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Genetica umana 01 – Fisiologia del genoma Chimica del DNA Il DNA o acdo desossiribonucleico è la molecola centrale della vita poichè contiene

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Genetica umana 01 – Fisiologia del genoma

Chimica del DNA

Il DNA o acdo desossiribonucleico è la molecola centrale della vita poichè contienetutteleinformazioni ereditarie degli organismi cellulari e di alcuni virus. Il DNA è presente nei nuclei cellulari, organizzato nei cromosomi, e in organelli citoplasmatici tra cui i mitocondri e cloroplasti (cellule vegetali), ha il compito di dirigere la propria replicazione durante la divisione cellulare e la trascrizione di molecole complementari di RNA. La Struttura del DNA è stata scoperta nel 1953 da James Watson e Francis Crick i quali, partendo da studi dei cristalli di DNA mediante la tecnica di diffrazione dei raggi X, osservarono che il DNA produceva una diffrazione dei raggi caratteristica, cioè delle macchie caratterizzate da una croce al centro con bande molto intense a dx e a sx corrispondenti alle basi, per cui riuscirono a descrivere la struttura del DNA-B che è quella più rappresentata in natura nelle cellule eucariotiche e procariotiche, costituito da 2 filamenti polinucleotidici avvolti a spirale uno sull’altro in maniera destrorsa, in senso orario formando una doppia elica.

Nucleotidi

Il nucleotide rappresenta l’unità fondamentale del DNA, costituito da una base azotata, uno zucchero e un gruppo fosfato.

Le basi azotate sono anelli eterociclici di atomi di C e N, distinte in purine e pirimidine:

basi azotate puriniche: adenina (A) e guanina (G).

basi azotate pirimidiniche: citosina (C), timina (T); nell’RNA la T è sostituita dall’uracile (U).

Lo zucchero presente nei nucleotidi del DNA è un residuo del deossiribosio, cioè un pentoso a 5 atomi di carbonio a forma di anello, mentre nell’RNA è presente un residuo del ribosio.

I nucleotidi sono distinti in monofosfato, difosfato e trifosfato a seconda della presenza di 1, 2 o 3 gruppi fosfato, che nel caso del DNA prendono il nome di deossiribonucleotidi perché lo zucchero è il deossiribosio che a livello del C1’ si lega alla base azotata (deossiadenosina monofosfato, difosfato e trifosfato dAMP, dADP, dATP, deossiguanosina dGMP, dGDP, dGTP, deossiuridina dUMP, dUDP, dUTP, deossitimidina dTMP, dTDP, dTTP, deossicitidina dCMP, dCDP, dCTP).

In assenza del gruppo fosfato si parla di Nucleoside, costituito dallo zucchero e base azotata, con distinzione tra nucleosidi purinici adenosina e guanosina, e pirimidinici citidina, timidina e uridina.

Quindi il DNA è un polimero di unità monomeriche dette nucleotidi, uniti tra loro da legami fosfodiesterici, in cui l’atomo di C in posizione 5’ di un residuo di zucchero si lega mediante un gruppo fosfato all’atomo di C in posizione 3’ del residuo di zucchero successivo, formando la catena polinucletodica con alternanza tra zuccheri e fosfati.

Caratteristiche del doppio filamento

Per convenzione la direzione delle sequenze degli acidi nucleici è sempre 5’→3’: l’estremità 5’ e 3’ sono costituite da nucleotidi terminali con i gruppi 5’ e 3’ liberi. Ogni base di un filamento è legata mediante deboli legami H ad una base del filamento opposto e questi legami si stabiliscono tra coppie di basi specifiche, cioè tra adenina e timina (A=T) unite da 2 legami H, guanina e citosina (G≡C) unite da 3 legami H, per cui le coppie di basi sono complementari e i 2 filamenti sono complementari cioè la sequenza di un filamento determina la sequenza dell’altro.

I 2 filamenti sono antiparalleli, cioè corrono in direzioni opposte, 5’→3’ e 3’→5’. Tutto ciò rispetta le cosiddette regole di Chargaff, cioè:

il n° dei residui di A è uguale al n° dei residui di T, cioè la quantità di A uguale alla quantità di T.

il n° dei residui di G è uguale al n° dei residui di C, cioè la quantità di G uguale alla quantità di C.

Quindi in ogni genoma la somma di A+G è uguale alla somma di T+C.

Per quanto riguarda le dimensioni, filamenti nucleotidici sono separati da una distanza regolare di 1 nm rispetto al centro dell’elica. la doppia elica ha un diametro di 2,37 nm e forma un giro completo ogni 3,4 nm corrispondente al passo di ciascun filamento dell’elica, costituita da 10 coppie di basi per giro.

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il DNA presenta 2 profonde scanalature che si trovano all’esterno con andamento a spirale, tra le catene di zucchero-fosfato, cioè il solco maggiore e il solco minore dovuti al fatto che le 2 classi di basi hanno dimensioni diverse, per cui i 2 filamenti non sono equidistanti dal centro dell’elica.

Altre forme del DNA

Oltre al DNA-B sono state identificate altre conformazioni cioè il DNA A e Z.

Il DNA A è la forma che il DNA assume in condizioni di bassa umidità e disidratazione, rappresentata da un’elica destrorsa con diametro di 2,5 nm, passo di 2,9 nm costituita da 11 coppie di basi per giro dell’elica con piano inclinato di 20° rispetto all’asse dell’elica, solco maggiore più ampio, solco minore più stretto rispetto al DNA-B, per cui si presenta come un nastro piatto avvolto intorno ad un buco cilindrico.

Il DNA Z è costituito da una doppia elica

sinistrorsa, levogira, con diametro di 1,8 nm, passo di 4,6 nm contenente 12 coppie di basi per giro, solco maggiore più superficiale, non distinguibile e solco minore più profondo, simile ad una punta da trapano sinistrorsa. Le coppie di basi hanno il piano ruotato di 180° rispetto all’asse della doppia elica, per cui l’unità ripetitiva è un dinucleotide, anziché 1 nucleotide, in cui i legami fosfodiesterici procedono a zig-zag (DNA-Z).

Chimica del RNA

L’RNA o acido ribonucleico differisce dal DNA perché:

è un acido nucleico a singolo filamento (5’→3’) costituito da unità monomeriche o nucleotidi tenuti insieme da legami fosfodiesterici.

lo zucchero è il β-D-Ribosio con presenza del gruppo OH in posizione 2 (C2’).

le basi azotate sono adenina, guanina, citosina e uracile al posto della timina che rispetto all’U presenta un gruppo metilico CH3 in posizione 5.

l’RNA, rispetto al DNA, è una molecola a breve emivita che viene continuamente sintetizzata grazie alla trascrizione del DNA e distrutta dalla cellula in base alle sue esigenze.

Gene: definizione, struttura e funzione dei geni

I geni rappresentano l’unità fondamentale dell’ereditarietà, cioè segmenti di DNA che contengono l’informazione ereditaria necessaria per la vita e garantire la trasmissione dei caratteri ereditari. L’insieme dei geni costituisce il genoma. Il genoma umano è costituito da circa 30.000 geni:

Ogni gene occupa sul cromosoma una posizione specifica detta locus.

I geni sono presenti in coppie sui cromosomi omologhi, cioè un gene di origine materna e uno di origine paterna che controllano i caratteri nella stessa misura o in modo diverso.

Ogni gene ha una lunghezza proporzionata alla quantità di informazioni da codificare.

La struttura di base dei geni è rappresentata dall'unità trascrizionale costituita da 2 regioni:

La regione strutturale è localizzata a valle del sito di inizio della trascrizione (3’), caratterizzata da un alternanza tra sequenze del DNA codificanti o esoni che vengono trascritte in pre-mRNA, e sequenze del DNA non codificanti o introni che pur trascritte in pre-mRNA, successivamente vengono rimosse durante il processo di maturazione dell'mRNA mediante il meccanismo dello splicing, in modo da formare la molecola di mRNA matura che passerà nel citoplasma per essere tradotta nelle proteine sui ribosomi citoplasmatici. All'estremità 5' c'e' il sito di inizio della trascrizione AUG, mentre

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all'estremità 3' ci sono il sito di arresto della trascrizione UGA e il sito di poliadenilazione dove sarà aggiunta la coda di poli(A).

o Gli esoni ed introni sono presenti in numero variabile nei diversi geni. Gli esoni sono costituiti da una regione detta open reading frame (ORF) cioè quadro di lettura funzionale del gene, costituita dal codone d’inizio della traduzione AUG

(ATG), localizzato al 5’ di ogni gene, importante per dare inizio alla sintesi proteica.

o Gli introni iniziano con il dinucleotide GT e terminano con il dinucleotide AG, definite sequenze di giunzione, che svolgono un ruolo importante nel processo di splicing. I geni mitocondriali, i geni degli istoni e molti geni che codificano per i tRNA sono privi di introni.

La regione regolatoria è localizzata all'estremità 5' (5’-UTR non tradotta) cioè a monte del sito di inizio della trascrizione ed è rappresentata dal promotore (TATA box), enhancer e silencer, cioè elementi genici a corta sequenza importanti per la regolazione della trascrizione del gene.

Espressione dell’informazione genica

L’Espressione dell’Informazione Genetica contenuta nel DNA avviene in 2 fasi: la trascrizione del DNA in RNA e la traduzione o sintesi proteica.

Secondo il dogma centrale della biologia molecolare (Crick, 1958) il DNA dirige la propria replicazione e la trascrizione in RNA che, a sua volta, dirige la propria traduzione in proteine, con flusso dell’informazione genetica dato da DNA→RNA→proteine, anche se in realtà l’enzima trascrittasi inversa può favorire il flusso dell’informazione dall’RNA al DNA, cioè la sintesi del filamento del DNA a partire da un filamento di RNA che funge da stampo, come nel caso dell’enzima telomerasi (o dei retrovirus-HIV).

Trascrizione

La trascrizione è il processo di sintesi di una molecola di RNA a singolo filamento a partire da un filamento stampo di DNA (mRNA, tRNA, rRNA, snRNA).

La trascrizione interessa i geni dell’eucromatina che sono attivi dal punto di vista trascrizionale (interfase), avviene nel nucleo delle cellule eucariotiche e in parte anche nei mitocondri e cloroplasti, grazie all’intervento dell’enzima RNA polimerasi DNA-dipendente che usa il DNA come stampo e i ribonucleosidi trifosfati rNTP come precursori (ATP, GTP, CTP, UTP). Nei Batteri (E. coli) la trascrizione si deve solo ad 1 classe di RNA polimerasi, mentre nei nuclei delle cellule eucariotiche esistono 3 principali RNA polimerasi con funzioni diverse.

Negli eucarioti si ha l’intervento dei fattori di trascrizione (TF) che hanno il compito di legarsi al promotore, cioè una corta sequenza di circa 40 bp localizzata a monte del gene, entro 200 bp dal sito di inizio della trascrizione, dove agisce da segnale di riconoscimento per l’enzima RNA polimerasi, cioè i TF consentono all’RNA polimerasi di riconoscere il promotore, di legarsi ad esso e guidano l’RNA polimerasi durante la trascrizione del filamento stampo in direzione 5’→3’.

La trascrizione richiede l’intervento di precursori, cioè ribonucleosidi trifosfato (rNTP) e l’allungamento della catena di RNA avviene per aggiunta al gruppo ossidrilico OH libero all’estremità 3’ di residui di ribonucleosidi monofosfato (rNMP) forniti dagli rNTP.

L’RNA polimerasi procede in direzione 5’→3’ lungo il filamento stampo di DNA aggiungendo nucleotidi in successione al filamento di RNA in allungamento: man mano che la RNA polimerasi si sposta lungo il filamento, i nucleotidi si uniscono fra loro mediante un legame fosfodisterico. Per cui il nucleotide d’inizio all’estremità 5’ presenta un gruppo trifosfato (PPP), mentre l’estremità 3’ presenta un gruppo OH- libero. La sequenza dell’RNA sarà complementare alla sequenza del filamento stampo e sarà identica alla sequenza del filamento non-stampo, a parte l’U al posto della T. Man mano che la sintesi procede il DNA si srotola davanti al filamento in crescita e si riavvolge dietro di esso con progressivo allontanamento dell’RNA neosintetizzato

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La sintesi dell’RNA termina quando la RNA polimerasi all’estremità 3’ il segnale di fine della trascrizione UGA dove si forma la forcina di terminazione ricca di G e C unite da 3 legami H, favorendo il rilascio della RNA polimerasi e il distacco del trascritto primario di RNA poichè la forcina termina con la sequenza di poli(U) che è appaiata debolmente alla sequenza di poli(A) presente sul DNA. Infine, l’enzima RNA ligasi riunisce i 2 filamenti di DNA.

La trascrizione viene controllata da Fattori di Regolazione che agiscono in trans e in cis:

fattori che agiscono in trans sono rappresentati dai fattori di trascrizione TF cioè proteine che si legano al promotore e favoriscono l’intervento dell’RNA polimerasi.

fattori che agiscono in cis sono rappresentati da promotori, enhancer e silenziatori che regolano solo la trascrizione o l’attività del gene in cui si trovano.

Promotore

Il promotore è composto da più regioni, ognuna ad una distanza diversa dall’inizio del primo esone ed ognuna con funzioni differenti.

Regione centrale

La regione centrale del promotore è costituita dalle sequenza TATA box localizzata a circa 10 bp dal sito di inizio della trascrizione importante per iniziare la trascrizione in modo corretto grazie all’intervento di vari TF, cioè:

TFIID: riconosce e si lega all’elemento TATA ed è formato da 2 elementi:

o TBP o TATA binding-protein: proteina che riconosce la TATA box consentendo il corretto posizionamento del complesso di inizio della trascrizione sulla TATA box in modo che la RNA polimerasi II si trovi alla giusta distanza dal punto di inizio della trascrizione.

o TAF o fattori associati alla TBP (TBP-Associated Factors): funzionano da coattivatori.

TFIIA: stabilizza il legame tra TFIID e TATA.

TFIIB: si lega ai due lati del TFIID e aumenta la zona di contatto con il DNA, selezionando il sito di inizio della trascrizione.

TFIIF: recluta la RNA polimerasi II favorendo il legame al promotore e l’interazione tra la TBP e la RNA polimerasi.

TFIIE e TFIIH: hanno attività ATPasica ed elicasica per cui determinano la denaturazione ATP- dipendente della doppia elica del DNA con apertura dei 2 filamenti e permettono alla RNA polimerasi II di iniziare la trascrizione muovendosi lungo il filamento stampo con distacco dei TF.

Regione prossimale

La regione prossimale del promotore si trova a monte della regione centrale, a −50/−200 bp dal sito di inizio della trascrizione, comprendente la GC box e la CAAT box che modulano la regione centrale del promotore e sono in grado di funzionare in entrambi gli orientamenti.

GC box: localizzata a -90 bp dal sito di inizio della trascrizione, facente parte della sequenza 5’- GGGCGG-3’ a cui si lega il fattore di trascrizione ubiquitario Sp1. Questa sequenza si trova in numerosi geni privi della TATA box, come i geni housekeeping, geni strutturali indispensabili per le funzioni e sopravvivenza della cellula, come ad es. i geni che codificano per gli istoni, proteine del citoscheletro (actina), proteine ribosomiali ed enzimi della glicolisi.

CAAT box: spesso localizzata a – 80 bp dall’inizio della trascrizione, favorisce l’interazione della RNA polimerasi II al promotore per intervento del fattore di trascrizione CTF.

Enhancer

Gli Enhancer (intensificatori) sono segmenti genici a sequenza corta che hanno il compito di potenziare la trascrizione di un gene e sono in grado di agire anche se situati a molta distanza dal sito di inizio della trascrizione. In pratica l’enhancer viene riconosciuto da TF specifici detti attivatori o trans-attivatori che favoriscono il legame tra il promotore e l’RNA polimerasi.

Silencers

I Silenziatori (silencers) sono elementi di regolazione a sequenza corta che inibiscono la trascrizione dei geni, infatti sono riconosciuti da TF specifici detti repressori che impediscono il legame tra il promotore e l’RNA polimerasi, destabilizzando il complesso trascrizionale, sopprimendo la trascrizione.

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Modificazioni post trascrizionali

Il Prodotto della Trascrizione è il trascritto primario o molecola di preRNA, ma a differenza delle cellule procariotiche dove la sintesi proteica inizia prima che sia completata la trascrizione, dato che non esiste una membrana nucleare che separa il genoma dai ribosomi, nelle cellule eucariotiche i processi di trascrizione e traduzione avvengono separatamente, infatti la trascrizione avviene nel nucleo e la sintesi proteica avviene sui ribosomi citoplasmatici, ma prima di passare nel citoplasma le molecole di mRNA subiscono delle Modifiche post-trascrizionali che avvengono nel nucleo, cioè capping, poliadenilazione e splicing, che favoriscono la maturazione dell’mRNA.

Capping

Il Capping è una reazione caratterizzata dall’aggiunta all’estremità 5’ dell’mRNA di un nucleoside metilato, cioè la 7-metil-guanosina (m7G) mediante un legame fosfodisterico 5’→5’ tra il C5’ del residuo di 7-metil- guanosina e il C5’ del primo nucleotide con metilazione delle prime 2 basi dell’mRNA e formazione di un gruppo chimico specializzato detto Cap o cappuccio che ha il compito di proteggere la molecola di mRNA dalla degradazione da parte delle ribonucleasi, facilitare lo splicing dell’RNA, facilitare il trasporto dell’mRNA dal nucleo al citoplasma e l’attacco dell’mRNA al sito di legame della subunità ribosomiale minore (40S).

Poliadenilazione

La Poliadenilazione si verifica al termine della trascrizione dopo il taglio post-trascrizionale che avviene all’estremità 3’ a 15-30 nucleotidi dalla sequenza segnale AAUAAA: dopo il taglio si ha la reazione di poliadenilazione catalizzata dall’enzima poli-A-polimerasi che attacca una sequenza di circa 200 residui di acido adenilico (AMP) all’estremità 3’ dell’mRNA formando una coda di adenine detta coda di poli-A che aumenta la stabilità e durata di vita dell’mRNA proteggendola dalla digestione da parte delle nucleasi e modula l’efficienza della traduzione.

Splicing

Lo Splicing dell’mRNA (saldatura) consiste nella rimozione degli introni, cioè delle sequenze non codificanti dell’mRNA, mediante un taglio endonucleotidico da parte delle endonucleasi, e conseguente fusione degli esoni o sequenze codificanti con formazione di un RNA più corto.

Inizialmente si ha il riconoscimento della giunzione di splicing sull’mRNA cioè dei punti di confine tra esone e introne che sono segnalati dal dinucleotide GU all’estremità 5’ o sito donatore di splicing e AG all’estremità 3’ o sito accettore di splicing, mentre a circa 40 nucleotidi da AG c’è il sito di biforcazione o ramificazione, importante per dare inizio allo splicing. L’escissione degli introni avviene mediante 2 reazioni di transesterificazione:

1^ reazione: si ha il taglio all’estremità 5’

della giunzione di splicing (GU) e formazione di un legame fosfodiestere 2’- 5’ tra il gruppo 2’-OH di un residuo di A dell’introne e il gruppo fosfato (P) 5’

terminale (legame nucleofilico) per cui l’introne assume una struttura a cappio’

(lariat).

2^ reazione: il gruppo 3’-OH ormai liberato forma un legame fosfodiestere 3’-5’ con il gruppo fosfato P 5’-terminale dell’esone 2, favorendo il rilascio dell’introne e la fusione degli esoni.

Le reazioni dello splicing sono mediate dallo Spliceosoma che è un complesso di RNA-proteine costituito da 5 tipi di snRNP o piccole particelle ribonucleoprotreiche nucleari U1, 2, 4, 5 e 6, costituiti dai piccoli RNA nucleari o snRNA e proteine (ricche di uridina). Esistono 2 tipi di spliceosoma:

Spliceosoma principale GU-AG (introni classici GU-AG):

1. l’snRNP-U1 si lega al sito donatore di splicing GU all’estremità 5’ mediante un appaiamento di basi RNA-RNA tra snRNP-U1 e GU che hanno sequenze complementari tra loro.

2. l’snRNP-U2 si lega al sito di ramificazione A.

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3. si ha il legame degli snRNP-U4, U5 e U6 che stabilizzano il legame del complesso spliceosomiale alla giunzione di splicing;

4. l’snRNP-U5 si lega contemporaneamente al sito donatore e accettore di splicing.

5. snRNP-U1 e U4 vengono rilasciati dal complesso.

6. l’snRNP-U6 si lega all’estremità 5’ al sito donatore di splicing; le 2 reazioni di splicing sono catalizzate da snRNP-U2 al 3’ e snRNP-U6 al 5’ con rimozione dell’introne e saldatura degli esoni.

Spliceosoma minore AU-AC: provvede alla rimozione di introni molto rari, detti introni AU-AC (5’; 3’) in cui gli snRNA U11 e U12 rimpiazzano U1 e U2.

Lo splicing alternativo interessa oltre il 50% dei geni umani e consente di generare più molecole di mRNA dallo stesso pre-mRNA unendo in modo diverso gli esoni, per cui rappresenta la fonte più importante di diversità delle proteine nei vertebrati (isoforme).

Non appena le modifiche post-trascrizionali sono terminate, l’mRNA maturo attraversa il complesso del poro nucleare passando dal nucleo nel citoplasma dove sui ribosomi avverrà la traduzione o sintesi proteica.

Traduzione

La traduzione o Sintesi Proteica è il processo mediante il quale l’informazione genetica trasportata dall’mRNA maturo viene decodificata in polipeptidi sui ribosomi. In pratica l’espressione dell’informazione genetica segue il principio della colinearità, cioè la sequenza nucleotidica del filamento stampo del DNA viene decodificata in gruppi di 3 nucleotidi alla volta o codoni (triplette, trinucleotidi) nella sequenza lineare nucleotidica dell’mRNA che, a sua volta, viene decodificata in gruppi di 3 nucleotidi alla volta o codoni nella sequenza lineare aminoacidica della catena polipeptidica delle proteine.

Noi sappiamo che il Codice Genetico è un codice a triplette nucleotidiche dette codoni, cioè ogni codone è formato da 3 nucleotidi (3 paia di basi) e ogni codone specifica per 1 amminoacido. Esistono 64 codoni considerando che le basi azotate nella sequenza nucleotidica dell’mRNA sono 4 (U, C, G, A) e ognuna di queste basi può assumere 3 possibili posizioni in un codone (43 = 64):

61 codoni che codificano solo 20 amminoacidi diversi, per cui si dice che il codice genetico è degenerato (ridondante) infatti, ogni amminoacido è codificato in media da ~ 3 codoni differenti, tranne la Leu, Ser e Arg che sono codificati da 6 codoni diversi e la Met e Trp che sono codificati solo da 1 codone (AUG, UGG).

3 codoni di stop della traduzione proteica: UAA, UAG, UGA.

I codoni che codificano lo stesso amminoacido sono detti sinonimi e differiscono solo per il 3° nucleotide: ad es. UUU e UUC codificano per la fenilalanina (Phe).

Inoltre, il codice genetico non è completamente universale ma varia tra le diverse forme di vita e anche nella stessa cellula il codice genetico nucleare e mitocondriale sono simili ma non identici.

La traduzione avviene dopo la trascrizione e maturazione dell’mRNA nel nucleo e trasporto dell’mRNA maturo nel citoplasma, dove la sintesi proteica avviene sui ribosomi grazie all’intervento delle molecole di tRNA, proteine ed enzimi che regolano le fasi della sintesi proteica.

I Ribosomi sono grandi complessi ribonucleoproteici su cui avviene la sintesi proteica, costituiti da rRNA e proteine ribosomiali che si trovano nel citoplasma, mitocondri e cloroplasti, presenti in numero variabile in base all’attività di sintesi proteica della cellula.

DNA mitocondriale

Il Genoma Mitocondriale è rappresentato da una molecola di DNA circolare a doppio filamento, lunga 16.569 paia di basi (bp), non associato ad istoni, rispetto al DNA nucleare. In genere, le cellule umane contengono diverse migliaia di copie di mtDNA, 5-10 molecole di mtDNA per ogni mitocondrio, con numero variabile nei diversi tipi di cellule, dato che ogni cellula può contenere diverse centinaia di mitocondri:

le cellule somatiche presentano un numero di copie di mtDNA variabile da 1.000 a 10.000, ad es. i linfociti hanno circa 1.000 molecole di mtDNA.

le cellule epiteliali dei tessuti differenziati sono prive di mitocondri e di conseguenza di mtDNA.

gli spermatozoi hanno poche centinaia di copie di mtDNA, gli ovociti sono ricchi di mitocondri e possono contenere fino a 100.000 copie di mtDNA corrispondente a circa il 30% del DNA dell’ovocita.

Inoltre, il DNA mitocondriale presenta altre caratteristiche:

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presenta un filamento pesante H (heavy) ricco in G (contenente la maggior parte delle sequenze codificanti) e un filamento leggero L (light) ricco in C.

93% dell’mtDNA è codificante con produzione di molecole di mRNA che vengono tradotte direttamente sui ribosomi mitocondriali, anche se la maggior parte delle proteine mitocondriali deriva dalla trascrizione nucleare e sintesi sui ribosomi citoplasmatici.

l’unica regione priva di DNA codificante è la regione dell’ansa D o ansa di dislocamento (D-loop:

displacement loop) in cui un breve tratto della catena pesante H viene replicato una seconda volta dando origine ad una struttura di DNA a tripla elica detta DNA 7S che rappresenta il sito di inizio della replicazione e trascrizione dell’mtDNA.

il genoma mitocondriale è formato da 37 geni privi di introni per cui sono strettamente raggruppati con 1 gene ogni 0,45 kb (densità) fino a determinare la sovrapposizione parziale del gene ATPasi 8 al gene ATPasi 6 . Dei 37 geni mitocondriali:

o 28 geni sono codificati dal filamento pesante H e 9 geni dal filamento leggero L.

o 24 geni codificano RNA mitocondriali, cioè 22 molecole di tRNA e 2 molecole di rRNA, 23S e 16S, che formano rispettivamente la subunità maggiore e minore dei ribosomi mitocondriali.

o 13 geni codificano proteine della catena respiratoria sintetizzate sui ribosomi mitocondriali coinvolte nella fosforilazione ossidativa e nella produzione di ATP, anche se numerose proteine coinvolte nella fosforilazione

ossidativa sono codificate in gran parte dai geni nucleari.

La Replicazione o sintesi dell’mtDNA si verifica durante tutto il ciclo cellulare, rispetto a quella del DNA nucleare che si verifica solo durante la fase S.

La DNA polimerasi γ mitocondriale catalizza la replicazione dei filamenti H ed L unidirezionale e asimmetrica, a partire dalle origini di replicazione OH e OL che sono localizzati nell’ansa D: la sintesi del filamento H ha inizio dal sito OH e prosegue in senso antiorario usando come stampo il filamento L e, non appena sono stati sintetizzati almeno i 2/3 del filamento H, inizia la sintesi del filamento L a partire dal sito OL in senso orario usando come stampo il filamento H.

La Trascrizione dell’mtDNA origina a livello di promotori situati nella regione dell’ansa D e continua in direzioni opposte per i 2 diversi filamenti, cioè la trascrizione della catena pesante inizia a livello del promotore PH e prosegue in senso orario, mentre la trascrizione della catena leggera inizia a livello del promotore PL e prosegue in senso anti-orario. La trascrizione porta alla formazione di grossi trascritti multigenici che poi vengono tagliati dando origine alla formazione di molecole mature di mRNA, tRNA, rRNA, necessarie per la sintesi proteica mitocondriale. Le 22 molecole di tRNA mitocondriale sono in grado di riconoscere tutti i 60 codoni di senso presenti nel genoma mitocondriale (imprecisione dell’appaiamento della 3^ base nell’interposizione del codone).

La Traduzione o sintesi proteica mitocondriale si deve a 60 codoni di senso e 4 codoni di stop cioè UAA e UAG che fungono da codoni di stop anche a livello nucleare, AGA e AGG che a livello nucleare codificano per l’Arg.

Particolarità dei cromosomi

Il numero dei cromosomi prende il nome di ploidia con distinzione tra:

Euploidia: cellule con n° di cromosomi pari a 46 o un multiplo di 46.

Diploidia: la maggior parte delle cellule somatiche sono diploidi con corredo cromosomico 2N pari a 46 cromosomi.

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Aploidia: le cellule sessuali o germinali, spermatozoi (gameti M) e ovociti (gameti F) sono aploidi perché hanno un corredo cromosomico N con 23 cromosomi in seguito alla meiosi.

Nulliploidia: i globuli rossi, piastrine e cheratinociti sono cellule prive di nucleo, nulliploidi.

In condizioni patologiche si hanno anomalie di numero dei cromosomi, tra cui:

poliploidia: cellule con corredo cromosomico triploide (3n) o tetraploide (4n), anche se in realtà alcune cellule sono poliploidi in condizioni fisiologiche come gli epatociti con corredo variabile da 2N a 8N, cardiomiociti da 4N a 8N, megacariociti giganti del midollo osseo da 16N a 64N che singolarmente danno origine a migliaia di piastrine nulliploidi. La poliploidia può derivare anche da fenomeni di fusione cellulare come i sincizi tra le cellule delle fibre muscolari.

aneuploidia: indica un individuo con un cromosoma in più o trisomia (2n+1 = 47) o in meno o monosomia (2n-1 = 45).

I cromosomi sono distinti in Autosomi ed Eterosomi o cromosomi sessuali X ed Y. Il cariotipo umano è costituito da 46 cromosomi, cioè 46 molecole di DNA assemblate a proteine, rappresentato da 44 autosomi cioè 22 coppie di cromosomi omologhi, appaiati e identici, deputati alla trasmissione dei caratteri, e 2 cromosomi sessuali o eterosomi, diversi tra loro, X e Y, deputati alla determinazione del sesso e dei caratteri sessuali. Il cariotipo femminile è 46,XX mentre il cariotipo maschile è 46,XY: infatti, ogni gamete presenta 23 cromosomi, cioè 22 autosomi + 1 cromosoma sessuale o eterosoma: nell’ovocita il cromosoma sessuale è sempre X, mentre negli spermatozoi può essere X o Y. Dal punto di vista Strutturale i cromosomi X e Y dono diversi tra loro.

Il cromosoma X è submetacentrico costituito da oltre 160 milioni di paia di basi (Mb) di DNA, contiene i geni per lo sviluppo sessuale femminile e moltissimi geni relativi a caratteri non sessuali.

Il cromosoma Y è acrocentrico, è molto più piccolo dell’X, costituito da circa 50 Mb di DNA, contiene circa 50 geni, per la maggior parte inattivi ed è formato da eterocromatina costitutiva, anche se molti geni del cromosoma Y sono coinvolti nella spermatogenesi e nella determinazione del sesso maschile (geni NRY o regione non ricombinante del cromosoma Y).

In realtà i cromosomi X e Y presentano delle regioni omologhe a livello dei telomeri, dette regioni pseudoautosomiche, in cui si possono verificare crossing-over durante la meiosi maschile, distinte in:

regione pseudoautosomica principale PAR1: si estende per 2,6 Mb all’estremità dei bracci corti del cromosoma X e Y, e contiene almeno 13 geni, rappresentando il punto di crossing-over obbligato durante la meiosi maschile, indispensabile

per una corretta segregazione meiotica. Al confine con la PAR1 ci sono regioni contenenti geni importanti come il gene XG che determina il gruppo sanguigno dell’individuo e il gene SRY che determina il sesso maschile (localizzato sul cromosoma Y).

regione pseudoautosomica minore PAR2:

si estende per 330 kb alle estremità dei bracci lunghi dei cromosomi X e Y, contiene solo 4 geni e raramente è sede di crossing- over tra X e Y, per cui la PAR2 non è importante per la regolazione della meiosi nel maschio.

Inattivazione del cromosoma X

L’Inattivazione del Cromosoma X è un meccanismo che avviene nelle cellule somatiche femminili che determina l’inattivazione di 1 dei 2 cromosomi X (lyonizzazione, da Lyon). Questo meccanismo avviene nelle fasi iniziali dello sviluppo embrionale, circa 16 giorni dopo la fecondazione, in modo del tutto casuale, consentendo di inattivare il cromosoma X di origine paterna (Xp) o di origine materna (Xm), per cui cambia da cellula a cellula, ma una volta che un cromosoma X è inattivato in una cellula, tutte le cellule discendenti ereditano in modo clonale lo stesso tipo di inattivazione. Per cui le femmine presentano un mosaico per il

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cromosoma X essendo formate da una miscela di linee cellulari in cui è inattivato l’X paterno e linee cellulari in cui è inattivato l’X materno.

Questo processo è importante ai fini della compensazione di dose del cromosoma X perché le femmine hanno più materiale genetico dei maschi, perciò in questo modo si eliminano le differenze tra i 2 sessi nel rapporto tra la dose dei geni autosomici (A) e la dose dei geni sul cromosoma X (rapporto di dose genica A/X) in modo da ottenere la stessa quantità di prodotti codificati dai geni del cromosoma X nei 2 sessi, per i quale i maschi sono emizigoti per costituzione, mentre le femmine diventano funzionalmente emizigoti per la maggior parte dei geni associati all’X. Questo processo è di fondamentale importanza perché i prodotti dei geni del cromosoma X interagiscono con i prodotti dei geni autosomici in numerosi processi metabolici e di sviluppo.

L’inattivazione del cromosoma X viene Regolata da 2 meccanismi che agiscono in cis:

Il centro di inattivazione dell’X (Xic) controlla l’inizio e la propagazione dell’inattivazione del cromosoma X e viene regolato dal gene XIST che è importante per iniziare l’inattivazione del cromosoma X ma non è necessario per mantenerne lo stato inattivo. Il gene XIST è espresso solo dal cromosoma X inattivato (espressione monoallelica), è localizzato nella regione centromerica del braccio lungo del cromosoma X e appartiene alla classe dei geni ad RNA non-codificante cioè produce un

trascritto di mRNA che non codifica per alcuna proteina ma insieme ad alcune proteine forma un complesso ribonucleoproteico che si deposita progressivamente sul cromosoma X provocandone la inattivazione, mentre la deacetilazione degli istoni e la metilazione dei geni provocano una modifica della struttura cromatinica che si presenta fortemente condensata (eterocromatina) detta corpo di Barr, visibile nel nucleo nelle cellule femminili (interfase), corrispondente al cromosoma X inattivato.

Per cui la maggior parte dei geni presenti sul cromosoma X inattivato diventano inattivi dal punto di vista trascrizionale, mentre alcuni geni che sfuggono all’inattivazione, soprattutto i geni del cromosoma X che hanno un omologo funzionale sul cromosoma Y localizzati nella PAR1. Inoltre, nelle cellule staminali embrionali indifferenziate e nei primi stadi embrionali viene espresso anche il gene Tsix localizzato sul filamento opposto a quello del gene XIST che probabilmente controlla l’espressione del gene XIST in cis.

L’elemento di controllo dell’X (Xce) ha il compito di scegliere quale cromosoma X deve restare attivo e quale deve essere inattivato, si trova localizzato in posizione più telomerica ma sono ancora sconosciute le basi molecolari su cui agisce.

Il cromosoma X viene riattivato negli oociti poco prima della mitosi e durante la spermatogenesi vengono inattivati transitoriamente sia il cromosoma X che Y: in questo modo lo schema di inattivazione dell’X viene rimosso passando da una generazione all’altra. L'inattivazione di un cromosoma X presenta interessanti implicazioni cliniche:

Le anomalie del cromosoma X sono relativamente benigne se paragonate ad anomalie autosomiche analoghe.

Le donne con 3 cromosomi X sono di solito fisicamente e mentalmente normali e fertili, mentre tutte le trisomie autosomiche comportano manifestazioni gravissime o l’aborto spontaneo.

L’assenza di un cromosoma X determina la sindrome di Turner, mentre l'assenza di un autosoma è letale.

Organizzazione del genoma umano

Il Genoma Umano è l’insieme delle molecole di DNA di una cellula o dell’intero organismo, rappresentato da 25 molecole di DNA, cioè 24 molecole di DNA nucleare associate a proteine istoniche e non istoniche (22 autosomi + 2 eterosomi X e Y), più la molecola di mtDNA. Il DNA nucleare rappresenta il 99,5% di tutto il

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genoma cellulare, tranne negli oociti che hanno un 70% di DNA nucleare e un 30% di mtDNA (perchè hanno moltissimi mitocondri).

Il genoma umano è costituito solo da 23'000 geni, un numero molto più basso rispetto ai 100.000 stimati prima del sequenziamento del DNA, poco più alto dei 20.000 geni dei nematodi, vermi lunghi 1 mm, costituiti da 1000 cellule, che a loro volta hanno migliaia di geni in più rispetto ai moscerini della frutta che sono organismi più complessi, dimostrando che la complessità genetica non è correlata alla complessità biologica.

Il genoma nucleare ha dimensioni pari a circa 3200 Mb, dovute a 3000 Mb di eucromatina + 200 Mb di eterocromatina costitutiva, molto condensata e inattiva dal punto di vista trascrizionale, localizzata a livello del centromero (3 Mb), braccio q dei cromosomi acrocentrici, braccio p del cromosoma Y e costrizioni secondarie dei cromosomi 1, 9 e 16.

I cromosomi hanno una lunghezza media di 140 Mb, per cui presentano numero di geni pari a circa 1400.

Nell’eucromatina la densità genica è pari a circa 1 gene ogni 100 kb con alta densità nelle regioni subtelomeriche dei cromosomi: i cromosomi più ricchi di geni sono il 19 e 22, quello più povero è il cromosoma 18. Le dimensioni dei geni dipendono dal numero degli esoni che hanno una lunghezza media di 200 bp e dagli introni che presentano una lunghezza estremamente variabile, mentre alcuni geni sono di piccole dimensioni perché privi di introni (come i geni per i tRNA).

Solo il 2-3% del genoma è rappresentato da DNA codificante che per il 90% viene usato per produrre mRNA e quindi polipeptidi, mentre il 5-10% è rappresentato dai geni a RNA non codificante cioè non producono proteine ma molecole di RNA importanti nel processo di espressione genica, cioè rRNA, tRNA, snRNA, snoRNA.

Il restante 97% del genoma non è codificante ed è composto per poco più della metà da sequenze regolatrici (promoter, ehancers, silencers, ...) e per la restante parte da sequenze inerti (inutili al fine di trasmettere informazioni). Sono ascrivibili a quest’ultima categoria:

Il DNA ripetuto in tandem costituisce circa l’8% del genoma è caratterizzato da sequenze altamente ripetute, inattive dal punto di vista trascrizionale, tra cui:

o il DNA satellite localizzato nell’eterocromatina

pericentromerica e

centromerica

o Il DNA minisatellite localizzato a livello dei telomeri (TTAGGG) e regioni peritelomeriche o Il DNA microsatellite costituito

da brevi sequenze ripetute in tandem dette SSR o ripetizioni

di sequenze semplici disperse nel genoma che rappresentano il 2% del genoma umano.

Il DNA ripetuto intersperso costituisce il 40% del genoma ed è rappresentato da elementi genici mobili:

o I Retrotrasposoni sono frammenti di DNA capaci di trascriversi autonomamente in un trascritto di RNA (trascrittasi inversa) e replicarsi in altre posizioni del genoma (trasposizione conservativa), distinti in autonomi o non autonomi in base alla loro capacità o meno di codificare i prodotti necessari per garantirsi la retrotrasposizione.

I LINE rappresentano il 21% del genoma umano, sono elementi trasponibili autonomi, localizzati nelle regioni di eucromatina, specie in quelle ricche di AT (G scure). Esistono 3 classi, cioè Line 1, 2 e 3, ma solo la Line 1 è ancora attiva, pari al 17% del genoma, lunga 6.1 kb, costituita da 2 moduli di lettura aperti, ORF1 e ORF2, un promotore all’estremità 5’ per la RNA polimerasi II e una coda di poli- A all’estremità 3’. L’ORF1 codifica una proteina che si lega all’RNA (RNA-binding protein), mentre ORF2 codifica una proteina con attività di endonucleasi e trascrittasi inversa (RT), per cui taglia la doppia elica lasciando un gruppo OH libero in 3’ che consente alla trascrittasi inversa di sintetizzare una copia del DNA.

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I SINE (13% del genoma umano) sono lunghi circa 100-400 bp, non codificano proteine e non sono autonomi, infatti hanno bisogno delle proteine codificate dalle sequenze LINE per trasporre (sequenza Alu).

o I Trasposoni fossili a DNA migrano mediante trasposizione conservativa cioè la sequenza non viene copiata ma viene tagliata e reinserita in un altro punto del genoma per azione della trasposasi. Le sequenze di trasposoni di DNA hanno vita breve, al termine della quale non sono più attive e sono considerate fossili di trasposoni.

I fossili di virus che si sono integrati nel genoma ed hanno perso la capacità di replicarsi probabilmente a causa di mutazioni puntiformi.

Gli pseudogeni o frammenti genici, cioè geni difettivi non codificanti, raggruppati su uno o più cromosomi o dispersi nel genoma, forse dovuti a vari meccanismi di duplicazione genica verificatisi nel corso dell’evoluzione.

Riferimenti

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