carenze linguistiche, i comportamenti ristretti/ripetitivi e il deficit sociale rappresentano la triade di caratteristiche condivise dai bambini con ASD (Zayat, Kalb e Wodka, 2011). Poiché la ricerca ha spesso evidenziato anche deficit intellettivi, la sua valutazione nei bambini con ASD è di fondamentale importanza. Infatti, il DSM-5 richiede di specificare se

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57 Mindful compassion per il perfezionismo nei disturbi di personalità: uno studio pilota di accettabilità e fattibilità

Mindful compassion per il

perfezionismo nei disturbi di personalità: uno studio pilota di accettabilità e fattibilità

Simone Cheli1,2, Veronica Cavalletti2, Gordon L. Flett3, Paul L. Hewitt4

1 Scuola di Scienze della Salute Umana, Università di Firenze

2 Centro di Psicologia e Psicoterapia, Tages Onlus, Firenze

3 LaMarsh Centre for Child and Youth Research, York University, Toronto, Canada

4 Perfectionism and Psychopathology Lab, University of British Columbia, Vancouver, Canada simone.cheli@tagesonlus.org

ᴥ ABSTRACT. Il perfezionismo è considerato uno stile di personalità multidimensionale e transdiagnostico che può presentarsi all’interno di forme gravi di disturbi di personalità. Lo scopo di questo studio è quello di esplorare l’accettabilità e la fattibilità di un intervento integrato di gruppo di mindful compassion per pazienti a cui sono stati diagnosticati dei disturbi della personalità e presentano prominenti tratti perfezionistici. Abbiamo testato per la prima volta un intervento di gruppo di 8 settimane in un campione di pazienti (n = 5) che avevano completato una psicoterapia individuale. L’intervento ha integrato pratiche di mindful compassion con il modello di disconnessione sociale del perfezionismo. Gli outcome primari riguardavano l’accessibilità e la fattibilità dell’intervento, valutato con misure quantitative e qualitative. Gli outcome secondari corrispondevano alle differenze tra pre- e post-assessment nei tratti perfezionistici e autrocritici. Non si sono verificati né eventi avversi né drop-out. Tutti i partecipanti hanno evidenziata un’elevata accettabilità dell’intervento e risultati positivi in termini di sviluppo di nuove strategie adattative.

Nel post-assessment, le dimensioni perfezionistiche che presentavano i punteggi più alti nel pre-assessment hanno mostrato un cambiamento significativo al Reliable Change Index. Lo studio mette in evidenza l’accettabilità e la fattibilità dell’intervento proposto. Sono necessarie ulteriori ricerche per confermare l’efficacia dell’intervento. .

Parole chiave: Compassione, Mindfulness, Perfezionismo, Disturbo di personalità, Autocritica

DOI: 10.26387/bpa.287.10

INTRODUZIONE

Il perfezionismo è noto per essere uno “stile di personalità multiforme e multilivello” (Hewitt, Flett e Mikail, 2017, p. 25) o un tratto di personalità (Stoeber, 2017) che è caratterizzato dal bisogno di perfezione per sé e/o per gli altri e da una posizione eccessivamente critica nel valutare il comportamento proprio e altrui, caratterizzato da un dialogo interno autodenigratorio.

Sono stati proposti diversi modelli, la maggior parte dei quali

ipotizza il suo ruolo causale nello sviluppo di diverse forme gravi di psicopatologia (Bardone-Cone et al., 2007; Egan, Wade e Shafran, 2011; Smith et al., 2018). Le formulazioni teoriche e le evidenze raccolte suggeriscono che il perfezionismo possa anche svolgere un ruolo nei disturbi di personalità (DP). Diversi studi dimostrano come il perfezionismo sia associato a tratti di DP in campioni clinici e non clinici (Dimaggio, Semerari, Carcione, Nicolò e Procacci, 2015; Hewitt e Flett, 1991, 1993;

Hewitt, Flett e Turnbull, 1992; Sherry, Hewitt, Flett, Lee-

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