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Il copione della settimana era "già scritto", per quanto riguarda i principali mercati:

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14 ottobre 2018 – Bond e tassi, poi banche. Adesso le Borse. Poi?

LO SCENARIO DI BREVISSIMO/BREVE TERMINE

Il copione della settimana era "già scritto", per quanto riguarda i principali mercati:

la botta di dieci giorni fa sui tassi era stata tale [allarme di lungo termine sui tassi USA, vedi l'ampia analisi del 7 ottobre], che in questi giorni gli operatori "dovevano" scaricarla, prendendo atto degli effetti immediati di un netto rialzo dei tassi, e cominciando intanto a ragionare sugli effetti futuri.

Di conseguenza,

* le Borse hanno preso una delle peggiori mazzate degli ultimi tempi, con perdite fino al 6% a Wall Street, poi "ridotte" al -4.19%.

Il ribasso delle Borse, direttamente legato al rialzo globale dei tassi (e, attenzione: a forti dubbi, insorti in questi giorni, sulla capacità dell'economia di "bilanciarli" con aumenti dei profitti - un tema che come sapete considero decisivo),

è stato aiutato anche da una risposta prevedibilmente e pesantemente negativa [-7.60%] della Borsa cinese, sulla scia dello scandalo di spionaggio industriale/militare esploso la settimana scorsa, e che non accenna a calmarsi.

Incidentalmente, la sbandata cinese è stata aiutata da dati pessimi sull'economia cinese [Indice degli agenti d'acquisto ai minimi].

E ovviamente, in pieno malumore sino-americano in materia militare o paramilitare, le preoccupazioni legate alla "guerra dei dazi" sono state ampiamente usate come pretesto per vendere azioni su tutti i mercati.

Vedremo poi che non sono convinto che l'origine dei problemi delle Borse sia una contrazione del commercio internazionale dovuta ai dazi.

Nota a margine: politica e "geopolitica" si sono fatte sentire in questi giorni anche attraverso un "fatto interno" saudita [assassinio di Stato di un giornalista dissidente] che ha costretto l'Amministrazione Trump a distanziarsi dall'Arabia proprio mentre si stanno discutendo le future manovre sul greggio (domanda in calo, Sauditi favorevoli a lasciarlo scendere anche in funzione filo-americana, ma suscettibili a intrusioni troppo esplicite [vedi analisi del 1 luglio su un episodio precedente]).

Il greggio ha frenato lo stesso, e seriamente [-4.04%], il suo rally.

* L'altro movimento "atteso", e al quale ho dedicato quasi per intero l'analisi di domenica scorsa,

è stata la pausa nel crollo dei titoli di Stato globali, intorno ai segnali di allarme di cui parlavamo domenica scorsa,

quelli che separano "tecnicamente" un ciclo di rialzi dei tassi "normale"

[sì, normale. Come hanno fatto gli operatori a credere che davvero i tassi sarebbero sempre rimasti a zero? mah...],

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e uno "epocale", polidecennale, cioè che abbia fermato ormai la lenta ma costante discesa dei tassi cominciata negli anni Ottanta, e sia destinato a far salire i tassi per molti anni.

Con l'eventualità, in mezzo, di un "doppio affondo" dei tassi.

Non ripeto qui la già indigesta analisi del 7 ottobre.

Per sciogliere questo dubbio non bastano otto giorni.

L'eventuale "pausa" nel rialzo dei tassi di cui parlavo domenica scorsa, non è la piccola esitazione di questi giorni.

I Bund tedeschi che rimbalzicchiano dello 0.6% perché la Borsa di Francoforte perde il 5% e quindi qualche soldo viene parcheggiato sui bond, non stanno "dando segnali di lungo termine" e dicendo che il ribasso dei bond è terminato.

Quella è una valutazione che richiederà mesi.

Il rialzo dei tassi deve prima filtrare nell'economia, nel mercato immobiliare, nelle scelte strategiche, dobbiamo vedere uno o due trimestri di risultati aziendali con i tassi USA sopra il 3%, e poi ne parliamo.

Quello di questa settimana è un rallentamento fisiologico, puramente tecnico, del ribasso dei bond.

La settimana serve ai mercati per smaltire il contraccolpo sulle Borse.

Il quale, ovviamente, adesso propone gli stessi dubbi che dieci giorni fa venivano formulati dai bond:

se sia una sbandata, che raffredda ottimismi ingiustificati, o se sia l'inizio di...

... cosa?

Di cosa, esattamente?

Del trasferimento dal mercato monetario e dal sistema bancario al resto dell'economia, dei problemi che i tassi zero avevano solo occultato e rimandato.

Aspettavamo di avere notizie dai profitti, no?

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Apparentemente.

Facciamo un salto all'altro lato del Pianeta, per vedere perché dico

"apparentemente".

Ci sono le prime notizie (vi lascio immaginare quanto poco ufficiali e strutturate, anche se basate su dati certi e oggettivi anche di fonte ufficiale) di perdite di Banca del Giappone, sul proprio portafoglio di titoli di Stato, tali da aver già intaccato sensibilmente il bilancio della Banca.

Questa è la "voce" [una "voce" nero su bianco, non chiacchiere al vento]

che ha fatto rimbalzare seccamente lo yen in questi giorni.

[Poiché le perdite sono centrate sui più volatili titoli di Stato giapponesi a 20 e 30 anni, da questa settimana nella rubrica sui bond giapponesi comincerò a seguire il future sul JGB ventennale, che diventa un "punto caldo", invece che sul lentissimo decennale, che usavo finora come esempio].

Questo è il problema che, a mio avviso, separa un "normale" rincaro ciclico del denaro (quello visto finora, o meglio quello che si sarà visto quando i tassi ufficiali raggiungeranno dappertutto il 2/3%),

da una svolta storica che "vendichi" il decennio di tassi forzosamente azzerati, e che scarichi gli squilibri che hanno provocato.

Seguiamo costantemente la vicenda di Banca del Giappone. FED e BCE sono ancora più esposte, a titoli ben più fragili.

Infine un rapido commento, che avevo promesso all'inizio, sul commercio internazionale.

Sapete perché in generale considero la vertenza sui dazi un tema importantissimo, grave, ma non un "fatto di guerra".

In questi giorni, il tema si riacutizza (soprattutto sulla direttrice USA/Cina), ma le materie prime non ne risentono.

L'alluminio restituisce ormai quasi interamente il rallyno di dieci giorni fa (le notizie su Alunorte si rivelano, come sospettavamo, esagerate), ma il resto dei metalli-base non estende l'affondo, nemmeno in presenza di un tonfo delle Borse (esiste una ovvia correlazione fra capitalizzazione delle aziende e materie prime destinate alla manifattura).

Il petrolio frena, indebolendo l'indice delle materie prime, ma risponde a temi specifici dell'industria (calo della domanda e reazione dei produttori) più che alla stretta del credito.

Il dollaro rallenta addirittura, in pieno scenario di "dollaro scarso".

Piccolo movimento, che consiste soprattutto in un calo di dollaro/yen, cioè appunto in un rialzo dello yen.

Come vedete, anche i temi più direttamente collegati al "nocciolo"

monetario/creditizio dello scenario non sono, in questi giorni,

"condensati" coerentemente intorno a poche notizie cruciali, ma dispersi in eventi "collaterali".

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Anche questo indica che abbiamo appena visto una settimana di assestamento/orientamento, non di movimenti dettati da decise strategie.

Ripeto l'avvertimento: "rallentamento del crollo perché si cerca di capire come andranno le cose" è diverso da "fine del crollo perché hanno capito che lo scenario si assesterà e non peggiorerà".

Teniamo d'occhio, a giorni, 110 di dollaro/yen [siamo a 112.21], 137 dei T-Bond americani [138.72], 158/156 dei Bund [158.53], l'1% di rendimento dei bond giapponesi [0.68%], 440/420 delle Banche USA [439.16], il solito 6000 del rame [6319], 19000 della Borsa milanese [19256] e 24500 di Wall Street [25340].

Comunque, In conclusione: settimana pesantissima per le Borse, che rispecchiano i toni che in quella precedente avevano tenuto i bond.

Entrambi i mercati arrivano a un punto di svolta con possibili conseguenze di lungo e forse lunghissimo termine.

Meno chiari e univoci gli altri mercati.

Il dollaro ha rimbalzato ma non decolla, lo yen comincia solo adesso a risalire, le materie prime non precipitano (anzi: l'oro rimbalzicchia. Oro che rimbalza con tassi in rialzo vuole dire di solito una sola cosa: posizioni difensive verso tutti gli asset finanziari. Coerente con la debolezza delle Banche e con calo simultaneo di bond e Borse).

Banche e Borse perdono seccamente, ma il calo delle Borse generaliste non è ancora un crollo. Wall Street è ancora altissima, così Tokyo.

Solo ("solo"?!?) la Cina, fra le Borse generaliste maggiori, è in ribasso conclamato.

Operativamente: confermo le posizioni,

incluse le posizioni al rialzo sul dollaro, parzialmente diversificate sullo yen,

e soprattutto - adesso è ovvio - le posizioni ribassiste sui bond (protezione da un ampio rialzo dei tassi d'interesse).

Dollaro, yen, oro, titoli di Stato maggiori e azioni delle Banche restano gli indicatori privilegiati in questa fase.

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I PREZZI DI MERCATO IN RAPIDISSIMA SINTESI:

Titoli di Stato e tassi d'interesse a lungo termine:

T-Bond americani +1.05% a 138.72, rendimento 3.34%: dopo il grave allarme di 140 dieci giorni fa, dove hanno segnalato un deciso inasprimento della tensione globale sui tassi, attaccano e per due giorni intaccano 137.

Qui rallentano il tonfo.

Il passaggio storico di 140 è soggetto a difese istituzionali e dubbi del mercato che possono portare a esitazioni o rimbalzi a brevissimo.

137, ossia la media dei prezzi degli ultimi 5 anni, si presta a fare da argine), ma "tecnicamente" i trentennali cominciano a puntare verso 123/120, e da qui minacciano i bilanci bancari e quello della Banca centrale.

Notes americane a due anni +0.1% a 105.34, rendimento 2.853%. Il 3% è ormai poco distante anche qui.

Con una curva "normale", e non piatta come ora, il rendimento dei titoli biennali proietterebbe già un 5% di rendimento dei trentennali.

Attenzione, ché alla normalità prima o poi si torna...

[vedi, nello "scenario" del 23 settembre, due conti sulla "regressione verso la media" delle Notes biennali. Due conti sul retro di una busta proiettano tassi al 5% per qualche anno, solo per "tornare in equilibrio"].

Gilt inglesi +0.62% a 120.46, rendimento 1.63%; rallentano il tonfo ma mantengono il segnale tecnico negativo di dieci giorni fa quando, dopo due settimane di preallarmi ribassisti, hanno sfondato anche l'ultima debole base "tecnica" a 121.

Da 121 hanno avviato "tecnicamente" un sostanziale ribasso di lungo termine.

Bund tedeschi +0.58% a 158.53, rendimento 0.50%; sono ancora alti, non sfondano 157/156, sono sempre beneficiari di acquisti "di rifugio" quando la Borsa o i titoli della "Periferia Debole" [Italia, oggi] perdono, ma preoccupa proprio il fatto che nonostante questo stiano estendendo la seconda sbandata significativa in meno di due mesi.

Sono in allerta da 160, sarebbero a rischio solo attaccando 157/156, che però adesso cominciano a sfiorare (minimi a 157.44 in settimana).

Una crisi di fiducia sui titoli tedeschi sarebbe, ovviamente, un evento politico cruciale.

OAT francesi +0.25% a 150.39, rendimento 0.87%; hanno cominciato a dare concreti allarmi ribassisti: intaccato 150.70, reggono ancora sopra 150.

Ricordo l'importanza politica di un'eventuale crisi, anche limitata, sui titoli francesi [vedi le analisi del 5 agosto].

BTP italiani -1.01% a 119.89, rendimento 3.58%; vedi l'analisi nello

"scenario" del 9 settembre, del 20 settembre, in quello del 7 ottobre...

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Ma che altre analisi volete?

Dopo l'allarme di 125, da quindici giorni attaccano il decisivo 123/120.

A 123/120 si trova un allarme da crisi acuta.

Sì, ci possono essere pause e rimbalzi "da negoziazione" (in settimana:

tonfo a 118.24 nelle fase più convulsa, poi rimbalzino verso 120), perché in assenza di una crisi conclamata i BTP sono già molto più "avanti" nel ciclo ribassista rispetto ai colleghi europei, ma qualsiasi "sollievo", se arriva, sarebbe inesistente fino a 125 e irrilevante fino a 128.

E la perdita di 140 da parte dei bond americani sta creando un contesto globale difficilissimo, al di là degli specifici problemi di bilancio italiani.

Posizioni ribassiste di lungo termine.

BTP biennali -0.17% a 98.19, con minimi infrasettimanali a 97.87, cioè brevemente sotto l'allarme rosso a 98.00. Rendimento 1.48%.

Bonos spagnoli -0.33% a 118, rendimento 1.68%; confermano da quindici giorni il calo sotto 120. Allarme per un'accelerazione del ribasso.

Adesso, Italia e Spagna sono allineate sul problema "mantenere promesse 'de sinistra'" (indipendentemente dal teorico colore politico dei rispettivi Governi).

JGB giapponesi [20ennale] invariati a 152.61, rendimento 0.68%. I JGB si sono "sbloccati" dopo anni [vedi analisi del 5 Agosto], hanno perso da giugno oltre il 3% (un movimento modesto se fossero i BTP, ma enorme per il bond più stabile del Mondo, emesso dal maggior creditore del mondo nella moneta più stabile del Mondo, avvezza da decenni a rendimenti zero).

Se ne comincia a sentire l'impatto sulla Banca centrale e sullo yen (e guardate la Borsa).

Teniamo come allerta globale l'1% di rendimento dei JGB ventennali.

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MONETE

E' il mercato meno "deciso" nei suoi movimenti.

Dollaro e yen, "arbitri" dello scenario, sono entrambi in stallo.

Quando decideranno di muoversi, non ci sarà il tempo di arrivare al telefono.

In questi giorni, dopo una pausa in settembre/ottobre, torna in tensione lo yen, e proprio in relazione a aumenti dei tassi di mercato.

Oro +1.11% a 1,217.05: evitato il cedimento di 1180, fa un rimbalzino che lo riporta sopra l'allarme ribassista di 1200.

Attenzione però: a innescare il rimbalzo non sono segnali di reflazione o di "dollaro debole", ma una generica "protezione da instabilità finanziaria" [vedi lo "scenario" del 7 ottobre].

Resta appoggiato sull'allarme ribassista di 1200, che rilancerebbe in pieno uno scenario di "dollaro forte e stretta del credito, possibile deflazione".

L'oro mantiene invece, anche se rallentato, il calo contro yen: -0.30% a - 0.30%; è fermo ma fiacco, ampiamente sotto l'allerta di 4500; attenzione a 4200/4000, decisivi segnali di forza dello yen, finora mai toccati da anni e intravisti quest'estate.

Dollar index -0.42% a 95.22; rallenta ma resta sopra 95, qui mantiene un'impostazione lenta ma forte;

Dollaro/euro -0.31% a 1.1560; arretra dal primo nuovo attacco a 1.15 (primo segnale di vera e propria forza), non se ne allontana granché.

Non conferma quindi segnali di netto rialzo, ma ha archiviato le ipotesi di "debolezza" intraviste in settembre/ottobre.

Per adesso il dollaro resta in stallo, da mesi, fra 1.18 e 1.15, con maggiore frequenza degli episodi rialzisti.

Componente principale del nostro portafoglio, li teniamo.

Diversificazione solo su yen.

Dollaro/yen -1.33% a 112.21; lo yen rimbalza seccamente, ripete e conferma l'allarme rialzista "tecnico" di 113.

Non passa ancora 122, tantomeno attacca 110/108 che lo lancerebbe al rialzo.

Ma mette fine alle ipotesi di "yen debole", e lo fa in presenza di tensioni al rialzo sui tassi e a rischi di danni al sistema bancario che innescherebbero una (l'ennesima) "stretta al credito giapponese".

Tengo gli yen che ho comprato diversificando dal dollaro [copertura importazioni da Giappone/Asia/Cina, copertura totale di finanziamenti in yen, parziale diversificazione di investimenti].

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Yen/euro +1% a 129.69; ripete, dopo una pausa, gli allarmi al rialzo di 131/130; abbiamo yen in portafoglio, li teniamo;

Sterlina/dollaro +0.25% a 1.3153. Conferma il tentativo di fermare il ribasso agganciando 1.30/1.31.

Guardate il caso-Italia per capire da che tipo di Europa l'Inghilterra, eventualmente, uscirà. Da questo dipende se la sterlina sarà colpita da una fuga di capitali, oppure, magari, anche no - se la piazza di Londra diventasse un "rifugio".

Sterlina/euro (-0.14% a 0.8791): la sterlina minaccia addirittura tornare forte, risalendo sopra 0.88. Mah... E' lentissima.

Per ora è solo un'allerta. Un attacco a 0.87 confermerebbe. E con ben altra "grinta" che pochi centesimi di movimento alla settimana.

Australiano +0.88% a 0.7114, rallenta la sbandata delle scorse settimane;

regge sopra 0.70, dove segnalerebbe il rischio di un netto ribasso;

canadese -0.66% a 1.3024;

rand sudafricano +1.69% a 14.52; il rimbalzo delle scorse settimane è stato decisamente ridimensionato, e ha solo rallentato il netto ribasso del rand; resta debole;

Real brasiliano +1.56% a 3.780. Dopo qualche ora di euforia, da metà settimana i festeggiamenti elettorali si raffreddano.

Il real ha rimbalzicchiato dai minimi storici assoluti (4.25, toccato finora solo nel 2015 e sfiorato nella crisi del 2002), e tornando sopra 3.85 mostra la possibilità "tecnica" di fermare il ribasso.

E' però appeso all'ennesima speranza di un "miracolo brasiliano", portato dall'ennesimo "leader carismatico caro al cuore del popolo" (stavolta, di destra. Ma siamo abbastanza vecchi da aver già visto un Brasile "di destra" andare a gambe all'aria sotto i colonnelli, esattamente come il Brasile "di sinistra").

Yuan cinese 6.922: i mercati cinesi riaprono con un tonfo, e lo yuan si adegua e peggiora i minimi delle scorse settimane.

Da Agosto, soggetto a difese istituzionali, ha smesso di scendere in modo netto, ma resta sotto l'allarme ribassista di 6.80, anche se le Autorità non lo lasciano libero di crollare.

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Materie prime

Il greggio (-4.04% a 71.34) frena il suo lungo rallyno, e la frenata coinvolge subito l'indice GSCI delle materie prime (-2.76% a 480.66).

L'indice GSCI, dopo la sbandata estiva e un rimbalzo per recuperarla, per tre settimane aveva cercato di riprendere addirittura a salire, trainato solo da greggio e derivati, e appesantito da metalli e diversi altri settori.

Questo tentativo si ferma.

Il GSCI resta però lontano da livelli "pericolosi" (450/420).

A breve sarà ancora fortemente condizionato dal greggio.

Molto diversa la situazione dei metalli base, che sono da tempo fra piatti e deboli.

La settimana appena trascorsa è però di rimbalzo/tregua dopo le perdite recenti:

il rame (+2.46% a 6319), mantiene il rimbalzino dagli allarmi di 6000/5800, ma resta piatto/fiacco a breve e in calo per medio/lungo termine;

nickel +0.32% a 12579, mantiene ma non peggiora il recente segnale di ribasso di 13000: da lì sta tornando al ribasso (base provvisoria a 12000, poi tonfo verso 10000);

zinco +0.3% a 2676: rallenta dopo le violente sbandate delle scorse settimane: aveva alternato segnali da crollo (2200, in Agosto e fine settembre) e rimbalzi anche violenti (quindici giorni fa).

Adesso rallenta: ha annullato un grave allarme ribassista a 2500/2200 (prematuro rispetto alla situazione generale dei metalli, deboli ma non in crisi acuta), ma non se la sente di andare oltre 2700, cioè di avviare un vero e proprio recupero.

Mantiene uno "scampato crollo", a pochi giorni da segnali di ribasso di lungo termine equivalenti a quelli che ho indicato qui sopra per altri metalli.

In direzione contraria, con la stessa veemenza si era mosso dieci giorni fa l'alluminio, segnando massimi a 2250, trainato da voci sulla chiusura di una importante miniera [vedi analisi del 7 ottobre). Le voci si rivelano esagerate - o meglio, azienda e politica trovano un compromesso -, e l'alluminio si assesta (-4.42% a 2034).

In definitiva nelle ultime settimane ha retto su allarmi da crollo (2000), ai livelli attuali mantiene ancora la pesante frenata estiva dal "rally da sanzioni russe" della primavera. E al netto delle ampie ma brevissime sbandate oscilla da un anno intorno a 2200.

Alto ma instabile, ha minacciato più volte di fermare il rimbalzo dell'ultimo anno e di tornare a 2000 e da lì verso 1600;

Acciaio cinese +3.82% a 4700.

Hot Rolled Coil americano +0.85% a 835.

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I noli (+2.80% a 1579) riprendono il rally di quindici giorni fa. I massimi della "crisi alluminio" della primavera li hanno rallentati, ma nonostante una seria sbandata non tornano deboli.

C'è ancora, quindi, un segnale di "errata allocazione" di materie prime in conseguenza della "guerra dei dazi" - una dinamica che finora ha limitato i ribassi delle commodities - che dovrebbero essere ben maggiori a fronte di rialzi dei tassi e forza del dollaro.

Più in generale, le materie prime non sono nettamente deboli (non peggio che nei mesi scorsi, quantomeno) e quindi non riflettono ancora le tensioni al rialzo sui tassi.

Questo mantiene vivo il dibattito su una possibile "inflazione da fine ciclo", che abbiamo discusso il 23 settembre [vedi].

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Settimana pesantissima ma che chiude in leggero assestamento prima che scattino allarmi da crollo definitivi sulle Borse generaliste maggiori.

Già in allarme rosso invece Banche e Borsa cinese [Milano è notoriamente considerata un "indice bancario"].

Borse

Borse generaliste:

Dow Jones -4.19% a 25340, cede pesantemente, e con solo un minimo assestamento venerdì, ma resta per ora sopra i primi allarmi di 25000/24500.

Ancora alta anche se ha dato segni di fragilità.

Teniamo d'occhio 25000, insieme alle Banche (inquiete già da qualche settimana, e ora a rischio [vedi]).

Francoforte -4.86% a 11524: riprende e accelera il calo delle scorse settimane, che prosegue l'ampia sbandata dell'estate (da 13200, minimi a 12000),

peggiorando anche i minimi precedenti e adesso attaccando l'allarme di 12000/11700.

Su conferma della perdita di 11700, Francoforte può avviare un ribasso di medio e lungo termine (obiettivo e pausa a 10800, da lì possibile ritorno a 9000/8500).

Palese il peso delle Banche [vedi] e la relazione con il caso Italia.

Londra -4.41% a 6996: ricade pesantemente dopo un rimbalzino, minaccia di riprendere l'ampia sbandata dell'estate (da 7900, minimi a 7200).

Non tocca ancora l'allarme da crollo di 7000, che è però vicinissimo.

Alla perdita di 11700, Londra potrebbe avviare un ribasso di medio e lungo termine (obiettivo e pausa a 6200/6000, da lì possibile ritorno a 5000/4500).

Brasile +0.73% a 82921: mantiene la leggera euforia pre-elettorale, ma questa si affloscia a fine settimana.

Attenzione al ballottaggio per le elezioni presidenziali, che finora hanno alimentato l'euforia (speranze di elezione del "liberal-autoritario"

Bolsonaro). Ma, come dicono i mestieranti di Borsa "compra le attese, ma vendi la notizia". E, come dico io, "non esistono dittatori liberisti".

Tokyo -4.58% a 22695: frena bruscamente il recente decollino. Ancora alta, come Wall Street, rispetto ai mercati europei. Ma la differenza è che qui, diversamente da Wall Street, le Banche, come in Europa, erano già da tempo inchiodate sui minimi; un episodio acuto sulle Banche e sullo yen [debito, vedi lo "scenario" di oggi].

Allerta "tecnico" a 22000, rischi di lungo termine soltanto sotto 21000/20000.

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Cina: Shanghai -7.60% a 2607. La Borsa riapre dopo lo "choc da spionaggio"

che dieci giorni fa si era scaricato interamente su Hong Kong (in questi giorni -2.90% a 25801), e il ribasso storico della Borsa cinese riprende malamente.

Per qualche settimana Shanghai aveva rallentato leggermente il ribasso sulla base "tecnica" fornita dai minimi del 2016 (2700/2650), ma restava comunque già ampiamente sotto l'allarme da crollo di 3000.

Adesso 2650 rischi di cedere del tutto. Attenti, sarà un passaggio rilevante per mercati, economia, politica.

Banche:

Germania (-3.83% a 44.46), fra sobbalzi e tonfi resta piantata sui minimi (45) della crisi bancaria del 2009. Sotto questo livello ha poco spazio per scendere ancora, e quindi finora ha esitato a esita a romperlo.

Finora.

Allarmante il fatto che stia peggiorando i minimi Deutsche Bank, che ultimamente aveva sollecitato qualche speranza di recupero, legata alla sua ventilata fusione con Commerzbank.

Europa (-3.71% a 143.18), in ribasso, da 160 - che quest'estate è stato un allarme da crollo verso i minimi (140/130); prossima fermata e possibile linea di difesa a 140.

Inghilterra (-4.20% a 133): dopo i recenti netti allarmi da crollo (150/145), sfondano anche 140: da lì, e se non lo recuperano a giorni, stanno "tecnicamente" scendendo verso i minimi storici (120/110).

Attenzione al dibattito su Brexit - adesso, soprattutto a quello interno;

ma attenzione anche che una crisi europea non arrivi in tempo per rendere daccapo Brexit desiderabile per gli investitori.

America (-5.57% a 439.16): ancora alte su scala poliennale, ma da gennaio si sono piantate e nelle scorse settimane sono diventate instabili.

Adesso avvicinano 440/420, allarmi che segnalerebbero il passaggio da

"rallentamento" a "guai seri";

Fondi immobiliari USA (-2.96% a 331.29), tornano a indebolirsi, avvicinano il preallarme da crollo di 335/325; allarme rosso a 300; evidente la

"sofferenza da tassi in rialzo";

(13)

Ma la perdita dei minimi di quella fascia piatta, sotto 21000/20600, ha innescato un attacco a 19000: e sotto 19000 per Milano si riaprirebbe una fase acuta di ribasso.

I BTP cominciano a pesare sulle aziende, eccome... Altro che "lo spread è un parametro contabile che interessa solo ai tecnocrati"...

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