5. RISULTATI E DISCUSSIONE
5.1 Ambito stratigrafico
L’interpolazione dei sondaggi presenti nell’area di studio, secondo un approccio litologico e la realizzazione di un modello geologico 3D effettuata nel corso del lavoro di tesi, ha messo in luce una complessa struttura stratigrafico-deposizionale della Pianura di Pisa.
Sulla base del modello stratigrafico proposto da Amorosi et al., 2008 (Capitolo 2,), basato sui principi della stratigrafia sequenziale, è possibile contestualizzare i risultai ottenuti dall’interpretazione litologica dei sondaggi, eseguita in questo studio.
Si osserva che i depositi prevalentemente argillosi (Argilla1, depositi trasgressivi di riempimento vallivo (Amorosi et al., 2013) di età olocenica presentano uno spessore medio di 35-40 m. La profondità massima raggiunta si individua in corrispondenza del sondaggio v-S1, circa 50 m, in corrispondenza dell’area depocentrale del sistema di incisione vallivo tardo quaternaria del Fiume Arno (Appendice A, Fig.A1).
Questi depositi presentano un diffuso contenuto di materia organica, maggiormente evidente nella porzione Nord Occidentale dei sondaggi. A titolo di esempio si può osservare uno spessore di circa 30 m di argilla con torba nel sondaggio 29754628 (c2628 in Amorosi et al., 2008), in località Campo. Questo fenomeno può essere relazionato all’ambiente deposizionale dei depositi; prevalentemente lagunare e di estuario influenzato dal moto ondoso (Amorosi et al., 2008). Questi tipi di ambienti sono caratterizzati dalla presenza di facies sedimentarie argillose e limose contenenti: materia organica, frammenti di legno, e torba (Amorosi et al., 2013).
Localmente si osservano corpi sabbiosi lenticolari, appartenenti a depositi di meandro abbandonato o di rotta.
I depositi pre-olocenici (Argilla 3), appartengono ad un ambiente di piana alluvionale, costituito prevalentemente da corpi argilloso-limosi e argilloso-sabbiosi e presenza di materia organica. Essi presentano uno spessore all’incirca di 30 m; localmente, questo orizzonte litologico non è stato individuato nei sondaggi. Questo fatto potrebbe essere collegato alla presenza di un intervallo litologico prevalentemente sabbioso con base erosiva (Sabbia 2), tra i depositi argillosi Argilla 1 e Argilla 3, ad una profondità compresa tra 50 e 100 m s.l.m.. Esso appartiene ad una facies sedimentaria di canale fluviale con all’interno sporadici corpi ghiaiosi (Amorosi et al., 2013). In Sarti in Civita e Redini (2011), questo tipo di sequenza sedimentaria viene associata a cicli multipli di incisioni e riempimenti vallivi in risposta alle numerose fluttuazioni quaternarie del livello marino.
La stessa struttura stratigrafica si osserva all’interno dei depositi di Sabbia 4 (Pre-Pleistocene Superiore), che a causa della qualità dei dati non è stato possibile dettagliare.
Le strutture sopra descritte sono ben illustrate lungo la sezione stratigrafica Pisa (Appendice A). Le restanti successioni stratigrafiche, H, J, I e G (Appendice A), orientate trasversalmente l’area di studio, mostrano un interessante fenomeno legato alla presenza delle coni di deiezione olocenici e pleistocenici, rispettivamente ConoideA e ConoideB. Questi corpi sedimentari, descritti già da Rau e Tongiorgi, 1974 e da Baldacci et al., 1994, sono caratterizzati dall’alternanza di livelli ghiaiosi e sabbiosi a intervalli argillosi. La caratteristica interessante è come essi si sviluppino all’interno di importanti spessori, fino a circa 150 m s.l.m. nel sondaggio 90832, e come si possano spingere anche a Sud dell’odierno corso del Fiume Arno (Conoide di Calci). Inoltre, si osservano fenomeni di coalescenza tra le diverse conoidi sia lateralmente che verticalmente.
Nel modello 3D dei depositi della Pianura di Pisa (Fig.5.1), sono riconoscibili le caratteristiche litologiche sopra osservate.
Figura 5.1 Modello 3D generale della Pianura di Pisa (esagerazione della scala verticale X2): Argilla 1 azzurro, Sabbia 2 giallo, Argilla 3 verde, Sabbia 4 rosso, “UMT” grigio (Unità Metamorfiche Toscane); carta geomorfologica (Della Rocca et al., 1987).
Figura 5.2 Sezione orienta Est-Ovest del modello 3D della Pianura di Pisa (esagerazione della scala verticale X2): Argilla 1 azzurro, Sabbia 2 giallo, Argilla 3 verde, Sabbia 4 rosso; carta geomorfologica Della Rocca et al., 1987.
Si può però riconoscere la struttura dell’incisione valliva tardo quaternaria circa coincidente il moderno corso dell’Arno (Amorosi et al., 2008), seguendo la base dell’orizzonte Sabbia 2 (giallo). Si osservano zone laterali di interfluvio con spessori ridotti dei depositi appartenenti all’intervallo Argilla 1 (azzurro), depositi di riempimento dell’incisione valliva, contrapposte all’area depocentrale della valle con spessori maggiori (Fig.5.2).
Il modello 3D realizzato presenta delle imprecisioni nelle aree dove i dati stratigrafici sono scarsi o assenti; soprattutto nelle zone marginali dell’area di studio. In questo caso, l’approssimazione prodotta dal software riduce l’affidabilità del risultato dell’interpolazione.
L’imposizione di regole geometriche per controllare l’andamento delle superfici, ha portato all’introduzione di inevitabili approssimazioni. In alcuni casi si sono verificate perdite di spessore nelle unità stratigrafiche nelle zone in cui non si hanno dati a disposizione.
La ricostruzione dell’architettura deposizionale della Pianura di Pisa ha permesso la definizione della geometria dei corpi acquiferi nell’area di studio.
Un modello concettuale 3D dei principali acquiferi della Pianura di Pisa è stato dedotto dalla ricostruzione stratigrafica (Fig. 5.3 A e B).
Sono stati individuati quattro principali acquiferi:
acquiferi pedemontani all’interno dei coni di deiezione alle pendici dei Monti Pisani. Essi si sviluppano all’interno di due sistemi di conoidi: il primo di età Olocenica (ConoideA, acquifero A) e il secondo del Pleistocene Medio (ConoideB, acquifero B). Questi corpi sedimentari sono costituiti per lo più da depositi grossolani come ciottoli, ghiaie e sabbie e si estendono per importanti spessori verticali; localmente si verificano fenomeni di
coalescenza che rendono difficile identificare l’appartenenza dei depositi a un sistema di conoidi preciso;
acquiferi all’interno del sistema di canali fluviali (C e D), corrispondenti agli orizzonti litologici Sabbia 2 e Sabbia 4. L’acquifero C, individuabile ad una profondità di circa 50 m dal piano campagna, si sviluppa all’interno di un sistema di canali fluviali di età tardo-Pleistocenica con una geometria per lo più lenticolare. L’estensione laterale di questi corpi è interrotta dai depositi argilloso-limosi (acquicludi/acquitardi) di piana alluvionale. A causa della scarsità dei dati a disposizione, è possibile definire con chiarezza il tetto dell’acquifero D, ma non l’estensione verticale e la geometria. Si può presumere, dalla ricostruzione stratigrafica e dai dati di letteratura, che si tratti di un corpo sedimentario molto simile a quello ospitante l’acquifero C, ossia un sistema di canali fluviali.
A causa delle variazioni in spessore dei corpi argilloso-limosi, localmente si possono verificare interconnessioni tra gli acquiferi C e D; mentre si può notare una forte interconnessione tra i depositi dei coni alluvionali pedemontani e dei depositi sabbiosi dei canali fluviali (acquifero C).
Figura 5.3B Modello 3D dei principali acquiferi della Pianura di Pisa (ingrandimento X4).
Acquiferi lentiformi di limitate dimensioni si sono sviluppati all’interno dei depositi grossolani (sabbie e localmente ghiaie) dei meandri abbandonati del Fiume Arno e Serchio; essi si estendono all’interno dei primi metri dei depositi di pianura alluvionale.
In grigio sono rappresentati i corpi argilloso-limosi indicati come acquicludi/acquitardi; questa doppia denominazione è dovuta alla natura dei depositi, i quali presentano variabili frazioni sabbiose. Inoltre, essi presentano spessori variabili, che localmente permettono l’interconnessione tra i vari acquiferi.
5.2 Ambito geochimico
La misura del flusso di CO2 al suolo rappresenta un potente mezzo di indagine geochimica nell’ambito dell’esplorazione geotermica. Infatti è stata riscontrata una buona corrispondenza tra aree ad alto flusso di calore ed aree affette da anomalie nel flusso di CO2 (Chiodini et al, 2000). Chiodini et al., 2004 hanno condotto studi sull’origine del degassamento di CO2 in Italia Centrale. Utilizzando gli Isotopi dell’Elio e del Carbonio, questi autori hanno individuato come possibile fonte del degassamento nelle aree a più alta temperatura, come Larderello e Monte Amiata, il processo di de carbonatazione metamorfica. Minissale, 2004, verifica che, nell’area tirrenica dell’Italia centrale, la formazione di emissioni gassose localizzate è dovuta a processi di risalita dell’Anidride carbonica attraverso la crosta per infiltrazione nelle faglie estensionali e l’intrappolamento in reservoir carbonatici sepolti. Infine, la presenza di sistemi di faglie e fratture, come anche di formazioni permeabili affioranti, permette la risalita in superficie dei fluidi geotermici.
Il trasporto dei gas nel sottosuolo può avvenire attraverso due principali meccanismi di migrazione: diffusione ed avvezione. Nel primo caso la forza che controlla il processo è il gradiente di concentrazione: si verificano trasferimenti di massa da zone ad alta concentrazione verso zone a bassa concentrazione attraverso movimenti molecolari casuali (Legge di Fick). Per quanto riguarda l’avvezione, questo processo si svolge sotto l’azione del gradiente di pressione secondo la Legge di Darcy (Chiodini et al., 1998).
L’impiego delle metodologia della camera ad accumulo per le misure di flusso di CO2 in un area come la Pianura di Pisa ha rivelato la presenza di flussi atipici, mai riconosciuti sino ad oggi. Questi risultati costituiscono una buona base di partenza per lo sviluppo di studi riguardanti heat flow, presenza di magmi sub superficiali, regimi estensionali sismicamente attivi; caratteristiche riscontrate in area affette da rilevanti flussi di CO2 non vulcanica (Kerrick et al., 1995).
Avendo verificato che il valore della Deviazione Standard tra la prima e la seconda misura del flusso di CO2 è basso, si è deciso di utilizzare il valore medio delle due misure per le successive elaborazioni dei dati.
La spaziatura media è di circa 156 m e i dati si dispongono secondo un pattern randon all’interno dell’area di studio (Fig. 5.5).
Figura 5.5 Finestra riassuntiva del tool Avarage Nearest Neighbor Distance.
Il flusso di CO2 misurato nell’area di studio varia all’interno di un range compreso tra il valore massimo di 78,6 µmol m-2s-1 (SG24) ed un minimo di 0,5 µmol m-2s-1 (SG84). Il valore minimo è stato misurato durante la campagna primaverile e si colloca all’interno della palude prosciugata di
Agnano; mentre il valore massimo, campionato nel periodo invernale, si trova al confine della suddetta area.
Come si può osservare dai grafici sottostanti, i dati non si dispongono secondo una distribuzione normale, ma a seconda di differenti popolazioni (Fig.5.6). I campioni ricadono prevalentemente all’interno del range 0-30 µmol m-2s-1; mentre gli altri intervalli sono rappresentati da pochi campioni: 1 nel range 30-40 µmol m-2s-1, 50-60 µmol m-2s-1 e 70-80 µmol m-2s-1, 2 nel range 40-50 µmol m-2s-1.
Figura 5.6 Istogramma della frequenza (linea rossa: distribuzione normale attesa), Box Plot e statistiche riassuntive del flusso di CO2
(µmol m-2s-1) dell’area di studio.
Esaminando separatamente i surveys dei dati invernali e primaverili (Fig.5.7 e Fig.5.8), si nota un flusso di CO2 mediamente più alto nel periodo invernale. Questo fenomeno potrebbe essere causato dalle piogge precedenti il periodo di campionamento, che creando uno strato impermeabile all’interfaccia suolo-aria, ha permesso l’accumulo della CO2 immediatamente sotto la superficie (Hinkle, 1994). Dato che, per il posizionamento del collare in PVC, al di sopra del quale si colloca la strumentazione per la misura del flusso, vengono rimossi i primi centimetri di suolo, lo strumento potrebbe aver misurato la concentrazione relativa alla CO2 accumulata.
Figura 5.7 Istogramma della frequenza (linea rossa: distribuzione normale attesa), Box Plot e statistiche riassuntive del flusso di CO2
(µmol m-2s-1) dell’area di studio nei mesi di Novembre e Dicembre 2012.
Inoltre, si può costatare che in entrambe le campagne di campionamento i dati non si dispongono secondo una distribuzione normale, ma in famiglie di dati. I range più popolati sono: 0-30 µmol m -2
s-1 nel periodo invernale e 0-20 µmol m-2s-1 in primavera.
Durante la misurazione del primo set di dati, i valori di minimo e massimo del flusso sono rispettivamente di 0,7 µmol m-2s-1 e 78,6 µmol m-2s-1; mentre durante la seconda fase di campionamento il flusso di CO2 varia all’interno del range di 0,5-41 µmol m-2s-1.
Figura 5.8 Istogramma della frequenza (linea rossa: distribuzione normale attesa), Box Plot e statistiche riassuntive del flusso di CO2 (µmol m
-2
s-1) dell’area di studio nei mesi di Maggio e Giugno 2013.
Nel periodo primaverile sono state eseguite le repliche di alcune misurazioni del flusso effettuate in inverno (Fig.5.9). Come si può vedere nel grafico, il flusso di CO2 è minore rispetto alle precedenti misurazioni. Questo fenomeno potrebbe essersi verificato come conseguenza del mancato intrappolamento della CO2 al di sotto della superficie del suolo dopo brevi periodi di pioggia (Hinkle, 1994).
Figura 5.9 Repliche delle misurazione del flusso di CO2 (µmol m-2s-1) effettuate nei mesi di Maggio e Giugno 2013.
Per individuare le principali popolazioni geochimiche, è stato utilizzato il diagramma a probabilità cumulata (Rinaldi, 2008, Cardelli et al., 2003; Chiodini et al., 1998), (Fig.5.10).
I primi valori di flusso nel grafico rappresentano gli errori sistematici e casuali dei dati (tail), pertanto non vengono considerati. Il primo gruppo di dati che si trova sopra il tail, indica il valore di
background, tipico della cosiddetta respirazione dal suolo (Cardelli et al., 2003). Al di sopra di
questa soglia si individueranno tante popolazioni di dati, quanti i cambiamenti della pendenza della curva.
Nel caso in esame sono state individuate sette popolazioni di dati, la prima classe identifica il background dell’area (Tab.5.1).
Tabella 5.1 Distribuzione delle popolazioni in classi di frequenza.
La popolazione più rappresentata (62 campioni) ricade nel range 1-6,6 µmol m-2s-1; mentre la classe con valori più anomali, > 25 µmol m-2s-1, è rappresentata da 7 punti di misura, collocate per lo più nella porzione sud-occidentale dell’area campionata.
Le classi individuate sul diagramma cumulativo di probabilità sono state utilizzate per elaborare carte tematiche: Mappa a classi e due mappe del flusso di CO2 (Fig.5.12, Fig.5.13). La prima è una mappa preliminare del flusso, realizzata con il metodo di interpolazione Natural Neighbor, per visualizzare la distribuzione dei dati ed eventuali pattern. Questo tipo di interpolatore utilizza i dati più vicini al punto da interpolare in base alla media pesata di quest’ultimi. La seconda mappa, creata tramite la tecnica del Kriging e preceduta dalla studio del semivariogramma sperimentale (Fig.5.11), (Capitolo 4, paragrafo 4.3.2), dettaglia la distribuzione del flusso nell’area di studio.
.
Figura 5.12 Mappa a classi del flusso di CO2: A) carta geomorfologica Cerratori et al, 1991, B) carta geomorfologica Della Rocca et
al., 1987. Legenda delle carte geomorfologiche A e B nell’Appendice C.
Osservando la distribuzione dei valori campionati (Fig.5.12), si può riconoscere una corrispondenza tra bassi valori di flusso con aree caratterizzate da prevalenti depositi alluvionali argillosi e limosi e
A
depositi palustri (Padule di Agnano) e torbosi. I valori coprono un range di 0,5-1,9 µmol m-2s-1, rispettivamente SG84 e SG77. Questo fenomeno potrebbe essere causato sia dalla presenza di materia organica nel suolo, che incrementandone l’impermeabilità, limiterebbe lo scambio di gas tra il suolo e l’atmosfera, comportando bassi flussi di CO2; sia dalla rimozione o dissoluzione del gas originariamente presente nel terreno come conseguenza al trattenimento di acqua da parte dei suoli argillosi o con materia organica (Hinkle, 1994).
Campioni caratterizzati da un flusso medio-basso, si collocano all’interno delle zone di cava alle pendici dei Monte Pisano nei pressi dell’abitato di San Giuliano Terme. Qui la presenza delle formazioni appartenenti alle Unità Metamorfiche del Monte Serra e di Santa Maria del Giudce (metacalcari, metadolomie, quarziti e filladi) rallentano la fuoriuscita del gas in mancanza di sistemi di fratture o faglie.
Infatti, un allineamento di valori di flusso elevato (11,6-32 µmol m-2s-1, rispettivamente SG4 e SG2) si osserva lungo le pendici dei Monte Pisano in corrispondenza dei sistemi di faglie dirette che delimitano a Nord-Est il bacino estensionale di Viareggio (Capitolo 2), (Pascucci, 2005).
In corrispondenza di depositi alluvionali sabbiosi e limosi a maggiore porosità, si riscontrano flussi medio-alti della CO2. Da notare un raggruppamento di questi ultimi al confine occidentale del Palude di Agnano, presso il Fosso del Monte, collegato alle sorgenti termali di Sprofondo e Bagno dei Poveri. Questo fatto potrebbe mettere in relazione il sistema idrotermale di San Giuliano Terme all’anomalo flusso di CO2, in questa porzione della Pianura di Pisa.
Nel settore Sud-Ovest dell’area di studio, si verifica un allineamento di alti flussi di gas, tra 25,3 µmol m-2s-1 (SG137) e 41 µmol m-2s-1 (SG120), forse sede di una struttura preferenziale di uscita del gas.
Le mappe del flusso di CO2, illustrano in maniera più chiara le osservazioni sopra effettuate (Fig.5.13 A-B).
Figura 5.13 Carte tematiche del flusso di CO2 realizzata con l’interpolazione Natural Neighbor (mappa preliminare)A e Kriging B.
A
Inoltre, si è potuto calcolare il contributo al flusso di CO2 per ogni popolazione geochimica dell’area di studio.
L’area corrispondente a ciascuna classe è stata dedotta graficamente dalla Mappa del flusso di CO2 (Kriging), (Fig.5.13B).
Considerato i risultati in tabella 5.2 si può stimare un flusso medio pari a circa 36,1 t/d per km2 per l’area in esame.
Tabella 5.2 Contributo di ogni popolazione al flusso di CO2
Intervallo Flusso CO2 t\d
< 1 35,5 1 - 6,6 45,1 6,6 - 10,5 87,9 10,5 - 14,1 137,8 14,1 - 22,1 207,3 22,1 - 25 20,1 > 25 38,3