Martedì 5 maggio 2020 il Giornale del Piemonte e della Liguria
INTERVISTA
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■ Continuano le interviste de Il Giornale del Piemonte e della Li-guria a personaggi di prestigio del nostro territorio in questo dif-ficile momento di emergenza sa-nitaria e proprio su questo e su ciò che accadrà nell’imminente futuro abbiamo rivolto alcune domande a Francesco Porpiglia, Professore Ordinario di Urologia e Direttore della Scuola di Spe-cializzazione di Urologia dell’Università degli Studi di To-rino, è Direttore del Dipartimen-to di Chirurgia e della SCDU di Urologia presso l’Azienda Ospe-daliero-Universitaria San Luigi Gonzaga. È inoltre consulente presso l’IRCCS di Candiolo oltre ad essere Honorary member del Royal College of Physicians and Surgeons di Glasgow, chair del-la research section deldel-la Euro-pean Society of Uro-Technology (ESUT), Responsabile del Comi-tato Scientifico e componente del Comitato Esecutivo della So-cietà Italiana di Urologia, mem-bro delle più importanti Società Scientifiche urologiche interna-zionali. e Editor in Chief della ri-vista scientifica Minerva Urologi-ca e NefrologiUrologi-ca e guest editor di numerose riviste internazionali. In carriera ha pubblicato oltre 350 articoli su riviste scientifiche internazionali, di numerosi ca-pitoli di libri e di tre testi di uro-logia. La sua ricerca scientifica è orientata prevalentemente nel campo uro-oncologico ed alla chirurgia mini-invasiva, in par-ticolare la chirurgia robotica. I risultati ottenuti per le ricerche svolte in tali settori lo hanno por-tato a conseguire numerosi pre-mi e riconoscimenti internazio-nali. In ambito chirurgico ha ef-fettuato oltre 4000 interventi con approcci laparoscopico e robot-assistito.
La Pandemia da Coronavirus: non solo in Italia ma anche nel mondo si poteva fare qualcosa per evitare questo disastro sa-nitario?
Non ho le competenze degli esperti che fanno parte dei board nazionali ed internazionali che si occupano in modo specifico della prevenzione e della gestio-ne delle pandemie, tuttavia mi sento di ribadire che l’OMS in queste circostanze dovrebbe co-municare con tempestività agli Stati di prepararsi nel rispetto del regolamento Sanitario Interna-zionale e consigliare di predi-sporre e procedere nell’attuazio-ne delle misure da adottare in funzione del livello di rischio. È intuitivo pensare che l’adozione delle misure dipende da vari fat-tori, tra questi: la capacità di fa-re pfa-revisioni, la conoscenza del-la contagiosità del virus nonché la possibilità di effettuare anali-si epidemiologiche. In anali-sinteanali-si, per prevenire i disastri in Sanità bisogna sempre essere un passo avanti e non a ruota rispetto agli eventi.
Si parla molto di come sia pos-sibile che il virus si sia genera-to e diffuso così rapidamente. Sono circolate diverse ipotesi, quale crede sia la verità?
L’ipotesi più accreditata dalla comunità scientifica è che il Co-ronavirus, COVID-19 isolato nell’uomo alla fine del 2019 nel-la provincia di Hubei in Cina, sia originato dai pipistrelli. Si ritie-ne che la trasmissioritie-ne all’uomo non sia avvenuta direttamente dai questi ma vi sia un altro ani-male, ancora da identificare con certezza, probabilmente il pan-golino, che ha agito come “tram-polino di lancio” per la trasmis-sione del virus all’uomo. Le ipo-tesi “complottiste” sono state
ampiamente smentite dalla maggior parte dei virologi a livel-lo nazionale ed internazionale come dimostrato da un recente articolo pubblicato sulla rivista internazionale Nature. La tra-smissione nell’uomo avviene principalmente per via respira-toria tramite le micro-goccioli-ne di saliva (gocciolimicro-goccioli-ne di “Flug-ge”) emesse parlando e median-te, starnuti o colpi di tosse, in gra-do di rimanere sospese nell’aria e capaci di veicolare il virus. Inol-tre questo nuovo Coronavirus è dotato di maggiore contagiosità e minore mortalità rispetto agli altri, il suo numero di riprodu-zione R0 è infatti pari a 2,2 il che significa che ogni soggetto infet-to ne può infettare altri 2. Infine, è indubbio che la possibilità che abbiamo oggi di spostarci da un continente all’altro nel giro di po-che ore è stato un fattore deter-minante nel favorire una così re-pentina diffusione della pande-mia.
Perché la Sanità Italiana, in-dubbia eccellenza per inter-venti in specializzazioni com-plesse ha avuto proprio in Lombardia e in Piemonte una crisi così acuta per il COVID-19?
Se analizziamo l’efficienza dei sistemi sanitari mondiali in base al rapporto costi / aspettativa di vita nella Classifica Boomberg 2018 (basata sui dati forniti da OMS, Banca Mondiale e ONU), il nostro paese si colloca al quar-to posquar-to al mondo ed è secondo in Europa. Ci troviamo quindi di fronte a una Sanità di indubbio valore che risponde molto bene alle esigenze di cura dei pazien-ti. Tuttavia, l’efficienza delle cu-re, pur essendo un aspetto im-portante, non è l’unico da con-siderare per dare un giudizio di qualità. Infatti, si dovrebbe tener conto anche della tutela dei cit-tadini mediante l’analisi dei si-stemi di promozione e di prote-zione della salute. I sistemi sani-tari della Lombardia e Piemon-te rispondono molto bene alle
esigenze di cura mediante una buona rete ospedaliera, però ne-gli anni sono state inscentivate solo in parte le politiche atte a rinforzare i sistemi di salute dei cittadini mediante i servizi di sa-nità, igiene pubblica e medicina generale. Lo squilibrio a favore degli interventi di cura concen-trata negli ospedali rispetto alla tutela della salute sul territorio ha contribuito a determinare una condizione così difficile. Oc-corre tuttavia riconoscere che l’impatto pandemico da COVID-19 è paragonabile a un’onda d’urto così potente e così repen-tina da mettere in difficoltà qual-siasi sistema sanitario.
Com’è cambiata la sua attività clinica durante la Pandemia e come sono state riorganizzate le attività durante il periodo emergenziale.
La riorganizzazione delle atti-vità ospedaliere è avvenuta sul-la base di indirizzi forniti dall’Unità di Crisi Regionale. Me-ritoriamente, tutti gli ospedali hanno tempestivamente con-centrato i loro sforzi nel tratta-mento dei pazienti COVID-19 positivi con diversi livelli di in-tensità di cura e con l’allestimen-to, in breve tempo, di un gran nu-mero di letti di unità di cura in-tensiva. In qualità di Direttore di Dipartimento di Chirurgia pres-so l’Azienda Ospedaliera Univer-sitaria San Luigi, ho assistito all’azzeramento dell’attività chi-rurgica di elezione, alla repenti-na chiusura di molti reparti di chirurgia e alla predisposizione rapida di personale e letti pron-ti ad accogliere e curare i pazien-ti con gravi disturbi respiratori che hanno rapidamente affolla-to il Pronaffolla-to Soccorso. Comples-sivamente, e con le difficoltà im-poste dall’emergenza, l’ospeda-le ha risposto con un’efficienza impressionante e con una dina-mica caratterizzata dall’avanza-ta di tutdall’avanza-ta l’area di emergenza medica a discapito di altre spe-cialità tra cui quelle chirurgiche. Nella nostra Azienda, ad
esem-pio, abbiamo osservato la ridu-zione del 50% dei normali flussi di Pronto Soccorso, dell’80 % dell’attività chirurgica e il quasi totale azzeramento delle attività ambulatoriali. Simultaneamen-te, sulla base degli indirizzi Re-gionali, per dare risposte clini-che adeguate alla situazione emergenziale abbiamo ricreato percorsi e protocolli, molti dei quali sono stati oggetto di pub-blicazione su riviste internazio-nali di prestigio.
Ho, però, avuto modo di ap-prezzare mutualismo e sussidia-rietà tra sanità pubblica e priva-ta, in particolare l’IRCCS di Can-diolo ha attivato una serie di con-venzioni con Aziende Ospeda-liere per fornire una risposta ai tanti pazienti oncologici che ne-cessitavano di intervento chirur-gico. Proprio a Candiolo, l’Uro-logia da me Diretta ha continua-to ad operare i pazienti oncolo-gici, mentre le attività di emer-genza sono state svolte al San Luigi, garantendo così in modo efficiente ai nostri pazienti le cu-re indifferibili.
Guardiamo alla “fase 2”, la fase di transizione verso la norma-lità. Come state programman-do questo perioprogramman-do in ambito clinico?
La fase acuta è stata difficile dal punto di vista organizzativo ma anche psicologico poiché ho assistito alla chiusura o trasfor-mazione di molte strutture in brevissimo tempo, per garantire al contempo sia la cura ai pa-zienti COVID-19 sia la sicurezza agli operatori. La fase 2, se possi-bile, è ancora più complessa poi-ché richiede l’impegno di tutti gli operatori sanitari e una buo-na regia. Essa prevede la creazio-ne di un nuovo modello di cura basato sulla riclassificazione dei gradi di differibilità delle patolo-gie dei tanti pazienti che non hanno potuto (o voluto) essere curati nella fase acuta, sulla crea-zione di percorsi COVID free e COVID-19 positivi e sul mante-nimento della sicurezza dei pa-zienti stessi e del personale me-diante i distanziamenti sociali e l’uso di dispositivi di protezione. Quindi riclassificazione delle tologie, ridistribuzione dei pa-zienti nello spazio e nel tempo e protezione, sono i tre “pilastri” su cui si dovrà basare la fase 2. Oggi, grazie all’applicazione di questi percorsi, ritengo che gli ospedali, e tra questi il San Luigi, siano pronti per l’avvio della ri-presa delle attività clinico-assi-stenziali, consapevoli dell’au-mento di attività dovuto alla ri-duzione di prestazioni durante la fase acuta, a cui dobbiamo ri-spondere. Inoltre, penso sia uti-le programmare già oggi una “fa-se 3” in cui, oltre a “fa-seguire le rac-comandazioni dell’Istituto Su-periore di Sanita (ISS) su tamni e test sierologici, occorre po-tenziare la medicina del territo-rio e territo-riorganizzare la rete ospe-daliera, creando strutture dedi-cate al ricovero dei pazienti CO-VID-19 positivi in modo da
ri-durre il rischio di sospendere, ancora una volta, le normali at-tività assistenziali in caso di una nuova ondata epidemica.
Lei ha un importante ruolo co-me Docente nella Scuola di Me-dicina ed è Direttore della Scuo-la di Specializzazione. Come è cambiata la Didattica in questo periodo?
Per quanto riguarda la didat-tica presso la Scuola di Medicina e Chirurgia ritengo che gli orga-ni centrali, in primis il Rettore, si siano mossi in modo impecca-bile, tant’è che oggi i docenti so-no in grado di erogare tutte le le-zioni con i sistemi digitali che l’Università ha messo a disposi-zione a tempo di record. Ad esempio, insieme ai miei colla-boratori, abbiamo permesso agli studenti di sostenere via web gli esami del Corso di Urologia e sia-mo stati in grado di avviare le le-zioni frontali del corso in Ingle-se del Ingle-secondo trimestre per ol-tre 100 studenti collegati me-diante la Piattaforma Webex da ogni parte del mondo, fornendo loro tutto il materiale didattico on line. Inoltre, anche per tutti gli specializzandi di Urologia, che maggiormente hanno risen-tito della riduzione dell’attività formativa clinica, abbiamo im-plementato queste forme di in-segnamento e l’attività di ricer-ca cliniricer-ca.
Meeting e Congressi costitui-scono un importante momen-to di aggiornamenmomen-to medico. La pandemia ha paralizzato questo settore. Come uscirne?
Purtroppo, la Pandemia da COVID-19 ha causato la sospen-sione di tutte le forme di aggior-namento scientifico di tipo resi-denziale. Inoltre, non possiamo neanche ipotizzare una rapida ripresa di tale attività a causa del rischio di riacutizzazione dell’an-damento pandemico nei prossi-mi mesi. La possibilità che il vi-rus continui a circolare fino all’introduzione del vaccino im-pone quindi la ricerca di nuove modalità congressuali. Le piat-taforme digitali offrono la possi-bilità di un’integrazione tra gli utenti, garantendo lo scambio delle informazioni scientifiche. A tale proposito ho immaginato, in un editoriale pubblicato sulla rivista scientifica urologica più prestigiosa al mondo (European Urology), un modello di
congres-so “ibrido” in cui gli eventi si pos-sano svolgere in perfetto equili-brio tra presenza fisica (impre-scindibile nelle società scientifi-che) e digitale. In sintesi, una perfetta integrazione su piatta-forme tra i partecipanti al mee-ting on-site ed on-line permet-terà di dibattere sui contenuti e interagire in tempo reale.
Einstein diceva “nel mezzo del-le difficoltà nascono del-le oppor-tunità” Cosa ci insegna questa tragedia e quali opportunità in-travede?
Il cigno nero che si è abbattu-to sulla Sanità Piemontese ci ha permesso di toccare con mano un sistema basato prevalente-mente su una rete di ospedali competitivi e molto reattivi, co-stituita nondimeno da edifici ve-tusti e da una medicina del terri-torio che ha risentito di alcune distrazioni, dotato, però, di un personale medico, infermieristi-co e tecniinfermieristi-co-amministrativo ab-negato, che ha posto un argine alla possibile deriva verso danni peggiori. In futuro, è possibile che nuove emergenze si abbatta-no sul mondo e ad esse ci dob-biamo preparare. Oggi abdob-biamo vissuto un banco di prova. Per questi motivi è cogente disegna-re una moderna Sanità ospeda-liera in rete con il territorio e con quella privata ed avviare gli in-vestimenti per costruire nuovi edifici ospedalieri integrati, mo-derni e dotati di innovativi siste-mi di diagnosi e cura che ponga-no al centro “la persona”. Iponga-nol- Inol-tre, dobbiamo curare ed aggior-nare il nostro personale per es-sere pronti a tutte le emergenze. L’Ateneo di Torino ed il Politecni-co potrebbero Politecni-costituire la “cul-la” delle idee e delle risorse uma-ne per progettare, sulla base di solide conoscenze, credibilità e consapevolezza etica, un futuro proiettato in questa direzione.
Infine quando pensa che usci-remo da questa emergenza?
Ipotizzo che dopo la fase acu-ta ci sarà una lunga fase di con-vivenza con il virus che potrebbe cessare solo con l’introduzione del vaccino. A tale proposito, il mio gruppo di ricerca, in colla-borazione con il gruppo del King’s College di Londra, ha con-dotto una revisione sistematica sui trial clinici per testare nell’uo-mo i vaccini contro il COVID-19. I risultati di questo studio rivela-no che sorivela-no in corso di speri-mentazione 7 diversi vaccini an-ti-COVID-19 specifici e 3 basati sul BCG, un vecchio vaccino an-titubercolare. Nessuno di questi è stato ad oggi approvato per l’uso clinico e non sono ancora disponibili risultati; tuttavia, al-cuni vaccini sono già stati testa-ti sull’uomo ed è ipotesta-tizzabile che nell’arco di 12 mesi circa dall’av-vio delle sperimentazioni (avve-nuto tra gennaio e aprile 2020) questi possano essere disponi-bili per l’inizio della sommini-strazione.