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CAPITOLO I:
EDILIZIA E SOSTENIBILITA'
1.1 Il ruolo dell'edilizia nei consumi energetici
mondiali e italiani
Per comprendere più a fondo come il settore dell'edilizia incida sui consumi energetici e sull'inquinamento globale e come, per contro, costituisca un enorme potenziale di considerevoli risparmi e di riduzione delle emissioni di carbonio grazie soprattutto all’impiego di materiali più sostenibili, è necessario inquadrare tale settore nel contesto nazionale ed internazionale nel quale ci troviamo oggi che di per sé è sicuramente molto complicato ed incerto. La crisi economica del 2008/2009 infatti ha investito tutte le economie occidentali, con importanti ripercussioni a livello globale. In tutto questo, ciò su cui sembra doversi maggiormente concentrare è il settore energetico il quale infatti ha un ruolo fondamentale nella crescita economica di un Paese, sia per quelli in via di sviluppo sia per il mantenimento degli elevati ritmi di consumo di quelli sviluppati: avere energia a costi competitivi, con limitato impatto ambientale e con elevata qualità del servizio è una condizione essenziale per lo sviluppo delle imprese, delle famiglie e quindi di uno Stato. Assicurare un’energia più competitiva e sostenibile è dunque una delle sfide più rilevanti per il futuro del nostro Paese e del globo in generale.
Il rapporto annuale dell'energia mondiale, il World Energy Outlook (WEO), ha presentato lo scorso Novembre 2015, gli scenari presenti e futuri sull'evoluzione dell'energia e dell'economia nei prossimi decenni. Come spiega il docente di chimica presso l'Università di Firenze Ugo Bardi nel proprio blog, infatti la IEA (International Energy Agency), distingue tre fondamentali campi d'indagine: Politiche Attuali (Current Policies), Nuove Politiche (New Policies) e 450 ppm. Il primo descrive come ci si aspetta che evolvano le cose se le tendenze rimanessero quelle attuali, lo scenario Nuove Politiche è l'evoluzione attesa se si implementassero le politiche annunciate dagli Stati e 450 ppm è come evolverebbe la situazione se gli Stati si impegnassero ad evitare che la
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concentrazione di CO2 nell'atmosfera raggiungesse le 450 parti per milione.
Secondo la sintesi del rapporto, le questioni più rilevanti nella situazione attuale sarebbero la forte caduta dei prezzi del petrolio, gli impegni che le nazioni stanno prendendo in tutto il mondo per ridurre le emissioni di CO2, la
transizione della Cina ad un'economia meno intensiva nei confronti del carbonio e l'ascesa energetica dell'India. La stima probabilmente più interessante è quella secondo la quale "la domanda globale congiunta di petrolio e carbone giungerà al suo massimo nel 2020 per poi entrare in un chiaro declino, mentre l'uso del gas naturale lo compenserà solo fino al 2030”. La IEA prevede infatti che il consumo di petrolio negli Stati Uniti e nella UE diminuisca, per entrambi, di circa 4 milioni di barili al giorno (Mb/g), ovvero di più del 20% del consumo attuale nel caso dei primi e intorno al 30% nel caso della seconda. Perché si verifichi una tale diminuzione si ipotizza che soprattutto il gas naturale, ma anche le rinnovabili, li sostituiranno parzialmente.
Secondo la sintesi del rapporto del WEO, la domanda mondiale di energia è attesa aumentare del 33% al 2040, ma il trend di crescita della popolazione e dell’economia mondiale è caratterizzato da una minore intensità energetica rispetto al passato. L’incremento della domanda mondiale di energia rallenta infatti sensibilmente, da una crescita media annua superiore al 2% negli ultimi due decenni all’1% dopo il 2025; ciò è il risultato principalmente delle dinamiche
Figura 1- Richiesta di energia primaria mondiale. Fonte: http://ugobardi.blogspot.it/2015/12/world-energy-outlook-2015-prospettive.html
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dei prezzi, delle politiche intraprese e della transizione strutturale dell’economia mondiale verso una maggiore importanza dei servizi e dell’industria a minore intensità di consumo energetico.
La distribuzione geografica della domanda mondiale di energia cambierebbe ancora più radicalmente: mentre in gran parte dell’Europa, Giappone, Corea e Nord America i consumi mostrano una sostanziale stabilità, la crescita si concentra nel resto dell’Asia (60% del totale), in Africa, in Medio Oriente e in America Latina. La svolta viene prevista attorno all’inizio del decennio 2030 quando la Cina diventa il primo consumatore petrolifero mondiale superando gli Stati Uniti, dove la domanda di petrolio diminuisce riportandosi su livelli che non si verificavano da decenni. Ma, a partire da quel momento, i principali motori della crescita della domanda mondiale di energia saranno India, Sudest asiatico, Medio Oriente e Africa sub-sahariana.
Il risultato di questi sviluppi di mercato e delle conseguenti scelte politiche porterebbe ad una riduzione della quota delle fonti fossili sulla domanda primaria di energia appena al di sotto del 75% al 2040, quantità che non basterebbe per arrestare l’aumento delle emissioni di anidride carbonica legate all’energia, che infatti crescono di un quinto. A causa di queste dinamiche, l'andamento della temperatura media mondiale di lungo termine continua a muoversi lungo una traiettoria coerente con un incremento di circa 3,6 °C. Il Panel Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici stima invece che per avere i 2/3 delle possibilità di limitare il riscaldamento entro i 2°C (che rappresenta l'obiettivo concordato a livello internazionale per evitare più ampie e gravi
Figura 2-Richiesta di energia primaria per Paese nello scenario delle Nuove Politiche dal 1990 al 2040. Fonte: http://ugobardi.blogspot.it/2015/12/world-energy-outlook-2015-prospettive.html
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implicazioni legate al cambiamento climatico), le emissioni totali mondiali di CO2
dall'inizio dell'epoca industriale dovrebbero essere limitate a 1.000 giga tonnellate di carbonio. Questo intero ammontare però, secondo i trend attesi verrebbe emesso nel periodo compreso fino al 2040. Dal momento che le emissioni non crolleranno a zero velocemente una volta raggiunta questa soglia, risulta evidente che il perseguimento dell’obiettivo dei 2°C richiede un’azione urgente e tale da indirizzare il sistema energetico lungo un percorso più sicuro. Sarà questo infatti l'oggetto di discussione principale dei prossimi rapporti del WEO.
L' analisi del panorama futuro conduce inoltre ad un aumento dei timori sulla sicurezza energetica. Infatti se nel breve termine, il mercato petrolifero risulta ancora ben fornito, questo non può dirsi quando le politiche e i mercati subiranno gli sviluppi sopra citati. La fornitura energetica andrà probabilmente incontro a molte criticità dovute soprattutto alla dipendenza da un numero relativamente ristretto di produttori. La situazione in Medio Oriente è una delle principali ragioni di preoccupazione in quanto la crescita dell’offerta petrolifera dipende sempre più da questa regione; questo è vero soprattutto per i paesi asiatici, i quali potrebbero raggiungere l'importazione dei due terzi dei volumi di greggio scambiati a livello internazionale al 2040.
Passando ora brevemente in rassegna la situazione prevista futura delle principali fonti di energia di quasi egual peso al 2040 (petrolio, gas, carbone e fonti a basso contenuto di carbonio), si evidenziano le criticità e gli andamenti di ciascuna. Se si sposta l'attenzione su i trend della domanda petrolifera si notano quali sono gli sviluppi a livello regionale a cui probabilmente si andrà incontro: per ogni barile di petrolio che non verrà più consumato nei paesi OCSE (Paesi che fanno parte dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), due barili in più sono richiesti da quelli non-OCSE. Inoltre il maggior consumo nel settore trasporti e petrolchimico fa sì che la domanda di petrolio continui a muoversi lungo una linea di crescita, passando da 90 milioni di barili al giorno (mb/g) nel 2013 a 104 mb/g nel 2040 anche se comunque il ritmo di crescita rallenta in quanto alti prezzi e nuove misure politiche tendono a stabilizzare il livello della domanda. Per questi motivi, nonostante per soddisfare i consumi attesi, entro il decennio 2030 sarebbe necessario investire circa 900 miliardi di dollari l’anno nello sviluppo di petrolio e gas, permangono molti dubbi sulla tempestiva realizzazione di questi investimenti. Per quanto riguarda il gas naturale, la domanda dovrebbe aumentare di oltre il 50%, mostrando il tasso di incremento più sostenuto tra le fonti fossili, e l’aumento di un
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commercio mondiale di gas naturale liquefatto (GNL) maggiormente flessibile fornisce una sorta di protezione contro il rischio di interruzioni delle forniture. Le principali regioni che guidano l’aumento della domanda di gas sono la Cina e il Medio Oriente, ma attorno al 2030 il gas diventa anche la fonte principale nel mix energetico dell’OCSE, grazie alle nuove normative adottate negli Stati Uniti volte a limitare le emissioni del settore elettrico. A differenza del petrolio, la produzione di gas aumenta quasi ovunque (l’Europa rappresenta la principale eccezione) e il gas non convenzionale conta per quasi il 60% della crescita dell’offerta mondiale. La principale incertezza – al di fuori del Nord America – è se il gas naturale possa essere reso disponibile a prezzi adeguati per i consumatori e che allo stesso tempo sia in grado di stimolare i cospicui e necessari investimenti in progetti ad alta intensità di capitale; ciò rappresenta un punto cruciale in molti mercati emergenti dell’area non-OCSE, in particolare in India e in Medio Oriente, ed anche per il commercio internazionale. Per quanto riguarda le risorse di carbone invece, queste di per sé sarebbero abbondanti e l’offerta sicura, ma è il suo consumo futuro ad essere condizionato dalle misure politiche volte a contrastare l’inquinamento e a ridurre le emissioni di CO2. La domanda mondiale di carbone aumenta del 15% al 2040, ma quasi i
due terzi della crescita si verificano nei prossimi dieci anni. Il consumo di carbone della Cina si stabilizza attorno ad una quota di poco superiore al 50% della domanda mondiale, per poi ridursi dopo il 2030. La domanda diminuisce nell’area OCSE, inclusi gli Stati Uniti, dove l’uso di carbone per la generazione elettrica cala di oltre un terzo. L’India supera gli Stati Uniti come secondo maggior consumatore di carbone prima del 2020 e subito dopo sorpassa la Cina come principale importatore. Al 2040, Cina, India, Indonesia e Australia contano per oltre il 70% dell’offerta mondiale di carbone, il che evidenzia il ruolo centrale dell’Asia sui mercati carboniferi. L’adozione di tecnologie ad alta efficienza per la generazione elettrica a carbone e, nel più lungo termine, di sistemi di cattura e stoccaggio del carbonio, può rappresentare una strategia prudente e finalizzata ad assicurare una transizione graduale verso un sistema elettrico a basso contenuto di carbonio, riducendo al contempo il rischio che la capacità rimanga inutilizzata prima del pieno recupero dei costi di investimento. (da WEO 2014, Executive Summary).
Su ogni fronte è quindi presente una buona dose di pressione che grava sull'offerta di energia, contemporanea all'incombenza dell'inquinamento e della soglia dei 2°C: l'offerta futura potrà soddisfare una domanda alla fin fine sempre comunque in crescita? Allo stesso tempo si riuscirà a diminuire in maniera
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sostanziale la dipendenza da combustibili fossili e ad aumentare la percentuale di energie rinnovabili in modo tale da ridurre l’inquinamento ambientale? Quest'ultimo problema soprattutto, assume rilevanza considerando che i sussidi alle fonti fossili hanno raggiunto i 550 miliardi di dollari nel 2013 – più di quattro volte quelli elargiti a favore delle energie rinnovabili – rappresentando un ostacolo agli investimenti in efficienza e in fonti rinnovabili. In Medio Oriente, circa 2 mb/g di greggio e di prodotti raffinati vengono utilizzati per la generazione elettrica ma, in assenza di sussidi, le principali tecnologie rinnovabili sarebbero competitive rispetto alle centrali elettriche alimentate a petrolio. In Arabia Saudita, l’investimento addizionale necessario per l’acquisto di un' autovettura due volte più efficiente rispetto alla media delle vetture circolanti attualmente è recuperabile in 16 anni: questo periodo di ritorno dell’investimento si ridurrebbe a 3 anni se la benzina non fosse sussidiata. Non è facile riformare i sussidi energetici e non esiste una formula vincente univoca. Una possibile ma concreta possibilità sono le misure per l'efficienza intraprese nei diversi settori: queste infatti ridurrebbero il costo delle importazioni energetiche ed aumenterebbero gli effetti benefici sull’ambiente. Nella sostanza ciò che è necessario sono cambiamenti strutturali profondi, frutto del reale desiderio delle società di ridurre le emissioni di CO2 ed
essere più efficienti.
Nello scenario fin qui esposto a noi interessa però soprattutto capire quale sia la posizione occupata dal settore edile e il ruolo di quest'ultimo nei consumi energetici mondiali. Per avere subito un'idea chiara ed inquadrare il settore in una visione globale è possibile fare riferimento alle immagini seguenti:
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Appare subito evidente come il settore delle costruzioni, residenziale e terziario, sia fortemente coinvolto nel consumo energetico. Questo è vero non solo in Italia, come analizzeremo più nel dettaglio in seguito, ma in tutti i Paesi Ocse: Stati Uniti, Europa e USA consumano infatti la maggior quantità di energia (circa il 40%), nel settore edile. Basti pensare che i 193 milioni di edifici dell'UE causano a livello globale circa il 50% delle emissioni di SO2 (biossido di zolfo), il
22% di NOx (ossido di azoto) e più in generale un terzo delle immissioni di gas serra. Queste emissioni inoltre sono per lo più riferite alla fase di utilizzo degli edifici e restano quindi escluse quelle relative alle fasi di produzione dei materiali che vengono attribuite al settore delle industrie (e che risultano essere pari a circa il 10% di quello totali), e i contributi relativi ad altre attività comunque legate alle costruzioni come ad esempio i trasporti.
Nel trentennio che va dal 2000 al 2030 ci si aspetta un incremento annuo dei consumi dello 0,6%, dovuto all’incremento delle abitazioni più che ad un effettivo aumento demografico. L’aumento dei consumi seguirà un andamento più rapido nei Paesi ad economia e tecnologie sviluppate piuttosto che in quelli a medio e basso sviluppo. Nonostante negli ultimi anni l’innovazione tecnologica stia migliorando, le prestazioni energetiche di molti strumenti e dispositivi elettronici e l’estendersi ad una maggiore fascia della popolazione di molte tecnologie che fino a poco tempo fa erano considerate “di lusso” (ad esempio i condizionatori di raffrescamento), fa sì che tuttora non si possa godere dei benefici delle riduzioni di consumo assunte in precedenza (Balaras et al., 2005). In Italia, ad esempio, si è osservato che, negli ultimi anni, il consumo elettrico estivo degli edifici italiani ha iniziato a superare quello invernale. Ciò avviene per il combinato effetto del più alto livello di confort richiesto dagli utenti e delle più frequenti oscillazioni stagionali delle temperature dovute al cambiamento climatico (Aste et al., 2010). Poiché il settore civile risulta essere il primo settore per quanto riguarda i consumi energetici rispetto agli altri, le emissioni di gas serra dovute all’uso di energia per gli edifici sono significativamente superiori a quelli dovuti ad altri settori. Se si analizza la situazione italiana, è possibile notare che il nostro Paese segue esattamente gli andamenti delineati. Osservando infatti il Bilancio Energetico Nazionale degli anni 2012 e 2013, si nota come i consumi per gli usi civili rappresentino la quota maggiore rispetto al totale:
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Infatti il patrimonio edilizio italiano è fortemente energivoro: se si pensa inoltre che esso è composto da 13,7 milioni di edifici (12,1 milioni adibiti ad uso residenziale e 1,6 milioni adibiti ad uso non residenziale) e il 70% circa di questi sono stati costruiti prima che venisse introdotta qualsiasi norma sull'efficienza energetica in edilizia, si capisce come questo sia possibile: l'edilizia genera, da sola, il 36% dei consumi energetici complessivi italiani. Il fabbisogno energetico medio degli edifici del nostro Paese è anche superiore a quello di altri nostri "vicini" (180 kWh/m2, contro un fabbisogno medio di 160 kWh/m2 della Spagna e di 150 kWh/m2 della Francia) (da "Progettare e installare l'integrazione per l'efficienza", convegno del 20 Novembre 2014 presso Politecnico di Milano).
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L'Italia è anche tra i paesi Ue che hanno tagliato di meno le emissioni di CO2,
restando il quarto maggiore "inquinatore" tra i 28, anche se si può considerare tra i virtuosi sulla riduzione del consumo energetico e sullo sviluppo di energie rinnovabili.Infatti secondo le stime elaborate dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, nel 2013 le emissioni di gas serra dell’Italia sarebbero diminuite di circa il 6% rispetto all'anno precedente e alla base di questo sta innanzitutto la riduzione dei consumi dei combustibili fossili.
Sicuramente uno dei punti cardine della strategia dello sviluppo sostenibile per il nostro Paese, essendo il settore edile uno dei maggiori soggetti implicati, è la minimizzazione del consumo energetico durante la produzione dei materiali edilizi, la costruzione degli edifici e il loro ciclo di vita. In base all’analisi dei fattori nocivi per l’ambiente, risulta infatti che la maggior parte di essi (effetto serra, acidificazione, tossicità, etc.) deriva dalla combustione dei combustibili fossili. L’effetto serra prevale durante la fase d’uso dell’edificio, mentre gli altri (in particolare la tossicità) durante la fase di produzione (Sobotka & Rolak, 2009). Recentemente un notevole sforzo applicativo è stato fatto per l'uso di materiali e di risorse energetiche rinnovabili nell’edilizia al fine di utilizzare l'energia in modo efficiente riducendo così l'impronta di carbonio. Nel seguito si riporta l'excursus normativo che ha portato e che porterà il Paese, coerentemente con le Direttive Europee, alla rimozione delle barriere che ritardano la diffusione dell’efficienza energetica, sia a livello nazionale che locale. Infatti il potenziale di risparmio energetico è molto ampio e le misure adottate, insieme al rafforzamento delle iniziative per l'efficienza energetica, possono, se osservate, portare a grandi benefici su vasti fronti: non solo la diminuzione dell'inquinamento ma anche un incremento simultaneo della salute, del benessere e della tutela dei consumatori e della produttività industriale.
1.2 L'evoluzione normativa per l'efficienza
energetica degli edifici in Italia
Si ripercorrono ora brevemente, le tappe che hanno condotto all'evoluzione legislativa sul risparmio energetico degli edifici, sottolineando le leggi essenziali per la comprensione dell'attuale quadro legislativo italiano.
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Nel 1973 a seguito della guerra del Kippur e del successivo embargo imposto dall’OPEC, (l’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio), ci fu un improvviso aumento del costo del barile di petrolio che mise in crisi il modello economico ed energetico occidentale; la crisi energetica portò all'emanazione di una serie di provvedimenti legislativi, come la legge 373/76 sul contenimento dei consumi energetici che ha soprattutto contribuito a ravvivare (non senza grandi critiche) l'attenzione alla componente energetica nella progettazione degli edifici. La mancata efficacia di questa legge fu dovuta sostanzialmente allo scarso controllo effettuato dagli enti preposti e al disinteressamento degli uffici tecnici comunali. Inoltre erano esclusi dal provvedimento gli edifici esistenti che rappresentavano la maggioranza del patrimonio immobiliare.
La prima legge quadro emanata dallo Stato fu la 308 del 1982, attraverso la quale le Regioni poterono distribuire i fondi resi disponibili dallo Stato per iniziative che andavano dalla riqualificazione energetica dell'involucro, all'applicazione di tecniche di utilizzo di fonti energetiche alternative (come quella solare), all'applicazione delle tecniche più evolute (come pompe di calore, sistemi di cogenerazione o caldaie ad alto rendimento). Questa legge è certamente servita a far acquisire sia a progettisti che alle utenze, una maggiore sensibilità e consapevolezza sull'uso più razionale delle fonti di energia e sulla possibilità di investire in questo ambito; si è venuta a creare, probabilmente con questa legge, una prima coscienza e cultura energetica della progettazione anche se i finanziamenti elargiti ad un grande numero di richieste poco consistenti a causa dell'incapacità degli operatori pubblici preposti all'esame delle richieste di finanziamenti, ha fatto sì che questa legge abbia rappresentato non tanto il fine quanto il mezzo per una corretta gestione del sistema energetico italiano.
E' con la legge 10 del 1991 che il risparmio energetico viene inteso come fatto impositivo. Infatti, nonostante il titolo "Norme per l'attuazione del Piano Energetico Nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia", sia molto simile a quello della precedente 308, i contenuti sono innovativi e consentiranno un salto qualitativo in materia. La legge prevede l'erogazione di contributi a sostegno dell'uso delle fonti rinnovabili in edilizia, delle iniziative che riducono i consumi specifici nella climatizzazione e nell'illuminazione di ambienti e nella produzione di energia elettrica ed acqua calda sanitaria. I contributi vengono anche elargiti ad aziende pubbliche e private o a consorzi per la progettazione e realizzazione di impianti con caratteristiche innovative e che utilizzino fonti
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rinnovabili di energia. Purtroppo i fondi destinati alla legge 10 sono stati tra i più decurtati dalla finanziarie immediatamente successive anche se la parte più rilevante di questa legge è quella che riguarda il passaggio dall'incentivo all'obbligo in questo ambito. Si riportano solo alcuni esempi più rilevanti:
x Gli impianti di riscaldamento al servizio degli edifici di nuova costruzione, devono essere progettati e realizzati in modo tale da consentire l'adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore per ogni unità immobiliare, questo per ottenere la gestione autonoma e la produzione del calore centralizzata;
x Negli edifici di proprietà o ad uso pubblico, deve essere favorito il ricorso a fonti rinnovabili di energia, salvo impedimenti tecnici o economici dimostrabili mediante relazione tecnica;
x Durante l'esercizio degli impianti il proprietario, o per esso un terzo, che se ne assume le responsabilità, deve adottare misure necessarie per contenere i consumi di energia, entro i limiti di rendimento previsti dalla normativa vigente in materia;
x Debbano essere emanate norme per la certificazione energetica degli edifici e nel caso di compravendita o locazione il certificato deve essere portato a conoscenza dell'acquirente o locatario. In particolare è l’articolo 30 della Legge 10/91 che introduce il concetto di certificazione energetica degli edifici, articolo che tuttavia non troverà in questi anni la sua pratica applicazione non essendo stato emanato il relativo Decreto Attuativo. La certificazione si prefiggeva il raggiungimento di due obiettivi: ƒ introdurre norme e procedure unitarie per determinare la qualità energetica degli edifici e indurre l’utente finale a includere il parametro energetico nella valutazione dell’immobile. Rispetto al panorama europeo l’art. 30 della Legge appariva veramente innovativo e prevedeva gli strumenti efficaci per la sua operatività sia in caso di compravendita o locazione (certificato di certificazione energetica) sia allorché il proprietario o il locatario volessero richiedere al Comune la certificazione energetica dell’intero immobile o della singola unità immobiliare.
Si può in definitiva affermare che la legge 10 ha modificato l'approccio al risparmio energetico in edilizia, fissando nuovi criteri per una progettazione energeticamente consapevole e stabilendo precise responsabilità ed obblighi.
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Gli effetti della legge 10 si potranno tuttavia valutare con un ritardo temporale notevole in quanto le norme attuative sono divenute operative solo nella seconda metà del 93 con il DPR 412/93 il quale prevede anche:
x La determinazione delle zone climatiche;
x La durata giornaliera di attivazione e i periodi di accensione degli impianti di riscaldamento;
x La temperatura massima dell'aria interna.
Il decreto stabilisce inoltre che i fabbisogni massimi degli impianti per la climatizzazione invernale debba essere effettuata secondo la normativa UNI e fissa norme per gli edifici esistenti, imponendo dei rendimenti minimi di combustione, al di sotto dei quali è obbligatorio procedere alla sostituzione del generatore di calore. Vengono infine fissate le tecnologie di utilizzo delle fonti rinnovabili di energia da applicarsi negli edifici di proprietà pubblica o di uso pubblico di nuova costruzione o ristrutturati.
Un altro passo rilevante nella storia normativa sul risparmio energetico nell'edilizia viene fatto con la pubblicazione della direttiva 2002/91/CE del 16
dicembre 2002 sul rendimento energetico dell’edilizia. L' Unione Europea infatti
adotta una serie di misure ed interventi necessari per conformarsi al protocollo di Kyoto. L’edificio, gli impianti di riscaldamento, di condizionamento, di illuminazione ed di aerazione devono essere progettati con un basso consumo di energia nel rispetto del benessere degli occupanti. La Direttiva sottolinea come gli edifici occupati dalle pubbliche autorità o aperti al pubblico dovrebbero assumere un approccio esemplare nei confronti dell’ambiente e dell’energia assoggettandosi alla certificazione energetica ad intervalli regolari ed affiggendo sull’edificio l’attestato di certificazione oltre ad adottare misure di sensibilizzazione degli occupanti verso l’uso consapevole dell’energia. Vengono introdotte inoltre disposizioni riguardanti:
x Metodologia generale per il calcolo del rendimento energetico “integrato” degli edifici;
x Requisiti minimi di rendimento energetico degli edifici distinguendo fra edifici nuovi e ristrutturazioni e fra differenti categorie di edifici;
x Certificazione energetica degli edifici;
x Ispezione periodica degli impianti termici e di condizionamento;
x Altri chiarimenti e precisazioni come posizione ed orientamento dell’edificio in riferimento alle caratteristiche microclimatiche dell’area,
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illuminazione naturale, caratteristiche termiche dell’edificio e di tenuta all’aria, dotazioni impiantistiche dell’edificio, sistemi solari passivi e protezione solare, sistema di condizionamento d’aria e di ventilazione (meccanica e naturale).
La presa di coscienza e la mobilitazione internazionale sulle problematiche energetiche ed ambientali ha avuto come vantaggio l' ulteriore evoluzione legislativa e normativa e come effetto la riduzione dei fabbisogni energetici; da questo momento infatti il mercato edilizio dovrà necessariamente diventare più trasparente e sensibile al tema dell’efficienza energetica degli edifici e si dovranno rispettare gli impegni internazionali sui cambiamenti climatici che il nostro paese si è assunto con la firma dei vari protocolli internazionali, primo fra tutti il protocollo di Kyoto.
Solo nel 2005 viene però avviato il recepimento della Direttiva 2002/91/CE, con il decreto 19 Agosto 2005, n.192, il quale stabilisce i criteri, le condizioni e le modalità per migliorare le prestazioni energetiche degli edifici al fine di favorire lo sviluppo, la valorizzazione e l'integrazione delle fonti rinnovabili e la diversificazione energetica, contribuire a conseguire gli obiettivi nazionali di limitazione delle emissioni di gas a effetto serra posti dal protocollo di Kyoto, promuovere la competitività dei comparti più avanzati attraverso lo sviluppo tecnologico. Il decreto si occupa in particolare di disciplinare:
x Metodologia di calcolo delle prestazioni energetiche integrate degli edifici;
x Criteri generali per la certificazione energetica degli edifici prevedendo l’obbligo per gli edifici di nuova costruzione di dotarsi di un attestato di certificazione energetica. L’attestato che ha una validità massima di 10 anni dal rilascio, deve essere aggiornato ad ogni intervento di ristrutturazione che modifichi le prestazioni energetiche dell’edificio e deve riportare i dati relativi all’efficienza energetica dell’edificio e suggerimenti per il miglioramento della prestazione energetica;
x Criteri per garantire la qualificazione e l'indipendenza degli esperti incaricati della certificazione energetica e delle ispezioni degli impianti; x Raccolta informazioni ed esperienze, elaborazioni e studi necessari
all'orientamento della politica energetica del settore;
x Promozione dell'uso razionale dell'energia anche attraverso l'informazione e la sensibilizzazione degli utenti finali, la formazione e l'aggiornamento degli operatori del settore.
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Il Decreto 192/2005 è stato successivamente modificato e integrato con il
D.lgs 311/2006;ai sensi di questo decreto sono attualmente richieste specifiche verifiche energetiche differenziate in base al regime (invernale od estivo) ed in funzione della tipologia di intervento, della categoria dell’edificio e di una scadenza in fasce temporali.
Con il D.lgs 3 marzo 2011, n.28, che recepisce la Direttiva 2009/28/CE sulla promozione delle energie rinnovabili, è stato introdotto l’obbligo di inserire nei contratti di compravendita o di locazione una clausola con la quale l’acquirente o il conduttore dichiarano di aver ricevuto le informazioni relative alla certificazione energetica. Lo stesso D.lgs 28/2011 prevede che, dal primo gennaio 2012, gli annunci commerciali di vendita di edifici o di 10 singole unità immobiliari riportino l’indice di prestazione energetica contenuto nell’attestato di certificazione energetica.
Rilevante risulta poi essere la Legge 90/2013 "per il miglioramento della prestazione energetica degli edifici" che ha convertito con modificazioni il Decreto Legge 63/2013, recante disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo. Tra le principali novità introdotte, che saranno successivamente oggetto di specifici decreti attuativi di carattere tecnico, si segnalano:
• Edificio ad energia quasi zero (Nearly Zero Energy Building – NZEB). La legge definisce il concetto di confine del sistema, l’energia prodotta in situ (energia prodotta o prelevata all’interno del confine del sistema) ed il livello ottimale in funzione dei costi. A partire dal 1° gennaio 2019 gli edifici di nuova costruzione di proprietà pubblica o occupati dalla Pubblica Amministrazione dovranno essere NZEB; tutti gli altri edifici nuovi dovranno rispettare tale requisito dal 1° gennaio 2021.
• Metodologia di calcolo relativa alla prestazione energetica degli edifici: essa viene aggiornata in riferimento alle Norme UNI TS 11300 (parti da 1 a 4) e alla Raccomandazione 14 del Comitato Termotecnico Italiano.
• Requisiti minimi di prestazione energetica. Saranno definiti in base alle valutazioni tecniche ed economiche derivanti dall’applicazione di una metodologia comparativa e aggiornati ogni 5 anni in base ai requisiti minimi che rispettano le valutazioni tecniche ed economiche di convenienza, fondate sull’analisi costi benefici del ciclo di vita economico degli edifici (per le nuove costruzioni e le ristrutturazioni importanti, i requisiti sono determinati con
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l’utilizzo di un “edificio di riferimento”, in funzione della tipologia edilizia e della fascia climatica) e sul rispetto della qualità energetica prescritta specifica per il fabbricato (indici di prestazione termica e di trasmittanze) e parametri complessivi (indici di prestazione energetica globale, espressi sia in energia primaria totale che in energia primaria non rinnovabile).
• Attestato di Prestazione Energetica (APE). La Legge introduce l’obbligo per chi vende o affitta un immobile di allegare l’APE al contratto, contenente una serie di informazioni e indicatori, tra cui: prestazione energetica globale dell’edificio sia in termini di energia primaria totale che di energia primaria non rinnovabile, attraverso i rispettivi indici, classe energetica determinata attraverso l’indice di prestazione energetica globale dell’edificio, requisiti minimi di efficienza energetica vigenti a norma di legge, emissioni di anidride carbonica, energia esportata, raccomandazioni per il miglioramento dell’efficienza energetica dell’edificio con le proposte degli interventi più significativi ed economicamente convenienti.
• Detrazioni fiscali. Il provvedimento proroga le detrazioni del 50% sulle ristrutturazioni, estendendole anche agli arredi, e porta la detrazione per riqualificazione energetica dal 55% al 65%.
Per quanto concerne gli impianti termici, fondamentale risulta essere il
Decreto del Presidente della Repubblica 74/2013 il contiene una serie di obblighi
e criteri da applicare all’edilizia pubblica e privata. Tra questi si evidenziano in particolare i nuovi valori limite per tutti gli edifici (ad eccezione di ospedali e strutture similari), della temperatura ambiente per la climatizzazione invernale (la media ponderata delle temperature dell’aria, misurata nei singoli ambienti riscaldati di ciascuna unità immobiliare, non deve superare 18°C + 2°C di tolleranza per gli edifici adibiti ad attività industriali, artigianali e assimilabili, e 20°C + 2°C di tolleranza per tutti gli altri edifici) ed estiva (la media ponderata delle temperature dell’aria, misurata nei singoli ambienti raffrescati di ciascuna unità immobiliare, non deve essere minore di 26°C – 2°C di tolleranza per tutti gli edifici).
Il Decreto definisce anche i limiti orari di esercizio degli impianti termici per la climatizzazione invernale, relativi al periodo annuale e alla durata giornaliera, in base alla zona climatica (Fig.4). Gli impianti possono essere messi in funzione superando la durata indicata solo in situazioni climatiche particolari, e per un tempo giornaliero che non oltrepassi la metà del limite consentito (per il tetto massimo di ore giornaliere sono esclusi gli ospedali e le strutture assimilate,
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come pure gli impianti termici che utilizzano calore proveniente da centrali di cogenerazione, o sistemi di riscaldamento del tipo a pannelli radianti).
Inoltre, alle Autorità competenti delle Regioni, in collaborazione con gli Enti Locali, sono affidati i controlli dell’efficienza energetica degli impianti termici, gli accertamenti e le ispezioni sugli impianti termici, con le indicazioni sui criteri da adottare per le verifiche delle operazioni. La figura 5 riporta la cadenza prescritta per i controlli di efficienza energetica sugli impianti di climatizzazione invernale ed estiva, in base alla tipologia di impianto.
Figura 5 - DPR 74/2013: periodicità dei controlli di efficienza energetica per tipologia di impianto. Fonte : RAEE 2015
Il Decreto prevede la promozione di programmi per la qualificazione e l’aggiornamento professionale dei soggetti cui affidare le attività di ispezione sugli impianti termici, nonché di programmi per la verifica annuale della conformità dei rapporti di ispezione. In attuazione del Decreto, il Ministero dello Sviluppo Economico ha definito i modelli di libretto di impianto per la climatizzazione e di rapporto di efficienza energetica e stabilito che il Comitato Termotecnico metta a disposizione degli esempi applicativi per le tipologie impiantistiche più diffuse, al fine di facilitare e uniformare la compilazione del libretto di impianto per la climatizzazione e dei rapporti di controllo di efficienza energetica. Nel novembre 2014, di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico e con la collaborazione del CTI, l’ENEA ha predisposto delle linee
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guida per l’attuazione del Decreto in tema di esercizio, manutenzione e controllo degli impianti termici degli edifici.
Il Decreto del Presidente della Repubblica 75/2013 "sulla certificazione energetica degli edifici" abilita come soggetti certificatori cui affidare la certificazione energetica degli edifici i seguenti profili:
x Tecnici in possesso di un adeguato titolo di studio ed abilitati alla professione.
x Società di servizi energetici che operano conformemente alle disposizioni di recepimento e attuazione della direttiva 2006/32/UE sull’efficienza energetica degli usi finali dell’energia e i servizi energetici, che esplichino le attività con tecnici abilitati.
x Enti Pubblici e organismi di diritto pubblico operanti nel settore dell’energia e dell’edilizia che esplicano l’attività con un tecnico o con un gruppo di tecnici abilitati in organico.
x Organismi pubblici e privati qualificati a effettuare attività di ispezione nel settore delle costruzioni edili, opere di ingegneria civile in generale e impiantistica connessa.
Il Decreto prevede corsi di formazione finalizzati all’abilitazione svolti a livello nazionale da università, organismi ed enti di ricerca e da consigli, ordini e collegi professionali autorizzati dal Ministero dello Sviluppo Economico. Il Decreto definisce altresì i contenuti minimi dei corsi. Vengono fissati inoltre i criteri per effettuare i controlli di qualità del servizio: essi comprendono accertamenti documentali degli Attestati di Prestazione Energetica, valutazioni di congruità dei dati di progetto o delle diagnosi e le ispezioni dell’edificio. Vengono infine introdotte misure di semplificazione per l’aggiornamento dell’Attestato di Certificazione Energetica in caso di riqualificazioni puramente impiantistiche.
1.2.1 Linee Guida Nazionali per l'attestazione della
prestazione energetica degli edifici
Il recente decreto del 26 giugno 2015 del Ministro dello sviluppo economico di concerto con i Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture e dei trasporti e per la semplificazione e la pubblica amministrazione, ha il fine di adeguare le "Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici”, del decreto legislativo 19 agosto 2005, n.
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192. Le presenti linee guida definiscono il sistema di attestazione della
prestazione energetica degli edifici (APE), comprendente i criteri generali, le
metodologie per il calcolo, la classificazione degli edifici, le procedure amministrative e le norme per i controlli della regolarità tecnica e amministrativa. Il sistema di attestazione della prestazione energetica degli immobili di cui alle presenti linee guida è volto a favorire un'applicazione omogenea su tutto il territorio nazionale che consenta la valutazione e il confronto tra immobili da parte dell’utente finale. L’APE descritto nelle presenti linee guida, ha il fine di rappresentare uno strumento di chiara comprensione per la valutazione, in relazione alla prestazione energetica dell’immobile, della convenienza economica all’acquisto, alla locazione e nella realizzazione di interventi di riqualificazione energetica dell’immobile stesso. Le presenti linee guida riportano procedure di calcolo della prestazione energetica utilizzabili in modo alternativo in relazione alle caratteristiche dell’immobile e al livello di approfondimento richiesto, al fine di minimizzare gli oneri a carico del cittadino. Nel caso di edifici esistenti nei quali coesistono porzioni di immobile adibite ad usi diversi (ad esempio residenziale ed altri usi), qualora non fosse tecnicamente possibile trattare separatamente le diverse zone termiche, l’edificio è valutato e classificato in base alla destinazione d’uso prevalente in termini di volume riscaldato. Per gli edifici adibiti ad attività industriali, artigianali e assimilabili, l’obbligo di attestazione della prestazione energetica può limitarsi alle sole porzioni di essi adibite a uffici e assimilabili ai fini della permanenza di persone, purché scorporabili agli effetti dell'isolamento termico, sempre che le residue porzioni siano escluse dall'obbligo ai sensi di quanto sopra indicato. L'attività agricola è assimilabile ad attività industriale o artigianale.
Nelle Linee Guida vengono inoltre individuati gli aspetti generali riguardanti la Prestazione energetica degli immobili: ai fini della classificazione, la prestazione energetica dell’immobile è espressa attraverso l’indice di prestazione energetica globale non rinnovabile EPgl,nren. Tale indice tiene conto del fabbisogno di
energia primaria non rinnovabile per la climatizzazione invernale ed estiva (EPH,nren ed EPC,nren), per la produzione di acqua calda sanitaria (EPW,nren), per la
ventilazione (EPV,nren) e, nel caso del settore non residenziale, per l’illuminazione
artificiale (EPL,nren) e il trasporto di persone o cose (EPT,nren). Pertanto esso si
determina come somma dei singoli servizi energetici forniti nell’edificio in esame. L’indice è espresso in kWh/m2anno in relazione alla superficie utile di riferimento. L’APE pone nella massima evidenza i servizi energetici presi in considerazione per la valutazione, riportando questa informazione negli appositi
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spazi e nelle note, infatti si ritiene di fondamentale importanza che l’APE, oltre a fornire l’indice di prestazione energetica globale (EPgl), riporti anche
informazioni sui contributi dei singoli servizi energetici che concorrono a determinarlo (EPH , EPW , EPV , EPC, EPL, EPT). Tali indici sono, a loro volta, la
sintesi di diversi parametri e caratteristiche dell’edificio e degli impianti. In particolare:
- EPH, indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale, deriva
dall’indice della capacità dell’involucro edilizio nel contenere il fabbisogno di energia per il riscaldamento (EPH,nd: indice di prestazione termica utile per la
climatizzazione invernale dell’edificio) e dal rendimento dell’impianto di riscaldamento (ηH: rendimento medio stagionale dell’impianto di
riscaldamento);
- EPC, indice di prestazione energetica per la climatizzazione estiva, deriva
dall’indice della capacità dell’involucro edilizio nel contenere il fabbisogno di energia per il raffrescamento (EPC,nd: indice di prestazione termica utile per la
climatizzazione estiva dell’edificio) e dal rendimento dell’impianto di raffrescamento (ηC: rendimento medio stagionale dell’impianto di
raffrescamento).
Per il cittadino, proprietario o conduttore dell’immobile, è importante disporre di queste informazioni al fine di conoscere come la qualità dell’involucro edilizio e degli impianti contribuiscono al raggiungimento del livello di prestazione globale al fine di poter mettere “a fuoco” le più significative carenze energetiche dell’immobile e orientare le priorità di intervento. Poiché nella grande maggioranza degli edifici esistenti, a causa dei maggiori costi e difficoltà di intervento rispetto agli impianti tecnici, le criticità si presentano in riferimento all’involucro edilizio, l’APE di cui alle presenti linee guida dedica particolare attenzione alla prestazione energetica di tale elemento.
Ai fini della determinazione della prestazione energetica si distingue tra “procedura” e “metodo” di calcolo. Le procedure di determinazione della prestazione energetica contemplano le attività di reperimento e di scelta dei dati di ingresso, di applicazione del corretto metodo di calcolo, di espressione degli indici di prestazione energetica in termini di energia primaria, e di individuazione degli interventi di miglioramento dell’efficienza energetica. I metodi di calcolo sono gli algoritmi, stabiliti dalle norme tecniche di riferimento, utilizzati per calcolare il gli indicatori numerici di prestazione energetica richiesti, a partire dagli opportuni dati di ingresso. La disponibilità di procedure
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e metodi di calcolo standardizzati per la determinazione della prestazione energetica degli immobili sul territorio nazionale favorisce: la massima omogeneità applicativa, una più efficace e corretta informazione dei cittadini, anche ai fini del raffronto dei risultati, una maggiore efficacia dell’azione di monitoraggio e controllo, una più ampia e libera circolazione dell’offerta professionale, minimizzando i costi per gli utenti.
Le esperienze maturate con l’applicazione della direttiva 2002/91/CE a livello regionale, nazionale ed europeo, rilevano diversi sistemi di classificazione energetica degli edifici che, in alcuni casi, possono coprire anche aspetti di sostenibilità ambientale. Nel seguito è fornita la metodologia di classificazione adottata a livello nazionale per il raggiungimento degli obiettivi posti dalla direttiva 2010/31/UE. Rispetto alla preesistente normativa, sono state introdotte diverse novità poiché, per il cittadino, proprietario o conduttore dell’edificio, è importante conoscere come la qualità dell’involucro edilizio e degli impianti contribuiscano al raggiungimento del livello di prestazione globale, al fine di poter mettere “a fuoco” le più significative carenze energetiche dell’edificio e orientare le priorità di intervento. La classe energetica dell’edificio è determinata sulla base dell’indice di prestazione energetica globale non rinnovabile dell’edificio EPgl,nren, per mezzo del confronto
con una scala di classi prefissate, ognuna delle quali rappresenta un intervallo di prestazione energetica definito. La classe energetica è contrassegnata da un indicatore alfabetico in cui la lettera G rappresenta la classe caratterizzata dall’indice di prestazione più elevato (maggiori consumi energetici), mentre la lettera A rappresenta la classe con il miglior indice di prestazione (minori consumi energetici). Un indicatore numerico, affiancato alla lettera A, identificherà i livelli di prestazione energetica in ordine crescente a partire da 1 (rappresentante del più basso livello di prestazione energetica della classe A). Un apposito spazio, se barrato, indicherà che si tratta di un “Edificio a energia quasi zero”.
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La scala delle classi è definita a partire dal valore dell’indice di prestazione energetica globale non rinnovabile dell’edificio di riferimento EPgl,nren,rif,standard
(calcolato ipotizzando che in esso siano installati elementi edilizi e impianti standard dell’edificio di riferimento di cui alla Fig.7. Tale valore è posto quale limite di separazione tra le classi A1 e B. Gli intervalli di prestazione che identificano le altre classi sono ricavati attraverso coefficienti moltiplicativi di riduzione/maggiorazione del suddetto valore EPgl,nren,rif,standard come evidenziato
in Fig8. Ai fini della determinazione della classe energetica complessiva dell’edificio per la redazione dell’APE, quindi si determina il valore di EPgl,nren,rif,standard per l'edificio di riferimento (ovvero dotandolo delle tecnologie
standard riportate nella Fig.7) e quindi si calcola il valore di EPgl,nren per
l’immobile oggetto dell’attestazione e si individua la classe energetica da attribuire in base alla Fig.8.
Figura 6 - Scala di classificazione della prestazione energetica degli immobili. Rif: http://sviluppoeconomico.gov.it
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Nell’APE sono indicate, oltre alla classe energetica basata sull’indice di prestazione energetica globale non rinnovabile dell’immobile, anche la prestazione energetica invernale ed estiva dell’involucro, ovvero del fabbricato al netto del rendimento degli impianti presenti. Tali informazioni sono fornite nella prima pagina dell’APE sotto forma di un indicatore grafico del livello di qualità.
1.2.2 Norme per la certificazione energetica degli edifici:
le regole vigenti in Toscana
Dal 1° ottobre 2015 sono in vigore anche in Toscana le Linee guida nazionali per l'Attestazione della Prestazione Energetica degli edifici in accordo con il DM 26 giugno 2015. La regione Toscana, dopo aver ricordato le tappe della Certificazione Energetica degli edifici e le riforme della Legge 90/2013, evidenzia le particolarità della disciplina regionale che permangono rispetto a quella nazionale.
Innanzitutto chiarisce importanti concetti:
x la disciplina regionale in materia non intacca né le metodologie di calcolo per la certificazione, né l'individuazione della figura del certificatore: su tali temi si seguono pienamente le norme statali (per le metodologie le Linee guida nazionali apposite, per la figura del certificatore il DPR 16/04/2013 n. 75);
x sono in vigore, fino alla eventuale emanazione di un modello regionale, i modelli di attestato allegati alle linee guida nazionali;
Figura 8 - Scala di classificazione degli edifici sulla base dell'indice di prestazione energetica globale non rinnovabile. Rif: http://sviluppoeconomico.gov.it
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x le disposizioni regionali inerenti il sistema informativo sull'efficienza energetica troveranno applicazione solo dopo il varo di tale sistema informativo. In particolare fino al varo di tale sistema gli attestati di prestazione dovranno essere presentati ai Comuni in forma cartacea. Vengono a questi punto, descritte le modalità vigenti in Toscana per la Certificazione Energetica degli immobili:
1) I casi in cui è obbligatorio dotare l'immobile di un attestato di prestazione energetica – APE:
x costruiti (si segnala che la lettura completa della norma fa intendere per "costruiti" gli edifici/immobili di nuova costruzione);
x sottoposti a "ristrutturazioni importanti" (per la definizione di "ristrutturazione importante" si fa riferimento all'art. 2 del Dlgs) se tali lavori comportano il rilascio di un nuovo certificato di agibilità/abitabilità; x venduti (si segnala che la lettura completa della norma fa intendere nel
"venduti" i trasferimenti a titolo oneroso in genere; x locati ad un nuovo locatario;
Vi sono esclusioni equivalenti alla normativa regionale:
x gli edifici che risultano non compresi nelle categorie di edifici classificati sulla base della destinazione d'uso di cui all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, il cui utilizzo standard non prevede l'installazione e l'impiego di sistemi tecnici di climatizzazione, quali box, cantine, autorimesse, parcheggi multipiano, depositi, strutture stagionali a protezione degli impianti sportivi;
x gli edifici industriali e artigianali quando gli ambienti sono riscaldati per esigenze del processo produttivo o utilizzando reflui energetici del processo produttivo non altrimenti utilizzabili;
Vi sono esclusioni più ampie della normativa regionale:
x edifici rurali non residenziali non solo se riscaldati dal processo produttivo ma anche se semplicemente sprovvisti di impianti di climatizzazione;
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x i fabbricati isolati con una superficie utile totale inferiore non a 25 mq ma a 50 mq;
x anche gli edifici adibiti a luoghi di culto e allo svolgimento di attività religiose.
2) L'attestato di qualificazione energetica – AQE: il decreto legislativo 192/2005 (art. 8 comma 2) prevede anche un attestato di qualificazione energetica dell'edificio così come realizzato (detto AQE), da inviare al Comune con la dichiarazione di fine lavori. Quindi fino ad oggi in alcuni casi (per es. un nuovo edificio) è obbligatorio acquisire sia l'APE che questo AQE. La legge regionale stabilisce che l'attestato di certificazione energetica (ora APE) tiene luogo dell'attestato di qualificazione, e che viene presentato al Comune con la certificazione di fine lavori (certificazione prevista dall'art. 149 della LR 65/2014). Quindi basterà presentare al Comune, allegato alla certificazione di fine lavori, l'attestato di prestazione energetica.
3) Come certificare un immobile: secondo il DM 26/06/2015 il certificatore deve presentare subito al richiedente una apposita informativa in cui sono specificati i suoi requisiti di abilitazione, l'obbligo del sopralluogo, le diverse modalità di certificazione attivabili e i diversi, connessi, adempimenti a carico del richiedente. Il richiedente sottoscrive scegliendo la metodologia di certificazione che preferisce. Va poi distinto il caso in cui si deve certificare un immobile perché viene costruito o ristrutturato, dal caso in cui lo si deve certificare per una vendita o una locazione.
a) Per attestare la prestazione energetica in occasione di lavori edilizi, il certificatore energetico va scelto prima dell'inizio lavori. Per il regolamento regionale lo stesso nominativo è indicato nella comunicazione di inizio lavori. Il progettista gira una copia del progetto al certificatore. In corso d'opera il direttore lavori informa il certificatore sulle principali fasi di costruzione e lo stesso certificatore può fare ispezioni in cantiere. In attesa del varo da parte della Regione dell'APE come documento digitale, il certificatore redigerà l'attestato in cartaceo in più originali: infatti al momento in cui il professionista provvede alla certificazione di fine lavori (ed eventuale agibilità/abitabilità), va trasmesso al Comune anche l'APE e nel certificato di abitabilità/agibilità di cui al citato articolo sarà fatta esplicita menzione dell'attestato. Per le
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linee guida nazionali 2015 l'APE è consegnato al richiedente entro 15 gg dalla sua trasmissione alla P.A..
b) Per attestare la prestazione energetica in occasione di compravendita/locazione il venditore/locatore incarica da subito un certificatore energetico. In attesa del varo da parte della Regione dell'APE come documento digitale, il certificatore, dopo aver fatto i controlli necessari, redigerà l'attestato in cartaceo in più originali: infatti uno lo trasmette al Comune (si vedano gli obblighi di trasmissione al punto 5). Per le linee guida nazionali 2015 l'APE è consegnato al richiedente entro 15 gg dalla sua trasmissione alla P.A.. Si segnala che l'APE va predisposto prima di pubblicizzare un immobile: già gli annunci commerciali per vendere o locare un immobile, devono riportarne la prestazione energetica; inoltre, fin dall'inizio delle trattative, il proprietario deve rendere disponibile l'APE al compratore/nuovo locatario e consegnarlo alla fine delle medesime. Negli atti di vendita o trasferimento di immobili a titolo oneroso o nei nuovi contratti di locazione soggetti a registrazione andrà poi inserita apposita clausola con la quale l'acquirente o il conduttore danno atto "di aver ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva dell'attestato, in ordine alla attestazione della prestazione energetica degli edifici" e andrà allegata copia dell'APE (si può omettere l'allegazione nei casi di locazione di singole unità immobiliari).
4) Cosa succede se, nei casi in cui è obbligatorio l'APE, questo non viene acquisito? Bisogna distinguere fra gli obblighi di dotarsi dell'attestato di prestazione energetica a seguito di lavori edilizi e gli obblighi che invece derivano da un trasferimento di proprietà o locazione: se l'obbligo deriva da lavori edilizi, è inefficace a qualsiasi titolo qualora non sia presentato al Comune l'attestato di prestazione energetica. Il D.lgs 192/2005 aggiornato prevede anche pesanti sanzioni amministrative; in caso di vendita (trasferimento a titolo oneroso) di immobile o di nuova locazione, il D.lgs prevede pesanti sanzioni amministrative.
5) Obblighi di trasmissione dell'APE alla Pubblica Amministrazione: il D.M. 26 giugno 2015 prevede che il certificatore trasmetta alla Regione copia dell'attestato di prestazione energetica (APE). Entro i 15 giorni successivi il certificatore provvede alla consegna dell'APE al richiedente. L'obbligo di trasmissione alla Regione rimane fino alla creazione di un sportello regionale
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online. Il regolamento regionale, oltre alla trasmissione alla Regione di una copia dell'attestato, prevede un ulteriore obbligo: quando viene redatto un APE dovrà essere firmato in più originali, perché oltre a quello consegnato al richiedente un altro originale dovrà essere trasmesso al Comune di competenza.
6) La vigilanza del Comune: competenti a vigilare sulla attività di certificazione energetica e sugli attestati prodotti sono i Comuni. Inoltre, ai sensi del Dlgs 175/2014 il Ministero dello Sviluppo Economico in collaborazione con l'Agenzia delle Entrate procede all'accertamento delle infrazioni sulla mancata allegazione degli APE ai contratti di compravendita e locazione.
1.3 Sostenibilità dei materiali
Si è parlato precedentemente di edilizia ed in particolar modo di come sia possibile passare da un edilizia tradizionale ad una "più sostenibile", in modo tale da poter attingere a tutti quegli obiettivi a cui le nuove Normative, e il buon senso, stanno puntando. E' evidente come, per fare questo, uno degli aspetti principali sia quello di introdurre nella pratica progettuale, l'utilizzo di materiali, siano essi innovativi o delle tradizioni più remote, ma che sappiano garantire una riduzione al minimo dell'inevitabile carico ambientale, evitando danni all'ambiente, concetto che chiaramente richiede un approccio globale a tutti i livelli di lavoro. La domanda principale da porsi è come i disturbi ambientali causati possano essere ridotti con metodi di costruzione accurati nonché da costruzioni e materiali razionalizzati. Nessun materiale da costruzione è libero dalla problematica dell’inquinamento in tutte le sue fasi, dalla produzione allo smaltimento. Tuttavia, vi sono materiali che reggono meglio il confronto sotto diversi aspetti (come ad esempio il consumo di energia primaria e acqua o l'emissione di CO2 nel processo produttivo, di vita e di smaltimento del
materiale) e, secondo le conoscenze attuali, possono essere considerati ecologici e sostenibili. Il principio dovrebbe applicarsi alla scelta dei materiali di costruzione, minimizzando l'inquinamento e scegliendo materiali che emettano meno sostanze inquinanti possibili1, facendo riferimento ad esempio agli studi del ciclo di vita di ognuno. Vista l'importanza dell'argomento, sono stati emanati
1
[27]
diversi decreti, a livello europeo e nazionale, di cui vengono riportati gli aspetti più significativi.
1.3.1 Direttiva 2009/125/CE
La Direttiva per la progettazione ecocompatibile di prodotti che consumano energia (Energy Using Products) è entrata in vigore nell’agosto del 2005; con la Direttiva 2009/125/CE, nota anche come Eco-Design, è stato esteso il campo di applicazione agli ERP (Energy Related Products), cioè prodotti come ad esempio i serramenti, i materiali isolanti o i rubinetti per l’acqua che, benché non consumando energia, hanno una diretta relazione con il consumo energetico degli EuP). Il Decreto Legislativo 16 febbraio 2011, n. 15 "Attuazione della direttiva 2009/125/CE relativa all'istituzione di un quadro per l'elaborazione di specifiche per progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all'energia” è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 55 del 8 marzo 2011. Da un punto di vista tecnico la nuova Direttiva stabilisce le regole per la definizione dei requisiti tecnici, emanati dalla Commissione mediante regolamenti attuativi, ai quali i produttori di dispositivi dovranno attenersi, già in fase di progettazione, per incrementare l’efficienza energetica e ridurre l’impatto ambientale negativo dei propri prodotti durante tutto il loro ciclo di vita (produzione - uso - smaltimento). I prodotti oggetto di una misura di esecuzione possono essere immessi sul mercato (ed in servizio) solamente se ottemperano anche a tale misura e sono muniti di marcatura; è necessario inoltre aggiornare i riferimenti della Dichiarazione di Conformità dei prodotti che ricadono nel campo di applicazione della Direttiva 2005/32/CE con i nuovi riferimenti alla nuova 2009/125/CE2.
1.3.2 Protocollo ITACA e certificazione LEED
Al fine di permettere ai progettisti di certificare la sostenibilità e l'efficienza energetica dei materiali da costruzioni, sono stati elaborati sistemi di certificazione su base volontaria per la valutazione dell’efficienza energetica e dell’impronta ecologica degli edifici come ad esempio il sistema statunitense
LEED (acronimo di The Leadership in Energy and Environmental Design),
sviluppato dallo U.S. Green Building Council (USGBC).
2
[28]
Il LEED fornisce un insieme di standard di misura per valutare le costruzioni ambientalmente sostenibili. La certificazione costituisce una verifica delle performance di un intero edificio (o parte di esso) e/o di aree urbane. La certificazione LEED, riconosciuta a livello internazionale, afferma che un edificio è rispettoso dell'ambiente e che costituisce un luogo salubre in cui vivere e lavorare. L’ottenimento della certificazione permette di ottenere sia vantaggi economici che ambientali, tra cui:
x Stabilire uno standard comune di misurazione dei “green buildings”, definiti come edifici a basso impatto ambientale;
x Dare riconoscimento a chi realizza prestazioni virtuose nel campo delle costruzioni;
x Stimolare la competizione sul tema della prestazione ambientale;
x Stabilire un valore di mercato con la creazione di un marchio riconosciuto a livello mondiale;
x Trasformare il mercato e il settore delle costruzioni;
x La riduzione dei costi operativi, accrescendo il valore dell’immobile; x La riduzione dei rifiuti inviati in discarica;
x Il risparmio energetico e idrico;
x Lo sviluppo di edifici più sani e più sicuri per gli occupanti.
x La tutela delle risorse naturali e agricole, incoraggiando lo sviluppo urbano in zone già antropizzate;
x La riduzione delle emissioni nocive di gas serra;
x La possibilità di usufruire di agevolazioni fiscali, sussidi di zonizzazione, e altri incentivi in centinaia di città;
x La dimostrazione dell'impegno del proprietario nella tutela dell'ambiente e nella responsabilità sociale.3
Il dipartimento USGBC ha compilato una lunga lista di benefici derivanti dall’implementare una strategia LEED, con vantaggi che vanno dal miglioramento della qualità dell’aria e dell’acqua fino alla riduzione dei rifiuti solidi, beneficiando così sia i proprietari, che gli occupanti, e la società nel suo insieme. Spesso, quando si cerca di ottenere la certificazione LEED, si può verificare un incremento nei costi iniziali del progetto e della costruzione, costi che tuttavia possono essere efficacemente mitigati dai risparmi che si
3
[29]
ottengono nel tempo grazie ai minori costi operativi, tipici degli edifici con certificazione LEED4.
In Italia si è proceduto ad adattare il LEED al sistema tecnico italiano di strumenti di valutazione attraverso la promozione del Protocollo ITACA. Questo, nelle sue diverse declinazioni, è uno strumento di valutazione del livello di sostenibilità energetica e ambientale degli edifici. Tra i più diffusi sistemi di valutazione, il Protocollo permette di verificare le prestazioni di un edificio in riferimento non solo ai consumi e all’efficienza energetica, ma prendendo anche in considerazione il suo impatto sull’ambiente e sulla salute dell’uomo, favorendo così la realizzazione di edifici sempre più innovativi, ad energia zero, a ridotti consumi d'acqua, nonché materiali che nella loro produzione comportino bassi consumi energetici e nello stesso tempo garantiscano un elevato comfort. Il Protocollo garantisce inoltre l’oggettività della valutazione attraverso l’impiego di indicatori e metodi di verifica conformi alle norme tecniche e leggi nazionali di riferimento.
Il Protocollo ha diverse finalità in relazione al suo differente uso: è uno strumento a supporto della progettazione per i professionisti, di controllo e indirizzo per la pubblica amministrazione, di supporto alla scelta per il consumatore, di valorizzazione di un investimento per gli operatori finanziari. Il Protocollo ITACA, nato diversi anni fa dall’esigenza delle Regioni di dotarsi di strumenti validi per supportare politiche territoriali di promozione della sostenibilità ambientale nel settore delle costruzioni, è stato realizzato da ITACA (Istituto per l’innovazione e trasparenza degli appalti e la compatibilità ambientale - Associazione nazionale delle Regioni e delle Province autonome), ed è stato approvato il 15 gennaio 2004 dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome. In seguito, il Protocollo è stato adottato da numerose Regioni e amministrazioni comunali in diverse iniziative volte a promuovere e ad incentivare l’edilizia sostenibile attraverso leggi regionali, regolamenti edilizi, gare d’appalto, piani urbanistici, ecc.
I principi su cui si basa lo strumento sono:
l’individuazione di criteri, ossia i temi ambientali che permettono di misurare le varie prestazioni ambientali dell’edificio posto in esame;
4
[30]
la definizione di prestazioni di riferimento (benchmark) con cui confrontare quelle dell’edificio ai fini dell’attribuzione di un punteggio corrispondente al rapporto della prestazione con il benchmark;
la “pesatura” dei criteri che ne determinano la maggiore e minore importanza;
il punteggio finale sintetico che definisce il grado di miglioramento dell’insieme delle prestazioni rispetto al livello standard.5
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