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ANNO LIX - N gennaio 2021 Weberstr. 10 AZA 8004 ZURIGO POST CH AG TEL

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Corriere

dell’ italianità

ANNO LIX - N. 1 - 15 gennaio 2021 Weberstr. 10 AZA 8004 ZURIGO POST CH AG

TEL. 044 240 22 40 www.corriereitalianita.ch

già Corriere degli italiani per l’italianità

A scuola di italiano in Svizzera

CULTURA E LINGUA

di Allegra Perboni

Com’è noto, al di fuori della Svizzera italiana, le persone che parlano l’ita- liano come lingua principale, oppure che usano la lingua di Dante sul posto di lavoro o in famiglia, rappresenta- no solo una piccola percentuale della popolazione. Il passato migratorio e la sua incidenza nel caso dell’italiano fuori del suo territorio tradizionale è un dato importante. Soprattuto nel- la Svizzera di lingua francese e tede- sca, coloro che dichiarano l’italiano come lingua principale appartengo- no spesso alla prima o alla seconda generazione di immigrati dall’estero.

Tuttavia anche tra i più giovani, par- lare italiano è considerato un valore aggiunto. Dell’interesse per l’italiano e delle opportunità che sono offerte in Svizzera per imparare questa lin- gua ne abbiamo parlato con Massimo Melocco, di origini friulane e oggi in- segnante e segretario presso il CASLI (Com. Assoc. Scolastico per la Lingua italiana).

A PAGINA 6

Parole e pensieri per il nuovo anno

BEN RITROVATI

Eccoci, ritrovati, nel 2021, l’anno che vorremmo fosse quello della svolta, dei vaccini contro il coronavirus, della ripresa dell’economia, di una maggiore attenzione all’ambiente, della riduzione delle disuguaglianze, di una politica seria e anti-po- pulista.

Ovviamente, la mezzanotte è scoccata e il coronavirus (con tutta la sofferenza, il lutto, le restrizioni e le difficoltà che com- porta) non è scomparso, come ci ricorda Stefania de Toma. In questo numero del Corriere abbiamo scelto di approfondire alcune delle sfide con le quali ci troviamo (ancora) confron- tati, consapevoli che, mentre le abitudini dei singoli e della collettività sono destinate a restare sconvolte ancora per un po’, è solo “insieme” che ci potremo salvare.

Il nuovo anno si è aperto con la notizia della diffusione di va- rianti più facilmente diffondibili del virus, la consapevolezza che i vaccini non sono una panacea istantanea e, come sottoli- nea Alessandro Vaccari nel suo articolo, non sono per tutti; sul fronte del lavoro (ridotto), Franco Narducci analizza la crisi:

non si intravedono soluzioni né facili né veloci.

E mentre la democrazia americana ha conosciuto “un giorno

da golpe”, in vari Paesi assistiamo a una generalizzata vulnera- bilità del popolo e ignoranza negazionista collettiva, cavalcata da una politica sempre più polarizzata, incapace di dialogare.

Si pensa di poter far a meno dell’Altro, come cerco di articola- re nel mio articolo. Manca “un orizzonte condiviso”, afferma padre Giulio Albanese, il quale, intervistato da Gianni Borsa, auspica un ritorno a una spiritualità più intensa e al silenzio contro il rumore mediatico. Media che, in Svizzera, hanno iniziato l’anno prestando attenzione alle vicende della Chie- sa cattolica impegnata a nominare il nuovo vescovo di Coi- ra, come spiega Gino Driussi. Sono invece passati in secondo piano i risultati delle donne in termini di parità di genere, di cui scrive Laura Incandela. Infine, sempre a proposito dei me- dia, non si possono però non ricordare i numerosi progetti nel campo dell’informazione, della cultura e dello spettacolo, che si sono “ripensati” e con la loro presenza (nuova, virtuale) ci aiutano a riflettere sul presente e a progettare un domani, come è il caso di quanto raccontato da Andrea Grandi.

Valeria Camia

Un tubo ci rintronerà

SATYRICON MINIMUM#9

di Alessandro Sandrini

Con stupore e ammirazione giorni fa avevo cominciato ad apprendere dalla tv che negli Stati Uniti stavano correndo a gran velocità sulla via del progresso. Solo pochi anni fa sembravano essere fantascientifici traguardi della tecno- logia che adesso sono utili realtà quotidiane, come il mi- croonde, il macinapepe elettrico e il cellulare. Chi avrebbe mai pensato che avremmo affiancato l’affettuoso conver-

sare con la moglie (o con il marito, per par condicio), al rapido ed efficiente dialogo con SIRI e ALEXA: non prote- stano e dicono sempre sì; se poi non si va d’accordo, non c’è bisogno di avvocati. Basta un click e il device si spegne.

Ma ben presto, dopo aver visto la stessa notizia su altri canali tv, ed averne letto i particolari su Internet, allo stu- pore e all’ammirazione è subentrata l’angoscia. (...)

SEGUE A PAGINA 9

IMU e TARI:

IL PUNTO

7

Il Parlamento italiano ha appro- vato la legge di Bilancio 2021 decretando nuove agevolazioni per i pensionati italiani all’estero in materia di IMU e TARI, come spiegato nel dettaglio anche dall’articolo nella pagina del Pa- tronato Acli che appare in que- sto numero del giornale.

A nostro giudizio lo “sconto sulla casa” approvato in finanziaria è insoddisfacente per gli italiani residenti all’estero e ci sono mo- tivi per chiedere maggiore chia- rezza in materia.

LIBRI

IL FUTURO DI RETEDUE

13

17

di Maurizio Nappa

Poche settimane fa vi avevo pro- posto un libro di viaggio molto particolare, addirittura fino a Cernobyl.

Anche oggi vorrei parlarvi di un libro che racconta di un viaggio, stavolta molto più vicino a noi.

Si tratta di “Passeur”, di Raphael Krafft, giornalista francese che alterna reportage per stazioni radio di lingua francese a lunghi viaggi in bicicletta, da cui trae documentari e libri. Il titolo, che si traduce in Italiano con “passa- tore”, si riferisce a chi porta gli altri al di là di un confine.

di Giorgia Reclari Giampà Le ultime settimane del 2020 sono state segnate dal dibattito, sul progetto di riforma delle tre reti radio RSI (denominato Lyra), che porterebbe a trasformare il canale culturale Rete Due in una radio musicale, riducendo il par- lato dal 40 al 10% e trasferendo altrove (in parte su Rete Uno, in parte online in forma di podcast) i contenuti di approfondimen- to culturale. Parecchi esponenti del mondo della cultura hanno espresso pubblicamente scon- certo per questa prospettiva e si è mossa anche la politica. Anche la CORSI non è stata a guardare.

Già da tempo i suoi organi (il Co- mitato, il Consiglio regionale e il Consiglio del pubblico) avevano espresso a più riprese alla dire- zione RSI importanti preoccupa- zioni per il futuro dell’offerta cul- turale del servizio pubblico.

UNA STORIA VERA 14

Continua il racconto autobio- grafico di Maria-Vittoria Alfonsi, giornalista e storica collaboratri- ce del Corriere dell’Italianità.

Dopo aver letto dell’infanzia pas- sata tra la Lombardia e il Veneto, delle privazioni e delle paure du- rante la guerra, ma anche delle curiosità giovanili di Maria-Vitto- ria, in questo numero, la giorna- lista rivive la fine del conflitto e il tentativo di ritornare alla nor- malità.

Un testo evocativo anche per il presente.

(2)

2 PRIMO PIANO: IL NUOVO ANNO

Venerdì 15 gennaio 2021

Settimanale di lingua italiana in Svizzera www.corriereitalianita.ch

EDITORE Associazione Corriere degli Italiani – Svizzera

COMITATO DIRETTIVO Paola Fuso (presidente) Roberto Crugnola (vice presidente) Manuela Andaloro, Franco Narducci,

Marina d’Enza, Alberto Ferrara COMITATO D'ONORE Alberto Costa (Presidente)

Alex Berner, Mario Botta, Marina Carobbio, Franco Cavalli,

Maria-Cristiana Cedrini DIREZIONE REDAZIONE

Valeria Camia redazione@corriereitalianita.ch

COMITATO DI REDAZIONE Andrea Grandi, Marina D’Enza,

Stefania De Toma, Paola Fuso, Franco Narducci, Antonio Spadacini,

Alessandro Vaccari SEGRETERIA / AMMINISTRAZIONE

Daniela Vitti segreteria@corriereitalianita.ch

Weberstrasse 10, 8004 Zürich Tel. 044 240 22 40 IBAN CH24 0900 0000 6001 2862 6

COLLABORATORI

Maria-Vittoria Alfonsi, Giulia Bernasconi, Moreno Bernasconi , Jacopo Buranelli, Rosanna Chirichella, Paolo Rossi Castelli,

Alberto Costa, Gino Driussi, Samantha Ianniciello, Paola Quattrucci, Adrian Weiss

ABBONAMENTO annuale CHF. 90.- abbonamenti@corriereitalianita.ch

DIRETTORE MARKETING Antonio Campanile antonio@campanile.ch

Tel. 079 405 39 85 SOCIAL MEDIA MANAGER

Samantha Iannicello DIGITAL ENGAGEMENT

Manuel Epifani STAMPA Theiler Druck AG Verenastrasse 2 - 8832 Wollerau

Gli articoli impegnano la responsabilità degli autori.

Il Corriere degli italiani per l’italianità bene�icia del contributo erogato dal Dipartimento editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la stampa

italiana diffusa all’estero.

Corriere

dell’ italianità

DISEGUAGLIANZE

IL PESO DELLA CRISI PANDEMICA

2021: un vaccino per pochi?

Lavoro e occupazione, l’impatto della crisi

di Alessandro Vaccari

Il 2021 sarà l’anno della vaccinazione anti-COVID19 ma non per tutti e an- che in questo campo potrebbe incidere notevolmente il divario economico fra le varie parti del mondo.

Secondo dati raccolti dal New York Times, infatti, mentre la grande maggioranza dei cittadini dei Paesi più fortunati potrà presumibilmente vaccinarsi entro l’anno, una vaccina- zione di massa, allo stato attuale, non sembra invece possibile per la mag- gior parte degli altri abitanti della Terra.

In particolare, la dotazione dei vac- cini prevista per gli USA, il Canada e l’UE dovrebbe essere, se tutto andrà secondo i piani, addirittura superiore al fabbisogno, mentre molti Paesi po- veri, se non verranno presi immediati provvedimenti, riusciranno a stento a vaccinare un quinto dei loro abitanti e potranno verosimilmente completare il loro programma vaccinale solo nel 2024.

Le iniziative intraprese per modifica- re la situazione non hanno finora pro-

dotto risultati rilevanti.

L’organizzazione mondiale della Sani- tà ha avviato un programma interna- zionale di donazioni per acquisire due miliardi di dosi di vaccino da destina- re ai Paesi più poveri ma il progetto, che oltretutto non sembra riscuotere il successo sperato, risolverebbe co- munque solo in parte il problema.

Anche il tentativo della stessa OMS di

di Franco Narducci

“Anno nuovo vita nuova”. A fine anno abbiamo affidato le nostre speranze a questo proverbio popolare, viste le vicende complesse e tristi che hanno gravato sull’intera umanità nel 2020.

E invece il nuovo anno, oltre che con l’emergenza pandemica infinita, è iniziato con le immagini dell’assalto al Congresso da parte dei sostenitori di Donald Trump, persone esaltate e incitate dal presidente uscente a una sorta di golpe per impedire la ratifica dell’elezione di Joe Biden. Le teorie suprematiste di Trump non hanno di- viso solo il popolo americano, poiché la sua concezione del mondo è l’esat- to contrario dell’amicizia fra i popoli.

Al contrario, mai come ora, la politica internazionale ha necessità di colla- borazione tra le nazioni sia per con- trastare l’emergenza COVID-19 con la vaccinazione di milioni di persone, sia per affrontare l’emergenza lavoro segnata da licenziamenti, aumento del lavoro in nero, riorganizzazioni aziendali e spaesamento di gran parte della società.

Nel 2020 il Corriere ha tenuto alta l’attenzione sul lavoro, illustrando di volta in volta i cambiamenti innescati dal coronavirus e dalla blindatura in casa di una larga parte della popola- zione per alcuni mesi, o le nuove for- me di lavoro (smartworking, lavoro agile, economia di prossimità) e la protezione della salute sul posto di lavoro.

L’impatto della pandemia sul la-

voroOra ci interroghiamo su quanto sta accadendo e ciò che ci aspetta in questo 2021. Il quadro complessivo dell’andamento del mercato del la- voro ci offre alcuni indicatori impor- tanti come, ad esempio, l’andamento della disoccupazione che al 31 dicem- bre riguardava 163’545 persone, in ri- salita rispetto al mese precedente e in aumento di 46’268 unità nel confron- to con lo steso periodo del 2019.

Ma il dato più probante per misura- re la febbre del malato è senz’altro l’indicatore del lavoro ridotto: nel solo mese di ottobre 2020 il lavoro ri- dotto ha riguardato 22’852 aziende e 219’388 lavoratori; complessivamente sono state perse 12’812’300 ore lavo- rative - in aumento del 7,9% rispetto a settembre - con un importo pagato per le indennità pari a 289’968’450 di franchi. Alla luce delle norme anti Covid-19 decretate dalla Confedera- zione e dai Cantoni nello scorso mese di dicembre, per altro indiscutibili sotto il profilo della prevenzione, è evidente che lo stato del lavoro ridot- to sarà ancora cruciale nei prossimi mesi. Contestualmente sono aumen- tati i disoccupati di lunga durata e so- prattutto le persone in cerca d’impie- go (260’318 ovvero +67’363 rispetto a novembre 2019).

Numerosi osservatori del mercato del lavoro hanno analizzato la crisi inne- scata dal Covid-19 rapportandola ai suoi effetti sociali, all’impoverimento che ha colpito i lavoratori a basso sa- lario e al profilarsi di una nuova que-

stione sociale riconducibile alla crisi sanitaria. L’importanza di preservare il sistema produttivo che genera occu- pazione, lo vogliamo ribadire, è fon- damentale e infatti la mano pubblica ha finanziato con decine di miliardi dei contribuenti gli aiuti pubblici alle aziende per salvaguardare i posti di lavoro; ora però occorrono interventi più decisi anche a favore delle perso- ne socialmente fragili e delle piccole aziende minacciate di estinzione.

Il settore industriale

Nelle cabine di comando dei gruppi industriali che in Svizzera hanno un peso specifico determinante, le stra- tegie per affrontare l’emergenza sono vocate - non è una novità - anzitutto agli aspetti finanziari e all’aumento della redditività. In tal senso negli ultimi mesi hanno fatto scalpore le vicende dell’Asea Brown Boveri e di General Electric, apparse incom- prensibili agli occhi dei dipendenti e dell’opinione pubblica.

A Baden ha destato sorpresa la de- cisione dell’ABB di mettere in ven- dita la divisione turbocompressori, la Turbocharging, un pezzo della propria storia, uno dei gioielli di fa- miglia. Eppure, il management della Turbocharging in una comunicazio- ne formale ai propri dipendenti ha sottolineato che «la divisione turbo- compressori è una storia di successo che produce utili» e per indorare la pillola ha rimarcato che la «separa- zione dall’ABB consentirà alla nuova creatura di sviluppare tutte le proprie potenzialità». Naturalmente con un

accesso distinto alla Borsa svizze- ra. Turbocharging produce al 55% i turbocompressori per i motori delle grandi navi e al restante 45% per va- rie aziende. Naturalmente il manage- ment di Turbocharging, appellandosi alla situazione critica del mercato indotta dalla pandemia, dal mese di settembre ha introdotto il lavoro ri- dotto e «l’adattamento selettivo delle risorse», che significa licenziamenti di 28 posti di lavoro a tempo pieno, ma in realtà sono una quarantina. E come da prassi, «gli adeguamenti strutturali/organizzativi sono neces- sari per tenere conto delle mutate condizioni quadro».

Anche la GE ha annunciato lo scor- so mese una serie di licenziamenti pesanti in tutto il mondo, tra cui la chiusura dello stabilimento di Obe- rentfelden, nel cantone Argovia, che interessa circa 520 dipendenti. I posti di lavoro saranno trasferiti in Francia e in altri paesi, una ristrutturazione di cui non si capisce il senso. GE ope- ra grosso modo, globalmente, a tre li- velli: a) produzione di turbine per l’a- eronautica e in questo ambito l’effetto del Covid-19 è stato innegabilmente pesante; b) in campo energetico, cioè costruzione di centrali elettriche, un settore in sofferenza da vari anni che riguarda anche lo stabilimento di Oberentfelden e in misura mino- re di Birr AG. Ma in tale comparto è elevata l’esigenza di manutenzione degli impianti preesistenti, per lungo tempo, gestita di regola dalla Svizzera con margini di guadagno elevati; c) in ambito sanitario per la produzione di macchine e attrezzature destina- te principalmente agli ospedali, un ramo che la pandemia da coronavirus ha notevolmente ampliato.

La Svizzera ha un sistema produttivo consolidato di primordine e quindi è fondamentale evitare uno shock eco- nomico prodotto dal protrarsi della pandemia, ma è evidente che la crisi non può essere pagata dai lavoratori mentre la ricchezza di pochi eletti aumenta smisuratamente.

creare una piattaforma con lo scopo di mettere volontariamente in comune tecnologie e conoscenze per consenti- re un’ampia e sollecita produzione di vaccini e terapie anti-COVID a prezzi accessibili, non ha prodotto alcun ri- sultato.

La richiesta del governo sudafricano e di quello indiano, in sede di Orga- nizzazione mondiale del commercio,

di una sospensione temporanea dei brevetti, dei copyright e dei segreti industriali, sempre nell’ambito della produzione di prodotti per la lotta alla pandemia, è stata bloccata dalla decisa opposizione di USA e UE Per sollecitare un intervento almeno a livello di UE, una serie di associazioni e movimenti hanno perciò lanciato fra tutti i cittadini europei l’iniziativa

denominata No profit on pandemic.

eu con lo scopo di raccogliere alme- no un milione di firme necessarie per sollecitare la Commissione europea a proporre un provvedimento legislati- vo che vada nella stessa direzione di favorire la produzione di cure e vacci- ni a prezzi accessibili a tutti e nei tem- pi brevi che la situazione esige.

L’iniziativa chiede, in particolare, un intervento pubblico a livello europeo nella gestione dei trattamenti an- ti-COVID, tenendo conto anche dei cospicui investimenti che sono stati erogati con il denaro dei contribuenti in questo campo, che hanno contri- buito in modo decisivo a raggiungere risultati brillanti in tempi eccezional- mente brevi.

La necessità di interventi che faci- litino una lotta efficace su base pla- netaria alla diffusione dell’epidemia appare urgente non solo per evidenti motivi umanitari, ma anche perché, senza di essi, il virus continuerà ad essere una minaccia incombente per tutti.

In particolare, come ha rilevato in un’intervista a Der Spiegel Jeremy Farrar, ricercatore di fama mondiale nel campo delle pandemie e consu- lente dell’OMS, il protrarsi di una massiccia diffusione del COVID in vaste zone del pianeta, dove non fosse possibile condurre efficaci campagne vaccinali, potrebbe permettere al vi- rus successive mutazioni potenzial- mente non contrastabili dai vaccini attualmente esistenti.

Il continente africano, ad esempio, che finora, per motivi non del tutto chiariti in sede scientifica, è stato col- pito in modo relativamente margina- le dalla pandemia, potrebbe costituire un terreno favorevole a uno sviluppo di questo genere e l’insorgere della co- siddetta “variante sudafricana” sem- bra rappresentare il primo inquietan- te indizio in questa direzione. Tutti dovremmo poi aver compreso che, in un mondo interconnesso, pensare di trovare soluzioni locali a problemi globali è oltre che meschino anche del tutto illusorio: o ci salveremo tutti o non si salverà nessuno.

Il dato più probante per misurare la febbre del malato è senz’altro l’indicatore

del lavoro ridotto:

complessivamente sono state perse 12’812’300

ore lavorative.

La pandemia ha accentuato ancora

di più l’esigenza di considerare la salute

un bene universale e intangibile, sottraendolo alle pure

logiche di mercato.

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Venerdì 15 gennaio 2021

PRIMO PIANO: IL NUOVO ANNO 3

RAPPORTI SOCIALI

Condannati alla libertà: la salvezza nello sguardo degli altri

di Valeria Camia

Se quarantena, secondo i curatori del Cambridge Dictionary, è stato il ter- mine del 2020, possiamo tutti spera- re che libertà sia quello dell’anno ap- pena iniziato. Ma quale libertà?

In ogni periodo di crisi e a tutti i li- velli dell’esperienza, l’impressione è che il contesto di restrizioni, in cui si vive diventi un impedimento oggetti- vo all’espressione e alla realizzazione dei propri progetti. La libertà perso- nale così risulta essere “condiziona- ta”, non è solo dal punto di vista so- ciologico o economico, bensì anche esistenziale e antropologico. Le dif- ficoltà riescono facilmente a piegare in qualche modo tutto l’impeto della vita e la crisi tocca, nel profondo, la possibilità di coltivare liberamente la realizzazione di sé e della propria dignità di persona all’interno di uno spazio collettivo.

Nei mesi segnati dal COVID che ne è di quel Leitmotiv del secolo che si è chiuso un decennio fa, di quell’in- dividualismo di massa che si dà in spregio a qualsiasi vincolo comunita- rio per affermare il proprio progetto di vita?

Si chiede, da più parti, il recupero di una dimensione individuale, più strutturata e cosciente. Un’indivi- dualità libera di affrancarsi da vincoli di solidarietà comunitaria per essere, ciascuno, se stesso e, se necessario, anche nell’indifferenza o a danno degli altri. Ma dell’alterità (e del rap- porto con il diverso da noi)possiamo davvero farne a meno?

Scriveva il filosofo francese Sartre che siamo condannati a essere libe- ri: “Sono condannato a vivere sempre al di là della mia essenza, al di là dei moventi e dei motivi del mio atto;

sono condannato ad essere libero”:

questa libertà non è l’arbitrio o ca- priccio dell’individuo ma è inerente alla scelta (che Sartre chiama la scel- ta del progetto) e questa scelta è sem- pre assurda, per il fatto che non ci è mai data la possibilità di non sceglie- re. Di rispettare le regole, restare in isolamento, portare la mascherina.

Vaccinarsi.

Allo stesso tempo, non possiamo essere liberi se non in connessio- ne con l’Altro: “Quando un altro mi guarda, io non posso sottrarmi, ma devo sottostare e mi sento ferito nel mio essere. Nel sentirmi oggetto del- lo sguardo altrui io provo vergogna, che è il sentimento di essere ciò che sono, ma per un altro”, che scopre la nudità del nostro essere. In questo senso, come argomenta Sartre, la no- stra libertà risiede nella scelta di sog- gettivare e di fare nostro quello che abbiamo ricevuto dagli altri: il nostro essere nello sguardo altrui.

Dall’alterità non si può uscire per- ché l’Altro detiene il segreto del proprio essere e, nel contempo, senza l’Altro questo essere non sarebbe possibile.

Da qui, il passo è breve: la libertà “di tutti” è in realtà sempre un “mondo del sé” che incontra un “mondo del noi”, una comunità che lungi dall’a- bolire le differenze in un’omogeneità indistinta, accoglie la pluralità delle singolarità, dell’io e dell’Altro, lega- ti - come diceva Elvio Fachinelli - da

“una relazione di eguaglianza fonda- ta tra non uguali”. Nella pandemia causata dal Coronavirus, nessuno ne esce, libero ma da solo, senza il rapporto con l’Altro. Se dall’inferno pandemico ci si può salvare, tale sal- vezza non è possibile che attraverso gli altri. Anzi, negli altri.

DIALOGO

Contro il virus della stupidità, l’antidoto è nel discernimento

di Gianni Borsa

Il titolo è tutto un programma: “Libe- ra nos Domine. Sulla globalizzazio- ne dell’indifferenza e sull’ignoranza dell’idiota giulivo”. L’autore, padre Giulio Albanese, strizza l’occhio al lettore per poi affrontare, fin dalle prime pagine, un tema cruciale: il discernimento, ovvero la propen- sione a studiare, capire, confrontar- si a partire dai temi – complessi – dell’oggi. Anche perché, afferma, “il rischio, sempre in agguato, è quello di essere contaminati dal virus della stupidità”, tra disinformazione, fake news, assertività nei social media, banalità diffuse con generosità. Pa- dre Albanese porta, in questo nuovo libro (Edizioni Messaggero Padova), una riflessione che parte da lonta- no e che pesca nel suo stesso profilo biografico: comboniano, ha diretto il New People Media Centre di Nairobi e fondato la Missionary Service News Agency. È stato direttore per 13 anni delle riviste delle Pontificie opere missionarie italiane, fra le quali “Po- poli e Missione”. Collabora con varie testate giornalistiche (come “Av- venire” e “l’Osservatore Romano”) su temi legati all’Africa e al Sud del mondo. Numerosi i suoi volumi, tra cui “Missione è comunicazione. Le regole del gioco” e “Poveri noi, con Francesco dalla parte dei poveri”.

Padre Giulio, partiamo dall’ini- zio: chi è l’“idiota giulivo”?

L’idiota giulivo è il semplificatore, colui che divide lo scenario tra buo- ni e cattivi e a cui manca la capacità di comprendere la complessità del mondo inteso come “villaggio glo- bale” in cui viviamo. Direi in una battuta che l’idiota giulivo è l’incom- petente che non solo è inconsapevo- le di esserlo, ma non avendo alcuna competenza fa dei danni enormi. Gli effetti di questa patologia sono sotto gli occhi di tutti. Poco importa che si tratti della questione migratoria o delle divergenze di opinione sulle vaccinazioni, il confronto è spesso segnato da riottosità e polemiche a non finire. Il rischio, sempre in ag- guato per tutti, è quello d’essere con- taminati dal virus della stupidità di cui, per così dire, l’idiota giulivo di cui sopra è l’archetipo. Alla comunità cristiana, come d’altronde a tutte le agenzie educative in campo, il com- pito di contrastare questo indirizzo promuovendo il discernimento, l’e- sercizio del pensiero, influenzato e illuminato, nella fede, dallo Spirito Santo.

Lei scrive: “l’unico vero antidoto contro il pensiero debole con- temporaneo è il discernimento”.

Parola negletta di questi tempi…

Richiama lo studio, la conoscen- za, la riflessione, la volontà di dialogo. E la differenza, come di- rebbero Norberto Bobbio e il car- dinal Martini, tra “pensanti e non pensanti”. È così?

L’unico antidoto è il discernimento.

Questo significa in sostanza far gi- rare i neuroni, non solo del cervello, ma anche quelli dell’anima per ope- rare scelte che rispondano al bene comune che è quello condiviso. Da questo punto di vista, mi lasci dire

“non ci sono credenti e non creden- ti, ma solo pensanti e non pensanti”.

Il compianto cardinale Carlo Maria Martini, che ebbi la fortuna di cono- scere da giovane studente di teologia, amava spesso citare, con ironia, que- sta frase di Norberto Bobbio. Però, poi, precisava scrupolosamente che

“tra i pensanti ci sono i pensanti cre- denti e quelli non credenti…”.

In sostanza, per Martini, si trattava di cogliere la linea di demarcazione, tra uomini e donne che credono nel riscatto, nella possibilità di cam- biamento, che hanno il coraggio di vivere la sofferenza, di continuare a cercare per credere, sperare e amare, e coloro che invece, uomini e donne del nostro tempo, che hanno rinun- ciato alla lotta tirando i remi in bar- ca, che sembrano essersi acconten- tati dell’orizzonte penultimo e non sanno più accendersi di desiderio e di nostalgia al pensiero di guardare oltre.

Al di là delle interpretazioni possi- bili della crisi delle ideologie, della fine della modernità e del profilarsi del tempo postmoderno, della cosid- detta “società fluida”, ciò che oggi in Occidente rende culturalmente più poveri è la mancanza di un orizzonte condiviso, quello che Papa Francesco ha circoscritto nel perimetro della

“Casa Comune”. Si tratta di un con- testo esistenziale rispetto a cui porre l’ethos, non soltanto come modus vivendi, prassi e costume, ma anche

come radicamento e dimora, ultimo fondamento del vivere e dell’agire umano. È dunque evidente che la sfida, evangelicamente parlando, è quella del discernimento; mentre invece, su di un piano più squisita- mente laico, occorre affermare il pri- mato della riflessione su ogni genere di banalizzazione e chiacchiericcio, evitando di scadere nei pregiudizi o nei luoghi comuni.

Perché tra gli elementi del discer- nimento inserisce la preghiera?

La preghiera è innanzitutto e so- prattutto ascolto e interiorizzazione della Parola di Dio. Ecco che allora il discernimento, in un’atmosfera contemplativa, consiste nel saper leggere i segni dei tempi di cui parla il Concilio, alla luce del messaggio evangelico. Se così fosse oggi non saremmo di fronte a una così diffu- sa ed endemica “crassa ignorantia”

da parte di molti fedeli rispetto ai dettami del Vangelo. Sarebbe ora, ad esempio, che la Dottrina sociale della Chiesa entrasse a pieno titolo nella pastorale ordinaria delle nostre comunità. Il fatto che vi siano molti

“devoti” o presunti tali che vanno a messa alla domenica e poi ostentano insofferenza nei confronti dei mi- granti la dice lunga. Sono vuoti da riempire che esigono il dono della conversione. Una conversione che può scaturire solo pregando. Vittorio Bachelet, vittima delle spietate Bri- gate Rosse, diceva: “non si vince l’e- goismo mostruoso che stronca la vita se non con un supplemento di amo- re”. Non resta allora che fare silenzio, riflettendo e soprattutto pregando

sul mistero del dolore di fronte a quei corpi, straziati dal Mare Mon- strum, cui è stato negato il diritto di

“fuggire” e dunque di “esistere”. Per non parlare dei sopravvissuti, a cui è stato attribuito un reato incompren- sibile alle menti pensanti, quello di una presunta clandestinità, quasi fosse un peccato essere riusciti a sal- vare la pelle.

Lei, oltre che un missionario, è anche un noto giornalista. L’in- formazione, o la disinformazio- ne, alimentano conoscenza e cul- tura nell’opinione pubblica?

Per quanto l’areopago della stampa sia ancora oggi composto da bravis- simi cronisti che avvertono il biso- gno istintivo di raccontare quello che vedono, il sistema mediatico plane- tario – facendo la media tra società cosiddette avanzate e altre in via di sviluppo – comunica appena il 20 per cento delle notizie che tutti sarem- mo tenuti a conoscere.

Sono in molti ad obiettare che un’in- formazione internazionale robusta non ha mercato e che dunque certe notizie non si vendono perché non interessano alla gente. I sostenitori di questa tesi dimenticano che l’in- formazione ha un’indubbia valenza educativa e che il suo uso, deontolo- gicamente, non può essere strumen- tale. Come ha scritto Papa Francesco nella sua ultima enciclica “Fratelli tutti”, “la vera saggezza presuppone

l’incontro con la realtà. Ma oggi tut- to si può produrre, dissimulare, mo- dificare. Questo fa sì che l’incontro diretto con i limiti della realtà diven- ti insopportabile. Di conseguenza, si attua un meccanismo di ‘selezione’ e si crea l’abitudine di separare imme- diatamente ciò che mi piace da ciò che non mi piace, le cose attraenti da quelle spiacevoli”.

Il suo libro esce alla fine del 2020, segnato dal COVID. Quale eredi- tà ci lascerà, a suo avviso, questa tragica esperienza? Come ne usci- remo?

È evidente che non siamo ancora fuori dalla pandemia anche se l’au- gurio è che questo tempo di prova possa risolversi il prima possibile.

Ma fin d’ora è chiaro che il mondo, inteso come società globalizzata, sarà molto diverso da come lo ab- biamo lasciato alla vigilia di questa emergenza sanitaria. D’altronde, lo stesso Papa Francesco aveva prefigu- rato, in più circostanze, a credenti e non credenti, uno scenario inedito:

“questa non è un’epoca di cambia- menti, ma un cambiamento d’epoca”.

Si tratta di un nuovo capitolo della Storia che, come credenti, dobbia- mo scrivere insieme coltivando una spiritualità più intensa, un sapere più alto, una capacità di riflettere più vigorosa, un’intelligenza morale che ponga un freno al selvaggio e pro- rompente interesse di parte. Tutto questo nella certezza che nonostante le nostre negligenze, la nostra Storia è storia di salvezza.

Oggi in Occidente ciò che rende culturalmente più poveri è la mancanza di

un orizzonte condiviso, quello che Papa Francesco ha circoscritto

nel perimetro della

“Casa Comune”.

L’opinione pubblica sa poco o niente di quello che succede nel nostro pianeta, col risultato

che l’ignoranza, intesa come non conoscenza di quanto

succede, rappresenta un fattore altamente

destabilizzante.

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Venerdì 15 gennaio 2021

PROGETTUALITÀ

FORMAZIONE

“Parole semplici”: per guardare al futuro

Ritorno al programma Erasmus+

per la Svizzera?

di Andrea Grandi

Il messaggio è chiaro: ormai ha i giorni contati la comfort zone, la zona protetta, senza luogo, senza tempo e senza spazio, dove nostro malgrado ci siamo dovuti rifugiare negli ultimi dieci mesi per sfuggire alle problematiche della realtà.

Ma nel frattempo durante le espe- rienze dello scorso anno cosa è di- ventato il nostro vivere quotidiano?

Ce lo siamo mai domandato e so- prattutto, riconosciamolo: siamo stati in grado di trovare risposte?

Consoliamoci, questi pensieri sono stati condivisi da tutta la società, ad ogni livello, in ogni angolo del mondo. È quanto accaduto anche al ticinese Alessandro Trivilini: infor- matico di professione, divulgatore

(ats) Il Consiglio dei Politecnici federa- li (PF) auspica il ritorno a un’adesione della Svizzera a pieno titolo al program- ma Erasmus+ dell’Unione europea. Il vantaggio per gli istituti universitari svizzeri supera i costi aggiuntivi da so- stenere, afferma l’organo accademico in una nota diramata oggi dopo una riunione di due giorni, il 9 e il 10 dicem- bre.Bruxelles, dopo il voto a favore dell’i- niziativa “Contro l’immigrazione di massa” nel 2014, ha escluso la Svizzera dal programma. Berna non gode più dello status di Paese aderente ma solo di Paese terzo, con accesso limitato. Per garantire la mobilità degli studenti la Confederazione ha approntato un mo- dello transitorio proprio.

Ma il comunicato del Consiglio dei PF invita a non limitare la discussione alla

questione dello scambio per studen- ti: l’obiettivo con Erasmus+ è di creare una rete di attori del mondo della for- mazione, della ricerca e dell’economia e di promuoverne la collaborazione, si legge nella nota. Gli istituti universitari svizzeri dipendono da queste reti per migliorare la qualità e l’interesse delle rispettive offerte didattiche e per collo- carsi con successo sulla scena interna- zionale.

“Il Consiglio dei PF è consapevole che un’adesione a pieno titolo per il periodo 2021-2027 comporterà costi aggiuntivi rispetto all’attuale soluzione, ma ritie- ne che usufruire ulteriormente di un’a- desione completa giustifichi tale sforzo finanziario”. Il Consiglio dei PF chiede inoltre che non si compensino le spese supplementari nell’ambito dell’educa- zione, della ricerca e dell’innovazione.

scientifico per passione e personag- gio mediatico per conseguenza di cose.

Nei mesi scorsi, mentre il mondo scontava il lockdown, Trivilini insie- me all’amico Nicola Liver ha ideato, prodotto e realizzato una serie di trasmissioni dal titolo che non pro- mette ma semplicemente ricorda, appunto con “Parole Semplici”, che il futuro, nel gran percorso della sto- ria, durante il 2020 ha solo fatto una piccola sosta prima di riprendere il suo cammino.

“Parole Semplici” è una serie di dodici episodi, tutti in lingua ita- liana. In ciascuno, un esperto com- menta argomenti di forte impatto sociale, come ad esempio: il rappor- to genitori e figli; il futuro dei media;

l’anno della pandemia in retrospetti- va; la sicurezza informatica; l’anali- si delle tracce vocali, l’attività delle unità cinofile ed il ruolo della digita- lizzazione nelle procedure ed inda- gini giudiziarie; il futuro dell’econo- mia; la digitalizzazione delle attività di impresa; giovani e pensiero critico nell’era digitale; il ruolo dell’infor- matica nella formazione scolastica.

Tutte le puntate, ciascuna della du- rata di trenta minuti, sono visibili su Facebook (www.facebook.com/drit- tialsodo), oppure sul web, presso il sito www.parolesemplici.ch.

Cosa ti ha portato a creare questa serie di trasmissioni?

Come in natura, spesso anche nelle relazioni sociali gli incontri avven- gono per caso. È quanto accaduto

con l’amico Nicola Liver, e così ab- biamo immediatamente raggiunto una sintonia di intenti operativa.

Nel corso dell’estate scorsa abbiamo indirizzato le nostre competenze a un progetto comune. Siamo due professionisti differenti per for- mazione ma complementari nella realizzazione delle nostre attività.

Il mio passato lavorativo parte dal mondo digitale. Dopo un master in Ingegneria informatica ho lavorato negli Stati Uniti, nella Silicon Valley, il centro mondiale delle competenze digitali, presso la Invision Technolo- gies Inc., storica azienda leader nel campo della sicurezza negli aeropor- ti. La mia carriera è poi proseguita in Svizzera ed oggi mi trovo ad essere il responsabile del Servizio di infor- matica forense presso la Scuola Uni- versitaria Professionale della Sviz- zera Italiana-SUPSI; da quest’anno faccio anche parte dell’Unità stra- tegica di sicurezza informatica del Cantone Ticino. Nicola Liver, regista di tutte le puntate della serie “Paro- le Semplici”, invece è titolare dell’

agenzia di stampa Rescue Media di Mendrisio, in Canton Ticino: da ol- tre un ventennio è attivo nel campo delle produzioni televisive e diffu- sione di contenuti informativi sulle piattaforme informatiche. Torniamo al calendario del 2020 e alla realtà rallentata vissuta durante il perio- do del lockdown. Proprio durante il confinamento, io e Nicola abbiamo intercettato nel pubblico un deside- rio di chiarire i grandi interrogativi che agitano la coscienza sociale, una specie di reazione ad un periodo in cui tutti i media proponevano dibat- titi fra esperti. Noi ci siamo indiriz- zati ad una formula “dritta al sodo”, originale, che suggerisse prospettive invece di teorie, e lo facesse in modo chiaro e pragmatico, con “Parole Semplici”.

Le difficoltà del 2020 hanno visto un forte sviluppo dell’informa- tica come principale mezzo non solo di comunicazione ma anche di relazione tra le persone. Ter- minata l’esperienza della pande- mia, anche per la digitalizzazione è arrivato il tempo di evolvere ed avere un volto umano?

Precisiamolo subito: le cronache de- gli ultimi dieci mesi inevitabilmente hanno portato a profonde riflessio- ni. Sui nostri stili di vita, i modi di comunicare, anche sulle nostre re- lazioni sociali, con le persone che conosciamo. Ma non è tutto. L’espe- rienza del lockdown ha portato la gente anche ad esplorare l’universo digitale in un modo completamente nuovo: siamo passati dalla curiosità di conoscerlo alla necessità di usar- lo, prospettiva che fino allo scorso anno impegnava solo gli esperti del settore. Dopo questa premessa teo- rica veniamo ad altre due altre con- siderazioni di ordine pratico. Innan- zitutto, con il progressivo ritorno

alla normalità gli utenti del web do- vranno ricordare che informatica e digitalizzazione non sono il fine as- soluto, l’unico obiettivo delle nostre relazioni. Ma sono solo degli stru- menti, dei mezzi che facilitano un dialogo, che anche in futuro rimar- rà sempre e comunque basato sulla relazione fra persone. Inoltre, per meglio comprendere ciò che accade attorno a noi, non dobbiamo più li- mitarci a considerare l’informatica come fosse un universo estraneo, astratto, impersonale, lontano dalla realtà. Anzi, è vero il contrario: le tecnologie digitali ci accompagnano e si propongono come un’estensio- ne, una moltiplicazione delle nostre capacità, delle nostre doti creati- ve. Questa evoluzione della specie,

umana e digitale, ricordiamolo, a causa della pandemia si è trovata costretta ad affrontare in pochissimi mesi un salto generazionale che di- versamente avrebbe impiegato anni a compiere. Il risultato ormai è sotto gli occhi di tutti. Grazie alle tecno- logie oggi possiamo fare di più e me- glio. Come? Diventando protagoni- sti del nostro futuro anche in campo informatico. In modo attivo e non più passivo. Superando il sempli- ce utilizzo di piattaforme come ad esempio “Zoom” e “Teams”, avvian- doci ad una nuova alfabetizzazione tecnica, la stessa che le generazioni precedenti hanno vissuto nel mo- mento in cui hanno abbandonato la macchina da scrivere per passare al computer. E’ un percorso che non ci deve disorientare, ma che dobbiamo completare andando “dritto al sodo”

e con “parole semplici”, che poi sono gli stessi termini che abbiamo usato per riassumere la nostra strategia di comunicazione e le nostre trasmis- sioni. Gli esperti che vi partecipano sono professionisti che commenta- no le loro attività in modo neutrale, trasparente, comprensibile, autore- vole, condividendo con gli spettato- ri l’entusiasmo e la fiducia con cui svolgono il loro lavoro.

Ricordiamolo. Anzi, torniamo a ri- cordarlo: tocca agli utenti, agli spet- tatori, al pubblico delle nostre tra- smissioni, indirizzare e sfruttare il nuovo potenziale che ci si presenta, e definire gli obiettivi ed i mezzi che intendiamo usare.

Perché il futuro inizia adesso, ed al centro di questo progresso ci siamo noi tutti.

Insieme, protagonisti senza alcuna distinzione.

PRIMO PIANO: IL NUOVO ANNO

“Parole semplici” parla al cuore, con parole

semplici, chiare e pragmatiche; affronta online interrogativi della

gente comune in questi mesi di pandemia.

Alessandro Trivilini

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Venerdì 15 gennaio 2021

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PARITÀ DI GENERE IN SVIZZERA

CHIESA CATTOLICA

Più donne nelle imprese

quotate in borsa e ai vertici

Il 2021 porterà il nuovo vescovo di Coira?

di Laura Incandela

Cominciamo il 2021 con una buona dose di soddisfazione per aver ottenu- to un significativo risultato in materia di parità di genere. Ogni piccolo pas- so in avanti ci fa ben sperare in una società più equa. A partire da genna- io, le grandi imprese quotate in borsa con sede in Svizzera dovranno ade- guarsi alle nuove direttive del Consi- glio Federale, introducendo il 30 % di donne nei Consigli di Amministrazio- ne CdA e il 20% di presenza femmini- le ai livelli manageriali più alti.

Una misura inserita nell’ambito della riforma del diritto della società ano- nima volta a rafforzare la rappresen- tanza femminile nelle cariche diri- genziali.

Quote rosa, la svolta monca della Svizzera.

Come ci si è arrivati ormai conta ben poco, il provvedimento, lo ricordia- mo, è passato per un solo voto. Si tratta comunque di una legge incom- pleta in quanto non è prevista alcuna sanzione per le imprese interessate, che sono quasi 250. Queste, infatti, si limiteranno a spiegare perché gli obiettivi non sono stati raggiunti ed eventualmente esporranno le misu- re previste per rimediarvi. Per i CdA, l’obbligo di mettersi in regola scatta nei cinque anni successivi l’entrata in vigore della legge e per la direzione dieci dopo.

La situazione attuale.

La presenza delle donne tra i quadri dirigenti è insufficiente. Nei consi- gli di amministrazione delle cento imprese più grandi del Paese, su 10

di Gino Driussi giornalista

Dopo il clamoroso quanto sorprenden- te nulla di fatto dello scorso 22 no- vembre, la diocesi di Coira (che, oltre ai Grigioni, comprende anche i Cantoni di Svitto, Glarona, Zurigo, Obvaldo, Ni- dvaldo e Uri ed è la più grande della Svizzera con i suoi 700.000 cattolici), è sempre in attesa della nomina del suo nuovo vescovo, attesa che dura ormai dal 20 maggio 2019, quando papa Francesco aveva accolto la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Vitus Huonder, presentata per raggiunti limi- ti di età, e aveva nominato come ammi- nistratore apostolico Peter Bürcher.

Come è noto, grazie al decreto pontifi- cio «Etsi salva» del 1948, i canonici del Capitolo della cattedrale di Coira pos- sono scegliere il loro vescovo sulla base di una lista di tre candidati proposti dal Vaticano e comunicare la loro scelta al papa, cui spetta la parola finale. Orbe- ne, nella loro riunione del 22 novembre 2020, 11 dei 22 canonici presenti hanno accolto la proposta del vicario generale Martin Grichting di non entrare in ma- teria, rinunciando così all’elezione e, in pratica, anche al loro privilegio. I nomi

della terna dovevano rimanere segreti, ma i mass media hanno rivelato che si trattava di Joseph Bonnemain, vicario giudiziale, di Vigeli Monn, abate di Di- sentis, e del ticinese Mauro Giuseppe Lepori, abate generale dell’ordine ci- stercense.

Una decisione, quella del capitolo, sen- za precedenti e ora ci si interroga su cosa accadrà in una diocesi dove regna una spaccatura insanabile tra “conser- vatori” e “progressisti” sin dai tempi del contestatissimo vescovo Wolfgang Haas (1990-1997) e che solo l’episco- pato di Amedeo Grab (1998-2007) era riuscito a riappacificare. In pratica, due sembrano gli scenari possibili. Il primo è che papa Francesco, in seguito all’at- teggiamento e alla rinuncia del Capi- tolo della cattedrale, nomini d’ufficio il nuovo vescovo di Coira, scegliendo uno dei tre candidati che figuravano sulla li- sta oppure un altro nome.

La seconda opzione è che il Papa riapra tutta la procedura e incarichi il nun- zio apostolico in Svizzera – il nunzio, in ogni nomina episcopale, svolge un ruolo di primo piano – di effettuare una nuova consultazione. Ma qui i tempi si allungherebbero notevolmente, in quanto l’ultimo nunzio a Berna, l’a-

mericano Thomas E. Gullickson, ha lasciato il suo incarico alla fine dello scorso anno e il suo successore non è stato ancora designato. Una volta in ca- rica, al nuovo rappresentante del Papa bisognerà lasciare il tempo di conoscere la Chiesa cattolica che è in Svizzera (e in particolare la diocesi di Coira), con tutte le sue peculiarità. Quindi, se do- vesse avverarsi questa seconda ipotesi, la carica di Peter Bürcher (che lo scorso 20 dicembre ha compito 75 anni) come amministratore apostolico potrebbe durare ancora a lungo.

membri sono presenti soltanto due donne, ed una su 10 nei livelli apicali.

Tutto questo in barba al principio di uguaglianza dei generi che troviamo solennemente scolpito nella Costitu- zione Federale dal 1981.

Quello che maggiormente preoc- cupa è la tempistica: quanto tempo impiegheranno le imprese a passare dalla teoria ai fatti? I provvedimenti

legislativi approvati a suon di batta- glie, con tanta fatica e tanto sudore da parte di tutte le organizzazioni che fanno della parità di genere il proprio vessillo, raggiungono troppo lenta- mente l’obiettivo di una equità reale.

Sconfortante il risultato di una ricerca del 2019 effettuata dal World Econo- mic Forum, volta a capire quanti paesi avrebbero raggiunto la parità di gene- re nel giro di dieci anni, la risposta pe-

rentoria è: nessuno. La Svizzera non fa eccezione.

Gli impegni assunti anche dalla Svizzera, nell’ambito dell’Agenda 2030 per il raggiungimento dell’ugua- glianza tra sessi faticano a prendere corpo e il tempo scorre inesorabile.

Non sono mancate, a più riprese le critiche del Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discri-

minazione contro le donne. Nono- stante le sollecitazioni la Svizzera non dispone di una strategia nazionale per la parità di genere.

Occorre prima di tutto una giusta coscienza da parte dei politici che prendono tempo e tergiversano. Sono ancora soprattutto gli uomini a fare politica, anche se le decisioni valgono per tutti.

Le quote sono solo uno strumento.

Non si tratta di voler dare più potere alle donne, ma semplicemente di dar loro la possibilità di dimostrare le proprie capacità e le proprie idee; le quote sono solo uno strumento - utile certamente e necessario sicuramente - per spingersi verso l’obiettivo di una equità reale e sostanziale a tutti i livel- li. Alle soglie di presenza femminile è utile affiancare una strategia legislati- va e di governo più ampia e coraggiosa che non sia miope e che tenga conto dei profondi cambiamenti in atto nel- la nostra società. Le quote rosa servo- no a far affiorare le donne di talento.

Ce ne sono tante ma devono avere l’opportunità di mostrare sul campo quello che sanno fare.

Il COVID ha dato la stangata più forte alle donne e il tema delle pari opportunità è diventato ancora più fragile. Sono rientrati in presenza più manager uomini che donne, visto che molte di loro sono rimaste a casa per seguire la famiglia, utilizzando lo strumento del telelavoro. Ma sappia- mo bene che le relazioni costruttive e i giochi di potere si fanno guardando- si in faccia, non davanti ad una tastie- ra. Non bisogna dimenticare che sono le diversità ad imprimere dinamismo in un’azienda.

Per aiutare il sistema Paese dob- biamo studiare strategie che permet- tano a tutti di esprimersi nel miglior modo possibile. Le donne in questo sono già oggi, e domani lo saranno ancora di più, una risorsa molto im- portante. La parità di genere deve in- vadere il nostro sistema economico.

Più donne occupate non è solo un obiettivo di sviluppo e di uguaglian- za, ma di crescita economica, poiché i talenti, il capitale umano e la produt- tività delle donne hanno il potenziale di trasformarsi in vero e proprio valo- re economico.

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Venerdì 15 gennaio 2021

L’ITALIANO IN SVIZZERA

OSSERVATORIO LINGUISTICO DELLA SVIZZERA ITALIANA

Insegnamento della lingua e

della cultura italiana in Svizzera

Lìdatè - l’italiano dal territorio

di Allegra Perboni

Come si diffonde la lingua e la cultu- ra italiana in Svizzera? Perché par- lare italiano è considerato un valore aggiunto e come si approcciano allo studio della lingua gli studenti della Confederazione? Ne abbiamo discus- so con Massimo Melocco, insegnante e segretario presso il CASLI (Com.

Assoc. Scolastico per la Lingua ita- liana). Massimo, di origini friulane, approda in Svizzera alcuni anni fa, quando vince il concorso ai tempi bandito dal Ministero degli Esteri e inizia ad insegnare presso le scuole di lingua e cultura italiana a Zurigo.

Massimo, quale è stata la spinta per spostarti fuori dall’Italia?

“l motivo scatenante è stato l’inte- resse per un’esperienza all’estero. In Italia lavoravo come insegnante, con un ruolo nella Scuola Primaria, con- dizione necessaria per poter tentare questa strada. Quando ho superato il concorso nazionale, ho avuto la pos- sibilità di scegliere tra le Circoscri- zioni Consolari di San Gallo, Zurigo e Stoccarda e sono felice di aver optato per Zurigo.

Com’è strutturato il concorso per insegnare italiano in Svizzera e dove consente di lavorare?

Il concorso si rivolge agli insegnan- ti di ruolo per tutti gli ordini, dalla materna alle superiori. Inizialmente bandito dal Ministero degli Esteri e successivamente gestito dal Ministe- ro dell’Istruzione, ha presentato tra i requisiti richiesti la conoscenza cer- tificata di livello B2 di una delle quat- tro lingue straniere principali, ingle- se, francese, tedesco e spagnolo, che determina la selezione della desti- nazione finale. L’offerta tra le realtà scolastiche dove inserirsi nel mondo, una volta passata la selezione, varia molto: ci sono le vere e proprie scuole italiane, le scuole bilingui, le sezioni italiane nell’ambito di scuole stranie- re e poi i corsi di lingua e cultura ita- liana, dove lavoro. Questi ultimi sono

L’Osservatorio linguistico della Svizzera italiana presenta un nuovo strumento digitale di indagine so- ciolinguistica dedicato alla variazio- ne geografica dell’italiano: “lìdatè - l’italiano dal territorio” ideato e sviluppato in collaborazione con il Laboratorio Cultura Visiva della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (potete trova- re una breve presentazione del pro- getto nell’allegato).

Il sito www.lidate.ch e la relativa piattaforma interattiva web (acces- sibile dal sito e scaricabile e utiliz- zabile anche da dispositivi mobili) si

rivolge ai parlanti italofoni presen- tando ogni settimana dei sondaggi (“Come lo dici?”) relativi a termini ed espressioni soggetti alla varia- zione territoriale, generando delle mappe che illustrano graficamente la distribuzione delle varianti. Ogni quattro settimane viene poi pro- posto un quiz relativo a nozioni di sociolinguistica (plurilinguismo, italiano in Svizzera, in Italia o nel mondo, dialetti, ecc.) con intento divulgativo: ogni risposta è infatti corredata di una schedina di appro- fondimento. Ogni quiz premia il concorrente più rapido nel fornire

le risposte corrette con premi fisici legati alla Svizzera italiana.

Accanto all’interesse scientifico le- gato alla raccolta di dati e allo studio della variazione linguistica, lìdatè vuole essere anche un mezzo di di- vulgazione e di promozione dell’ita- liano in Svizzera.

L’invito è quello di parlare alla co- munità italofona con la quale siete in contatto di questa iniziativa, di iscrivervi a lìdatè, scoprire il sito e di partecipare ai sondaggi: i risul- tati saranno tanto più significativi quanto più numerosi saranno i dati raccolti.

stati ufficializzati negli anni ‘60, con lo scopo di offrire un’istruzione di base, quindi fino alle terza media, ai figli degli italiani immigrati all’este- ro, soprattutto in Europa e in Svizze- ra in particolare.

In base alla tua esperienza come insegnante di lingua e cultura ita- liana, quale credi che sia la perce- zione della cultura italiana rispet- to a quella dell’italiano immigrato in Svizzera?

Gli Svizzeri hanno indubbiamente una grande ammirazione per la cul- tura italiana nelle sue innumerevoli declinazioni. Musica, pittura, let- teratura e tutte le forme d’arte sono estremamente apprezzate. Altrettan- ta passione è condivisa per il paesag- gio italiano, per la nostra cucina e per le auto. Nei confronti del singolo, là dove si parla di individui capaci di rispettare le regole di questo paese, non ho mai percepito discrimina- zione. Nonostante certi stereotipi ho anzi avuto modo di riscontrare un certo calore da parte della popola- zione svizzera, in particolare durante una breve esperienza come maestro di coro presso la parrocchia locale.

Inoltre, dopo 60 anni d’immigrazio- ne, i nuovi italiani hanno indubbia- mente la strada spianata, rispetto alle generazioni precedenti.

Parliamo invece della lingua:

viaggiando per la Svizzera si ha la sensazione che tutti sappiano al- meno un po’ di italiano. Si tratta di un fattore che influenza positi- vamente l’insegnamento?

Oggi siamo in presenza della terza, a volte della quarta generazione di emigranti ed è un fatto positivo sen- tire i nipoti o i pronipoti dei primi arrivati parlare ancora un buon ita- liano. Naturalmente l’immersione linguistica limitata dovuta alla scola- rizzazione in tedesco e, a volte, anche a matrimoni misti, ha portato ad un impoverimento della lingua d’origi- ne, soprattutto nel lessico e in certe strutture morfo-sintattiche. Il fatto

di non poter immergersi totalmente nella lingua, rende più difficoltoso agli allievi l’apprendimento dell’ita- liano. Tuttavia una caratteristica pe- culiare della Svizzera è la diffusione del multilinguismo e un grande in- teresse per la comunicazione, che fa passare in secondo piano la ricerca della perfezione. Questo fa sì che le persone, a tutti i livelli - anche nel Consiglio Federale - si esprimano di- scretamente anche in italiano, senza farsi condizionare da errori che pos- sono occorrere durante una conver- sazione.

Addentriamoci nel vivo dei tuoi corsi di cultura e lingua italiana.

Come sono le tue classi?

In generale i corsi sono estremamen- te eterogenei. Io insegno a bambini dai 6 agli 11 anni. Nel miei gruppi ci sono bambini appena arrivati dall’I- talia, con una conoscenza perfetta dell’Italiano, che condividono le le-

zioni con bimbi che sanno ancora pochissime parole. I gruppi sono formati da un numero medio di 11-12 alunni, ma in certi casi si può arrivare anche a 20 e oltre. Per aiutarmi ad ov- viare a questa difficoltà mi aiuto con la musica - è stata la prima materia che ho insegnato quando mi occu- pavo di canto corale con i bambini e con gli adulti - che considero da sem- pre un canale dall’enorme potenziale didattico. Considerata la giovane età dei miei scolari, le canzoni, sia quelle storiche del repertorio infantile, ma anche quelle del Festival di Sanremo, mi vengono spesso in aiuto per aiu- tare i giovanissimi a memorizzare il lessico e per migliorare la pronuncia.

Qual è l’andamento delle iscri- zioni ai corsi di Lingua e Cultura?

Oggi su 14 Cantoni della Svizzera centro-orientale possiamo contare quasi 4000 alunni. Quindici anni fa erano 4.500 solo nei 9 Cantoni della

vecchia Circoscrizione Consolare di Zurigo, quindi sicuramente l’anda- mento segnala un calo. E’ un peccato se si pensa che per frequentare que- sti corsi viene richiesto un contribu- to volontario di 200 franchi, molto poco se paragonato ai costi dei corsi lingua di altri enti privati. Il suppor- to delle famiglie è però necessario perché i fondi che arrivano da Roma, pur sempre cospicui, non sono suffi- cienti per coprire tutte le spese.

Perché parlare italiano è conside- rato un valore aggiunto?

Fabbriche, imprese e turismo neces- sitano di figure che sappiano parlare italiano correttamente, per via dei rapporti commerciali con l’Italia e con la Svizzera Italiana. Per questo, chi vuole, può proseguire gli studi fino ad ottenere una certificazione ufficiale che attesta il livello e la co- noscenza della lingua. Si tratta di un attestato che può fare la differenza, come mi hanno confermato genito- ri di allievi che hanno trovato lavo- ro e che hanno potuto contrattare stipendi migliori proprio grazie alla conoscenza di questa lingua.

Volendo fare un paragone tra la tua esperienza di insegnante pri- ma in Italia e poi in Svizzera, hai avuto modo di notare delle diffe- renze tra gli studenti dei due pa- esi?

Credo che la maggiore differenza stia nell’atteggiamento di genitori e figli.

In Svizzera i genitori si schierano sempre dalla parte dell’insegnante, soprattutto davanti a casi di bam- bini problematici, mentre in Italia si verifica più facilmente l’opposto.

Inoltre i bambini svizzeri sono edu- cati fin da piccolissimi all’autosuf- ficienza, basti pensare che vanno a scuola da soli sin dai primi anni. Di conseguenza sono bambini, quelli svizzeri, che imparano a essere indi- pendenti e che sanno difendersi da soli, se necessario. Alla base di tutto questo, c’è il grande senso del rispet- to e il voler essere rispettati che resta uno dei valori cardine della società svizzera.

Chiudiamo con qualche indica- zione pratica, come fare per iscri- vere i propri figli ai corsi di lingua e cultura italiana?

Se i genitori sono iscritti all’AIRE, il Consolato di Zurigo manda ogni anno un invito ufficiale direttamente a casa per posta. In media vengono inviate 7.000 lettere tra tutti i can- toni della circoscrizione. Qualora la famiglia non sia iscritta all’AIRE invece è necessario informarsi pres- so il Consolato, telefonando oppure visitando le pagine web dedicate, tra cui segnalo: www.corsizurigo.ch per Zurigo e www.corsilinguacultura.ch per Basilea.

Per chi fosse interessato al tema della diffusione della cultura ita- liana in Svizzera quali altri porta- li consigli di visitare?

I tre enti fondamentali sono: la So- cietà Dante Alighieri, UNITRE , Isti- tuto Italiano di Cultura di Zurigo e l’ECAP.

DOSSIER

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Venerdì 15 gennaio 2021

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SETTORE ALBERGHIERO-RISTORAZIONE LA LEGGE DI BILANCIO 2021 E GLI ITALIANI EMIGRATI

Richiesti contributi a fondo perduto

Agevolazioni IMU E TARI,

chiarezza cercasi

(ats) La crisi del coronavirus conti- nua a colpire duramente il settore alberghiero e della ristorazione. Per far fronte a questa situazione, i part- ner sociali chiedono al Consiglio fe- derale di concedere loro rapidamen- te contributi a fondo perduto. Molte aziende hanno già dovuto chiudere e decine di migliaia di posti di lavoro sono andati persi.

Non si intravede un allentamento della situazione, hanno comunicato le associazioni GastroSuisse, Hotel

& Gastro Union, HotellerieSuisse e Swiss Catering Association (SCA) nonché i sindacati Unia e Syna. Vi è il rischio di ulteriori chiusure e li- cenziamenti.

I pagamenti di indennizzi promessi nell’ambito della regolamentazio- ne sui casi di rigore non sono stati ancora versati alle imprese che ne hanno urgente bisogno, continua il comunicato. I posti di lavoro devono essere protetti, viene sottolineato.

Inoltre, non è chiaro per il settore chi può aspettarsi i fondi e quando arriveranno.

L’attuale regolamentazione con re- sponsabilità condivisa tra i 26 Can- toni e la Confederazione si sta ri- velando molto onerosa nell’attuale crisi.

In una lettera congiunta, i partner sociali invitano il Consiglio federale ad adottare quanto prima ulteriori misure per il settore al fine di ga-

rantirne la sopravvivenza. In parti- colare, le associazioni e i sindacati chiedono un’ordinanza di necessità per i contributi a fondo perso. Que- sti dovrebbero essere pagati imme- diatamente e in modo uniforme in tutto il paese.

Il 18 dicembre il Consiglio federale ha ordinato la chiusura dei ristoran- ti e delle strutture culturali e per il tempo libero per il momento fino

al 22 gennaio. A partire da sabato, i Cantoni non potranno più tenere aperti i ristoranti nemmeno qualora la situazione pandemica diventasse più favorevole.

Nella prossima seduta di mercoledì, l’esecutivo deciderà se prorogare la chiusura di ristoranti e altri esercizi commerciali sino alla fine di febbra- io. È in corso una consultazione con i Cantoni.

La legge di Bilancio 2021 approvata dal Par- lamento italiano ha decretato nuove age- volazioni per i pensionati italiani all’estero in materia di IMU e TARI. Un risultato che è stato ampiamente messo in risalto dai parlamentari eletti all’estero e rilanciato con enfasi anche in Svizzera, soprattutto da parte di chi si è battuto per il ripristino di quanto era stato tolto con la precedente manovra finanziaria. Ma è così, il prov- vedimento è da accogliere con compiaci- mento? A nostro giudizio lo “sconto sulla casa” approvato in finanziaria è insoddi- sfacente per gli italiani residenti all’estero ed è oltretutto mistificante affermare che

“dal 2021 i pensionati italiani emigrati pa- gheranno la metà dell’IMU e un terzo della TARI”; lo è per varie ragioni che richiedono con urgenza chiarezza. Fino al 2019 i pen- sionati italiani emigrati, iscritti all’AIRE, erano esentati dal pagamento dell’IMU sulla sola unità immobiliare adibita ad abitazione principale posseduta in Italia a titolo di proprietà od usufrutto, e a pagare la TARI in misura ridotta di due terzi. La Legge di Bilancio 2020 aveva cancellato l’esenzione dell’IMU, per evitare - questa la motivazione addotta - una procedura d’infrazione da parte dell’Europa, che ri- teneva discriminatorio il regime agevolato previsto per i pensionati italiani residenti all’estero, nei confronti dei cittadini di al- tri Stati d’Europa possessori di immobili in Italia.

Come detto, la Legge di Bilancio 2021 - ai commi 48 e 49 del testo - è intervenuta riconoscendo (dal 2021) una riduzione del 50% dell’IMU dovuta su una sola unità immobiliare ad uso abitativo possedu- ta in Italia da soggetti non residenti nel territorio dello Stato, titolari di pensione estera maturata in regime di convenzione internazionale con l’Italia. In parole pove-

re - fermandoci alla sola platea dei nostri connazionali - l’agevolazione si applica unicamente ai pensionati che percepi- scono una pensione italiana. Il perimetro applicativo della norma decretata è dun- que di gran lunga inferiore alle legittime aspettative degli italiani emigrati, una connotazione che per altro scompare dalle cosiddette “politiche per gli italiani residenti all’estero”. Va anche sottolineato che è assolutamente improprio parlare, come è stato fatto, di “diritto” da parte dei cittadini iscritti all’AIRE, poiché ciò genera ulteriore confusione. In concreto, i nostri connazionali emigrati in giovane età in cerca di lavoro, che in tantissimi casi han- no investito i loro sudati risparmi in una casa in Italia, non avranno diritto ad alcu- na agevolazione perché non sono titolari di pensione liquidata in convenzione con l’Italia. Si poteva fare di più? Il vulnus della fiscalità sugli italiani emigrati, in partico- lare in relazione alla proprietà immobilia- re, è da anni causa di amarezza e crescente disaffezione dei nostri concittadini verso il loro Paese: nonostante il crollo del merca- to immobiliare italiano - ad eccezione del- le grandi città e di qualche regione - sono tanti coloro che cercano di (s)vendere la casa in Italia.

A livello legislativo si sarebbe potuto inter- venire, ad esempio, agendo sulle aliquote o con un bonus (come ai tempi dell’ICI):

• un’aliquota base “contribuenti resi- denti all’estero”, per esempio 0.80 %, fissa in tutti i Comuni italiani, a vale- re per tutti i cittadini - e non solo per i pensionati - che soddisfano i requisiti specifici “prima casa”.

• oppure reintroduzione dell’agevo- lazione prima casa, con detrazione fissa di 200 euro, ovviamente in per- centuale di possesso del bene.

Tra l’altro è risaputo che alcuni Comuni tra i più illuminati hanno di propria iniziativa deliberato aliquote agevolate per i residen- ti all’estero. Non resta ora, per capirne di più, che attendere la circolare dell’Agenzia delle Entrate sull’applicazione delle novità contenute al riguardo nella Legge di Bilan- cio 2021. Redazione

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