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Piatti di pesce. Piatti di pesce. Anguilla ai ferri (bisato sua grea) 2 anguille di circa 400g. sale

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Piatti di pesce

Piatti di pesce

Anguilla ai ferri (bisato sua grea) 2 anguille di circa 400g

sale

Lavate e mondate le anguille, aprite nel senso della lunghezza, salatele e cucinatele sulla griglia. Servitele calde. L’anguilla così preparata perde quasi tutto il suo grasso ed è quindi più leggera e digeribile. In alcune isole lagunari ancora sopravvive la cottura dell’anguilla allo spiedo. E’ una tecnica di cottura semplicissima, ma certamente oggigiorno poco praticabile nelle nostre piccole case di città. Tuttavia, se qualcuno volesse cimentarsi, sappia che la preparazione è del tutto analoga alla precedente, con l’aggiunta di qualche foglia d’alloro tra morelo (trancio) e morelo.

Anguilla al forno (bisato su l’ara) 2 anguille di circa 400g

molte foglie di alloro olio, succo di limone sale e pepe

Pulite le anguille e tagliatele a pezzi (se preferite potete anche lasciarle intere, arrotolandole a ciambella).

Sistematele su un bel letto di foglie di alloro, bagnatele con l’olio, succo di limone, (oppure con acqua acidula), aggiungete sale e pepe e ricoprite con un altro strato di foglie di alloro. Mettetele in forno caldo e lasciatele

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cuocere per circa 15-20 minuti. Servitele calde, accompagnate da polenta e da un buon bicchiere di vino bianco secco. Le anguille così preparate vengono dette in veneziano sull’ara, perché anticamente i vetrai di Murano le cucinavano, appunto, nelle are, cioè nei forni delle loro vetrerie. Si racconta che il doge Andrea Gritti fosse così goloso di anguille, che alla vigilia di Natale del 1522 ne fece una tale scorpacciata da morire d’indigestione.

Baccalà in agrodolce (baccalà in dolcegarbo) 800g di baccalà ammollato

1\2 bicchiere di aceto 2cucchiaini di sale

2 cucchiaini di zucchero 50g di pinoli

50g di uvetta farina

aglio e prezzemolo

Tagliate a pezzettoni lo stoccafisso ammollato e mondato.

Infarinate i pezzettoni e rosolateli in un soffritto d’aglio e prezzemolo. Aggiungete l’aceto fatto bollire per circa 5 minuti con il bicchiere d’acqua, il sale, lo zucchero, i pinoli e l’uvetta. Cucinateli a pentola coperta per circa 30 minuti.

Baccalà in turbante

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600g di stoccafisso ammollato 4 cucchiai di farina

120g di burro

3 bicchieri di latte

100g di parmigiano grattugiato

1kg di spinaci saltati nel burro e tritati

Dopo aver ammollato lo stoccafisso, lessatelo e mondatelo.

Tritatelo, mescolatelo con la farina e rosolatelo in padella con il burro. Continuate la cottura aggiungendo il latte , in modo da ottenere una bella crema densa. Aggiungete il parmigiano e gli spinaci tritati finemente. Questo composto va ulteriormente cucinato in forno, a bagnomaria, per circa 1 ora. E’ detto "in turbante" perché questa crema di baccalà e spinaci viene modellata utilizzando uno stampo da savarin (rotondo con il buco dentro) e quindi, quando si porta in tavola, si presenta del tutto simile ad un turbante arabo.

Baccalà mantecato (bacalà mantecà) 800g di stoccafisso

1 cucchiaio di prezzemolo tritato 1 spicchio d’aglio

olio, sale e pepe

Preventivamente dovete ammollare lo stoccafisso (tipo ragno) lasciandolo a bagno per almeno 48 ore. Mettetelo, quindi, in una pentola, copritelo d’acqua e fatelo bollire per alcuni minuti. Spegnete e lasciate riposare per circa mezz’ora.

Quindi estraetelo, scolatelo, ripulitelo togliendo pelle e lische e sbriciolatene la polpa in una terrina. Sbattetela con un cucchiaio di legno molto a lungo, versando, goccia a

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goccia, tant’olio quanto è necessario per rendere il baccalà morbido e spumoso. Salate, pepate e aggiungete l’aglio tritato finemente. La pietanza ottenuta, essendo una crema morbida, si presta benissimo ad essere modellata a piacere. Portate in tavola decorando con fettine di limone e fette di polenta abbrustolita.

Branzino al forno (bransin al forno) 2 branzini di circa 500g

2 grosse cipolle bianche 3°4 pomodori maturi

2 limoni

olio, pepe e sale

Prendete una teglia da forno piuttosto capiente, ungetela con un po’ d’olio e preparate un letto di cipolla affettata a rondelle sul quale verranno sistemati i pomodori, anch’essi tagliati a fettine, di circa 5 mm. Salate e pepate. Lavate ed eviscerate i branzini, asciugateli, sistemateli nella teglia sopra il letto di cipolla e pomodoro. Salate, pepate, bagnate con un po’ d’olio e infine coprite i pesci con fette di limone. Infornate a media temperatura e lasciate cuocere per 25-30 minuti. E’ un piatto trionfale e di ottimo sapore, che si gusta ancor di più se accompagnato da un buon vino bianco secco. Il branzino è uno dei pesci più apprezzati dai veneziani, per le sue carni sode e poco grasse. Cotto al forno o anche lessato nella sua pesciera costituisce il secondo tradizionale della vigilia di Natale.

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Calamari ripieni (calamari col pien) 8 calamari piuttosto grandi

1 spicchio d’aglio prezzemolo

pangrattato, olio succo di limone sale pepe

vino bianco

Pulite bene i calamari. Staccate i tentacoli e metteteli da parte. Fate riposare per circa un’ora i calamari in una marinata di olio, succo di limone, pepe e sale e nel frattempo tritate i tentacoli e amalgamateli col pangrattato, col prezzemolo e l’aglio tritati e con un po’ d’olio e vino bianco. Salate pepate, riempite i calamari con quest’impasto e chiudeteli con del filo da cucina. Disponeteli, infine in una casseruola unta con un po’ d’olio e infornateli. Lasciateli cuocere a bassa temperatura per almeno un’ora aggiungendo, se necessario, un po’ di vino bianco. Presentateli in tavola in un piatto di portata spolverizzati d’un po’ di prezzemolo tritato.

Cefalo ai ferri (sievolo rosto)

4 cefali (tipo lotregano) di media grossezza succo di limone

olio, pepe e sale

Lavate, squamate e mondate dalle interiora i cefali.

Asciugateli bene e lasciateli per circa 1 ora in una marinata di succo di limone, olio, sale e pepe. Circa 30m prima di

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pranzare, preparate la griglia ungendola con un po’ d’olio, sistematevi i cefali e cuocete. Di tanto in tanto ungete i cefali con la marinata rimasta. Il segreto per la buona riuscita di questo semplice piatto è di avere a disposizione pesce freschissimo e, possibilmente, quello che a Venezia è detto cefalo da bon, cioè quello pescato al tramonto, prima della pastura. Il cefalo è il vero prim’attore della gastronomia ittica veneziana ed è comunissimo sulle mense delle famiglie lagunari; tuttavia non sempre è stato ben considerato da medici e dietologi, tant’è che nel 500 si diceva che, soprattutto la sera, non bisognava mangiarne troppo perché poteva causare mal di testa e si aggiungeva che proprio per questo motivo il mal di testa era detto cefalea.

Coda di rospo lessata (coa de rospo lesa) 800g di coda di rospo (rana pescatrice) 500g di patate

1 carota

1 gambo di sedano 1\2 bicchiere di vino alcune fette di limone sale

In una pesciera portate ad ebollizione l’acqua con il vino, il limone, il sedano, la carota e le patate tagliate a grossi pezzi. Lasciate cuocere per circa 20m. Aggiungete la coda di rospo e portatela a cottura. Scolate bene e portatela in tavola guarnita con le sole patate. Condite con olio e sale.

Ad avviso di chi scrive il sapore della polpa della coda di rospo, se cucinata a dovere, è certamente all’altezza di

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quello della tanto decantata e costosissima aragosta.

Filetti di sanpiero inpanati (sanpiero inpanà) 600g di filetti di sanpiero

100g di farina"00"

2 uova

50g di burro chiarificato 2 limoni

sale

Dopo che avrete lavato, asciugato e impastato i filetti di s.

piero (passandoli prima nella farina, poi nell’uovo sbattuto e quindi ancora nella farina), metteteli a friggere nel burro in precedenza chiarificato. Girateli una sola volta e in pochi minuti saranno pronti. Scolateli per bene e poggiateli su un foglio di carta assorbente da cucina. Salateli e portateli in tavola ben caldi, decorati con spicchi di limone e accompagnati da fresca insalatina novella o da patate cotte a vapore. Questo tipo di frittura predilige il burro e non l’olio, ma, per ottenere un ottimo risultato anche dal punto di vista estetico, è necessario che il burro sia stato in precedenza chiarificato. Quest’operazione è semplicissima.

Bisogna mettere il burro in una casseruola e scaldarlo a temperatura molto bassa. Quando comincerà a schiumare, lascerà sul fondo un deposito scuro, che bisogna eliminare, travasando piano piano, in un’altra padella, la parte schiumata. Solo col burro chiarificato si otterranno dei filetti inpanati perfettamente dorati.

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Ghiozzi in brodetto (go in broeto) 800g di ghiozzi

1 cipolla

1 o 2 bicchieri d’aceto olio, sale pepe

In una padella scaldate l’olio con la cipolla affettata.

Quando comincia a prendere colore, gettate la cipolla e versatevi i ghiozzi. Aggiungete l’aceto, il sale, il pepe, coprite e lasciate cuocere per 15 o 20 minuti. Servite col sughino rimasto in padella nel quale sarà un piacere intingere bocconcini di polenta morbida. La tecnica di preparazione qui presentata è, ovviamente, alla "moderna". In realtà questo è un piatto antichissimo e poverissimo che affonda le sue radici nella notte dei tempi. Grazie alla grande abbondanza nelle lagune di questa specie ittica, i go sono stati per molto tempo il cibo principale dei pescatori delle isole lagunari, che lo cuocevano direttamente in barca in una padella, senza alcun grasso di cottura e con solo un po’ d’acqua di mare. Il go si cucinava nel suo stesso grasso e alla fine, sul fondo della padella, restava un sughino giallastro, un brodetto nel quale si intingevano le fette di polenta portate da casa.

Misto di pesce fritto (fritura mista)

800g di pesce misto (calamari, canestrelli, gamberetti, sogliolette, latterini,

piccole passere, triglie novelle ecc.) 400g di farina "00"

2l d’olio, sale

Lavate, mondate ed asciugate bene i vari tipi di pesce.

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Infarinateli e friggetene un tipo alla volta in padella con olio ben caldo. Quando sono dorati, scolateli con un mestolo bucato, asciugateli su carta assorbente da cucina, salateli e portateli in tavola mescolati tra loro e, possibilmente, ben caldi. Un buon vino bianco secco e fresco è di rigore per gustare nel modo migliore questo piatto. Naturalmente, le varie specie di pesci suggerite sono solo indicative e molto dipenderà dall’offerta stagionale. Importante è che si tratti sempre di pesce di piccole dimensioni. Nella Venezia cinquecentesca il pesce fritto era spesso gustato con una spruzzata di aceto di vino, o meglio, di agresto, cioè con succo d’uva non maturata. L’abbinamento non è niente male.

Provare per credere.

Orate alla griglia (orae sua grea) 4 orate da porzione

olio, sale e pepe

Lavate, squamate e sviscerate le orate. Lasciatele riposare in una marinata d’olio, sale e pepe. Scaldate quindi la griglia, dopo averla spennellata d’olio. Mettete le orate a cucinare, pennellandole di tanto in tanto con la loro marinata. Giratela 1 o 2 volte. Servitele accompagnate da insalata o radicchio fresco. L’orata è, col branzino, il pesce più apprezzato dai veneziani. Come il branzino, è tipico pesce da griglia o da forno e non manca mai nelle ricorrenze importanti. Certo, le oradele (le piccole orate) e le orae de la corona (quelle adulte) allevate in vivai lagunari hanno un prezzo sempre piuttosto alto, ma, posso assicurare, valgono per intero la spesa fatta.

Polipetti lessati e conditi (folpeti lesi consi) 20 polipetti

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1 carota

1 gambo di sedano olio, succo di limone sale e pepe

Mettete al fuoco una pentola molto capace piena d’acqua, aggiungete il sedano e la carota e portate a bollore.

Aggiungete i polipetti in precedenza mondati bisogna togliere loro il rosto e i bulbi oculari) e lasciateli cucinare per circa 30 minuti. Scolateli, tagliateli per metà in senso longitudinale e serviteli conditi con olio, succo di limone, sale e pepe. È preferibile servirli caldi, ma sono ottimi anche freddi. I folpeti lesi sono tipici, ancor oggi, di molte osterie veneziane, che non di rado, espongono sul loro bancone il grosso pentolone caldo dal quale l’oste attinge direttamente i polipetti per servirli, infilzati con uno stecchino,

direttamente all’avventore. Nella Venezia dei secoli scorsi i polpi erano preparati in molti modi (lessati e poi, a pezzi, infarinati e fritti, cotti, a pezzi, in padella con un soffritto di cipolle ecc.) e sopperivano abbondantemente alle necessità alimentari delle classi più povere mentre, soprattutto dai nobili, erano molto disprezzati tant’è che spesso venivano definiti come cibo adatto a galeotti e prostitute.

Sarde alla greca (sardoni ala grega) 500g di sarde

1 spicco d’aglio

1 cucchiaio di prezzemolo il succo di 2 limoni

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olio d’oliva e sale

Pulite le sarde, deliscatele e apritele nel senso della lunghezza. Poggiate i filetti su di una teglia con un filo d’olio. Aggiungete il succo di limone, l’aglio a fettine, il prezzemolo tritato e cucinate con coperchio a fuoco basso.

Fate attenzione che il sughetto non evapori del tutto;

eventualmente aggiungete un po’ d’olio e limone.

Sarde impanate (sardee impanae) 16 sarde

2 uova 1 limone farina

olio di semi sale

Pulite le sarde, deliscatele e passatele prima nella farina, poi nell’uovo sbattuto e quindi ancora nella farina.

Friggetele in olio ben caldo. Scolatele, salatele e servitele calde con un po’ di succo di limone. Prelibate sono anche le sarde fritte, semplicemente pulite, infarinate e fritte in abbondante olio di semi. Sono ottime mangiate caldissime (a scotadeo), con polenta bianca e vino bianco secco. Sarde e sardoni a Venezia costano pochissimo, ma questo non deve far pensare ad un piatto povero e poco gustoso o poco nutriente.

Al contrario! Il risultato ottenuto dalla cottura del pesce azzurro è sempre eccellente e il suo sapore non delude mai.

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Seppie con il nero (sepe col nero) 1kg di seppie

1 cipolla tagliata sottile 1-2 spicchi d’aglio interi 2dl di passata di pomodoro olio, sale, pepe

prezzemolo tritato 1\2 bicchiere d’acqua

1\2 bicchiere di vino bianco

Pulite le seppie togliendo loro rosto, bulbi oculari, osso, interiora e, possibilmente, la pelle. Abbiate l’avvertenza di conservare in una scodella alcuni sacchettini di nero inchiostro che saranno utilizzati in seguito. Per questa ricetta possono essere adoperate indifferentemente seppie di piccola o grossa taglia(dipenderà dalle stagioni quali utilizzare: d’inverno le grandi, d’estate le piccole), che dovranno comunque essere tagliate in listarelle sottili (circa 1cm di spessore) in senso orizzontale. Versatele in una casseruola su cipolla e aglio in precedenza soffritti dolcemente. Cuocete a fuoco lento e con pentola coperta per almeno un’ora, aggiungete la polpa di pomodoro e il nero di seppia stemperato in un po’ d’acqua calda e filtrato con un colino e lasciate cucinare per almeno un’altra mezz’ora.

Aggiungete l’acqua e il vino bianco durante la cottura. Le seppie con il nero sono un piatto molto conosciuto e apprezzato a Venezia. Devono essere servite calde e solitamente vengono accompagnate da polenta calda e da un buon bicchiere di vino bianco secco. Il fondo di cottura, che dovrà essere denso e cremoso, può essere utilizzato per condire risotti e spaghetti, che risulteranno, oltre che di ottimo sapore, anche di caratteristico aspetto con una assolutamente inusuale colorazione nera. Una delle principali varianti di questa ricetta base sono le seppie con i piselli, che prevede l’impiego dei freschi piselli delle isole dell’estuario al posto di nero di seppia stemperato e della passata di

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pomodoro. Un kg di seppie necessita di 500g di piselli, che saranno versati in pentola verso metà cottura. Il nero di seppia, essiccato al fumo, era utilizzato nella Venezia rinascimentale, oltre che dai cuochi per colorare e abbellire le vivande, anche dai più famosi tipografi per preparare i loro inchiostri da stampa.

Seppioline arrosto ( sepoine roste) 800g di seppioline

2 cucchiai di prezzemolo tritato olio di oliva

sale e pepe

Per questa ricetta bisogna avere la vertenza di scegliere solamente seppioline piccole e tenere, quali quelle che si pescano abbondantissime in laguna in agosto, poiché le altre risulterebbero troppo dure e coriacee e di difficile masticazione. Dopo averle mondate, lavate e ben asciugate, basta appoggiarle sulla griglia, così come fanno ancor oggi i nostri pescatori, oppure porle nel forno caldo a 180°. Sono ottime servite sia calde che fredde. Alcuni preferiscono marinarle in olio, limone, sale e pepe per circa una mezz’ora prima di cuocere.

Trote alle mandorle ( trote coe mandoe) 2 trote piuttosto grosse

150g di mandorle tostate 50g di uva passa

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50g di burro sale

Mondate le trote e lasciatele riposare in un piatto coperto di sale fino per circa un’ora. Nel frattempo ammollate in acqua tiepida l’uvetta e tritate grossolanamente le mandorle. In una padella fate sciogliere il burro e mettete a cucinare le trote, dopo averle ripulite dal sale. Giratele delicatamente una o due volte al fine di rosolare per bene. Dopo circa 15 minuti, togliete le trote dalla padella e, nel fondo di cottura, rosolate le mandorle tritate. Rimettete in padella le trote, aggiungete l’uvetta e lasciate cucinare per pochi altri minuti. Servite ben caldo. È questa una delle pochissime ricette tradizionali veneziane che prevedono l’uso dei prodotti ittici d’acqua dolce ed è naturalmente, rivolta a chi nella propria città avrà difficoltà a reperire del buon pesce di mare.

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