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ANNO LIX - N aprile 2021 Weberstr. 10 AZA 8004 ZURIGO POST CH AG TEL

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Corriere

dell’ italianità

ANNO LIX - N. 12 - 14 aprile 2021 Weberstr. 10 AZA 8004 ZURIGO POST CH AG

TEL. 044 240 22 40 www.corriereitalianita.ch

in continuità con il Corriere degli Italiani per l’italianità

Il silenzio degli Eventi e il futuro della Democrazia

La crisi e il ruolo della cultura per la ripartenza

di Manuela Andaloro con Dario De Lisi

La via della rinascita non può ignorare la strada della cultura.

In Svizzera il Consiglio Federale ha rafforzato il proprio soste- gno economico al mondo culturale, estendendo i benefici an- che agli operatori occasionali attivi nel settore. In Italia il mini- stro della Cultura Dario Franceschini prosegue con “la politica di sostegni alle imprese e ai lavoratori” del settore e parla di un piano per il “rilancio del ruolo internazionale dell’Italia per la cultura”. Il 9 febbraio 2021 il Parlamento Europeo ha approvato

in via definitiva il “Recovery and Resilience Facility”, dispo- sitivo per la ripresa e la resilienza, per aiutare i paesi UE a fare fronte alle conseguenze della pandemia di COVID-19. Si tratta dello strumento chiave al centro di NextGenerationEU. Il suo obiettivo è quello di mitigare l’impatto economico e sociale del- la pandemia e rendere le economie e le società europee più so- stenibili, mobili e meglio preparate per le sfide e le opportunità della transizione verde e di quella digitale. (...)

CONTINUA PAGINA 5 Morning sun (1952). Opera di Edward Hopper, l’artista che dipinge il silenzio

Chi teme le ONG?

Storie di giovani picchiatori e di vecchi stereotipi

Politica svizzera

territorio e luoghi comuni

di Kristina Lanz, Alliance Sud

In novembre, l’iniziativa per multinazionali responsabili è stata respinta di poco dalla maggioranza dei Cantoni. Le as- sociazioni economiche conservatrici hanno potuto tirare un sospiro di sollievo. Ma il contraccolpo non si è fatto atten- dere: cronaca di un attacco politico alle organizzazioni non governative (ONG) - e alla democrazia svizzera.

Raramente un’iniziativa popolare ha fatto tanto scalpore come quella delle multinazionali responsabili. Già mesi,

se non anni prima della votazione, i giornali ne parlavano regolarmente; le bandiere arancioni e le molteplici attività di numerosi comitati locali le avevano conferito visibilità tra la popolazione. Per la prima volta nella storia politica svizzera, un’ampia coalizione di 130 Organizzazioni non governative - ONG, numerosi rappresentanti delle Chiese e dell’economia, parlamentari di tutti i partiti politici e migliaia di volontari- si sono uniti per perseguire lo stesso scopo. (...)

CONTINUA A PAGINA 3

di Rossana Cacace

Negli anni Ottanta – quelli del cubo di Rubik, del punk rock, delle spalline, dei paninari, di Tony Manero e la di- sco music, della caduta del muro di Berlino, della “Milano da bere” – nella Svizzera Italiana cresceva una generazione particolare, che amava “menare le mani”. È disponibile in libreria “Breve trattato sui picchiatori nella Svizzera italiana degli anni Ottanta” (prefazione di Giulio Moz- zi, postfazione di Ermanno Cavazzoni), scritto dalla gior- nalista e scrittrice locarnese Manuela Mazzi. Il giovane

pugile Matt Stehnermeier, detto Nitro, il suo compagno di avventure Gerry detto Glicerina, Cristina Brusino det- ta LouLou c’est moi – unica donna-, sono solo alcuni dei protagonisti di questo racconto che svela, seppur in modo romanzato, una realtà che non ti aspetti. Sì, perché sem- bra difficile immaginare che in un paese così “ordinato e tranquillo, dove si sta bene” come la Svizzera, ci fossero delle bande agguerrite sparse sia nelle aree metropolitane che nelle periferie. (...)

CONTINUA A PAGINA 14

Addio Filippo, principe

“imperfetto”

EDITORIALE

Lo scorso 9 aprile si è spento all’età di 99 anni il principe Filippo, marito della Regina Elisabetta. Il duca di Edimbur- go avrebbe festeggiato il secolo di vita il prossimo 10 giugno.

Famoso per le sue gaffe e per essere stato per 73 anni un passo indietro alla sua potente consorte, Filippo è stato un pilastro fondamentale per la monarchia britannica. Un suo speciale ricordo ce lo regala in esclusiva Antonio Caprarica, per quasi 15 anni corrispondente della RAI da Londra.

Il giornalista e scrittore -in libreria con Elisabetta. Per sempre regina, Sper- ling & Kupfer- raggiunto dalla nostra giornalista Cristina Penco, racconta al Corriere dell’Italianità:

“Forse la formazione molto militare che aveva ricevuto, che nasceva dalla sua esperienza di vita – infanzia molto dura, famiglia sfasciata, difficoltà eco- nomiche gravissime che avevano co- stretto Filippo, all’inizio, a vivere della benevolenza e della beneficenza dei parenti – tutto questo ha creato una personalità che tendeva a rinchiudersi al suo interno. E a manifestare all’ester- no solo l’aspetto un po’ da spaccone, da guascone. Con una schiettezza ai limiti della goliardia e anche dell’arroganza, con una esibita passione per la virili- tà e gli sport virili – caccia, volo, polo – in cui lui primeggiava perché aveva anche un fisico poderoso. In qualche modo sembra che la debolezza intima di quest’uomo, segnato da un’infanzia difficile, volesse essere compensata da un’esibizione di forza. Era gentile, ma aveva maniere molto sbrigative. Quan- do ti incontrava ti puntava il dito contro e ti chiedeva: ‘Lei che fa? Che ci fa qui?’.

Ricordo, invece, quando fui presentato la prima volta al figlio Carlo: quest’ul- timo fu così cortese, così interessato all’altro. Iniziò subito un dialogo. Con Filippo era tutt’altra cosa”.

Caprarica ci rivela, infine, uno sguar- do inedito del marito di Elisabetta II:

“Filippo aveva dei lati nascosti della personalità: la curiosità intellettuale, la capacità di interrogarsi su quelle che i filosofi chiamano le questioni ultime:

vita, morte, Dio. Lui su questi temi ri- fletteva, per i fatti suoi e in una cerchia molto ristretta. Evitava assolutamente di darne esibizione in pubblico. Forse immaginava che sarebbe stato colto come segno di debolezza”.

Nucleare nel Monferrato

REALI INGLESI.

E se la vera rivoluzionaria fosse Kate?

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di Ilaria Fuso

Nel 2014 alcuni luoghi della pro- vincia di Alessandria hanno otte- nuto il prestigioso riconoscimen- to di Patrimonio dell’Umanità da parte dell’UNESCO. Nel 2021 sono stati scelti tra i siti potenzialmen- te idonei ad ospitare il Deposito Nazionale dei rifiuti nucleari. Di fronte alla scelta di adibire questi luoghi a “magazzini” di scorie po- tenzialmente pericolose, è nata un’organizzazione culturale -il Co- mitato Gente del Territorio- pron- ta a difendere la propria terra. Il presidente, l’avvocato Alessandro Provera, ci spiega i motivi della protesta.

di Giovanna Guzzetti

Ma chi l’ha detto che un diadema non possa sortire lo stesso effet- to di un basco rivoluzionario? No, non si tratta di una favola (di cui avremmo anche bisogno, visti i tempi) ma del nuovo profilo che si starebbe ricavando nell’austera, e piuttosto inossidabile, monarchia inglese, la inappuntabile Kate.

Alias (ex) Miss Middleton, alias la Duchessa di Cambridge.

MERCATO DEL LAVORO: LA CRISI dELLA RISTORAZIONE

Syna

La primavera è iniziata, ma i ri- storanti rimangono chiusi. Così ha deciso il Consiglio federale a metà marzo. Syna comprende la necessità di questa linea d’azio- ne, ma non bisogna sottovalutare l’estrema incertezza e soprattut- to le conseguenze finanziarie di questa decisione per i dipendenti del settore della ristorazione. Il settore vive crescenti difficol- tà finanziarie: l’impossibilità di lavorare si somma a un reddito già basso ulteriormente assotti- gliato. E il licenziamento dietro l’angolo. Perché il rischio che l’impresa non riesca a rimanere a galla a lungo termine è reale. Ma dove trovare un nuovo impiego?

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LE MILLE VIRTÙ DEL GORGONZOLA

di Gilda Ciaruffoli

Nato, pare per sbadataggine, in- torno all’anno 1000 nella citta- dina di Gorgonzola (provincia di Milano) Il Gorgonzola è al terzo posto tra i formaggi di latte vac- cino nel panorama dei formaggi DOP italiani, dopo i due grana; è il settimo prodotto per importanza nell’intero comparto agroalimen- tare (sia DOP che IGP); muove un giro di affari di 800 milioni di euro, è buono ed è ottimo sia da solo che come ingrediente di piat- ti gourmet.

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2 PRIMO PIANO

Mercoledì 14 aprile 2021

Settimanale di lingua italiana in Svizzera www.corriereitalianita.ch

EDITORE Associazione Corriere degli Italiani – Svizzera

COMITATO DIRETTIVO Paola Fuso (presidente) Roberto Crugnola (vice presidente) Manuela Andaloro, Franco Narducci,

Alberto Ferrara COMITATO D'ONORE Alberto Costa (Presidente)

Alex Berner, Mario Botta, Marina Carobbio, Franco Cavalli,

Maria-Cristina Cedrini DIREZIONE REDAZIONE

Rossana Cacace redazione@corriereitalianita.ch

COMITATO DI REDAZIONE Andrea Grandi, Marina D’Enza,

Stefania De Toma, Paola Fuso, Franco Narducci, Alessandro Sandrini,

Antonio Spadacini SEGRETERIA / AMMINISTRAZIONE

Daniela Vitti segreteria@corriereitalianita.ch

Weberstrasse 10, 8004 Zürich Tel. 044 240 22 40 IBAN CH24 0900 0000 6001 2862 6

COLLABORATORI Maria-Vittoria Alfonsi, Moreno Bernasconi , Jacopo Buranelli,

Rosanna Chirichella, Alberto Costa, Samantha Ianniciello

ABBONAMENTO annuale CHF. 90.- abbonamenti@corriereitalianita.ch

DIRETTORE MARKETING Antonio Campanile antonio@campanile.ch

Tel. 079 405 39 85 SOCIAL MEDIA MANAGER

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Rita Cosentino STAMPA Theiler Druck AG Verenastrasse 2 - 8832 Wollerau

Gli articoli impegnano la responsabilità degli autori.

Il Corriere degli italiani per l’italianità bene�icia del contributo erogato dal Dipartimento editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la stampa

italiana diffusa all’estero.

Corriere

dell’ italianità

di Marco Nori, CEO di ISOLFIN Group

Nel 2015, con la firma dell’Accordo di Parigi sul clima, la Svizzera aveva annunciato di voler ridurre entro il 2050 del 70–85 per cento le emissio- ni. Da allora molte cose sono cam- biate, soprattutto la consapevolezza che il pianeta ha poco tempo e sono i paesi più ricchi a dover dare l’e- sempio. La sbarra degli obiettivi è stata alzata ancora più in alto: nel 2019, il Consiglio federale ha sta- bilito che entro il 2050, la Svizzera dovrà essere energeticamente neu- trale, cioè dovrà ridurre le emissioni a un punto in cui il saldo netto della CO2 prodotta e assorbita sia pari a zero. Questo obiettivo è noto con il nome di Zero Base.

Oltre alla salvaguardia del clima, la Confederazione si è data anche un altro obiettivo, altrettanto impor- tante per il suo futuro come nazio- ne: ridurre la dipendenza dall’estero dal punto di vista energetico, ancora più ambizioso se si pensa che inten- de anche rinunciare al nucleare.

Insomma, l’energia svizzera del 2050 dovrà essere, almeno nelle premesse, sicura, finanziariamente sostenibile, neutrale sotto il profilo climatico e, per quanto possibile, nazionale.

È un obiettivo colossale, che costerà 1 trilione e mezzo di franchi svizze-

ri, ma realizzabile, perché prende in considerazione moltissimi fattori, non solo tecnologici, ma anche fi- nanziari e negoziabili.

Per prima cosa le tecnologie dovran- no essere introdotte rapidamente e su larga scala.

Barbara Antonioli, economista italo-svizzera esperta di economia delle fonti rinnovabili, crede che servirà puntare molto sull’elettri- ficazione del sistema e convertire la mobilità a elettricità e idrogeno, incluso il trasporto su rotaia, e che un ruolo importante lo svolgeranno anche le biomasse per il consumo privato, magari sviluppando reti di teleriscaldamento.

Per quanto riguarda la produzione, la parte del leone sembra che la farà il fotovoltaico, nonostante il fatto che -secondo il mio parere- l’eolico avrà molto da dire nel futuro. Sen- za dimenticare la grande tradizione idroelettrica che fornisce oggi una buona fetta dell’elettricità che con- sumiamo, soprattutto in Ticino.

Non c’è solo la produzione, ma anche la meno appetibile ridu- zione dei consumi, che prevede certe rinunce da parte dei cittadini e l’ottimizzazione dei sistemi. Gli obiettivi prevedono che il consumo nazionale diminuisca del 30% e quello pro capite di oltre del 40%.

I giovani sembrano più volenterosi a queste “scomodità” e la politica si

di Romeo Ricci

Sono da poco disponibili nelle farmacie elvetiche i test Covid “fai da te” gratuiti.

Una terza possibilità- che si aggiunge al tampone molecolare e a quello anti- genico rapido- che può dare un aiuto, seppur con alcuni limiti, al controllo dei contagi e dell’evolversi della pandemia.

L’obiettivo del Consiglio federale è fare in modo che il 40% della popolazione si sottoponga a un test ogni settimana.

I nuovi “autotest” permettono di fare tutto da soli.

Di seguito alcune indicazioni a riguar- do:A chi sono destinati gli autotest: a tutta la popolazione della Confedera- zione e agli stranieri che lavorano in Svizzera. In ogni caso, possono richie- derli solo persone che non hanno nes- sun tipo di sintomo. Nel caso si debba fare visita a persone a rischio- anziani, malati oncologici e tutte le persone che rientrano nella categoria dei fragili- è opportuno effettuare l’antigenico o il molecolare, che danno risultati più si- curi.

Quantità: Ogni persona ha diritto a un massimo di cinque test gratuiti al mese.

Per ottenerli bisogna presentare la tes- sera della cassa malattia, in modo da poter controllare la quota ricevuta nei trenta giorni. I lavoratori stranieri de- vono presentare il permesso di lavoro e la carta sanitaria. È possibile ritirare il kit per l’autodiagnosi anche per conto terzi, presentando la tessera della cassa malattia dell’interessato.

Una volta superata la soglia mensile, i test non sono più distribuiti gratis, ma a pagamento.

Dove si trovano: sono disponibili in

tutte le farmacie di tutta la Confedera- zione.

Come funzionano: la confezione con- tiene un tampone di cotone che deve essere inserito fino a tre-quattro centi- metri in ogni narice per quattro volte.

Deve poi essere infilato in una provetta contenente un liquido, e una goccia di questa miscela viene analizzata su uno strumento simile a un test di gravidan- za.Tempi e responso: il risultato è dispo- nibile in 15-20 minuti. Se appare una

barra, il test è negativo. Due barre indi- cano un risultato positivo.

Che cosa fare in caso di esito positivo dell’autotest: in tal caso si consiglia di sottoporsi a un test molecolare per una conferma certa del risultato e di rima- nere a casa in attesa degli esiti.

Se l’esito è negativo: si ricorda che un risultato negativo dell’autotest – come si legge sul sito Web dell’UFSP (Uffi- cio Federale della Sanità Pubblica) - è valido solo un giorno e non “esclu- de completamente un’infezione da coronavirus”. Per questo è necessario rispettare in ogni caso le norme di igie- ne e di protezione (lavaggio delle mani, distanziamento, mascherina).

Gli altri test

Il tampone molecolare naso orofa- ringeo è lo strumento più efficace per individuare la presenza del virus SARS- COV-2. L’analisi può essere effettuata

solo in laboratori altamente specializ- zati, l’esito viene dato dopo 1-2 giorni.

Va assolutamente fatto in caso di pre- senza di sintomi riconducibili al Covid, di contatto stretto con persone risultate positive, se si è soggetti a contatto con persone fragili o per l’ingresso in comu- nità chiuse o ospedali.

Il test antigenico rapido non ha biso- gno di personale specializzato. I tempi di risposta sono molto brevi (circa 15 minuti), ma la sensibilità e specificità di questo test sembrano inferiori a quelle del test molecolare. Ciò comporta la possibilità di risultati falso-negativi.

I test sierologici rilevano se le perso- ne sono venute a contatto con il virus SARS-COV- 2 ma non sono in grado di confermare o meno una infezione in atto e richiedono. Quindi, in caso di positività, è necessario un ulteriore test molecolare su tampone per la confer- ma.

sta adeguando per costruirsi un ba- cino di simpatizzanti fedeli che sa- ranno elettoralmente utili in futuro.

Questo è tutto quello che di prati- co può fare la Confederazione, e poi vengono gli altri strumenti, cioè

la negoziazione e gli accordi. Rag- giungere la neutralità di emissioni non significa necessariamente non emettere, ma anche “comprare il di- ritto di emettere”.

Esiste un mercato delle emissioni di CO2 che consente a un’azienda che ha ridotto le emissioni di ani- dride carbonica o altri gas serra di vendere a un’altra azienda questo risparmio sotto forma di un credito.

Dunque, un’azienda che non riesce a tagliare a sufficienza le emissioni, può semplicemente comprare il di- ritto di emetterle da un’azienda che le ha invece tagliate. Per uno stato vale la stessa cosa. È anche questo spirito finanziario che incentiva la conversione alle energie sostenibili, perché il costo maggiore di approv- vigionamento energetico può essere coperto attraverso il mercato delle emissioni.

Una delle possibilità di Zero Base è

proprio questa.

C’è poi il campo di azione di Zero Base. Si occupa solo di energia. La CO2 prodotta dall’agricoltura o dalle industrie chimiche, farma- ceutiche o dell’acciaio, o ancora gli impianti per lo smaltimento dei rifiuti, sono esclusi dal com- puto, e sono una parte molto rile- vante.

Questi fattori nulla tolgono all’enor- me lavoro da fare, come cittadini e imprenditori, perché la Confede- razione faccia il proprio dovere per ribaltare lo slittamento ambientale del pianeta, come le altre nazioni del mondo. Perché lo sforzo deve essere globale, oppure è inutile se non addirittura dannoso perché ge- nererebbe distorsioni di mercato e diffidenze che presto sfocerebbero in conflitti più o meno intensi. Oc- corre che tutti facciano la loro parte, in misura delle proprie possibilità.

Clima: ciascuno faccia la sua parte

Covid e prevenzione

Zero Base, il traguardo di una Svizzera a zero emissioni entro il 2050

I test “fai da te” gratuiti: un aiuto

in più se si seguono le regole

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Mercoledì 14 aprile 2021

PRIMO PIANO 3

Politica svizzera

Chi teme le ONG?

di Kristina Lanz, Alliance Sud SEGUE DALLA PRIMA PAGINA (...)

Anche se alla fine l’iniziativa non è riuscita a conquistare la maggio- ranza dei Cantoni, ha comunque dimostrato ciò che la società civile e soprattutto le ONG possono otte- nere quando uniscono le loro forze.

Tuttavia, quello che si potrebbe in- terpretare come segnale positivo di una democrazia vivace e di una po- polazione interessata, sembra non piacere a tutti.

I liberali vogliono vietare la poli- tica alle ONG

Ancora prima della votazione, Rue- di Noser (consigliere agli Sta- ti PLR e tra i primi oppositori dell’iniziativa) aveva presentato una mozione che chiede alla Con- federazione di esaminare se le con- dizioni dell’esenzione fiscale per le organizzazioni di pubblica uti- lità (cioè le ONG) che perseguono obiettivi politici sono ancora sod- disfatte o se l’esenzione fiscale deve essere revocata. Nella sua risposta, fondata su basi giuridiche, il Consi- glio federale propone tuttavia di re- spingere la mozione. Innanzitutto, specifica le attività che promuovono l’interesse generale, cioè «l’assisten- za sociale, l’arte e le scienze, l’inse- gnamento, la promozione dei diritti umani, la protezione del paesaggio, della natura e degli animali nonché l’aiuto allo sviluppo». Sottolinea inoltre che nel caso delle «organiz- zazioni esentate da imposte, pos- sono crearsi anche legami con temi politici (ad esempio nel caso delle organizzazioni impegnate nella tu- tela dell’ambiente, dei disabili, della salute, dei diritti umani, ecc.)». Il Consiglio federale precisa anche che

«il sostegno materiale o ideale di iniziative o referendum non si oppo- ne all’esenzione fiscale». La mozio- ne sarà dapprima discussa in seno alla Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio degli Sta- ti (CET-CS) e poi verrà riesaminata nello stesso Consiglio degli Stati.

In seguito alla votazione sull’inizia- tiva per multinazionali responsabili si è scatenata una tempesta in Par- lamento, che ha generato tutta una serie di interrogazioni, interpellan- ze, postulati e mozioni che mettono in discussione il ruolo politico delle ONG. Per esempio, la consiglie- ra nazionale Elisabeth Schnei- der-Schneiter (PPD) ha presentato un postulato per chiedere al Consi- glio federale di redigere un rapporto

che indichi quali attività delle ONG vengono finanziate con quali fondi e su quali basi giuridiche, nonché quali rappresentanti politici siedo- no negli organi direttivi di queste ONG. Motivazione della richiesta:

«le organizzazioni di aiuto allo svi- luppo si occupano sempre più spes- so di politica di sviluppo in Svizzera invece di fornire assistenza concreta all’estero». Inoltre, una mozione del consigliere nazionale Hans-Peter Portmann (PLR) chiede al Consi- glio federale di esaminare l’opportu- nità di fornire un sostegno statale ai progetti di cooperazione internazio- nale di ONG che hanno partecipato a campagne politiche e di interrom- pere, se è il caso, tali sovvenzioni.

Sembra che questi interventi par- lamentari cerchino di evitare un dibattito critico sul ruolo politico delle associazioni e dei think tank vicini al mondo economico, che in qualità di attori non governativi fanno pur parte delle ONG. Solo le ONG nell’ambito della cooperazio- ne allo sviluppo sono infatti esplici- tamente menzionate. Tuttavia, il fi- nanziamento delle attività politiche di ONG con fondi della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) è sempre stato escluso per contratto. È ovvio che la Confede- razione non voglia investire dena- ro pubblico in campagne politiche, però un divieto politico generale per le ONG che ricevono finanziamenti federali sarebbe non solo assurdo, ma anche particolarmente proble- matico.

La diversità di opinione è linfa vi- tale per la democrazia

La nostra democrazia beneficia del fatto che al dibattito politico parte- cipano molteplici attori, ognuno con le proprie specializzazioni, opinioni ed esigenze. Oltre ai vari attori eco- nomici e ad altri gruppi della società civile (come i sindacati o gli attori nell’ambito dell’educazione), anche le ONG che operano nell’interesse generale contribuiscono al dibat- tito democratico nel nostro Paese.

Contrariamente ai rappresentanti dell’economia, che generalmente difendono i propri interessi, queste ONG si battono per cause ambienta- li o sociali senza scopo di lucro, con- formemente al loro mandato. Il loro impegno politico è finanziato me- diante le quote associative e i fondi raccolti per scopi politici specifici.

Mentre diverse personalità politi- che borghesi siedono nei consigli di amministrazione del settore pri- vato, appaiono regolarmente agli

eventi di lobbying delle associazioni economiche e si oppongono spesso con veemenza a una maggiore tra- sparenza delle donazioni ai partiti (visto che probabilmente rendereb- be determinati legami ancora più evidenti), le ONG di cooperazio- ne allo sviluppo dovrebbero essere esaminate con la lente d’ingrandi- mento alla ricerca di eventuali le- gami politici e rappresentazioni di interessi. Allo stesso tempo, il fatto che anche altri attori e associazio- ni, che beneficiano di sovvenzioni statali e di altri contributi pubblici, lancino ugualmente campagne di informazione e interferiscano nelle campagne di votazione non sembra preoccupare quelle stesse personali- tà politiche che vogliono zittire po- liticamente le ONG.

Un «divieto politico» generale per le ONG che percepiscono fondi pub- blici metterebbe probabilmente a tacere molte voci critiche e consoli- derebbe il dominio dei lobbisti del mondo economico. Anche se questo è quello che si augurano alcuni espo- nenti politici borghesi, un tale di- vieto rappresenterebbe una dichia- razione di fallimento per un Paese che ama sottolineare la sua demo- crazia, la sua apertura al mondo e la sua tradizione umanitaria. Eppure, se le ONG non avessero più il diritto di svolgere attività politiche, anche per tutti gli altri contributi e le altre sovvenzioni della Confederazione si dovrebbe esaminare se i beneficiari si impegnano in ambito politico e se, in tal caso, caso dovrebbero es- sere interrotti anche questi contri- buti statali. E ciò non sarebbe certo nell’interesse dei politici interessati.

Le attività educative sono al cen- tro dell’Agenda 2030

All’indomani della votazione sull’i- niziativa per multinazionali respon- sabili, tuttavia, le attività politiche delle ONG non sono state l’unico elemento al centro delle critiche.

Anche le attività di educazione e sensibilizzazione in Svizzera sono state messe in discussione. In di- cembre, infatti, la DSC ha annun- ciato senza preavviso (probabil- mente su pressione del capo del dipartimento) che non avrebbe più potuto cofinanziare le attività di educazione e sensibilizzazione delle ONG in Svizzera. Questa de- cisione è tanto più sorprendente se si considera che un anno prima la DSC aveva adottato nuove linee direttrici per la collaborazione con le ONG, in cui si specifica che uno dei compiti principali delle ONG svizzere «consiste nell’informare e sensibilizzare l’opinione pub- blica svizzera, e in particolare i giovani, in merito alle sfide glo- bali e allo stretto nesso tra pace, sicurezza, sviluppo sostenibile e benessere» (Direttive della DSC per la cooperazione con le ONG svizze- re, 2019).

La sensibilizzazione e l’educazione relative ai temi dello sviluppo so- stenibile (compresa la cooperazione allo sviluppo) costituiscono a loro volta un elemento chiave dell’Agen- da 2030 per uno sviluppo sosteni- bile, sottoscritta anche dal nostro Paese. Con i suoi 17 Obiettivi di svi- luppo sostenibile (OSS), l’Agenda 2030 si rivolge a tutti i Paesi, non solo a quelli in via di sviluppo. Chie- de un cambiamento radicale nella cooperazione internazionale e invi- ta tutti i Paesi a rendere sostenibile ogni ambito politico, considerando anche le interdipendenze globali.

La sensibilizzazione e l’educazione sono essenziali per raggiungere gli OSS: per esempio, l’OSS 4 richiede che tutti i Paesi garantiscano entro il 2030 l’acquisizione, da parte di tutti gli studenti, della conoscen- za e delle competenze necessarie a promuovere lo sviluppo sostenibi- le. Ciò comprende un’educazione volta ad uno sviluppo e uno stile di vita sostenibile, ai diritti umani, alla parità di genere, alla promozione di una cultura pacifica e non violenta, alla cittadinanza globale e alla valo- rizzazione delle diversità culturali e del contributo della cultura allo sviluppo sostenibile. L’educazione allo sviluppo sostenibile ha un ruolo importante anche nel quadro della Strategia per uno sviluppo sosteni- bile (SSS) 2030 della Svizzera, la cui consultazione si è appena conclusa.

Sebbene le ONG siano ancora auto- rizzate a svolgere attività di educa- zione e di sensibilizzazione in Sviz- zera (nella misura in cui riescono a mobilitare fondi a questo scopo in altro modo), l’esclusione ufficiale dell’educazione e della sensibilizza- zione dai contratti programmatici della DSC con le ONG è un grande passo indietro nella comprensio- ne della cooperazione allo svilup- po. In futuro le ONG dovrebbero concentrarsi nuovamente sull’as-

sistenza all’estero — come auspi- ca anche la consigliera nazionale Schneider-Schneiter — e astenersi dal sottolineare le interdipendenze mondiali. Per esempio, le ONG possono sostenere una campa- gna contro il lavoro minorile in Costa d’Avorio, ma non dovreb- bero menzionare che anche le multinazionali svizzere traggo- no profitto vantaggiosamente dal lavoro dei bambini; possono scavare pozzi in Tanzania, ma non dovrebbero menzionare che sono le attività minerarie irre- sponsabili delle multinazionali a contribuire massicciamente alla scarsità d’acqua; possono occupar- si delle vittime della crisi climatica in Bangladesh, ma non dovrebbero menzionare che anche il nostro stile di vita, la nostra piazza finanziaria e la nostra industria contribuisco- no in larga misura al riscaldamento globale.

La Svizzera ignora le raccoman- dazioni dell’OCSE

Un processo di revisione tra pari (peer review) del Comitato di aiuto allo sviluppo (CAS) dell’OCSE ha valutato la cooperazione allo svilup- po della Svizzera nel 2019 e ha avan- zato diverse proposte di migliora- mento (come si vede dal confronto con OCSE DAC 2019). L’OCSE criti- ca, in primo luogo, la mancanza di analisi e, soprattutto, l’assen- za di dibattito sull’impatto delle politiche nazionali (per esempio finanziarie, agricole o commer- ciali) sui Paesi in via di sviluppo.

Chiede alla Svizzera di «diffondere e discutere di tali analisi sia in seno al governo che nella società svizzera in generale». Nel contempo, l’OCSE osserva che la Svizzera continua ad ottenere scarsi risultati negli ambiti della comunicazione e della sensi- bilizzazione dell’opinione pubblica sulle tematiche della cooperazione allo sviluppo. Raccomanda quindi al Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) di finanziare e attuare strategie di comunicazione e di sen- sibilizzazione per il suo programma di sviluppo. Tale approccio dovreb- be permettere alla DSC di comuni- care in maniera proattiva per raffor- zare il sostegno politico e pubblico alla cooperazione allo sviluppo.

Tuttavia, la recente decisione del DFAE va nella direzione opposta, come critica anche l’ex consiglie- ra federale Micheline Calmy-Rey esponendo la sua opinione in un articolo apparso su «Weltwoche», settimanale con sede a Zurigo. La DSC continua a essere sotto tute- la in materia di comunicazione e le ONG sono invitate a non comu- nicare riguardo a questioni di coe- renza politica. Rimane da augu- rarsi che il Parlamento si renda conto che la democrazia svizze- ra può solo beneficiare di una popolazione illuminata, ben informata e politicamente atti- va e di una società civile forte.

(Traduzione Nina Nembrini)

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4 DOSSIER

Mercoledì 14 aprile 2021

Proteste contro gli impianti nucleari in Piemonte

Alessandria, terra di artisti e di rifiuti radioattivi. Tutte le ragioni del no

di Ilaria Fuso

La provincia di Alessandria, in Pie- monte, è nota a livello mondiale non solo per avere dato i natali ai celebri artisti Angelo Morbelli e Carlo Carrà, ma anche per i paesaggi vitivinicoli delle Langhe-Roero e del Monferrato.

Questi luoghi, dove sono ambientati i più celebri romanzi di Cesare Pavese e Beppe Fenoglio, hanno ricevuto nel 2014 il prestigioso riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità da parte dell’UNESCO. Ma il 5 gennaio 2021 la Sogin S.p.a. (Società Gestione Impianti Nucleari) ha pubblicato la carta CNAPI (Carta Nazionale Aree Potenzialmente Idonee) in cui sono individuati 67 siti potenzialmente idonei ad ospitare il Deposito Nazionale dei rifiuti nucle- ari; due di questi si trovano proprio accanto all’area del sito UNESCO, fra i comuni di Alessandria, Castelletto Monferrato e Quargnento, Fubine.

Di fronte alla scelta di adibire questi luoghi a depositi di scorie potenzial- mente pericolose, è sorto -su iniziativa della comunità locale- un Comitato culturale per sostenere le ragioni del No. Per capire i motivi della protesta intervistiamo l’avvocato Alessandro Provera presidente del Comitato Gen- te del Territorio. Tutela e promozione dell’ambiente e della cultura della Pro- vincia di Alessandria, nonché docente di Diritto penale.

Quali criteri sono stati utilizzati da Sogin S.p.a. per individuare il sito per il Deposito nucleare nel Mon- ferrato?

“Il decreto legislativo che individua i criteri utilizzati da Sogin è del 2010:

individua due tipologie di criteri: cri- teri di esclusione e criteri di approfon- dimento. I primi, se vengono ritenuti integrati nel luogo, non richiedono ul- teriori indagini, i secondi servono per valutare le aree individuate a seguito dell’applicazione dei criteri di esclu- sione. La loro applicazione può con- durre all’esclusione di ulteriori por- zioni di territorio all’interno delle aree potenzialmente idonee e a individuare siti di interesse. L’unica pecca di que- sti criteri è che parlano sì di situazioni paesaggistiche di particolare rilievo, di siti di particolare interesse storico nazionale o internazionale (CA12), ma questo non ha impedito la selezione di territori limitrofi a un patrimonio UNESCO, o a un complesso monu- mentale come quello di Santa Croce a Bosco Marengo”.

Quali sono le problematiche più evidenti emerse dopo questa indi- viduazione?

“Sogin, nelle sue varie dichiarazioni pubbliche, ha sempre sostenuto di avere tenuto conto dell’evoluzione di questi territori nel corso del tempo, pertanto avrebbe dovuto tenere in considerazione anche il riconoscimen- to della qualifica di patrimonio UNE- SCO ricevuta nel 2014 dai Paesaggi vitivinicoli delle Langhe, Roero e del Monferrato. In realtà sembra che così non sia stato: Sogin si è forse attenuta alle schede tecniche che i comuni sono tenuti ad aggiornare periodicamente e lo si capisce dal fatto che non c’è men- zione di particolari situazioni da un punto di vista artistico e paesaggistico.

Viene fatta una valutazione meramen- te geologica, perché si parla delle ca- ratteristiche del suolo”.

Sono stati fatti dei rilievi in loco?

“Sembrerebbe di no. Lo si intuisce dal fatto che Castelletto Monferrato era stato definito come luogo idoneo per il deposito, in virtù della presunta as- senza di falde acquifere di superficie.

In realtà, eseguendo dei rilievi come quelli effettuati dai tecnici della pro- vincia e del comune, si scopre l’esisten- za di falde che sono situate anche a 50 cm dal piano campagna: basta scavare

con le mani per trovare l’acqua”.

E quindi?

“Questo evidenzia anche come non sia stata considerata affatto la qualità di questi territori, il riconoscimento di Pa- trimonio dell’Umanità e le peculiarità agricole. Qui sono presenti colture di estremo pregio: aziende primarie han- no investito, come chi ha piantumato nel corso degli ultimi anni circa cento ettari di noccioleti, la Nocciola Tonda Gentile IGP. Uno dei criteri di approfon- dimento della carta Sogin/Cnapi si basa proprio sul fatto che siano presenti sul territorio delle colture di pregio: questo perché va verificato se il deposito po- trebbe interferire con le caratteristiche del terreno, andando a compromettere la qualità dei prodotti”.

Qualcuno ha verificato che tipo di colture fossero presenti sul territo- rio?

“Sembrerebbe di no”.

Sul territorio sono fra l’altro presen- ti anche colture vitivinicole di estre- mo pregio.

“Esatto. Quando si parla del Patrimonio UNESCO riferito alla zona Langhe-Ro- ero-Monferrato si parla di un patrimo- nio diffuso, perché il sito comprende diverse zone: si tratta di cinque aree vinicole distinte e un castello: la Langa del Barolo, le colline del Barbaresco, Nizza Monferrato e il Barbera, Canelli e l’Asti Spumante, il Monferrato degli In- fernot e il Castello di Grinzane Cavour.

Quindi non è soltanto la possibilità che si possa verificare un’incidente o la contaminazione del suolo. Il punto è che il riconoscimento di Patrimonio UNESCO viene conferito al territorio Langhe-Roero-Monferrato in virtù di una caratteristica unica: l’armonia del paesaggio. È una zona unica al mondo perché, pur essendo presente l’inter- vento antropico, esso è in completa ar- monia con la natura e con il panorama:

torri medievali, castelli e borghi pittore- schi che sorgono su colline verdeggian- ti, dove le aree industriali sono assenti.

L’industria è un’industria vitivinicola e si è evoluta nel corso dei secoli in modo conforme alla biodiversità e in perfetta armonia con l’ambiente”.

Il problema, quindi, non sarebbe soltanto la sicurezza del deposito, quanto l’impatto che esso avrebbe sul paesaggio. Giusto?

“Esattamente: qui il vero problema non è soltanto la sicurezza del deposito, che ospiterebbe anche rifiuti ad alta radio- attività, il cui decadimento si calcola in migliaia di anni, ma anche l’impatto pa- esaggistico, sociale e culturale che esso può avere: verrebbe costruito ai piedi di queste colline ed è come se venisse cre- ata una gigantesca collina artificiale che

per 50 anni sarebbe aperta, con viavai di camion che giungerebbero per portare le scorie, momentaneamente collocate all’aperto e coperte provvisoriamente.

Per 50 anni, in attesa che sia riempito completamente, l’aspetto del deposito sarebbe questo. Dopo 50 anni, verrebbe costruita una gigantesca collina artifi- ciale, per la metratura di 1700 campi da calcio: sarebbe una completa deturpa- zione del paesaggio perché si verrebbe a trovare in linea d’aria a pochissimi chilometri di distanza dal sito UNE- SCO, che non è un sito archeologico,

ma è un importantissimo sito paesaggi- stico. Tutto questo comporta un’incom- patibilità con le caratteristiche stesse alla base del riconoscimento dello status di patrimonio dell’umanità, esponendo il territorio al rischio della possibile revoca”.

È già successo?

Sì, alla città di Dresda nel 2009 a segui- to del progetto e della costruzione del Waldschlösschenbrücke, un ponte con viadotto a 4 corsie, che andava a turbare l’armonia paesaggistica a suo tempo ri- conosciuta patrimonio UNESCO”.

Quindi c’è il rischio concreto di una revoca?

“Assolutamente sì; nel caso di Dresda la revoca è stata causata da un intervento antropico molto meno invasivo, rispetto a quello che potrebbe essere il Deposito nucleare nel Monferrato. I siti vengono monitorati costantemente dall’UNE- SCO per verificarne lo stato e la revoca può essere disposta quando una situa-

zione ambientale incide sui criteri che sono stati alla base del riconoscimen- to: per quanto riguarda il Monferrato i criteri delineano una situazione di ar- monia dell’intervento umano rispetto al paesaggio, considerato da UNESCO un esempio unico anche per tutti gli altri paesaggi vitivinicoli del mondo.

Quando si parla di paesaggio vitivinico- lo in Piemonte si parla di una tradizione millenaria: basti pensare, anche se è in un’altra area, alla Vigna della Regina a Torino: la vigna urbana dei Savoia dove si produce ancora il Freisa, un’uva che esiste dal 1200. In questi luoghi nasce un’idea particolare di vinificazione: ci sono i vini pregiati come Barolo, Bar- baresco, Nebbiolo. Viene riconosciuto patrimonio UNESCO anche Canelli, il luogo del primo spumante italiano del- la storia, vinificato per la prima volta nel 1864”.

Eppure, un sito per il deposito nu- cleare va trovato. Soluzioni?

“Certo, anche perché è un obbligo eu- ropeo, ma sarebbe necessario sceglie- re un luogo che si trovi ad una certa di- stanza da una città: mi viene in mente l’esempio della Francia, dove hanno situato un deposito nucleare vicino alla Champagne, ma ad una distanza significativa dal primo centro abitato;

in Spagna il deposito nucleare si trova in un’area desertica dell’Estremadu- ra. Il Patrimonio UNESCO del Mon- ferrato non è patrimonio esclusivo di chi vi abita, ma è di tutti: Patrimonio dell’Umanità. Alcuni dei siti indivi- duati da Sogin sono fra gli altri la Val D’Orcia, Cefalù, ma anche Tarquinia: i rifiuti nucleari in quel caso verrebbero tumulati accanto alle tombe etrusche, di già complessa conservazione? Non si fa una battaglia per salvare solo uno di questi luoghi, si fa una battaglia per salvarli tutti”.

A proposito di battaglie: quali ini- ziative sono state intraprese dagli enti locali?

“Innanzitutto, gli enti locali, in questo caso le province coinvolte di Alessan- dria e Torino, sono chiamati a svolge- re delle contro deduzioni con 60 gior- ni di tempo (prorogati di ulteriori 120 giorni) a partire dalla pubblicazione.

In questi complessivi 180 giorni gli enti devono fare delle controdeduzio- ni, formulando dei rilievi tecnici, per esempio a livello geologico.

Lo stanno facendo con l’appoggio della Regione Piemonte, schierata apertamente per il NO. In aggiunta a questo c’è una mozione parlamentare a firma dell’On. Molinari con la quale si richiede, tra le alte cose, l’esclusio- ne dalla carta CNAPI dei siti prossimi a patrimoni UNESCO o vicini a mo- numenti storici di fondamentale im- portanza”.

“Un deposito di rifiuti nucleari deve essere fatto, ma non di fronte

a un patrimonio dell’Umanità.

Dopo 50 anni, verrebbe costruita una gigantesca collina

artificiale, per la metratura di 1700

campi da calcio.

Una situazione che espone il territorio al rischio

concreto di una revoca del titolo

di sito Unesco.

E’ già successo, alla città di Dresda

nel 2009”

Di cosa si occupa invece il Comita- to NO Deposito Nucleare Gente del Territorio di cui Lei è presidente?

“Il Comitato si occupa di due cose: fare divulgazione e sensibilizzare la popo- lazione, ma anche di effettuare studi e ricerche sull’argomento, che possano essere utilizzati come contro dedu- zioni. Solitamente gli enti locali fan- no contro deduzioni di tipo tecnico, il comitato invece si occupa di indagare e divulgare gli aspetti più sociali, eco- nomici e urbanistici legati al deposito.

Al momento il nostro Comitato è com- posto da 35 comuni della provincia di Alessandria, a cui presto se ne aggiun- geranno altri e accoglie sia cittadini che enti locali. Nella petizione popola- re, ai sensi dell’art 50 della Costituzio- ne, che è stata presentata durante una conferenza stampa il 9 marzo viene chiesta l’esclusione da parte di Sogin dalla carta CNAPI di tutti quei siti che siano vicini a patrimoni UNESCO, luo- ghi artistici o culturali di rilevanza na- zionale e locale. Quella del Comitato è una realtà molto particolare e utile, perché è frutto della cooperazione fra cittadini ed enti locali. Vengono quin- di organizzate iniziative volte proprio a sensibilizzare la popolazione su que- sti temi, come in occasione del webi- nar organizzato in collaborazione con il Touring Club, incentrato sulle rica- dute socioeconomiche di un possibile deposito nucleare sul territorio”.

Cosa è emerso?

Un dato fondamentale legato al turi- smo: il turismo della zona Langhe-Ro- ero-Monferrato è in ascesa e occupa circa 5.000 persone soltanto in provin- cia di Alessandria e circa 24.000 nella provincia di Cuneo. Il turismo di questi luoghi è sì un turismo storico, ma so- prattutto ambientale ed enogastrono- mico. Se in futuro si dovesse scegliere una meta per trascorrere un weekend all’aria aperta passeggiando alla sco- perta di bellezze storiche, paesaggi e prodotti tipici...perché le persone do- vrebbero scegliere di andare accanto ad un deposito nucleare? Queste sono va- lutazioni che si fanno tranquillamente e senza nemmeno accorgersene. Se si ha un turismo come il nostro, è chiaro che un deposito nucleare avrebbe su di esso un impatto devastante.

È tutto legato: l’ambiente, la storia, il paesaggio, l’economia locale, le tra- dizioni, il turismo. Noi del Comitato stiamo svolgendo uno studio in col- laborazione con il Touring Club, che evidenzi le eventuali ricadute negative sul territorio, così da informare citta- dini ed enti locali su queste problema- tiche. Altro studio di cui ci siamo oc- cupando è quello legato all’UNESCO:

cosa succederebbe se il titolo di patri- monio dell’umanità venisse revocato?”.

L’unicità di questo sito UNESCO risiede nell’armonia: come sarebbe possibile uno sviluppo economi- co del territorio salvaguardando l’armonia?

“Si può scegliere di andare in due direzioni diverse: fare economia basandosi sui rifiuti e rinunciare a un’idea di sviluppo ecosostenibile, oppure incentivare un turismo nuovo.

Turismo non significa solo aprire al- berghi, ristoranti o enoteche, significa salvaguardia e valorizzazione dell’i- dentità del territorio in tutti i suoi aspetti: storico, artistico, paesaggisti- co, letterario, enologico e gastronomi- co. Chi fa il vino e vorrebbe chiudere sarebbe incoraggiato a trasmettere questo sapere ai propri figli, i quali anziché andare a studiare lontano po- trebbero scegliere di portare avanti una tradizione e mantenere in vita un mestiere che rappresenta l’identità stessa di un territorio. Andare in una direzione di sviluppo ecosostenibile significa questo. Si rilancerebbero le attività culturali: potrebbero essere organizzati festival di storia locale coinvolgendo viaggiatori provenienti da tutto il mondo, come avviene già ad Alba in occasione della fiera del tartu- fo. È una scelta cruciale per un paese scegliere una direzione anziché un’al- tra: significherebbe non far morire le tradizioni, prendersi cura di un’iden- tità e valorizzare una Comunità. Un deposito deve essere fatto, ma non di fronte a un patrimonio dell’Umanità:

questa terra, con tutto ciò che su di essa prospera, è una ricchezza cultura- le enorme”.

Due degli otto siti individuati in Piemonte per il deposito dei rifiuti nucleari sono accanto al sito Unesco

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Mercoledì 14 aprile 2021

DOSSIER 5

La crisi e il ruolo della cultura per la ripartenza

Il silenzio degli Eventi e il futuro della Democrazia

di Manuela Andaloro con Dario De Lisi

SEGUE DALLA PRIMA PAGINA (...)

Ogni Stato membro dell’UE dovrà dimostrare un forte senso di respon- sabilità nell’utilizzare con efficacia fondi indispensabili a traghettare il futuro delle proprie nazioni verso una maggiore sostenibilità, sul pia- no economico, ecologico e sociale.

Per l’approvazione e la gestione del PNRR (piano nazionale di ripresa e resilienza), il Next generation EU delinea la necessità di coinvolgere forze sociali e società civile.

La serie “Open Government”, pro- mossa attraverso diverse piatta- forme dalla consulente e scrittrice Manuela Andaloro, unisce le voci di leader di governo e sostenitori della società civile per promuovere opinioni, riscontri e contributi, in nome di una governance trasparen- te, partecipativa, inclusiva e respon- sabile, base indispensabile per una forte ripartenza. La voce di questa settimana è quella di Dario De Lisi, direttore strategico e docente presso la IULM Communication School.

Dario, a livello sociale e psicolo- gico, la crisi attuale ha aperto per ciascuno di noi confronti con di- mensioni e situazioni per le quali non eravamo preparati. Mancan- za di certezze e instabilità conti- nuano ad avere un impatto non trascurabile sul tessuto sociale globale. Dal tuo punto di vista e al netto della continuata situazione di crisi, qual è il tuo vissuto pro- fessionale, personale e che sugge- rimenti proporresti?

“Una certezza con cui, nostro mal- grado, siamo costretti a confron- tarci in questo tragico momento è la letterale sospensione del tempo, della mobilità e dei contatti umani e sociali esterni al nostro contesto strettamente privato. Una situazione anomala che ci ha messo di fronte al vissuto interiore delle nostre relazio- ni umane, interpersonali e sociali. Il silenzio e la solitudine sono diven- tati spazi vuoti riempiti da paure ed insicurezze. Paura del proprio stato interiore con ansie, preoccupazioni e paure più razionali date dalle scelte da compiere, del proprio lavoro e del- le sfide da affrontare ancora ignote”.

Silenzio aggravato dall’imprepa- razione di fronte al venire meno

degli spazi di intrattenimento e del “tempo libero”.

“Un tragico errore figlio di un pen- siero lontano in cui le Arti, la Cul- tura e l’intrattenimento (entertain- ment in inglese), parola che ormai riporta nell’uso comune a qualcosa di effimero e non necessario, sono

vittima di una profonda sottovalu- tazione del loro ruolo e del rilievo che hanno all’interno della nostra società”.

Il Covid è stato una cartina torna- sole della nostra attitudine alla Cultura?

“Siamo alla continua ricerca di ri- sposte, mai sazi di titoli e sempre più in difficoltà nel comprenderne i significati. Siamo diventati esper- ti nel catalogare ogni cosa in caselle di comodo, la semplificazione regna regina sui contenuti. La semplifi- cazione sommaria è la risposta alla non capacità di comprendere. Ci mette al riparo dall’ignoto e dallo sforzo che il concetto di compren- sione porta con sé. Questo è ciò che in questi anni è accaduto alla no- stra percezione della Cultura, degli eventi e di tutto ciò che era facile dare per scontato. Il Covid ha alza- to il tappeto scoprendo ciò che solo a pochi era già chiaro. Una società che non comprende la cultura è una società impreparata ad affrontare il cambiamento. La nostra società sta

cambiando velocemente quanto mai prima”.

Gli esperti parlano molto di AQ, Adaptability Quotient, a cui le nostre generazioni e la nostra società sembrano essere per certi versi aperti e pronti -basti pen- sare all’ ingresso delle nuove tec- nologie nelle nostre vite, ma per altri aspetti particolarmente re- sistente, per esempio in contesti chiamati di re-skilling e up-skil- ling. Siamo forse una società pi- gra e impreparata, che non sa guardarsi dentro?

“Il percepito di uno spettacolo, una mostra, un concerto è limita- to alla mera esperienza di piacere.

Un momento singolo in cui gode- re di un’esperienza emotiva forte, coinvolgente, punto. Un modo per costruirsi ricordi, dapprima nella propria mente, oggi sempre di più su instagram. Qualcosa di cui si può fare a meno in momenti di crisi come questa. Il che sarebbe per lo più vero se davvero fosse solo que- sto. In realtà quel momento, quell’e- sperienza così effimera all’apparen- za ha un impatto insostituibile sulla capacità delle persone di affrontare le sfide, comunicare, confrontarsi, acquisire senso critico, conoscere sé stesse e gestire le proprie emozioni e talvolta pulsioni. Momenti e luo- ghi che identificano; utili, necessari a costruire la consapevolezza di sé nella condivisione e nel confron- to con gli altri. Essere parte di una Società o meglio di un ecosistema sociale non è forse questo? Come possiamo pensare che uscire da una crisi come quella del Covid non deb- ba necessariamente avere bisogno di un Vaccino- CULTURA e di un Vac- cino-EXPERIENCE?”.

Da uno studio condotto da Ernst

& Young per conto dell’Europe- an Group of Societies of Authors and Composers (GESAC), emer- ge come l’arte sia stata letteral- mente devastata dalla pande- mia, con perdite fino al 90% per lo spettacolo e fino al 76% per la musica. In generale, nel 2020, l’e- conomia culturale e creativa ha perso circa il 31% dei propri in- cassi, registrando un netto calo di 199 miliardi di euro rispetto al 2019. Sicuramente spettacolo e musica sono i settori più colpi- ti, ma anche arti visive, architet- tura, pubblicità, libri, stampa e

audiovisivo hanno registrato un crollo dal 20% al 40% rispetto al 2019. L’unico settore a reggere, probabilmente a causa della per- manenza forzata a casa, è quello dei videogiochi (+9%). Che inter- pretazione dai a questi dati?

“Sono numeri impressionanti a cui di certo dover dare risposte strut- turali concrete ancora attese e mai pervenute. Numeri che nascondono l’azzeramento totale di uno dei più importanti strumenti che la società possiede per evolversi e migliorare.

La cultura, gli eventi sono come una linea sottile, ma sempre presente, che permea la nostra società. Una linea che attraversa il tempo, si fa portavoce di nuovi codici e nuove tecnologie; attraversa luoghi, mo- dificandoli e rendendoli sempre più sociali (vedi il fuori salone, le fiere etc); attraversa le persone, evol- ve e modifica i loro punti di vista e aiuta a costruire un’infrastruttura valoriale necessaria a decodificare ciò che ci circonda e a non esserne meramente schiavi o spettatori pas- sivi. I numeri indicano la dramma- tica dimensione di ciò che abbiamo sempre sottovalutato, identificano quanto questa linea alimenti, guidi e indirizzi scelte e modelli di bu- siness. Intere città sono cambiate in funzione dell’ecosistema che gli eventi hanno costruito intorno a sé, intere generazioni si sono formate grazie a questo grande e complesso ecosistema di Arti. Oggi ancor di più, in un contesto dove la tecnolo- gia ha letteralmente invaso la nostra quotidianità, diventando spesso fine e non mezzo, abbiamo bisogno di modelli per comprenderne oppor- tunità e limiti. La cultura diventa argine e guida della nostra evoluzio- ne. La rende comprensibile, rende lo sviluppo sostenibile e democratico.

Senza è come tornare nella giungla alla mercè del più forte. Era così pre-covid, e sarebbe continuato ad esserlo nel silenzio delle istituzioni e ancor più grave nel silenzio di chi ne era medesimo artefice”.

Abbiamo un’opportunità unica per una forte ripartenza, il Next Generation EU plan aiuterà a riscattare mancanze ed erro- ri dell’era pre-covid in questo contesto? In che modo reputi si possa creare una nuova base con forti radici nel valore della com- petenza e della trasparenza?

“Prendendo atto che viviamo in un mondo vulnerabile, regolato da for- me occupazionali atipiche e spesso precarie fatto per lo più da microim- prese, organizzazioni non profit e creativi professionisti con poca progettualità e pochissima forma- zione. Si ha la percezione che creare esperienze attraverso gli eventi e le arti sia qualcosa che si ha dentro, che si è un po’ tutti Michelangelo. Il mercato, le nuove tecnologie, i nu- meri che l’industry esprime in Italia, in Europa e nel mondo richiedono invece un altissimo grado di profes- sionalizzazione a cui solo negli ul- timi anni qui da noi si sta cercando di dare una risposta. Siamo ancora agli inizi, ma è un percorso neces- sario se vogliamo che questa filiera articolata che coinvolge centinaia di migliaia di lavoratori possa crescere e accreditarsi come interlocutore credibile verso le istituzioni e so- prattutto verso la società civile. La tragica crisi dovuta al covid ha for-

se reso dapprima gli operatori stessi consapevoli di questi enormi gap. Il mondo della cultura e della creativi- tà oggi necessitano ancor più di pri- ma di importanti investimenti pub- blici per affrontare la crisi in atto, allo stesso modo questo mondo ha la responsabilità di caricarsi del futuro della nostra società aiutandone a riscriverne i paradigmi. Il futuro ri- siede nelle competenze, di cui molte nuove e ancora da scoprire e nel ri- conoscimento delle stesse e del loro valore di interconnessione. Le nuo- ve generazioni native digitali, forse più consapevoli del valore di ciò di cui sono state private e delle riper- cussioni sul loro futuro, sono una risorsa inestimabile per traghettare questa industry verso nuovi oriz- zonti e nuovi modelli”.

(info@smartbizhub.com)

“Oggi, in un contesto dove la tecnologia ha invaso la nostra

quotidianità, diventando spesso

fine e non mezzo, abbiamo bisogno delle

Arti ancora di più che in passato. Abbiamo

bisogno di modelli per comprenderne opportunità e limiti. La

cultura diventa argine e guida della nostra evoluzione. La rende comprensibile, rende lo

sviluppo sostenibile e democratico”

Dario de Lisi

Co-fondatore di Centoeventi Srl nel 2003, agenzia radicata nel territorio Italiano promotrice di format e attività di engagement innovative nel mondo della co- municazione integrata.

10 anni di Business Development lo hanno portato a maturare un’esperienza internazionale nel mondo della comunicazione la- vorando allo sviluppo e alla cre- azione di format, strategy plan e network di ambassador per multinazionali come PERNOD RICARD, JTI, GRUPPO BACAR- DI-MARTINI, FIAT, REDBULL, PANDORA, INBEV ITALIA e CAMPARI. Una forte attitudine al coordinamento di team, al pro- blem solving e al “THINK DIFFE- RENT” lo hanno portato ad essere prima scelto come NEW BUSI- NESS DIRECTOR di M.IN.I. ltda , branch brasiliana di Centoeventi e poi, tornato in Italia, a respon- sabile strategico di SG Company S.p.A. e direttore editoriale di FO- CUS ON, magazine b2b dedicato al mondo della comunicazione.

Post Covid, la necessità di analiz- zare e prevedere i cambiamenti che la nostra società e il mondo della comunicazione sono e sa- ranno chiamati ad affrontare, ha intrapreso un percorso di appro- fondimento e ricerca da mettere a disposizione come consulente e advisor, mantenendo sempre at- tiva l’attività di docente presso la IULM Communication School .

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6 MONDO

Mercoledì 14 aprile 2021

groenlandia

egitto

Le elezioni in Groenlandia sono una faccenda di importanza planetaria

La vicenda di Patrick Zaki e il regime di Al-Sisi in Egitto

di Paola Fuso

Dopo 40 anni di indiscusso pote- re del partito socialdemocratico Siumut, in Groenlandia ha preso il potere il partito dei Verdi Inuit Ataqatigiit. La Groenlandia, che è l’isola più grande al mondo, per intenderci misura 7 volte l’Italia, è anche il Paese meno popolato contando poco più di 56.000 abitan- ti. Dal punto di vista politico costi- tuisce una nazione in seno al Regno di Danimarca.

Dati i numeri e la densità di po- polazione, pensare alle elezioni in Groenlandia di questi tempi potreb- be apparire inopportuno se non si trattasse delle elezioni politiche più importanti del pianeta. Il risultato ha messo in soffitta lo sfruttamen- to minerario del monte Kuannersuit che sarebbe «il secondo più grande giacimento di metalli rari al mondo, e la quinta più grande riserva di ura- nio», in pratica un affare dal valore inestimabile e che fa gola a molti.

I metalli in questione, oltre all’u- ranio, sono le «terre rare» cioè un gruppo di 17 elementi chimici uti- lizzati come componenti in dispo- sitivi high-tech come smartphone, auto elettriche e armi. Tutte le po- tenze globali sono a caccia di terre rare, soprattutto perché la Cina si è mossa d’anticipo negli anni e ne ha un controllo significativo a livello mondiale.

Ebbene a Kuannersuit, l’australiana Greenland Minerals, sostenuta dal gruppo cinese Shenghe, ha ottenu- to una licenza di esplorazione. Ed è proprio questo evento a deter- minare la sconfitta del partito socialdemocratico Siumut che ha perso molti elettori proprio

di Paola Fuso

Il 7 febbraio 2020 Patrick George Zaki, studente egiziano all’Università di Bologna del Master Erasmus Mun- dus in Studi di Genere e delle Donne, sponsorizzato dalla Commissione Europea, sta ritornando in Egitto per una visita alla famiglia, quando vie- ne fermato all’aeroporto del Cairo in nome di un mandato di arresto, emes- so nel settembre 2019 e di cui nessuno era a conoscenza.

L’ordine di arresto è stato emana- to in seguito a dei post pubblicati su una pagina Facebook del ragaz- zo, dichiarata falsa dalla difesa.

I cinque capi di accusa riportano la diffusione di false notizie che minano all’ordine sociale, l’inci- tamento a manifestazioni illega- li, sovversione contro le autorità egiziane, minaccia alla sicurezza nazionale e propaganda terrori- stica. Per questo tipo di imputazioni, se il processo dovesse essere confer- mato, lo studente rischierebbe di subire una condanna dai 13 ai 25 anni di reclusione. Tutto ciò sembra dovuto principalmente alla collabora-

per aver appoggiato il progetto a tutto vantaggio del partito d’op- posizione verde Inuit Ataqatigiit, che invece si oppone all’estrazione dell’uranio per timore dei rifiuti ra- dioattivi.

Alla Groenlandia i “grandi della ter- ra” guardano con estremo interesse anche per il posizionamento geo- grafico sulla rotta artica, ormai per- corribile tutto l’anno: il “Passaggio a Nord-ovest” è molto attrattivo, tan- to è vero che gli Stati Uniti si sono

zione del ragazzo con l’Egyptian Ini- tiative for Personal Rights (EIFR), una ONG che si occupa della difesa dei di- ritti fondamentali in Egitto. Come da prassi – e come temuto sin da subito dagli osservatori internazionali e da- gli attivisti in difesa dei diritti umani – la mancanza di decisioni e di reali progressi inquisitori e decisionali nel- lo svolgimento delle udienze hanno fatto sì che la custodia cautelare ve- nisse rinnovata senza soluzione di

detti disposti ad aiutare la Danimar- ca a costruire tre nuovi aeroporti nell’isola, e negli ultimi decenni hanno costruito diverse basi militari e stazioni meteorologiche.

Tuttavia, come ha dimostrato la schiacciante vittoria dei verdi, è il futuro del sottosuolo artico ad essere diventato l’oggetto del de- siderio per la Russia, per la Cina, per gli Stati Uniti e per la stessa Danimarca, che osserva i crescenti movimenti indipendentisti locali.

continuità per più di un anno.

A parte le condizioni della detenzione, il processo pare reggersi su presuppo- sti poco chiari che rendono l’impianto accusatorio molto traballante. A co- minciare da un ordine di arresto mai notificato, passando alla notizia del fermo del ragazzo a Mansoura, la sua città, quando invece è stato accertato che la Sicurezza Nazionale lo ha fer- mato all’aeroporto del Cairo, fino al tipo di detenzione applicata, secondo

Tanto è vero che la scelta tra sfrut- tamento e rispetto del territorio ha causato la crisi politica a febbraio e le conseguenti elezioni anticipate.

Di fondo c’è per entrambi i partiti il desiderio di affrancarsi dalla Da- nimarca: per i socialdemocratici il progetto potrebbe essere il volano dell’economia groenlandese; per i verdi esso priverebbe la popolazio- ne locale dei terreni agricoli e delle aree di caccia, senza contare il fatto che lo stesso sfruttamento minera-

il Codice penale egiziano, solo in caso di motivi fondati descritti minuziosa- mente, flagranza di reato o possibilità che le prove vengano inquinate.

Il caso di Patrick Zaki non rientra in nessuno di queste ipotesi a meno di considerare il detenuto come un ter- rorista, sovversivo e degenerato omosessuale – che costituisce un reato in Egitto – operazione che la stampa egiziana sta conducendo con determinazione.

Altro argomento utilizzato è la citta- dinanza del ragazzo: essendo egiziano le autorità del suo paese ritengono di avere competenza e giurisdizione sul caso. Ed effettivamente se Zaki avesse compiuto reati su suolo egiziano così dovrebbe essere. Ma a far dubitare delle accuse è in primo luogo il pro- filo del ragazzo (che tutti descrivono come non attivista e non interessato alla politica) e, in secondo luogo, il fatto che il Tribunale egiziano rinvii pretestuosamente ad libitum l’udien- za per la richiesta di scarcerazione.

Queste due indicazioni danno la mi-

rio non è una soluzione veloce per l’indipendenza finanziaria dell’iso- la. Di fatto l’indipendenza sarebbe co- munque un obiettivo non immedia- to. I sostenitori del partito Simuit non tengono nel dovuto conto che, pur ammettendo che il sito mine- rario potrebbe aumentare il bilan- cio dell’isola di circa 200 milioni di euro, si avrebbe come effetto di non veder più arrivare aiuti dalla Dani- marca e contemporaneamente di dover condividere sempre con Co- penaghen gli introiti dello sfrutta- mento minerario.

Senza contare lo strapotere delle po- tenze straniere che diventerebbero i nuovi padroni dell’isola.

Per quanto concerne il Partito al Governo i problemi sono legati alle condizioni per l’emancipa- zione dalla Danimarca. Sicura- mente il fatto che la Groenlandia nel 2009 abbia ottenuto la proprietà delle sue riserve minerarie, assieme all’autogoverno del territorio, è un buon presupposto. Lo scioglimento dei ghiacci potrebbe consentire ai

“locali” di sfruttare le ricchezze del sottosuolo e di iniziare a negoziare la totale indipendenza dalla Madre Patria.

Tuttavia, il processo non passa solo attraverso l’indipendenza finanzia- ria (gli aiuti danesi oggi rappresen- tano la metà del bilancio nazionale dell’isola artica): sempre nell’accor- do del 2009 è previsto infatti un referendum popolare consultivo nell’isola e il voto favorevole del Par- lamento di entrambi i Paesi.

Ci vorranno quindi molti passaggi per dare agli abitanti della Groen- landia il diritto di decidere del loro destino. E del nostro.

sura dell’ingiustizia di cui si nutre il regime di Al-Sisi, la cui indifferenza per i diritti umani fondamentali è tri- stemente nota ai suoi cittadini e a chi si occupa di Egitto.

La questione è che tutta la comunità internazionale dovrebbe interveni- re per liberare Zaki o quanto meno per garantirgli di poter contare su un giusto processo. Per l’Italia poi si tratta di rivivere la vicenda di Giulio Regeni che è stata terribile, non solo per la morte di un giovane uomo, ma per le modalità con cui l’Egitto, in tota- le dispregio di ogni Convenzione, abbia impedito di identificare e perseguire i colpevoli e quindi di rendere l’ultima cosa che si può dare alla famiglia, cioè la giustizia.

In tal senso mentre scriviamo, in Par- lamento si dicuterà della proposta di dare la cittadinanza italiana a Patrick Zaki.

Ammesso e non concesso è quanto meno arduo dire se basterà, sicura- mente un’operazione congiunta dei Pa- esi Europei potrebbe fare la differenza.

Patrick Zaki, © Di Egyptian Initiative for Personal Rights

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