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ANNO LIX - N. 4-5 febbraio 2021 Weberstr. 10 AZA 8004 ZURIGO POST CH AG TEL

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Corriere

dell’ italianità

ANNO LIX - N. 4 - 5 febbraio 2021 Weberstr. 10 AZA 8004 ZURIGO POST CH AG

TEL. 044 240 22 40 www.corriereitalianita.ch

in continuità con il Corriere degli Italiani per l’italianità

Oltre il confine

EDITORIALE

di Rossana Cacace Care lettrici, cari lettori,

mi chiamo Rossana Cacace e da que- sto numero ho il piacere e l’onore di dirigere il Corriere dell’italianità. Per- mettetemi di cominciare ringrazian- do la direttrice uscente Valeria Camia per il prezioso lavoro svolto finora, così come i collaboratori che hanno contribuito e contribuiscono alle pa- gine di questo settimanale. Ho scelto di intitolare “Oltre il confine” queste mie righe per una serie di motivi.

Siamo una società iperconnessa- grazie alla Rete io sono qui e sono ovunque voglia nel mondo- e questo ci pone in una singolare posizione:

da un lato ci fornisce l’occasione per andare oltre il nostro perimetro abituale, dall’altro ci fa sentire la necessità di mantenerlo ben delineato. Detto in parole povere, l’apertura verso l’altro non deve essere sinonimo di annullamento, ma la capacità di amalgamarsi senza perdere la propria unicità. Questione di equilibrio. Sicuramente non è facile -perché in un sistema che punta sull’individualismo, l’iperconnessione invece di produrre relazione, favorisce la frammentazione-, ma non è impossibile. Sono riflessioni che scaturiscono anche dalla mia scelta di condurre una vita un po’ nomade -tra Salerno, Bologna, Bergamo, Roma e Milano-, che mi ha messo subito di fronte al tema dell’adattamento. E non parlo solo di confini geografici -siano essi locali, regionali o nazionali-, mi riferisco anche a quelli mentali.

Il discorso diventa così un pretesto per comunicarvi la mia emozione nell’affrontare questa nuova avventura alla guida del Corriere dell’Italianità, che va di pari passo a un grande senso di responsabilità. Che si trasforma in una promessa: quella di restituirvi un’informazione viva e aderente alla realtà in tutte le sue sfaccettature.

Spero di consegnarvi nel corso di questo cammino appena intrapreso quella che io chiamo un’informazione viva, specchio di una società variegata e complessa, di un mondo in continua evoluzione, fatto di molteplici interessi, aspirazioni e bisogni. Ed è per questo che mi piacerebbe intraprendere un dialogo aperto con tutti coloro che hanno il piacere di leggerci. Scrivetemi all’indirizzo corriereitalianita@gmail.com.

Aspetto domande, critiche, pensieri, proposte, poesie. Intanto, buona lettura!

Rossana Cacace

Intervista esclusiva al

Console Generale di Zurigo, dottor Gabriele Altana

covid e politica

di Paola Fuso

Il periodo che stiamo vivendo ormai da un anno, ha imposto moltissime restrizioni, rendendo più evidente, tra l’altro, il problema della carenza di personale presso il Consolato di Zurigo e di fatto bloccando qualsiasi tipo di iniziativa ed innovazione. Di questo ed altro ancora abbiamo parlato con il Console Generale di Zurigo, dottor Gabriele Altana.

Innanzitutto volevo chiederLe un giudizio su questo suo primo periodo a capo del Consolato Generale di Zurigo.

Quali innovazioni o miglioramenti che Lei avrebbe voluto introdurre, il Covid ha bloccato?

“Per il momento non ho riscontrato situazioni su cui si possa intervenire in modo risolutivo con le risorse a disposizione – né mi sembra che, considerata l’attuale fase di emergenza, il livello dei servizi offerti sia da disprezzare. Certamente le legittime aspettative dei connazionali vanno rispettate ed accolte, ma spesso si tende a dimenticare che la Sede deve occuparsi delle esigenze di oltre 228.000 iscritti in AIRE, distribuiti in 14 Cantoni ed in Liechtenstein; in altri termini, vi è uno squilibrio di fondo tra la domanda di servizi (in continua crescita) ed i mezzi di cui disponiamo per affrontarla”.

Pochi giorni fa i rappresentanti del Comites di Zurigo e San Gallo hanno inviato al Ministro di Maio una lettera per richiamarlo sulla carenza di personale al Consolato di Zurigo e sollecitare soluzioni urgenti. Come reputa tale iniziativa, crede possa trovarsi una soluzione in tempi ragionevoli?

“Le istanze rappresentative della collettività esistono anche per manifestare questo genere di preoccupazioni, che del resto sono il primo a ritenere giustificate – già più di una volta ho segnalato a Roma le condizioni senz’altro non ottimali dell’organico della sede, come peraltro aveva già fatto prima di me il Console Generale Alaimo. Quanto alle prospettive per il futuro, mi auguro ovviamente che gli impiegati in avvicendamento possano essere sostituiti con celerità e che si possa contare anche su apporti supplementari. Vi pregherei comunque di tener presente che la carenza di personale non è un problema specifico di Zurigo, ma riguarda tutta la rete diplomatico- consolare e, in generale, la pubblica amministrazione italiana,

dove negli ultimi anni le uscite per pensionamento hanno superato di gran lunga le nuove assunzioni”.

I nostri pensionati trovano molto complicato il sistema di prenotazione online per avere un appuntamento. Vi sono alternative per i nostri connazionali che non hanno dimestichezza con internet?

“Vi sono pensionati del tutto a loro agio con gli strumenti informatici e persone più giovani che preferiscono non usarli;

in ogni caso, non tutti gli appuntamenti disponibili sono pubblicati sul sistema PrenotaonLine. Proprio per andare incontro alle esigenze di tutti, riserviamo una quota di appuntamenti ai connazionali in difficoltà che ci raggiungono di persona, al telefono o via posta elettronica”.

Qualche giorno fa le linee telefoniche del Consolato sono andate in tilt: sovraccarico, problemi tecnici, cosa è successo?

“Molto banalmente, un’avaria di alcune componenti informatiche della centrale telefonica: è servito tempo per individuare il problema, reperire i ricambi ed ottenere la disponibilità della ditta di manutenzione – alle prese con carenze di personale legate alla situazione pandemica. Quanto al possibile sovraccarico, il sistema gestisce centinaia di chiamate al giorno, ma non sono in grado di affermare che il guasto dipendesse da tale situazione”.

A spulciare i social si leggono spesso critiche aspre degli italiani in Svizzera in merito ai servizi consolari, critiche che in alcuni casi scadono nel luogo comune. Non le pare che sia anche un problema di comunicazione- informazione da parte della rete?

“Di recente c’è stato anche chi sosteneva che avessimo simulato l’avaria del centralino per poterci adagiare meglio nel (cito)

“dolce far niente” ... I connazionali hanno tutto il diritto di esprimere le proprie opinioni circa la qualità dei servizi e non tutti comunque formulano considerazioni negative. Al di là dei luoghi comuni, sono utili i rilievi di chi riscontra nostri eventuali errori o omissioni; meno quelli di chi ci ritiene in grado di trascurare le norme in vigore per offrire trattamenti, diciamo così, “personalizzati”, in base a pretese peculiarità del proprio caso particolare. Ogni suggerimento su come migliorare la comunicazione da parte nostra resta gradito e benvenuto;

inviterei comunque tutti a seguire il nostro sito web e la nostra pagina Facebook, che manteniamo costantemente aggiornati proprio con l’intento di fornire in ogni momento informazioni attendibili ed indicazioni pratiche utili”.

A distanza di un semestre dal Suo arrivo a Zurigo, come giudica i rapporti con le Istituzioni della città di Zurigo e del Cantone?

“Le occasioni di confronto e di interazione sono state finora molto ridotte, per evidenti ragioni; in ogni caso, sinora ho trovato nel quotidiano interlocutori attenti a disponibili, con cui mi auguro di poter collaborare proficuamente su scala più vasta non appena le condizioni lo permetteranno”.

Negazionismo e complottismo, dalla Svizzera agli USA

APPROFONDIMENTO

di Franco Narducci

Il fatto ha destato molto scalpore nell’opinione pubblica ed è rimbalzato ampiamente sui media della Svizzera tedesca, poiché la catena di ristoranti vegetariani Tibits è un marchio famoso, di grande successo, attivo nelle città più importanti della Svizzera, da Zurigo a Basilea, da Losanna a Lucerna, passando per San Gallo, volendone citare alcune.

Chiariamo subito che la gastronomia vegetariana in questo caso non è parte in causa e che il clamore sollevato da Christian Frei - personaggio noto e cofondatore della catena Tibits assieme ai fratelli Daniel e Reto - è stato innescato dalle sue cervellotiche teorie complottiste e negazioniste: Frei ha categoricamente bollato l’emergenza coronavirus come “invenzione degli Stati e dei media”.

«Finora nessun scienziato al mondo ha potuto documentare l’esistenza del virus. Ciò che ci viene venduto come virus, altro non sono che Exosomes, secrezioni cellulari provocate dal 5G, dalle nanoparticelle delle vaccinazioni, dalle scie chimiche, dalle microonde e dalle paure» ha sostenuto, expressis verbis, Christian Frei. Come se il dolore patito da un intero pianeta - perché dalla seconda guerra mondiale in poi non avevamo mai vissuto un accadimento planetario che tocca la pelle di ogni vivente - possa essere confinato nelle aspre e stucchevoli dispute dell’antivaccinismo.

Però il polverone sollevato non si spiega soltanto con le astruse teorie di Frei, bensì e soprattutto con le iniziative che ha intrapreso. (...)

SEGUE A PAGINA 2

DONNe E SCIENZA

Roberto BOLLE 5

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di Giovanna Guzzetti

Nel 2021 l’inclusione rosa nella area delle discipline STEM è ancora vista come un’eccezione. Tuttavia, se parliamo di numero di laurea- ti, le ragazze sono la maggioranza (56%), conseguono votazioni mi- gliori (il voto medio è di 103,7 per le donne e a 101,9 per i maschi) in tempi più brevi (il 55,5% delle studentesse si laurea in corso). In più le donne sono la maggioranza anche negli studi post-laurea, con il 60% circa degli iscritti a dottorati di ricerca, corsi di specializzazione o master. Sarebbe ora di mettere la parola fine allo squilibrio di gene- re. Nell’interesse di tutti.

di Silvia Tironi

La nostra intervista alla star mondiale della danza.

S come solitudine, ma anche come sogni e come salvezza. il ballerino Roberto Bolle si raccon- ta tra passato, presente e futuro.

Per raggiungere la perfezione ar- tistica ci sono voluti disciplina, sa- crificio, passione, insomma tanta fatica. Tutte qualità necessarie anche nella vita. A cui aggiungia- mo il coraggio: “Il coraggio di non mollare mai, di ricominciare tutte le mattine. Di lasciare casa a 11 anni per seguire la danza, di af- frontare gli infortuni e rimettersi in piedi. Il coraggio di sperimen- tare sempre, non aver paura del diverso”, ci spiega.

di Travail.Suisse

Il 27 gennaio scorso il Consiglio fe- derale ha emanato misure supple- mentari a sostegno delle imprese e delle persone colpite dalla crisi.

Travail.Suisse, la confederazione sindacale indipendente dei lavo- ratori e delle lavoratrici, approva sia il raddoppio delle risorse finan- ziarie per i casi di disagio estremo, sia l’assunzione dei costi derivanti nell’assicurazione disoccupazione da parte della Confederazione Al- trettanto importante è l’estensione dell’indennità giornaliera ai disoc- cupati, per contrastare, un’ondata di persone senza copertura di pre- stazioni assicurative.

di Rossana Cacace

A due mesi dalla sua scompar- sa, che ha lasciato un vuoto non solo nel mondo del calcio, il cam- pione rivive attraverso le parole commosse della moglie, Federica Cappelletti. La giornalista e scrit- trice, sposata da Rossi in seconde nozze nel 2010, in un’intervista a cuore aperto ci restituisce il ri- tratto sincero di un uomo gentile, ma anche molto determinato e curioso. “Paolo aveva una me- moria da paura, amava il mon- do sottomarino e gli animali”, ci svela. Un fuoriclasse sul campo e un indimenticabile campione di umanità.

lavoro

Paolo Rossi

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2 PRIMO PIANO

Venerdì 5 febbraio 2021

Settimanale di lingua italiana in Svizzera www.corriereitalianita.ch

EDITORE Associazione Corriere degli Italiani – Svizzera

COMITATO DIRETTIVO Paola Fuso (presidente) Roberto Crugnola (vice presidente) Manuela Andaloro, Franco Narducci,

Alberto Ferrara COMITATO D'ONORE Alberto Costa (Presidente)

Alex Berner, Mario Botta, Marina Carobbio, Franco Cavalli,

Maria-Cristina Cedrini DIREZIONE REDAZIONE

Rossana Cacace redazione@corriereitalianita.ch

COMITATO DI REDAZIONE Andrea Grandi, Marina D’Enza,

Stefania De Toma, Paola Fuso, Franco Narducci, Antonio Spadacini SEGRETERIA / AMMINISTRAZIONE

Daniela Vitti segreteria@corriereitalianita.ch

Weberstrasse 10, 8004 Zürich Tel. 044 240 22 40 IBAN CH24 0900 0000 6001 2862 6

COLLABORATORI Maria-Vittoria Alfonsi, Moreno Bernasconi , Jacopo Buranelli,

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Il Corriere degli italiani per l’italianità bene�icia del contributo erogato dal Dipartimento editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la stampa

italiana diffusa all’estero.

Corriere

dell’ italianità

questione di privacy

APPROFONDIMENTO

Passaporto Sanitario e Covid 19: serve davvero?

Negazionismo e complottismo, dalla Svizzera agli USA

di Paola Fuso

La pandemia sta riscrivendo i confini geografici e i diritti di ciascuno. Sia- mo limitati nel viaggiare, nell’andare al lavoro e in termini assoluti di pro- gettare. Anche nel breve periodo.

È evidente che l’unica soluzione è vac- cinarsi il prima possibile, perchè ol- tre all’aggressività del virus vi sono le

“varianti” il cui numero è in aumento.

Da più parti, soprattutto dai Paesi con forte vocazione turistica, sta arrivan- do la proposta di un passaporto delle vaccinazioni per facilitare

gli spostamenti tra Stati. I premier europei hanno appena iniziato a di- scuterne (rimane il rischio di discri- minazioni, il basso tasso di vaccinati), ma è comunque emersa la volontà di gettarne le premesse, con un certi- ficato digitale, riconosciuto a livello Ue, per monitorare l’efficacia dei sieri, ed eventuali reazioni avverse. Un do- cumento che si potrebbe prestare ad altri utilizzi in un secondo momento.

Ma cos’è il «passaporto vaccinale»

o «certificato sanitario digitale»?

Il passaporto vaccinale è un docu- mento che attesterebbe l’avvenuta somministrazione del vaccino an- ti-COVID, consentendo al proprieta- rio di viaggiare liberamente all’estero, di ritornare a condurre una vita più o meno normale, andare al ristorante o al cinema.

In Gran Bretagna a chi si sottoporrà al

vaccino è stata offerto - a titolo spe- rimentale per un mese - il certificato vaccinale. Il documento verrà rilascia- to sotto forma di app e potrà essere utilizzato come attestato sanitario. In Israele, l’iniziativa è stata presentata dal ministro della salute già i primi di gennaio 2021 ed è stato subito chiarito che l’esibizione del certificato vacci- nale o di un test PCR negativo, ese- guito nelle 72 ore precedenti consen- tirebbero l’accesso a luoghi pubblici, come cinema, teatri e i ristoranti.

Passando ai privati, la compagnia ae- rea australiana Qantas ha stabilito di richiedere il documento per i viag- giatori internazionali che arrivano

di Franco Narducci

CONTINUA DALLA PRIMA PAGINA (...)

Che possono apparire risibili e invece sono l’essenza del messaggio complottista che scarica sul “nemico”

interno ed esterno le responsabilità di un sistema - amministrativo e politico - che

“non ascolta la voce del popolo sovrano”.

Il 22 dicembre scorso Christian Frei si è rivolto, con lettere raccomandate, a due Consiglieri federali chiedendo le loro dimissioni, e al comandante di corpo Aldo C. Schellenberg, sostituto capo dell’esercito, per manifestare il suo immenso malumore e chiedergli di arrestare il Consiglio federale in corpore, vale a dire i sette ministri che compongono il governo federale.

L’accusa? Imputati di «Crimine contro l’umanità, schiavitù, saccheggio della proprietà e del patrimonio» ha sostenuto Frei, chiedendo al capo dell’esercito di sbatterli in una prigione svizzera, in riferimento alle misure contro la pandemia adottate dal Consiglio federale pochi giorni prima delle feste natalizie.

Come se non bastasse, il 6 gennaio Frei ha organizzato un incontro nel ristorante Tibits di Oerlikon, una

“chiamata alle armi” dei negazionisti di par suo, per uno «scambio d’idee volto a individuare soluzioni adeguate a uscire dall’incubo coronavirus».

Incontro che, come ha riferito la stampa, ha richiamato 29 persone ad ascoltare le teorie di Frei: «con il virus è improvvisamente scomparsa l’influenza stagionale, sostituita dalla pandemia delle mascherine e dei test PCR, orchestrata dal Consiglio federale». E non sono mancati altri ingredienti come

“traditori della patria, sabotaggio del sistema economico, corruzione” ed altre amenità, puntualmente riportate dai media, che per brevità vi risparmiamo.

Nel frattempo i fratelli - Daniel e Reto Frei - si sono decisamente distanziati dalle posizioni di Christian e lo hanno addirittura allontanato dalle attività di famiglia.

La situazione che stiamo vivendo, ça va sans dire, costituisce un grave peso a livello mentale e psichico per molte persone, confrontate con gli effetti dell’emergenza pandemica, dall’aumento della povertà alla perdita

del posto di lavoro o chiusura di attività commerciali messe a dura prova dal lockdown. Occorre però ricordare che il governo federale non è stato a guardare:

ha varato ingenti interventi di natura economica e di sostegno, in particolare per frenare i licenziamenti, e non solo.

Certo, il Consiglio federale può fare di più in termini economici, superando i limiti del federalismo emersi nella lotta alla pandemia e considerando il positivo stato delle finanze pubbliche, e il nostro giornale si è schierato più volte in tal senso nelle ultime settimane.

Le teorie di Christian Frei non sono una singola voce nel coro. Ce lo ricordano le immagini violente dell’assalto a Capitol Hill da parte dei sostenitori di Donald Trump, con lo strascico di morti, feriti e arresti. E con la spirale d’interrogativi politici che l’accadimento ha innescato.

Il fenomeno Trump, piaccia o no, e lì a ricordarci che le teorie cospirazioniste sono aspetti fondanti del sovranismo, che non è scomparso con la sconfitta elettorale dell’ex presidente degli USA.

La crisi economica, la disoccupazione, la diminuzione del reddito e la

disgregazione del ceto medio, sono aspetti dirimenti, fortemente divisivi, che alimentano sovranismo e populismo, e mettono in crisi l’idea di democrazia liberale che ha guidato l’occidente dopo la seconda guerra mondiale.

Nel 2016 ci chiedevamo con smarrimento perché i cittadini - dalla Francia alla Gran Bretagna, dall’Italia agli USA - votavano contro le classi dirigenti, pur sapendo che la globalizzazione aveva accentuato la cesura tra ricchi e poveri, accresciute le disuguaglianze e le iniquità, provocando una ribellione verso le scelte fatte dal ceto politico - le cosiddette élite - un processo magistralmente analizzato da Zygmunt Bauman. Le elezioni presidenziali negli Stati Uniti hanno ridato lustro ai Democratici, ma le teorie cospirazioniste dell’estrema destra incarnate da QAnon - la famosa trama segreta organizzata da un indefinito Deep State - esigono che si metta mano a riforme sostanziali per non inciampare nel ritorno del trumpismo.

Un monito che vale, ovviamente, anche per i sistemi democratici europei.

in Australia, nel momento in cui il vaccino sarà disponibile per il grande pubblico.

Perchè i premier europei ne stan- no discutendo?

L’introduzione di un documento sa- nitario pone molti interrogativi mo- rali e scientifici. In prima battuta vi sarebbe una discriminazione tra chi si vaccina e chi non lo fa (riferendoci alla nostra Svizzera, oltre all’assenza di un obbligo di vaccinazione, l’ulti- mo sondaggio della SSR del gennaio 2021 ha rilevato che il 24 % delle per- sone interpellate non vuole assoluta- mente farsi vaccinare), poi vi sono le

remore scientifiche visto che non è ancora stato chiarito quanto duri la protezione del vaccino e se una per- sona vaccinata possa essere portatrice del virus in maniera asintomatica.

Senza contare che la stessa Organiz- zazione Mondiale della Sanità, pur non respingendo a priori l’idea, ritie- ne si debba essere prudenti poichè «vi sono ancora incognite critiche sull’ef- ficacia della vaccinazione nel ridurre la trasmissione» e per «la disponibili- tà ancora limitata di vaccini».

Come si coniuga l’idea di un passa- porto vaccinale con la “libera cir- colazione delle persone”?

Secondo Francia, Germania e Olanda

«la libera circolazione non dovrebbe essere condizionata da un documento simile», in realtà gli interessi in gio- co sono così numerosi e diversi che l’iniziativa è stata favorevolmente ac- colta dalla presidente della Commis- sione europea Ursula von der Leyen e dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel. «È un tema delicato ma va affrontato. E credo che ci stiano pensando anche fuori dall’Unione», ha commentato Michel. La presidente von der Leyen ha affermato che«.. sia importante avere un requisito medi- co che dimostri che le persone siano state vaccinate. È una decisione po- litica e giuridica che dovrebbe essere affrontata».

La posizione della Svizzera Naturalmente a spingere per il passa- porto vaccinale sono gli organizzatori di eventi che, insieme ai commer- cianti, sono le grandi vittime della pandemia. A tal riguardo, il direttore dell’Associazione svizzera dei promo- tori musicali (SMPA) - l’organizza- zione professionale elvetica che rag- gruppa gli organizzatori di concerti, spettacoli e festival musicali nella Confederazione - Stefan Breitenmo- ser, al SonntagsBlick ha dichiarato che «La vaccinazione potrebbe un giorno essere una delle tante misure per partecipare a un evento». Tutta-

via le autorità non si sono pronun- ciate, mentre dal punto di vista giuridico le perplessità non man- cano e sono legate alla maggiore raccolta di dati. Ammettendo che il passaporto sanitario sarebbe utile a permettere la libera circolazione del- le persone, non si può ignorare che il documento andrebbe associato ad un sistema di identificazione e monito- raggio. Senza contare che i documen- ti scritti potrebbero essere falsificati e se quelli elettronici potrebbero essere più sicuri, è quasi scontato che intro- durrebbero rischi di altro tipo, perché oltre ai dati sul CoVid-19 verrebbero rilevate altre informazioni sensibili.

La Cina ha già annunciato che i si- stemi di monitoraggio anti-CoVid-19 rimarranno attivi anche dopo la pan- demia.

Una maggiore raccolta di dati signi- fica maggiori informazioni a disposi- zione con l’aumento di discrimina- zioni di carattere razziale, religioso e sessuale o legate allo status di mi- grante ove facilmente dedotto. Inol- tre visto che il numero di test non riesce a coprire tutta la popolazione, un passaporto sanitario porterebbe a classificare le persone in base allo stato di salute e poichè i vaccini sono ancora scarsi si verificherebbero si- tuazioni talmente inique da mette- re in discussione principi di diritto naturale che appartengono a tutti i popoli.

In pratica disciplinare una “certezza”, cioè quella di essere sani, condurreb- be al caos.

In maniera tranchant gli scienziati ritengono totalmente infondata l’e- quazione secondo cui avere il pos- sesso del certificato significa essere immuni. Occorrerebbe, al contrario far eseguire i test, tracciare i con- tatti dei positivi al virus e isolarli e quindi concentrarsi nel produrre e distribuire un vaccino contro Sars- CoV-2. Il tempo non è a nostro favore e più tardiamo nel piano vaccinale più sarà difficile prevedere le muta- zioni del virus.

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Venerdì 5 febbraio 2021

PRIMO PIANO 3

Covid- 19

Il vaccino ci salvera’.

Ma quale? E quando?

di Stefano Suledda

Uscire dalla pandemia di Covid nel 2021 sarà difficile, se non impossibi- le. Ritardi nelle consegne dei vaccini e tagli degli ordini da parte delle case farmaceutiche hanno infatti costret- to i Paesi europei a riscrivere piani e campagne di immunizzazione. A far saltare tutti i programmi ci hanno pensato in particolare l’americana Pfizer e la britannica AstraZeneca. La prima ha ritardato le consegne previ- ste per le prime settimane dell’anno, per poi annunciare in tempi rapidi il ritorno alla normalità. Che però anco- ra manca, almeno in Italia. La secon- da invece ha tagliato del 60 per cento le forniture. In soldoni, le regioni nel primo trimestre si aspettavano 8 mi- lioni di dosi da AstraZeneca, ma ne riceveranno solo 3,4. «I rallentamenti delle consegne dei vaccini costitui- scono gravi violazioni contrattuali, che producono danni enormi all’Ita- lia e agli altri Paesi europei, con rica- dute dirette sulla vita e la salute dei cittadini», ha dichiarato il presiden- te del Consiglio Giuseppe Conte, che ha chiesto all’Avvocatura di Stato di tutelare in ogni sede gli interessi del Paese.

ACCORDI SBILANCIATI

Insomma, si prepara una guerra di carte bollate che ha già scatenato di- verse reazioni. Oggetto del contende- re i contratti con big pharma firmati dalla Commissione europea, che si è occupata degli acquisti per tutti gli Stati membri. Gli accordi, secretati, a chi ha potuto analizzarli, sembrano fortemente sbilanciati a favore delle aziende. Tre i problemi principali.

Primo, nei contratti, in particolare quello di Pfizer, non sono previste penali per i ritardi nelle consegne settimanali, ma solo nell’eventuali- tà che non sia rispettata la fornitu- ra complessiva trimestrale. Questo permetterebbe paradossalmente di spedire tutte le fiale solo il 31 marzo, dopo aver fatto perdere mesi prezio- si agli Stati dell’Unione. Un ritardo

non recuperabile, che farebbe slittare al 2022 l’obiettivo dell’immunità di gregge, la soglia di vaccinati oltre la quale la circolazione del virus non sa- rebbe più pericolosa. Serve almeno il 70 per cento di immunizzati.

BOTTA E RISPOSTA

Il secondo nodo legato agli accordi con le case farmaceutiche lo ha rias- sunto Pascal Soriot, amministratore delegato di AstraZeneca: «Nel nostro contratto c’è scritto chiaro “miglior sforzo”, ossia “faremo del nostro me- glio”». Nessun reale impegno a ri- spettare i quantitativi richiesti. Una posizione contestata da Bruxelles.

«Gli sviluppatori dei vaccini hanno obblighi morali e contrattuali», ha dichiarato il commissario Ue per la

Salute, la cipriota Stella Kyriakidou:

«Il “massimo sforzo possibile” citato dall’azienda non è né accettabile, né corretto. Abbiamo firmato un con- tratto di pre-acquisto per far sì che producessero determinati volumi di vaccini prima dell’autorizzazione dell’Ema (l’agenzia del farmaco euro- pea che valuta i medicinali, ndr)». La cifra è considerevole. «L’Europa ha in- vestito 336 milioni di euro per il vac- cino AstraZeneca», fanno trapelare fonti Ue: «Abbiamo finanziato il loro lavoro con i soldi dei contribuenti eu- ropei, ora devono produrre per noi. I pagamenti dipenderanno dall’anda- mento della produzione».

TECNICISMI IMPORTANTI La terza questione contrattuale ri- guarda aspetti più tecnici, ovvero le procedure. Pfizer consegna ai suoi

“clienti” fiale, ognuna contenente più dosi di vaccino: inizialmente da ogni fiala se ne potevano ottenere cinque.

L’8 gennaio però l’Ema ha modifica-

to le sue raccomandazioni, spiegando come da ogni fiala in realtà si possano ottenere sei dosi. A condizione che vengano utilizzate «siringhe e/o aghi a basso volume morto». Senza entrare nei dettagli, si tratta di presidi medi- ci di precisione, dei quali non tutti i Paesi hanno fatto scorte. Anche l’Aifa, l’agenzia del farmaco italiano, è con- corde con il nuovo conteggio. Questo ha portato la multinazionale ameri- cana a ricalcolare a suo vantaggio le forniture, reputando di aver in realtà già consegnato quasi il 20 per cento di dosi in più, rispetto a quanto lamen- tato dall’Unione. Il tema è rilevante, visto che Pfizer vende il suo vaccino a dose e non a fiala. Ogni inoculazione costa 18 dollari, al cambio attuale pari a 14.86 euro o a 16 franchi svizzeri.

Dopo il via libera dell’Ema, per ogni fiala la multinazionale a stelle e strisce ne fattura sei, a prescindere da quante se ne riescano a ottenere.

PREZZI “BALLERINI”

Ad alcuni Stati membri il nuovo cal- colo è andato di traverso. Tanto che la Svezia ha sospeso immediatamente ogni pagamento a Pfizer. «È una si- tuazione inaccettabile. Chi ricava solo cinque dosi, vuol dire che ne ha rice- vute meno allo stesso prezzo di chi ne recupera sei», ha affermato il coordi- natore svedese per i vaccini Richard Bergström. I margini di profitto delle multinazionali preoccupano la Com- missione anche per un altro aspetto: a Bruxelles in molti sospettano che i ri- tardi nella fornitura dei vaccini dipen- dano da scelte aziendali, più che dagli annunciati problemi di produzione.

In altre parole verrebbero privilegiati i clienti che pagano di più. Secondo infatti un recente studio della società londinese di ricerche Airfinity, che ha raccolto dati in tutto il mondo, il co- sto degli antidoti al Covid varia con- siderevolmente da Paese a Paese. Per esempio Israele, che detiene il record mondiale di vaccinati in termini per- centuali (un cittadino su tre), paga una dose a Pfizer 28 dollari, poco più di 23 euro. Le multinazionali hanno però sempre negato che vengano fatte preferenze.

LA PISTA RUSSA

Al netto di accuse e smentite, il pro- blema degli approvvigionamenti re- sta. Molti Paesi hanno pensato a un piano B, in attesa che a Bruxelles si in-

ventino qualcosa. L’Ungheria del pri- mo ministro Viktor Orbán, in virtù di una particolare normativa interna, ha scelto di approvare l’uso dello Sput- nik V, il vaccino russo ancora in attesa dell’ok dell’Ema. E anche la Germa- nia, che aveva già ordinato 30 milioni di vaccini Pfizer parallelamente agli acquisti collettivi dell’Unione, si è detta pronta a produrre nelle aziende tedesche il siero sviluppato dall’istitu- to di ricerca Gamaleya di Mosca. «A parte le dichiarazioni del presidente russo Vladimir Putin, sullo Sputnik V c’è un solo studio di fase uno (la prima delle tre necessarie per l’approvazio- ne, ndr) su 79 individui. Anche per quello cinese della Sinopharm non ci sono dati pubblici», ha spiegato il professore Fabrizio Pregliasco, viro- logo dell’Università degli Studi di Mi- lano e direttore sanitario dell’ospedale Galeazzi, che ha però poi specificato:

«Badate bene, questo non significa che non possano essere sicuri o effi- caci». Intanto l’ambasciatore italiano in Russia Pasquale Terracciano lo ha provato: «Mi è stato somministra- to lo Sputnik V. Non ho rilevato alcun effetto collaterale», ha annunciato il diplomatico.

ALTRE STRADE

Oltre alla pista russa, il governo Con- te segue altre due strade per risolve- re la problematica carenza di vaccini e cercare di immunizzare almeno 40 milioni di cittadini (su circa 60) entro l’autunno: approvare in tempi rapidi farmaci che sono in fase avanzata di sperimentazione e produrre un siero tutto italiano. Il più promettente al momento è quello della multinazio- nale americana Johnson&Johnson, che dichiara un’efficacia intorno al’80 per cento e ha bisogno di una sola somministrazione. «È il più avanza-

to, ci stiamo lavorando», ha spiegato nei giorni scorsi Marco Cavalieri, responsabile della strategia vaccinale dell’Ema, «se i risultati dello studio clinico sono positivi e disponibili in tempi rapidi, ci sono i margini per arrivare a un’opinione già a fine feb- braio-marzo». Vorrebbe dire averlo per aprile.

Un altro farmaco seguito con inte- resse è quello della tedesca CureVac, efficacia intorno al 90 per cento e tecnologia simile a quelle dei già ap- provati Pfizer e Moderna, che preve- dono due inoculazioni. La società di biotecnologie ha appena firmato un accordo con il colosso Bayer per svi- luppo e produzione, ma manca anco- ra una data ipotetica di approvazione.

Deludente la sperimentazione del vaccino della multinazionale france- se Sanofi, che ha preferito mettere a disposizione i suoi stabilimenti per produrre quello di Pfizer. In primave- ra potrebbe venir approvato anche il primo farmaco tutto italiano, quello dell’azienda biotech ReiThera svilup- pato in collaborazione con l’Istituto Spallanzani di Roma. Il vaccino ha completato la sperimentazione di fase uno con risultati molto incoraggianti, tanto che il ministero dell’Economia ha acquistato attraverso Invitalia, una delle società controllate, il 30 per cen- to di ReiThera per 81 milioni di euro.

I fondi serviranno per le sperimenta- zioni di fase due e tre e per sviluppa- re lo stabilimento di Castel Romano, dove l’obiettivo a regime è produrre dieci milioni di vaccini al mese. «Ab- biamo avuto dialoghi iniziali», ha spiegato Cavalieri, «e aspettiamo di vedere nuovi dati. Questo vaccino è interessante». La speranza è che pos- sa essere approvato in estate, anche se forse sarà tardi per uscire dalla crisi entro il 2021.

I ritardi nelle consegne allontanano la speranza

di uscire dalla crisi entro il 2021

Le nuove misure

anti-coronavirus del Consiglio federale

Mercoledì 27 gennaio 2021, il Consiglio federale ha emanato nuone misure per far fronte alla pandemia e frenarne la diffusione, che in parte rafforzano quelle già poste in essere, facilmente consultabili sule pagine web della Confederazione (https://www.bag.admin.ch) e dei Cantoni. Andando per titoli, le nuove misure toc- cano specificatamente i seguenti aspetti:

1. La Confederazione assume i costi dei test sulle per- sone senza sintomi

2. Adeguate le disposizioni sulla quarantena 3. Nuove regole per entrare in Svizzera

4. Multe disciplinari: specificate esplicitamente le in- frazioni

5. La Confederazione assume i costi della vaccinazio- ne in farmacia

Di certo, una delle questioni che toccano più da vicino la comunità italiana in Svizzera riguarda le regole per chi viaggia, cioè il punto 3, per cui ne diamo una breve spiegazione.

Ridotta la quarantena per chi viaggia

La nuova strategia di «test e rilascio» vale anche per chi

entra in Svizzera in provenienza da uno Stato o una re- gione con rischio elevato di contagio.

Un test PCR negativo

• Le persone entrano in Svizzera in provenienza da uno Stato o una regione con rischio elevato di conta- gio dovranno presentare un test PCR negativo esegui- to non più di 72 ore prima.

• Anche chi giunge in aereo da Paesi o regioni non considerati a rischio deve presentare un test PCR ne- gativo. Il controllo è eseguito prima dell’imbarco.

Registrazione più ampia dei dati di contatto Attualmente vengono registrati soltanto i dati di con- tatto delle persone in provenienza da un Paese o da una regione a rischio. In futuro, anche chi giunge in Svizzera in aereo, battello, autobus o treno da un Paese o una regione che non presenta un rischio elevato di contagio dovrà fornire i propri dati di contatto. Questi dati saranno registrati mediante un modulo di entrata elettronico. In questo modo si potranno tracciare più facilmente e rapidamente i contagi e interrompere tem- pestivamente le catene di infezione.

Gli stati e le regioni ad alto rischio di contagio Sulla pagina www.covid19.admin.ch/de/international/

quarantine, c’è la grafica degli Stati e Regioni ad alto ri- schio, aggiornata costantemente. Per quel che concerne l’Italia, allo stato attuale, le nuove disposizioni riguar- dano esclusivamente le Regioni Veneto e Toscana.

Le nuove disposizioni entreranno in vigore l’8 febbraio 2021. (Franco Narducci)

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Venerdì 5 febbraio 2021

attualitÀ

Covid e psiche. I giovani rischiano di più, ma c’è una strada per non

“perdere la testa”

di Erica Volpi

C’è un fatto. Il Covid- 19 colpisce di più la popolazione anziana, ma a farne maggiormente le spese dal punto di vi- sta psicologico sono tutte le altre fasce di età. Potrebbe sembrare un parados- so, ma quello che osserviamo noi psico- logi clinici è proprio la sofferenza psi- chica che si va diffondendo nelle fasce di popolazione statisticamente meno colpite fisicamente dal virus.

In molti Paesi europei sono state con- dotte ricerche sul malessere psichico covid-correlato che confermano questa constatazione. In Italia dati attendibili arrivano ad esempio dalla Fondazione Soleterre che ha lanciato una rete for- mata da 570 psicologi in tutta la peniso- la per l’assistenza psicologica attraverso un centralino. “Nei primi pazienti che hanno aderito al progetto abbiamo rile- vato un 40 per cento di sintomi di de- pressione grave, livelli alti (33 per cento) di ansia e frequente consumo di alcol e sostanze a scopo automedicale (36 per

cento). Un mix molto pericoloso e che in alcuni casi porta a tentativi di suici- dio”, racconta il dottor Damiano Rizzi, responsabile del Servizio.

Per gli stessi motivi c’è grande preoccu- pazione in Svizzera e nel resto d’Europa (vedi box “I numeri in Europa”).

Ma al di là dei numeri che arriveranno più precisi man mano che verranno si- stematizzate le ricerche, quella della sa- lute mentale rappresenta un’emergenza nell’emergenza che non si può colloca- re ad oggi sullo sfondo. Se infatti nella prima ondata siamo stati tutti travolti dall’improvviso arrivo della pandemia che ha mutato i nostri stili di vita nel giro di pochi giorni e ci ha messi quin- di nella situazione di far fronte velo- cemente a un cambiamento radicale, oggi, dopo quasi un anno da suo arri- vo in Europa, i vissuti psicologici sono molto differenti.

Per utilizzare una metafora potrem- mo affermare che se a marzo del 2020 eravamo tutti impegnati, sul fronte psichico, a mettere in atto un veloce

adattamento, ad orientarci fra le misu- re di sicurezza che avrebbero tutelato la nostra salute fisica e cercavamo quindi di salvare il salvabile come si fa dopo un terremoto quando si recuperano in fret- ta gli oggetti che a noi sembrano neces- sari, oggi sentiamo premere il bisogno di ricostruire, di ricominciare a vivere davvero, di interrompere quel faticoso stato di sospensione in cui siamo sta- ti catapultati per lunghi, lunghissimi mesi. Il desiderio di ricostruzione della ‘casa metaforica’ si scontra però con il dato di realtà per cui la pandemia purtroppo non è ancora alle nostre spalle. Per questa ragio- ne il malessere psichico è in aumen- to.È come se fossimo tirati da due for- ze contrapposte: un desiderio sano e vitale che ci proietta in una vita fatta di quotidianità e la consapevolezza di non poter soddisfare questo bisogno per tutelare la nostra salute e quel- la di chi ci è caro. Si apre quindi uno squarcio, un conflitto interiore che conduce a comportamenti che spesso neppure noi riusciamo a decodifica- re, a stati d’animo molto altalenanti, a vissuti umorali che ci portano nel giro di poche ore a nutrire una speran- za nella fine prossima e poco dopo al non intravedere una via d’uscita. Tutto questo non può che danneggiare la no- stra mente e compromettere la salute psichica.

I bambini risentono delle costri- zioni come gli adulti. Sebbene in molti Paesi europei abbiano continua- to a frequentare la scuola, hanno dovu- to attuare una serie di comportamenti che hanno inevitabilmente mutato le loro routine. Non solo devono indos- sare una mascherina e hanno l’obbligo di lavarsi e disinfettarsi le mani fre- quentemente ma, sul piano psichico, sono stati percepiti sin da subito come veicoli pericolosi del virus. Questa dato scientifico ha fatto sì che molti genitori abbiano scelto di evitare la frequentazione dei nonni, persone che in molti casi sono riferimenti affettivi insostituibili. Nell’immaginario dei bambini il virus è entrato prepo- tentemente come ‘fantasia morti- fera’. I più piccoli sono stati costretti ad autopercepirsi come pericolosi oltre a rinunciare a molte attività ludiche, creative e sportive. Molti bambini, di ogni età, hanno mostrato regressioni nel comportamento e nell’apprendi- mento scolastico. I più piccoli che ma- gari avevano smesso di essere allattati hanno richiesto il seno come rifugio rassicurante, familiare e calmante. Al-

cuni hanno ricominciato ad utilizzare i pannolini e a richiedere il ciuccio.

I preadolescenti e gli adolescenti, nella loro piena fase di emancipazione dall’adulto e proiettati in modo sano verso il gruppo dei pari, hanno dovu- to gestire una battuta d’arresto non da poco. Le libertà appena conquistate e per questo non consolidate, si sono ri- dotte drasticamente. Sono stati ‘obbli- gati’ a trascorrere molto tempo proprio con quegli adulti da cui stavano cercan- do faticosamente di ‘individuarsi’ come tutti abbiamo fatto alla loro età. Tanti adolescenti riportano agli psicologi scolastici o nella stanza del terapeuta, vissuti di forte disagio provocato dall’

isolamento. Rabbia, demotivazione, desiderio di infrangere le regole, dimi- nuzione della rendita scolastica, impos- sibilità di immaginare il proprio futuro.

I giovani universitari o coloro che si stavano affacciando al mondo del lavoro, denunciano in ugual modo la difficoltà di vedere prospettive. Si sentono fermi in una realtà che avver- tivano già complessa e che, privati del confronto con i loro pari, avvertono ancora più difficile da affrontare. Sono

stati considerati ‘grandi’ quando gran- di non sono. I millennial -la cosiddet- ta generazione Y, i nati tra il 1981 e il 1996 - mostrano oggi tutte le fragilità di una generazione da un lato accusata dal mondo adulto di essere svogliata perché ha avuto tutto, ma dove il tutto coincide prevalentemente con le co- modità materiali mentre loro chiedo- no, forse senza consapevolezza, che gli venga regalata la prospettiva, il sogno.

Infine gli adulti. Coloro che lavorano come dipendenti inizialmente si sono quasi ‘goduti’ i ritmi più lenti concessi dallo smart working per poi avvertire, con il trascorrere dei mesi, la mancan- za della socialità offerta dal luogo di la- voro. La pausa caffè che garantiva quel veloce confronto con il collega che più si sentiva affine. Stando a casa, in mol- ti hanno dovuto riorganizzare spazi e i compiti. Le donne in particolar modo segnalano un sovraffaticamento poi-

ché impigliate nel ruolo di caregiver della famiglia. Non solo hanno conti- nuato a lavorare da remoto ma si sono dovute occupare, soprattutto durante la prima ondata, dei figli che a loro volta seguivano le lezioni con moda- lità di didattica a distanza (DAD) o di bambini molto piccoli non autonomi, evidenziando livelli decisamente com- prensibili, di elevato stress e forme di burnout. Coloro che hanno attività in proprio o lavorano come liberi pro- fessionisti si sono ritrovati a spostare le loro attività online, a ripensarle, a promuoverle con differenti modalità nell’incertezza che i consumi o la ri- chiesta dei loro servizi subissero una contrazione.

Vivo e lavoro tra Milano e il lago di Como e purtroppo constato con gran- de dispiacere che le saracinesche di tanti negozi non si alzeranno più. An- che in questo caso, sul piano psicolo- gico, hanno giocato una complessità di fattori che sono ad esempio la pro- pensione nel reggere lo stress, il con- templare un margine di rischio che la pandemia ha ampliato, la capacità di coping ovvero letteralmente la capa- cità di far fronte, in questo caso a una situazione del tutto inedita. Mi è poi quasi impossibile citare tutte le cate- gorie professionali che sono state du- ramente colpite dalla pandemie e che mostrano oggi uno scoramento pres- sochè totale: tutti coloro che lavorano nell’ambito dello spettacolo, le tante persone che stanno dietro le quinte, i commercianti di prodotti non ritenuti

‘generi di prima necessità’ durante le chiusure più stringenti.

I NUMERI IN EUROPA

L’allarme relativo a un aumento delle persone affette da depressio- ne in Svizzera viene lanciato dalla Task Forse Covid-19 istituita dal Consiglio federale.

In base alla ricerca Swiss Corona Stress Study -a cui hanno preso parte 11612 persone provenienti da tutta la Svizzera-, la percentuale di persone con sintomi depressivi anche pesanti è addirittura addop- piata. Se nel corso nel corso della prima ondata di Covid-19, quindi tra marzo e aprile 2020, risultava depressa il 9% della popolazione, a novembre dello stesso anno si è raggiunto il picco del 19%.

I più colpiti sono i soggetti di età compresa tra i 14 e i 24 anni e tutti coloro che hanno avuto forti per- dite economiche a causa dei prov- vedimenti restrittivi messi in atto per rallentare il contagio.

Non va certamente meglio nel re- sto d’Europa, come racconta la ri- cerca internazionale che ha coin- volto l’Università di Copenaghen, l’University College di Londra, la Sorbonne University di Parigi, l’I- stituto francese di salute e ricerca medica INSERM e l’Università di Groningen.

Gli studiosi hanno esaminato i dati sulla salute mentale di ben 200mila cittadini di quattro Paesi europei (Danimarca, Francia, Pa- esi Bassi e Regno Unito) nel pe- riodo compreso tra la primavera e l’inizio dell’estate 2020, eviden- ziando che gli under 30 vivono un preoccupante “stato di solitudine”

che genera forti stati di ansia. I ricercatori hanno infine sotto- lineato che lo stress psicologico rappresenta un importante fattore di rischio nello sviluppo di future malattie mentali gravi e a lungo termine.

Erica Volpi è nata a Milano nel 1975. È una psicologa psicoterapeu- ta ad orientamento sistemico- rela- zionale. Lavora sia nella sua città di origine sia sul lago di Como, a Mol- trasio, uno spendido borgo poco distante da Chiasso. Collabora con il Tribunale di Milano e Como. At- tualmente è Consigliera dellOrdine degli Psicologi della Lombardia.

CONSIGLI PER AFFRONTARE LA SITUAZIONE Qualche indicazione pratica:

- lo spazio di movimento si è ridotto, ma non è azzerato.

Sfruttiamolo tutto, soprattutto ora che è passato quasi un anno dall’arrivo del virus in Europa, concentriamoci sulla socialità. Siamo per definizione esseri relazionali. E mai come in questo momento abbiamo bisogno degli altri. Di un amico con cui fare una passeggiata all’aria aperta con cui vivere momenti di leggerezza. Persone che sappiamo non ci giudicheranno perchè tengono a noi.

Nel rispetto di tutte le norme di sicurezza incontriamoci di persona. Lo scher- mo del pc ci è stato utile per un tratto di questa pandemia ma ora risulta, sul piano relazionale del tutto insufficiente. È indispensabile non rimanere isolati.

Perché la rete sociale ci fa da paracadute quando cadiamo, quando ci scorag- giamo ma anche quando gli atri hanno bisogno di noi perché anche aiutare e sostenere un amico o una persona cara aumenta il benessere psichico.

- spostiamoci da un ruolo passivo, in cui sentiamo che non vi sia molto da fare, a un ruolo attivo.

Possiamo adoperarci nel renderci utili a persone che ne hanno necessità, ad esempio attraverso forme di volontariato. Informiamoci se nelle vicinanze qualcuno ha specifiche necessità. Portiamo la spesa a un vicino di casa ora che fa freddo, prepariamo un thermos caldo per chi non ha un tetto.

- evitiamo di cadere nella trappola di chi ci fa sentire in colpa perché

“del resto: noi stiamo bene”, “non ci siamo ammalati” e “non abbiamo diritto a lamentarci”. Tutte le nostre emozioni hanno sempre bisogno di trovare uno spazio. I nostri vissuti non devono mai essere ricacciati là da dove sono emersi ma accettati, compresi e se diventano troppo invasivi, elaborati con qualcuno che possa aiutarci ad attribuirgli un significato.

- cerchiamo di mantenere alcune routine che aiutano grandi e piccoli.

Un tempo dedicato ad una passeggiata, anche se lavoriamo da casa, ci consente di fare movimento ma soprattutto di godere di luce e aria fresca. Sforziamoci quindi di mantenere orari simili per quanto riguardo il ritmo sonno- veglia, i pasti, il lavoro.

- per il nostro benessere psicologico dobbiamo continuare a progettare, pianificare, a volgere lo sguardo verso l’orizzonte. Queste dimensioni sono indispensabili per l’essere umano. Pensarci oltre. Non rassegnarci.

Perché di una cosa possiamo essere certi: tutto questo finirà.

DOSSIER

Il Coronavirus mette a rischio la nostra salute mentale: un’emergenza

che non si può più

trascurare

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Venerdì 5 febbraio 2021

5

La lunga strada verso la paritÀ

Donne e scienza, perché no?

di Giovanna Guzzetti

Il diritto di contare. È per aiutare le donne di scienza -praticanti o aspiran- ti tali- a conseguirlo questo diritto, che l’11 febbraio si celebra l’edizione 2021 dell’International Day of Women and Girls in Science. Certo in tono minore, vista l’emergenza planetaria da Covid 19, ma la giornata non può passare sot- to silenzio, non fosse solo per l’elevato contributo che le donne di scienza -e in questo esercito di valorose includiamo anche tutte le addette alla cura delle persone colpite dal virus, donne medico ed infermiere- stanno fornendo, senza risparmiarsi, nella lotta al virus.

Il diritto di contare, però, è anche la celebrazione della donne di scienza, le cosiddette donne STEM (l’acronimo sta per Science, Technology, Enginee- ring and Mathematics), attraverso un film del 2017 con tre candidature all’O- scar, dove vengono ripercorsi gli studi, gli sforzi ed anche i gesti ruvidi nei confronti di tre donne di colore, mate- matiche ed ingegnere, in particolare di quella Katherine Johnson che, vedova e madre di tre figlie, con le sue equazioni, la cui risoluzione manuale veniva rite- nuta più affidabile di quella dei primi ingombranti elaboratori IBM, consentì la prima missione di John Glenn, com- preso il rischioso rientro grazie a corre- zioni in itinere. Insomma, la superio- rità spaziale degli Stati Uniti si deve in gran parte alle donne. Afroamericane.

E stiamo parlando degli anni 50/60, quando, tanto per fare un paragone con l’Italia, le nostre studentesse delle ma- terie STEM erano esattamente il 2,1%

del totale degli iscritti.

E allora suonano particolarmente in- tonate le parole del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che esorta ad un impegno globale per mettere la parola fine allo squilibrio di genere nel- la scienza. Non si tratta solo di una ma- nifestazione ulteriore del politicamente corretto: mai come ora va sfruttato al massimo tutto il potenziale di cui si di- spone per affrontare, e vincere, le sfide che abbiamo davanti. E solo la scienza, con la ricerca e le sue applicazioni, può dare risposte agli interrogativi che ri-

guardano la salute globale, quella che una scienziata italiana oggi negli Usa, Ilaria Capua, ha definito correttamen- te salute circolare. Perché, sul piane- ta, non c’è, né ci sarà, un attore che si salverà a discapito, o a vantaggio, di un altro. Davvero siamo tutti sulla stes- sa barca, anzi su un’unica Terra, e solo da interventi in grado di mantenere in equilibrio uomini, animali, piante e ambiente in senso lato potranno deri- vare politiche ed interventi sostenibili, di evoluzione, crescita e sviluppo.

E a tutto questo non può che pensare la scienza. Che, forse non a caso, è un nome di genere femminile. Come Terra e madre. E come la Terra (ma anche quella con la t minuscola) e la madre genera e protegge.

Eppure, fino ad ora, la Scienza non è il campo nel quale le donne, dopo aver raggiunto un livello di scolarizzazione uguale/analogo a quello maschile, stan- no eccellendo. Tuttavia noi sappiamo che, se parliamo di numero di laureati, le ragazze sono la maggioranza (56%), conseguono votazioni migliori (il voto medio è pari a 103,7 per le donne e a 101,9 per i maschi) in tempi più brevi (il 55,5% delle studentesse si laurea in corso). E rappresentano la maggioran- za non solo tra gli iscritti all’universo dei corsi di laurea esistenti: le donne sono la maggioranza anche negli stu- di post-laurea, con il 60% circa degli iscritti a dottorati di ricerca, corsi di specializzazione o master.

Con queste premesse dovremmo pen- sare a carriere sfolgoranti nei settori chiave della scienza, la ricerca e l’inse- gnamento universitario. Ma i nume- ri non sembrano confermarci questo quadro anche se, a partire dal nuovo Millennio, cambiamenti, e in meglio, ne sono avvenuti. Con uno sguardo al mondo universitario, nel 2000 in Italia le donne che occupavano la fascia più alta di docenza come Professore Or- dinario erano poco più di 2005 (fonte Miur) per passare a 3105 nel 2019, con un incremento del 55 %. Nello stes- so intervallo di tempo, sul totale dei docenti (diminuito di 2 mila unità) le donne sono aumentate di poco più del 50 per cento, rappresentando il 24 per cento del totale. Questo spaccato mette senza alcun dubbio in evidenza che l’università italiana sta lentamen-

te, ma inesorabilmente, migliorando il rapporto di genere in tutte le categorie e che l’aumento di donne Professore Ordinario (PO) è perfettamente linea- re. Con questo ritmo di crescita, però, le donne potranno raggiungere il 40% di PO solo nel 2046 e che la parità di gene- re arriverà solo a metà del 2063.

Se ci soffermiamo su altre importanti

“date obiettivo”, beh non ci sono pro- spettive particolarmente confortanti.

Il Global Gender Gap Report 2020 del World Economic Forum evi- denzia come ci vorranno un centi- naio di anni (per la precisione 99,5) per la parità tra uomini e donne. E per la parità a livello di accesso alla partecipazione economica addirit- tura 257 anni! La buona notizia è che la disparità di trattamento tra uomini e donne, nel mondo, si era ridotta nel 2019 ma nessuno di noi vedrà la pari- tà di genere nella vita. Guardando al passato assai prossimo, il 2020, annus horribilis, dobbiamo dire che gli effetti sulle donne sono stati pesantissimi in termini di occupazione, redditi, carichi familiari e, last but not least, violenze (domestiche). L’auspicio è che il 2020 si allontani talmente tanto dalla media da non considerarlo nelle serie storiche a venire.

Gli anni, per non dire i mesi, che ci attendono, complice anche la eccezio- nalità del periodo e dei mezzi messi in campo come Next Generation UE e Recovery Fund, rappresentano una occasione davvero unica perché la pa- rità di genere, realizzata nell’Istruzione nei paesi più evoluti, diventi una parte integrante anche del mondo del lavo- ro. Da una ricerca realizzata dal social network professionale, Linkedin, emer- ge come la componente femminile sia ancora sottorappresentata in ben 6 delle 8 aree professionali destinate ad una maggiore crescita negli anni a ve- nire. C’è da lavorare, verrebbe da dire…

se non sembrasse un gioco di parole…

Quando si parla di persone e cultu- ra (che potremmo definire salute e insegnamento) la percentuale di donne è al 65% per scendere al 49%

quando si parla di ruoli tecnici/

professionali “generali”. Ma quan- do arriviamo ai megatrend ritenuti vincenti, ed essenziali nel futuro, le note sono ben più dolenti. Nel settore dei (Big) Data e della Intel- ligenza Artificiale le donne saranno presenti al 26 per cento, al 15% nel campo, poliedrico, dell’ingegneria e solo al 12 per cento in quello, esplo- sivo, del Cloud Computing.

Possiamo accettare o, peggio, arrender- ci a tutto ciò? La risposta è ovvia però impone rapide ed incisive azioni per una nuova e diversa attenzione ai temi non solo dell’istruzione scolastica ma anche della individuazione delle ca- pacità e dello “sfruttamento” (brutta parola…ma pensiamo alla sua versione anglosassone, exploit, utilizzo ottima- le) delle stesse per renderle ancora più forti ed appetibili per il mercato del lavoro che si sta delineando. Abbando- nando anche radicati pregiudizi secon- do cui la matematica, e in generale le materie scientifiche, non sono materie per bambine/ragazze. A sostenerlo per primi i genitori, purtroppo. Una ricerca promossa dall’OCSE nel 2019, in con- comitanza con i test Pisa (Programme for International Student Assessment, nato con lo scopo di valutare con pe- riodicità triennale il livello di istru- zione degli adolescenti dei principali paesi industrializzati, ndr) svela infatti come l’atteggiamento dei genitori nei confronti dei figli rilevi una maggiore aspettativa per future carriere in cam- po scientifico nei confronti dei maschi piuttosto che delle femmine, anche quando i ragazzi presentano gli stessi risultati nei test di matematica e scien- ze. Questo pregiudizio sembra trava- licare le mura domestiche: anche gli insegnanti, sempre secondo gli esperti OCSE, involontariamente trasmettono pregiudizi di genere.

Di qui il monito di Linkedin ad accele-

rare i tempi per una maggiore inclusio- ne rosa nella area delle discipline STEM dal momento della formazione a quello del percorso professionale dove, auspi- cabilmente, le donne possano essere correttamente valutate e valorizzate per il loro merito e la loro preparazione, a prescindere dal genere. Rimanendo, però, nel qui e ora non possiamo negare che, come ha sottolineato la ricerca Ge- nislab della Fondazione Brodolini, gli stereotipi stanno (ancora) influenzan- do la scienza.

Le donne scienziate risultano penaliz- zate dai soliti luoghi comuni che le ri- guardano nel più vasto ambito sociale, ma sono anche messe a repentaglio, nel loro specifico lavoro, da stereotipi ancora più “mirati”. Uno consiste nel ri- tenerle non in grado di elaborare livelli alti di astrazione, a causa del prevalere degli aspetti emotivi (sentimenti) sui loro ragionamenti. Il secondo è che non possono pienamente sostenere l’one- re della missione della scienza che ri- chiede un impegno a tempo pieno. Dal momento che il presupposto principale è una totale devozione alla ricerca e, di conseguenza, il peso della famiglia è percepito come un ostacolo difficile da superare.

Un nuovo, diverso, e maggiore peso delle ricercatrici e scienziate, che l’11 febbraio sostiene ed auspica, può essere l’occasione anche di ripensare al ruolo delle donne nel contesto produttivo e della promozione del pianeta. Ed anche del suo equilibrio. Basti pensare alle più costanti performances sul lungo perio-

do delle aziende guidate da donne -lo studio di due professori, Barber e Odean, del 2001, aveva rilevato che i rendimenti degli investimenti effet- tuati dalle donne sono mediamente migliori di quelli degli uomini e che le donne hanno meno aspettative in termini di performance evitan- do così di assumersi troppi rischi-, al contributo cospicuo al PIL mondiale con una maggiore tasso di occupazione femminile cui corrisponderebbe anche un incremento demografico (il tema è particolarmente critico nei Paesi dove il saldo sarebbe negativo senza l’apporto delle straniere).

E la memoria corre a un libro di Aldo Cazzullo, Le donne erediteranno la terra, pubblicato nel 2016 quando i travagli attuali non erano neanche lon- tanamente immaginabili. E già allora l’autore ci diceva (e confermava): “L’I- talia resta un Paese maschilista; eppu- re sono donne … l’astronauta più nota, la scienziata più importante. Ed è solo l’inizio. Le donne erediteranno la terra perché sono più dotate per affronta- re l’epoca grandiosa e terribile che ci è data in sorte. Perché sanno sacrificarsi, guardare lontano, prendersi cura; ed è il momento di prendersi cura della terra e dell’uomo, che non sono immortali”. E sarà solo la scienza a venirci in soccorso e trovare la soluzione. Anzi le soluzioni.

Provando e riprovando.

Giovanna Guzzetti

Milanese, convinta praticante ed assertrice dell’active ageing, una passione ancestrale, divenuta poi professione, per tutto ciò che è carta stampata, informazione e comunicazione dove ha trascorso decenni vivaci e curiosi. Un occhio sempre attento, favorito dall’amore per le lingue straniere, ai fenomeni dove persone e cifre si incontrano e si incrociano.

Sarà lei la Rosa di Maranello. Nes- sun refuso, state tranquilli. A Maya Weug, anni 16, olandese anche se nata in Spagna, uno sguardo freddo alla Schumacher, toccherà l’onore di essere la prima donna, pardon teena- ger, a frequentare la Ferrari Academy, la stessa sui cui banchi, ops piste e box, hanno mosso i loro primi pas- si (giri...) giovani star del calibro di Charles Leclerc o del giovane Schu- macher, destinato, pare, a ripercorre- re le orme gloriose del padre Michael.

Contro ogni pregiudizio e disugua- glianza di genere la Ferrari ha deciso di arricchire la sua scuderia anche di risorse rosa e Maya è la prima a far- ne parte. Si è conquistata un periodo, sicuramente di fama ma anche di pe- santi sacrifici, al termine di una dura selezione (i criteri rigorosamente gli stessi applicati agli aspiranti driver maschi) che l’ha vista in una short list finale di 4 candidate insieme con altre tre pressoché coetanee tutte ani- mate da una passione che risale alla tenera età dove alla biciclettina han- no preferito il go kart, qualche volta anche con pregiudizio della integrità

fisica…ma si sa la passione è il miglior medicamento. E qualche volta anche anestetico. Una notizia di quelle po- tenzialmente divisive ma, del resto, abbiamo già avuto AstroSamantha (Cristoforetti), ingegnere trentina, che ci ha mostrato in diretta l’ebbrez- za di velocità sostenuta senza aderen- za alla crosta terrestre. Quindi, nulla di totalmente nuovo…E poi se nell’a- cronimo STEM (Scienze, Technology, Engeneering, Math) alla lettera E so- stituiamo Engeneering con Engine (motore) il gioco, anzi il rombo, è fat- to! (Giovanna Guzzetti)

DOSSIER

Donne che corrono veloce

Maya Weug, la prima donna della Ferrari Driver Academy

“La vita non è facile per nessuno di noi.

E allora? Dobbiamo essere perseveranti e soprattutto avere fiducia in noi stessi.

Dobbiamo credere di essere dotati per qualcosa e che questa

cosa deve essere raggiunta” (Marie Curie)

Marie Curie (1867-1934), fisica e chimica, l’unica donna due volte Premio Nobel

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6 MONDO

Venerdì 5 febbraio 2021

Cina, la bomba sociale

DROGA VOTAZIONI

PROTESTE

Il miracolo economico e la povertà che cresce

Arrestato ad Amsterdam “El Chapo asiatico”. Era ricercato da 10 anni

Portogallo, elezioni con sorpresa

Rivolta contadina,

trattori in piazza in India

di Redazione

Mind the gap, direbbero gli inglesi.

Attenzione al divario. La Cina diventa sempre più ricca, ma non a vantaggio di tutta la popolazione. Secondo quanto previsto dal Center for Economics and Business Research nel 2028 la Terra del Dragone diventerà la prima po- tenza economica mondiale, con cin- que anni di anticipo rispetto al previsto anche “grazie” al Covid. Gli Stati Uniti finirebbero al secondo posto, mentre il Giappone dovrebbe restare in terza po- sizione fino al 2030 quando verrà sca- valcata dall’India (ma questa è un’altra storia).

Ma cosa succede nel vasto territorio ci- nese? Dopo aver domato la pandemia- come dimostrano anche le recenti foto di un concerto in un locale di Wuhan affollato da giovani (con mascherina)-

(sda/ans) Il capo di uno dei più grandi cartelli asiatici della droga è stato arrestato ad Amsterdam. Lo riporta la Bbc.

La polizia non ha specificato il nome della persona arrestata ma si ritiene si tratti di Tse Chi Lop, un cinese na- turalizzato canadese, noto come “El Chapo asiatico”, a capo di un impero da 70 miliardi di dollari che gestisce il traffico di droga in tutta l’Asia.

Il 56enne, uno degli uomini più ri- cercati al mondo, è stato fermato all’aeroporto di Schiphol prima di imbarcarsi su un volo diretto in Ca- nada. La polizia australiana gli ha dato la caccia per oltre 10 anni, ades- so il governo ne chiederà l’estradi- zione.

Secondo l’Australian Federal Poli- ce (AFP) il gruppo “The Company”

(guidato da Tse Chi Lop), è respon- sabile del 70% delle droghe che en- trano in Australia.

I servizi di intelligence di oltre 20 Paesi hanno partecipato alle opera- di Giovanna Guzzetti

Alle presidenziali del Portogallo, il 24 gennaio 2021, Marcelo Rebelo de

Sousa è stato confermato Presidente della Repubblica lusitana.

Una carica con un profilo di pote- ri definita da qualcuno a metà tra

Mattarella e Macron. In una tornata elettorale fortemente penalizzata, in tema di affluenza alle urne, dal Covid, il presidente uscente si è guadagnato un secondo mandato con oltre il 60 per cento dei voti ed una affermazione in tutti i di- stretti del paese, pur in presenza di una elevata astensione che ha tocca- to il 40 per cento degli aventi diritto.

Questo non meraviglia in un pae- se che ha dovuto ricorrere a un se- condo lockdown piuttosto pesante, scuole comprese, di fronte ad una sanità allo stremo e con le terapie intensive sature.

Ma quella che è stata la vera sorpre- sa delle urne è il terzo posto di An- dre Ventura (11,9%) ad una incol- latura da Ana Gomes, candidata socialista.

A colpire non è tanto la percentuale del gradimento ma l’affermazione del leader di Chega, una formazione che nelle ultime elezioni portoghesi aveva raccolto il 2 per cento.

Chega è una formazione populi- sta di destra che per alcuni tratti si richiama a Salazar, il dittatore lusitano deposto nel 1974 con la ri- voluzione dei garofani.

Che, con Marcelo ed il suo gover- no che hanno ridato fiato ad un Portogallo che piegato dalla crisi del 2011 ha conosciuto una ripresa re- cord, continuano (per ora) a fiorire rigogliosi.

zioni per l’arresto di Tse che negli ultimi anni si era spostato tra Ma- cau, Hong Kong e Taiwan.

nel quarto trimestre del 2020 il pil nazionale è aumentato del 6,5 per cento e le attività economiche sono ri- partite a pieno regime. Le esportazioni per esempio sono aumentate del 18,1 per cento e notevoli sono stati gli inve- stimenti nelle infrastrutture.

I super ricchi si “sfidano” tra di loro:

Jack Ma, il celebre fondatore di di Aliba- ba, perde il primato di uomo più ricco della Cina a favore di Zhong Shanshan, meno noto re delle acque minerali e proprietario di una casa farmaceutica, che vanta una ricchezza personale pari all’incirca a 100 miliardi di dollari.

Intanto, però è aumentata ancora la disparità tra ricchi e poveri. Lo sot- tolinea il quotidiano tedesco Die Ta- geszeitung, che racconta di “una vera e propria bomba sociale per il governo”, sottolineando che “Il reddito dispo- nibile delle famiglie cinesi è cresciuto più lentamente rispetto al pil”, come dimostrato dal fatto che i consumi sono ampiamente al di sotto dei livelli prece- denti alla crisi scatenata dal Covid-19.

Inoltre è aumentato il divario tra le città e la campagna: il reddito dei centri ur- bani è tre volte più alto di quello delle zone rurali.

di Eloisa Gallinaro (sda/ans)

Violenti scontri a New Delhi nel giorno della Festa della Repubblica.

Decine di migliaia di agricoltori in- diani hanno sfondato i cordoni della polizia e barricate e sono riusciti ad arrivare nel centro della capitale, off limits per la parata militare alla pre- senza del premier Narendra Modi, e a penetrare nel Forte Rosso, uno dei simboli della città e patrimonio Unesco. Il bilancio provvisorio è di un agricoltore morto e decine di feriti, almeno 86 fra gli agenti, secondo un comunicato della polizia.

Accampati da novembre alla periferia di New Delhi per protestare con- tro la riforma agricola voluta dal governo che prevede la liberaliz- zazione del mercato, gli agricoltori avevano ottenuto l’autorizzazione a manifestare con trattori, moto, ca- valli, a piedi, a patto che si tenessero fuori dal centro e rispettassero i per- corsi stabiliti. Ma alcuni spezzoni dell’enorme corteo hanno deviato per puntare verso il centro.

Gli scontri sono scoppiati con violen- za e la polizia ha reagito con il lancio di lacrimogeni, l’uso di idranti e man- ganelli. Alcune stazioni della metro- politana sono state chiuse e il traffico già caotico è andato in tilt. Sospesi an- che parte dei servizi internet. Alcuni manifestanti sono riusciti ad arram- picarsi sui bastioni del Forte Rosso issando il vessillo dei Sikh.

“I nostri antenati hanno caricato il

Forte Rosso diverse volte nella storia.

Questo è un messaggio al governo: che possiamo farlo di nuovo se le nostre richieste non vengono soddisfatte”, ha dichiarato Diljender Singh, un conta- dino del Punjab - citato dal Guardian - mentre teneva alta la bandiera. E il governo ha inviato 2 mila paramilitari a rafforzare lo spiegamento di poli- zia. Le nuove leggi deregolamentano il mercato finora protetto dallo Sta- to, liberalizzano i prezzi dei prodotti agricoli e aprono al capitale privato.

Ma i contadini temono di perdere le loro attività, inghiottite dalle grandi multinazionali, e chiedono l’abolizione della riforma. Rim- proverano inoltre al governo di averla varata con una decisione unilaterale e senza alcuna consultazione con il sindacato, respingendo un’offerta di sospensione per 18 mesi. La vicenda è finita alla Corte Suprema che ha bloccato le nuove leggi e ha istituito un comitato per trovare un accordo.

Ma la trattativa si è subito arenata di fronte all’accusa, da parte dei rap- presentanti degli agricoltori, che il comitato è troppo filo-governativo.

La polizia ha ricacciato alla periferia di Delhi i manifestanti, che restano però sul piede di guerra. “Ho promes- so alla mia famiglia e agli abitanti del mio villaggio che non tornerò a casa fino a quando le leggi non saranno abrogate”, ha detto Jaspal Singh, un contadino del distretto di Gurdaspur nel Punjab. E il suo è il proclama di tutti.

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