I INDICE
Introduzione………..V
Capitolo I
Il mercato dei servizi portuali: regolazione, programmazione e pianificazione
1. Regole e concorrenza: la relazione tra libertà e autorità nell’art
41 Cost. ……….………..1
2. Beni pubblici e utilità generale: il porto e l’ambigua
collocazione del suo assetto proprietario …….………...9
2.1 La demanialità nell’evoluzione dell’interpretazione
dottrinale, tra art. 41 e art. 43 della Costituzione….………...13
3. La specialità dei porti italiani nel diritto europeo della
concorrenza: le operazioni portuali……….………..19
3.1 La sentenza “Porto di Genova” come presupposto teorico
II 4. Scissione tra gestione amministrativa e attività
imprenditoriale: la l. 84/94 istituisce l’Autorità portuale...…33
Capitolo II
Mercato portuale e trasporto intermodale tra pianificazione e programmazione
1. Il Piano generale dei trasporti e gli strumenti programmatori
del settore portuale (POT e PRP): valutazione sulla coerenza con l’istituzione delle AdSP……...………...37 2. I porti come elementi delle reti transeuropee di trasporto: la
disciplina dei Trattati europei……….………...46
3. Le Autostrade del mare: verso l’abbandono del monomodalismo trasportistico………..………51
4. La multimodalità nel d.lgs. 169/2016 ed il ruolo delle AdSP
III Capitolo III
I fattori di competitività degli scali nazionali nel nuovo rapporto porto- territorio
1. L’incremento della containerizzazione ed il nuovo assetto del
traffico merci: un’opportunità mancata per i porti italiani ……..61
2. L’accentramento della governance come possibile fonte di
sviluppo del settore: risultati del d.lgs. n. 169/206 ...…………..71
3. Competitività e integrazione tra modi di trasporto: l’ecobonus
marittimo e il marebonus ………...79
4. Il partenariato pubblico-privato tra interessi pubblici e domanda
di investimenti sinergici ……….91
Capitolo IV
Il finanziamento pubblico e privato degli investimenti infrastrutturali in ottica comparativa
1. Il ruolo cruciale delle istituzioni nella politica portuale …..100
1.1 Un confronto tra Busan, Rotterdam e Il Pireo …………102
2. I modelli di gestione portualr individuati del World Bank Port
IV 3. Attribuzione di responsabilità e finanziamenti infrastrutturali
come vero fattore discriminante tra modelli portuali ……..116
4. Possibili sviluppi di politica finanziaria portuale …………124
Conclusioni ………..……….127
Appendice ……….132
V Introduzione
Lo sviluppo economico del nostro paese è in larga parte
correlato allo sviluppo degli scali portuali: il comparto della logistica
portuale e dei servizi ausiliari costituisce, infatti, una porzione
estremamente rilevante del PIL nazionale, incidendo
significativamente anche sul piano occupazionale.
Inoltre, il settore marittimo alimenta la domanda relativa ai
servizi di trasporto via terra, ad esso complementari, stimolando
altresì numerosi settori di attività economica correlati.
Queste premesse forniscono l’idea di quanto fondamentale si
riveli una gestione efficiente del settore ed una sua conseguente
programmazione economica ed infrastrutturale improntata alla
massimizzazione della competitività, concorrendo quest’ultima alla
più generale competitività del sistema produttivo del paese.
Questo elaborato si propone, pertanto, di analizzare i possibili
fattori di incremento della competitività portuale, in un contesto
profondamente rinnovato negli ultimi anni, grazie ad un insieme di
VI della containerizzazione – che hanno imposto una revisione degli
schemi ordinari di gestione. Questa analisi verrà effettuata,
chiaramente, anche esaminando i risultati della riforma apportata dal
d.lgs. n. 169/2016, emanato in attuazione dell'articolo 8, comma 1,
lettera f) della c.d. “legge Madia” (l. 7 agosto 2015, n. 124).
Vengono innanzitutto fissate delle premesse teoriche: nel primo
capitolo, si fa luce sulla centralità e sulla legittimazione
costituzionale della programmazione economica, che funge da
collante tra l’autorità e la libera iniziativa economica privata; si passa, quindi, nel capitolo successivo, all’analisi degli strumenti di
programmazione tipici del settore portuale, con un’attenzione
particolare alla disciplina dei Trattati europei, che impongono una
programmazione rispettosa della rinnovata concezione dei porti quali
elementi delle reti transeuropee di trasporto.
La seconda parte dell’elaborato è diretta a dimostrare quanto
premesso sopra, ovvero che le evoluzioni intercorse negli ultimi due
decenni hanno imposto un profondo ripensamento del ruolo dello
scalo: l’incremento della containerizzazione ha comportato un
aumento delle dimensioni medie delle navi, dirottando, di
VII Mediterraneo, i cui canali di accesso sono ampi e profondi quanto
basta per la navigazione delle portacontainer più grandi.
Ciò ha reso l’Italia, sulla carta, il potenziale vincitore della partita sul traffico merci, grazie alla sua collocazione geografica di
estremo vantaggio nello stesso Mediterraneo.
Le evidenze, tuttavia, mostrano tutt’altro scenario: il traffico
containerizzato, nel nostro paese, si è più che dimezzato nel periodo
compreso tra il 2003 ed il 2007, proprio quando il flusso di
esportazioni da e verso Estremo Oriente e Nordamerica avrebbe
favorito il suo massimo sviluppo.
Si tratta di un’occasione mancata, la cui analisi potrebbe, però, innescare un cambiamento di rotta per il futuro. E allora, è
fondamentale iniziare a concepire i porti come nodi, ossia come punti
di una rete vasta, anziché come generatori di vantaggi confinati al
solo territorio ad essi attiguo: in quest’ottica, le connessioni si
rivelano di vitale importanza.
È inoltre necessario interrogarsi su quali possano essere i fattori
atti a incrementare l’appetibilità di uno scalo agli occhi delle imprese
VIII traffici merci per i porti del West-Med e del Northern Range, che si
attesta, in alcuni casi, a più del doppio di quella nazionale.
In altri termini, è il caso di chiedersi quali elementi possano
garantire maggior competitività alle prestazioni dei porti nazionali. Il
presente lavoro si focalizza principalmente su tre direttrici: la
governance portuale, soprattutto con riguardo all’implementazione
della rapidità e della snellezza dei processi decisionali (analizzando,
nello specifico, il d.lgs. 169/2016), la promozione dell’intermodalità,
in particolare dell’agevolazione dei meccanismi di conversione alla
modalità di trasporto marittimo – che comporterebbe benefici sia
economici che ambientali – e, infine, la dinamica di polarizzazione
tra pubblico e privato nella gestione e nel finanziamento delle opere
infrastrutturali nello scalo.
Sotto quest’ultimo aspetto, vedremo che, nonostante il modello assolutamente più diffuso (in Europa e non solo) sia quello del
landlord port, contraddistinto da una gestione ed una responsabilità
finanziaria pubbliche per quanto attiene al mantenimento e alla
costruzione delle infrastrutture, non mancano spunti a favore di
IX dove gli ingenti costi per le infrastrutture sono lasciati ai privati in un