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CAPITOLO I Storia della chirurgia ascellare nel carcinoma mammario: dalla Dissezione ascellare completa (ALND) alla Biopsia del linfonodo sentinella (SLNB)

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CAPITOLO I

Storia della chirurgia ascellare nel carcinoma mammario: dalla

Dissezione ascellare completa (ALND) alla Biopsia del linfonodo

sentinella (SLNB)

1.1.Gli albori della chirurgia ascellare nel carcinoma mammario: La Dissezione ascellare completa

Il trattamento dell'ascella nel carcinoma della mammella ha rappresentato per anni una tappa fondamentale nella cura di questa neoplasia ed era inequivocabilmente identificato, fino alla metà degli anni '90, con la dissezione ascellare radicale (ALND Axillary Lypmh Node Dissection), ovvero l'asportazione di tutti i linfonodi di I e II (in molti Centri di III) livello del cavo ascellare omolaterale alla neoplasia (1-3). Tale intervento rivestiva fondamentalmente un triplice ruolo:

-Curativo, in termini di controllo locale di malattia

-Stadiativo, in quanto si riteneva che la presenza/assenza di metastasi linfonodali ascellari rappresentasse il fattore prognostico più importante in pazienti con carcinoma mammario -Di programmazione delle terapie adiuvanti sistemiche, nonchè dell'eventuale irradiazione delle stazioni linfonodali.

Storicamente pertanto, il coinvolgimento linfonodale ascellare veniva valutato, come già anticipato, mediante una ALND solitamente come parte di una mastectomia radicale sec. Halsted, che prevedeva anche una resezione in blocco della mammella e dei muscoli pettorali (4).

Nel 18th secolo il chirurgo tedesco Lorenz Heister (5) fu il primo ad affermare che la

dissezione ascellare dovessere essere parte del trattamento del carcinoma mammario. Nel 1875 Richard von Volkman (6) osservò la comunicazione dei vasi linfatici della mammella con i linfonodi ascellari. Nel 1867 Moore (7) affermò che la rimozione completa della mammella e dei linfonodi ascellari fosse il trattamento di scelta per il carcinoma mammario. Nel 1882 Banks (8), in accordo con la teoria di Mooore, affermò che i linfonodi ascellari dovessero essere rimossi anche quando non erano clinicamente coinvolti. Nel 1891 William Halsted descrisse la teoria della diffusione centrifuga del cancro mammario enfatizzando il ruolo della diffusione linfatica come principale

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meccanismo di disseminazione del carcinoma. La teoria Halstediana infatti era basata sulla premessa che il carcinoma mammario si diffondesse in maniera ordinata dal tumore primitivo ai linfonodi e quindi a distanza. Egli affermò dunque che un approccio chirurgico radicale fosse la chiave di un trattamento di successo, riportando tassi di recidive locali e regionali del 6% e 16% rispettivamente (4). Tale tipologia di intervento ha quindi rappresentato la procedura chirurgica stabilita e standardizzata per il carcinoma mammario in qualunque stadio per la maggior parte del XX secolo. Nel 1948 Patey e Dyson (9) descrissero la mastectomia radicale modificata, un intervento meno mutilante ma con un analogo outcome. In questo caso il muscolo grande pettorale veniva preservato ma l'estensione della chirurgia ascellare rimaneva la stessa. Pertanto, a partire dalla metà del 1900 cominciarono ad emergere studi che dimostravano che procedure meno invasive sulla mammella erano in grado di esitare in risultati estetici migliori senza ridurre i tassi di sopravvivenza e questo rappresentò l'inizio di un'era che avrebbe condotto alla chirurgia mammaria conservativa. La pietra miliare in questo senso fu il lavoro condotto nei primi anni 70 da Veronesi et al (10) che dimostrò come una combinazione di chirurgia e radioterapia ottenesse gli stessi risultati della mastectomia radicale. Infatti, dopo un follow-up medio di 20 anni, la sopravvivenza tra i due grfollow-uppi osservati era risultata simile. Ad ogni modo, parte integrante di questa procedura chirurgica, rimaneva la ALND.

Un percorso affine a quello che si stava verificando per quanto riguarda il trattamento chirurgico della mammella, cominciò dalla metà degli anni 60, anche per quanto riguarda la chirurgia ascellare (11) e fu conseguente a diversi fattori.

In primis, era ormai noto che la ALND fosse gravata da un'elevata morbidità, comportando disagi psicologici e complicanze fisiche in acuto ed in cronico (1,12-14). Il linfedema, la problematica più gravosa connessa alla ALND, è conseguente alla deprivazione delle stazioni e delle vie di drenaggio linfatico per l'arto superiore e, differentmente dalle altre sequele, non tende a ridursi con il passare del tempo. Lo stiramento del plesso brachiale, che si verifica nell'1% dei casi, dipende in genere dal posizionamento errato della paziente sul lettino operatorio e si può prevenire evitando l'iperabduzione e l'extrarotazione del braccio durante l'intervento. La lesione del nervo toracico anteriore, mediale e laterale (che innervano muscolo piccolo pettorale, fasci costali e sternali del muscolo grande pettorale) può rendersi evidente anche dopo 1 anno dalla chirurgia e si manifesta con un affossamento in sede laterale. Il danneggiamento del nervo toraco-dorsale determina la paralisi del muscolo gran dorsale con ipovalidità dell'adduzione ed intrarotazione del braccio. La

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lesione del nervo toracico lungo (che innerva il muscolo dentato anteriore), che può verificarsi fino ad un 20% dei casi di ALND, comporta la presenza di scapola alata con dolore e limitazione dell'elevazione dell'arto sopra la testa, specie a gomito esteso. La lesione del nervo intercostobrachiale determina parestesia, ipo-iperestesia e sensazione di gonfiore a livello ascellare oltre ad anidrosi. In alcuni casi può conferire dolore 'a morso di cane' a livello dei 2/3 postero mediali del braccio che si estende talvolta fino al polso. Oltre l'80% delle donne sottoposte ad ALND ha almeno una complicanza post-operatoria a livello del braccio e lo stress psicologico è molto comune (2).

Inoltre, si assistette ad un importante cambiamento nella presentazione del carcinoma mammario conseguente allo sviluppo di tecniche di imaging e metodiche di screening che erano in grado di rilevare con sempre maggior frequenza carcinomi piccoli, early-stage. Il numero di linfonodi interessati in caso di carcinomi N+ (15) cosi come pure la percentuale di pazienti con linfonodi ascellari metastatici, era di conseguenza in progressivo declino ed era pertanto sempre più frequente osservare che la ALND rimuoveva solo linfonodi indenni, costituendo un possibile overtreatment (1,16-20). In questo contesto, una tecnica chirurgica che riducesse l'estensione del tessuto rimosso in ascella senza perdere informazioni prognostiche avrebbe avuto un grande impatto sulla qualità di vita (19). Nel contempo la valutazione dei linfonodi ascellari stava diventando progressivamente meno importante nel guidare le strategie terapeutiche in quanto le terapie adiuvanti erano sempre più spesso definite sulla base delle caratteristiche biologiche del tumore primitivo (1,18,21).

Infine comiciò a farsi strada il concetto che la ALND non dovesse essere vista come una procedura curativa ma principalmente come una procedura di staging volta ad ottenere quante più informazioni prognostiche possibili (22,23).

Cominciò pertanto a farsi strada la necessità di individuare procedure meno radicali che potessero esitare in un adeguato staging dell'ascella ed in un analogo controllo locale di malattia (12).Tutti questi elementi, unitamente all'insoddisfazione per gli scarsi risultati estetici dopo una mastectomia radicale, resero sempre più preponderante la domanda se la

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1.2 Il Sampling linfonodale ascellare

La soluzione ideale sarebbe stata diagnosticare il coinvolgimento linfonodale attraverso tecniche non invasive. Lo staging non invasivo dell'ascella risultava tuttavia inadeguato. L'esame obiettivo non è in grado infatti di predire accuratamente la presenza di metastasi linfonodali (25) in quanto, tra le pazienti con linfonodi non palpabili in ascella, la presenza di metastasi all'esame istologico viene rilevata in circa il 35-40% dei casi (19). Analogamente non esistono tecniche diagnostiche non invasive, nè singolarmente nè tra loro associate, che abbiano dimostrato accuratezza sufficente per confermare o escludere la presenza di metastasi in ascella. La mammografia è in grado di identificare solo linfonodi grossolanamente interessati. La sensibilità della tomografia computerizzata (TC) per le metastasi ascellari è del 50%. La Tomografia ad emissione di positroni (PET) ha un'elevata specificità ma una sensibilità troppo bassa e non è quindi sufficientemente accurata nel rilevare metastasi piccole e in numero limitato (8). Tra le varie metodiche strumentali l'ecografia è quella che ha dimostrato la maggiore accuratezza diagnostica con valore predittivo negativo (NPV) del 49-91% ed un valore predittivo positivo (PPV) del 65-96%, con costi relativamente bassi. L'associazione dell'esame citologico all'ecografia è in grado di migliorare ulteriormente il PPV essendo noto che la positività citologica su agoaspirato di linfonodo ascellare equivale ad una sicura diagnosi istologica di carcinoma. Tutti gli studi sulla citologia eco-guidata hanno infatti evidenziato un PPV del 99-100%. Per contro il NPV (65-83%) non consente di evitare la chirurgia ascellare nei casi citologicamente negativi. Pertanto, la diagnosi definitiva relativa al coinvolgimento dei linfonodi ascellari in pazienti con carcinoma mammario richiedeva necessariamente l'asportazione e l'esame istologico degli stessi. Ma quanti linfonodi dovevano essere rimossi per assicurare uno staging accurato?

Gli interventi chirurgici per lo staging dell'ascella allora noti variano dal sampling (25-27) alla dissezione completa (28-34), come riportato da Kinne et al (26).

-Il Sampling consisteva nel semplice campionamento di uno o più linfonodi ascellari dalla parte bassa dell'ascella senza una definizione di precisi limiti anatomici.

-La dissezione ascellare bassa (Low Axillary Dissection) consisteva in una escissione in blocco dei linfonodi ascellari di I livello. Questi sono definiti anatomicamente come i linfonodi laterali rispetto al piccolo pettorale quindi compresi in un'area delimitata laterlamente dal muscolo gran dorsale, medialmente dal margine laterale del piccolo

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pettorale e superiormente dalla vena ascellare.

-La dissezione ascellare di I e II livello consisteva in una dissezione in blocco della porzione bassa ed intermedia dell'ascella. I linfonodi asportati erano compresi tra il muscolo gran dorsale ed il margine mediale del piccolo pettorale, con limite craniale rappresentato sempre dalla vena ascellare.

-La dissezione ascellare completa (I,II III livello) rimuoveva l'intero contenuto dell'ascella, dal muscolo gran dorsale lateralmente al muscolo succlavio (Legamento di Halsted) medialmente.

I primi approcci verso una chirurgia ascellare meno invasiva furono appunto il sampling e la dissezione ascellare bassa (18).

Il Sampling linfonodale ascellare tuttavia non si dimostrò in grado di rilevare le metastasi nel 15%-42% dei casi (27-32). Davies et al (29), in uno studio su pazienti sottoposte a mastectomia radicale, eseguì un sampling di tessuto fibroadiposo dall'ascella grossomodo all'altezza della terza costa, subito prima di procedere con la ALND. Nel 42% dei casi il tessuto asportato con il sampling risultò negativo mentre i linfonodi di un livello più alto compresi nel pezzo operatorio ottenuto con la ALND risultarono positivi. Sarce et al (32) suddivise i pezzi operatori ottenuti con la ALND nei seguenti livelli: bassa ascella, media ascella, alta ascella, interpettorale ed apicale e trovò che in un 15% dei casi in cui venivano identificate metastasi linfonodali ascellari, i linfonodi coinvolti risultavano appartenere solo ai livelli ascellari più alti. Kissen et al (31) dimostrò come il sampling non fosse in grado di identificare l'8% delle pazienti con metastasi linfonodali ascellari e in un ulteriore 10% dei casi non fosse in grado di fornire un pezzo operatorio contenente linfonodi identificabili. Studi successivi evidenziarono che l'accuratezza del sampling era correlata al numero ed alla sede dei linfonodi esaminati. Forrest et al (35) dimostrò un tasso di falsi negativi dell'8% in pezzi con 3-4 linfonodi e Steele et al (36) suggerì che solo la rimozione di almeno 4 linfonodi dal tessuto adiacente al prolungamento ascellare avesse un'accuratezza paragonabile a quella della ALND. Kjaergaard et al (37) evidenziò un tasso di recidive ascellari risultanti da malattia non identificata/non trattata del 12% quando non veniva asportato nessun linfonodo, del 7% quando venivano asportati 2 linfonodi e solo del 2% quando venivano asportati più di 3 linfonodi. In uno studio simile Graversen et al (38) riportò un tasso di recidiva ascellare del 3% dopo rimozione di un numero da 5 a 10 di linfonodi. Mathiesen et al (39) infine individuò in 10 il numero minimo di linfonodi ascellari da asportare per una procedura di sampling adeguata. Si concluse pertanto che

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l'accuratezza del sampling poteva essere equivalente a quella della ALND solo se la procedura avesse incluso abbastanza linfonodi da poter rilevare le skip metastasi a qualunque livello dell'ascella (12,40,41).

Pertanto fu presto chiaro che questa e le altre tecniche di staging disponibili non fornissero sufficenti garanzie che i linfonodi campionati risultati negativi rappresentassero un'ascella realmente negativa (18). Parallelamente però, un nuovo concetto stava emergendo in campo oncologico, quello del Linfonodo sentinella (SLN).

1.3 L'inizio delle nuova era della chirurgia ascellare: La Biopsia del Linfonodo Sentinella

Nel 1977 Cabanas et al (42) propose che nel carcinoma penieno, il linfonodo che per primo riceve il drenaggio linfatico dal tumore, denominato SLN (Sentinel Lymph Node), potesse essere rimosso con un intervento chirurgico limitato ed esaminato per determinare se effettuare o meno una dissezione linfonodale completa. Nel 1992 Morton et al (43) utilizzò il colorante vitale blue dye per identificare il dotto linfatico drenate nel SLN in pazienti con melanoma. Per primo dimostrò l'accuratezza del mapping linfatico intraoperatorio e della linfadenectomia selettiva del SLN nell'identificazione delle metastasi linfonodali in pazienti affette da melanoma cutaneo, riportando un tasso di falsi negativi (FNR) inferiore all'1% in oltre 500 casi. Nel 1993 Alex et al. (44) descrisse la localizzazione del SLN con tracciante radioattivo e gamma probe, dimostrando in un modello animale che il tracciante radioattivo ed il metodo con il blue dye erano egualmente efficaci nell'identificare i linfonodi.

E' in questo contesto che nel 1994, si colloca la pubblicazione di Giuliano et al (12) relativa allo sviluppo ed all'impiego della metodica della biopsia del linfonodo sentinella (SLNB) per rilevare le metastasi linfonodali ascellari nelle pazienti con carcinoma mammario. La SLNB implica infatti l'identificazione, la rimozione selettiva e l'analisi istologica del linfonodo che per primo riceve la linfa dall'area della mammella sede del tumore. L'assunto fondamentale e pioneristico era che se il SLN era negativo, allora tutti gli altri linfonodi ascellari erano negativi.

In un periodo di tempo compreso tra il 1991 ed il 1994, 172 donne con carcinoma mammario candidate sia a chirurgia conservativa che a mastectomia, vennero quindi

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sottoposte a SLNB ed a successiva ALND. Poichè due pazienti avevano un carcinoma mammario bilaterale sincrono vennero effettuate 174 procedure chirurgiche di cui 142 (81,7%) quadrantectomie e 32 (18,3%) mastectomie (Tabella A).

Tabella A:Caratteristiche delle pazienti in studio

Le dimensioni del tumore primitivo e le caratteristiche istologiche dei linfonodi ascellari sono riportati in Tabella B.

Tabella B: Dimensione del tumore mammario e caratteristiche dei linfonodi ascellari

Numerosi furono i dati emersi da questo studio che avrebbero avuto un impatto determinante sulla pratica clinica.

Un primo dato interessante era relativo alla bassa sensibilità dell'esame clinico nella valutazione dello stato linfonodale ascellare, peraltro già nota. Infatti, su 23 pazienti in cui la valutazione clinica preoperatoria indicava coinvolgimento linfonodale, il 26% (6/23) aveva linfonodi negativi all'esame istologico; mentre su 151 pazienti con linfonodi clinicamente negativi, il 29,8% (45/151) aveva un'ascella metastatica all'istologia. Da questo dato emergeva che la sensibilità dell'esame clinico preoperatorio fosse solo del 27,4% con una specificità del 94,9%.

Inoltre, al fine di determinare se l'uptake del colorante vitale da parte di linfonodi contenenti metastasi fosse un eveno casuale, l'autore analizzò 14 casi in cui fu identificato 1 solo SLN e, all'esame istologico definitivo, un'unica metastasi ascellare (Tabella C). Su

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285 linfonodi esaminati, 18 erano SLN. La metastasi fu trovata in 13/18 SLN (72,2%) e solo in 1/267 linfonodi non sentinella (0,37%). Ne conseguiva che fosse molto improbabile che l'uptake del colorante da parte di un linfonodo metastatico fosse semplicemente casuale.

Tabella C: Analisi di 14 casi con 1 SLN ed 1 metastasi linfonodale ascellare

Emersero poi dati fondamentali relativi all'accuratezza della procedura di SLNB. Il tasso di identificazione (IR) del SLN in questo primo studio fu del 65,5% (114/174) e, confrontando lo stato del SLN con quello dei linfonodi non sentinella ottenuti con la ALND, emergeva chiaramente che il SLN identificava in maniera accurata lo stato dei linfonodi ascellari nel 95,6% dei casi (109/114) con un FNR del 4,3% (solo 5/114 casi in cui il SLN risultava negativo ma almeno un linfonodo non sentinella risultava positivo all'istologia defintiva) (Tabella D). Vennero inoltre evidenziati valori di sensibilità dell'88%, specificità del 100%, PPV del 100% e NPV del 93,5%.

Tabella D: Distribuzione delle metastasi nei SLN e nei linfonodi non sentinella

L'autore paragonò poi la sensibilità della SLNB con quella del sampling linfonodale calcolando la probabilità di rilevare metastasi linfonodali con ciascuna di queste tecniche in 34 pazienti con ascella clinicamente negativa ed istologicamente positiva in cui era satato identificato il SLN. Il numero totale di linfonodi asportati nei 34 casi fu di 751 di cui 132 metastatici. In questi 34 pazienti erano stati identificati 63 SLN di cui 39 metastatici.

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Pertanto in pazienti con metastasi ascellari subcliniche la probabilità di asportare un linfonodo positivo utilizzando il sampling risultava solo del 17,5% (132/751) vs il 61,9% (39/63) usando il SLNB. Inoltre, nel 38% dei casi con ascella clinicamente negativa ed istologicamente positiva (16/42) i SLN erano gli unici linfonodi metastatici.

Infine venne analizzato il livello anatomico dei SLN negli ultimi 54 casi consecutivi dello studio (Tabella E).

Tabella E: Distribuzione anatomica dei SLN

Su 43 casi in cui fu identificato il SLN, nel 62,7% (27/43) questo era collocato esclusivamente al livello I mentre nel 23,2% (10/43) erano presenti skip metastasi al livello II senza linfonodi al livello inferiore. Il rimanente 14% (6/43) aveva linfonodi sia al livello I che al II. Anche se alcuni autori (45,46,47) avevano proposto una progressione ordinata delle cellule tumorali dal livello I al II al III, con scarsa frequenza delle skip metastasi, i dati emersi dallo studio di Giuliano sugerivano che la diffusione metastatica all'ascella fosse determinata dallo specifico drenaggio linfatico del tumore primitivo, che a sua volta dipendeva dall'anatomia specifica di ciasuna paziente. Il riscontro di un 23,3% di casi in cui erano presenti skip metastasi unitamente al fatto che il SLN fosse il solo linfonodo positivo nel 38% dei casi con ascella metastatica, rafforzò pertanto il concetto che una procedura di sampling o una dissezione di I livello non sarebbero state in grado di individuarli. Giuliano concluse che la SLNB rappresentasse una tecnica estremamente valida per identificare specifici linfonodi drenanti specifiche sedi del tumore primitivo, caratterizzati da una probabilità di essere la sede delle metastasi molto maggiore rispetto ai linfonodi non sentinella. L'asportazione selettiva di tali linfonodi sarebbe stata verosimilmente associata ad una morbidità estrememente più bassa rispetto alla ALND purtuttavia garantendo un elevato livello di accuratezza nello staging. In tal modo una ALND sarebbe stata riservata solo a quelle pazienti con SLN metastatico.

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de-escalation nel trattamento chirurgico dell'ascella. Tuttavia, affinchè questo cambiamento potesse verificarsi, erano necessari ulteriori studi a conferma di quanto rilevato da questo autore in merito all'accuratezza di tale metodica nel predire lo stato dei linfonodi ascellari. Vennero quindi condotti studi successivi finalizzati a paragonare le informazioni relative allo stato dell'ascella emerse dall'analisi del SLN con quelle derivanti dall'esame istologico definitivo su tutti i linfonodi ascellari rimossi dopo completamento della dissezione. Krag et al (2) nel 1998 condusse uno studio di validazione multicentrico su 443 donne sottoposte sia a chirurgia conservativa che demolitiva, nelle quali venne effettuata la SLNB seguita dalla ALND. Questo studio rilevò valori di IR del 93,2%, FNR dell'11%, accuratezza del 96,8%, sensibilità del 88,6%, specificità del 100%, PPV del 100% e NPV del 95,7%. Come nel caso di Giuliano et al (12) anche Krag osservò che, nonostante la maggior parte dei SLN (89%) si collocasse al livello I, era possibile identificare una quota di skip metastasi (es.4% a livello II). Evidenziò inoltre una correlazione significativa tra il numero di SLN positivi ed il numero di linfonodi non sentinella metastatici ottenuti con il completamento della ALND. Infatti la percentuale di casi in cui erano presenti linfonodi non sentinella metastatici in ascella era del 37,9% nelle pazienti in cui erano stati identificati 1-3 SLN positivi e dell' 83,3% nelle pazienti con 4 o più SLN positivi.

Nel 1999 Veronesi et al (1) pubblicò uno studio analogo condotto su 376 donne, evidenziando valori di IR del 98.7% (371/376 pazienti), FNR del 6,7%, accuratezza del 96.8%, sensibilità del 93,3%, specificità del 100% e NPV del 94,1%. Inoltre, nel gruppo di pazienti con SLN positivi (168/371) nel 43.5% dei casi (73/168) il SLN era l'unico linfonodo ascellare coinvolto.

Lo stesso autore nel 2001 (21) pubblicò uno studio su 373 donne che, al di fuori di protocolli di ricerca, avevano specificatamente richiesto di essere sottoposte a SLNB invece che ad ALND. Di queste 373 pazienti, 6 avevano un carcinoma bilaterale per cui vennero effettuate 379 SLNB. Le pazienti in cui il SLN risultava negativo, non ricevettero ulteriore chirurgia sull'ascella mentre quelle in cui il SLN risultava positivo (n=94) vennero sottoposte ad ALND. Nel 67% di queste pazienti (63/94) il SLN era l'unico linfonodo metastatico e nel 43,6% dei casi (41/94) vennero identificate esclusivamente micrometastasi. Due rilevanti spunti di riflessione emersero da questo studio. Innanzitutto, anche se con un follow-up non particolamente lungo, nessuna delle 281 pazienti in cui il SLN era risultato negativo e che non erano quindi state sottoposte ad ALND aveva sviluppato metastasi in ascella. Al contrario, considerando che nel precedente lavoro dello

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stesso autore (1) era stato riscontrato un FNR del 6,7%, era verosimile aspettarsi 6-7 casi con linfonodi ascellari positivi non identificati e quindi non asportati. L'autore suggerì dunque che poteva esserci la possibilità che tali metastasi non si fossero manifestate e che fossero destinate a non diventare mai clinicamente rilevanti proprio grazie alla preservazione del tessuto linfonodale ascellare e del suo ruolo di immunomodulazione. Questo dato verrà più volte riconfermato anche in studi successivi. Un'altro elemento di riflessione derivava dall'osservazione che nelle pazienti in cui il SLN era negativo, il rischio di una sottostadiazione era basso e largamente compensato dall'esame istologico più accurato del SLN. Tale tipologia di analisi infatti, se paragonata ad un'analisi anatomopatologica routinaria, esitava in un riscontro più frequente di micrometastasi. Questi ed altri studi pubblicati negli stessi anni in letteratura, risultarono tutti concordi sul fatto che la SLNB fosse caratterizzata da un elevato livello di accuratezza nel predire lo stato degli altri linfonodi ascellari, dell'ordine del 93-100% (1,2,12,13,18,45-56) con un numero limitato di falsi negativi, ponendosi quindi come alternativa assolutamente valida per lo staging dell'ascella.

Tuttavia prima che la SLNB venisse accettata come standard terapeutico, era necessario che fossero effettuati studi randomizzati capaci di dimostrare che tale procedura non solo risultasse adeguata come metodica di staging ma esitasse anche in un analogo controllo locale di malattia rispetto alla ALND. In altre parole la valutazione dell'efficacia e della sicurezza di questa metodica, ha richiesto studi di validazione che analizzassero specificatamente la morbidità, la sopravvivenza globale (OS), la sopravvivenza libera da malattia (DFS) ed i tassi di recidive ascellari (AR) al follow-up nelle pazienti sottoposte esclusivamente a SLNB (57).

Infatti, vi erano evidenze che la ALND garantisse un eccellente controllo locale di malattia con un tasso di recidiva locale del 2% o meno (58,59) ed alcuni autori avevano argomentato che il controllo locale di malattia potesse convertirsi in un vantaggio in termini di OS (60,61).

Cabanes et al (59) nel 1992 aveva condotto uno studio prospettico che confrontava l'outcome di pazienti con ascella clinicamente negativa sottoposte a chirurgia mammaria conservativa e radioterapia con o senza ALND. Da questo studio era emerso un tasso di AR del 2% nelle pazienti non sottoposte ad ALND vs l'1% in quelle sottoposte a dissezione. Tuttavia, questo vantaggio in termini di sopravvivenza a favore della ALND poteva essere

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quasi totalmente spiegato dal maggiore utilizzo di chemioterapia e radioterapia adiuvante nelle pazienti con linfonodi positivi rilevati con la ALND.

Anche una metaanalisi condotta da Orr et al nel 1999 (62) che valutava l'impatto della ALND sulla sopravvivenza in pazienti con ascella clinicamente negativa, mostrava un 5% di differenza in termini di OS per le pazienti sottoposte ad ALND. Tuttavia, anche questo lavoro aveva due importanti limitazioni. In primo luogo nessuna paziente aveva ricevuto una terapia adiuvante contrariamente alla pratica clinica; inoltre lo studio includeva poche pazienti con carcinomi T1 e quindi estrapolare i risultati per questo subset di popolazione non era appropriato.

Infatti, uno studio prospettico non randomizzato condotto da Greco et al nel 2000 (63) su 401 pazienti con carcinomi early-stage (<2 cm) ed ascella clinicamente negativa, dimostrò come ad un follow-up di 5 anni, le pazienti con carcinomi T1a e T1b non sottoposte ad ALND avevano un basso tasso di recidive locali ed a distanza. Da ciò emergeva che, evitare la ALND avesse un effetto trascurabile sull'outcome delle pazienti con carcinomi T1. Analogamente, Zurrida et al nel 2002 (64) pubblicò uno studio clinico randomizzato su 435 donne con carcinomi T1a-T1b ed ascella clinicamente negativa non sottoposte ad ALND ma randomizzate in due bracci: semplice follow-up o radioterapia sull'ascella. Dopo un follow-up medio di 42 mesi, da questo studio emerse in entrambe i bracci un tasso di AR estremamente basso.

Per dimostrare dunque che la SLNB fosse non solo una procedura efficace ma anche sicura in termini di outcome a lungo termine, negli anni successivi vennero pubblicati numerosi studi che randomizzavano le pazienti con carcinomi early-stage ed ascella clinicamente negativa, in due bracci di trattamento: SLNB seguita di default dalla ALND e SLNB seguita dalla ALND solo in caso di SLN positivo.

Veronesi et al (16) nel 2003, ha pubblicato uno studio prospettico randomizzato condotto su 516 donne con carcinoma mammario T1 candidate a chirurgia conservativa e radioterapia, di cui 257 facenti parte del gruppo della ALND e 259 del gruppo della SLNB. Il principale end point dello studio era valutare l'accuratezza della metodica, mentre end-points secondari erano la valutazione della qualità della vita (QoL), delle AR, della DFS e della OS. Un primo importante risultato di questo studio è relativo alla conferma dell'elevata accuratezza della SLNB nell'identificare i casi in cui uno o più linfonodi ascellari sono positivi per metastasi. Infatti, la percentuale di pazienti del gruppo sottoposto a SLNB in cui era stato rilevato un SLN positivo con conseguente dissezione ascellare era

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del 35,5% (92/259), del tutto simile a quella delle pazienti sottoposte di defalut ad ALND in cui 35,4% (91/257) aveva metastasi linfonodali ascellari all'esame istologico definitivo. Poichè 83 di queste 91 pazienti avevano un SLN positivo l'accuratezza della metodica in questo gruppo si dimostrò essere del 96,6% con un FNR dell 8,8%, sensibilità del 91.2%, specificità del 100%, e NPV del 95.4%. Questi dati erano in accordo con quelli di studi pubblicati in precedenza (1,2,12,50). Un altro dato rilevante emergeva dalla valutazione dello stato dei linfonodi ascellari nelle pazienti con SLN micrometastatico. Infatti, considerando le pazienti di entrambe i gruppi in cui il SLN era risultato positivo (n=175), in 60 casi questo era interessato esclusivamente da micrometastasi (29 nel gruppo sottoposto di defalut a ALND e 31 nel gruppo sottoposto a SLNB). In queste pazienti, non vennero individuati ulteriori linfonodi metastatici in ascella in circa l'83,3% dei casi (24/29 vs 26/31) e solo nel 17% (5/29 vs 5/31) venne identificato un ulteriore linfonodo positivo. Questo dato sollevava la questione relativa alla necessità o meno di procedere ad ALND in caso di SLN micrometastatico. In merito alla valutazione della morbidità associata ai due tipi di procedura, venne evidenziato chiaramente che tutte le principali complicanze associate alla ALND risultavano molto meno frequenti e meno accentuate nelle pazienti sottoposte esclusivamente a SLNB. Infine per quanto riguarda i dati relativi all'outcome, si osservò che ad un follow-up di circa 2,5 anni (46 mesi), non si erano verificate AR e la sopravvivenza a breve termine era la stessa tra le pazienti sottoposte esclusivamente a SLNB e quelle con SLN negativo sottoposte ad ALND.

Lo stesso autore pubblicò un update dei dati nel 2006 dopo un follow-up maggiore, di 7,2 anni (65). A questa distanza di tempo dall'intervento, considerando il gruppo sottoposto ad ALND e quello sottoposto esclusivamente a SLNB, vennero evidenziati valori di OS a 5 anni del 96,4% vs 98,4% (Figura 1) e valori di DFS a 5 anni del 88,9% vs 92,2% rispettivamente. Questo dato ha due importanti implicazioni. Innanzitutto evidenzia come, nonostante la SLNB sia caratterizzata da un certo numero di falsi negativi, ciò non si traduca di fatto in una differenza statisticamente significativa in termini di sopravvivenza, che risulta del tutto analoga tra i due gruppi. Inoltre, il fatto che la rimozione selettiva del solo SLN non peggiori la prognosi rispetto alla ALND, avvalora l'ipotesi che il valore della dissezione ascellare sia stadiativo piuttosto che curativo.

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Figura 1: Sopravvivenza globale (OS)

A 7,2 anni di follow-up venne rilevata la comparsa di 1 solo caso di metastasi ascellari nel gruppo sottoposto a SLNB. Questo dato riveste particolare importanza se si assume che la proporzione di pazienti con coivolgimento ascellare non rilevato nel gruppo sottoposto esclusivamente a SLNB sia simile a quella del gruppo sottoposto ad ALND. In base ai dati emersi dal precedente sutudio infatti, in cui 8/91 pazienti con ascella metastatica avevano SLN negativo (FNR dell 8,8%) ci si sarebbero aspettati 8 casi di AR nelle pazienti in cui non era stata effettuata la ALND. Tuttavia, la comparsa di metastasi si era verificata solo in 1 caso (Figura 2).

Figura 2: Incidenza di AR attesa vs verificatasi nel tempo tra le pazienti sottoposte esclusivamente a SLNB Si osservò inoltre che, confrontando il numero di eventi cancro-correlati verificatisi nelle pazienti con SLN macrometastatico rispetto a quello riscontrato nelle pazienti con SLN micrometastatico, l'incidenza degli stessi era più bassa nelle pazienti con micrometastasi. Ciò a sostegno del dubbio impatto prognostico di queste entità (Figura 3)

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Figura 3:Eventi avversi cancro-correlati in entrambe i gruppi in relazione al tipo di metastasi nel SLN Infine da questo studio emersero due fattori rilevanti per la presenza delle metastasi linfonodali ascellari: la presenza di invasione vascolare peritumorale (LVI) che era legata ad un tasso di circa il 70% di metastasi nel SLN (61/87 pazienti), e la dimnsone del tumore primitivo. Infatti la presenza di SLN metastatici variava dal 22% (28/130) in tumori <1 cm al 38% (55/143) in tumori >1,5 cm

Un altro studio (66) pubblicato nel 2005 su 953 donne trattate con SLNB e non sottoposte ad ALND in caso di SLN negativo, confermava una morbidità estremamente bassa (2%) associata a questa metodica, principalmente rappresentata da ematomi (3 casi), sieromi (5 casi), infezione locale (7 casi) e limitata parestesia/ipoestesia nella parte supero-interna del braccio probabilmente dovuta al danneggiamento di un nervo intercostobrachiale (6 casi). Anche in questo caso venne rilevata un'incidenza estremamente bassa di AR. Infatti, ad un follow-up medio di circa 2 anni (38 mesi) si evidenziarono solo 3 casi di metastasi ascellari (0,3%) in cui si procedette con una ALND (Tabella F)

Tabella F: Eventi avversi canco-correlati

Il numero osservato di eventi (3 AR) era significativamente più piccolo rispetto al numero di eventi attesi (13 casi) in base al FNR di circa il 6,7% e ciò confermava che la SLNB

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fornisse eccellenti risultati in termini di controllo locale di malattia. La Figura 4 mostra graficamente la divergenza tra le metastasi ascellari osservate e riscontrate nel tempo.

Figura 4: Numero di metastasi ascellari attese e rilevate nel tempo

Infine gli autori osservarono un numero totale di decessi di 6/953, 5 per metastasi a distanza ed 1 per malattia intercorrente (Figura 5) confermando che la SLNB fornisse eccellenti risultati anche in termini sopravvivenza globale.

Figura 5: Probabilità di sopracvvivenza

Canavese et al (67) nel 2008 pubblicò uno studio randomizzato di non inferiorità che includeva 248 donne con eraly breast cancer seguite ad un follow-up medio di 5,5 anni. Dallo studio emerse che la SLNB aveva FNR dell'8,9%, accuratezza del 93%, sensibilità del 77,1%, specificità del 100%, NPV del 91,1% e PPVdel 100%. La sensibilità ed il NPV erano inferiori rispetto a quelli riportati in altri studi randomizzati (16) probabilmente per l'esiguità del campione analizzato. La OS a 5 anni fu del 97,2% in entrambe i bracci. La DFS a 5 anni non fu statisticamente significativa tra i due gruppi. Non si osservarono infatti metastasi ascellari nel gruppo sottoposto solo a SLNB e ne venne osservata 1 nel gruppo sottoposto ad ALND. Sei pazienti in ciascun braccio svilupparono metastasi a

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distanza. Tuttavia suddividendo i casi con SLN negativo, micrometastatico e macrometastatico si evidenziò che le pazienti con SLN negativo o micrometastatico mostravano un'incidenza simile di eventi con DFS a 5 anni rispettivamente del 93,5% e del 93,8% mentre il tasso di eventi era significativamente più alto nei pazienti con SLN macrometastatico con DFS a 5 anni del 85,9%. Nonostante lo studio risultò sottopotenziato ne emersero dati che supportavano l'evidenza dell'efficacia della SLNB nello staging ascellare ed indicavano che questa procedura fosse equivalente alla ALND in termini sia di OS che di AR.

Nel 2006 venne pubblicato da Mansel et al. lo studio clinico multicentrico randomizzato

Axillary Lymphatic Mapping Against Nodal Axillary Cleareance (ALMANAC Trial)

(14), che aveva come principale end-point la valutazione della morbidità e dell'impatto sulla qualità di vita della SLNB nelle pazienti con con carcinoma mammario early stage ed ascella clinicamente negativa. Lo studio era stato disegnato per reclutare 1260 pazienti ma dopo pochi anni risultò evidente una significativa differenza in termini di morbidità all'arto superiore tra i due gruppi. Il reclutamento venne pertanto terminato in anticipo con un numero totale di pazienti arruolate pari a 1031, di cui 515 assegnate al gruppo della SLNB e 516 a quello della ALND. Le pazienti vennero sottoposte sia a chirurgia conservativa (92%) che a mastectomia (8%). Dallo studio emerse che le pazienti incluse nel braccio sperimentale avevano un 4% di infezioni di ferita in meno (11% vs 15%), una degenza significativamente più breve, minore necessità di drenaggi ed un più rapido ritorno alle attività quotidiane. Un linfedema moderato o severo venne rilevato più frequentemente nelle pazienti randomizzate nel braccio standard con una differenza statisticamente significativa ad 1-3 e 6 mesi dalla chirurgia. A 12 mesi tale differenza, per quanto presente, perdeva la sua significatività. Anche per quanto riguarda il deficit sensoriale all'arto superiore la frequenza era maggiore nel gruppo standard con valori del 62% vs 18% ad 1 mese dalla chirurgia e del 31% vs 11% a 12 mesi, con una differenza che manteneva sempre la significatività statistica. Le pazienti del gruppo standard mostravano inoltre una compromissione significativamente maggiore nella flessione ed abduzione della spalla ad 1 mese dall'intervento con rapido moglioramento ai successivi controlli in entrambe i gruppi. In merito alla valutazione della qualità della vita vi era una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi, a vantaggio del gruppo sperimentale, anche se per entrambi i risultati peggiori venivano registrati ad 1 mese con un progressivo miglioramento in seguito. A 12 mesi di follow-up il tasso di AR si confermava anche in questo studio

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estremamente basso, con solo 4 pazienti nel gruppo standard (0,77%) ed 1 nel gruppo sperimentale (0,19%) con 14 decessi totali, 7 in ciascun braccio di trattamento.

In linea con questi dati un ampio studio non randomizzato del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York (68) condotto su 4008 pazienti con un follow-up medio di circa 2,5 anni (31 mesi) aveva riportato un tasso di AR dello 0.1% sovrapponibile tra le pazienti con SLN negativo sottoposte e non sottoposte ad ALND.

Nel 2010 Krag et al pubblicò lo studio clinico randomizzato di fase III del National

Surgical Adjuvant Breast and Bowel Project B-32 (NSABP B-32) (69,70-73) che

coinvolgeva 5611 donne con ascella clinicamente negativa con l'obiettivo di esaminare gli effetti sulla sopravvivenza a lungo termine e la morbidità della SLNB paragonate a quelle della ALND. Da questo studio emersero valori di FNR inferiore al 10%, accuratezza superiore al 96% e NPV superiore al 95%. Inoltre il SLN risultò essere l'unica sede di malattia nel 64,5% delle pazienti nel braccio di controllo, a riprova del fatto che il SLN è la prima sede di diffusione della neoplasia in ascella. I dati di follow-up a 10 anni di questo studio (73) non hanno evidenziato differenze in termini di DFS o di OS tra le pazienti con SLN negativo sottoposte o meno ad ALND. Analogamente agli altri studi citati, anche il tasso di AR è risultato sovrapponibile dei due gruppi, verificandosi nello 0,2% (n=3) delle pazienti sottoposte ad ALND e nello 0,4% (n=9) delle pazienti sottoposte a SLNB. Lo studio ha inoltre confermato che la morbidità associata alla SLNB è inferiore rispetto a quella della ALND.

Gill et al (74) nel 2004 e successivamente nel 2009 ha pubblicato i dati emersi dallo studio clinico multicentrico randomizzato del Royal Australian College of Surgeons Sentinel

Lymph Node Biopsy versus Axillary Cleareance in operable breast cancer (RACS SNAC Trial). Lo studio ha coinvolto 1088 donne con carcinoma mammario early-stage ed

ascella clinicamente negativa ed è stato finalizzato specificatamente a valutare il grado di incremento dimensionale del braccio rispetto al valore basale e della morbidità ascellare precoce (definita come disfunzionalità dell'arto). Lo studio ha evidenziato valori di FNR del 5,5%, sensibilità del 94,5% e NPV del 98%. Oltre ad una minore frequenza ed entità della disfunzione all'arto superiore nel gruppo sottoposto a SLNB, è stato osservato un incremento volumetrico del braccio differente tra i due gruppi, con una frequenza del 2,8% nel gruppo sottoposto solo a SLNB e nel 4,2% in quello sottoposto a ALND. Questo studio ha quindi confermato che la SLNB nel setting di un'ascella clinicamente negativa, riduce la mobidità preservando la sicurezza oncologica.

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Nel 2009 Veronesi et al (75) ha pubblicato uno studio inerente il follow-up a 4 anni (48 mesi) di 3548 pazienti sottoposte a SLNB con esito negativo con l'obiettivo di valutare il rischio di AR e la OS. Ha inoltre effettuato un'analisi univariata e multivariata per valutare il significato prognostico di differenti caratteristiche cliniche ed istopatologiche del tumore in relazione al rischio di sviluppare metastasi ascellari ed in termini di impatto sulla sopravvivenza. Ad un follow-up medio di 48 mesi vennero rilevati 31 casi di metastasi ascellari (0,87%) comparse dopo una media di 29 mesi (range 2-86 mesi) dall'intervento con un'incidenza cumulativa a 5 anni pari quindi a circa l'1%, significativamente inferiore cioè rispetto a quella attesa (circa 72 casi, in presenza di un FNR di circa il 6%) (Figura 6)

Figura 6: Sviluppo delle metastasi ascellari (n=31) in 3548 donne con SLN negativo; valori attesi e valori

riscontrati

In queste pazienti, in cui venne quindi effettuata una ALND ed un successivo follow-up, si rilevarono in seguito 5 casi di metastasi a distanza e 4 di loro morirono da 1 a 4 anni dopo la dissezione. I quattro decessi riportati tra le 31 pazienti che avevano sviluppato metastasi ascellari rappresentavano lo 0,11% dell'intera coorte di 3548 pazienti. La sopravvivenza globale (OS) a 5 anni fu del 97,6% (Figura 7)

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Figura 7: Incidenza cumulativa di eventi avversi e OS di 3548 pazienti con SLN negativo

Questi dati evidenziavano come la SLNB avesse risultati eccellenti in termini sia di controllo locale di malattia che di sopravvivenza globale. Confrontando le caratteristiche delle pazienti e del tumore primitivo nell'intera coorte di 3548 casi e nelle 31 pazienti che avevano sviluppato metastasi in ascella, all'analisi multivariata le dimensioni del tumore primitivo >2 cm, il grado elevato (G3), la multicentricità/multifocalità, un elevato Ki67 e la presenza di LVI, rimanevano predittori indipendenti di metastasi ascellari ed erano associati con una minore sopravvivenza (Tabella G).

Tabella G: caratteristiche delle pazienti e del tumore mammario correlate allo sviluppo di metastasi

ascellari

Il tasso molto basso di metastasi a distanza suggerirebbe che la preservazione di un tessuto linfonodale sano potrebbe essere benefico. Il dato più interessante, comune anche ad altri studi (16,21,66), è però la differenza tra il tasso di metastasi ascellari rilevato e quello atteso (31 vs 72 casi) in base ai valori del FNR. Questo suggerisce infatti la possibilità che metastasi occulte possano non diventare mai clinicamente evidenti se non si procede ad ALND. Le possibili spiegazioni per questa discordanza tra eventi attesi ed eventi rilevati sono diverse. In primis essendo il gruppo di pazienti arruolate nei vari studi composto da casi con carcinomi early stage, il coinvolgimento ascellare occulto è ragionevolmente minimo e lo sviluppo di metastasi ascellari potrebbe richiedere più tempo rispetto al follow-up effettuato. In secondo luogo l'impiego della terapia adiuvante sistemica potrebbe ritardare o evitare la comparsa clinica delle metastasi. Inoltre va ricordato che la radioterapia adiuvante sulla mammella potrebbe raggiungere la parte bassa dell'ascella con

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conseguente irradiazione di alcuni linfondi del I livello. Infine vanno prese in considerazione anche le caratteristiche intrinseche delle singole metastasi linfonodali. Quest'ultimo aspetto è riconducibile a quella che è nota come l'ipotesi delle cellule staminali cancerose (76). Tale ipotesi postula che una popolazione di cellule tumorali sia composta da due sottogruppi cellulari: uno cosituito da un numero limitato di cellule staminali cancerose che portano avanti la progressione neoplastica ed uno composto da un più ampio numero di cellule tumorali non staminali. In accordo con questa ipotesi la presenza di cellule cancerose staminali in un focus metastatico è importante per lo sviluppo di metastasi: se non ci sono cellule staminali le metastasi non diventeranno clinicamente evidenti essendo destrinate a scomparire o ad avere un lungo periodo di quiescenza.

Nel 2014 Galimberti et al (77) ha pubblicato uno studio retrospettivo su 5262 pazienti sottoposte a SLNB con SLN negativo presso lo IEO di Milano dal 1996 al 2006 valutate ad un follow-up medio di 7 anni. L'obiettivo era calcolare il rischio di AR, la OS e l'outcome delle pazienti che avevano sviluppato metastasi ascellari. Ad un follow up medio di 7 anni la sopravvivenza per l'intera coorte di pazienti era del 91,3% e solo l'1,7% di queste (91/5262) aveva sviluppato metastasi ascellari. Il dato più importante emerso da questo lavoro risiede proprio nell'osservazione che il tasso di AR è comunque basso anche dopo un lungo follow-up. Infatti erano stati più volte stati sollevati dubbi in merito al fatto che la AR potesse manifestarsi tardivamente e pertanto, nonostante studi precedenti avessero riportato valori di OS a 5 anni assolutamente eccellenti, questi non avessero un follow-up sufficentemente lungo per essere dirimenti. I risultati di questo studio dimostrano che tale timore era infondato. Ad un'analisi multivariata è emerso che l'età<35 anni, tumori>2 cm, la multifocalità/mlticentricità, la LVI e la biologia non Luminal A sono predittori indipendenti di recidiva in ascella. Da questa analisi venne tratto un modello di valutazione del rischio assegnando un punteggio a ciascuno di questi fattori (Tabella H) con un valore di rischio massimo pari ad un punteggio di 5. Pazienti con un punteggio di 0 o 1 avevano una incidenza molto bassa di recidive (Figura 8)

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Figura 8: incidenza cumulativa di eventi avversi cancro-correlati in relazione allo score di rischio Nel 2016 de Bonifaci et al. (78) ha pubblicato i risultati di uno studio multicentrico svedese condotto su 2216 pazienti con SLN negativo e finalizzato alla valutazione delle AR e della sopravvivanza ad un follow-up medio di 10 anni (126 mesi). In merito alla valutazione del rischio di AR, in questa ampia coorte di pazienti l'ascella fu l'unica sede di recidiva nell'1,6% dei casi (35/2216) ed una combinazione di recidiva locale ed ascellare fu vista in ulteriori 22 pazienti. Pertanto il valore complessivo di recidive ascellari a 10 anni era del 2,6% con un tempo medio dalla chirurgia alla recidiva di 46 mesi. Con un tasso di recidiva scellare isolato così basso, 1,6%, si può confermare che l'omissione della ALND è sicura. Questi dati tuttavia mostrano che la recidiva potrebbe verificarsi molti anni dopo l'intervento con un tempo medio di 46 mesi. Vennero inoltre individuati una serie di fattori che risultavano associati ad un aumentato rischio di AR come l'alto grado istologico del tumore e la multifocalità dello stesso. Al contrario la rimozione di più di 2 SLN era associato ad una riduzione del rischio, verosimilmente per un minore FNR della procedura; infatti nessuna recidiva ascellare venne rilevata in donne con tumori multifocali in cui erano stati rimossi più di 2 SLN. Venne evidenzato inoltre che le AR si verificavano più precocemente nei tumori ER negativi rispetto agli ER positivi (in media 21,5 vs 51 mesi) anche se questa differenza non era statisticamente significativa. Lo stesso valeva per tumori di alto grado vs quelli di grado basso o medio (in media 29 vs 50,5 vs 88 mesi rispettivamente). Fondamentale era anche il sottotipo molecolare di carcinoma mammario. Infatti, la sopravvivenza libera da recidive ascellari a 10 anni era del 99,1% per i tumori Luminali A, del 97,4% per i Luminali B e del 96,7% per gli HER2. In merito alla valutazione della DFS e della OS a 10 anni queste risultarono essere rispettivamente del

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84,7% e dell'85,4%. Vennero identificati i fattori correlati ad un peggioramento della sopravvivenza ossia tumori di grosse dimensioni e di alto grado istologico e lo specifico sottotipo molecolare. All'analisi multivariata infatti il tasso di sopravvivenza cancro specifico a 10 anni fu del 96,1% per i tumori Luminali A, 93,1% per i Luminali B e 86,7% per gli HER2 positivi.

Infine, è importante citare una metaanalisi (79) che ha preso in considerazione 8 studi clinici randomizzati che valutavano l'efficacia e la sicurezza della SLNB rispetto alla ALND. Complessivamente negli 8 studi inclusi, sono state analizzate 8560 pazienti, 4301 nel gruppo sottoposto solo a SLNB e 4259 in quello sottoposto ad ALND. Sono emersi valori di sensibilità del 93%-97,1% e FNR del 5%-22,9%. Tassi di falsi negativi fino al 22,9% hanno fatto sorgere preoccupazioni sulla possibilità di comparsa di AR causate da malattia residua in ascella ma nella pratica il tasso di recidive ascellari va dallo 0% al 3%. Inoltre non sono state evidenziate differenze statisticamente significative in termini di OS, DFS ed AR tra i due gruppi. La morbidità postoperatoria era significativamente inferiore nel gruppo sottoposto solo a SLNB, con un tasso di linfedemi ridotto dal 10-20% al 5-7% ed il dolore e le parestesie all'arto superiore dal 31% al 11%.

Riassumendo possiamo affermare che la SLNB, a partire dal momento della sua introduzione nella metà degli anni 90, si è rapidamente imposta come alternativa ottimale alla ALND per la stadiazione dell'ascella. Infatti, sebbene le caratteristiche di performance varino ampiamente nei vari studi pubblicati in letteratura, tutti hanno confermato che quando effettuata da chirurghi esperti, un risultato negativo appaia predittivo di negativtà nei restanti linfonodi ascellari nella maggior parte delle pazienti, con performance ottimali ed un tasso di falsi negativi paragonabile, sia nel setting delle mastectomie che della chirurgia conservativa. Questa procedura è infatti caratterizzata da valori di IR > 90% (range 65,5%-100%), sensibilità > 90% (range 88-95%), PPV del 100%, NPV>95% (range 91,1%-98%) ed accuratezza >96% (95%-100%). Essa inoltre si associa ad una morbidità significativamente inferiore rispetto alla ALND sia in termini di frequenza che di intensità dei disturbi. Complicanze come linfedema, parestesie, dolore e alterazioni dei movimenti della spalla, si verificano nel 5-50% delle pazienti sottoposte ad ALND vs 4-15% delle pazienti sottoposte a SLNB. Tuttavia è un'osservazione comune che in una percentuale limitata di casi la SLNB non è in grado di identificare la presenza di coinvolgimento ascellare essendo caratterizzata da un FNR inferiore o uguale al 10% (range 0%-16%). In

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base ai dati emersi dai vari studi pubblicati in letteratura è quindi possibile concludere realisticamente che, una certa quota di pazienti con SLNB negativa, abbia cellule cancerose nei rimanenti linfonodi ascellari, in una percentuale di casi che va dal 4% al 10%. La presenza di falsi negativi portava con sè tre principali problematiche.

Il primo rischio ovvio, ampiamente dibattuto sin dai primi studi sulla SLNB, era che in caso di SLN falso negativo, le cellule neoplastiche rimaste nei linfonodi ascellari potessero essere l'origine di metastasi a distanza potendo quindi determinare una recidiva ascellare potenzialmente inoperabile al momento in cui questa si fosse manifestata.

Il secondo problema era legato inoltre ad una potenziale sottostadiazione. Infatti, sulla base di una SLNB negativa le pazienti sarebbero state classificate come stadio I pur essendo invece biologicamente in stadio II, perdendo quindi l'opportunità di ricevere le terapie adiuvanti appropriate.

Infine bisogna tenere presente che, nonostante la SLNB fossse stata primariamente sviluppata per fornire un metodo miniinvasivo di determinazione dello stato dell'ascella, un vantaggio egualmente importante era quello di rendere possibile completare il trattamento chirurgico in un'unica sessione, evitando un secondo intervento in caso di riscontro di SLN metastatico (80). In aggiunta a costi maggiori, un secondo intervento ha infatti effetti psicologici significativi sulla paziente.

Un problema chiave quindi, sottolineato da diversi autori (2,18,50,65,66,80), era come studiare i linfonodi biopsiati intraoperatoriamente, in modo veloce e con la maggiore accuratezza possibile. La tecnica convenzionale di analisi estemporanea con ematossilina-eosina può infatti non identificare dal 15% al 30% delle metastasi (66,80) con conseguente limitata affidabilità di un risultato negativo all'esame istologico estemporaneo del SLN,

troppo spesso contraddetto dall'esame istologico definitivo, con conseguente necessità di un reintervento. Giuliano et al. (48) aveva riportato che il 42.3% dei SLN risultati negativi all'esame con ematossilina-eosina erano poi risultati positivi una volta analizzati con metodiche di immunoistochimica. Zurrida et al (80) impiegando solo la colorazione con ematossilina-eosina riportò un NPV del SLN del 93,7% vs un 95,3% con l'aggiunta della colorazione immunoistochimica. Poichè infatti la SLNB rimuove solo quei linfonodi che si presume siano i più importanti per la diagnosi di carcinoma metastatico (tipicamente 1-3 linfonodi) il pezzo operatorio è piccolo, rispetto a quello ottenuto da una ALND. Per ovviare a questa problematica sono state proposte diverse soluzioni. Un'opzione, ampiamente utilizzata, consiste nell'esaminare in maniera più completa il SLN mediante

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l'utilizzo di un maggior numero di sezioni ciascuna di spessore inferiore rispetto a quelle impiegate normalmente nell'analisi dei linfonodi asportati con una ALND (16,66). Una tecnica alternativa consiste nell'affiancare alla colorazione classica con ematossilina-eosina, tecniche di immunoistochimica come la colorazione con anticorpi anti citocheratina e l'analisi con metodica OSNA. Queste metodiche di indagine rilevano rispettivamente cellule epiteliali presumibilmente metastatiche o DNA/RNA delle cellule tumorali all'interno del SLN (1). L'introduzione di queste più accurate metodiche di analisi del SLN permise di disporre di una tecnica rapida ed accurata di identificazione intraoperatoria delle metastasi ascellari, bypassando il problema della scarsa affidabilità del semplice esame con ematossilina eosina standard. Inoltre si osservò che, contrariamente alla possibile sottostadiazione delle pazienti che era stata inizialmente ipotizzata, la SLNB poteva invece portare addirittura ad una considerevole sovrastadiazione in paragone all'esame istologico effettuato in caso di ALND. Infatti, in studi che includevano pazienti sottoposte a SLNB e successiva ALND di defalut, il tasso di linfonodi ascellari positivi era risultato del 35% (81) ripetto al 27% nelle coorti di pazienti sottoposte esclusivamente ad ALND (8). Questo in conseguenza di una più frequente identificazione di micrometastasi e cellule tumorali isolate (ITC).

Per quanto concerne invece il problema legato alla possibilità di lasciare in ascella una malattia non identificata e pertanto non trattata, è stato necessario eseguire degli studi caratterizzati da un follow-up adeguatamente lungo in modo da poter valutare l'outcome a lungo termine delle pazienti con SLN negativo non sottoposte ad ALND.

Dai vari studi effettuati, che includevano ampie coorti di popolazione e periodi di follow-up fino a 10 anni, emerse che il tasso di AR in caso di SLN negativo era estremamente basso, dell'ordine dell'1%, paragonabile a quella successiva ad ALND (16,82) e significativamente inferiore a quello atteso in base al valore del FNR. Questo indicava chiaramente che un certo numero di metastasi occulte fosse destinato a non manifestarsi mai clinicamente per ragioni che includevano l'effetto della radioterapia mammaria sui linfonodi ascellari di I livello, l'impiego delle terapie adiuvanti sistemiche, il potenziale effetto benefico della preservazione di tessuto linfonodale sano e la possibile natura stessa delle cellule cancerose. Inoltre si osservò come i tassi di sopravvivenza globale a 5 anni nelle pazienti con SLN negativo fossero estremamente elevati, dell'ordine del 97-98%,e del tutto sovrapponibili a quelli di pazienti con ascella negativa sottoposte ad ALND.

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un peggiormanento della prognosi rispetto alla ALND, avvalorando inoltre l'ipotesi che il valore della dissezione ascellare sia stadiativo piuttosto che curativo.

Almeno 69 studi clinici osservazionali e sei studi randomizzati (14,16,67,72,74,78) hanno tutti concluso che la SLNB è fattible ed oncologicamente sicura rispetto alla ALND (80). Grazie a questi dati conclusivi, supportati da studi monocentrici, multicentrici e prospettici randomizzari, la SLNB nelle pazienti con ascella clinicamente negativa è diventata lo standard di trattamento.

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