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CAPITOLO 2: LE PAVIMENTAZIONI SEMIFLESSIBILI

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CAPITOLO 2: LE PAVIMENTAZIONI SEMIFLESSIBILI

2.1 COMPOSIZIONE DEL GROUTED MACADAM

Il Grouted Macadam è il materiale utilizzato per la realizzazione dello strato superficiale delle pavimentazioni cosiddette “semiflessibili”, in grado di coniugare i vantaggi tipici offerti dai conglomerati bituminosi e dai conglomerati cementizi. Sinteticamente esso è composto da un conglomerato bituminoso di tipo drenante, opportunamente strutturato sia come granulometria sia come bitume da utilizzare, in genere caratterizzato da un indice dei vuoti compreso mediamente tra il 22 e il 25-30%, che ha la funzione di costituire l’ossatura dello strato di pavimentazione, e da una particolare miscela cementizia espansiva, quale materiale di intasamento dei vuoti, stesa tramite un’apposita attrezzatura composta da un sistema automatico di dosaggio, miscelazione e flusso del prodotto. Si ottiene così uno strato composito, che combina le caratteristiche dei conglomerati bituminosi tradizionali a quelle della malta cementizia; poiché conglomerato bituminoso e malta conferiscono al materiale finale sia le proprietà elastiche tipiche degli strati bituminosi, sia quelle di elevata resistenza meccanica dei calcestruzzi, originando così un conglomerato ad alte prestazioni ed ignifugo, la cui maturazione, coincidendo con il tempo di presa della malta cementizia, consente di ottenere una pavimentazione che sviluppa rapidamente un’elevata resistenza a compressione e ne permette l’utilizzo dopo sole 18-24 ore dalla posa (a temperatura ambiente media di 20°C).

Figura 2.1: Schematizzazione della formazione del Grouted Macadam ed il suo aspetto a realizzazione ultimata

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30 Figura 2.2: Vista in sezione del Grouted Macadam

La miscela totale raggiunge elevatissimi livelli di portanza, in quanto gli sforzi sono assorbiti per mezzo della mutua collaborazione tra aggregati lapidei e malta cementizia. In tal modo la risposta alle sollecitazioni da parte della miscela non è di tipo discreto, bensì di tipo continuo, con una conseguente maggiore omogeneità nella distribuzione delle sollecitazioni, nonché di minori esigenze di qualità per gli inerti impiegati.

La sovrastruttura con strato superficiale in Grouted Macadam si presenta priva di giunti, ha un’eccezionale resistenza ai carichi punzonanti ed un’elevatissima capacità portante, resiste inoltre alle aggressioni chimiche, alle benzine e al calore intenso.

Caratteristica

Tipologia di pavimentazione Flessibile Rigida Semiflessibile

Tempi ridotti di esecuzione Assenza di giunti di costruzione/dilatazione

Utilizzabile in tempi ridotti Buona resistenza agli ambienti aggressivi

Resistenza ai carichi concentrati Impermeabilità

Stabilità alle deformazioni termiche (deformazioni/fessurazioni)

Modulo di rigidezza E E=2000 MPa E=20000 MPa E=10000-12000 MPa

Resistenza al fuoco Costi di manutenzione ridotti

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31 Modalità di confezionamento dei provini e caratteristiche fisiche attese per la miscela bituminosa da intasare:

Parametro Norma Requisito

Numero di colpi per faccia CBR BU 30/73 75 Massa volumica (g/cm3) ASTM D2726-88 1.8-2

Vuoti residui % CNR BU 39/73 25-30

Tabella 2.1: Modalità di confezionamento dei provini e caratteristiche fisiche attese per la miscela bituminosa da intasare

Prestazioni attese:

Parametro Norma Requisito

Stabilità (kN) CNR BU 30/73 >4 Scorrimento (mm) 2-3 Rigidezza (kN/mm) >1.3 RTI (MPa) CNR BU 97/84 >0.5

Tabella 2.2: Proprietà meccaniche attese Resistenza a compressione a 1 gg (MPa) 4-7 Resistenza a compressione a 7 gg (MPa) 7-10 Resistenza a compressione a 28 gg (MPa) 8-12 Modulo elastico E (MPa) 8000-12000 Angolo di diffusione dei carichi 60° Resistenza all’usura (cm3/50 cm2) 7-8

Resistenza allo scivolamento 50-60 Coefficiente di espansione α 12.5∙10-6 /°C

Conduttività elettrica Ω 106-107

Resistenza al gelo (kg/m2) <0.1

Resistenza a trazione indiretta (MPa)

3.28 (T=10°C) 1.99 (T=25°C) 1.15 (T=40°C) Tabella 2.3: Proprietà meccaniche attese

Parametro Norma Requisito

BPN CNR BU 105/85 > 0.65 HS CNR BU 94/83 > 0.5 CAT CNR BU 147/92 > 0.6 IRI ISO 13473/02 < 1.3 Tabella 2.4: Caratteristiche prestazionali attese

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32 Le prove di caratterizzazione prestazionale del sistema composito, inerenti la valutazione delle sue proprietà volumetriche e meccaniche, devono avvenire su campioni prelevati in situ, attraverso carotaggi, in modo da verificare la correttezza delle procedure di posa in opera. Questo controllo è molto importante, poiché il comportamento del materiale sotto traffico dipende in maniera determinante dal grado di intasamento raggiunto. È comunque normale riscontrare microfessurazioni superficiali, dovute al normale ritiro della malta, così come si potranno osservare eventuali sfumature diverse nella colorazione della pavimentazione che dovrà però rimanere nei toni del grigio.

Il conglomerato può costituire sia lo strato superficiale della pavimentazione, grazie alle prestazioni molto elevate in termini di rigidezza e di resistenza ai carichi statici e punzonanti, sia lo strato intermedio (al posto del binder e/o della base bitumata) al fine di sfruttarne le elevate capacità di distribuzione dei carichi.

Per la progettazione delle pavimentazioni semiflessibili vengono adottati gli stessi metodi di calcolo delle pavimentazioni flessibili sostituendo al manto di usura in conglomerato bituminoso uno strato di Grouted Macadam, con spessore compreso tra i 30 e i 60 mm. I principali campi di applicazione del Grouted Macadam sono rappresentati da aree soggette a carichi lenti e pesanti, come ad esempio pavimentazioni industriali, magazzini, aeroporti, porti, stazioni degli autobus, aree di parcheggio con traffico pesante (in particolare aree di stazionamento), pavimentazioni di hangar etc.

Alcuni interessanti esempi di utilizzo del Grouted Macadam in ambito aeroportuale: - Malmstrom Air Force Base, in Montana, dove per la realizzazione del piazzale di

sosta e di rifornimento carburante era richiesta una pavimentazione resistente alle perdite di carburante degli aeromobili (che, come è noto, contiene sostanze solventi per il bitume) e allo stesso tempo una pavimentazione in un materiale più flessibile rispetto al cemento Portland (Portland Cement Concrete Pavement o PCCP), a causa di strati sottostanti di argilla espansibile;

- Mc Chord Air Force Base, a Washington. Il Grouted Macadam è stato scelto per la realizzazione di due aree di stoccaggio soggette ad alti carichi puntuali, a traffico pesante di mezzi anche da lavoro (camion e carrelli elevatori); poiché permette una

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33 riduzione degli sforzi di realizzazione e allo stesso tempo riduce i costi di manutenzione rispetto al PCCP;

- Aeropuerto de Tenerife Norte, realizzato da Infraestructuras Conelsan s.a.

In Italia sono state realizzate pavimentazioni semiflessibili per aeroporti, interporti ed aree industriali:

- Aeroporto di Milano Malpensa in diversi stands di alcuni aprons;

- Interporto Valpescara, Manoppello (Pe), è stata realizzata da Sintexcal S.P.A. nel 2010 una pavimentazione semiflessibile (Sintexcem) sulle aree di movimentazione e stoccaggio dei container;

- Aeroporto Fontana Rossa di Catania, intervento della Sintexcal S.P.A. per la realizzazione di una pavimentazione semiflessibile sui piazzali di stazionamento degli aeromobili (2008).

- Nuovo Polo Fieristico di Milano, Rho Pero (MI): area esterna per manifestazioni fieristiche;

- Aeroporto di Roma Fiumicino: alcune piazzole di sosta degli aeromobili sono state riqualificate con questa tecnologia;

- Aeroporto Federico Fellini a Rimini; è stata realizzata la pavimentazione del piazzale di stazionamento degli aeromobili;

- Aeroporto Galileo Galilei di Pisa: alcune aree nel piazzale di sosta aeromobili; - Sacmi Impiantistica Industriale di Imola (BO): piazzali esterni per lo stoccaggio di

materie prime;

- Gruppo Trasporti Torinesi (GTT): piazzali di stazionamento degli autobus; - Acque Minerali Nera per la realizzazione dei piazzali esterni.

La realizzazione dello strato di Grouted Macadam avviene in due fasi: la prima fase consiste nella posa in opera del conglomerato bituminoso di base, mentre la seconda fase, effettuata in genere il giorno successivo, consiste nella procedura di “grouting” ovvero nell’aggiunta di malta cementizia.

Le due fasi che costituiscono la posa in opera del Grouted Macadam sono analizzate nel dettaglio nel Paragrafo 2.1.5.

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34 2.1.1 Prime applicazioni del Grouted Macadam e sviluppi tecnologici

Nonostante il Grouted Macadam sia poco trattato dalla letteratura del settore, ha una storia piuttosto lunga. Il Grouted Macadam fu utilizzato per la prima volta in Francia negli anni ’60 con il nome commerciale di Salviacim. Durante il primo periodo del loro utilizzo le pavimentazioni semiflessibili furono specificatamente progettate per superfici che dovevano resistere all’abrasione e all’attacco dei carburanti, mentre la buona resistenza all’ormaiamento fu poi osservata come un inaspettato risvolto positivo. Inizialmente però il getto di malta cementizia riusciva a penetrare solo fino a 10 mm all’interno dei vuoti del conglomerato bituminoso. L’applicazione del Salviacim ebbe fin dall’inizio un notevole successo ed il suo utilizzo proseguì nel tempo, cosicché negli anni ’90 in Francia si avevano 8.3 milioni di metri quadri di questo tipo di superficie. Negli anni ’70 e ’80 le pavimentazioni semiflessibili si diffusero in tutta Europa ed in numerosi paesi dell’Africa, del Nord America e dell’Estremo Oriente. Negli anni la tecnologia delle pavimentazioni

open grade intasate con malta cementizia si sviluppò, permettendo alla colata di malta

cementizia di penetrare per l’intero spessore dello strato di conglomerato bituminoso drenante.

La prima documentazione di pavimentazioni semiflessibili negli Stati Uniti è dovuta all’U.S. Army Waterways Experiment Station che, all’inizio degli anni settanta, condusse una sperimentazione limitata ad un campo di prova limitato in Vicksburg. Lo studio venne effettuato per valutare l’efficacia del nuovo materiale in particolare, per quel che riguardava la resistenza agli attacchi di sostanze chimiche (come ad esempio gli idrocarburi) e al passaggio dei veicoli cingolati. I risultati indicarono che le prestazioni del materiale erano notevolmente legate alla modalità di realizzazione, in particolare, se le varie fasi di posa in opera dello strato superficiale non erano effettuate correttamente, allora le prestazioni risultavano non soddisfacenti. Una rivalutazione del Salviacim si ebbe quando nel 1987 quando l’U.S. Army Corps of Engineers incaricò la Waterways Experimental Station di valutarne l’applicazione per le pavimentazioni delle basi militari. La nuova sessione di test portò a risultati positivi e diede il via, negli anni seguenti, ad una serie di progetti in diverse installazioni militari. La Federal Aviation Administration sviluppò l’impiego di questo

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35 materiale alternativo anche in aeroporti civili. In America il Salviacim prese il nome di RMP (Resin Modified Polymer).

Alla fine degli anni ’80 la Densit A/S (Aalborg Denmark), società danese che produce materiali cementizi, sviluppò una nuova generazione di Grouted Macadam variando, rispetto al Salviacim, la composizione della malta cementizia.

Come si osserva dalla Tabella 2.5, già nel 1990 in almeno 25 paesi del mondo erano presenti pavimentazioni con strato di usura in Grouted Macadam:

Paese

Applicazione

(m3x103) Paese

Applicazione (m3x103)

Francia 8356 Arabia Saudita 100

Gran Bretagna 3007 Olanda 82

Portogallo 962 Marocco 66

Giappone 602 Costa d’Avorio 55

U.S.A. 288 Sud Africa 34

Germania 282 Bahamas 29

Danimarca 230 Spagna 22

Svezia 221 Lussemburgo 16

Norvegia 188 Nuova Zelanda 15

Italia 183 Austria 14

Finlandia 148 Senegal 6

Belgio 119 Tahiti 5

Svizzera 117

Tabella 2.5: Diffusione del Grouted Macadam nel mondo (1990)

Nel tempo la diffusione e l’impiego del Grouted Macadam per la realizzazione di pavimentazioni semflessibili è cresciuta in modo esponenziale e contemporaneamente si è anche sviluppata, cercando sempre nuove tecniche e materiali per migliorarne le caratteristiche. Ad oggi è particolarmente utilizzata per pavimentazioni di porti ed interporti, per pavimentazioni industriali e negli aeroporti; dove la pavimentazione open

grade intasata di malta cementizia può essere impiegata nelle taxiway, negli apron, nelle

aree di push-back, nelle holding bay, nelle aree di de-icing e di rifornimento carburante e nelle testate delle piste, più problematico invece il suo utilizzo sulla pista, dove le elevate qualità di portanza e aderenza necessarie rendono più difficile la determinazione del

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36 quantitativo ottimale di malta intasante (dosaggi troppo elevati di malta aumentano le caratteristiche di resistenza, ma contemporaneamente rendono la pavimentazione più scivolosa e viceversa). In ambito urbano il Grouted Macadam può avere interessanti utilizzi per fermate degli autobus e incroci particolarmente soggetti a traffico pesante.

Nonostante la notevole diffusione, ad oggi, non esiste una normativa di riferimento per il materiale o, più in generale, per le pavimentazioni semiflessibili. Nei successivi paragrafi pertanto, si farà riferimento alle norme per i conglomerati bituminosi tradizionali, in particolare alle British Standards e alle specifiche tecniche delle autostrade per il Grouted

Macadam del Regno Unito, norme dell’American Society for Testing and Materials

(ASTM) e norme AASHTO per RMP negli Stati Uniti. 2.1.2 Gli Aggregati

Gli aggregati lapidei costituiscono la fase solida del conglomerato bituminoso poroso, o

open grade. Gli aggregati di primo impiego risultano composti dall’insieme degli aggregati

grossi (trattenuto al setaccio da 4 mm) e dal filler, che può essere proveniente dalla frazione fina o di additivazione.

Gli aggregati impiegati dovranno essere qualificati in conformità della direttiva 89/106/CEE sui prodotti da costruzione; e ciascuna fornitura dovrà essere accompagnata dalla marcatura CE attestante la conformità all’appendice ZA della norma europea armonizzata UNI EN 13043. Le proprietà che gli aggregati devono possedere, per poter essere impiegati nella produzione di conglomerati bituminosi, sono: resistenza meccanica, pulizia, durabilità e resistenza all’abrasione; devono inoltre essere integri e privi di materiale organico. La dimensione massima dell’aggregato è stabilita in funzione dello spessore dello strato.

Nel Regno Unito, per la selezione degli aggregati da utilizzare nello scheletro di conglomerato bituminoso del Grouted Macadam, è usato come riferimento la “Specification for Highways Works”, che si basa su ricerche svolte in Inghilterra a partire dal 1991, in accordo con la norma British Standard (BS). Della norma si fa riferimento alla sezione relativa ai conglomerati bituminosi drenanti “porous asphalt” poiché anch’essi sono caratterizzati dalla richiesta di un elevato contenuto di vuoti intergranulari e da un

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37 assortimento granulometrico discontinuo. Diversi autori ritengono che questa norma non debba essere necessariamente rispettata per lo strato superficiale di pavimentazioni semiflessibili, in quanto la natura e la funzione del Grouted Macadam sono ben diverse da quelle di un conglomerato bituminoso drenante. Facendo infatti riferimento alle specifiche per la miscela di aggregati di conglomerati bituminosi, si ritiene che siano sovrastimati i requisiti di progetto per lo scheletro di conglomerato bituminoso del Grouted Macadam. La “Specification for Highway Works” per gli aggregati grossi prevede l’utilizzo di rocce frantumate, ma non di ghiaia o ghiaia frantumata, che possiedano i requisiti indicati nella Tabella 2.6 sottostante:

Tabella 2.6: Proprietà degli aggregati grossi per asfalti porosi secondo la “Specification for Highway Works” La Normativa Europea UNI EN del 2012 prevede che l’aggregato grosso sia costituito da elementi ottenuti dalla frantumazione di rocce lapidee; tali elementi possono essere di provenienza o natura petrografica diversa purché risultino soddisfatti i seguenti requisiti:

Parametro Normativa Valore limite

Resistenza alla frantumazione UNI EN 1097-2 <25% Limite di superfici frantumate UNI EN 933-5 100% Limiti granulometrici UNI EN 933-1 0-12.5 % Coefficiente di forma UNI EN 933-4 <15% Coefficiente di appiattimento UNI EN 933-3 <10% Los Angeles UNI EN 1097-2 ≤20% Tabella 2.7: Proprietà degli aggregati grossi per asfalti porosi

La dimensione massima dell’aggregato è stabilita in funzione dello spessore della pavimentazione.

Per il filler, passante al setaccio 0.063 mm, possono essere utilizzate rocce frantumate, sabbia naturale, scorie di acciaio o può essere costituito da polvere di roccia,

Proprietà Valore Limite

Flakiness Index (Lamellarità) ≥ 25% Polished Stone Values (PSV) ≥ 55% Aggregate Abrasion Value (AAV) ≤ 12% Ten Percent Fine Value (TFV) ≥ 180 kN

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38 preferibilmente calcarea; la norma raccomanda in particolare che il materiale sia resistente alla delaminazione. In ogni caso il filler deve risultare non plastico.

Parametro Norma Requisito

Passante 0.063 mm EN 933-10 > 80 %

Tabella 2.8: Caratteristiche del filler proveniente dalla macinazione delle rocce

Per quanto riguarda l’assortimento granulometrico, poiché la caratteristica principale del conglomerato bituminoso di base del Grouted Macadam è l’elevata percentuale di vuoti (alle volte anche fino al 35%), è necessario selezionare degli aggregati di pezzatura singola. L’assortimento granulometrico degli aggregati lapidei deve garantire, nella miscela bituminosa in opera, la formazione di una rete di vuoti intergranulari comunicanti, in grado di accogliere la malta nel corso della fase di iniezione. Le dimensioni granulometriche devono essere studiate in modo da porre in opera l’open grade con spessori generalmente compresi tra 4 e 8 cm, anche se alle volte, anche grazie ad un’opportuna formulazione della malta e garantendo il necessario contenuto di vuoti, è possibile arrivare fino a 12 cm. A seguito si riportano le caratteristiche per gli aggregati da impiegarsi per lo scheletro del conglomerato bituminoso; è necessario utilizzare aggregati angolari, resistenti, durevoli ricavati da roccia o ghiaia frantumata. Il materiale deve essere privo di sostanze organiche; la percentuale di particelle friabili, di grumi, di argilla ed altre sostanze terrose non deve superare lo 0.5 %, come indicato nell’AASHTO T112. In particolare gli aggregati utilizzati devono rispondere ai requisiti in Tabella 2.9:

Parametro Norma Requisito

Limiti granulometrici EN 933-1 Gc 90/10 Coefficiente Los Angeles AASHTO T96; EN 1097-2 < 20-25 %

Angolarità ASTM D5821 100/100 Coefficiente di appiattimento BS 812; EN 933-3 < 20 %

Massa volumica apparente AASHTO T85 > 2.6 g/cm3

Sodium Sulphate Soundness AASHTO T104 ≤ 10 %

Water absorption BS 812 ≤ 2%

Flakiness Index BS 812 ≤ 25 %

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39 La Densit prevede due differenti assortimenti granulometrici in funzione dello spessore dello strato: “Type 8” per gli spessori compresi tra i 30 e i 50 mm e “Type 12” per gli spessori tra i 40 e i 60 mm:

Dimensione setacci [mm]

Percentuale passante in massa [%]

Type 8 Type 12 19 100 100 12.5 100 95-100 8 95-100 20 4.75 30 12 2 10 10 0.075 4-5 4-5

Tabella 2.10: Assortimenti granulometrici in funzione dello spessore dello strato

Negli Stati Uniti il U.S. Army Corps of Engineers ha pubblicato, nel 1996, una guida per l’utilizzo del RMP in pavimentazioni semiflessibili per costruzioni militari. Nel testo sono indicati i requisiti relativi agli aggregati sulla base dei test standard dell’ASTM. Si riportano nella Tabella 2.11 le proprietà degli aggregati grossi per RMP:

Test Method ASTM Designation Specification Requirment

Los Angeles Abrasion C131 ≤ 40 % Sodium Sulfate Soundness C88 ≤ 9 %

Flat Elongated Particles D4791 ≤ 8% Tabella 2.11: Proprietà degli aggregati specificato dal U.S.A.C.E. 2.1.3 Bitume

I bitumi impiegati nel confezionamento del Grouted Macadam per le pavimentazioni semiflessibili sono gli stessi dei conglomerati bituminosi drenanti, “porous asphalt”. Il tipo e la classe di bitume utilizzato nello scheletro di conglomerato bituminoso non sono considerati aspetti particolarmente critici ed il suo tenore può essere tenuto convenientemente basso in quanto esso, dopo l’applicazione della malta cementizia, assume un ruolo secondario sulle prestazioni delle pavimentazioni semiflessibili, non deve cioè assolvere a particolari compiti strutturali (demandati alla malta cementizia), ma solo garantire la necessaria lavorabilità degli aggregati in fase di stesa. L’impiego di bitume

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40 modificato può però risultare utile in caso di esigenze di cantiere connesse al mantenimento del traffico nel corso dei lavori.

In letteratura, nonostante il diffuso impiego del Grouted Macadam negli ultimi anni in tutto il mondo, non sono presenti indicazioni specifiche sulle caratteristiche del bitume; in generale, come per gli aggregati, sono le società produttrici a fornire le prescrizioni. Comunque sia si ritiene preferibile, per la formazione dello strato drenante, l’utilizzo di bitumi con penetrazioni comprese tra 50-70 Dmm; poiché i bitumi con penetrazioni minori, 25-55 Dmm, come prescritti nel EN 1426 possono risultare eccessivamente rigidi. L’utilizzo di bitumi più morbidi è, per esempio, indicato nelle Norme Tecniche di Aeroporti di Roma per interventi su pavimentazioni soggette a carichi elevati e lenti.

Nel Regno Unito, il “Design Manual for Roads and Bridges” indica le proprietà del bitume per conglomerati bituminosi drenanti e gli effetti del tipo di bitume sulle prestazioni del conglomerato stesso. In generale la durabilità del conglomerato bituminoso è migliorata dall’utilizzo di bitumi teneri (100 e 200 pen grade bitumens) e dalla maggiore percentuale di bitume utilizzata. In pratica, a causa del “closing up” dovuto al traffico pesante l’uso di bitumi teneri è limitato alle strade interessate da un traffico medio-scarso, mentre per i siti caratterizzati da traffico elevato è consigliato l’uso di bitumi modificati che riducono il reflusso di bitume e contemporaneamente permettono di aumentarne la percentuale.

Il contenuto ottimo di bitume varia fra un valore minimo che garantisca la resistenza alla perdita di particelle, valutata con prova Cantabro, ed un valore massimo per evitare l’essudazione del bitume, mantenendo comunque una buona permeabilità della malta. Per il calcolo del contenuto ottimo di bitume di utilizza la seguente formula, in accordo con ricerche svolte da S.Roffe nel 1989:

= 3.25 ∙ ( ) ∙ .

Con:

= 2.65/ ;

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41 Dove: - : !"#$%#&$" "$$'(" )' *'$&(%; - : +% " +%!' '!" ,++,-%#$% )%.., (' !%., )' ,//-%/,$'; - : &+%- '!'% +%!' '!,; - : +%-!%#$&,.% )' $-,$$%#&$" ,. %$,!!'" 4.75 ((; - : +%-!%#$&,.% )' (,$%-',.% +, ,#$% ,. %$,!!'" 4.75 (( % $-,$$%#&$" ,. %$,!!'" 600 0(; - : +%-!%#$&,.% )' (,$%-',.% +, ,#$% ,. %$,!!'" 600 0( % $-,$$%#&$" ,. %$,!!'" 75 0( ; - : +%-!%#$&,.% )' (,$%-',.% +, ,#$% ,. %$,!!'" 75 0(.

Dall’analisi della letteratura esistente si può osservare che la percentuale di bitume nelle miscele di Grouted Macadam varia di solito tra il 4 e il 5 % in massa su tutta la miscela (riferito alla massa secca totale degli inerti). La guida per l’RMP raccomanda l’utilizzo di bitumi di media viscosità, in quanto bitumi con viscosità troppo bassa possono portare alla segregazione degli aggregati di dimensioni maggiori durante la miscelazione ed il trasporto; viceversa, in caso di viscosità del bitume troppo elevata, non viene garantito un sufficiente rivestimento degli aggregati, visto il limitato contenuto di bitume. Il U.S. Army Corps of Engineers per l’RMP prescrive l’utilizzo di bitumi con penetrazione a 25°C compresa tra i 40 e i 100 dmm e di classe AC-10, AC-20, AC-30 secondo le specifiche ASTM D3381. A titolo di esempio si riportano nella Tabella 2.12 le specifiche per un bitume di classe AC-20:

Tabella 2.12: Proprietà del bitume di classe AC-20 specificate dall’ASTM

Test Method AC-20 Specifications

Viscosity at 60 Poise 2000±400 Viscosity at 135 min. cSt 300 Penetration at 25°C, 100 g, 5 sec, min. 60 Flash Point, min., deg C 232 Solubility in trichloroethyline, %, min. 99.0

Test on Residue from RTFOT

Viscosity at 60°C, max, Poise 10000 Ductility at 25°C, 5 cm/min,min,cm 50

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42 2.1.4 Lo scheletro di conglomerato bituminoso

Il conglomerato bituminoso di base delle miscele di Grouted Macadam si caratterizza per l’elevato contenuto di vuoti, in genere compreso tra il 22 e il 30 %, anche se alle volte può arrivare fino al 35 %. È consigliabile però che il conglomerato bituminoso poroso abbia una percentuale dei vuoti nel campo 22÷25%; poiché, una percentuale di vuoti ridotta (< 22%) non garantisce la corretta saturazione con malta cementizia di tutto lo strato esponendo così il materiale a rischio di fessurazione prematura, allo stesso modo una percentuale di vuoti eccessiva (>25%) comporta un aumento della componente cementizia del materiale, esponendolo ad eccessivi fenomeni di ritiro che possono determinare, in alcuni casi, la necessità di realizzare giunti sulla superficie della pavimentazione. Si predilige perciò la flessibilità del materiale e la sua attitudine alla compattazione rispetto alla rigidezza, che sarà oggetto di verifica sul prodotto composito (conglomerato bituminoso e malta cementizia).

Le Normative di riferimento per la progettazione sono quelle relative ai conglomerati bituminosi drenanti, “porous asphalt”, già citate nei paragrafi precedenti. È importante ricordare che, nel caso di conglomerati bituminosi drenanti, il contenuto dei vuoti è di circa il 16% in volume, e di solito non supera mai il 18%, poiché il conglomerato bituminoso deve mantenere una funzione strutturale, che nel caso del Grouted Macadam è demandata alla componente cementizia. L’elevata percentuale di vuoti, cui corrispondono valori di massa volumica compresi tra 1.8-1.9 g/cm3, si ottiene ricorrendo ad una granulometria discontinua, tipica dei manti drenanti, utilizzando inerti derivanti da frantumazione.

Il contenuto dei vuoti e, quindi, la porosità influiscono sulla permeabilità del conglomerato, cioè sulla possibilità per la malta cementizia di permeare i vuoti in esso contenuti. La permeabilità di un conglomerato indica il grado di interconnessione dei vuoti che determina la formazione di canali capillari, i quali permettono il passaggio della sostanza permeante. Aumentando il contenuto di aggregati grossi e riducendo quello degli aggregati fini è pertanto possibile aumentare la porosità e quindi la permeabilità.

La Densiphalt Handbook fornisce, per il conglomerato bituminoso di base, le seguenti indicazioni:

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Materiale Percentuale in massa [%]

Aggregati grossi 91.2-92.2

Bitume 3.6-4.6

Filler calcareo 4.0 Fibre di cellulosa 0.2

Tabella 2.13: Esempio di conglomerato bituminoso di base

Le fibre di cellulosa hanno la funzione di aumentare lo spessore della pellicola di bitume che ricopre gli aggregati ed evitare al tempo stesso che il bitume si accumuli alla base dello strato. In miscele con contenuto di bitume inferiore al 4% è opportuno non utilizzare le fibre poiché limitano l’interconnessione tra i grani e di conseguenza rendono difficile la compattazione del conglomerato bituminoso.

Per la preparazione, la posa in opera e la compattazione nel caso di applicazioni in sito le procedure sono le stesse dei conglomerati bituminosi drenanti.

2.1.5 La malta cementizia e la procedura di grouting 2.1.5.1 La malta cementizia

La malta è una miscela di leganti idraulici cementizi ed additivi, premiscelata in polvere, da mescolare con acqua, senza cloruri, iperfluida, con elevate capacità di penetrazione e riempimento dei vuoti. Le prime malte idonee all’intasamento furono studiate in Danimarca una decina di anni e, da allora, in seguito alla diffusione di questa tecnologia ne sono state brevettate molteplici, anche da società operanti nel nostro Paese. In letteratura sono pochi i riferimenti alla composizione della miscela usata come legante, le società produttrici la mantengono segreta poiché da essa dipendono le resistenza meccanica e, più in generale, le prestazioni del Grouted Macadam.

La viscosità della malta è il parametro più importante da tenere sotto controllo per permettere una completa permeazione all’interno dei vuoti e quindi per ottenere proprietà ottimali. Se la malta non risulta sufficientemente fluida i vuoti presenti alla base dello strato non vengono riempiti e questo può causare la rottura dello strato stesso sotto l’azione del traffico, d’altra parte se c’è troppa acqua si riduce la resistenza meccanica del materiale.

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44 Le prove andranno eseguite in conformità alla Norma UNI EN 196-1 tenendo conto degli accorgimenti contenuti nella Norma UNI EN 445, stante la natura iperfluida della malta. Poiché non esiste una normativa che si occupi in modo specifico della malta cementizia per le pavimentazioni semiflessibili si riporteranno esempi rinvenuti in letteratura; la formulazione deve essere studiata per assicurare alla malta gli opportuni livelli di viscosità e lavorabilità in fase di iniezione e per limitare l’utilizzo dell’acqua.

Gli ingredienti standard utilizzati negli Stati Uniti per la produzione di RMP sono: cemento, sabbia, acqua, ceneri volanti ed agente modificante. Non ci sono indicazioni specifiche sul tipo di cemento, mentre relativamente alla sabbia viene indicato l’utilizzo di materiale pulito, resistente e durevole, con una granulometria compresa tra 1.18 mm e 0.075 mm, al fine di ottenere un legante che rimane in sospensione durante la miscelazione e l’applicazione. Le ceneri volanti, non idrauliche sono utilizzate per aumentare la viscosità della malta, senza però accelerarne il tempo di presa. L’acqua viene quindi aggiunta ai componenti appena descritti ed alla sabbia, con un rapporto acqua cemento compreso tra lo 0.65 e lo 0.70. Rapporti acqua-cemento più bassi (alle volte anche dell’ordine di 0.30-0.35) consentono il raggiungimento di elevate resistenze meccaniche e un sostanziale contenimento del ritiro idraulico.

L’agente modificante, che viene aggiunto una volta terminata la miscelazione degli altri componenti, è costituito da una resina polimerica di stirene e butadiene ed ha la funzione di ridurre la viscosità della malta facilitandone l’infiltrazione nei vuoti dello scheletro di asfalto poroso. È stato dimostrato che la presenza di questo additivo aumenta la resistenza a flessione ed a compressione, migliora la resistenza all’abrasione e riduce la permeabilità della malta.

I materiali costituenti la malta cementizia nelle miscele di Grouted Macadam studiate da Setyawan nel 2003 sono: cemento, sabbia fine di tipo quarzitico, acqua, ceneri volanti, polveri di silicio (“silica fume”) ed additivi chimici. Tra questi ultimi i principali sono i superplasticizzatori, gli acceleratori e l’acido citrico, il quale viene usato nel caso di malte cementizie realizzate con cemento naturale. È stata inoltre impiegata una resina di stirene/butadiene per esaminare l’effetto dell’aggiunta di polimeri sulle proprietà della

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45 malta cementizia. Questo agente modificante ha incrementato il modulo di rigidezza e la resistenza a fatica della miscela di Grouted Macadam.

2.1.5.2 La procedura di grouting

Con il termine “grouting” si indica l’addizione della malta cementizia allo scheletro di conglomerato bituminoso. La procedura viene effettuata quando il conglomerato bituminoso drenante di base si è raffreddato, di solito quindi dopo 24 ore dalla sua posa in opera. Inoltre la procedura di grouting avviene subito dopo la preparazione della malta, per non compromettere la lavorabilità della malta stessa.

Figura 2.3: Operazione di grouting

In sito, a seconda della composizione del legante utilizzato e delle indicazioni del costruttore, è necessario eseguire iniezioni con vari passaggi sulla pavimentazione per permettere alla malta di penetrare in modo graduale nel conglomerato bituminoso, favorendo l’espulsione dell’aria. Per favorire l’intasamento e un’omogenea finitura, la superficie oggetto di lavorazione viene immediatamente trattata manualmente o meccanicamente mediante spazzole o raclee.

Nel caso di piastre prodotte in laboratorio deve essere sempre effettuata la vibrazione con martello pneumatico, sul bordo della forma in acciaio, poiché l’infiltrazione della malta è ostacolata dall’aria che non ha la possibilità di fuoriuscire lateralmente, come invece accade in sito.

2.1.6 La posa in opera

Dopo aver proceduto alla preparazione del piano di posa, si applica una mano di attacco di emulsione bituminosa a media rottura, in ragione di 1.5- 2 kg/m2 o comunque superiore ad

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46 1 kg/m2, per provvedere al corretto attacco dello strato drenante al sottostante strato di collegamento ad alto modulo, per assicurare un’adeguata impermeabilità al piano di contatto ed evitare infiltrazioni della malta di intasamento negli strati sottostanti. Quindi si eseguono le operazioni di stesa, mediante l’utilizzo di vibrofinitrice mobile con tamper e piastra vibrante mantenuti spenti, in modalità di stesa di tipo continuo ed impiegando una velocità di avanzamento pari a 2.5-3 m/min.

Il trasporto del conglomerato bituminoso poroso dall’impianto di confezione al cantiere di stesa dovrà avvenire mediante mezzi di trasporto di adeguata portata, efficienti e veloci e comunque sempre dotati di telone di copertura per evitare i raffreddamenti superficiali eccessivi e formazione di crostoni. All’arrivo del conglomerato bituminoso poroso in cantiere saranno effettuati i controlli visivi previsti, quali il corretto rivestimento, l’omogeneità e la lucentezza della miscela, e della temperatura che dovrà essere al massimo 160°C.

I giunti longitudinali di costruzione tra due strisciate contigue di lavorazione vengono realizzati affiancando tali strisce e mai sormontando il giunto; ciò per non creare zone della pavimentazione particolarmente chiuse e quindi non idonee ad accogliere la malta nel corso delle fasi di iniezione. La compattazione viene effettuata in modalità statica, mediante rullo metallico del peso di 8-10 tonnellate, in modo da mantenere il grado di contatto tra lo spaccato lapideo ed i vuoti. L’azione del rullo è esclusivamente mirata a permettere al materiale di raggiungere il massimo grado di contatto tra gli elementi lapidei, pur conservando la rete di vuoti intergranulari raggiunta al termine della stesa con finitrice. La tecnica di addensamento prevede di norma un doppio passaggio del rullo e le operazioni si concludono entro un periodo di 10 minuti dalla stesa con vibrofinitrice, in modo tale che la temperatura del materiale non diminuisca di oltre 10 °C rispetto a quella che la miscela presentava all’atto della stesa.

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47 Figura 2.4: Aspetto del conglomerato bituminoso drenante o open grade

La seconda fase di lavorazione consiste nell’intasamento dei vuoti con malta cementizia con caratteristiche reologiche lievemente espansive, tali da contrastare le fessurazioni per ritiro, altrimenti esasperate dallo stato semiliquido della stesa. La malta ad alta resistenza polimero modificata sarà realizzata in situ, mediante miscelazione di malta cementizia in polvere con acqua, a mezzo di miscelatore in continuo. La posa della malta dovrà avvenire quando la temperatura del conglomerato bituminoso poroso si attesterà al di sotto dei 50 °C. La fluidità della malta deve essere misurata con il Cono di Marsh, calcolando il tempo di deflusso (1 litro di malta in un tempo max di 15 secondi).

Le prime malte idonee all’intasamento furono studiate in Danimarca una decina di anni fa e da allora, in seguito alla diffusione di questa tecnologia, ne sono state brevettate molteplici, anche da società operanti nel nostro paese.

La malta è una miscela di leganti idraulici cementizi e additivi, premiscelata in polvere, da mescolare con acqua, senza cloruri, iperfluida, con elevate capacità di penetrazione e di riempimento dei vuoti. La formulazione deve essere studiata per assicurare alla malta gli opportuni livelli di viscosità e lavorabilità in fase di iniezione e per limitare l’utilizzo dell’acqua; infatti bassi rapporti acqua/cemento (0.30-0.35) consentono il raggiungimento di elevate resistenze meccaniche e un sostanziale contenimento del ritiro idraulico.

La conoscenza e l’analisi delle condizioni di lavorazione, in particolare la temperatura ambiente della pavimentazione e le condizioni di irraggiamento solare, sono di

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48 fondamentale importanza nell’esecuzione della pavimentazione, poiché dalla viscosità della malta dipende il grado di intasamento dei vuoti intergranulari nella miscela open grade e quindi le prestazioni finali della pavimentazione stessa. La stesa della malta cementizia ad alta resistenza è sconsigliabile che venga eseguita a temperature ambientali elevate (>30 °C) e/o molto ventilate. In caso di elevate temperature ambiente con esposizione diretta ai raggi solari è consigliabile attenuare lo shock termico superficiale mantenendo bagnata la superficie con aspersione d’acqua mediante semplici irrigatori. Tale procedura, da estendersi fino a 2/3 giorni dalla fine delle operazioni di iniezione della malta, consente una migliore stagionatura della malta a beneficio delle resistenze meccaniche ed evita il rischio della formazione di microfessurazioni. In alternativa è consigliabile coprire la superficie di lavorazione con teli per mantenere costantemente umidi con una periodica innaffiatura. L’umidificazione della malta non risulta necessaria quando la temperatura in superficie non eccede i 25 °C. Per mantenere il contenuto d’acqua di formulazione della malta, all’interno dello strato bituminoso open grade non deve essere presente acqua al momento dell’iniezione e, pertanto, tale operazione non viene in genere effettuata durante eventi piovosi significativi. I fenomeni di presa si realizzano in prevalenza nelle prime 24-36 ore di intasamento (i tempi di presa variano in relazione anche alle temperature ambientali), garantendo resistenze tensionali circa 3 volte maggiori rispetto ai conglomerati bituminosi equivalenti.

L’iniezione avviene dopo almeno 12 ore dalla posa e comunque dopo un tempo tale da permettere al conglomerato bituminoso di raggiungere, raffreddandosi, la temperatura ambiente. La temperatura dello strato bituminoso è un elemento che influenza fortemente la viscosità della malta e di conseguenza la sua lavorabilità, in quanto condiziona l’evaporazione dell’acqua. Per ottimizzare la produttività ed assicurare la migliore qualità delle attività di intasamento, le iniezioni devono essere fatte in presenza di temperature della pavimentazione al di sotto dei 35-40 °C. La malta viene miscelata con un apposito macchinario mobile e iniettata mediante un tubo flessibile di circa 2 pollici di diametro con vari passaggi sulla pavimentazione, in modo da permettere alla malta di penetrare in modo graduale nel conglomerato bituminoso favorendo l’espulsione dell’aria contenuta all’interno dei vuoti del conglomerato bituminoso drenante, sino al completo intasamento dello strato drenante. Le operazioni di miscelazione della malta con acqua costituiscono

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49 una fase particolarmente delicata della realizzazione del sistema, da cui dipende l’omogeneità del prodotto finale e conseguentemente le caratteristiche di viscosità del legante cementizio nel corso dell’iniezione e le prestazioni strutturali del prodotto finale.

Figura 2.5: Applicazione e stesa della malta di intasamento

Per favorire l’intasamento ed un’omogenea finitura, la superficie oggetto di lavorazione viene immediatamente trattata mediante l’utilizzo di spazzole o raclee di gomma, in genere manualmente, o come nel caso delle Infraestructuras Conelsan S.A. utilizzando appositi macchinari. Tale operazione si protrae fino a che la superficie non appare omogenea e priva di cavità. Eventuali vespai sono sanabili con un secondo passaggio entro massimo 2 ore dal primo getto.

Figura 2.6: Infraestructuras Conelsan, S.A. la stesa della malta cementizia viene eseguita con un’apposita macchina

Poiché la malta intasante lascia un sottile film sugli inerti e occlude parzialmente gli spazi, al termine della stesa si procede al ripristino delle caratteristiche della tessitura superficiale, in modo da avere subito un livello di aderenza adeguato. Per ottenere un adeguato livello di micro e macro rugosità è necessario finire la distribuzione della malta superficiale con raggelli a fibre rigide oppure si può ricorrere alla tecnica della pallinatura, solitamente in

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50 forma leggere di minimo martellamento, da adottarsi al completo esaurimento dei fenomeni di presa del legante cementizio.

La miscela totale raggiunge elevatissimi livelli di portanza, in quanto gli sforzi sono assorbiti per mezzo della mutua collaborazione tra gli aggregati lapidei e malta cementizia. In tal modo la risposta alle sollecitazioni da parte della miscela non è di tipo discreto ma continuo, con una conseguente maggiore omogeneità nella distribuzione delle sollecitazioni, nonché minori esigenze di qualità per gli inerti impiegati.

Figura 2.7: Aspetto finale della superficie della pavimentazione in Grouted Macadam

Le prove di caratterizzazione prestazionale del sistema composito, inerenti la valutazione delle sue proprietà volumetriche e meccaniche, devono avvenire in situ, attraverso carotaggi, in modo da verificare la correttezza delle procedure di posa in opera. Sul

Grouted Macadam si eseguono controlli di laboratorio sugli spessori, sulla porosità finale,

sulla resistenza meccanica a compressione e trazione indiretta, su carote prelevate dopo diversi periodi di maturazione (7 e 28 giorni). L’aderenza superficiale del Grouted

Macadam, misurata tramite pendolo inglese, non deve essere inferiore a 50.

La pavimentazione con strato superficiale in open grade intasato con malta cementizia presenta un’elevata capacità portante, come la sovrastruttura rigida, ma ha costi di realizzazione estremamente elevati e una bassa velocità di posa in opera; anche a causa delle due fasi di cui essa si compone e della necessità dell’impiego di manodopera che manualmente, con raclee di gomma e spazzole, favorisce l’infiltramento della malta cementizia e un’omogenea finitura dello strato superficiale della pavimentazione.

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51 Quindi nonostante il vantaggioso comportamento a fatica e l’elevata resistenza a carichi elevati e all’azione di agenti chimici e solventi, i principali inconvenienti legati all’uso di

Grouted Macadam nelle pavimentazioni sono la richiesta di un tempo più lungo e di una

maggiore precisione per la posa in opera; tali inconvenienti rendono la realizzazione della pavimentazione semiflessibile più costosa rispetto alle pavimentazioni rigide in calcestruzzo. Approssimativamente il costo di realizzazione di uno strato in Grouted

Macadam è stimato intorno ai 50 euro/mq e velocità di stesa circa 150 mq orari.

D’altra parte la pavimentazione con strato superficiale in open grade intasato di malta cementizia necessita di meno manutenzione rispetto alle pavimentazioni flessibili e alle rigide, soggette nel tempo a numerosi ammaloramenti. Secondo alcuni studi svolti in passato, in cui è stato eseguito un confronto tecnico ed economico tra la pavimentazione con strato di usura in Grouted Macadam e una con conglomerato bituminoso tradizionale per una via di circolazione aeroportuale, a parità di spessore l’impiego dell’open grade, caratterizzato da un modulo elastico molto maggiore rispetto a quello di un conglomerato bituminoso tradizionale, permette di diminuire i valori delle tensioni, delle deformazioni e delle deflessioni. Tali minori sollecitazioni si riflettono sul comportamento a fatica, e quindi la vita utile risulta più lunga. A parità di vita utile è pertanto possibile andare a ridurre gli spessori delle pavimentazioni in open grade, ottenendo così una pavimentazione con un costo di costruzione comparabile con quello delle pavimentazioni tradizionali. Inoltre, andando ad analizzare le possibili manutenzioni durante l’arco della vita utile, la pavimentazione in Grouted Macadam risulta avere un costo totale (comprensivo anche dei costi necessari per gli interventi manutentivi) minore rispetto alla pavimentazione tradizionale, garantendo alla fine del periodo di servizio delle condizioni migliori, e quindi una vita residua maggiore. Ciononostante la complessità della posa in opera rende difficoltosa la realizzazione di pavimentazioni semiflessibili su ampi spazi.

Obiettivo principale del lavoro di ricerca condotto per la presente tesi è legato all’individuazione di una nuova miscela che, opportunamente additivata, permetta di realizzare lo strato di Grouted Macadam in un’unica fase e senza la necessità che la superficie venga trattata manualmente con spazzole e raclee per favorire l’intasamento, e alla caratterizzazione di questa, con particolare riferimento al modulo di rigidezza e alla

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52 resistenza a fatica. L’obiettivo è quindi quello di individuare un’alternativa più economica, con costi fino al 30% minori rispetto al Grouted Macadam, in termini di realizzazione dello strato e che mantenga inalterate, o migliorate, le caratteristiche di resistenza a fatica e di rigidezza elevata che contraddistinguono il Grouted Macadam, e di conseguenza le pavimentazioni semiflessibili, rispetto alle altre tipologie di pavimentazioni che si possono adottare.

2.2 LE PROPRIETÀ MECCANICHE DEL GROUTED MACADAM

Le proprietà meccaniche delle pavimentazioni semiflessibili sono strettamente legate alle proprietà meccaniche del Grouted Macadam, che ne costituisce lo strato più superficiale. Le sperimentazioni condotte hanno dimostrato che il Grouted Macadam ha un comportamento visco-elastico e quindi, dal punto di vista meccanico, è simile ai conglomerati bituminosi tradizionali.

Il comportamento visco-elastico è dimostrato dalla dipendenza spiccata delle proprietà meccaniche dalla temperatura ed, in particolare, si osserva che:

- All’aumentare della temperatura diminuisce il valore del modulo di rigidezza; - All’aumentare della temperatura, aumenta il valore del coefficiente di Poisson. Nei paragrafi successivi si tratterà della rigidezza, del comportamento a fatica e della resistenza a deformazioni permanenti evidenziando analogie e differenze tra conglomerati bituminosi tradizionali ed il Grouted Macadam.

Nel paragrafo 2.2.1 saranno presentate le metodologie di prova per la determinazione del modulo di rigidezza e le variabili che influenzano la rigidezza dei conglomerati bituminosi tradizionali e del Grouted Macadam.

Nel paragrafo 2.2.2 si descriveranno in breve gli aspetti principali del fenomeno della fatica per i conglomerati bituminosi tradizionali, andando ad evidenziare la differenze con il

Grouted Macadam. Le ricerche finora svolte sul Grouted Macadam hanno dimostrato che,

trattandosi di un materiale di elevata rigidezza, è in grado di dissipare efficacemente le tensioni dovute ai carichi indotti dal traffico, ma quando soggetto a deformazioni di trazione mostra una vita a fatica più breve rispetto ai conglomerati bituminosi.

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53 Nel paragrafo 2.2.3 si tratterà del fenomeno delle deformazioni permanenti che rappresenta la principale causa di deterioramento per gli strati superficiali in conglomerato bituminoso di pavimentazioni flessibili soggette a traffico pesante. Le sperimentazioni condotte relativamente alla resistenza alle deformazioni permanenti del Grouted Macadam hanno portato a risultati positivi. Il Grouted Macadam, confrontato con i conglomerati bituminosi tradizionali, presenta un livello di deformazioni permanenti accumulate molto più basso, soprattutto alle alte temperature. Inoltre la resistenza alle deformazioni permanenti aumenta al diminuire della percentuale di bitume e con l’impiego della malta cementizia con resistenza meccanica superiore.

2.2.1 Il modulo di rigidezza

Il modulo di rigidezza del conglomerato bituminoso è rappresentativo della risposta tenso-deformativa per un materiale con comportamento viscoelastico. La metodologia di prova correntemente impiegata per determinare il modulo di rigidezza di un conglomerato bituminoso è la prova ITSM (Indirect Tensile Stiffness Modulus), ossia si valuta il modulo dinamico di rigidezza valutato mediante trazione indiretta dinamica. La metodologia di prova ISTM è stata impiegata in precedenti sperimentazioni anche per il Grouted

Macadam.

In sintesi la prova consiste nell’applicazione dinamica di un carico lungo il diametro verticale di un provino cilindrico e nella misurazione della deformazione orizzontale. Le prove devono essere condotte con un’apparecchiatura di prova conforme alle specifiche presenti in normativa EN 12697-26. Sotto l’applicazione di carichi ciclici il modulo di rigidezza è in genere definito come il rapporto tra la tensione massima e la deformazione massima. Il modulo di rigidezza è espresso in MPa ed è calcolato con la seguente formula:

1 = 3 ∙ $ ∙ (4 + 0.27)2 Dove:

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(26)

54 - $ = +% "-% (%)'" )%. +-";'#" [((];

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La prova non è distruttiva, quindi i provini sottoposti a test possono essere poi utilizzati per condurre anche la prova a fatica ITFT.

A seguito si riportano in Tabella 2.14 i fattori che influenzano il modulo di rigidezza dei conglomerati bituminosi:

Fattore Conseguenze sul modulo di rigidezza

Frequenza di carico

Bassa frequenza: basso modulo di rigidezza Frequenza elevata: elevato modulo di rigidezza

Temperatura

Temperatura elevata: basso modulo di rigidezza

Temperatura bassa: elevato modulo di rigidezza

Livello di tensione

Tensione elevata: basso modulo di rigidezza Tensione bassa: elevato modulo di rigidezza Coefficiente di Poisson

Valore basso: basso modulo di rigidezza Valore alto: elevato modulo di rigidezza Contenuto di bitume

Il modulo di rigidezza più elevato si raggiunge in corrispondenza del contenuto ottimo di bitume

Classe di bitume

Penetrazione alta: basso modulo di rigidezza Penetrazione bassa: elevato modulo di rigidezza

Modificanti per il bitume

L’effetto dipende dalle caratteristiche del modificante; in generale i modificanti sono aggiunti per aumentare il modulo di rigidezza

Contenuto di vuoti

Contenuto di vuoti elevato: Contenuto di vuoti basso:

Caratteristiche degli aggregati ed assortimento granulometrico

Miscele prodotte con rocce frantumate presentano un modulo di rigidezza più elevato di quelle con ghiaia;

Maggiore assortimento granulometrico aumenta la rigidezza;

Maggiore è la percentuale in peso di aggregati grossi e maggiore è la rigidezza. Tabella 2.14: Effetti principali dei fattori che influenzano il modulo di rigidezza

Tra i fattori sopra elencati quello che influenza maggiormente il modulo di rigidezza è la temperatura, legata alle proprietà viscoelastiche dei conglomerati bituminosi.

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55 Dall’analisi dei risultati di sperimentazioni svolte in passato su miscele differenti di

Grouted Macadam si è osservato che la modalità con cui i diversi fattori influenzano il

modulo di rigidezza è analoga a quella dei conglomerati bituminosi tradizionali. In particolare è necessario tener di conto di altri due fattori:

- La resistenza meccanica della malta cementizia; - Il tempo di “curing”.

Poiché in genere all’aumentare della resistenza a compressione della malta cementizia aumenta anche il modulo di rigidezza; mentre il tempo di “curing” indica l’intervallo di tempo intercorso dalla procedura di “grouting”, in cui avviene la presa e l’indurimento della malta cementizia. All’interno di 28 giorni di “curing” si può verificare un aumento del modulo di rigidezza superiore al 100%.

Il Grouted Macadam, in generale, presenta un modulo di rigidezza più elevato rispetto al conglomerato bituminoso tradizionale, per il ruolo di irrigidimento svolto dalla malta cementizia.

Esaminando i risultati delle prove ITSM condotte da Setyawan nel 2003, a differenti temperature su miscele di Grouted Macadam e conglomerati bituminosi si osserva che:

- Come si nota in Figura 2.8, per il Grouted Macadam all’aumentare della temperatura diminuisce il valore del modulo di rigidezza, come testimonianza del suo comportamento viscoelastico;

- Mentre dalla Figura 2.9 è facile notare che la differenza del modulo di rigidezza di

Grouted Macadam e conglomerati bituminosi tradizionali aumenta al diminuire

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56 Figura 2.8: Effetto della temperatura sul modulo di rigidezza di 4 differenti miscele di G. M.

(28 giorni di curing)

Figura 2.9: Confronto ITSM tra Grouted Macadam (28 giorni di curing) e conglomerati bituminosi tradizionali

Oliveira nel 2003 ha condotto prove ISTM adottando diversi valori di deformazione orizzontale target ed ha verificato che il modulo di rigidezza iniziale dipende dalla deformazione imposta, anche questo dimostra il comportamento viscoelastico del Grouted

Macadam.

2.2.2 Il fenomeno della fatica

Lo studio del comportamento a fatica del Grouted Macadam, nell’ipotesi di comportamento viscoelastico, può essere condotto sulla base delle metodologie di prova e dei criteri impiegati per i conglomerati bituminosi tradizionali. In questo paragrafo si andranno ad analizzare gli aspetti principali del fenomeno della fatica, mettendo in evidenza le differenze tra i conglomerati bituminosi e il Grouted Macadam alla luce delle sperimentazioni svolte negli ultimi anni.

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57 La fatica è un fenomeno meccanico che interessa materiali sottoposti a carichi ripetuti ciclicamente di entità costante o variabile nel tempo. Il fallimento prestazionale del materiale causato da fatica si manifesta per un’intensità di carico sensibilmente inferiore a quella che comporta la rottura statica. I primi studi riguardanti la fatica avvennero nella metà dell’Ottocento per indagare i motivi di fallimento di manufatti metallici per sollecitazioni inferiori alla propria resistenza massima; nel 1837 Wӧhler riscontrò molteplici incidenti ferroviari per cedimenti degli assali in acciaio, sebbene fossero dimensionati staticamente con abbondanti coefficienti di sicurezza, studiò il fenomeno e dai risultati sperimentali definì delle curve di durabilità del materiale, dette curve di Wӧhler. Per quanto concerne lo studio fatica delle sovrastrutture stradali in conglomerato bituminoso le prime ricerche sono state condotte negli anni ’60. Una delle prime definizioni di fatica associate alle pavimentazioni stradali in conglomerato bituminoso fu data da P.S. Pell nel 1962, che la definì come: “ fenomeno della frattura dei materiali sotto un carico ripetuto o fluttuante, avente generalmente il massimo valore inferiore alla resistenza a trazione del materiale”. Questa definizione viene impiegata nel caso delle pavimentazioni stradali assumendo che l’applicazione del carico indotta dal traffico stradale sia l’unico meccanismo che può creare stress ripetuti e, di conseguenza, deformazioni. Infatti, il danneggiamento per fatica in una pavimentazione stradale si manifesta nel lungo periodo in seguito all’applicazione ripetuta di carichi derivanti principalmente dal passaggio di traffico veicolare. Questo, nelle pavimentazioni in conglomerato bituminoso, si traduce nella formazione e nel successivo accrescimento di fratture e deformazioni, che comportano un decadimento delle proprietà meccaniche della sovrastruttura stradale, fino ad arrivare all’impossibilità di adempiere ai compiti per la quale è stata progettata. L’ampiezza delle deformazioni per trazione è strettamente dipendente dal modulo di rigidezza dei materiali e dalla natura della pavimentazione in esame, ad esempio in base al tipo di conglomerato bituminoso utilizzato. Studi sia teorici che empirici hanno indicato che le deformazioni per trazione al di sotto del principale strati strutturale di una tipica pavimentazione stradale sono dell’ordine dei 30-200 microstain sotto il carico di un asse standard da 80 kN.

Le deformazioni sono generate anche da altri fattori e per questo nel 1996 Read propose la seguente definizione, incorporando tutte le possibili cause di sviluppo della frattura: “la fatica nelle pavimentazioni bituminose è il fenomeno della fessurazione. Essa consiste di

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58 due fasi principali: l’innesco e la propagazione, ed è causata dalle deformazioni per trazione generate non solo dal carico indotto dal traffico, ma anche delle variazioni di temperatura e dalle procedure di costruzione”. Concorrono ad accelerare il processo di degrado della pavimentazione, quindi contribuiscono ad un peggioramento del comportamento a fatica del materiale, le variazioni cicliche di temperatura a cui è usualmente sottoposta la pavimentazione. Il gradiente termico stagionale induce dilatazioni e contrazioni del materiale che, se contrastate, comportano la nascita di stati tensionali aggiuntivi. Inoltre il gradiente termico giornaliero può causare movimenti differenziali tra i diversi strati con conseguente nascita di ulteriori stati di coazione. Per quel che riguarda le procedure di costruzione, invece, esse sono riferite in particolare alle fessure in superficie generate durante la compattazione con rulli effettuata in condizioni di temperatura dei conglomerati bituminosi non adeguata; generalmente la compattazione del conglomerato deve essere completata quando essa si trova ancora a temperature non inferiori ai 130°C.

Altri responsabili di un peggioramento delle prestazioni a fatica delle pavimentazioni in conglomerato bituminoso sono:

- Il deterioramento chimico del bitume nel tempo;

- Eventuali errori nelle procedure di realizzazione e posa in opera del materiale. Il fenomeno della fatica nei conglomerati bituminosi risulta fortemente condizionato anche dalla composizione della miscela bituminosa. Rivestono infatti un ruolo fondamentale nel comportamento a fatica la tipologia e la quantità di legante bituminoso, la tipologia e la forma degli aggregati, il contenuto dei vuoti nella miscela. Per quanto concerne il bitume si ritiene che ci sia un incremento della vita a fatica della struttura andando ad adottare un bitume modificato con polimeri elastomeri e aumentando il quantitativo di bitume, in quanto conferisce maggiore elasticità al conglomerato. Tuttavia esiste un limite superiore al quantitativo di bitume, poiché un eccesso dello stesso comporterebbe eccessivi ormaiamenti. Il giusto compromesso viene chiamato in letteratura quantitativo ottimo di bitume. La tipologia di aggregato influisce sul fenomeno della fatica dal momento che, per avere un buon comportamento complessivo, deve manifestarsi un’ottima affinità chimica tra aggregato e bitume. L’aggregato dovrà essere basico per legarsi con il bitume acido.

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59 In generale, il danneggiamento per fatica si compone di due fasi principali: l’innesco e la propagazione delle fessure. Si rende quindi necessario, al fine di ottenere un quadro completo delle prestazioni a fatica di una pavimentazione stradale in generale, valutare entrambe le fasi. La fase iniziale, detta di innesco, consiste essenzialmente nella formazione di una diffusa rete di microfratture, il cui effetto si traduce in una diminuzione della rigidezza macroscopica (modulo). Nella seconda fase, dalla fusione delle microfratture, si forma una macrofrattura che si propaga verso l’interno del materiale. La fusione si manifesta ad un dato valore di microfratturazione (livello di danneggiamento o livello di fatica). Le due fasi vengono usualmente modellate attraverso schemi differenti come, ad esempio, la meccanica del danneggiamento e la meccanica della frattura lineare elastica. I meccanismi di innesco della frattura nelle pavimentazioni in conglomerato bituminoso sono schematizzabili secondo due tipologie: bottom-up e top-down, come già visto nel Paragrafo 1.1.1.

Allo stato attuale, come emerso dalla sperimentazione condotta nel 2003 per la campagna di interlaboratorio organizzata dal Comitato Tecnico RILEM, la modellazione di entrambi i fenomeni congiuntamente con un approccio unificato è ancora un problema irrisolto. Come descritto, il fenomeno della fatica influisce sulla rigidezza del materiale determinandone una riduzione del modulo. Tuttavia la fatica non deve essere scambiata per deformazione permanente.

Figura 2.10: Differenza tra fatica e deformazioni permanenti

Nella Figura 2.10 sono descritti in modo separato i fenomeni di fatica e di accumulo di deformazioni permanenti. Il grafico a sinistra mette in evidenza il decadimento delle

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60 caratteristiche meccaniche di un conglomerato bituminoso, sottoposto a prova di fatica, in cui si applica un carico ciclico sinusoidale. Il grafico di destra, invece, descrive l’accumulo di deformazioni permanenti che si verifica nel conglomerato bituminoso durante le prove in cui venga applicata una sollecitazione di sola compressione o di sola trazione.

Nella realtà, i due fenomeni si combinano dando luogo a fenomeni più complessi le cui interazioni sono molto difficili da valutare. Pertanto si possono comprendere le ragioni per cui non sia stato ancora stabilito un approccio unitario di riferimento.

2.2.2.1 Test per valutare la fatica

L’importanza di condurre test per caratterizzare le prestazioni a fatica dei conglomerati bituminosi fu riconosciuta già negli anni ’50 visto il crescente interesse per il fenomeno di fessurazione nelle pavimentazioni stradali. Poiché test di fatica in sito, su tratti di pavimentazioni reali strumentate, spesso sono di difficile realizzazione o non si hanno strumentazioni adeguate, lo studio del comportamento a fatica viene frequentemente condotto in laboratorio, dove è possibile controllare le variabili che concorrono al fenomeno. Lo scopo è quello di eseguire prove sperimentali al fine di individuare opportuni indicatori che possano caratterizzare prestazionalmente un materiale, cercando di ricostruire il più fedelmente le condizioni cui sarà sottoposto nella realtà. Il comportamento a fatica di un conglomerato bituminoso risulta difficile da prevedere con esattezza dal momento che sono numerose le variabili indipendenti o fortemente correlate tra loro che concorrono al danneggiamento complessivo e che lo rendono incerto. Le diverse tipologie di prova disponibili dovrebbero riprodurre le stesse condizioni osservate in sito, come ad esempio la temperatura, il tempo di carico e la distribuzione delle tensioni; ciò è reso estremamente difficile dal fatto che tali parametri variano nel tempo. In laboratorio non è possibile realizzare prove che tengano in considerazione tutte le variabili presenti nella realtà, pertanto si cerca di individuare ed isolare i fattori che maggiormente influenzano il comportamento del materiale. Quindi, a seconda delle condizioni che si vogliono ricreare, risulterà più opportuna una tipologia di prova piuttosto che un’altra.

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61 Per quanto concerne gli stati tensionali, al fine di avere condizioni di carico rappresentative durante un test di fatica, è necessario osservare la distribuzione delle sollecitazioni all’interno di una sovrastruttura stradale quando su di essa transita un carico su ruota. Il modello schematizzato in Figura 2.11 e Figura 2.12 descrive in modo semplificato come le tensioni normali e quelle tangenziali varino nel tempo durante i passaggi dei veicoli. Si tenga di conto che, nella realtà, le tensioni sono applicate tridimensionalmente.

Figura 2.11: Tensioni in un elemento della pavimentazione

Figura 2.12: Variazioni nel tempo delle tensioni indotte dal passaggio dei veicoli

In particolare la Figura 2.12 mostra come le tensioni verticali di compressione aumentino con l’avvicinarsi del carico su ruota, raggiungano un massimo e poi decrescano con l’allontanamento. Le tensioni orizzontali risultano di trazione al di sotto degli strati bituminosi che costituiscono il pacchetto stradale. Le tensioni tangenziali, infine, passano da un valore massimo ad un valore minimo invertendo il segno.

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62 Sebbene in laboratorio non sia stato ancora possibile ottenere questo complesso stato tensionale in modo accurato, diversi semplici test riescono a riprodurre alcuni aspetti del comportamento osservato in sito. Inoltre è doveroso osservare che, sebbene in laboratorio vengano pensate accuratamente le prove sperimentali da realizzare ponderando con grande attenzione i parametri da inserire, le reali condizioni di carico di una pavimentazione (traffico veicolare e contesto ambientale) appaiono molto più complesse e incerte del calcolo matematico di un indicatore sperimentale di fallimento prestazionale. Tuttavia, ad oggi, i test di fatica condotti in laboratorio sono l’unico metodo ragionevolmente razionale per valutare la vita utile del materiale rispetto alla fratturazione a fatica.

2.2.2.1.1 Tipologie di prove a fatica

La Normativa Europea (recepita anche in Italia) UNI EN 12697-24 classifica e descrive i test di fatica in base alla configurazione di prova assunta, cioè in base al metodo di applicazione del carico:

Flessione semplice:

- Prova flessionale su due punti su provini di forma prismatica; - Prova flessionale su tre punti su provini di forma prismatica; - Prova flessionale su quattro punti su provini di forma prismatica; - Prova flessionale con rotazione;

Carico assiale diretto:

- Prova di trazione-compressione di provini cilindrici (o a clessidra);

Carico diametrale:

- Prova di trazione indiretta su provini di forma cilindrica.

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63 Figura 2.13: Principali schemi di prova a fatica previsti dal protocollo europeo UNI EN 12697-24 Come precedentemente descritto, ogni prova simula un ben preciso comportamento del materiale e rappresenta differenti condizioni che si riscontrano nella realtà. In linea generale non esiste una prova che sia migliore delle altre in termini assoluti, ma certamente esiste una prova che simula meglio di altre determinate prestazioni. È possibile raggruppare le prove in categorie: Le prove flessionali sono più idonee allo studio dell’effetto del passaggio ripetuto di veicoli sulla pavimentazione considerando lo stato tenso-deformativo che sussiste al di sotto del sentiero di rotolamento dei pneumatici. Le prove a trazione indiretta sono invece più idonee per valutare l’effetto del passaggio ripetuto di veicoli sulla pavimentazione considerando, però, lo stato tenso-deformativo presente ai lati del sentiero di rotolamento degli pneumatici. Inoltre le prove a trazione indiretta possono rappresentare bene anche il comportamento reale del materiale in termini di coazioni termiche.

I test di fatica previsti da tale Normativa sono analoghi alle prove previste dal protocollo Europeo UNI EN 12697-26 per ottenere i moduli di rigidezza di provini in conglomerato bituminoso. L’analogia consiste nella modalità di esecuzione della prova. La differenza risiede, invece, nel numero di cicli da compiere per trovare i risultati: un numero limitato di

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