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P ARTE I La situazione storica e religiosa

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Academic year: 2021

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(1)

P

ARTE

I

(2)

C

APITOLO

1. L

A FASE TEBANA DEL REGNO DI

A

MENHOTEP

IV/A

KHENATEN

§ 1. Premessa

Qualsiasi ricerca sull’Età amarniana (1350-1334 a.C.)1 deve fare i conti con una mole di dati che, se da un lato è quantitativamente significativa, dall’altro ha il grande limite di essere per lo più allo stato frammentario; le informazioni incomplete che esse veicolano, quindi, molto spesso più che rispondere a domande cruciali pongono nuovi problemi. Ciò si deve alla precisa volontà di

damnatio memoriae dei successori di Akhenaten (1350-1334 a.C.) – in particolare

Horemheb (1321-1293 a.C.), Sethy I (1291-1278 a.C.) e Ramesse II (1279-1212

a.C.)2 – che hanno cancellato quanto più possibile le tracce del suo regno,

confondendo e mutilando i dati ora in nostro possesso: esemplificative la diaspora delle talatat di Karnak Est e di el-Amarna stessa (la città è stata completamente rasa al suolo) e la condizione di totale inquinamento della tomba KV 55; in entrambi i casi si deve anche lamentare una lacuna metodologica degli scavatori fino alla prima metà del secolo scorso, da cui risultano rapporti di scavo incompleti3.

1 La cronologia adottata è quella proposta da MURNANE W.J., Penguin Guide to Ancient Egypt,

Harmondsworth-New York 1983.

2 I tre sovrani hanno smantellato tutti gli edifici eretti da Akhenaten, utilizzandoli nelle loro

proprie costruzioni: ad esempio come fondamenta per la sala ipostila e come riempimento per il nono, decimo e secondo pilone a Karnak. Va aggiunto che, secondo le ipotesi di D.B. Redford, alcuni degli edifici di Akhenaten erano sull’asse nord-sud del tempio, impedendo così il naturale sviluppo della struttura templare; essi andavano necessariamente smantellati, indipendentemente dalla volontà di distruggere la memoria di chi li aveva eretti. Il fatto che alcune talatat fossero ancora disponibili in Età tarda e in Età tolemaica, dimostra che resti cadenti degli edifici a est della cinta templare fossero ancora visibili in quel periodo: se l’accanimento di Horemheb, Sethy I e Ramesse II fosse stato puramente ideologico, essi avrebbero trovato il modo di farli sparire.

3 Molto critico l’atteggiamento degli studiosi nei confronti della pubblicazione dei lavori alla

tomba KV 55 (DAVIES A. – MASPERO G.C.C. – AYRTON E. – DARESSY G., The Tomb of Queen Tîyi, Constable & Co., London 1910), nella quale mancano preziose informazioni sulla condizione

della tomba al momento della scoperta, sulla posizione degli oggetti e sulle fasi di svuotamento dell’ipogeo. D.B. Redford lamenta che il recupero spesso sporadico delle talatat e il loro immagazzinamento disordinato, con successivo rimescolamento dei pezzi, impedisca di ricavare precise informazioni sulla collocazione originaria delle strutture; REDFORD D.P., Akhenaten. The heretic king, The American University in Cairo Press, Cairo 1989, p. 68. Curioso che R.

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L’interesse per l’esperienza amarniana – molto acceso fin dalle prime scoperte – ha prodotto una bibliografia così sterminata e tutt’ora in continuo aggiornamento, che i diversi studi rischiano di ignorarsi a vicenda, talora impedendo un vero e proprio progresso delle nostre conoscenze su questo periodo. Lo studioso deve poi necessariamente confrontarsi con un’infinita serie di interpretazioni (prescindendo dalle fantasiose speculazioni a-scientifiche che, purtroppo, prolificano)4, spesso in contrasto fra loro. Capita anche di trovare episodi di scarsa collaboratività fra progetti di ricerca che lavorano su uno stesso argomento: il caso delle già citate talatat tebane su cui lavorano sia l’Akhenaten Temple Project di Toronto sia il Centre Franco-Égyptien d’Études des Temples de

Karnak può essere un esempio5. È sempre il grande interesse verso l’Età

amarniana a rendere particolarmente combattivi gli studiosi che si oppongono sui fronti caldi della coreggenza fra Amenhotep III (1386-1349 a.C.) e Amenhotep IV, della successione di Akhenaten e dell’affaire Zannanza, del contenuto della KV 55, della possibilità di definire monoteismo la dottrina amarniana, del confronto con la tradizione biblica, dell’interpretazione del cosiddetto “colosso asessuato”, della paternità di Tutankhaten, del destino di Nefertiti, etc.

Infine, al di là di positive critiche costruttive, la costante formulazione di giudizi morali anacronistici e – in teoria – estranei allo statuto epistemologico della disciplina, appare davvero inappropriata; essa è frutto della creazione di due larghi schieramenti, uno pro e l’altro contro-Akhenaten e arriva ad uscite spesso di cattivo gusto. Vero che il movimento contro-, piuttosto recente, nasce come opposizione ad una ingenua visione di Akhenaten come profeta precristiano, saggio, idealista, illuminato e pacifista emersa nel primo quarto del Novecento: tuttavia questa opposizione (di carattere morale, non storico) ha ora fatto il suo tempo e non ha motivo di essere6. Il giudizio su Akhenaten ha dunque seguito la

monuments thébaines d’Amenhotep IV à l’aide d’outils informatiques, méthodes et résultats,

Cahiers de la Société d’Égyptologie, Genève 1999, p. 58.

4 Illuminante, a proposito dell’impatto del fenomeno Akhenaten sulla cultura contemporanea,

MONTSERRAT D., Akhenaton. L’antico Egitto tra storia e fantasia, ECIG, Genova 2005.

5 Cfr. VERGNIEUX R., op. cit., pp. 57-63, dove a ragione definisce “un échec” la sperimentazione

del metodo informatico per l’assemblaggio delle talatat, di cui rileva i numerosi errori (in particolar per la mancata consapevolezza che le assise di talatat erano alternativamente poste di piatto e di taglio).

6 Sintesi della composizione dei “partiti” in HORNUNG, E., Akhenaten. La religione della luce nell’antico Egitto, Salerno Editrice, Roma 1998, pp. 12-28. Molto equilibrato – dopotutto l’autore

era un profondo conoscitore dell’esperienza amarniana – il commento di N. de Garis Davies: “The

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moda e l’evoluzione culturale delle società che se ne sono occupate: ne è un chiaro esempio il seguente commento di G. Farina, che rasenterebbe la comicità, se non fosse per l’accento antisemita (è il 1929): “Amenhòtpe IV, figlio del terzo

Amenhòtpe, ma degenere successore dei gloriosi Thutmosidi, era un folle mistico che, invece di attendere alle gravi cure dello Stato, volgeva la mente inferma a speculazioni teologiche intorno al dio Sole, chiamato allora popolarmente Aton. Il nuovo culto e il nuovo credo da lui foggiati cercò, forse, d’imporre ai sudditi con mal ispirato zelo e con settaria intolleranza; di certo lo troviamo in aspra lotta con il dio Ammòne e il suo sacerdozio, che egli perseguita con accanimento degno di migliore causa. Ovunque si rinvenga il nome dell’odiato rivale è martellato, lo ripudia anche da sé e invece di Amenhòtpe, che significa “il dio Ammone è pago” si fa chiamare Ehnaton, ossia “colui che giova al dio Aton”. Lascia Tebe e costruisce una nuova capitale, Achtatòn, “l’orizzonte di Aton”, e là trasferisce la sua famiglia e la sua Corte per vivere lontano da Ammone e indisturbato cantare inni al Sole. Mai in Egitto, paese dalle molteplici credenze, incline alla dolce bonomia, dissensi religiosi avevano esasperati gli animi e cagionate ardenti lotte. Anzi, sì. C’è memoria in più lontani tempi di una guerra religiosa provocata dagli Iqsòs; ma erano stranieri, questi nonni degli Ebrei e intolleranti come tutti i Semiti. Amenhòtpe è tra compagni che gli fanno onore!”7.

Eppure ancora recentemente D.B. Redford, che significativamente si riferisce con costanza ad Akhenaten come a “the heretic”, definisce il suo operato “di nessuna particolare importanza dal punto di vista intellettuale”8, descrive le colossali statue di Karnak come dotate di un’espressione “rather supercilious”9 (anche qui un giudizio morale, non già estetico!) e conclude le sue riflessioni sull’esperienza amarniana con un’anacronistica valutazione politica: “Akhenaten

in spirit remains to the end totalitarian. […] I cannot conceive a more tiresome regime under which to be fated to live”. N. Reeves, nel suo saggio Akhenaten,

dall’eloquente sottotitolo “Egypt False Prophet”, arriva a scrivere, riferendosi alla morte del principe ereditario Tuthmosi, figlio primogenito di Amenhotep III (1386-1349 a.C.) e fratello maggiore di Amenhotep (IV): “Tuthmosis’ death was

them in recent years, but the disillusion should not impair our judgement of the astounding character of the episode, and the initial force which it displayed” (The tomb of the Vizier Ramose,

Egypt Exploration Society, London 1941, p. 3).

7 FARINA G., La pittura egiziana, Fratelli Treves Editori, Milano 1929, pp. 20-21. 8 Citato in HORNUNG E., op. cit., p. 27.

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an unexpected, and cruel, turn of Fate: it had never been anticipated that Amenophis (IV) would rule – and, for Egypt, it might have been very much better if he never had”10.

§ 2. Problemi di cronologia

Poiché solo pochi reperti di Età amarniana sono esattamente datati, è molto difficile procedere alla stesura di una cronologia assoluta; così alcuni avvenimenti del regno di Akhenaten fluttuano all’interno di archi temporali e sistemi di cronologia relativa ricavati dall’analisi dei seguenti dati: titolatura e iconografia del dio Ra-Horakhty-Aten, protocollo del re e della regina, numero di principesse regali raffigurate11.

Fin dall’inizio del regno Amenhotep IV dimostra di prediligere il culto solare elipolitano, lasciando in secondo piano il dio dinastico tebano Amon. Nella sua grande rapidità, il culto solare procede comunque attraverso una evoluzione graduale e riconoscibile12. Queste fasi coinvolgono anche il protocollo e il nome della coppia reale. Le tappe principali, già ricostruite da C. Aldred nel 1959 e perfezionate da M. Gabolde nel 199813, sono le seguenti (tav. I)14:

10 REEVES C.N., Akhenaten. Egypt's false prophet, Thames & Hudson, London 2001, p. 62. Lo

stesso autore si era espresso sull’argomento con parole non meno dure: “Thutmose’s early demise

was to prove a disaster of epic proportions: with the accession to the throne of Neferkheperura-Waenra Amenhotep (IV) […] the country wolud be plunged into a period of ruthless dictatorial rule, divisive experiment, and fear”; REEVES C.N., The Royal Family, in FREED E.R. – MARKOWITZ Y.J. – D'AURIA S.H. (a cura di), Pharaohs of the Sun. Akhenaton, Nefertiti, Tutankhamon, Mondadori, Verona 1999, p. 81.

11 Nella sensata convinzione che la primogenita sia nata nove mesi dopo l’unione della coppia

regale, si potrebbe cercare di creare una cronologia sulla base dell’apparizione delle figlie regali nei monumenti; tuttavia non è dato sapere quanto tempo dopo la nascita le principessine potessero essere rappresentate in pubblico, né capita sempre che ad ogni occasione pubblica tutte le principesse già nate in quel momento venissero rappresentate (“In definitiva il numero delle figlie

che accompagna i genitori nelle scene trovate ad Amarna non fornisce un’indicazione sicura circa la data dell’evento”. Vero, in ogni caso esse rappresentano un terminus post quem; ALDRED C.,

Akhenaten, il faraone del sole, Newton & Compton, Roma 1978, p. 78). Dibattito anche sulla data

del matrimonio fra Akhenaten e Nefertiti, è quindi possibile che non tutte le principessine fossero nate porfirogenite.

12 Uno studio sull’evoluzione iconografica del dio in REDFORD D., The Sun-disc in Akhenaten’s Program: its Worship and Antecedents, I, in JARCE 13 (1976), pp. 53-56.

13 ALDRED C., The beginning of the el-‘Amarna period, in JEA 45 (1959), pp. 19-33; GABOLDE

M., D’Akhenaton à Toutânkhamon, Université Lumière-Lyon 2, Institut d'Archéologie et d'Histoire de l'Antiquité, Lyon 1998, pp. 24-31. Si rimandano a questi due saggi per tutte le indicazioni bibliografiche riguardanti le singole fonti della cronologia.

14 Incompatibili con i dati a disposizione, invece, le osservazioni in REDFORD D.B., Some observations on ‘Amārna Chronology, in JEA 45 (1959), pp. 34-37.

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1. Amenhotep III muore e Amenhotep IV sale al trono. Assenza del dio Ra-Horakhty nell’iconografia regale; il III pilone di Karnak e la tomba di Kheruef (TT 192) sono sprovvisti di qualsiasi allusione all’Aten, mentre nel tempio di Soleb Amenhotep IV è in adorazione di suo padre Amenhotep III;

2. Compare il nome dell’Aten; il nome del dio non è inscritto in un cartiglio né è provvisto dell’epiteto di ḥcỉ m Aḫt, ‘Esaltato all’Orizzonte’. Risalgono

a questo periodo la prima stele di Zarnikh, dove Aten appare accanto a Nekhbet15, la stele elipolitana di Hannover e una stoffa iscritta della tomba di Tutankhamen (1334-1325 a.C.);

3. II anno di regno: a questo periodo risale il primo elemento datato del culto di Aten (Lettera EA 27); si tratta del Palazzo tebano di Amenhotep IV PA

bḫn ḥcỉ-m-Aḫt, la ‘Residenza dell’Esaltato all’Orizzonte’;

4. III anno di regno: l’epiteto di ḥcỉ m Aḫt si consolida, viene formulato il

primo nome dogmatico del dio (cnḫ Rc-Ḥr-Aḫ.ty ḥcỉ m Aḫt m rn=f m šw n.ty m ’Itn, ‘Vivente è Ra-Horakhty, esaltato all’orizzonte nel suo nome di luce

che è nell’Aten’), senza tuttavia che sia inscritto in un cartiglio; i riferimenti ad Amon non sono censurati16. Risalgono a questo periodo la stele di Gebel el-Silsileh, i blocchi di grosse dimensioni estratti dal X pilone di Karnak (tav. IIa), un altare d’offerte, le statue delle anime di Pe e di Dep e di cinocefali da Karnak, alcuni bassorilievi delle tombe tebane di Ramose (TT 55) e Parennefer (TT 188), l’architrave della cappella di Nakhy a Deir el-Medina, un cofanetto del vicerè di Nubia. Nefertiti è sposata da Amenhotep IV: i due sovrani sono effigiati a Sesebi in adorazione del pantheon tradizionale17.

5. IV anno di regno, prima parte: il nome dell’Aten è inscritto in due cartigli, la titolatura regia (ma non nomen e praenomen) viene modificata.

15 LEGRAIN G., Les stèles d’Aménôthès IV à Zernik et à Gebel Silsileh, in ASAE 3 (1902), pp.

259-266.

16 Tuttavia si preferisce il praenomen Nebmaatra a quello di Amenhotep, avendo l’accortezza di

scrivere la parola maat in maniera fonetica, eludendo il geroglifico della divinità; sigillo di giara risalente all’anno I di Amenhotep IV, cfr. HAYES W.C., Inscriptions from the palace of Amenhotep

III, in JNES 10 (1951), p. 44, fig. 4.6

17 Di diverso avviso VANDERSLEYEN C., L’Ègypt et la vallée du Nil. II: De la fin de l’Ancient Empire à la fin du Nouvel Empire, Presses Universitaires de France, Paris 1995, p. 413, il quale

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Risalgono a questo periodo la stele di Kia a Hierakonpolis, il graffito di Asswan e probabilmente la stele di Panehesy al Louvre.

6. IV anno di regno, seconda parte: la raffigurazione teriantropica del dio viene abbandonata e compare l’immagine del disco solare raggiato con mani. In questa parte dell’anno nasce la primogenita Merytaten, si celebra il giubileo heb-sed congiunto dell’Aten e del sovrano. A questo periodo risalgono la maggior parte delle talatat, alcuni decori della tomba di Parennefer (TT 188) e Ramose (TT 55), il graffito dello Wadi Hammamat. 7. V anno di regno: tra il 19 del 3° mese di peret (lettera di Gurab indirizzata al re da un sacerdote di Ptah a Menfi) e il 13 del 4° mese della stessa stagione (prima proclamazione delle stele di frontiera di Akhetaten: X, M e S) il re cambia il proprio nome da ’Imn-ḥtp nṯr ḥqA WAs.t in Aḫ-n-’Itn18.

Probabilmente contemporaneamente al re anche la regina modifica il proprio nome aggiungendo l’epiteto Nfr-nfr.w-’Itn nel proprio cartiglio19. Nasce la secondogenita Maketaten; il re proscrive il dio Amon, facendone cancellare il nome ovunque sia scritto; fondazione di Akhetaten. Continuano i lavori ai templi solari di Karnak.

8. VI anno di regno: a fine anno il re lascia Tebe per sempre20 e interrompe la decorazione dei templi solari in quella città. Nasce la terzogenita

18 C. Aldred colloca l’avvenimento nell’anno VI, cfr. ALDRED C., Akhenaten, cit., p. 208.

19 La correzione del nome della coppia regale avviene ovunque sulle talatat di Karnak (tranne che

sui colossi del re): il nome Amenhotep in altorilievo viene cancellato e vi si riscrive sopra il nuovo nome Akhenaten a rilievo incavato, mentre il resto del protocollo del re non viene modificato. Per Nefertiti l’operazione era sensibilmente più difficile, in quanto il nuovo nome era molto più lungo del precedente (incorporandolo): gli scalpellini preferirono aggiungere accanto al vecchio nome quello nuovo. Inoltre, la mancanza nel nome della regina di ogni riferimento ad Amon, non rendeva necessaria una sovrapposizione fra il vecchio ed il nuovo nome, come era stato invece per il marito. È dunque errata la lettura di qualche studioso, in part. SAMSON J. (un caso di

gender-archaeology?), Nefertiti’s regality, in JEA 63 (1977), pp. 88-97, secondo cui la regina possedeva

un doppio cartiglio in quanto dotata di pari potere politico rispetto al marito. Cfr. VERGNIEUX R., op. cit., pp. 179-184 e nota 58. D.B. Redford ritiene che la titolatura di Nefertiti non sia un

elemento datante sicuro, in quanto compare in modo molto disordinato. R. Vergnieux corregge questa interpretazione, facendo notare come le conclusioni di Redford si basino su assemblaggi errati di talatat e integrazioni arbitrarie proprio del nome della regina; ibidem, p. 62-63. Non è comunque certo che re e regina abbiano cambiato il proprio nome contemporaneamente: sulla stele K di Akhetaten, accanto alla forma recente del re compare quella più antica della regina; cfr. DAVIES V, tavv. XXIX-XXXII.

20 Secondo D.B. Redford il re lascia Tebe già nel V anno di regno e per tutto l’anno e parte del VI

vive ad Akhetaten in un quartiere di tende (ỉm.w psš.t) temporaneamente erette per ospitare la corte. Sembrerebbe inverosimile, a meno di non ammettere che il troppo spesso vagheggiato scontro con la “casta sacerdotale” di Amon avesse raggiunto livelli tali da indurre il re a trasferire il centro del potere prima che la nuova residenza fosse completata almeno nelle parti essenziali. Il re si sarebbe potuto comunque trasferire a Menfi, dove era la sede amministrativa del regno da lungo tempo. Le stele di frontiera che riportano la seconda proclamazione e parlano di un quartiere

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Ankhesenpaaten, l’ultima delle principesse ritratte sulle talatat di Karnak. Seconda proclamazione sulle stele di frontiera di el-Amarna (A, B, F, J, N, P, Q, R, S, U, V) (tav. IIb).

9. VIII anno di regno: ripetizione del giuramento sulle stele di Akhetaten (A, B, F, J, N, P, Q, R, S, U, V). Nuovo giuramento sulle stele A e B.

10. XII anno di regno: celebrazione del “tributo delle nazioni”, Tiy visita la città; entro questa data le ultime principesse (Neferneferuaten-ta-sheryt, Neferneferura, Setepenra) sono date alla luce da Nefertiti.

11. XIV anno di regno: secondo M. Gabolde, contrastando le precedenti convinzioni degli studiosi che collocavano l’episodio entro l’anno IX, viene modificato il nome dogmatico del dio, che diventa cnḫ Rc-Ḥr-Aḫ.ty

ḥqA Aḫ.ty ḥcỉ m Aḫt m rn=f Rc-ỉt ỉỉ m ’Itn, ‘Vivente è Ra-Horakhty, signore

dei due orizzonti, esaltato all’orizzonte nel suo nome di Ra-padre, che ritorna come Aten’ (tav. IIIa)21.

§ 3. La questione della coreggenza

Strettamente connesso con la questione della cronologia, è il tema grandemente dibattuto della coreggenza fra Amenhotep III e il successore. Il più grande assertore della coreggenza, e di una lunga ben dodici anni, fu C. Aldred, seguito da C. Vandersleyen, F. Martin Valentin e R. Johnson fra gli altri: ovviamente se si accetta una tale teoria la storia dell’esperienza amarniana si ridimensiona notevolmente. I sostenitori dell’inesistenza della coreggenza formano uno schieramento più nutrito, fra cui campeggiano H.W. Helck, E. Hornung (se coreggenza c’è stata, sicuramente non di lunga durata), D.B. Redford, N. Reeves (anch’esso propenso ad una coreggenza comunque corta) ed ultimamente la chiara analisi condotta da M. Gabolde. Si seguiranno qui

di tende per la residenza del sovrano risalgono inoltre solo al VI anno. Cfr. REDFORD D.P., op. cit.,

p. 142. Secondo Hornung il rinnovamento del giuramento e il nuovo codicillo entrambi dell’anno VIII potrebbero stare a significare l’avvenuto trasferimento della corte ad Akhetaten; HORNUNG

E., op. cit., p. 62.

21 Le convinzioni dell’autore sono ricavate dall’analisi dell’apparato decorativo della Tomba Reale

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brevemente le sue convincenti argomentazioni contro l’ipotesi della coreggenza, rimandando al suo volume per ulteriori approfondimenti22.

§ 3.1. Argomentazioni e controargomentazioni

Gli argomenti addotti da C. Aldred e C. Vandersleyen a favore di una coreggenza, tutti basati su fonti prive di datazione certa, sono:

1. la stele amarniana di Panehesy mostra Amenhotep III riprodotto come un anziano e Tiy, incorniciati dall’Aten con il suo ultimo nome didattico; 2. le decorazioni della tomba di Kheruef (TT 192) raffigurano il giubileo

dell’anno XXX di Amenhotep III e contemporaneamente Amenhotep IV in adorazione del padre;

3. le decorazioni della tomba di Ramose (TT 55) che raffigurano, nell’ultima scena ad essere completata, quella del funerale, il quarto profeta di Amon Simut; poichè sappiamo per certo che egli continuò la sua carriera sotto Amenhotep III diventando secondo profeta di Amon, la rappresentazione di Amenhotep IV con Nefertiti è sintomo di una coreggenza;

4. le decorazioni della tomba di Nefersekheru (TT 107), datata al regno di Amenhotep III, mostrano una chiara influenza artistica amarniana;

5. l’arte della fine del regno di Amenhotep III ha già tendenze amarniane che non si riscontrano nelle primissime opere del regno di Amenhotep IV; 6. la stele dedicata da Men e Bak nell’VIII anno di regno, padre e figlio, ad

Asswan, mostra Amenhotep III e Amenhotep IV;

7. un’iscrizione su una statua di Amenhotep figlio di Hapu (CGC 942), che muore nell’anno XXXIV di Amenhotep III, fa già riferimento ad idee escatologiche amarniane;

8. due stele di Buhen risalenti una alla fine del regno di Amenhotep III e l’altra all’anno XII di Akhenaten hanno un formulario sorprendentemente simile;

9. nella tomba menfita del visir Aper-el vi sarebbero tracce confuse dei regni di Amenhotep III e IV insieme;

22 Per la bibliografia di tutte le fonti per il dibattito si rimanda a GABOLDE M., op. cit., p. 63 e

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10. il papiro di Kahun (Berlin 9784) mostra registrazioni di contratti sipulati dalla stessa persona e con testimoni spesso uguali nell’anno XXVII di Amenhotep III e, di seguito, negli anni II e III di Amenhotep IV;

11. le lettere di el-Amarna sono in qualche caso indirizzate ad Amenhotep III nell’ultimo decennio del suo regno, che corrisponderebbe agli anni VI-XVIII di Amenhotep IV/Ahenaten, in cui i due re potevano risiedere ad Akhetaten;

12. il gruppo scultoreo di Amenhotep III, Tiy e Baketaten (UC 004), datato all’anno XII di Akhenaten, sembra realizzato a partire da modelli viventi. Le controargomentazioni puntuali di M. Gabolde sono le seguenti:

1. tutti i casi di censura preventiva del nome di Amenhotep III, che utilizzano il praenomen Nebmaatra anche al posto del nomen Amenhotep, risalgono a dopo la morte del vecchio sovrano, come dimostrano i nomi intatti nella sua tomba WV 22. Forse che Akhenaten poteva cancellare il nomen del padre mentre questi era ancora in vita? E forse che Akhenaten poteva celebrare un funerale tradizionale nel suo anno XII, ormai così avanzato nella teologia amarniana? Per la madre Tiy, morta dopo Amenhotep III, preparò infatti un corredo secondo il nuovo credo funerario. Poiché anche in questa stele Amenhotep III è indicato come Nebmaatra, qui si tratta di una raffigurazione cultuale dei genitori defunti del sovrano regnante; 2. il presupposto errato è che tutte le scene si riferiscano ad uno stesso

episodio: vi sono scene riferentesi a fatti accaduti nell’anno XXXVII e scene rappresentanti episodi dell’anno XXX. I rilievi sembrano anteriori ai cambiamenti religiosi intercorsi fra gli anni III e IV di Amenhotep IV, sotto il cui regno l’intero ipogeo è stato decorato, anche con scene ricordanti episodi del regno precedente, e il fatto non è una novità;

3. è erroneo ritenere che l’ultima parete ad essere decorata sia stata quella della scena del funerale (parete sud), che nella teologia tradizionale era fra le più importanti; inoltre, la parete che porta questa decorazione è tecnicamente completata (sebbene un po’ a rilievo e un po’ a colore, ma nella sensibilità egizia questo non vuol dire che fosse incompleta), mentre è proprio la parete ovest, quella che ospita le scene di Amenhotep IV e Nefertiti, ad essere incompleta, perché non decorata a rilievo e nemmeno dipinta. Inoltre, poiché l’evoluzione artistica amarniana non conosce dietro

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front all’interno del regno di Akhenaten, non è possibile che la sezione

settentrionale della parete ovest (Amenhotep IV e Nefertiti alla finestra delle apparizioni), che ha un modulo anatomico di 20 quadrati, sia anteriore al tradizionale modulo di 18 quadrati utilizzato nella parete sud (scena del funerale di Ramose);

4. le argomentazioni di Gabolde si sviluppano, in modo affatto convincente, sul pianto estetico e stilistico;

5. come il punto 4;

6. non solo le formule utilizzate sono posteriori all’anno VI, ma la stele raffigura due soggetti distinti: Amenhotep IV in adorazione dell’Aten e una statua di Amenhotep III (non la persona fisica del re). Si tratta dopotutto, di una stele dedicata dagli scultori di corte di entrambi i re, dove il parallelismo padre-figlio fra Men e Bak e i due Amenhotep è evidente;

7. la statua citata come prova risale all’Età saitica o addirittura tolemaica, quando il culto di Amenhotep figlio di Hapu ebbe grande diffusione assieme a quello di Imhotep;

8. la stele di Amenhotep IV mostra una lacuna in corrispondenza della data e lo spazio libero lascerebbe supporre con più probabilità un anno inferiore al XII; il nome dogmatico, inoltre, è il primo e il protocollo reale è quello della seconda proclamazione delle stele di frontiera di Akhetaten. Nemmeno la stele di Amenhotep III è ben datata e gli avvenimenti descritti potrebbero risalire a fatti, noti per altre fonti, accaduti nell’anno V di questo sovrano. Le similitudini fra i testi sono solo apparenti, dato che popolazioni e bilanci sono assai differenti, mentre la formularietà di certe espressioni può essere spiegata presupponendo l’uso dello stile tipico di un dispaccio militare;

9. Aper-el fu, secondo Gabolde, successore di Ramose dall’anno V a non oltre l’anno XV di Amenhotep IV; il fatto che nella tomba vi siano oggetti di Amenhotep III può essere spiegato con un dono da parte del sovrano sotto il cui regno Aper-el aveva servito più a lungo oppure come pezzi di antiquariato collocati per il loro valore nel suo corredo. Il fatto che non vi sia la minima menzione del culto di Aten risulta normale se si accetta la teoria, a nostro avviso poco convincente, secondo cui il disco solare venne

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adorato solo a Tebe nei primi anni di regno e a el-Amarna nei restanti anni;

10. il papiro non è altro che una ricapitolazione di tutti gli atti riguardanti il contraente (un certo Mesuy), stesa in una sola volta da un unico scriba. Che si tratti di un atto riassuntivo può essere provato dal fatto che il nomen di Amenhotep III venga confuso con quello di Amenhotep IV (’Imn-ḥtp

nṯr ḥqA WAs.t per ’Imn-ḥtp ḥqA WAs.t). Sull’identità dei testimoni, è vero

che alcuni sono gli stessi dopo ben 14 anni, ma per i restanti 4/5 si tratta di altre persone;

11. le uniche tavolette con indicazione del luogo di registrazione da parte della Cancelleria reale indicano tale luogo in Tebe: la prima (EA 23) è scritta dal re di Mitanni Tushratta ad Amenhotep III, la seconda (EA 27) è indirizzata ad Amenhotep IV, nella sua residenza tebana di pA bḫn ḥc ỉ-m-Aḫt ed esprime le condoglianze per la morte del padre e le felicitazioni per

l’accesso al trono23. Nell’anno XII (anche se è stato accertato che la lettura deve essere necessariamente “anno II”) sicuramente Akhenaten non risiedeva più a Tebe.

12. l’identificazione dei personaggi del gruppo statuario non è certa: ammesso che la regina sia effettivamente Tiy, come è probabile, resta da compiere l’identificazione del personaggio maschile, che potrebbe trattarsi di Akhenaten stesso, con una pancia sì più simile a quella di Amenhotep III, ma con elemento suo proprio, cioè le cosce più grasse delle anche, che non compare mai associato all’anziano re.

Gabolde aggiunge altri elementi piuttosto convincenti che farebbero ritenere improbabile una coreggenza fra i due sovrani: innanzitutto è accertato che in caso di coreggenza non si utilizzava un doppio sistema di datazione, ma si ricorreva all’esclusiva datazione del re più anziano. Questa consuetudine è disattesa da tutte le datazioni dall’anno I all’anno XII di Akhenaten, che, se avesse condiviso il potere con il padre in quegli anni, avrebbe datato gli avvenimenti dall’anno XXVII all’anno XXXIX (di Amenhotep III). Inoltre, le etichette di giara rinvenute a Malqata arrivano solo all’anno XXXVIII, mentre quelle di Amenhotep IV risalgono tutte al solo anno I. Ancora, nelle stele di frontiera datate all’anno V si

23 Addirittura si mette in dubbio che si tratti del funerale di Amenhotep III la citata festa-kimru;

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fa menzione del fatto che il re avesse udito qualcosa di peggiore di quanto udito nei precedenti quattro anni di regno, di peggiore di quanto udito da Amenhotep III, di peggiore di quanto udito da Thutmosi III (1504-1450 a.C.): è evidente che qui Amenhotep è presentato come un antenato alla stregua di Thutmosi. Infine, va considerato che alcune commemorazioni di Amenhotep III morto accettano riferimenti osiriaci ed ammoniani, il che non può essere possibile dopo l’anno V di Akhenaten.

In genere, gli assertori della coreggenza lunga creano un sistema straordinariamente coerente, dove tutto quadra, in cui alcune coincidenze vengono interpretate in funzione della coreggenza: compare l’Aten con i doppi cartigli quando Amenhotep III viene deificato; l’arte amarniana nasce come differenziazione fra un dio, Amenhotep III, e un re figlio di dio, Amenhotep IV, e allo stesso modo si separano le corti e le capitali; il primo giubileo di Amenhotep III potrebbe corrispondere all’intronizzazione di Amnehotep IV e il secondo giubileo con il primo di Amenhotep IV; il terzo giubileo coinciderebbe con l’introduzione del II nome didattico dell’Aten; il tributo delle nazioni nell’anno XII di Akhenaten sarebbe la celebrazione dell’ascesa al trono del re come unico sovrano alla morte del padre. Creano questo sistema, dunque, ma non hanno nessuna prova concreta per provarlo, se non le coincidenze del sistema stesso. Il circolo vizioso del “come sarebbe bello se…” impedisce così di porci al livello delle evidenze archeologiche24. Il sistema, in ogni caso, presenta diverse falle: la cosa più evidente è la mancata associazione esplicita fra Amehotep III e l’Aten, né a livello testuale né a livello iconografico. Lucida e condivisibile, a mio avviso, l’opinione di E.F. Campbell: “The existence of a group of monuments upon which

the young king celebrates the memory of the older king, or upon which he celebrates his closeness to the older king while the latter is still alive, underscores the close relationship of the two kings. In the face of this, one wonders at the

24 Cfr. JOHNSON R., Images of Amenhotep III in Thebes: styles and intentions, in BERMAN L.M.(A CURA DI), The Art of Amenhotep III: Art Historical Analysis, Cleveland Museum of Art-Indiana

University Press, Cleveland-Ohio 1990, pp. 42-46; MARTIN VALENTIN F.J., Indications et

Evidences d’une Coregence entre Amenhotep III et Amenhotep IV dans la Necropole Thebaine, in

EYRE C. (a cura di), VII International Congress of Egyptologists Cambridge, 3-9 september 1995 – Abstracts of Papers, International Association of Egyptologists (IÆ), Peteers, Leuwen 1998, pp.

740-757. Quest’ultimo, a mio avviso, scandalosamente vuoto. Stesso giudizio in DORMAN P., The

long coregency revisited, consultato sul sito Internet http://www.oi.uchicago.edu in data 6 gennaio

2007 (documento .pdf scaricabile), p. 2, n. 1: “Certain pieces of evidence have been deemed more

diagnostic or pertinent than others, but most have ultimately been judged inconclusive, like the tomb of Kheruef”.

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striking lack of interaction between the two attested by the contemporary monuments. Two entirely separete courts, with two almost entirely separate sources of food supply… two overlapping and yet separate systems of dating to the regnal year, and, perhaps most striking, two entirely separate religious systems apparently in open conflict with one another; all of these make it easy to understand why opposition to a coregency is so strong and grows stronger. It is clear that much must yet be done to explain a concept of kingship which would permit such a very nearly incredible situation to persist”25.

§ 3.2. Il giubileo di Amenhotep IV

Un secondo argomento correlato con la stesura di una cronologia amarniana è la celebrazione da parte di Amenhotep IV di un giubileo heb-sed nei primissimi anni di regno. Dato che questo rito antichissimo, il cui scopo era rinnovare le forze del re, era tradizionalmente celebrato al trentesimo anno di regno (simbolicamente, il passaggio di una generazione) e dopo quella data in maniera variabile ogni tre o quattro anni, molto acceso è il dibattito sul significato da dare al prematuro giubileo di Amenhotep IV.

§ 3.3. Significato e cronologia della celebrazione

Secondo le teorie proposte si tratterebbe:

a. dell’inaugurazione del primo anno di regno (Vergnieux)26;

b. della celebrazione del trentesimo compleanno del sovrano (Hornung/1)27; c. di una raffigurazione fittizia di un episodio mai avvenuto (Hornung/2)28;

d. di un giubileo preparato per Amenhotep III e celebrato dal figlio per l’improvvisa morte del vecchio re (Reeves)29;

e. del terzo anniversario dell’incoronazione (Redford)30; f. del quarto anniversario dell’incoronazione (Gabolde)31;

25 CAMPBELL E.F., The Chronology of the Amarna Letters: With Special Reference to the Hypotetical Coregency of Amenophis III and Akhenaten, Baltimore 1964, pp. 29-30.

26 VERGNIEUX R., op. cit., p. 192. 27 HORNUNG E., op. cit., p. 45. 28 Ibidem, pp. 44-45.

29 REEVES N., op. cit., pp. 96-97. 30 REDFORD D.B., op. cit., p. 62. 31 GABOLDE M., op. cit., p. 16.

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g. della celebrazione dei giubilei di Amenhotep III, ovviamente ammettendo l’associazione al trono di padre e figlio (Aldred)32.

Se la teoria c. è poco convincente, perché non spiega nulla e sembra troppo radicale33, le altre teorie sono tutte a sensu legittime.

La teoria g. si sposa con la proposizione di una coreggenza di dodici anni fra Amenhotep III e Amenhotep IV e arriva a postulare ben tre giubilei, due celebrati a Tebe e uno ad el-Amarna. Il fatto che Aldred ancora non conoscesse i risultati dei lavori sulle talatat di Karnak nel 1959, quando si occupò di questo problema, rende oggi datata la sua teoria34.

L’esistenza di tre giubilei viene postulata a partire dall’analisi della titolatura dell’Aten, che avrebbe acquisito il titolo di ỉmỉ ḥb-sd (tomba di Ramose, parete ovest, sezione nord) dopo il primo giubileo, di ỉmỉ-ḥb.w-sd e nb-šnnt-n-’Itn (‘Signore di tutto ciò che l’Aten circonda’)35 (tomba di Parennefer, TT 188) dopo il secondo giubileo e di nb-ḥb.w-sd (‘Signore dei Giubilei’) con la celebrazione del terzo giubileo (tomba di Parennefer, AT 7). In quest’ultima tomba la prova del giubileo è costituita dalla scena di banchetto sacro tipica di un heb-sed: anche se N. de G. Davies descrive questa raffigurazione come “the King giving

audience”36, resta il fatto che Aldred era convinto che in un heb-sed di tipo amarniano la maggior parte delle cerimonie tradizionali sarebbe stata scartata per mantenere solo il grande banchetto cerimoniale rappresentato (?) in questa tomba; è invece evidente dalle talatat tebane come l’heb-sed di Amenhotep IV fosse particolarmente complesso e non troppo distante dalla tradizione.

Un’ulteriore prova addotta da Aldred per individuare una celebrazione giubilare è la constatazione che in connessione con i riti dell’heb-sed i raggi del disco solare porgessero al re non solo il segno cnḫ, ma anche lo scettro wAs,

simbolo di potere. Ora, poiché questa particolare iconografia compare in alcuni casi a fianco del nomen Amenhotep e in altri a fianco del nomen Akhenaten,

32 ALDRED C., The beginning, op. cit., pp. 28-33; Idem, Akhenaten, op. cit., pp. 163-165.

33 Le scene giubilari hanno un valore troppo singolare per essere paragonate, ad esempio, alle

scene stereotipe – e dal forte carattere magico – di caccia al leone o assalto ai nemici, che rientravano nel ruolo del re di difensore primo dell’Egitto e della maat.

34 ALDRED C., The beginning, op. cit., pp. 19-33. Ancora precedente GRIFFITH F. LL., The Jubilee of Akhenaton, in JEA 5 (1918), pp. 61-63.

35 M. Doresse ritiene che questo epiteto sia stato aggiunto verso l’anno VIII; poichè si ritrova su

diverse talatat di Karnak, ella ne ricava che i lavori ai templi tebani di Ra-Horakhty sia proseguito non oltre quella data; DORESSE M., Les temples atoniens de la région thébaine, in Orientalia 24

(1955), pp. 120-121.

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Aldred giudicò che il sovrano avesse celebrato un giubileo prima di cambiare il proprio nome e uno dopo averlo modificato; anche questa osservazione è però smentita da ulteriori ritrovamenti tebani. Nella tabella seguente è indicato lo schema cronologico giubilare proposto da Aldred:

Anno di regno di Amnehotep III Anno di regno di Amenhotep IV Titolatura di Ra-Horakhty-Aten Numero di giubileo Episodi

XXVIII I Inizio della

coreggenza XXX II Primo nome dogmatico + ỉmỉ ḥb-sd 1 Primo giubileo tebano

XXXIV VI Primo nome

dogmatico + ỉmỉ-ḥb.w-sd, nb-šnnt-n-’Itn 2 Secondo giubileo tebano; Amenhotep e Nefertiti cambiano nome, la corte si sposta ad Amarna

XXXVII IX Secondo nome

dogmatico +

nb-ḥb.w-sd

3 Terzo giubileo,

celebrato ad Amarna

XXXIX XII Amenhotep III

muore, Akhenaten regna da solo: cerimonia del “Tributo delle Nazioni”37

Tabella 1. Cronologia coreggenza/giubilei secondo C. Aldred

La proposta di Hornung sembrerebbe essere in disaccordo con la cronologia. Nella lettera EA 27 inviata da Tushratta al giovane re vengono portati i saluti alla madre di lui Tiy e alla sposa mitanni Taduchipa, ma non alla Grande Sposa Reale, che dunque non doveva essere ancora incoronata all’anno II di Amenhotep IV, data della missiva. Una motivazione per cui il re fosse ancora celibe nel II anno di regno è che a quella data non avesse ancora raggiunto la maturità sessuale38, in questo caso la sua accessione al trono deve essere avvenuta

37 Redford ritiene si tratti dell’arrivo a corte del Principe Aziru di Amurru e del suo seguito; cfr.

REDFORD D.B., Some observations etc., op. cit., p. 37; LIVERANI M. (a cura di), Le lettere di el-Amarna. 1. Le lettere dei “Piccoli Re”, Paideia, Brescia 1998, pp. 270-284.

38 Meno convincente il fatto che, poiché nella tomba di Kheruef (TT 192) Amenhotep IV è

accompagnato dalla madre e non già dalla sposa, ciò indica che il principe non aveva ancora impalmato Nefertiti al momento della decorazione di quella tomba (che titolatura di sovrano e divinità solare ascrivono ai primi tre anni di regno). Lo stesso Amenhotep III dopotutto è raffigurato nella tomba anonima di uno scriba reale e Sovrintendente alla Nursery reale (TT 226) con la madre Mutemuia piuttosto che con la moglie. Gabolde ascrive la tomba alla giovinezza del

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necessariamente quando egli aveva circa 11 anni. Sarebbe biologicamente impossibile che all’epoca dell’heb-sed avesse dunque già trent’anni.

La cronologia fornita da Gabolde colloca l’episodio nel IV anno di regno: egli esclude gli anni I-III, nei i quali il protocollo di Aten non corrisponde con quello delle scene del giubileo delle talatat di Karnak39 ed esclude dall’anno V in poi, non essendo nelle celebrazioni giubilari raffigurata alcuna delle principesse regali (ammettendo che la primogenita Merytaten sia nata nel IV anno di regno). Quest’affermazione sembra tuttavia non corrispondere alla realtà, poiché nella seconda parete di talatat ricostruita al Museo di Luxor il palanchino del re è seguito da tre tabernacoli gestatorii in cui sono sedute tre persone abbigliate di tuniche e qualificate come . Sembra arbitraria l’affermazione di Redford, secondo il quale si tratterebbe di “stand-ins playing a role, rather than blood

offspring”. Ma se i tre personaggi sono le principesse, dobbiamo ritenere che il

Giubileo sia stato celebrato almeno tre anni dopo le nozze, nel VI-VII anno di regno; ma a quale scopo? A quella data gli edifici principali di Akhetaten dovevano essere già ultimati e la corta pronta per lasciare Tebe: perché non celebrare l’avvenimento direttamente nella nuova città? Si presuppone che il termine di relazione utilizzato nelle scene in questione sia il protagonista delle raffigurazioni, cioè il re, nel senso dunque di ‘generato’ dal re, ma non possiamo escludere che si tratti delle sorelle di Akhenaten, pure figlie di un re (già morto), espressione che le qualifica meglio che non il termine, ad esempio, di ‘sorelle’ di un re regnante.

In considerazione di tutto ciò la datazione al IV anno di regno sarebbe la migliore ed escluderebbe le ipotesi a), d), e). Tuttavia, il pretesto dell’anniversario del IV anno di regno, addotto da Gabolde come scopo della celebrazione, è poco convincente. Notando come all’Aten vengano assegnati costantemente degli attributi regali (doppio cartiglio, titolatura regale, ureo)40, la celebrazione ben si accorderebbe con una sorta di inaugurazione della signoria di Aten, una interpretazione che ben si accorda con il documentato primo assestamento dell’iconografia e della titolatura della nuova divinità. Il giubileo segnerebbe così re, dimenticando che il funzionario è rappresentato con ben quattro figli regali affidati alla sua custodia; cfr. PM I 1, p. 327.

39 Aggiungerei che lo stile artistico delle scene di giubileo esclude comunque una datazione troppo

alta.

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la svolta decisiva della riforma di Akhenaten, una ripetizione dell’incoronazione del re ora sotto l’egida esclusiva del Disco solare.

§ 3.4. Il rituale

Bisogna ricordare che la rappresentazione dell’heb-sed di Akhenaten è una delle poche rimasteci oltre a quelle meno complete di Niuserra (2453-2422 a.C.), Thutmosi III (1504-1450 a.C.), Amenhotep III (1386-1349 a.C.) ed Osorkon II (874-850 a.C.). Il rituale prevedeva una serie di giorni dedicati agli dèi dell’Alto Egitto (detti “Giorni della Corona Bianca”) e una serie di giorni dedicati agli dèi del Basso Egitto (i “Giorni della Corona Rossa”), celebrati con grande fasto nel corso di lunghe processioni in cui il re, abbigliato di una veste bianca al ginocchio, appare seduto su di una sedia gestatoria dalla forma di geroglifico nb. Offerte venivano tradizionalmente compiute davanti a tabernacoli provvisori edificati per accogliere gli dèi di tutto l’Egitto convenuti nel luogo delle celebrazioni. Nelle rappresentazioni di Amenhotep IV, tuttavia, in ogni tabernacolo visitato dal re è raffigurato solo il disco raggiante, unico beneficiario delle offerte. Nessuna menzione è fatta di altre divinità, tranne di Hathor (le cui danze vengono ancora eseguite) e di Selket, il cui emblema è portato processionalmente dai suoi sacerdoti. Le scene giubilari di Amenhotep IV abbondano di animali sacrificali, di banchetti rituali o reali e di atti di estremo omaggio nei confronti della persona del re, dall’inginocchiamento alla totale

proskynesis “sul ventre e sulla schiena”.

§ 4. Lavori nel tempio di Amon a Karnak

La primissima fase del regno di Amenhotep IV mostra una grande continuità con la politica religiosa ed artistica del padre; il giovane faraone si dedicò anche ad alcuni lavori di edilizia sacra all’interno del recinto del santuario dinastico del dio Amon a Karnak, prima di rivolgere le proprie attenzioni unicamente al culto solare di tipo eliopolitano41.

41 A queste due attività è forse da collegarsi l’iscrizione dello Wadi Hammat lasciata dal Primo

Profeta di Amon May, giunto colà nell’anno IV per procurarsi del basalto; cfr. GOYON G., Nouvelles inscriptions ruprestres du Wadi Hammamat, Imprimerie Nationale, Paris 1957, tav. 5, n.

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I primi lavori coinvolsero la decorazione del III pilone42, lasciata incompiuta da Amenhotep III. Il giovane re vi fece rappresentare la scena di massacro dei nemici – inserendosi così nella tradizione dei sovrani della XVIII dinastia43 – apponendo i propri cartigli ed erigendo un avancorpo a portico44. Tuttavia, molto presto anche Amenhotep IV interruppe la decorazione e il rilievo rimase incompleto. Molto indicativo della disattenzione del re verso il santuario di Amon è inoltre il fatto che, all’epoca, il III pilone rappresentava l’ingresso principale del tempio sull’asse est-ovest. Ciò è un chiaro indice di quanto presto il sovrano avesse iniziato a prediligere gli aspetti solari del santuario ammoniano, spostando i cantieri sul settore est, dove già sorgevano strutture dedicate a Ra-Horakhty.

Se il III pilone non pone paticolari problemi, assai più discutibile la natura dei blocchi in arenaria di grosse dimensioni rinvenuti nel X pilone, uno dei quali è conservato a Berlino (n. 2072)45. In esso il giovane sovrano, effigiato nello stile tradizionale, compie offerte a Ra-Horakhty ed è sormontato da un proto-Aten, una raffigurazione del disco solare circondato da due urei in opposizione, ognuno con un segno cnḫ appeso al collo, e con tre segni cnḫ pendenti dalla parte inferiore del

disco. Si tratta di un primo accenno alla rappresentazione della divinità come disco solare raggiato con segni cnḫ nelle mani davanti al re ed alla regina, che

comparirà solo nella prima parte del IV anno di regno del re.

Secondo D.B. Redford46 i blocchi in questione facevano parte della porta meridionale del tempio, eretta da Amenhotep IV addosso ad un pilone di Amenhotep III; su entrambi si sarebbero poi sovrapposti, alla fine dell’esperienza

42 La ricostruzione della struttura è visibile al Museo all’aperto di Karnak.

43 Il tema scomparirà poi dall’arte amarniana, fatta eccezione per pochi esempi di meta-scene o

scene “al quadrato”, cioè riprodotte su oggetti a loro volta rappresentati a rilievo. Così la piccola raffigurazione nella tomba di Mahu (AT 9; cfr. DAVIES IV, tav. XVII): il re nell’atto di abbattere

un nemico inginocchiato è effigiato su uno stendardo militare impugnato da un ufficiale. Alcuni blocchi da Hermopolis rappresentano i pannelli della cabina della nave reale: anche lì ora il re ora la regina trattengono un prigioniero per i capelli e stanno per colpirlo. Alcune talatat da Karnak rappresentano scene simili su decorazioni di porte e sulle spalle della Finestra delle Apparizioni – diversamente da quella di el-Amarna. Sarà Tutankhamen (1334-1325 a.C.) a restaurare l’iconografia del sovrano virile con scene di battaglia e di caccia.

44 DONADONI S., Tebe, Electa, Milano 1999, p. 34.

45 Un altro blocco è venuto alla luce nel 1966 nei lavori di smantellamento del IX pilone: si tratta

di un pietra squadrata in arenaria delle dimensioni di 194 x 105 x 22 cm contentente una lunga lista di offerte predisposte dal re per Ra e Horakhty in tutto l’Egitto; cfr. SAAD R. – MANNICHE L., A Unique Offering List of Amenophis IV Recently Found at Karnak, in JEA 57 (1971), pp. 70-72. 46 REDFORD D.B., op. cit., p. 62, tavv. 4.4-6.

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amarniana, il IX e il X pilone di Horemheb. N. Reeves è della stessa opinione47, mentre R. Vergnieux48 ritiene che essi facessero parte della struttura definita “Grande benben di Ra-Horakhty nel suo nome di luce che è nell’Aten”, eretto nel settore orientale del santuario di Karnak. Essi sarebbero cioè i blocchi menzionati nella stele a nord di Gebel el-Silsileh, riva est, che descrive l’approvvigionamento di pietra per la prima opera edilizia del nuovo sovrano.

§ 5. Edifici cultuali dedicati a Ra-Horakhty a Karnak

§ 5.1. Riconoscimento e indagine archeologica delle strutture

Abbandonato l’interesse per il santuario di Amon, Amenhotep IV si dedica unicamente all’erezione di una lunga serie di edifici dedicati al culto di Ra-Horakhty, che possono essere parzialmente riconosciuti e ricostruiti dalla menzione e dalla raffigurazione che di essi vengono fatte sui blocchi stessi che li componevano e dalle raffigurazioni delle tombe tebane.

Il primo edificio ad essere completato fu probabilmente il già citato “Grande benben” nominato nella stele di Gebel el-Silsileh. R. Vergnieux ritiene si trattasse di un edificio a sé stante, ma comunque strettamente connesso con l’obelisco unico di Karnak, eretto dal nonno di Amenhotep IV, Thutmosi IV (1419-1386 a.C.), nel settore orientale di Karnak, enclave del culto eliopolitano a Tebe49. All’interno del recinto del “Grande benben”, dove era stato inglobato l’obelisco unico, il re avrebbe eretto una seconda struttura dal nome di “Collina

venerabile e pura di Ra”50, a forma di podio, dotata di una doppia rampa e

decorata con statue di cobra e babbuini in adorazione e con colonne iscritte con la titolatura del re e del dio. Dall’analisi dei testi sembrerebbe che il “Grande benben” sia stato eretto all’interno del recinto di una struttura più grande, definita

Hut-benben (Ḥwt-bnbn, ‘Castello del benben’). In una sorta di gioco di scatole

cinesi, lo Hut-benben sarebbe stato contenuto, assieme a due altre strutture

47 REEVES C.N., op. cit., pp. 91-92.

48 VERGNIEUX R., op. cit., pp. 17, n. 6 ; 154-155.

49 In ogni caso bisogna rilevare come anche l’onomastica templare sia debitrice della precedente

tradizione eliopolitana, da cui venne tratta parte della teologia amarniana: Hut-benben è il nome del santuario solare di Heliopolis.

50 Legrain ritiene invece si tratti di una locuzione indicante la montagna di Qurna “derrière laquel le soleil se couche chaque soir”; cfr. LEGRAIN G., Sur quelques monuments d’Aménôthès IV

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menu e Teni-menu), nel Gem-pa-Aten, a sua volta contenuto nel Per-aten. Ecco

uno schema eseplificativo:

a. Rudj-menu

b.1. “Collina venerabile e pura di Ra”/1

b.2. Podio reale b. Teni-menu, che

contiene:

b.3. Finestra delle Apparizioni c.1.1. “Collina venerabile e pura di Ra”/2 Per-Aten, che contiene: Gem-pa-Aten, che contiene: c. Hut-benben, che contiene: c.1. “Grande benben di Ra-Horakhty”, che

contiene: c.1.2. Obelisco unico di Thutmosi IV

Tabella 2. Le strutture tebane dedicate a Ra-Horakhty secondo R. Vergnieux

Le altre strutture erette nel Gem-pa-Aten (Gm-pA-’Itn, ‘L’Aten è trovato’), oltre allo Hut-benben, sarebbero state dunque due: il Rudj-menu (Rwḏ51 -mnw-n-’Itn-r-nḥḥ, ‘Durevoli sono i monumenti dell’Aten per l’eternità’) e il Teni-menu

(Tnỉ52-mnw-n-’Itn-r-nḥḥ, ‘Di lunga durata sono i monumenti dell’Aten per

l’eternità’). Il primo dei due sarebbe stato l’ultimo edificio eretto a Karnak dopo la modificazione dei cartigli reali: esso è completamente consacrato alla coppia reale e segna il passo teologico che consente al re di abbandonare Tebe. Oggetto di culto non è solo il disco solare, ma l’intera famiglia reale: da qui l’esistenza di un profeta di Neferkheperura (il re) e la raffigurazione della vita intima della famiglia divina. Il Palazzo che li ospita è dunque esso stesso santuario e tabernacolo e il re è svincolato da ogni legame terrestre, poiché egli stesso è sacro: è dunque pronto a trasferirsi dovunque voglia, la sua nuova residenza sarà il suo nuovo tabernacolo.

Sempre secondo Vergnieux il Teni-menu avrebbe contenuto una seconda struttura denominata “Collina venerabile e pura di Ra”, oltre alla Finestra delle Apparizioni, a un podio regale con doppio trono per la coppia regale e, alle spalle, a una serie di strutture di immagazzinamento. Questo è quanto emerge dall’analisi iconografica delle talatat del IX pilone.

51 Wb II 410-411. 52 Wb V 310-311.

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Un po’ diversa l’interpretazione di D.B. Redford53, che colloca gli edifici tebani di Amenhotep IV, tutti realizzati in talatat, in diversi siti attorno al santuario ammoniano. Secondo lui Rudj-menu e Teni-menu sarebbero stati eretti fra VIII e X pilone mentre lo Hut-benben tra III e IV pilone. Egli aggiunge inoltre un altro edifico, il Seh-en-Aten (Sḥ-n-’Itn, ‘Santuario dell’Aten’), sempre tra III e IV pilone. La sua ipotesi ricostruttiva si basa sulla provenienza delle talatat che nominano questi edifici: egli dunque li colloca nei pressi delle strutture di riutilizzo, calcolando che Horemheb, Sethy I e Ramesse II abbiano ottimizzato la forza lavoro e attinto la materia prima per le proprie strutture da punti vicini a quelli in cui sarebbero sorte. Egli erroneamente colloca, secondo lo stesso principio, il Gem-pa-Aten tra III e IV pilone, cioè all’estremità occidentale dell’asse est-ovest del tempio di Karnak: il caso ha voluto che proprio Redford abbia trovato i resti archeologici delle fondamenta del Gem-pa-Aten esattamente dalla parte opposta, dove H. Chevrier aveva condotto i suoi scavi dal 1926 al 1953. Ciò ci permette di dubitare della validità del sistema adottato.

Ancora diversa da R. Vergnieux la descrizione che D.B. Redford fa delle strutture del Teni-menu sulla base delle evidenze iconografiche ricavate dalle talatat che nominano questo edificio (con la supposizione, condivisa da tutti gli studiosi, che blocchi che menzionino un edificio facciano grosso modo parte di quel medesimo edificio). Egli ne parla in questi termini: “…it seems likely that

Tnỉ-mnw had a pylon, and that a central installation was a line of at least three large roof-less kiosks wherein stood rectangular offering tables. Possibly an open court lay adjacent to the kiosks, shut off from the latter by a lateral wall. From another scene we may postulate the presence of (1) a place where birds were kept, (2) an open court, and (3) a bakery and storage area for bread”54.

Si diceva che gli scavi che l’Università di Pennsylvania ha condotto dal 1975 nella zona di Karnak Est hanno permesso di identificare le strutture del

Gem-pa-Aten e di abbozzare una ricostruzione. Il complesso era composto da una

serie di pilastri della misura di 1,80-2,00 m ciascuno, distanziati 2 m l’uno dall’altro e 2 m da un muro realizzato in talatat, che correndo dietro la fila di pilastri formava un corridoio coperto. Ad ogni pilastro corrispondeva una statua

53 REDFORD D., Studies on Akhenaten at Thebes. I. A report on the Work of the Akhenaten Temple Project of the University Museum, University of Pennsylvania, in JARCE 10 (1973), p. 82. 54 Ibidem, p. 84.

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colossale del re in arenaria (ora conservate tra il Museo Egizio del Cairo, il Museo Egizio di Luxor, il Musée du Louvre a Parigi, la Staatliche Sammlung Ägyptischer Kunst di Monaco e il Museo Nazionale di Alessandria). L’intero edificio era circondato da un recinto in mattoni crudi collocato a una distanza di cinque metri per uno spessore che non è stato possibile ricognire.

L’iconografia dei colossi non è mai stata approfondita con attenzione: è interessante notare, ad esempio, come negli esemplari noti il re indossi una grande varietà di diademi: nemes + doppia corona, khat + doppia corona, nemes + piuma di Shu, nemes con bande laterali a treccia. Di particolare interesse è il già citato colosso asessuato (tav. IIIb-c). Escludendo tutte le interpretazioni patologiche, indimostrabili finchè non si possegga la mummia del sovrano, le interpretazioni teologiche, che non trovano riscontro nelle fonti filologiche né in altre fonti

iconografiche55, e l’identificazione con Nefertiti, che qui sarebbe dunque

rappresentata con tutte le insegne regali tipiche di un sovrano in carica, si presentano due sole interpretazioni ragionevoli. La prima è che si tratti di una statua osiraca del re; l’interpretazione è morfologicamente legittima, ma è difficile da conciliare con: a. l’avversione radicale di Akhenaten per la religione osiriaca; b. il carattere esclusivamente solare del culto praticato nelle strutture tebane erette dal re. Una seconda interpretazione, finora mai avanzata da nessuno, è che si tratti di un colosso del re in veste giubilare. L’analisi della scultura permette di notare che il diadema indossato dal sovrano è inequivocabilmente una corona rossa, una corona bianca o una doppia corona: sebbene non sia conservato molto della scultura al di sopra della fronte, la parte rimanente permette di individuare la linea verticale del diadema, che corre diritta senza fare la piega verso l’esterno tipica della nemes e della khat. Anche l’analisi della parte laterale della scultura a livello del collo permette di escludere che si tratti di una khat o una nemes, in quanto non vi è traccia del rigonfiamento tipico di queste due acconciature. Purtroppo la parte inferiore del colosso non si è conservata al di sotto del livello delle ginocchia, per cui non è possibile stabilire come fossero i piedi: se bendati o normalmente rappresentati. In ogni caso la veste giubilare rende il corpo vagamente mummiforme e termina al di sotto delle ginocchia. Trattandosi di sculture trovate

55 Entrambe queste ipotesi ritengono che il re sia qui rappresentato in nudità e senza membro

virile; tuttavia un dettaglio essenziale va notato: a differenza di tutti i colossi in cui il petto del sovrano è inequivocabilmente nudo, qui i capezzoli non sono rappresentati.

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all’interno di un santuario, il Gem-pa-Aten, a quanto pare interamente consacrato alla memoria del giubileo di Akhenaten, una coppia di sculture del re in abiti da cerimonia, possibilmente collocate ai due lati di un passaggio, ragionevolmente orientate secondo l’Alto e il Basso Egitto come tutte le pareti decorate, non sarebbe un’ipotesi del tutto peregrina56.

Redford nomina altre strutture templari oltre il Seh-en-Aten citato poco sopra: si tratta della Usekhet (wsḫt, ‘sala’, ‘corte’)57, di un Akh[-menu] (Aḫ-[mnw?], ‘splendido di monumenti’) e di un Hai-em-akhet (ḥcỉ-m-Aḫt, ‘Esaltato

all’Orizzonte’)58. M. Doresse aggiunge un Maru mehety en pa Aten (MArw mḥty n

pA ’Itn, ‘Luogo della visione settentrionale dell’Aten’) e un Lago dell’Aten59. I ritrovamenti effettuati nella cachette di Karnak inoltre hanno restituito non pochi meteriali risalenti al regno di Amenhotep IV: una testina del re in arenaria, una sfinge in quarzite, una decina di grandi cariatidi appartenenti ad un viale di sfingi criocefale, una statuetta in legno silicizzato di Nefertiti e una statua in granito nero di un’anima di Pe in adorazione di Ra-Horakhty. G. Legrain ritiene che, essendo la cachette stata creata in un unico tempo, all’inizio dell’Era cristiana, questi monumenti fossero parte del complesso di Karnak e non degli edifici in talatat smantellati dai successori60. La forte connotazione solare di alcuni dei pezzi, tuttavia, potrebe far pensare che fossero connessi con l’obelisco unico di Thutmosi IV.

Stranamente, buona parte degli autori è convinta che alla partenza della corte per Akhetaten i templi tebani di Ra-Horakhty siano stati abbandonati; questo sulla considerazione del fatto che la decorazione risulta interrotta alla data del trasferimento. A mio avviso, l’incompletezza della decorazione su una minima parte delle strutture templari (cioè solo su parte del Rudj-menu) non prova l’abbandono del tempio stesso: è anzi ragionevole ritenere che cerimonie in onore dell’Aten fossero celebrate quotidianamente nei santuari eretti in tutto il Paese nei

56 Cfr. LEBLANC CH., Piliers et colosses de type «osyriaque» dans le contexte des temples de culte royal, in BIFAO 80 (1980), 70-89; tavv. XIX-XXI; LEBLANC CH., Le culte rendu aux colosses

«osyriaque» durant le Nouvel Empire, in BIFAO 82 (1982), pp. 295-311; tavv. XLIX-LVI. 57 Redford suggerisce si tratti del riutilizzo di una corte già esistente nel tempio di Amon per fini

cultuali legati all’Aten: potrebbe trattarsi della corte dietro il IV pilone o della corte eretta da Thutmosi IV nell’ala nord del III pilone; REDFORD D., Studies on Akhenaten at Thebes. I, op. cit., pp. 86-87.

58 Ibidem, pp. 79-80.

59 DORESSE M., op. cit., pp. 126-127. 60 LEGRAIN G., op. cit., p. 230.

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primi anni di regno, anche in compensazione del fatto che, ad un certo punto durante il regno, i templi tradizionali vennero chiusi ed è impensabile una loro riconversione in santuari dell’Aten61. Si contano strutture templari a Heliopoli (“Amenhotep è l’esaltatore dell’Aten”), Menfi (“Che innalza Ra nella Heliopolis

di Ra”, “Il Tempio dell’Aten”), Sedeinga (un altro Gem-pa-Aten)62,

Hierakonpolis, Sesebi, Sam-Behdet nel Delta settentrionale, Armant (“L’Orizzonte dell’Aten nella Heliopolis del Sud”?)63 e Tod64. La cessazione dell’attività edilizia fuori Amarna può essere spiegata con il fatto che il re stava impegnando tutta la manodopera ad Akhetaten (la città non era ancora terminata quando venne abbandonata da Tutankhaten!). Anche M. Gabolde ritiene inverosimilmente che il culto di Aten fosse limitato alla sola Amarna, che assume così le caratteristiche inverosimili di una “città dell’unico tempio” alla stregua della Gerusalemme biblica.

§ 5.2. Particolarità architettoniche delle strutture tebane

Le talatat65 sono un’innovazione di Età amarniana il cui utilizzo non andò oltre il regno di Akhenaten: esse venivano estratte nelle cave, tutt’ora visibili, di Gebel el-Silsileh. È opinione diffusa che il re avesse scelto questo tipo di materiale edile, caratterizzato dalla resistenza della pietra e dalla maneggevolezza

61 Innanzitutto perchè nessuna evidenza archeologica ci mostra tracce di tale operazione, in

secondo uogo perché la struttura stessa del tempio tradizionale mal si adatta alle cerimonie cultuali amarniane, che necessitavano di ampi cortili e spazi aperti alla luce del sole.

62 “We see therefor that Ikhenaton was attempting to make his god at home in all parts of his empire, and his new nubian foundation is an important evidence that he was striving to found a religion for his whole realm”; BREASTED J.H., A City of Ikhenaton in Nubia, in ZÄS 40 (1902-03), p. 108.

63 Ibidem, p. 112 ; BETRÒ M., Armant dal I Periodo Intermedio alla fine del Nuovo regno. Prosopografia, ETS, Pisa 2001.

64 Cfr. DESROCHES-NOBLECOURT C. – LEBLANC CH. – ABDEL MAQSOUD M., Les vestiges du règne d’Aménophis IV découvertes dans le domaine de Monthou à Tod, in ASAE 70 (1984-85),

pp. 253-276. Redford ritiene che le talatat rinvenute a Luxor e a Medamud appartengano ai templi tebani e non a santurari di Ra-Horakhty edificati in quei luoghi; REDFORD D.B., Akhenaten, op.

cit., p. 71. Dopotutto anche le talatat di Amarna hanno riempito i siti vicini di Hermopoli e Antinoupoli. Interessante una doppia lista di offerte redatta da Akhenaten a Karnak per Ra e Horakhty (cfr. n. 41); lo stato frammentario del rilievo non permette di sapere se altre divinità erano contemplate nella generosa donazione; cfr. SAAD R. – MANNICHE L., A Unique Offering List, op. cit.

65 Etimologia incerta: il Lexicon der Ägyptologie propone dall’italiano ‘tagliata’ (LÄ, col.

186-187); più verosimile l’interpretazione comune dall’arabo ﺔﺛﻼﺜ (thalātha), ‘tre’, nel senso di ‘[blocco] da tre [spanne]’ o nella considerazione che tre assise di talatat corrispondono ad una singola assisa del IX pilone di Karnak. In ogni caso il termine è stato coniato dagli abitanti del villaggio di Karnak; cfr. VERGNIEUX R., op. cit., pp. 4-6; REDFORD D.B., Akhenaten, op. cit., p.

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di un grosso mattone66, per l’urgenza con cui le strutture andavano erette, sia a Tebe nei primi anni di regno, sia ad Amarna fino alla fine del suo regno. Ciò in parte è vero, ma l’analisi dei sistemi architettonici di edificazione delle strutture in talatat ci fornisce una seconda spiegazione assai convincente: una non esclude l’altra e le due ragioni possono essere intervenute contemporaneamente.

Quello di Ra-Horakhty è un culto unicamente solare: non esiste una statua cultuale racchiusa in un naos, a sua volta protetto nel sancta sanctorum di un tempio cui si accede attraverso una serie di graduali passaggi di ombre (cortile aperto, sala ipostila con finestroni, sacrario chiuso). Al pari dei templi solari della V dinastia, il culto avviene all’aperto, su altari collocati in larghi cortili inondati dai raggi del sole, evocato da una semplice struttura verticale (un obelisco o un benben dorati). A causa di ciò, i templi solari di Akhenaten sono sostanzialmente sprovvisti di larghe coperture. Ne consegue un’importante considerazione statica: i muri non sono più portanti e il loro spessore può essere ridotto. Da qui l’uso delle talatat in tutte le strutture di edilizia, con casi di muri di divisione dello spessore di una sola talatat67.

A causa dell’avversione per gli elementi d’ombra e in sostituzione del simbolo dell’Horo di Behdet che decorava tradizionalmente gli architravi delle porte dei piloni, l’architettura amarniana elimina direttamente gli architravi, lasciando lo spazio libero al passaggio dei raggi del sole e ai giochi di luce da esso creati.

La struttura della Finestra delle Apparizioni fa parimenti la sua comparsa in questo periodo: essa è lo strumento privilegiato, assieme al carro di elettro, per le epifanie della famiglia reale. Da qui il re mostra i nomi didattici dell’Aten alla corte riunita e premia i funzionari più meritevoli, che si raccolgono nella corte sottostante. È un elemento architettonico così singolare che verrà ripreso nei Templi di Milioni di Anni della riva occidentale tebana dai sovrani successivi ad Akhenaten, caricato di una valenza rituale, magica e simbolica in parte derivata dalla teologizzazione della figura del sovrano attuata in Età amarniana.

66 La relativa maneggevolezza delle talatat sta infatti nella misura media di 0,56 x 0,26 x 0,24 m. A

talatat a forma di parallelepipedo si aggiungono pezzi più complessi che permettono di realizzare, ad esempio, le modanature del pilone e la cornice a gola egizia. Bisogna ricordare che le assise di talatat erano stese alternatamente di piatto e di taglio (dettaglio risultato utile per procedere ad assemblaggi di scene).

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Si è accennato poco sopra come nella ricostruzione di D.B. Redford del complesso del Teni-menu sia compresa una corte con altari offertoriali: è un elemento tipico del culto solare e sarà ripreso in proporzioni grandiose nel Grande Tempio di el-Amarna; si aggiunga che ai semplici altari d’offerte, in forma di parallelepipedo, sono affiancati altari più complessi, rialzati su un podio, dotati di rampe ed elaborate decorazioni.

Infine, le strutture non mancano di elementi portanti utilizzati in semplice chiave estetica o nella realizzazione di tettoie di piccole dimensioni: colonne decorate col nome del re e del dio e pilastri a base rettangolare con colossi raffiguranti il sovrano. Elementi tutti ripresi dall’architettura di Akhetaten.

§ 6. Le Residenze Reali

La grandiosa residenza fatta erigere da Amenhotep III sulla riva occidentale tebana a sud dei Templi di Milioni di Anni, nella località di Malqata, e collegata con i riti delle feste heb-sed celebrate dal re nell’ultima decade del suo regno, fu sicuramente utilizzata anche dal figlio. Provano un’occupazione continuativa del palazzo alcuni ritrovamenti fatti durante le numerose indagini archeologiche: etichette di giara datate all’anno I del nuovo re68 e numerosi scarabei e sigilli di Akhenaten con le correzioni teologiche apportate nell’anno

IV69. Il ritrovamento di scarabei e sigilli a nome di Tutankhamen e

Ankhesenpaaten estendono il periodo di attività della residenza70, e un

insediamento dal nome di Per Aten Tjehen (Pr-’Itn-ṯḥn, ‘Casa dell’Aten splendente’) è attestato ancora in Età ramesside71.

Le fonti provano tuttavia come Malqata non fosse l’unica residenza tebana del re. Nelle talatat si accenna ad un cḥ e a un cḥ wr (‘Residenza’): esso ha

quartieri domestici e una Finestra delle Apparizioni con una corte colonnata. Nelle scene che lo rappresentano, il re vi esce o vi ritorna via palanchino o via cocchio: se fosse Malqata ci sarebbero state anche le scene di imbarco e sbarco da navi sul fiume. Oltre alla più volte citata lettera EA 27, registrata nell’anno II a Tebe nel

68 HAYES W.C., op. cit., p. 44, fig. 4.6.

69 Ibidem, pp. 37; 176, fig. 33 (S 124); fig. 35 (R 18-20). 70 Ibidem, p. 177, fig. 34 (R 21, 22).

71 KAMAL A., Rapport sur les fouilles faites dans la montagne de Sheîk Saîd, in ASAE 10 (1909),

Figura

Tabella 1. Cronologia coreggenza/giubilei secondo C. Aldred
Tabella 2. Le strutture tebane dedicate a Ra-Horakhty secondo R. Vergnieux

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