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Programma di prevenzione della morte improvvisa negli atleti

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Academic year: 2022

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Programma di prevenzione della morte improvvisa negli atleti

Troppo spesso si sente parlare di atleti che muoiono sui campi sportivi durante o immediatamente dopo una competizione. In realtà nulla di nuovo ma il fatto che, negli ultimi anni, questo evento è successo a sportivi di massimo livello ha colpito l’attenzione dei media e con essa quella delle gente. Da qui la maggiore sensibilizzazione e la realizzazione che questi eventi, rari ma

catastrofici, succedono anche a sportivi a tutti i livelli e persino a non sportivi a seguito di sforzi intensi.

Un altro elemento che ha stimolato molto l’interesse su questa problematica è il fatto che,

diversamente da quanto succedeva in passato, oggi possiamo diagnosticare l’anomalia cardiaca che è, in ordine di frequenza, la seconda causa di queste morti improvvise, prima dell’evento morte. Non solo, ma possiamo anche correggerla chirurgicamente eliminando questo rischio oppure ridurre il rischio di circa 80 volte interrompendo l’attività agonistica dello sportivo portatore di questa anomalia.

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Istintivamente verrebbe da dire che qualunque sforzo organizzativo sarebbe giustificato per salvare anche una sola vita, tuttavia la realtà è più complicata.

Un primo problema è che non è ancora chiara l’esatta epidemiologia di questa problematica e questo è dovuto in gran parte al fatto che, essendo ancora relativamente poco conosciuta, questa patologia coronarica non viene ricercata ne in vita ne agli esami autoptici.

Da qui la necessità di divulgare una maggiore conoscienza di questa patologia ed una maggiore capacità diagnostica in vita.

L’unico modo teorico per ridurre al massimo il rischio di morte improvvisa da anomalia di percorso delle coronarie, la seconda causa di morte improvvisa tra gli atleti, è lo screening di tutti gli atleti con un ecocardiogramma fatto da un cardiologo esperto, seguito poi da una risonanza magnetica o da una tac per i casi dubbi.

Questo è impossibile perchè solo nelle Marche ci sono circa 35.000 nuovi tesserati sportivi ogni anno e, anche avendo le risorse economiche, non vi sono sufficienti cardiologi formati per eseguire tutte queste valutazioni e l’accento va posto sul concetto di “formati”.

Una valutazione anatomica ecocardiografica delle coronarie è possibile ma non fa parte ne della normale indagine ecocardiografica ne della formazione ecocardiografica cardiologica.

Esistono molti cardiologi, anche molto blasonati, che addirittura negano la possibilità di fare una valutazione ecocardiografica delle coronarie.

Tuttavia il prof Zeppilli, Direttore della scuola di medicina dello sport di Roma, ha dimostrato da 20 anni che non solo è possibile fare una valutazione ecocardiografca anatomica delle coronarie, soprattutto della loro origine, ma che è anche possibile insegnare a tutti gli specializzandi la tecnica per fare questo tipo di valutazione.

Quindi esistono certamente dei cardiologi in grado di fare questa valutazione, ma sono un numero ridotto rispetto alla moltitudi di cardiologi presenti sul territorio.

Di qui l’impossibilità di eseguire uno screening di massa.

Uno screening di massa è anche reso difficile dalla non conoscenza della reale incidenza di questo problema nella popolazione. Ad oggi i dati suggeriscono che si tratta di un problema raro, ma allo stesso tempo stà crescendo il sospetto che, in realtà, si tratta di una patologia più frequente di quanto si sia pensato fino ad ora.

Gran parte del problema sta nel fatto che, fino a non molti anni fa, questa patologia era sconosciuta dai più e non era diagnosticabile in vita ed anche quando fosse stata diagnosticata non aveva nessun trattamento disponibile.

La progressiva diffusione della conoscienza di questa problematica ha portato ad una maggiore attenzione e ad una maggiore ricerca di questa patologia in casi di morti improvvise che precedentemente rimanevano inspiegate in quanto non tutte le cause venivano ricercate.

Oggi sappiamo che in circa il 50% dei casi la prima manifestazione clinica è la morte improvvisa o la morte improvvisa abortita. Il rovescio della medaglia è che in circa il 50% dei casi questa

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patologia è caratterizzata da una sintomatologia che esprime lo stato di ischemia coronarica transitoria. In realtà sta emergendo che, anche nei casi definiti come asimptomatici, se si va bene ad indagare, qualche sintomo era presente ancorchè sottovalutato a trascurato.

Abbiamo quindi due gruppi di pazienti con questa patologia, uno asintomatico ed uno con dei sintomi. Questi due modi di presentazione presentano delle problematiche molto differenti. Sarà quindi opportuno affrontare questa patologia con due approcci diversi.

Gruppo pazienti con sintomatologia clinica

Il punto di partenza deve quindi essere l’attenzione ai sintomi, quei pochi e spesso un pò aspecifici sintomi che si possono associare a questa patologia.

Come sempre, i sintomi sono riconosciuti nella misura in cui sono conosciuti e quindi il punto di partenza deve essere: informazione e formazione.

La domanda è poi a chi deve essere indirizzata questa informazione e formazione?

Sicuramente a più livelli:

1) tecnici sportivi

2) medici dello sport, cardiologi sportivi 3) medici di famiglia,

4) cardiologi sul territorio,

5) cardiologi di aziende ospedaliere 6) centro di terzo livello

I tecnici dello sport sono le persone a più diretto contatto con gli atleti, spesso il loro punto di riferimento e le persone a cui gli atleti tendono a “confessare” i loro problemi. E’ quindi essenziale che i tecnici sportivi conoscano bene i sintomi ed i segni di questa potenziale devastante patologia.

Trattandosi a volte di sintomi poco chiari ed aspecifici è probabile e comprensibile che un tecnico sportivo possa scegliere di sottovalutarli e di invitare gli atleti ad ignorarli, magari addirittura prendendosi gioco dell’atleta inibendolo quindi dal riportare eventuali altri sintomi simili.

E’ quindi importante fare una campagna di informazione dei tecnici sportivi, magari associata anche ad una formazione sui processi di rianimazione con e senza defibrillatore. Idealmente questa campagna dovrebbe essere obbligatoria per poter essere riconosciuti come tecnici sportivi/

allenatori.

Al termina di questo processo formativo i tecnici sportivi dovrebbero essere in grado di riconoscere i sintomi di questi anomalia coronarica, identificando quindi il 50% dei pazienti con sintomi e riferendoli al medico sportivo competente per una ulteriore valutazione.

Il medico sportivo competente in patologia cardiaca deve quindi rifare una valutazione dei sintomi ed eventualmente una valutazione funzionale alla ricerca di segni di ischemia cardiaca, diretta o

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indiretta, da sforzo. In caso di medico sportivo senza competenza cardiologica è necessario che l’atleta venga

In presenza di una positività di questi tests, l’attività sportiva va immediatamente interrotta e lo sportivo sottoposto ad una valutazione anatomica ecocardiografica o anche TAC o risonanza, al fine di meglio preceisare la natura dei sintomi e della positività degli esami. Questo ulteriore stadio di valutazione può essere fatto dal medico sportivo stesso se adeguatamente formato, oppure può essere fatto in un centro di riferimento specialistico di cui dovrebbe essercene almeno uno per Regione se non addirittuta uno per Provincia.

Più difficile la situazione in presenza di sintomi ma in assenza di positività ai tests per la valutazione funzionale. Questa è una situazione che si può verificare nella maggior parte dei casi.

Proprio in questi casi è essenziale che subentri la specifica formazione del medico sportivo che deve essere in grado di riconoscere i sintomi insignificanti da quelli che invece meritano un approffodimento diagnistico e quindi inviare l’atleta ad una valutazione ecocardiografica specifica.

Il medico di famiglia avrà un ruolo simile per gli atleti che gli vengono riferiti dalla famiglia o che incontrano direttamente. Tuttavia sarebbe non realistico aspettarsi una conoscienza approfondita di questa patologia da parte dei medici di famiglia e quindi l’approccio più realistico è che il medico di famiglia riferisca questi pazienti ad un cardiologo locale.

Il cardiologo locale può ricevere dei giovani atleti con una sintomatologia compatibile con un problema ischemico e ci si deve aspettare che conosca questa problematica e che sappia valutare se si tratta di un problema chiaramente non ischemico e se esiste anche un dubbio di una possibile patologia ischemica su base coronarica.

Il cardiologo ospedaliero deve essere in grado di valutare la presenza o meno di una sintomatologia ischemica e fare dei tests da sforzo per valutare la risposta sotto sforzo. In caso di positività è necessario avviare il percorso diagnostico per definire la lesione sottostante: anomalia di percorso delle coronarie o presenza di ponti muscolari.

In assenza di una risposta positiva ai test funzionali, ma con una anamnesi suggestiva di un possibile problema coronarico è necessario proseguire con un esame ecocardiografico specifico per valutare il decorso delle coronarie. Questo può essere fatto dallo stesso cardiologo, se opportunamente formato, oppure si può riferire l’atleta ad un centro di terzo livello specializzato in questa patologia come il centro di cardiologia pediatrica dell’Ospedale di Torrette.

Il centro di terzo livello deve essere un centro altamente specializzato in questa patologia ed in grado di dare una risposta definitiva sulla presenza o meno di una anomalia di percorso delle coronarie o di patologie con sintomatologia simile come i ponti muscolari.

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L’approccio sarà prima con una valutazione ecocardiografica delle coronarie: le opzioni possono essere:

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l’esclusione di possibili anomalie coronariche

-

la chiara dimostrazione di anomalie coronariche, in questo caso si fa generalmente seguire una angio TAC od una Risonanza magnetica di conferma

-

una indentificazione dubbia di anomalie coronariche, in questo caso si fa generalmente seguire una angio TAC od una Risonanza magnetica di conferma

Nel caso in cui venga esclusa ogni possibile anomalia coronarica e non vi siano risposte positive ai test funzionali, è possibile consentire all’atleta di ritornare all’attività sportiva,

Nel caso invece in cui si documenta una anomalia coronarica si pone il problema di discutere la scelta terapeutica che può andare da un intervento chirurgico alla astensione dall’attività sportiva.

Bisogna quindi organizzare un incontro della famiglia con il cardiochirurgo e, nel caso di scelta chirurgica, programmare un ricovero ospedaliero per intervento cardiochirurgico. Da quel momento l’atleta entra nei programmi terauetici e di follow up del reparto di cardiochirurgia.

Questo tipo di chirurgia è rara e non è ancora ben standardizzata. Viene quindi eseguita in pochissimi centri in cui vi è un particolare interesse e si è sviluppata una esperienza sempre più significativa. E’ molto importante che i pazienti vengano riferiti ed operati in questi centri per poter dare loro il massimo beneficio clinico e per sviluppare sempre meglio le strategie di trattamento di questi pazienti.

Se invece il paziente e la sua famiglia optano per un approccio non interventistico, bisogna assicurare che vengano presi in carico da un cardiologo specializzato in queste problematiche e che possa seguirlo nel tempo.

Qualunque sia la scelta dell’atleta e della famiglia, il riscontro di questa patologia ha un enorme impatto psicologico in quanto può completamente sconvolgere la vita dell’atleta ed annullare tante speranze ed aspirazioni di una carriera sportiva professionale o comunque di una vita sportiva attiva che per molte persone è una parte importante della loro vita. Può imporre un cambiamento radicale di vita che, data l’età può iniziare da un cambiamento forzato dei programmi di studio.

E’ quindi molto importante offrire all’atleta ed in alcuni casi anche alla famiglia un supporto psicologico che li aiuti a navigare attraverso questi momenti difficili e che per qualche persona potrebbero essere troppo pesanti da sostenere da soli.

E’ quindi auspicabile che ci sia un percorso di supporto psicologico già pre-impostato e fatto da persone che si interssano a queste problematiche e danno la loro disponibilità a sviluppare un

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particolare interesse in quest’area. E’ quindi altrettanto importante che il percorso psicologico sia formalizzato e non debba essere “inventato” caso per caso.

Una inevitabile conseguenza di questo approccio preventivo sarà la relativa alta incidenza di falsi positivi e quindi di atleti che verranno sottoposti ad accertamenti “tanto per essere sicuri”.

Si possono immaginare tre scenari alla base di questo eccesso di accertamenti:

A. I medici non hanno sufficiente esperienza per poter prendere una decisione clinica e preferiscono riferire l’atleta ad un centro di terzo livello

B. I medici non vogliono prendersi la responsabilità di decidere e quindi preferiscono scaricare la responsabilità su un centro di terzo livello

C. L’atleta e la famiglia hanno sentito parlare di queste anomalie e del rischio di morte improvvisa e insistono per fare tutti gli accertamenti per “stare tranquilli”.

L’unico modo per contenere queste problematiche ed evitare un massivo sovraccarico di lavoro per i centri di terzo livello è la formazione del personale che entra in contatto con gli atleti.

Quanto più accurata e profonda sarà questa formazione tanto più accurato sarà il processo di filtro e quindi di selezione degli atleti interessati da questa patologia, riducendo così il rischio di falsi negativi e contenendo il numero di falsi positivi.

La formazione va fatta a tre livelli:

I. tecnici sportivi

II. medici dello sport/cardiolgi sul territorio III. cardiologi ospedalieri

IV. Cardiologi di terzo livello

Per i tecnici sportivi è essenziale fare dei corsi in cui venga ben spiegata la problematica e soprattutto venga ben chiarito quali sono i sintomi ed i segni a cui dare valore e prestare attenzione. E’ anche importante insegnare loro come usare un defibrillatore e magari delle manovre rianimatorie di base.

Per i medici dello sport ed i cardiologi sul territorio è essenziale fare dei corsi in cui venga ben spiegata la problematica e soprattutto venga ben chiarito quali sono i sintomi ed i segni a cui dare valore e prestare attenzione.

Questi medici devono anche ssere in grado di fare una prima valutazione clinico-strumentale per accertare eventuali segni di ischemia cardiaca in quanto questi imporrebbero un’immediata interruzione dell’attività sportiva ed un invio ad un centro di terzo livello. Così come deve essere loro ben chiaro che l’assenza di segni strumentali di iscemia non esclude assolutamente la

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possibile presenza di anomalie coronariche e quindi l’eventuale indicazione clinica a riferire questi atleti ad un centro di terzo livello.

Per i cardiologi ospedalieri sarebbe importante fare una formazione che li porti non solo a conoscere bene questa problematica, ma idealmente ache a poter fare degli echi mirati al riconoscimento del percorso iniziale delle coronarie. Inoltre, se non è stato fatto prima, devono essere in grado di fare le indagini strumentali per valutare possibili segni di iscemia cardiaca a riposo o sotto sforzo. Idealmente bisognerebbe formare questi cardiologi a riconoscere il percorso iniziale delle coronarie, o per lo meno, a riconoscere quando è sicuramente normale.

Per i cardiologi di terzo livello è essenziale fare dei corsi di formazione teorici pratici per dare loro gli strumenti per riconoscere con sicurezza l’origine ed il percorso iniziale delle coronarie. Come già detto, questo èpossibile ed è solo una questione di formazione. E’ fondamentale formare un certo numero di cardiologi a questo livello, almeno 1-2 per ogni provincia in modo da poter assorbire il carico di lavoro che questa profilassi genererà ed anche per evitare che i pazienti debbano fare lunghi viaggi e magari aspettare tempi lunghi per avere una risposta che può radicalmente cambiare la loro vita.

E’ poi concepibile che ci sia un centro, magari anche pluri-Regionale a cui far affluire tutti i pazienti in cui è stata diagnosticata un’anomalia di percorse delle coronarie o in cui c’è un ragionevole dubbio di tale anomalia. Questo centro deve essere in grado di dare una risposta definitiva e, se necessario, offrire tutte le opzioni chirurgiche e non del caso.

Gruppo pazienti totalmente asintomatici

Mentre non è pensabile ad uno screening di massa di tutti questi atleti, è invece sicuro che molti di questi atleti avranno, nel corso della loro vita e per motivi diversi, uno o più ecocardiogrammi.

E’ importante che questi ecocardiogrammi vengano fatti da personale competente ed adeguatamente formato nella diagnostica coronarica sia per utilizzare queste opportunità diagnostiche, sia per evitare di fare dei falsi negativi e quindi dare un bollino di normalità ad atleti che invece non hanno coronarie normali. Questo è particolarmente dannoso in quanto, non solo non riconosce i casi positivi ma, dichiarandoli “normali”, li esclude da possibili diagnosi in tempi successivi, magari anche in occasione di qualche sintomo ischemico perchè “già indagati con conferma di normalità coronarica”.

La percentuale attuale di valutazione delle coronarie negli esami ecocardiografici di routine è meno del 20 % .

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Molti pazienti deceduti per morte improvvisa da anomalie coronariche avevano esami ecocardiografici refertati come normali e in molti casi le coronarie non erano neppure

esaminate.

Tuttavia questa capacità diagnostica può essere migliorata.

In un lavoro recente (Statile, C, 2016) viene riportata l’esperienza fatta all’ospedale pediatrico di Cincinnati dove, avendo riconusciuto il fatto che nella maggioranza deigli esami ecocardiografici non c’era valutazione delle coronarie, si è deciso di porre rimedio a questa lacuna diagnostica.

Lo scopo di questo studio era di utilizzare una metodologia di miglioramento della qualità clinica per aumentare la percentuale di primi studi pediatrici con una definizione precisa delle coronarie dal livello base del 45% ad un obiettivo di almeno il 75% in nove mesi.

La strategia adottata è riassunta nella tabella I

Tabella I

In tabella II è riportato l’impatto di questa strategia. La percentuale di primi studi pediatrici con una definizione precisa delle coronarie è passata, in quattro mesi, dal livello base del 45% ad una media del 82,5% e questo è stato poi mantenuto per i sette mesi dello studio.

La prima causa di variazione è stata la standardizzazione dei settings della macchina per la valutazione delle coronarie. la seconda causa di variazione significativa è stata la modificazione del protocolla per l’acquisizione della immagini delle coronari

Tabella II

E’ quindi dimostrato che è possibile migliorare la qualità della diagnostica coronarica e con questo anche il riconoscimento di patologia coronarica. In questo studio, nei dodici mesi successivi

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all’implementazione della nuova metodologia, nello stesso ospedale e con lo stesso numero di studi ecocardiografici vennero riconosciute 16 anomalie coronariche contro 6 dei dodici mesi precedenti.

Quindi un progetto di prevenzione della morte cardiaca improvvisa negli atleti dovrebbe a n c h e includere uno specifico programma di formazione degli ecocardiografisti allo scopo di ottimizzare la visualizzazione delle coronarie in tutti gli atleti ( sintomatici e non ) e in tutti i pz ( neonati, bambini e adolescenti ) sottoposti per qualche ragione ad ecocardiogramma.

L’ ecocardiogramma fin dall’ epoca neonatale dovrebbe includere routinariamente la visualizzazione delle coronarie. In questo modo, come corollario del programma di prevenzione della morte improvvisa negli atleti, si avrebbe un miglioramento qualitativo della diagnostica ecocardiografica con ripercussioni non solo sugli atleti asintomatici, ma anche su tutti gli sportivi e sulla popolazione in generale.

Il ruolo della Telemedicina

Come per molte condizioni cardiache congenite, anche in questo caso ci si trova di fronte a due problematiche: la relativa rarità della condizione e la necessità di un elevato livello professionale per diagnosticarla.

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Il piano di formazione professionale discusso in questo capitolo crea le basi per arrivare ad una ottimizzazione del sistema diagnostico assistenziale ma, in termini reali, permangono due problemi:

1) i tempi necessari per mettere in atto questa formazione, soprattutto quella professionale a livello cardiologico

2) la necessità di avere a disposizione un supporto diagnostico di terzo livello per i casi più difficili o dubbi

Non vi sono dubbi che è possibile formare qualunque cardiologo a fare un esame accurato delle coronarie, ma i tempi di formazione possono essere significativamente variabili. Un corso di formazione, anche con una elevata componente pratico-clinica, può durare due o tre giorni, può essere ripetuto due o tre volte nel contesto di un corso di formazione a stadi della durata di 6 o 12 mesi, ma non è realisticamente immaginabile di distaccare uno o più cardiologi dalla propria unità lavorativa per consentire loro di fare mesi di esperienza in un centro di terzo livello altamente specializzato.

Ne consegue che i corsi di formazione avranno lo scopo di gettare le basi teorico-pratiche su cui poi sviluppare l’esperienza clinica e l’alta specializzazione.

La telemedicina può giocare un ruolo essenziale in questo processo: tra i diversi livelli di formazione è possibile organizzare delle tele-consulenze durante le quali il cardiologo già specilaizzato nelle diagnostica coronarica può supportare a distanza i cardiologi in formazione.

Durante queste tele-conferenze il cardiologo in formazione ed il cardiologo del centro specializzato possono guardare assieme, in tempo reale, un esame ecocardiografico con immagini ad alta definizione. Questo consente al cardiologo specializzato di fornire al cardiologo in formazione tutte le informazione e suggerimenti esattamente come se fossero fisicamente nella stessa stanza. In questo modo il processo di formazione può essere esteso nel tempo e le distanze non

rappresentano più un ostacolo.

Allo stesso tempo, questo supporto telematico può consentire di iniziare un programma sul territorio in tempi più brevi, cioè prima che sia completato il processo di formazione di tutti i cardiologi, in quanto, già durante questa fase di formazione, con il supporto telematico di un cardiologo specializzato, è possibile eseguire degli esami altamente affidabili e quindi utilizzare questo processo di formazione per iniziare il programma di prevenzione.

Si potrebbe persino dire che questo supporto telematico è essenziale per poter realizzare questo processo di formazione professionale e vederne la sua implementazione clinica in tempi brevi, quindi consentendo sia la nascina che lo sviluppo di questo programma di formazione.

L’altro aspetto molto importante del supporto telematico si estende nel tempo: per quanto formati i cardiologi possano essere, è inevitabile che si presentino dei casi particolarmente difficili da inquadrare ed in questi casi è molto importante poter eseguire delle teleconsulenze. Queste possono essere concepite o come teleconsulenza immediata, cioè durante l’esecuzione

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dell’esame, per poter dare allo sportivo ed alla sua famiglia una risposta immediata o come teleconferenze programmate durante le quali vengono concentrati i casi dubbi o difficili.

In questo modo è possibile portare i massimi livelli di esperienza e continuare il processo di alta specializzazione dei cardiologi sul territorio senza richiedere inutili ed eccesivi spostamente di atleti e di medici. In altri termini, questo consente di fornire un servizion di prevenzione di altissima qualità clinica, organizzativa e sociale.

Progetto Regionale

Da quanto detto sopra è chiaro che:

A. il problema delle morti improvvise negli atleti non può più essere ignorato ne tanto meno ci si può permettere di aspettare la prossima morte per poi far finta di essere sconvolti e

promettere, almeno per i primi due o tre giorni dopo l’evento, che queste morti improvvise non possono più essere ignorate e che qualche cosa deve essre fatto.

B. Che il programma di prevenzione, per essere efficace, deve essere capillare e quindi coinvolgere sia gli ambienti sportivi (allenatori, fisioterapisti, tecnici sportivi) che gli ambienti medico sportivi e cardiologici e quindi non può essre basato su iniziative personali o di un singolo istituto. Per poter essere attuato è essenziale che tale programma venga formalizzato ed istituzionallizato. In pratica la soluzione ideale sarebbe un progetto Regionale pilota che potrebbe poi essere esportato alle Regioni limitrofe fino a diventare un programma nazionale.

La Regione Marche è ideale per un simile progetto in quanto già dispone di un centro altamente specializzato per questa patologia (il centro di cardiologia e cardiochirurgia pediatrica e congenita dell’ospedale di Torrette è uno dei due centri italiani che da anni ha sviluppato un programma diagnostico e di trattamento chirurgico per questa patologia

coronarica congenita). Inoltre questo centro è riconosciuto come centro di riferimento da tutte le cardiologie Regionali (e delle Regioni limitrofe), favorendo così l’implementazione delle struttura “Hub and Spoke” di questo progetto.

C. La popolazione relativamente contenuta delle Regione Marche rende più semplice il processo di monitorizzazione e documentazione del progetto di prevenzione della morte improvvisa negli atleti. Inoltre questa Regione è già stata interessata, in tempi recenti, da alcuni casi che hanno raggiunto la stampa e quindi reso cosciente e sensibilizzata la popolazione.

D. Proprio per la necessità di un approccio capillare è necessario coinvolgere non solo le

istituzioni mediche ma anche quelle sportive, a cominciare dal C.O.N.I e tutte le altre presenti sul territorio.

E. E’ quindi auspicabile che tale progetto di prevenzione della morte improvvisa possa essere incorporato nei progetti Regionali e formalizzato in una legge Regionale.

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