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Linee guida per i bilanci degli ETS e adempimenti per l anno 2020

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Associazioni e sport n. 5/2020

Linee guida per i bilanci degli ETS e adempimenti per l’anno 2020

di Chiara Borghisani – dottore commercialista

In data 18 aprile 2020 sono state pubblicate in Gazzetta Ufficiale le linee guida per la redazione dei bilanci degli ETS.

Si aggiunge così un ulteriore tassello (ma non l’ultimo, purtroppo) nella lunga gestazione dell’entrata in “operatività” del D.Lgs. 117/2017 recante il Codice del Terzo settore. Le neo nate linee guida, previste dal comma 3, articolo 13, D.Lgs. 117/2017, recano gli schemi di bilancio da adottare per gli Enti di Terzo settore, a partire dall’esercizio successivo a quello di entrata in vigore del decreto. Pertanto, per le Organizzazioni di Volontariato (Odv) scritte nei registri di cui alla ex L. 266/1991, le Associazioni di Promozione Sociale (Aps) iscritte nei registri di cui alla L. 383/2000, e le Onlus iscritte in Anagrafe Unica delle Onlus ai sensi del D.Lgs. 460/19971, se con esercizio sociale coincidente con l’anno solare, l’adozione sarà obbligatoria a partire dall’anno 2021. Se l’ente avesse un esercizio sociale non coincidente con l’anno solare (esempio, 1° settembre - 31 agosto – calendario scolastico), l’adozione sarà obbligatoria già a partire dall’anno 2020. Gli schemi dovranno, una volta istituito il Registro unico nazionale degli enti di Terzo settore (Runts), essere adottati da tutti i soggetti che si qualificheranno come Enti di Terzo settore iscrivendosi a detto Registro.

Il commento agli schemi, in questo primo lavoro, verterà sulla presentazione degli stessi senza entrare nel merito delle implicazioni fiscali legate alla loro adozione che saranno oggetto di ulteriori e successivi approfondimenti.

È innegabile che l’adozione degli schemi di bilancio riportati dalle linee guida recano una serie di numerose ricadute e di interconnessioni nel rispetto di tutte le norme recate dal Codice del Terzo settore. Per dare conto di quanti aspetti siano desumibili dalla tenuta della contabilità e dalla predisposizione del documento di bilancio si può fare riferimento alla seguente schematizzazione:

1 Articolo 101, comma 3: Il requisito dell’iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore previsto dal presente decreto, nelle more dell’istituzione del Registro medesimo, si intende soddisfatto da parte delle reti associative e degli Enti di Terzo settore attraverso la loro iscrizione ad uno dei registri attualmente previsti dalle normative di settore.

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Verifiche Adempimenti bilancistici

• Verifica della natura commerciale/non commerciale dell’ETS articolo 79, comma 5

• Verifica della natura commerciale / non commerciale dell’ambito di attività articolo 79, comma 2

• Verifica limiti decreto attività diverse (non ancora pubblicato)

• Divieto distribuzione indiretta di utili articolo 8

• Obbligo dichiarazione natura fiscale ETS articolo 83 - Donazioni

• Utilizzo agevolazioni imposte indirette minori articolo 82

• Verifica del rapporto 1 a 8 differenze retributive lavoratori dipendenti articolo 16

• Tipo di bilancio articolo 13

• Organo di revisione/controllo articoli 30 e 31

• Obbligo di pubblicazione compensi articolo 14

• Obbligo bilancio sociale articolo 14

• Obbligo pubblicazione contributi pubblici L.

124/2017

• Obbligo rendiconti raccolta pubblica occasionale di fondi e 5xmille

• Rispetto dei criteri di secondarietà e strumentalità delle attività diverse articolo 6

Procedendo alla illustrazione degli schemi proposti, l’articolo 13, D.Lgs. 117/2017 reca, in tema di schemi di bilancio da adottare, una distinzione in funzione della natura fiscale dell’ente, così come determinata dall’articolo 79, comma 5, CTS.

Ai sensi dell’articolo 13, commi 1 e 2, gli Enti di Terzo settore non commerciali sono obbligati a redigere il bilancio di esercizio formato da Stato Patrimoniale (allegato 1), Rendiconto Gestionale (allegato 2), Relazione di missione (allegato 3), fatta salva la facoltà, per gli enti che abbiano ricavi, rendite, proventi o entrate comunque denominati inferiori a 220.000 euro, di redigere il bilancio nella forma del rendiconto di cassa (allegato 4).

Per gli Enti di Terzo settore commerciali, ai sensi del comma 4 dell’articolo in commento, si applicano le disposizioni del codice civile (articoli 24323 e ss.) in tema di riclassificazione del bilancio.

Sul punto 3 osservazioni:

1. la previsione recata dell’articolo 13, D.Lgs. 117/2017 è applicabile a tutti gli Enti di Terzo settore a prescindere dalla natura fiscale degli stessi, in particolare agli Enti di Terzo settore non commerciali si applicano le disposizioni dei commi 1 e 2, mentre agli Enti di Terzo settore commerciali si applicano le disposizioni del codice civile recate dagli articoli 2423 e ss., nonché 2435-bis e 2435-ter. Le disposizioni civilistiche recate dall’articolo 13, D.Lgs. 117/2017 si legano strettamente a quelle fiscali (non ancora in vigore) recate dall’articolo 79, CTS ai fini dell’individuazione della qualifica fiscale e conseguentemente della norma di riferimento, Codice Terzo settore o codice civile;

2. la previsione di carattere generale recata dall’articolo 13, D.Lgs. 117/2017 individua nel bilancio che consta di Stato patrimoniale, Rendiconto gestionale e Relazione di missione, lo schema di “elezione”

per gli ETS non commerciali, prevedendo una deroga di carattere particolare per i soli enti di minori

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dimensioni (dove minori è da intendersi con volume complessivo di entrate/proventi/ricavi inferiore ai 220.000 euro) con la facoltà di adottare un “semplice” rendiconto per cassa;

3. la norma citata definisce gli schemi da adottare, ma implicitamente individua anche il tipo di contabilità necessaria per redigere tali schemi: contabilità ordinaria per competenza per la generalità degli enti (dalla quale scaturisce lo Stato patrimoniale e il Rendiconto gestionale), contabilità per cassa per quegli enti di minori dimensioni ai quali è data la facoltà di redigere il rendiconto per cassa.

Passando all’analisi degli schemi, per gli enti di maggiori dimensioni il documento di bilancio, simile a quello civilistico, consta di 3 documenti: Stato patrimoniale, Rendiconto gestionale e Relazione di missione.

Lo Stato patrimoniale non si discosta significativamente da quanto oggi previsto dalle “Linee Guida e schemi per la redazione dei bilanci di esercizio degli enti non profit” (a cura dell’ex Agenzia per le Onlus) che a loro volta ricalcavano, nella sostanza, lo schema codicistico previsto per le società. Le variazioni apportate allo schema delle linee guida in alcuni casi paiono poco appropriate.

Nello schema proposto ritroviamo le poste previste da tali linee guida, come la distinzione, in ordine al patrimonio netto, tra patrimonio libero e patrimonio vincolato, che costituisce una caratteristica unica e tipica del mondo non profit, e alcune novità pertinenti, scaturenti dall’evoluzione normativa, come ad esempio “l’aggiornamento” dei crediti del 5xmille.

Per quanto riguarda il rendiconto gestionale, pur mantenendo, in linea con il passato, la suddivisione per aree gestionali, sono mutate, alla luce della disciplina recata dal D.Lgs. 117/2017, le aree di attività.

Sul punto è necessario un breve inquadramento per cogliere la portata dell’individuazione delle singole aree e valutarne le implicazioni fiscali.

Schematicamente:

Attività di interesse generale articolo 5, D.Lgs. 117/2017

Attività diverse articolo 6, D.Lgs.

117/2017

Raccolta fondi articolo 7, D.Lgs.

117/2017 Redditi da mero godimento

Le attività di interesse generale (AIG) costituiscono la “ragione d’essere” dell’ente. L’articolo 5, D.Lgs.

117/2017 recita: gli ETS “esercitano in via esclusiva o principale una o più attività di interesse generale….”

Il grande sforzo che è richiesto agli enti non è solo individuare in quale settore/ambito di attività collocarsi tra i 26 recati dalla norma, ma ricondurre ciò che fanno all’interno del settore/dei settori individuati, nel rispetto delle norme particolari che ne disciplinano l’esercizio. Il complesso lavoro che interessa gli enti è proprio la capacità di trovare, costruire, un nesso normativo tra ogni singola attività svolta e il settore/ambito di attività di riferimento, attraverso un processo di “riconducibilità” motivato e “difendibile”.

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Questo lavoro è in prima battuta necessario per capire se si opera in uno o più settori recati dall’articolo 5, D.Lgs. 117/2017 (condizione necessaria ma non sufficiente per potersi qualificare come ETS2), ma è anche propedeutica all’individuazione delle attività diverse.

L’articolo 6, D.Lgs. 117/2017 infatti, “apre” agli enti la possibilità di svolgere anche attività diverse da quelle di interesse generale purché siano previste dallo statuto e rispondano a un nesso di secondarietà e strumentalità rispetto alle attività di interesse generale. In attesa del Decreto che definirà criteri e limiti (la cui gestazione è ancora più complessa poiché la bozza è stata “rigettata” dal Consiglio di Stato in attesa del parere della Commissione Europea sulla parte fiscale, creando l’ennesimo “riferimento circolare” di cui questo decreto è così “ricco”) l’unico criterio adottabile è quello di individuare le attività diverse in quelle che non sono attività di interesse generale. E diventa ancora una volta essenziale, dirimente, ricondurre le attività svolte nel perimetro normativo delle attività di interesse generale per poter individuare le attività diverse. Tanto più che, ragionevolmente anche dai rumors in tema di bozza di Decreto, la definizione delle attività diverse non sarà qualitativa (praticamente un’opera titanica definire per 26 settori quali possano essere le attività secondarie e strumentali di ciascuno) ma quantitativa.

Da sottolineare che lo svolgimento di attività diverse necessita la valutazione dei seguenti elementi:

- opportunità: morale/mission/interpretazione dei sostenitori;

- capacità: interna o da acquisire;

- convenienza: quali margini.

Il risultato di tali valutazioni, unitamente alla capacità di evidenziare il carattere strumentale e secondario delle stesse rispetto alle attività di interesse generale di cui all’articolo 5, D.Lgs. 117/2017 dovrà essere messa in luce nella Relazione di missione o in calce al rendiconto di cassa a cura dell’organo amministrativo.

In tema di raccolta fondi, la grande novità recata dal Codice, è il riconoscimento formale che gli enti possano svolgere in modo organizzato e continuativo attività di raccolta fondi, impiegando risorse e personale, dipendente e volontario, al fine di reperire fonti di finanziamento per garantire la sostenibilità della causa sociale dell’ente. La raccolta fondi si caratterizza, in generale, per l’assenza di

2 Articolo 4, D.Lgs. 117/2017: Sono Enti del Terzo settore le Organizzazioni di volontariato, le Associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, e iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore.

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un vincolo sinallagmatico tra donatore e ricevente poiché l’intenzione che guida il donatore è l'animus donandi che è priva di qualsiasi corrispettività3.

La definizione recata dall’articolo 7, CTS, sotto un profilo teleologico, prevede che le risorse raccolte debbano essere destinate al fine esclusivo di sostenere finanziariamente le attività di interesse generale, con conseguente esclusione della possibilità di impiegare i fondi così raccolti per finanziare le attività diverse di cui all’articolo 6, CTS.

Accanto alle 3 aree di attività individuate, gli enti possono reperire risorse anche da altre fonti, come ad esempio, i proventi scaturenti dalla gestione statico conservativa del patrimonio (locazioni) o proventi finanziari (interessi su titoli).

Queste aree di attività sono ritrovabili negli schemi di bilancio, sia rendiconto gestionale sia rendiconto per cassa, e sono volte a fornire un’informativa non solamente centrata sul risultato conseguito ma volta a fornire a tutti i terzi interessati le informazioni circa l’attività delle particolari gestioni non lucrative di tali soggetti. L’attività di rendicontazione degli enti non profit ha come scopo principale quello di informare i terzi sull’attività posta in essere dall’ente nell’adempimento della missione istituzionale e ha, come oggetto, la modalità attraverso le quali l’ente ha acquisito e impiegato le risorse nello svolgimento di tali attività.

Una volta individuate le 3+1 macro aree caratterizzanti il Rendiconto gestionale (sia per competenza sia per cassa) occorre capire quali costi e quali ricavi iscrivere in ciascuna area. Ed è questo il passaggio più delicato e complesso che attende gli enti.

Sotto il profilo dei ricavi l’imputazione dovrebbe essere abbastanza intuitiva e diretta: alloco in ciascuna area i proventi/ricavi scaturenti dalle diverse aree di attività, vale a dire ciò che l’ente ha conseguito in seguito all’azione posta in essere (corrispettivi per l’attività di interesse generale svolta, ricavi per lo svolgimento dell’attività diversa, oblazioni per la raccolta fondi). Nella realtà lo schema nell’articolazione interna a ciascuna area riporta, talvolta, le medesime “categorie” di ricavo (una sorta di copia e incolla) rendendo difficile capire come poter distinguere, nelle diverse aree, le somme introitate (per esempio contributi da soggetti privati, si trovano sia nell’area delle attività di interesse generale sia nell’area delle attività diverse, e non si trovano, paradossalmente nella raccolta fondi, area, a parere di chi scrive, di corretta allocazione). In verità si può comprendere come “spacchettare” i proventi, attraverso una imputazione per “destinazione”, vale a dire a quale impiego sono destinati ma si rischia, in questo modo, di rendere estremamente confusa l’esposizione delle aree per non parlare

3 Anche la raccolta pubblica occasionale di fondi si inserisce in tale fattispecie poiché, pur realizzandosi uno scambio sinallagmatico, il prezzo pagato non è commisurato al valore del bene ricevuto essendo prevalente, anche in questo caso, l'animus donandi.

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della scarsa significatività (errata interpretazione) che si avrebbe sotto un profilo fiscale. E sotto un profilo fiscale è altamente fuorviate collocare la raccolta fondi continuativa nell’area della raccolta fondi4, poiché trattasi di attività commerciale. Di tale natura, quand’anche collocata in un’area generalmente afferente le entrate non commerciali, se ne dovrà tenere conto ai fini della determinazione della natura dell’ente.

Sotto il profilo dei costi il discorso si complica molto. La replicazione delle diverse categorie di costi con una logica di classificazione per natura (acquisto di beni, servizi, personale, etc.) si deve necessariamente “sposare” con la logica per destinazione, vale a dire imputare i costi in base al tipo di attività (area) che li ha “assorbiti”. L’attribuzione dei costi per singola area, una volta classificati per natura, è abbastanza agevole per i costi diretti (ad esempio acquisto beni per svolgimento attività generale, piuttosto che acquisto beni per attività di raccolta fondi) ma diventa davvero complessa laddove io abbia costi promiscui a più aree (affitto sede, personale di segreteria). In questi casi occorrerà definire un idoneo criterio di ribaltamento in base al “consumo” (laddove fosse possibile rilevarlo) o in base a criteri oggettivi (esempio, in percentuale sui ricavi). Quello che è richiesto agli enti è davvero una “rivoluzione copernicana”, un passaggio culturale enorme in tema di trasparenza (ricordiamoci che, ai sensi dell’articolo 48, CTS, i bilanci - a prescindere dallo schema adottato - andranno depositati al Runts entro il 30 giugno) e rendicontazione poiché è necessario implementale una “contabilità industriale” (impensabile per enti di minori dimensioni) per imputare correttamente le diverse voci di costo. Attribuzione indispensabile ai fini della valutazione della natura fiscale delle attività di interesse generale poste in essere, passaggio imprescindibile per ogni ente per valutare la sua natura commerciale o non commerciale.

La Relazione di missione dà conto sia delle poste contabili e dell’andamento economico finanziario dell’ente, sia delle modalità con le quali è stato perseguito il fine istituzionale. Le informazioni sono in parte tipiche del mondo societario, “pescate” dalla Nota integrativa e dalla Relazione di gestione, e in parte specifiche del mondo non profit. Rispetto alle caratterizzazioni tipiche del mondo degli enti, il punto 22 della Relazione di missione illustra il prospetto dei proventi e dei costi figurativi.

Lo schema di Rendiconto gestionale, sia per cassa sia per competenza, riporta in calce allo stesso il prospetto dei proventi e oneri figurativi. Si tratta di valorizzazioni che non hanno manifestazione finanziaria (non sono valori monetari) ma che hanno sicuramente un valore economico potenziale.

4 Nell’eccezione data alla raccolta fondi, vale a dire l’attività attraverso la quale i donatori sostengono la causa dell’ente senza ricevere nulla in cambio per puro animus donandi.

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I proventi figurativi attengono a tutte quelle attività gratuite (cessioni di beni o prestazioni di servizi) che gli enti rendono alla collettività (sia soci sia terzi) nel perseguimento di quel fine ideale (mission) che li caratterizza. È questa una voce che, oltre a dare conto di un aspetto essenziale della gestione di un ente non profit, impatta in modo sostanziale in ambito fiscale per la “pesatura” della natura dell’ente5.

Gli oneri figurativi attengono a tutte quelle risorse reperite gratuitamente dagli enti, principalmente (ma non solo) riconducibile al lavoro volontario. A questo proposito occorrerà aver istituito il registro dei volontari ai sensi dell’articolo 17, CTS e dare conto del lavoro dei volontari ivi iscritti.

La valorizzazione di tale poste consente di dare compiutezza e ragione dell’agire dell’ente poiché è in grado di rendicontare aspetti essenziali che non trovano rappresentazione nel Rendiconto gestionale e che “semplicemente raccontati” non consentono di dare evidenza della loro rilevanza economica. La Relazione di missione dovrà dare conto del processo che si è seguito per la loro valorizzazione e dei criteri utilizzati (possibilmente concordati con l’organo di controllo ove presente) per determinarne l’ammontare onde permettere la comparabilità nel tempo e la corretta valutazione.

Il punto 24 della Relazione di missione richiede una relazione dell’attività di raccolta pubblica occasionale di fondi (articolo 79, comma 4, lettera a), D.Lgs. 117/2017). Tale rendicontazione, già prevista dall’articolo 87, comma 6, D.Lgs. 117/2017 è considerata un documento di “bilancio” ai sensi del comma 3, articolo 48, D.Lgs. 117/2017 a titolo del quale la stessa va depositata unitamente al bilancio di cui all’articolo 13 e al bilancio sociale (ove previsto) di cui all’articolo 14, D.Lgs. 117/2017.

La descrizione nella Relazione di missione parrebbe una duplicazione.

Per gli enti che superino i limiti di cui all’articolo 31, CTS (volume entrate superiore a 2.200.000 di euro, attivo Stato patrimoniale superiore a 1.100.000 di euro, dipendenti occupati in media 12 unità) al revisore legale dei conti è richiesta l’espressione di parere su aspetti della Relazione di missione attinenti, oltre all’andamento economico finanziario dell’ente, anche le modalità di perseguimento delle finalità statutarie6

Posto che l’adozione degli schemi recati dalla linee guida sarà obbligatoria a partire dall’esercizio successivo a quello in corso alla data del 18 aprile 2020 (data approvazione Decreto recante le linee guida), cosa devono fare gli enti per l’anno 2020?

5 Articolo 79, comma 5-bis: Si considerano entrate derivanti da attività non commerciali i contributi, le sovvenzioni, le liberalità, le quote associative dell'ente e ogni altra entrata assimilabile alle precedenti, ivi compresi i proventi e le entrate considerate non commerciali ai sensi dei commi 2, 3 e 4 tenuto conto altresì del valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti le attività svolte con modalità non commerciali.

6 Per un approfondimento del ruolo del Revisore dei conti e del revisore legale degli ETS rimandiamo al contributo di C. Travaglini “Il funzionamento e i compiti dell’organo di controllo negli Enti del Terzo settore: le norme del Cndcec – Parte I”, in Associazioni e sport n. 4/2020 e

“Le attività di controllo e la relazione annuale dell’organo di controllo negli Enti di Terzo settore: le norme del Cndcec –Parte II” in questo numero della rivista Associazioni e sport.

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Senza ombra di dubbio dovranno approvare il bilancio relativo all’anno 2019 (per gli enti con esercizio sociale coincidente con l’anno solare) entro il nuovo termine recato con l’articolo 35, della conversione in Legge del D.L. 18/2020, fissato per il 31 ottobre 2020.

Dovranno utilizzare l’anno 2020 per valutare quale schema di bilancio è opportuno/obbligatorio adottare a partire dall’anno 2021 e cominciare a testare (ove possibile) le verifiche di cui abbiano detto in premessa (grande incognita la verifica fiscale della natura delle attività e dell’ente stante il rompicapo recato dall’articolo 79, D.Lgs. 117/2017 e non ancora “sdoganato” dalla Commissione Europea).

E predisporre (approvare con il termine recato per il bilancio di esercizio?) il rendiconto e la relazione illustrativa delle raccolte pubbliche occasionali di fondi effettuate nell’anno 2020. A questo proposito, la norma oggi in vigore, articolo 20, D.P.R. 600/1973, prevede che il rendiconto venga redatto entro 4 mesi dalla chiusura dell’esercizio e nulla dice in termini di approvazione. Gli enti, normalmente, portavano in approvazione detto rendiconto unitamente al bilancio poiché i termini statutari di approvazione del bilancio coincidevano con la scadenza del 30 aprile. In questa situazione emergenziale legata alla pandemia da coronavirus, il buon senso, porta a ritenere che anche il Rendiconto e la Relazione illustrativa delle raccolte pubbliche occasionali di fondi siano approvate entro il 31 ottobre 2020 (pur non essendoci nessuna previsione normativa in tal senso).

Altro adempimento che compete agli enti non recato dalla disciplina bilancistica ma comunque legato alla stessa per il reperimento dei dati, è la pubblicazione dei contributi pubblici ricevuti nell’anno 2019 come da scheda di sintesi sotto riportata.

Chi: associazioni, fondazioni, Onlus, ETS (segnatamente ODV, APS), associazioni ambientali a carattere nazionale, associazioni dei consumatori e degli utenti a carattere nazionale, cooperative sociali che svolgono attività a favore degli stranieri e imprese.

Quando: entro il 30 giugno di ogni anno successivo all’erogazione effettuata nell’esercizio finanziario precedente.

Da chi: da P.A. di cui all’articolo 1, comma 2, D.Lgs. 165/2001 e dai soggetti di cui all’articolo 2-bis, D.Lgs.

33/2013.

Cosa: sovvenzioni, sussidi, vantaggi, contributi o aiuti, in denaro e in natura, non aventi carattere generale (non è pertanto ricompreso il 5xmille a differenza di quanto a suo tempo sostenuto) e privi di natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria, nella nuova formulazione recata dal Decreto Crescita.

La modifica introdotta ha tolto dal novero dei contributi da pubblicare tutte quelle somme introitate a seguito di contratto di fornitura di beni/servizi (contributi corrispettivi) e quelli che hanno genesi da un risarcimento dovuto dalla Pubblica Amministrazione ai soggetti sopra indicati.

Quanto: importi, cumulativamente intesi in capo al soggetto percipiente e non con riferimento alla singola erogazione, pari o superiori a 10.000 (diecimila) euro incassati nell’anno precedente (criterio di cassa). Nel determinare l’ammontare complessivo dei contributi ricevuti bisogna prestare attenzione a “quantificare” i

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vantaggi economici conteggiandoli al “valore normale” per poter verificare l’assoggettamento all’obbligo di pubblicazione.

Come: le informazioni da pubblicare devono contenere i seguenti elementi:

- denominazione e codice fiscale del soggetto ricevente;

- denominazione del soggetto erogatore;

- somma incassata per ogni singolo rapporto giuridico sottostante;

- data dell’incasso;

- causale.

Dove: sul sito internet dell’ente, sulla pagina facebook dell’ente o, in alternativa, attraverso analoghi portali digitali, per tutti quei soggetti non tenuti alla redazione della Nota integrativa. Per i soggetti che redigono il bilancio corredato da Nota integrativa, in tal documento dovrà essere data evidenza ai contributi pubblici ricevuti.

Controllo: il controllo sull’esatto adempimento degli obblighi di trasparenza e pubblicità è demandato in capo ai soggetti erogatori delle somme oggetto di pubblicazione, oppure all’Amministrazione vigilante competente in materia.

La mancata pubblicazione, a partire dal 1° gennaio 2019, comporta l’irrogazione, oggi per tutti i soggetti, di una sanzione pari all’1% degli importi ricevuti con un importo minimo di 2.000, nonché la sanzione accessoria dell’adempimento agli obblighi di pubblicazione. Nel caso non venga ottemperato ulteriormente all’obbligo di pubblicazione, si applica la sanzione della restituzione integrale delle somme ai soggetti eroganti

La norma non prevede che venga data prova certa dell’avvenuta pubblicazione entro i termini indicati, se per eccesso di scrupolo si volesse dare prova del rispetto dei termini indicati si potrebbe procedere all’invio della pagina web per pec o per posta con “plico aperto”.

Altro adempimento che deve essere assolto dagli enti è la rendicontazione del 5 mille per tutti i soggetti che hanno ricevuto tali importi.

Sul punto la conversione in Legge del D.L. 18/2020 “Cura Italia” ha recato 2 importanti novità.

In primo luogo, la rendicontazione da effettuarsi nell’anno 2020 per il 5xmille 2017, ricevuto per la maggior parte dei soggetti nell’estate del 2019, è stata prorogata al 31 ottobre 2020 in luogo del termine ordinariamente previsto cadente nell’estate del 2020.

Inoltre, è stato aggiunto il comma 3-bis, articolo 35 che prevede che le somme che saranno corrisposte nel 2020 (5xmille 2018) potranno essere rendicontate (vale a dire spese) entro i 18 mesi successivi in luogo degli ordinari 12 mesi (modificato, per il solo anno 2020, il comma 1, articolo 8, D.Lgs. 111/2017) In attesa di adottare le linee guida del decreto, con la speranza che nel frattempo si chiariscano molti dei dubbi legati alla loro adozione e soprattutto alla loro implementazione, di seguito una Tabella degli adempimenti a cui adempiere nel corso del 2020.

Tipo di documento Predisposizione approvazione

Pubblicazione Invio

Bilancio 31 ottobre 2020 -

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RPF Predisposizione entro 4 mesi dalla chiusura esercizio (approvazione 31 ottobre 2020?)

-

Contributi pubblici ricevuti

30 giugno 2020 sul sito internet

5xmille Entro 31 ottobre 2020 per le somme del 5xmille 2017 introitate nel 20195

Entro 31 ottobre 2020

SCHEDA DI SINTESI

Pubblicate le linee guida per i modelli di bilancio degli Enti di Terzo settore ai sensi dell’articolo 13, D.Lgs. 117/2017.

La natura fiscale dell’ente guida il tipo di schema da adottare: codice civile, articoli 2423 e 2423-bis e 2426 per gli ETS commerciali, linee guida da Decreto 5 marzo 2020, per gli ETS non commerciali.

Per gli ETS non commerciali con volume di ricavi, rendite, proventi o entrate comunque denominate superiore a 220.000 euro, predisposizione di un bilancio per competenza costituito da Stato patrimoniale, Rendiconto gestionale e Relazione di missione: criticità nella predisposizione di tali documenti.

Rendiconto gestionale: il difficile matrimonio tra aspetti civilistici e fiscali.

Anno 2020, quali adempimenti interessano gli enti in questo periodo di transizione tra pandemia di Covid-19 e nuove regole di sistema?

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