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UOMO E AMBIENTE Effetti sulle attività antropiche, provocati dalle modificazioni della vegetazione e della fauna indotte dalle variazioni del clima, verificatesi nell’area circum-mediterranea durante il Pleistocene superiore

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L’Italia Forestale e Montana / Italian Journal of Forest and Mountain Environments  

© 2016 Accademia Italiana di Scienze Forestali         

        71 (4): 371‐380, 2016     doi: 10.4129/ifm.2016.6.05 

UOMO E AMBIENTE

Effetti sulle attività antropiche, provocati dalle modificazioni della vegetazione e della fauna indotte dalle variazioni del clima, verificatesi nell’area circum-mediterranea durante il Pleistocene superiore

(*) For. Rest. Med. S.r.l., spin off dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro; info@forrestmed.com

Le variazioni del clima, che si verificarono durante il Pleistocene superiore, provocarono significative modificazioni della vegetazione e della fauna nell’area circum-mediterranea di studio, costituita dall’Europa meridionale, dall’Asia Sud-occidentale e dall’Africa Nord-orientale.

Quelle modificazioni si ripercossero sulle molteplici attività antropiche, praticate nell’area specificata prima dall’Homo erectus e poi dall’’H. sapiens, giunto in Asia 100.000 anni B.P. e in Europa 40.000 anni B.P., provenendo dall’Africa.

Si trattò della raccolta di bulbi, frutti, germogli e radici, della caccia e della pesca, della costruzione di abitazioni, della confezione di vestiti, della realizzazione di manufatti litici di varia foggia e impiego e, infine, della esecuzione di vere e proprie opere d’arte, prima mai realizzate dall’uomo.

Parole chiave: uomo e ambiente; Pleistocene superiore; effetti dei cambiamenti climatici.

Key words: Man and environment; late Pleistocene; climate change impacts.

Citazione: Gualdi V., 2016 - Uomo e Ambiente. Effetti sulle attività antropiche, provocati dalle modificazioni della vegetazione e della fauna indotte dalle variazioni del clima, verificatesi nell’area circum-mediterranea durante il Pleistocene superiore. L’Italia Forestale e Montana, 71 (6): 371-380.

http://dx.doi.org/10.4129/ifm.2016.6.05

1. INTRODUZIONE

Questo studio si riferisce ai complessi rapporti che intercorsero fra l’uomo e gli ambienti da esso prescelti durante il Pleistocene superiore, che si svolse (Broglio, 1999) fra circa 130.000 anni e 10.3001 anni B.P. Si tratta della parte finale del Paleolitico medio, durante la quale si svilupparono l’Interglaciale Riss-Würm e le parti iniziale e intermedia della Glaciazione Würm, e dell’intero Paleolitico superiore.

Nell’intervallo di tempo considerato sopravvennero nell’area circum-mediter- ranea di studio, costituita dall’Europa meridionale, dall’Asia Sud-occidentale e dall’Africa Nord-orientale, prima l’Homo sapiens neanderthalensis e poi l’H. s. sapiens.

1 Gli studiosi di Preistoria ritengono che il Pleistocene superiore si fosse concluso circa 10.300 anni B.P., cioè in occasione del completo ritiro dei ghiacci würmiani dall’Europa settentrionale.

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Quegli uomini successero all’Homo erectus, attivando (Clark, 1986) molteplici rapporti con gli ambienti prescelti, costituiti come è noto dal clima, dal suolo e dai biomi vegetali e animali, per ciascuno dei quali elaborarono specifici modelli di riferimento, trasmessi poi da una generazione all’altra, formando l’insieme cul- turale, che oggi viene analizzato dagli studiosi di Preistoria.

Gli stessi uomini, per effetto delle variazioni del clima, prima mai così repen- tine, intense e ripetute, si adattarono in tempi relativamente brevi alle modifica- zioni dei biomi accennati, cambiando anche completamente le abitudini di vita, riferite alla raccolta di risorse vegetali, all’esercizio di caccia e pesca, alla realizza- zione di abitazioni, alla confezione di vestiti e, per la prima volta nella lunga presenza dell’uomo sulla Terra, alla produzione di vere e proprie opere d’arte, sorrette da una adeguata cultura.

2. EFFETTI SULLE ATTIVITÀ ANTROPICHE PROVOCATI DALLE MODIFICAZIONI DELLA VEGETAZIONE E DELLA FAUNA

Alla fine del Paleolitico medio e durante quello superiore si verificarono nell’area circum-mediterranea di studio numerose variazioni del clima e, quindi, altret- tante modificazioni dei biomi interessati, seguite da altre che riguardarono le abi- tudini di vita degli uomini, con particolare riferimento alle tecniche adottate nelle industrie litiche, qui di seguito delineate per ciascuna delle due parti considerate del Paleolitico.

Paleolitico medio

Nella fase finale del Paleolitico medio si verificarono (Broglio, l.c.), fra circa 130.000 e 35.000 anni B.P., significative variazioni del clima, seguite da altrettali modificazioni dei biomi vegetali e animali, che determinarono quelle delle tecni- che impiegate nelle industrie litiche del tempo.

Nella stessa epoca, le estremità superiori delle lance di legno, da colpo o getto, che prima venivano solo appuntite e indurite con il fuoco, furono dotate di punte litiche sempre più durature e funzionali. Quegli attrezzi, per quanto riguarda l’Europa e l’Africa Nord-occidentale, venivano tratti (Müller-Karpe, 1976) da fusti e rami di Tasso (Taxus baccata L.).

A quel tempo risale anche l’impiego di ossa di animali nella realizzazione di numerosi manufatti, che in principio furono ottenuti praticando su di esse sol- tanto dei ritocchi, eseguiti con percussione a mezzo di appropriati strumenti li- tici. A quei ritocchi si aggiunsero successivamente ulteriori lavorazioni, anche decorative, per ottenere zagaglie2, nonché monili e strumenti musicali a fiato.

2 Le zagaglie erano attrezzi di legno, conformati come grossi bastoni, dotati nella parte superiore di grandi fori e impiegati per la propulsione delle lance di legno, da solo getto, in occasione delle cacce. Il ritrova- mento di zagaglie ricavate da corna di cervidi e di altri animali, molto meno deteriorabili del legno, ha fatto pensare a manufatti evocativi o propiziatori.

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Per i manufatti realizzati nelle industrie in esame sono state proposte varie classificazioni, riferite alle tecniche del distacco delle schegge dai nuclei di prove- nienza e nelle successive lavorazioni loro riservate. Da alcuni anni, però, gli stu- diosi interessati a quanto si sta trattando impiegano, per i complessi, i sub-complessi e le facies dell’insieme Musteriano3, la classificazione qui di seguito riassunta, te- nendo conto delle proposizioni di Bordes (1950) e di Broglio (l.c.).

- I Complesso Musteriano, di tradizione acheuleana4, cui sono stati attribuiti i bifacciali triangolari o cordiformi e i coltelli a dorso, gli uni e gli altri distinti in una facies leval- losiana5 e in un’altra non levallosiana;

- II Complesso Musteriano tipico, cui sono stati attribuiti i raschiatoi appiattiti e le punte delle lance di legno, da colpo o getto, anch’essi diversificati nelle facies specificate;

- III Complesso Charentiano6, cui sono stati attribuiti numerosi tipi di raschiatoi, di- stinti in un sub-complesso quina7 e in un altro ferrassié8;

- IV Complesso Musteriano denticolato, cui sono stati attribuiti i manufatti litici denti- colati o incavati, distinti nelle facies più volte richiamate.

I reperti della Penisola italica hanno riguardato il Lazio e le Puglie.

Quelli laziali, attribuiti al complesso charentiano, facies pontiniana9, sono stati ri- trovati nelle grotte del “Fasellone” e dei “Guattari”, dislocate sul versante me- ridionale del Monte Circeo (541 m s.m.), e in quella di “Sant’Antonio”, localiz- zata a Sud delle precedenti, sul versante anch’esso meridionale del Monte Cri- sto (197 m s.m.).

Gli altri pugliesi sono stati scoperti nelle grotte del “Cavallo”, dei “Ladroni”

e delle “Mura”, presenti nella Terra di Bari, estesa sulla fascia costiera delle Murge.

La vicinanza al mare delle grotte richiamate spiega l’impiego delle valve di Fasolaro (Callista chione) nella realizzazione (Broglio, l.c.) di numerosi manufatti.

La trattazione delle industrie litiche della parte finale del Paleolitico medio viene completata con la delineazione delle molteplici attività svolte nell’area di studio dalle popolazioni di H. sapiens neanderthalensis e da quelle di H. s. sapiens.

Si tratta di quanto qui di seguito riassunto:

adattamento ad abitazione, stabile o provvisoria, di grotte e ripari sotto roccia,

3 La denominazione del complesso è derivata da quella del riparo sotto roccia “Le Mustier”, dislocato nella Dordogne, unità amministrativa della Francia centrale.

4 L’ulteriore denominazione del complesso è discesa da quella del quartiere “Saint Acheul” della città di Amiens, localizzata nella Picardie, unità amministrativa della Francia Nord-occidentale.

5 La denominazione della facies è provenuta da quella della località “Levallois-Perret”, presente nell’Ile- de-France, unità amministrativa della Francia settentrionale.

6 La denominazione del complesso è derivata da quella del Fiume Charante, che attraversa la Francia cen- tro-occidentale.

7 La denominazione del sub-complesso è discesa da quella della località “La Quina”, dislocata nel Poitou- Charantes, unità amministrativa della Francia centro-occidentale.

8 La denominazione del sub-complesso è provenuta da quella del riparo sotto roccia “La Ferrassié”, loca- lizzato nella Dordogne.

9 La denominazione della facies è derivata da quella dell’“Agro pontino”, esteso nel Lazio meridionale, fra la fascia costiera a Sud/Ovest e l’altra montana a Nord/Ovest, la seconda costituita dai Monti Lepini, Ausoni e Aurunci.

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purché asciutti e protetti dai venti, comprensivo (Broglio, l.c.) della realizza- zione di capanne e tende, le une e le altre frequentemente infossate;

raccolta di frutti o parti di essi, come i semi, di alberi e arbusti, di bulbi, ger- mogli e radici di altri arbusti ed erbe, di piccoli animali e di provviste alimen- tari nascoste (Delort, 1987) da roditori ss.pp. Essa si differenziò nello spazio e nel tempo, in relazione, rispettivamente, alle diversità ecologiche delle zone frequentate da quegli uomini e a quelle climatiche degli andamenti stagionali;

approvvigionamento di legna da fuoco, impiegata per la cottura degli alimenti e l’illuminazione e il riscaldamento delle abitazioni. Essa veniva molto presu- mibilmente tratta da fusti e rami secchi, giacenti sul suolo, nell’ambito delle molteplici espressioni della vegetazione forestale del tempo;

prelievo dalle stesse espressioni di materiali legnosi, tratti da alberi di piccole dimensioni diametriche e ipsometriche, occorrenti alla realizzazione di coper- ture delle capanne e tende, completata con la sistemazione di frasche, piote e pelli di animali. Nelle vaste zone che furono occupate durante la Glaciazione Würm da numerose espressioni della vegetazione erbacea, frequentate special- mente dai mammut ss.pp., le coperture accennate vennero realizzate (Broglio, l.c.) con l’impiego delle dentature di attacco e difesa di quei proboscidati;

ricerca di esemplari grezzi di diaspri, ossidiane e selci, da sottoporre a diver- sificate lavorazioni nelle industrie litiche, per realizzare i manufatti necessari.

Quelle officine sorsero nei pressi delle abitazioni, stabili o provvisorie, o dei luoghi di estrazione dei materiali ricercati, comunque entro 20 km di distanza (Broglio, l.c.) dalle une e dagli altri;

caccia a grandi animali, preferibilmente esercitata (Chelazzi, 2013) nell’ambito dei cosiddetti “corridoi ecologici”, percorsi dalle mandrie degli stessi animali in occasione delle loro migrazioni stagionali. L’attività venatoria accennata venne svolta anche con accorgimenti particolari, come quello di costringere gli animali inseguiti a impantanarsi in paludi e stagni, nei quali gli stessi veni- vano agevolmente abbattuti, l’altro di terrorizzare (Chelazzi, l.c.) gli stessi ani- mali con il fuoco appiccato alla vegetazione e l’altro ancora di predisporre

“trabocchetti” di varia fattura e funzionamento.

Fra le due sottospecie di Homo sapiens, rappresentate come accennato dall’Homo sapiens neanderthalensis e dall’H. s. sapiens, insorsero a quel tempo anche nell’area circum-mediterranea di studio complessi processi competitivi, che da epoca remota si sviluppano nel contesto di popolazioni di specie e sottospecie diverse, vegetali e animali, che convivano in circoscritte aree geografiche, nelle quali usufruiscano delle stesse risorse, omeostatiche e trofiche, ovviamente disponibili in quantità limitate. Quei processi si sono sempre inevitabilmente conclusi con l’estinzione della popolazione, che, a differenza dell’altra, non sia riuscita a impossessarsi di maggiori quantità di risorse o, ancora, a consumarne quantità minori o, infine, a superare le difficoltà conseguenti all’acquisizione di quelle meno pregiate. A quanto delineato occorre aggiungere che la popolazione sopravvissuta ha frequentemente impiegato (Chelazzi, l.c.) particolari strategie, comportamentali e funzionali, rivolte a ridurre o, addirittura, ad annullare le

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possibilità di quella che si estingue di usufruire al meglio delle risorse più volte richiamate. Tutto quanto esplicitato costituisce (Chelazzi, l.c.) la cosiddetta

“esclusione competitiva”, che, alla fine del Pleistocene medio, interessò l’H. sapiens neanderthalensis.

Paleolitico superiore

Nel Paleolitico superiore, costituito dalla parte finale della Glaciazione Würm, fra circa 35.000 e 10.300 anni B.P., le industrie litiche dell’area circum-mediterranea di studio si differenziarono da quelle precedenti, sviluppate nel Paleolitico inferiore e medio, specialmente per quanto riguarda le tecniche realizzative di vari manu- fatti. Si trattò di schegge lamellari o laminari, generalmente di piccole dimensioni, completate con lavorazioni sempre più accuratamente eseguite.

Al riguardo degli stessi manufatti, si precisa che essi vennero tratti anche da corna del Cervo elafo (Cervus elaphus), del Megacero (Megaloceros giganteus) e della Renna (Rangifer tarandus), oltre che da dentature di attacco e difesa dell’Elefante dalle zanne diritte (Elephas antiquus) e da ossa di numerosi altri animali.

Qui di seguito vengono delineati i più importanti complessi del Paleolitico supe- riore, considerati prima nei caratteri tecnologici e tipologici dei manufatti prodotti e poi nelle condizioni di vita delle popolazioni di Homo sapiens sapiens che li pro- ducevano e impiegavano.

L’Aurignaziano10 è il complesso meglio caratterizzato, per quanto riguarda le indu- strie di lavorazione delle pietre, delle corna, delle dentature e delle ossa di animali.

Il complesso in esame si evolse (Broglio, l.c.), fra circa 34.000 e 20.000 anni B.P., nella Penisola iberica, in quella italica e nell’altra balcanica, oltre che nel Mezzo- giorno francese. A quell’epoca, le industrie in esame producevano manufatti mi- crolamellari, lamellari e laminari, impiegati nella realizzazione di attrezzi vari, come le zagaglie e le zappe11.

In numerosi siti aurignaziani sono stati ritrovati resti di numerose strutture abitative, formate anche da più capanne comunicanti fra loro. Si trattava di veri e propri villaggi, permanenti o provvisori, i secondi dei quali frequentati dagli uomini durante le caccie alla Renna, in Europa occidentale, ai mammut ss.pp., in quella orientale, e allo Stambecco (Capra ibex), a Sud delle Alpi. Nelle Prealpi venete sono avvenuti interessanti ritrovamenti, che hanno dimostrato l’esercizio della caccia agli Uccelli, praticata (Broglio, l.c.) dalle popolazioni della zona.

L’Aurignaziano si distinse dal Musteriano anche per la produzione di oggetti ornamentali. Si trattò dell’impiego di denti di Cervo elafo, Orso delle caverne(Ur- sus spelaeus) e Volpe (Vulpes vulpes), forati o dotati di scanalature per meglio fun- gere da collane e pendagli, oppure di conchiglie, fossili o coeve, raccolte sulle spiagge anche a centinaia di km (Broglio, l.c.) dalle abitazioni. Non di rado, quegli

10 La denominazione del complesso è discesa da quella della località “Aurignac”, dislocata in Guascogna, unità amministrativa della Francia Sud-occidentale.

11 Le zappe erano grossi attrezzi litici, con manici di legno, impiegati per aprire buche nel terreno con vari intenti. Il loro impiego successivo, rivolto a lavorare lo stesso terreno, si sviluppò nell’Olocene, con la diffusione dell’agricoltura e dell’allevamento del bestiame.

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oggetti, tratti anche da ossa di animali per ottenere cilindri, dischi e sfere di pic- cole dimensioni, venivano impiegati per la confezione di collane da indossare e monili da fissare al vestiario.

Risale all’epoca di studio anche lo sviluppo di una vera e propria arte figura- tiva, rappresentata (Broglio, l.c.) fra l’altro dalla realizzazione di piccole statue antropomorfe o zoomorfe, tratte da scisti o dentature di animali.

Fra circa 28.000 e 23.000 anni B.P. si affermò (Broglio, l.c.) in Europa il Gra- vettiano12. Si trattò, per quanto riguarda la Penisola italica, di numerose industrie, distinte (Palma di Cesnola, 1993) in indifferenziate ed evolute. Le prime, i cui pro- dotti sono stati ritrovati in Campania, più precisamente nel Cilento nell’ambito della Grotta della “Cala”, e nelle Puglie, nel contesto della Grotta “Paglicci” lo- calizzata in Gargano, si caratterizzarono dell’assenza di manufatti speciali. Le seconde, invece, i cui prodotti sono stati scoperti non solo nelle grotte e nei ripari sotto roccia campani e pugliesi, ma anche in quelli toscani e laziali, si contraddi- stinsero fra l’altro della realizzazione di punte peduncolate.

I paesaggi vegetali delle zone interessate furono all’epoca dominati da varie espressioni della vegetazione erbacea, solo qua e là sostituita da quella forestale in veri e propri rifugi. Conseguentemente, le popolazioni di cacciatori-raccoglitori di quel tempo si dedicarono all’esercizio della caccia all’Asino selvatico (Equus hydrun- tinus), a numerose specie di bovidi, al Cavallo di Gaul (Equus caballus gallicus), al Cin- ghiale (Sus scrofa) e allo Stambecco, che usufruivano di risorse vegetali.

Fra le caccie al Cavallo di Gaul si ricordano, per la singolarità della loro ese- cuzione, quelle praticate in Francia da parte di gruppi numerosi di cacciatori. Essi operavano con rigorosa coordinazione congiunta a elevata destrezza. Nelle zone caratterizzate dalla presenza di rilievi collinari dotati di più versanti poco acclivi e di uno rupestre, le mandrie del Cavallo specificato venivano indotte a risalire le chine più agevoli. Gli animali, raggiunta la sommità delle alture, si lanciavano (Müller-Karpe, l.c.) in gran numero nel vuoto, impossibilitati nella calca a cam- biare direzione di corsa, anche perché atterriti dal fuoco appiccato alla vegeta- zione circostante e frastornati dal fumo da esso sprigionato.

Nei luoghi più vicini ai mari le popolazioni di uomini si nutrivano anche di molluschi, così come ha indiscutibilmente evidenziato il ritrovamento di gusci e valve nei rifiuti da esse prodotti, sparsi qua e la sul fondo delle grotte e ripari sotto roccia, prescelti per abitazione.

Alla fine del Paleolitico superiore si diffusero (Broglio, l.c.) in Europa altri due complessi di industrie, denominati Solutreano13 e Magdaleniano14. Il primo di quei com- plessi si diffuse fra circa 21.000 e 18.000 anni B.P., caratterizzandosi della pratica del “ritocco piatto” nella realizzazione di punte a foglia di Alloro o salici ss.pp. Il se- condo di essi, invece, si affermò (Broglio, l.c.) fra circa 18.000 e 10.300 anni B.P.

12 La denominazione del complesso è provenuta da quella della località “La Gravette” dislocata nella Dordogne.

13 La denominazione del complesso è derivata da quella della località “Solutré”, dislocata nel territorio del Comune di Solutré-Pouilly, sorto nella Bourgogne, unità amministrativa della Francia centrale.

14 La denominazione del complesso è discesa da quella della località “Abri de la Magdeleine”, presente in Dordogne.

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con la produzione di vari manufatti, rappresentati anche da arpioni per la pesca, tratti da ossa di animali.

Ai complessi brevemente descritti si aggiunse, infine, il Romanelliano15, che inte- ressò in Italia la Liguria, il Lazio e le Puglie, queste ultime coinvolte nella “Terra di Otranto”, localizzata in Salento.

Si trattava, per quanto riguarda i pressi del centro urbano richiamato, di un ambiente costiero particolare, nel quale si alternavano, come avviene ancora oggi, varie espressioni della vegetazione arborea, arborescente, arbustiva ed er- bacea, qua e là interrotte (Congedo, 1964) da importanti corsi d’acqua, alimentati da sorgive, provenienti da falde poco profonde. L’ambiente delineato era all’epoca frequentato da mandrie di Asino selvatico, Cavallo di Gaul, Stambecco e Uro (Bos primigenius), sistematicamente cacciati dagli uomini del tempo, che si alimentavano (Broglio, l.c.) anche di numerose specie di pesci, generalmente ar- pionati, rappresentati dalla Cernia (Epinephelus guaza), dal Dentice (Dentex dentex) e dall’Orata (Sparus aurata), oltre che dalle murene ss.pp. e dai polpi ss.pp.

Le attività svolte nel Paleolitico superiore dalle popolazioni solutreane, magdaleniane e romanelliane compresero anche la confezione di vestiti, eseguita con ripetute raschiature sulle superfici interne delle pelli di animali, praticate con manufatti litici appositamente prodotti, e completata con l’assemblaggio delle parti interes- sate, tenute assieme da tendini di animali, adeguatamente asciugati e tesi, senza perdere l’elasticità, da strisce delle stesse pelli e da fibre vegetali disseccate e ritorte.

Alle attività richiamate si aggiunsero nel tempo quelle artistiche, distinte in due ordini. Il primo era costituito da manufatti diversi, rappresentati da denti forati e incisi di animali e da statuette antropomorfe o zoomorfe, simili a quelle prodotte nell’Aurignaziano. Il secondo ordine era formato da dipinti e disegni, realizzati alla fine del Paleolitico superiore su pareti di grotte e ripari sotto roccia.

Si tratta (Broglio, l.c.) di ben 129 siti, dislocati in Portogallo, Spagna Nord- occidentale, Francia Sud-orientale e Italia settentrionale, preferiti per le peculiari conformazioni delle pareti delle grotte prescelte e ancor più per il fascino espresso dall’insieme speleologico interessato.

I dipinti venivano eseguiti con l’impiego di grasso di animali, impastato con pigmenti terrosi di differenti colori, per realizzare un gran numero di raffigu- razioni, riferite ai cacciatori-raccoglitori, agli animali cacciati e ad altri temi, come quello di uomini mostruosi, con corna di Cervo elafo, occhi di Civetta (Athene noctua), orecchie di Renna e code di Cavallo di Gaul, e l’altro di animali immaginari.

I disegni erano invece realizzati con incisioni superficiali, scanalature pro- fonde e bassorilievi articolati. In alcune grotte fu anche eseguita (Broglio, l.c.) la raschiatura degli strati superficiali di argilla, caratterizzati da peculiari colorazioni.

Al riguardo delle tecniche adottate nella realizzazione dei dipinti e dei disegni delle grotte specificate, si precisa che essi assunsero nella loro fattura un’accen- tuata impronta impressionistica.

15 La denominazione del complesso è provenuta da quella della Grotta “Romanelli”, localizzata sulla fascia costiera adriatica del Salento.

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Le dettagliate conoscenze sulle caccie dell’epoca, possedute dagli artefici di quelle opere, consentirono loro di realizzare raffigurazioni venatorie fra le meglio riuscite nel tempo, anche per l’abilità dimostrata (Vialou, 1997) dagli artisti nell’inserimento delle loro opere negli articolati e complessi contesti speleologici interessati.

Snow, docente di Archeologia nella Pennsylvania State University, ha recentemente reso noti i risultati delle sue ricerche, riferite alle impronte di mani umane rila- sciate sulle pareti di un consistente numero di grotte, dislocate in Francia e Spa- gna, dipinte fra 40.000 e 12.000 anni B.P., per raffigurare attività venatorie. Lo studioso ha concluso il suo lavoro, per il quale si è anche avvalso delle conclu- sioni cui era pervenuto Manning, biologo inglese, che precedentemente si era occupato della forma delle mani femminili, diverse da quelle maschili, ipotiz- zando che le impronte delle mani analizzate fossero state rilasciate da donne. Le conclusioni di Snow sono state contrastate da numerosi studiosi, fra cui alcuni, pur confermando che quelle impronte fossero state rilasciate da donne, hanno sostenuto che esse fossero successive alle raffigurazioni delle caccie. La presenza di impronte di mani femminili su quei dipinti ha comunque confermato la par- tecipazione delle donne dell’epoca alle caccie praticate, con particolari riferimenti alla ricerca degli animali da abbattere e alla predisposizione delle trappole e, an- cor più, alla macellazione degli animali uccisi e alla ripartizione e conservazione delle carni ricavate.

Gli studiosi dell’arte paleolitica si sono a lungo interessati del significato dei dipinti e disegni delineati, riferiti in particolare alle scene di caccia, più agevol- mente interpretabili di altre, cui sono stati attribuiti significati evocativi di avve- nimenti realmente accaduti o propiziatori di altri auspicati.

Alcuni di quegli studiosi hanno ritenuto che quelle grotte, decorate come spe- cificato, avessero rappresentato (Broglio, l.c.) veri e propri santuari per il culto.

3. CONCLUSIONI

Alla fine del Paleolitico medio, come accennato, entrarono in competizione fra loro anche nell’area circum-mediterranea di studio l’Homo sapiens neanderthalensis e l’ H. s. sapiens. Quel processo competitivo si concluse agli inizi del Paleolitico superiore, circa 30.000 anni B.P., con l’estinzione dell’Uomo di Neanderthal e la proliferazione di quello moderno, che provvide fra l’altro a:

incrementare la distanza fra i siti d’estrazione dei materiali litici, da sottoporre a lavorazione nelle industrie litiche del tempo, e le abitazioni umane, che da alcune decine, divenne di varie centinaia di km;

trasformare non pochi di quei siti in vere e proprie cave, non di rado adibite o affiancate a luoghi di scambio proto-commerciale;

adottare nell’ambito delle industrie litiche post-musteriane tecniche differenziate, rivolte alla produzione di manufatti sempre più duraturi e funzionali, realiz- zati con non poche concessioni (Chelazzi, l.c.) all’estetica;

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sviluppare l’impiego di materiali diversi da quelli litici, tratti da corna, denta- ture, ossa e valve di animali;

diffondere l’impiego di zagaglie nell’esercizio delle caccie, che consentì di col- pire anche a considerevole distanza gli animali da abbattere, andando incon- tro a rischi sempre minori.

Il confronto fra gli aspetti considerati, riferiti ai complessi musteriani e a quelli aurignaziani, hanno consentito di accertare che le tecniche adottate nelle industrie litiche dei primi complessi erano (Chelazzi, l.c.) tradizionalmente ripetitive e poco avanzate. La produzione di manufatti, litici e non, di quei complessi avvenne in assenza di sostanziali innovazioni, come ha evidenziato l’estensione ai materiali non litici, tratti dalle risorse specificate, delle tecniche messe a punto per quelli litici. Il passaggio dal Musteriano all’Aurignaziano avvenne con non poche innova- zioni, apportate alle lavorazioni effettuate nelle industrie litiche del tempo. Ciò non vuol dire, però, che l’Homo sapiens sapiens avesse raggiunto (Chelazzi, l.c.) gradi di civiltà e intelligenza superiori a quelli dell’H. s. neanderthalensis, ma piut- tosto che lo stesso H. s. sapiens disponesse di elevati gradi di fantasia e flessibilità mentale, risultati insostituibili specialmente nella programmazione del lavoro.

Le complesse ricerche svolte sulle cause dell’“esclusione competitiva” più volte richiamata, conclusa con l’estinzione dell’Uomo di Neanderthal, hanno interessato anche i rifiuti alimentari delle due popolazioni di uomini coinvolte. I risultati di quelle ricerche hanno evidenziato che l’alimentazione degli uomini in competizione fosse stata poco dissimile nell’ambito di ciascuna delle fasce altimetriche interessate, mon- tana, collinare e costiera, ciascuna delle quali caratterizzata come è noto da peculiari caratteri ambientali, in particolare vegetazionali e faunistici. Qualche differenza, però, è risultata evidente nei siti occupati, pur se in tempi diversi, da entrambe le popolazioni di uomini coinvolte: gli alimenti dell’uomo moderno sono risultati ca- ratterizzati da una maggiore variabilità, rispetto a quelli dell’uomo estinto.

I risultati delle numerose ricerche svolte, non ancora concluse, hanno anche evi- denziato con approfonditi confronti e accesi dibattiti che la supremazia dell’uomo moderno fosse essenzialmente dipesa dalla sua peculiare capacità linguistica, ben maggiore di quella dell’uomo di Neanderthal. Quella capacità dell’uomo moderno, dovuta alla particolare conformazione anatomica del suo apparato oro-laringeo, per- mise allo stesso uomo di esternalizzare foneticamente il suo pensiero.

Lo sviluppo delle ricerche avviate, riferite ai processi competitivi delineati, elimineranno probabilmente molti dei dubbi e delle incertezze che ancora sussi- stono al riguardo.

SUMMARY Man and environment.

Effects of the climate-related changes to the vegetation and fauna on human activities in the circum-Mediterranean area during the Late Pleistocene

The climate variations which occurred during the Late Pleistocene led to significant changes in the vegetation and fauna in the circum-Mediterranean study area, made up of Southern Eu- rope, South-West Asia and North-Eastern Africa.

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These changes had knock-on effects for the many human activities carried out in the area first by Homo erectus and then by H. sapiens, who left Africa for Asia 100 ka BP and for Europe 40 ka BP.

These activities included harvesting of bulbs, fruits, shoots and roots, hunting and fishing, construction of dwellings, making of clothes and stone tools of various shapes and for various purposes. Finally, they also included some true artistic masterpieces, the like of which had never previously been seen.

BIBLIOGRAFIA

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