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Scuola e dintorni. Giornale del Liceo Scientifico, Linguistico e delle Scienze Umane - Petilia Policastro, Cotronei e Mesoraca

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Giornale del Liceo Scientifico, Linguistico e delle Scienze Umane - Petilia Policastro, Cotronei e Mesoraca Dirigente Scolastica Antonella Parisi Anno Scolastico 2020-2021 Responsabile Giovanni Ierardi

Scuola e dintorni

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Scuola dintorni e

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Giornale del Liceo Scientifico, Linguistico e delle Scienze Umane - Petilia Policastro, Cotronei e Mesoraca

Dirigente Scolastica Antonella Parisi Anno Scolastico 2020-2021

in questo numero

Responsabile Giovanni Ierardi

13/14

17/18

19

20/21

22/23/24

25/26

27/28 15/16

In copertina Leonardo Sciascia

In terza di copertina Lavori di liceali sulla Giornata della Memoria

In retrocopertina La senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz di Antonella Parisi

Prima pagina

3

4/5

6

7

8/9

10

11/12

IL GIORNO DELLA CIVETTA di Giovanni Ierardi

Stampato il 19 febbraio 2021 nella Tipografia DUE L di Mesoraca (KR)

GUARDANDO

OLTRE LA PANDEMIA

di Melo Freni

IL MIO AMICO NANÀ PREMESSA AL VOLUME DI MELO FRENI Il senso delle cose

di Isabella Fazio e Maria Proietto

L’ARTE DELLA TRADUZIONE

LA MERCE IN FORMA VIVENTE TRANSITORIA

di Annamaria Rivera

MASCHERE E MASCHERINE

di Luigi M. Lombardi Satriani di Alessia Lechiara

SUPERIAMO

PREGIUDIZI E STEREOTIPI

di Leonardo Sciascia A cura della II A (Liceo Scientifico di Petilia)

LA SHOAH

È UN EVENTO UNICO

di Giusy Marrazzo e Vanessa Liberto

DA FOSSOLI A PRAGA, PER NON DIMENTICARE

A cura della V D (Liceo Scientifico di Cotronei)

CIÒ CHE È SUCCESSO NON SI RIPETA MAI PIÙ

A cura della III B (Liceo Economico Sociale)

RIFLETTERE E RICORDARE

La Dirigente Antonella Parisi a Marisa Rodano

MARISA RODANO COMPIE 100 ANNI

“AUGURI DI BUON 100° COMPLEANNO!”

Marisa Rodano scrive alla Dirigente Antonella Parisi

“VI ABBRACCIO TUTTI”

di Mario Bonofiglio

CENTO ANNI DI CONQUISTE

Centesimo anniversario di Marisa Rodano:

penso quando venne al nostro Liceo

di Elvira Tripodi e Martina Pace

VIOLENZA DI GENERE:

PREVENZIONE E CORAGGIO!

di Giulia Nero

LEONARDO SCIASCIA:

UN FOTOGRAFO “ATIPICO”

IL MIO OMAGGIO A LEONARDO SCIASCIA

di Luigi M. Lombardi Satriani

SPERANZA E IMPEGNO di Elena Bertonelli CHISSÀ DOVE È ARRIVATA

“LA LINEA DELLA PALMA”?

di Francesca della Ratta-Rinaldi

Centenario di Leonardo Sciascia

Centenario di Leonardo Sciascia

Centenario di Leonardo Sciascia

Centenario di Leonardo Sciascia

LETTERA DELLA MOGLIE DI SCIASCIA A MELO FRENI

di Luigi Concio

UN ALBERO PER IL FUTURO

I liceali petilini insieme al Reparto Carabinieri Biodiversità di Catanzaro

di Angela Marazzita

IL FALSO PESSIMISMO DI LEOPARDI

Come un fiore in un deserto IO FACEVO IL BANDITORE di Silvestro Pulerà di Caterina Corea

LA LIBERTÀ A UN PASSO

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“Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po’…”

La nostra vita è un insieme di ricordi ed emozioni che ci permettono di individuare momenti felici e spensierati, vissuti armoniosamente, e momenti di tristezza, ansia, paura, incertezza.

Le canzoni sono sempre parte integrante di questo processo di ricordi e L’anno che verrà di Lucio Dalla è una canzone, che, pur avendo qualche riferimento all’epoca nella quale è stata scritta, è ancora attualissima e, in alcuni punti, profetica. L’amicizia, le relazioni sociali, nel testo del cantautore bolognese, sono intese come valore primario della società, elemento fondamentale… “e siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò. Da quando sei partito c’è una grossa novità”… Anche in quel caso la distanza fisica richiedeva una comunicazione più energica e la sofferenza per la partenza dell’amico era compensata da una rassegnazione interiore.

Oggi la pandemia da Covid-19 ci ha portato a vivere una condizione inedita, sia sul piano personale che nei rapporti sociali; abbiamo modificato drasticamente pensieri, emozioni e relazioni in ambito professionale, familiare e sociale, come se ci trovassimo in una dimensione del tutto alterata della libertà personale. Ciascuno di noi è stato chiamato rapidamente a modificare abitudini e a costruire nuove abilità e nuovi automatismi per adattarsi ad una mutata situazione sociale. La distanza fisica è diventata distanziamento sociale.

Comportamenti che prima erano consueti, sono diventati dannosi e vanno evitati per il rischio di essere contagiati o di essere portatori del contagio.

Tuttavia, un effetto positivo della pandemia che stiamo vivendo è quello di averci aperto gli occhi su ciò che veramente è essenziale e indispensabile e ci ha fatto riscoprire il valore delle piccole cose, dei piccoli gesti che riempiono il cuore. Poco spesso ci soffermiamo a pensare quanto sia importante e vitale la realtà che ci circonda, troppo in fretta ci dimentichiamo di

alcuni aspetti valoriali che sono al centro del benessere della famiglia e della società.

“L’anno vecchio è finito ormai, ma qualcosa ancora qui non va… si esce poco la sera, compreso quando è festa e c’è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra”.

L’anno 2020 è stato un anno particolare, pieno di eventi di portata mondiale: Il Regno Unito esce dall’Unione Europea; gli USA attaccano l’Iran, uccidendo Soleimani (generale iraniano) con il rischio di una terza guerra mondiale; l’imponente incendio in Australia; la morte di importantissime figure del mondo dello sport e della politica; il primo lockdown per l’Italia, numero dei contagi e dei morti che cresce incessantemente, sanità al collasso; le immagini drammatiche dei furgoni dell’esercito in

fila nel centro di Bergamo per trasportare le bare, le immagini di Papa Francesco, solo in una Piazza San Pietro deserta, per la benedizione urbi et orbi, o del Presidente Mattarella solo all’Altare della Patria a rendere omaggio alle vittime di guerra e del Covid, il rientro di Silvia Aisha Romano; il Black Lives Matter; la grave esplosione a Beirut.

Anche per me personalmente è stato un anno particolare visto che, dal 1° settembre 2020, ho assunto l’incarico di Dirigente Scolastico, un nuovo ruolo, giunto in un momento particolarmente complesso ed incerto in ordine al possibile futuro sviluppo della pandemia Covid-19.

Ho dovuto raccogliere la sfida di guidare una comunità scolastica e istituzionale in un momento “epocale” anche per la scuola.

Tutti noi, il 24 settembre 2020, al suono della prima campanella, eravamo consapevoli che sarebbe stato un anno scolastico diverso, sicuramente il più difficile dal dopoguerra ad oggi. E la scuola, pilastro della società, è stata pronta ad agire secondo l’urgenza che la situazione imponeva, contemperando i principi di precauzione, di proporzionalità e di doverosità dell’azione.

Anche in questo caso l’emergenza Covid-19 ha ricordato a tutti la “centralità della scuola”, ed ha evidenziato che il Sistema d’Istruzione deve essere una priorità, per cui qualsiasi

Antonella Parisi

Il cantautore Lucio Dalla (1943-2012)

GUARDANDO OLTRE LA PANDEMIA

di Antonella Parisi (Dirigente Scolastica)

Il filosofo Seneca (4 a.C. - 65 d. C.)

Prima pagina Scuola e dintorni

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risorsa si investa sulla scuola non sarà mai una perdita, ma un investimento sicuro per l’oggi e per il futuro. “Non ci siamo mai accorti così tanto dell’importanza della Scuola come da quando siamo stati costretti dall’emergenza sanitaria a chiuderla” - dice Massimo Recalcati in un suo recente articolo su la Repubblica in cui parla della nuova generazione Covid. Afferma: “Insegnare davanti ad uno schermo significa non

indietreggiare di fronte alla necessità di trovare un nuovo adattamento imposto dalle avversità del reale, testimoniando che la formazione non avviene mai sotto la garanzia dell’ideale, ma sempre controvento, con quello che c’è e non con quello che dovrebbe essere e non c’è”. Ho avuto modo di sperimentare, l’anno scorso come docente, e quest’anno come dirigente scolastico, che la DAD, nata nell’emergenza, oggi ribattezzata Didattica digitale integrata (DDI), può diventare un’opportunità per scoprire validi processi di insegnamento-apprendimento e, pur nella consapevolezza che nulla può sostituire appieno ciò che avviene, in presenza, in una classe, anche

con la DDI si è comunque potuto dar vita a un “ambiente di apprendimento” nuovo e stimolante.

Ed ancora il testo di Lucio Dalla parla da sé e scatta così un tempismo incredibile con la situazione che stiamo vivendo: i sacchi di sabbia vicino alla finestra rappresentano la paura, la quale, però, non riesce ad uccidere l’immortale speranza che, con l’arrivo del nuovo anno, tutto possa cambiare “Ma la televisione ha detto che il nuovo anno / porterà una trasformazione”, in quello che è un miscuglio di illusioni e bisogno di affetto, di abbracci, di calore familiare, di amore e di sicurezza, non solo durante le ricorrenze (sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno), ma per tutto l’anno, e che sia fruibile per tutti, a partire dai più sfortunati.

L’anno nuovo è arrivato anche per noi e si spera di cancellare i ricordi dolorosi e amari

delle perdite subite, di un’esistenza sofferta ma, per tanti altri, ricompensata dall’enorme dono della vita.

E Gennaio diventa il mese della speranza.

Per gli antichi romani il mese di gennaio era il simbolo di un nuovo inizio, significativamente incarnato nel dio Giano:

divinità con una doppia

faccia, capace di guardare contemporaneamente al passato e al futuro, padre del creato e custode della città in tempo di guerra.

È da lui, e dal suo affascinante mito, che nasce il nome che utilizziamo ancora oggi per il primo mese dell’anno.

Periodo di passaggio e mutamento, speranza per il futuro profondamente radicata nel passato: il mese di gennaio è sempre stato, da un certo punto della storia in poi, carico di significati simbolici e sentimenti ancestrali che accompagnavano l’avvicendarsi delle stagioni e degli anni.

Con il mese di gennaio è arrivato il vaccino anti Covid-19 che

è uno spiraglio di luce e di speranza per la lotta contro questo terribile virus e, in questi primi giorni dell’anno, il piano vaccinale è già partito in tutte le Nazioni del mondo.

E poi il 2021 dovrebbe essere l’anno del Recovery Plan, degli interventi nel settore economico messo in ginocchio dalla pandemia, delle progettualità decisive per il futuro del Paese, rivoluzione green, innovazione, digitalizzazione, investimenti in ricerca e formazione.

Il mio auspicio è che i nostri governanti puntino alla realizzazione di nuove infrastrutture per una mobilità sostenibile, alla centralità della salute, mediante il potenziamento del Servizi Sanitari territoriali, all’attenzione all’inclusione e alla coesione territoriale.

Che questo 2021 possa davvero far risvegliare l’uomo, possa scuotere gli animi, possa cambiare un mondo, in cui ciascuno di noi, nel suo piccolo, è chiamato ad adoperarsi, impegnandosi in prima persona.

E, nonostante tutto il grigio dell’anno precedente, si esalti la voglia alla vita, al sogno, al continuare ad esser presenti a se stessi e per gli altri (vedi amico mio / come diventa importante / che in questo istante ci sia anch’io) contro ogni paura, debolezza e indifferenza altrui, in cui si integra un’importante lezione che viene catturata un attimo prima della fine dell’anno ormai vecchio, inteso come un momento di rivoluzione personale:

accettare il mondo per quel che è, ma non subirlo, bensì cercando di farlo ruotare in un moto più armonioso e giocoso (L’anno che sta arrivando tra un anno passerà / io mi sto preparando, è questa la novità).

Il domani non si attende ma si prepara, ma il domani può attrarre e può far paura. Bob Marley diceva “Non aver paura del domani, perché in fondo oggi è il giorno che ti faceva paura ieri”.

Sospeso fra due impulsi ugualmente irrazionali – la paura e la speranza – l’uomo deve affrontare una sorta di scommessa pascaliana: e, anche se la paura è talvolta più persuasiva, deve scegliere comunque la speranza.

È quello che diceva il filosofo Seneca all’amico Lucilio poco meno di duemila anni fa:“Nulla sembra più certo di quel che ci fa paura; ma è molto più vero che le cose temute svaniscono e quelle attese ci ingannano. Osserva bene paura e speranza, e ogni volta che sarai nell’incertezza, fatti un favore: abbi fiducia in ciò che ti fa sentire meglio. Anche se il timore dovesse avere più argomenti, tu, comunque, scegli la speranza”.

* Estratto dal numero 3 del mese di gennaio di

“Diccica: Fatti sull’orlo del precipizio” giornale a cura della Proloco Siberene.

Testa di Giano bifronte

Infermieri, medici e operatori sociosanitari ricevono i primi vaccini allo Spallanzani

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3 Scuola e dintorni

Il 27 Gennaio il Liceo Scientifico “Raffaele Lombardi Satriani” ha partecipato a una diretta di “Sale Scuola Viaggi” dedicata alla commemorazione della giornata della Memoria.

La diretta ha consentito a tutti noi di fare una visita, seppure virtuale, nel campo di Fossoli, un campo di concentramento, oggi in possesso del comune di Carpi, in provincia di Modena. La cosa che ci ha maggiormente colpito è che per molti anni Fossoli è stato dimenticato, forse perché è stato un luogo di transito, dove si sono incrociati tanti diversi destini e tante storie di deportati. Ma è stato comunque un luogo del terrore, un’anticamera dell’inferno. Lo stesso Primo Levi, scrittore italiano testimone della Shoah, è passato nel Campo di Fossoli, come testimonia questo suo componimento: Il tramonto di Fossoli Io so cosa vuol dire tornare / Attraverso il filo spinato / Ho visto il sole scendere e morire / Ho sentito lacerarmi la carne/ Le parole del vecchio poeta / “Possono i soli cadere e tornare / A noi, quando la breve luce è spenta / Una notte infinita è da dormire” (7 febbraio 1946).

A questo serve il Giorno della Memoria: è un riconoscere, non dimenticare questa terribile

storia; non accettare questa “normalità” che tanti, allora accettarono. Si potrà obiettare che la storia dell’umanità è una catena ininterrotta di sangue, dolore, orrore, terrore;

che popoli sterminano altri popoli da quando esiste l’uomo; e per restare ai nostri tempi: i crimini staliniani, quelli della Cina di Mao;

e poi Srebrenica, i macellai alla Slobodan Milosevic, Ratko Mladic, Radovan Karadzic;

i massacri di Pol Pot in Cambogia; quelli in Ruanda, gli stermini ignorati in Africa;

Aleppo … Tutto vero, tutto giusto.

La Shoah, però, è un evento unico. Non si vuole stabilire una gerarchia del dolore, una classifica dell’orrore più orrore di un altro. Il fatto è che mai, nella storia dell’umanità si è progettato con freddezza e determinazione, lo sterminio di un popolo in quanto tale.

Mai si è pianificata questa eliminazione, studiando e cercando le formule dei gas più

“efficaci”, progettando i ghetti nelle città occupate, costruendo i lager, predisponendo la complessa rete dei trasporti. Un orrore fatto sistema; è questa la differenza.

Su questo e su tanto altro, abbiamo riflettuto, perché, il valore della Memoria non venga meno anche e soprattutto tra noi giovani, che siamo il futuro dell’umanità.

Il valore della memoria

LA SHOAH È UN EVENTO UNICO

A cura della II A (Liceo Scientifico di Petilia)

Lo scorso Mercoledì 27 Gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, abbiamo partecipato all’iniziativa organizzata dall’agenzia “Sale Scuola Viaggi” e dalla Fondazione Fossoli, che ci ha dato la possibilità di visitare virtualmente il campo di Fossoli e tutti i luoghi dove si sono verificati gli eventi più terribili che la storia abbia mai conosciuto.

Fossoli ha una funzione nazionale e una storia europea. In questo campo passarono oltre cinquemila

prigionieri, tra cui Primo Levi e molti oppositori politici. Il campo era così diviso: a sinistra vi erano le baracche degli ebrei ed erano precisamente otto; a destra vi erano gli oppositori politici. Il comando veniva gestito da un tedesco e da un italiano. Si trattava di un campo di transito successivamente abbandonato;

solo nel 1996 nacque la Fondazione Fossoli, ossia quando il Comune

riportò il campo all’assetto originale per creare un luogo di accoglienza. E i volontari furono i primi a prendersi cura del posto.

In seguito, siamo stati in collegamento da Praga e abbiamo visto la sinagoga Pinkas e il Museo di Teresin. Il primo è uno dei luoghi più famosi della città di Praga e oggi rappresenta un monumento: al suo interno, sono presenti sulle pareti 80 mila nomi di ebrei cechi e moravi periti durante il nazismo, divisi per famiglie e scritti in ordine alfabetico. Invece, nel Museo di Teresin, vi sono rappresentati alcuni disegni di bambini, che un professore nascose dentro una valigia.

È stata un’esperienza interessante e molto utile, volta a trasmettere, ricordare e raccogliere quei piccoli frammenti di storia che non devono essere assolutamente dimenticati. Le vicende susseguitesi nel ventesimo secolo sono state atroci e molto difficili, ma è necessario commemorare le vittime ed è un dovere conoscere la storia che ci precede, per far sì che gli errori commessi non vengano ripetuti.

DA FOSSOLI A PRAGA, PER NON DIMENTICARE

di Giusy Marrazzo e Vanessa Liberto (IV A Liceo Scientifico di Petilia)

Un disegno del Museo di Teresin Giusy

Marrazzo

Vanessa Liberto

LA LIBERTÀ A UN PASSO

di Caterina Corea Classe II A

Ecco...

L’ultimo fiore è spuntato dentro al dolore, alla penombra, dentro ad un recinto che non lascerà mai.

Il suo colore giallo mi trasmette serenità, pace,

felicità.

Ecco...

Una farfalla bianca, che vola sui fili spinati,

libera.

Alzo lo sguardo al grigio, ma io io lo vedo blu, perché, sì, mi hanno tolto tutto, ma non

la libertà di immaginare e sognare.

Sognare la libertà.

Riavere la libertà.

Caterina Corea

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I ragazzi del Liceo “Raffaele Lombardi Satriani” hanno commemorato la “Giornata del Ricordo” con una diretta Live da Trieste e dal Carso, i luoghi che hanno visto consumarsi l’eccidio delle foibe. La diretta è stata organizzata dall’associazione Sale Scuola Viaggi, che ha raccolto testimonianze, filmati e racconti per ricostruire una delle pagine più buie della storia italiana, per ricordare le migliaia di innocenti giuliani ed istriani, barbaramente trucidati dai partigiani jugoslavi di Tito, tra il 1943 e il 1947. Una pagina dolorosa e drammatica, avvolta per lungo tempo nell’oblio e nel silenzio. Infatti, solo dopo la caduta del muro di Berlino e l’autoestinzione del comunismo sovietico, nel 1989, qualche debole spiraglio si è aperto per riportare a galla, poco alla volta, la verità sulla tragedia delle terre orientali italiane.

Il 3 novembre 1991, il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga si recava in pellegrinaggio alla foiba di Basovizza e, in ginocchio, chiedeva perdono per un silenzio durato 50 anni. Tuttavia, bisognerà attendere l’anno 2004 per l’approvazione della “legge Menia”, con la quale fu istituita una vera e propria “Giornata del Ricordo”. Così, a partire dal 2005, ogni 10 febbraio in Italia si celebra “Il Giorno del Ricordo” dedicato alla commemorazione dei massacri delle foibe e dell’esodo di migliaia di italiani dall’Istria, dalla Dalmazia e dalla Venezia Giulia.

Le vittime furono più di diecimila. Furono uccisi non solo fascisti e avversari politici, ma anche e soprattutto civili, donne, bambini, persone anziane e tutti coloro che si opposero alla violenza dei partigiani titini. Le zone colpite furono quelle della Venezia-Giulia e dell’Istria, in cui ad oggi sono state trovate più di 1700 foibe.

I soldati di Tito facevano irruzione di notte nelle abitazioni dei civili, caricando sui camion decine di persone alla volta. Le vittime venivano poi legate l’una all’altra con corde, fil di ferro, filo spinato e poi disposte sull’orlo del precipizio. I primi, poi, venivano fucilati trascinando con sé anche tutti gli altri, che spesso morivano dopo ore di agonia. Talvolta, prima della morte le vittime venivano torturate e seviziate. Nelle fosse carsiche sono state trovate donne stuprate, uomini evirati, cadaveri decapitati…

La foiba di Basovizza, alle porte di Trieste, è divenuta l’emblema dello sterminio. Non è una cavità naturale, ma un pozzo di una miniera di carbone abbandonata, con una fenditura di 226 metri, in cui trovarono la morte migliaia di persone. Ben 500 metri cubi di cadaveri, successivamente ricoperti di munizioni e detriti, rendono l’idea dell’orrore che si è consumato in questo luogo. Un orrore che non può e non deve essere dimenticato.

Rinaldo Sidoli ha scritto che “dimenticare e cancellare le foibe è come seppellire la nostra storia” e che “un Paese

RIFLETTERE E RICORDARE

A cura della III B (Liceo Economico Sociale di Mesoraca)

nell’ultima fase della Seconda Guerra mondiale e nell’immediato dopoguerra”.

Dobbiamo partire parlando della situazione italiana alla fine della Prima Guerra Mondiale. Con i trattati di Parigi del 1919 l’Italia ricevette i territori austriaci della Venezia Giulia, dell’Istria e della Dalmazia e, negli anni a seguire, avvenne un processo di italianizzazione di questi luoghi.

Dal 1922 con l’avvento del Fascismo in Italia questo processo di italianizzazione si intensificò violentemente, attraverso una serie di costrizioni ed imposizioni, ad iniziare dall’imposizione della lingua italiana e la cancellazione di tutte le tradizioni slave che avevano caratterizzato la società di quei luoghi fino a quegli anni. Ciò indurì gli animi dei Il Giorno del Ricordo, il 10

febbraio, è stato istituito al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia di tutte le vittime delle foibe. Proprio per questo gli alunni delle classi III, IV e V del Liceo Scientifico “Raffaele Lombardi Satriani” di Cotronei hanno ritenuto necessario riflettere e far riflettere sull’avvenimento terribile, taciuto per circa 60 anni, che è il massacro delle foibe.

Cosa si intende per “foibe”? Questo termine ha duplice significato:

1) al singolare, di “buca naturale tipica dell’Italia del nord-est”; 2) al plurale, invece, di “fosse comuni per l’occultamento dei cadaveri delle vittime di rappresaglie militari e di assassini politici, con particolare riferimento agli eccidi compiuti dai partigiani iugoslavi in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia

Il Giorno del Ricordo

CIÒ CHE È SUCCESSO NON SI RIPETA MAI PIÙ

A cura della V D (Liceo Scientifico di Cotronei)

Fummo condotti in sei, legati insieme con un unico filo di ferro, oltre

a quello che ci teneva avvinte le mani dietro la schiena, in direzione di Arsia.

Indossavamo i soli pantaloni e ai piedi avevamo solo le calze. Un chilometro di cammino e ci fermammo ai piedi di una collinetta dove, mediante un filo di ferro,

ci fu appeso alle mani legate un masso di almeno 20 kg. Fummo sospinti verso

l’orlo di una foiba, la cui gola si apriva paurosamente nera.

(Testimonianza di un sopravvissuto)

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5 Scuola e dintorni

FOIBA DI BASOVIZZA

O tu che ignaro passi per questo Carso forte ma buono, fermati ! Sosta su questa grande tomba!

E’ un calvario con il vertice sprofondato nelle viscere della terra.

Qui, nella primavera del 1945, fu consumato un orrendo Olocausto.

A guerra finita!

Nell’abisso fummo precipitati a centinaia, crivellati dal piombo e straziati dalle rocce.

Nessuno ci potrà mai contare!

Avidità di conquista, odio e vendetta congiurarono e infierirono contro di noi.

Essere italiani era la nostra colpa.

A gettarci nel baratro furono torme di invasori, calati nella nostra terra sotto l’influsso

di una malefica stella vermiglia.

Per viltà gli uomini non ci hanno reso giustizia.

Ce l’ha resa Dio accogliendo i nostri spiriti, purificati da tanto martirio.

O tu che, ora non più ignaro, scenderai da questo Carso,

ricorda, e racconta la nostra tragedia Andrea nipote di Esuli | 18/04/2010

La Foiba di Basovizza, monumento nazionale Foibe di Aurora Ruberto

Il Presidente Sergio Mattarella con la Sen. Avv. Maria Elisabetta Alberti Casellati, Presidente del Senato della Repubblica, e l’On. Roberto Fico, Presidente della Camera dei Deputati, in occasione della Celebrazione del

Giorno del Ricordo delle Foibe e dell’Esodo Giuliano-Dalmata

della memoria collettiva divenne problema politico, che per convenienza venne taciuto! E nel momento in cui la verità venne a galla, iniziò a dilagare il negazionismo e il riduzionismo delle foibe! Ecco, caro lettore, cosa vogliamo evitare. Il 10 febbraio, anzi, tutti i giorni della nostra vita sono utili per ricordare e dire basta… Dire basta al negazionismo e alla strumentalizzazione politica dei morti. Ricordare di difendere la nostra democrazia e i diritti umani. La tragedia delle foibe è una cicatrice che ci porteremo per sempre addosso. Ed è per questo che dobbiamo sempre ricordare. Per far sì che ciò che è successo non si ripeta mai più.

sopravvissuti alle violenze dei nazi-fascisti, che decisero di allearsi con il maresciallo Josip Broz detto Tito che guidava i soldati comunisti Iugoslavi. Dopo l’armistizio del 1943 il maresciallo Tito assunse grande potere nelle zone italiane ed è proprio qui che arrestò centinaia di persone innocenti e le costrinse a rinunciare alla loro italianità. Coloro i quali non si sottomisero al suo regime furono costretti a scappare nella stessa Italia, che per molto tempo li trattò come dei profughi, oppure vennero gettati nelle foibe e morirono di una morte lenta e terribile.

Furono circa 250 mila gli italiani costretti a scappare e trai 4 mila e i 6 mila i morti. Soltanto dal 2004-5 la verità è stata rivelata. Perché ci sono voluti 60 anni per ricordare dignitosamente questo dramma italiano? Il problema

senza memoria è un Paese senza identità”. Ma è nostro dovere ricordare anche affinché simili atrocità non abbiano più a ripetersi.

E Primo Levi: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate:

anche le nostre” (Se questo è un uomo).

Abbiamo voluto fare “nostra” la lezione di questi grandi scrittori e dare il nostro contributo per abbattere la coltre di silenzio che per troppo tempo ha avvolto un capitolo tragico della storia della nostra nazione. Perché, laddove l’odio e l’orrore hanno la meglio sull’umanità, è sempre giusto fermarsi a riflettere e a ricordare.

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L’11 febbraio, in occasione della “Giornata nazionale delle donne e delle ragazze nelle scienze”, gli studenti delle classi quarte e quinte del nostro Istituto hanno aderito all’evento online promosso dall’Assessorato Regionale all’Istruzione in collaborazione con l’Università della Calabria, con l’Ufficio Orientamento e il Centro di Women’s Studies “Milly Villa”.

Ospite d’onore è stata Gabriella Greison, fisica, scrittrice, drammaturga e attrice teatrale italiana. È stato presentato e commentato uno dei suoi libri più celebri, intitolato Sei donne che hanno cambiato il mondo. Le sei storie raccolte nel testo sono quelle di Marie Curie, Lise Meitner, Emmy Noether, Rosalind Franklin, Hedy Lamarr, Mileva Marić. Sei scienziate che possono apparire sconosciute a molti, ma che in realtà hanno operato negli anni cruciali del Novecento, caratterizzati da guerre terribili, ma allo stesso tempo da progressi scientifici molto importanti. Le sei “eroine” presentate dall’autrice sono molto diverse fra loro, accomunate però dall’amore e dalla passione per la scienza, dalla curiosità che le ha spinte in un cammino lungo e tortuoso, di cui possono andare fiere, come nel caso della chimica polacca che non poteva frequentare l’università, della fisica ebrea odiata dai nazisti o ancora della matematica tedesca che nessuno amava e stimava, della teorica serba messa in ombra dal marito, della cristallografa inglese alla quale “rubarono” le scoperte. Le sei donne presentate all’interno del libro non sono tuttavia le sole donne che si sono affermate nel mondo della scienza, ma rappresentano sicuramente sei esempi da emulare, con la loro volontà, il loro interesse, il loro coraggio, in un mondo ancora del tutto ostile, un mondo che è ancora molto maschilista nelle sue pretese e nelle sue richieste. Sono indubbiamente protagoniste di storie uniche, che non sempre si concludono con un lieto fine o in modo allegro, e questo proprio perché sono storie autentiche, racconti veri, di successi e di

fallimenti. Grazie ai loro esempi, sempre più donne si appassionano oggi alla scienza e chissà, un domani, potranno regalarci il risultato e il frutto delle loro intelligenze brillanti, che potrebbero dar vita a importanti scoperte.

Attraverso l’incontro, è stato, dunque, possibile tracciare la storia delle donne nella società e nella cultura scientifica: una storia di emarginazione fino alla fine dell’Ottocento e in gran parte ancora fino alla prima metà del Novecento.

Ancora oggi,è un luogo comune consolidato quello secondo cui le ragazze siano più inclini allo studio delle materie umanistiche,

“credenza” sostanziata forse dal fatto che, per secoli, le sole donne che potevano accedere all’istruzione erano quelle rinchiuse nei conventi, centri notoriamente legati alla diffusione della cultura umanistica. È altrettanto

risaputo, infatti, come, nella maggior parte dei casi, le donne messe nelle condizioni di approcciarsi agli studi scientifici fossero quelle che avevano un padre, un fratello o un marito scienziato, disposto a condividere le proprie conoscenze. È, ad esempio, il caso dell’alessandrina Ipazia (figura celebrata più volte nel nostro Istituto), figlia del matematico e filosofo Teone, che, grazie alla sua brillante intelligenza, divenne capo di una scuola neoplatonica, per poi essere crudelmente uccisa.

Va comunque sottolineato come, ancora oggi, a distanza di secoli, si registrino pesanti disparità di trattamento tra donne e uomini nel mondo della ricerca: si pensi che, nelle università, le ricercatrici sono ormai più della metà rispetto ai propri colleghi uomini, ma che, passando al livello successivo, le donne sono meno del 30%. Stando così le cose, il percorso da fare appare ancora molto lungo: la lotta per la parità non è ancora del tutto finita! Le uniche strade che permetteranno a noi donne di superare pregiudizi e stereotipi sono quelle della costanza, dell’amore per il sapere e della curiosità: solo così, finalmente, potremo raggiungere i nostri obiettivi e dare il nostro importante contributo al mondo della conoscenza, superando steccati e barriere

innalzate nei secoli.

Gabriella Greison

Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nelle scienze

SUPERIAMO PREGIUDIZI E STEREOTIPI

di Alessia Lechiara (V A Liceo delle Scienze Umane)

Alessia Lechiara

Illustrazione della Giornata

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7 Scuola e dintorni

La Dirigente Antonella Parisi a Marisa Rodano

“AUGURI DI BUON 100° COMPLEANNO!”

Gentilissima on. Marisa Rodano, provo una grandissima emozione mentre scrivo. Ringrazio vivamente il professore Giovanni Ierardi e il Suo amato figlio Giaime per avermi dato questa straordinaria opportunità che mi riempie il cuore di gioia e anche di un pizzico di orgoglio. Si, perché mi sento onorata e ritengo di essere una privilegiata rivolgendomi ad una Donna la cui biografia potrebbe riempire gli annali della storia del nostro Paese, un esempio per l’universo femminile intero per le affermazioni della parità e non solo. Una Donna che ha combattuto le più grandi e importanti battaglie per l’Italia e lo ha fatto con discrezione e autorità, con coraggio e dignità, senza remore alcune. Ciò che mi colpisce di Lei, al di là dei tantissimi ruoli politici e sociali che ha ricoperto, è il fatto di essere stata sempre dalla parte delle donne e aver incarnato un modello di equilibrio fra vita privata e vita pubblica. Mi ha colpito una volta una Sua intervista in cui raccontava la sua spinta originaria ad entrare a far parte della lotta contro il Fascismo, insieme ad altre donne: vale a dire “la voglia di esserci, di affermare nei fatti l’eguaglianza coi maschi, perché non volevate vivere come le vostre madri, spesso frustrate e infelici”. Ma Lei è stata principalmente una moglie che ha amato profondamente suo marito, e madre di cinque figli che sono stati il Suo dono più prezioso. Una combattente, una donna, moglie, madre di animo gentile e nobile e di grande umanità. Quale migliore esempio di vita da offrire ai miei studenti del Liceo “Raffaele Lombardi Satriani” di Petilia Policastro che oggi mi onoro di dirigere? Educare alla legalità e alla cittadinanza attiva è da sempre una priorità del nostro istituto per favorire la riflessione degli studenti sulla necessità dell’azione di contrasto ad ogni forma di violenza e di criminalità organizzata, promuovere la riaffermazione dei valori irrinunciabili della Libertà, consentire

l’acquisizione di una nozione più profonda ed estesa dei diritti di cittadinanza. L’azione educativa non deve essere fine a se stessa, ma deve essere rivolta anche ad altri aspetti della vita sociale, per migliorare le opportunità di successo nella società civile, a tutti gli studenti, creando sinergia con la classe dirigente e politica, per la realizzazione di una scuola più sicura ed efficiente, di una scuola che si apra all’esterno e si trasformi in osservatorio e servizio facendo leva sulle risorse umane, intellettuali e ambientali. Il futuro si prepara nel presente e i nostri giovani studenti, se opportunamente educati oggi, saranno la linfa potenziale della buona politica e della classe dirigente illuminata del domani. È questa la vera scommessa per fare uscire il nostro territorio calabrese così difficile e martoriato dalla sindrome del sottosviluppo e della rassegnazione.

Con questo auspicio, e nel bellissimo ricordo delle Sue due Pregiatissime Visite a Petilia Policastro, ricche di stimoli e suggestioni per tutta la comunità petilina, Le rivolgo, i miei personali e, a nome di tutti gli studenti, docenti e personale scolastico del Liceo Raffaele Lombardi Satriani, i più affettuosi Auguri di Buon 100° Compleanno! Cordiali Saluti e buona Vita!

Marisa Rodano scrive alla Dirigente Antonella Parisi

“VI ABBRACCIO TUTTI”

Cara e gentile Dirigente Parisi, accolgo con vero piacere gli auguri formulati da Lei e dalla Sua scuola per il mio centesimo compleanno. Auguri tanto più graditi perché mi riportano col cuore e con la memoria alle due esperienze -

ricche di stimoli e suggestioni -, coordinate dal prof. Giovanni Ierardi, che ho avuto la fortuna (e la gioia) di vivere presso il Liceo “Raffaele Lombardi Satriani” di Petilia Policastro. Gioia dicevo: nella mia lunga vita di militante ho sempre creduto che i giovani - le ragazze e i ragazzi - fossero la linfa potenziale della buona politica, soprattutto quando hanno la ventura di incontrare buoni maestri. I vivaci dibattiti con gli allievi hanno ribadito questa mia convinzione: il loro entusiasmo genuino, la loro curiosità per le complesse vicende della propria regione, dell’Italia e del mondo, la loro stessa garbata cortesia umana mi hanno profondamente segnato e sono ben vivi nel mio ricordo. I due quaderni che condensarono quegli incontri ne sono un fedele documento e una felice conferma. Di tutto questo - di questi ricordi, di queste emozioni- non posso non essere grata al Suo Liceo, ai Presidi che L’hanno preceduta, ai Docenti, ai Suoi splendidi allievi e all’intero personale dell’Istituto.

A Lei rinnovo la mia gratitudine per il caloroso pensiero e il mio apprezzamento più vivo per il Suo impegno nella costruzione di una società più avanzata e nella formazione democratica delle nuove generazioni, di particolare importanza in un momento così drammatico e in una realtà così complessa e difficile come quella della Calabria.

Con commozione e affetto vi abbraccio tutti.

21 gennaio 1921 - 21 gennaio 2021

MARISA RODANO COMPIE 100 ANNI

Mimosa, acquerello di Elena Bertonelli (Cosarte Spazio Creativo di Simona Gloriani –

Garbatella, Roma)

Marisa Rodano Antonella

Parisi

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soffermava su alcune vicende cruciali della storia del ’900.

Io non ho vissuto quella prima esperienza: la nostra classe avrebbe partecipato all’incontro successivo nel 2011.

Marisa Rodano, moglie di Franco Rodano, uno “tra i pensatori politici italiani più robusti e originali”, ha partecipato alla Resistenza ed è stata tra le fondatrici dell’Udi (Unione Donne Italiane) di cui è stata dirigente e presidente nazionale. Prima donna nella storia italiana a venire eletta alla carica di vicepresidente della Camera dei Deputati, Marisa Rodano è una figura determinante nel quadro della politica italiana e per lo sviluppo della democrazia. Fascino, forza di attrazione, storia, idee, amicizia, onore: si capisce facilmente che è bastato questo per stimolare un secondo coinvolgimento, ancora più ampio del primo.

Ricorreva il 150° anniversario dell’Unità d’Italia quando la nostra scuola volle mostrarci da così vicino la storia delle donne del nostro Paese: la coincidenza con quell’anniversario contribuì a elevare il prestigio del percorso formativo dal punto di vista storico. La prima fase dell’iniziativa è stata l’accoglienza: una bellissima serata, con noi ragazzi spinti dalla curiosità e guidati dalla consapevolezza di avere un’opportunità unica, che il Liceo ci offriva. La storia dell’emancipazione femminile coincide con la storia della vita di questa donna, che ne è stata largamente protagonista.

E c’era anche il suo nuovo libro, Memorie di una che c’era.

Centesimo anniversario di Marisa Rodano: penso quando venne al nostro Liceo

CENTO ANNI DI CONQUISTE

di Mario Bonofiglio

Sinceri auguri, signora Rodano! Ogni volta che io penso alla storia e al ruolo delle donne nel nostro Paese, penso all’onorevole Marisa Rodano, che è amica del nostro Liceo, che la stima profondamente. Desidero aprire la mia riflessione richiamando alla memoria gli atti di discriminazione e violenza che ancora oggi, in molti luoghi, le donne patiscono.

Indubbiamente nel corso degli anni le donne hanno acquisito una serie di diritti:

oggi sono più istruite, più acculturate, più presenti nella sfera pubblica. Tante sono titolari di piccole imprese commerciali e agricole e affrontano con coraggio le difficoltà del mercato.

Da un altro lato, però, il nostro sistema sociale è ancora caratterizzato da una divisione dei ruoli in base al sesso. Allora è possibile una

totale emancipazione delle donne? Io credo di sì. Ci credo perché ho un’idea di società che tenga conto del fatto che la donna ha una sua specificità, e le differenze rappresentano un valore.

Se oggi posso scrivere quello che penso e dare voce alle mie idee, lo devo alla mia scuola ed ai

miei insegnanti. Per quanto riguarda

“Cittadinanza e Costituzione”, il nostro Liceo ha sempre promosso itinerari formativi che hanno saputo colmare efficacemente tutti i vuoti che durante un percorso possono crearsi.

Tra questi momenti si collocano, in maniera particolarmente significativa i due incontri con l’onorevole Marisa Rodano, coordinati dal nostro professore di storia e filosofia Giovanni Ierardi, e che hanno profondamente coinvolto ed entusiasmato gli studenti. Gli incontri poggiavano sulla lettura di due suoi libri:

del mutare dei tempi” nel 2009 e Memorie di una che c’era. Una storia dell’Udi nel 2011.

Come mi hanno raccontato alcuni miei ex-compagni più grandi che hanno avuto la fortuna di partecipare a quell’incontro, del mutare dei tempi colpì tutti perché si

Mario Bonofiglio Ha studiato al Liceo Scientifico

“Raffaele Lombardi Satriani” di Petilia Policastro, è laureando in Ingegneria Civile all’Università della Calabria, componente dell’Orchestra di fiati della Scuola civica di musica “Leonardo Vinci” di Roccabernarda, dove è consigliere comunale.

Marisa Rodano riceve una targa del Liceo

Libri di Marisa Rodano approfonditi dai liceali di Petilia

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9 Scuola e dintorni

Quella giornata è stata dunque un importante momento di studio e di riflessione sul tema dell’educazione alla cittadinanza. Ricordo con quanta semplicità e con quanta chiarezza Marisa Rodano rispondeva alle questioni e alle domande che noi studenti avevamo preparato. Del suo libro mi colpì e mi stimolò in maniera particolare questo passaggio: “La verità è che sono spinta a tentare questa narrazione perché mi dispiace che vada dispersa la memoria di una parte importante della storia italiana e, anche, della mia vita”. La giornata si è svolta grazie alla passione e alla dedizione dei nostri insegnanti e del dirigente del nostro Liceo anche grazie all’impegno di tutti gli studenti:

quelli che hanno pensato all’accoglienza, quelli che hanno preparato e fatto le domande, quelli che hanno suonato.

Io, come tutti gli altri studenti, avevo partecipato alla lettura e all’approfondimento del libro, alla sottolineatura dei temi, alla preparazione delle domande. Quel giorno ero tra i suonatori. Abbiamo eseguito l’Inno di Mameli in apertura e in chiusura della manifestazione. Facendo parte di una comunità con una lunga tradizione bandistica, Roccabernarda, io e alcuni miei compagni strumentisti abbiamo vissuto quella straordinaria esperienza anche attraverso questo impegno particolare. Dirò di più: l’idea si rivelò feconda, dato che riscuotemmo un grande successo e questo ci avrebbe portato a suonare in tutti gli incontri che da lì in poi il Liceo continuò a promuovere.

All’onorevole Marisa Rodano, donna di grandi valori, protagonista della storia e figura leggendaria delle istituzioni, rivolgo il mio augurio sincero per i suoi cento anni. Il suo compleanno coincide anche con i cento anni della fondazione del PCI. Ricordo con simpatia quando, rispondendo alla domanda di una nostra compagna, ci disse che considera “una fortunata coincidenza” questo fatto.

“Fortunata coincidenza”, perché considero la storia del PCI una storia di pensatori e dirigenti dal profondo senso delle istituzioni e di tante donne e uomini con i valori nobili di libertà ed uguaglianza: su questi valori penso che abbiamo l’obbligo

di continuare a puntare.

Una storia dell’Udi, che ha fatto da base al secondo incontro.

Nella Biblioteca Comunale quel giorno c’erano studenti e cittadini e anche il sindaco e l’amministrazione comunale.

Una giornata speciale, rimasta viva nella nostra memoria:

capimmo che eravamo di fronte ad una protagonista della storia del nostro paese, e questa storia veniva esplorata in maniera nuova, diversa da quella tradizionale: intrecciata con essa la storia delle conquiste delle donne che ci veniva raccontata in tutti gli aspetti e in tutte le difficoltà da una protagonista, una persona che l’aveva fatta e l’aveva vissuta direttamente passo dopo passo.

Cosa colpiva di più di questa grande donna? Dico la generosità con cui rispondeva alle domande che le abbiamo posto. Ognuno di noi, infatti, ha avuto la possibilità di fare delle domande, che riguardavano la storia dell’Udi e la donna nella società moderna e spaziavano dal ruolo delle donne nelle istituzioni alle differenze nell’azione di governo tra uomo e donna e al valore delle cosiddette quote rosa. Temi di attualità relativi a elementi della convivenza civile, necessari a ridurre la distanza che divide molti giovani dalle istituzioni, e quindi il grande tema dello spazio che i giovani devono avere… E chi può farsi carico di questo impegno se non la scuola?

I liceali eseguono l’Inno di Mameli al secondo incontro con Marisa Rodano

Marisa Rodano tra (da sin.) il prof. Giovanni Ierardi, il preside Franco Gentile e il sindaco Dionigi Fera

I due quaderni relativi agli incontri di Marisa Rodano al Liceo di Petilia

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La Giornata internazionale contro la violenza sulle donne al Liceo Raffaele Lombardi Satriani

VIOLENZA DI GENERE: PREVENZIONE E CORAGGIO!

di Elvira Tripodi e Martina Pace (V C Liceo Linguistico)

In occasione del 25 novembre, una data che ha un’estrema importanza, poiché ricorre la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, la nostra scuola ci ha permesso di assistere virtualmente ad un incontro che si è tenuto sulla piattaforma Microsoft Teams. Dopo il saluto della Dirigente Scolastica, prof.ssa Antonella Parisi, che ha sottolineato come auspicio di tutti sia quello di non dover più parlare di violenza di genere, la videoconferenza ha visto il susseguirsi di interventi da parte di tre esperti (mediati dall’organizzatore dell’evento, prof.

Francesco Grano): Giusy Schipani, assistente sociale esperta in criminologia, mediatore familiare penale, penale minorile e scolastico, il cui contributo si è basato su quella che è la violenza di genere in adolescenza;

Maria Esposito, psicologa e psicodiagnosta, nonché docente presso l’Università telematica Pegaso, che si è concentrata su quelle che sono le conseguenze a livello psicologico della violenza sulle donne e sui figli minori;

Gianluca Lumare, presidente dell’associazione “Educando Peter Pan”, specializzato in materia di violenza di genere, che ha invece incentrato la propria trattazione sul codice rosso, evidenziando i riferimenti normativi che tutelano le donne e i soggetti che subiscono violenza. Quest’ultima è una gravissima forma di discriminazione legata ad una cultura sessista, che svilisce la donna, ne oggettivizza il corpo e ne limita l’individualità e la rispettabilità. È emerso che, in ogni parte del mondo, migliaia di donne vivono violenze domestiche, offese, abusi sul posto di lavoro e aggressioni da sconosciuti.

Dalle minacce e dagli attacchi verbali alle aggressioni fisiche, dallo stalking allo stupro, la violenza sulle donne ha migliaia di forme e

sfaccettature. In particolare, la dott.ssa Schipani ci ha mostrato quanto sia alto il tasso di violenza tra gli adolescenti, spiegando come riconoscerla e quali strumenti preventivi usare. Monito della relatrice è stato quello secondo cui noi donne dovremmo accorgerci del pericolo a cui potremmo andare incontro prima che esso si concretizzi. Si è soffermata sulla violenza “da appuntamento” tra adolescenti, ha sottolineato come il partner crei situazioni in cui impone il suo pensiero, non lasciando spazio al confronto, nemmeno in quelle situazioni che potrebbero benissimo risolversi con un chiarimento. È da ciò che nasce la violenza psicologica. L’intervento di Maria Esposito ha invece messo in evidenza la sfera emotiva del bambino in un rapporto di coppia connotato dalla violenza: nonostante si trovi in una situazione

“privilegiata”, poiché non riceve direttamente maltrattamenti fisici, il minore è pervaso dalla tristezza e da un senso di impotenza di fronte agli abusi perpetrati sulla madre.

Cosa fare davanti ad una violenza? La via maestra è caratterizzata da due parole:

prevenzione e coraggio. È proprio sulla prevenzione che si è incentrato l’intervento di Gianluca Lumare, membro delle Forze dell’Ordine, che si è soffermato sui comportamenti da tenere nei casi di violenza, offrendo importanti riferimenti alla legislazione vigente e indicazioni sugli strumenti telematici di supporto per chi subisce violenza. Alla luce di quanto emerso in questa giornata di riflessione, l’invito per tutti è quello di essere vigili, attenti, non dando per scontati i risultati raggiunti nel campo del contrasto alla violenza di genere. Sarebbe, infatti, una sconfitta cocente doverci accorgere un giorno di aver fatto dei passi indietro! Il nostro monito è dunque quello di stare in guardia, dal momento che la posta in gioco sono i diritti inviolabili, sanciti dalla nostra meravigliosa Costituzione.

Elvira

Tripodi Martina Pace

Panchina rossa per dire stop alla violenza contro le donne, inaugurata il 25 novembre 2020 dalla Commissione Comunale Pari Opportunità di Mesoraca

Il Liceo contro la violenza sulle donne (Biblioteca di Petilia, 27 febbraio 2014)

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11 Scuola e dintorni

“Non c’è fotografia che nel giro di pochi anni non diventi bella: per quel che si cristallizza di nostalgia, di rimpianto, di sentimento personale o collettivo. E insomma: perché è un ricordo”.

È ironico pensare come, ad oggi, a distanza di cento anni dalla sua nascita nel paesino siciliano di Racalmuto, Leonardo Sciascia possa essere così ben definito da queste sue stesse parole. Perché le fotografie non sono altro che attimi, immagini sottratte, prove inconfutabili dei segni lasciati dal tempo sulle cose, sulle persone e dalle persone stesse. Ogni individuo lascia lungo il percorso delle tracce di sé e del suo passaggio, sotto forme differenti. Lo ha fatto anche Leonardo Sciascia, non con la macchina fotografica, ma attraverso la penna, la testa, le idee, le parole e le azioni. Egli stesso è diventato un ricordo. E non è un ricordo appannato, ma vivido. Uno di quei ricordi che hanno influenzato la Storia. Col tempo ha acquisito un valore sempre più grande e prezioso.

Spinto dall’esigenza di un impegno verso la realtà sociale del suo tempo e dall’amore per la storia - come faceva nelle sue opere - Sciascia ha finito per assumere il valore che egli dava a quest’ultima. Un esempio del passato che è sempre valido e riproponibile nel presente.Per comprendere appieno la persona dietro al “personaggio”, è bene delineare anche le origini e gli episodi salienti della sua vita.

Leonardo Sciascia era il primo di tre fratelli e la sua era una famiglia di umili origini. Il padre lavorava nelle miniere di zolfo e la madre proveniva da una famiglia di artigiani. Fin da piccolissimo iniziava a manifestare la sua passione per la

scrittura e, non a caso, i giochi da lui preferiti consistevano in materiale di cancelleria. Un curioso fatto che sembrò preannunciare il suo brillante futuro nel mondo letterario fu il ritrovamento di un vecchio quadernetto, che riportava la scritta

“Autore: Leonardo Sciascia” sulla prima pagina. Il giovane Leonardo era anche un accanitissimo lettore e divorava avidamente qualsiasi libro riuscisse a reperire. Adolescente, si trasferì con la famiglia a Caltanissetta, dove si diplomò presso l’Istituto Magistrale che lo abilitò all’insegnamento nella scuola elementare. Contemporaneamente al lavoro di maestro, iniziò a scrivere per il “Corriere della Sera”, prima di una lunga serie di collaborazioni con riviste quali

“Letteratura”, “La Sicilia”, “Il Ponte”, “la Stampa” e “L’Ora”.

Sempre in questi anni, si avvicinò alla politica. In particolare, appoggiò e sostenne il Partito comunista, spinto da un forte ideale antifascista maturato già durante l’adolescenza. Venne anche eletto consigliere comunale a Palermo, carica alla quale rinunciò dopo due anni. Tuttavia non abbandonò così il mondo della politica, in quanto venne successivamente eletto come deputato al Parlamento italiano. Qui si distinse per il suo profondo interessamento in merito al caso dell’Onorevole Aldo Moro, al quale dedicò un’opera, intitolata L’affaire Moro.

Dopo una vita tanto piena, si spense a Palermo nel 1989 a causa di una malattia incurabile.

Leggendo le sue opere e conoscendo la sua storia politica e ideologica, si può delineare il profilo di un uomo libero e anticonformista, un combattente estremamente legato ai propri princìpi e alla giustizia, che in più occasioni ha dimostrato di

Leonardo Sciascia alla macchina da scrivere Giulia Nero

LEONARDO SCIASCIA: UN FOTOGRAFO “ATIPICO”

di Giulia Nero (V C Liceo Linguistico)

Centenario della nascita di Leonardo Sciascia (Racalmuto, 8 gennaio 1921)

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nulla nel suo sistema, nei suoi principi, che necessariamente la porti a non poter combattere la mafia, a imporle una convivenza con la mafia. Ha anzi tra le mani lo strumento che la tirannia non ha: il diritto, la legge uguale per tutti, la bilancia della giustizia. Se al simbolo della bilancia si sostituisse quello delle manette come alcuni fanatici dell’antimafia in cuor loro desiderano, saremmo perduti irrimediabilmente, come nemmeno il fascismo c’è riuscito”.

Resta il fatto che, dopo la pubblicazione dell’articolo, la sua influenza in ambito politico subì un grave danno, ma, nonostante questo, il suo impegno nella lotta contro la mafia non venne mai meno. Ad oggi, nonostante egli non ci sia più da ormai trentadue anni, la sue lotte e il suo pensiero continuano a vivere attraverso coloro i quali ne hanno fatto un vero e proprio strumento utile nel presente.

A tal proposito è stata, infatti, fondata a Milano, nel 1993, l’associazione “Amici di Leonardo Sciascia”, che mira alla rivalutazione e riabilitazione meritocratica di quest’uomo dalle mille sfaccettature, attraverso la creazione di riviste, collane e numerosi altri progetti, che possano incrementare la curiosità attorno alla sua figura, stimolandone la lettura.

voler difendere. Giudice imparziale e razionale del suo tempo, ha sottoposto a un accurato processo di analisi e critica la società del Novecento, ponendo l’accento sulla losca gestione delle dinamiche legate al potere che governava le sue terre (e che tutt’ora persiste). In molte sue opere, principalmente nei romanzi gialli Il giorno della civetta, A ciascuno il suo, Todo modo, Porte aperte, Il contesto, egli parla di mafia, analizzandola anche da un punto di vista antropologico.

Sciascia riesce così a dimostrare come essa agisca conficcando i suoi artigli sempre più in profondità, sfruttando l’omertà dei cittadini e delle istituzioni. Sentimento, quest’ultimo, generato, nel primo caso, dalla paura, e, nel secondo, dalla corruzione e dall’ottica del guadagno. A questo punto ci viene mostrato un organismo che si estende senza troppe difficoltà in ogni direzione, proprio come i tentacoli di una piovra, e che si muove quasi alla luce del sole sotto “le facce di ciechi, senza sguardo”, per citare le parole dello stesso Sciascia.

Attorno alla figura di quest’uomo dalla penna razionale e impertinente, si è venuto a creare un singolare spettacolo di luci ed ombre. Egli è stato, infatti, elogiato in moltissime occasioni e da moltissime bocche sapienti. Tuttavia c’è stato un

momento, in particolare, in cui si è trovato a dover affrontare un colpo durissimo da parte della critica. Ciò avvenne in seguito alla pubblicazione sul “Corriere della Sera” dell’articolo “I professionisti dell’antimafia”. In tale articolo l’autore criticava l’eccessivo esibizionismo

e autocelebrazione da parte di figure istituzionali

dell’antimafia che

sembravano utilizzare i loro meriti, in questa aspra battaglia, per fare carriera.

L’intento di Sciascia era quello di esortare i diretti interessati a non perdere di vista il loro vero obiettivo.

Il motivo di tale necessità di critica scaturiva dal suo essere contrario a qualsiasi metodo o atteggiamento autoritari, temendo profondamente che questi potessero ristabilirsi in Italia. La sua replica alle critiche fu: “Ma la democrazia non è impotente a combattere la mafia. O meglio: non c’è

Il Corriere della Sera con l’articolo di Leonardo Sciascia intitolato: “I professionisti dell’antimafia”

Paolo Borsellino e Leonardo Sciascia, in occasione conviviale il 25 gennaio 1988, riconciliati dopo la polemica sui “professionisti dell’antimafia”

Aldo Moro

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13 Scuola e dintorni

all’editore, perché procedesse alla pubblicazione della novità.

Sciascia fu cordiale e ospitale, da antico gentiluomo siciliano; ci invitò a cena, le cui pietanze, tradizionali, erano preparate dalla gentilissima moglie, accorta e mite padrona di casa. In quel periodo Sciascia era, per così dire, nell’occhio del ciclone, per le sue posizioni contro corrente sul caso Moro. Il suo articolo

“Né con lo Stato, né con le BR” aveva diviso il campo dei suoi lettori e non era stato gradito al Partito comunista, che pure lo aveva fino ad allora annoverato tra i suoi fiori all’occhiello.

Renato Guttuso, sempre ligio alle posizioni del PCI, giunse alla rottura con l’amico, anche perché non se la sentì di confermare la ricostruzione di una vicenda che li aveva visti protagonisti.

«‘Colpevole’ di capire le cose con troppo anticipo» come nota oggi Felice Cavallaro nel suo bel Sciascia l’eretico. Storia e profezie di un italiano scomodo (Solferino, 2021).

Aldo Moro, dunque, allora presidente del Consiglio e potente leader democristiano, fu rapito dalle Brigate rosse, che lo tennero prigioniero, per trattare il suo rilascio alle migliori condizioni per i terroristi. Moro scrisse moltissime lettere sia ad autorità che a compagni di partito, i quali, a suo avviso, potevano mostrarsi disponibili alla trattativa, che lui, mediatore per eccellenza, intendeva avviare, rendendosi così protagonista Nei giorni scorsi, il centenario della nascita di Leonardo

Sciascia – Racalmuto, 8 gennaio 1921 - Palermo, 20 novembre 1989 – è stata occasione perché i giornali rimandassero alla figura e all’opera di questo grande narratore, tra i maggiori del Novecento, appassionato polemista, sempre animato da un’intensa passione civile, organizzatore culturale e strenuo traduttore di cultura francese e di altri paesi nel nostro panorama attraverso il quotidiano contatto con Elvira Sellerio, la grande editrice della casa palermitana, benemerita della cultura novecentesca (non a caso il presidente della Repubblica la nominò, nel 1989, Cavaliere del Lavoro).

Alle innumerevoli analisi, ricche di fini interpretazioni dei diversi aspetti di una personalità così poliedrica quale è stata quella di Sciascia, intendo aggiungere il mio omaggio che è essenzialmente la rievocazione degli incontri che ho avuto con lo scrittore siciliano, che rappresenta uno degli uomini più intelligenti che io abbia conosciuto e che mi ha onorato della sua amicizia.

Ammiratore delle sue opere narrative (Le parrocchie di Regalpetra, 1955; Il giorno della civetta, 1961; Todo modo, 1974) e delle altre, in uno dei miei frequenti soggiorni palermitani chiesi ad Antonino Buttitta, con il quale ho avuto un cinquantennale sodalizio intessuto di convergenze e amicizia, di incontrare lo scrittore siciliano, che sapevo essere suo amico. Era il giugno 1978 e Sciascia era nel suo buen retiro a Racalmuto, dove ogni anno si recava per procedere alla stesura di una sua opera, che poi consegnava puntualmente alla fine dell’estate

Leonardo Sciascia

Luigi M. Lombardi Satriani Ordinario di Discipline demoetnoantropologiche nell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli.

Nel centenario della nascita (Racalmuto, 8 gennaio 1921)

IL MIO OMAGGIO A LEONARDO SCIASCIA

di Luigi M. Lombardi Satriani

Centenario della nascita di Leonardo Sciascia (Racalmuto, 8 gennaio 1921)

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del suo auspicato rilascio. Al loro apparire si verificò un coro di dichiarazioni di autorità e di compagni di partito, che affermarono di non riconoscere nel prigioniero le doti di uomo di Stato che lo avevano caratterizzato da libero, per cui ritennero che le sue richieste non potessero in alcun modo esser prese in considerazione perché a lui strappate mentre si trovava in stato di cattività.

Sciascia, mettendo a frutto il suo eccezionale acume filologico, dall’analisi delle lettere ricava la convinzione che Moro, per quanto prigioniero, è sempre lucido, e si conferma ancora una volta mediatore come lo è stato sempre nella sua carriera di politico.

Scrive queste sue considerazioni in un volume, L’affaire Moro, che l’amica Elvira Sellerio pubblicò prontamente, con notevole successo.

Con i diritti d’autore di tale volume, Sciascia decise di istituire una borsa di studio per la migliore tesi di laurea sulla prigionia di Moro, svolta in università italiane. Il giudizio venne affidato a una commissione di cui Sciascia volle io fossi il presidente, mentre ne faceva parte anche, con la sua impetuosa autorevolezza, Antonino Buttitta.

Assegnammo tale premio e io ancora una volta fui grato a Sciascia per questa ulteriore manifestazione di stima e simpatia.

Signum contradictionis, gli articoli di Sciascia venivano contesi dai giornali, “Repubblica” prima, successivamente “Corriere della Sera”, erano solleciti nell’essere tribuna e cassa di risonanza delle opinioni dello scrittore.

Quella sera, a casa sua in campagna, Sciascia raccontò una serie di aneddoti, aggiungendo tante considerazioni che l’indomani lessi sul quotidiano. Rafforzato da tale familiarità, proposi proprio al “Corriere della Sera”, cui allora collaboravo, un’intervista a Sciascia e la proposta venne accolta, mi sembrò, con entusiasmo. Chiesi a Sciascia se accettava di rilasciarmi un’intervista e lui stesso mi propose di scrivere le domande che pensavo di fargli e di lasciarle a Elvira Sellerio, alla quale avrebbe dato per iscritto le risposte. Così avvenne, con signorile puntualità. A proposito del rapporto Sciascia-Elvira Sellerio, vorrei ricordare che assieme scoprirono come narratore Gesualdo Bufalino. Questi aveva scritto un’introduzione a un libro di fotografie dei siciliani Gioacchino Iacono e Francesco Meli (Comiso ieri. Immagini di vita signorile e rurale, Palermo, Sellerio, 1978) e Sciascia, avendo apprezzato tale scritto, ne parlò con Elvira Sellerio; entrambi pensarono che un tale autore potesse avere un romanzo nel cassetto: allora gli telefonarono,

convincendo il medico, ormai 60enne, a inviarglielo per la pubblicazione. Venne così fuori Diceria dell’untore (iniziato nel 1960, ripreso dall’autore nel 1971, pubblicato nel 1981).

È ancora impresso nella mia memoria un incontro avvenuto con Bufalino, nel 1983, durante il quale mi parlò con cordiale ammirazione de Il ponte di San Giacomo, che avevo di recente pubblicato con Mariano Meligrana.

Trasmisi il tutto al giornale e nei giorni seguenti attendevo che venisse pubblicata; invece, i giorni scorrevano e dell’intervista, pur concordata, neppure l’ombra. Dopo parecchio tempo mi convinsi che per misteriose, per me, ragioni, non lo sarebbe stato mai e la pubblicai su “L’Ora” di Palermo, cui collaboravo sistematicamente e su “Quaderni calabresi”. Sciascia poi la volle inserire nel volume di interviste che la giornalista francese Marcelle Padovani preparò, con la sua guida; lei stessa pubblicò, nell’agosto 1989, La Sicilia come metafora, mutuando il titolo da un’espressione dello scrittore.

Sciascia venne eletto nel 1978 Deputato nelle liste del Partito radicale; andai a trovarlo a Roma nell’Hotel Nazionale, dove lui alloggiava nei suoi soggiorni romani, perché prossimo a Montecitorio. Mi invitò a colazione, assieme a Lia Pasqualino, la figlia di Antonio e di Janne Vibaek, con cui avrei passato deliziose ore per i musei e per le piazze di Parigi. Domandai a Sciascia, come trovava il Parlamento italiano. Mi rispose che i deputati non erano né peggiori né migliori degli elettori da cui erano stati scelti. Espressione che potrebbe apparire qualunquistica, ma che invece riflette ancora una volta l’acutezza dello sguardo di un intellettuale per molti versi unico, come è stato, nel secolo scorso, Leonardo Sciascia. Un eretico rispetto alle verità ufficiali, un uomo profondamente fedele alla ragione, unica ancora assieme al diritto per questo nostro tempo così indulgente agli accomodamenti, ai trasformismi. Anche per questo possiamo rifarci, ancora adesso, a questo profeta disarmato, dalla voce sicura e sommessa, alla sua coerenza e al suo rigore, alla lezione che ha saputo dare con tutta la sua vita il

“maestro” di Racalmuto.

Leonardo Sciascia e Pier Paolo Pasolini al Premio Crotone negli anni ’60

Statua di Sciascia a Racalmuto

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