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MEMORIECLASSE DI SCIENZE MORALI, LETTERE ED ARTI

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Volume CXXXIII

Memoria presentata dal socio corrispondente Giovannella Cresci Marrone nell’adunanza ordinaria del 24 febbraio 2007

(5)

LORENZO CALVELLI

CIpRO E LA MEMORIA DELL’ANTICO

fRA MEDIOEVO E RINASCIMENTO

la percezione del passato romano dell’isola

nel mondo occidentale

VENEZIA 2009

(6)

© Copyright Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti - Venezia 30124 Venezia - Campo S. Stefano 2945

Tel. 0412407711 - Telefax 0415210598 ivsla@istitutoveneto.it

www.istitutoveneto.it

Direttore responsabile: Leopoldo Mazzarolli

(7)

Relazione della Commissione giudicatrice . . . . . . . . . pag. IX Introduzione . . . . » XI Tavola delle abbreviazioni . . . . . . » XVII Cronologia . . . » XX

parte I

Cipro e l’antico in età tardo-medievale e rinascimentale. Il passato classico dell’isola e le sue vestigia fra memoria,

percezione e conoscenza Capitolo 1

I SECOLI DELLA DOMINAZIONE fRANCA » 3

1.1 Viaggiatori . . . . » 3 1.1.1 una voce isolata: l’Itinerarium di Vilbrando di

Olden-burg e le antichità di Cipro nel Duecento . . . . » 5 1.1.2 La stagione d’oro di Cipro nei resoconti dei pellegrini

trecenteschi (1335-1350) . . . . » 11 1.1.3 I viaggiatori a Cipro e le antichità dell’isola fra la

secon-da metà del Trecento e la fine del Quattrocento. . . » 24 1.1.4 Le antichità di Cipro nell’Evagatorium di felix fabri » 38 1.2. Eruditi . . . . » 45 1.2.1. Il De insulis di Domenico Silvestri . . . . » 46 1.2.2. La Cosmographia di pio II . . . . » 49

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1.2.3. Gli epigoni di pio II: gli Annales di pietro Ranzano e

l’Insularium di Henricus Martellus . . . . pag. 52

1.3. ‘Archeologi’ . . . . » 57

1.3.1. Ciriaco a Cipro e le iscrizioni greche e latine dell’isola nei codici epigrafici quattrocenteschi . . . . » 58

Capitolo 2 L’ETà VENEZIANA » 71 2.1. Viaggiatori . . . . » 71

2.1.1. La fine del Quattrocento . . . . » 72

2.1.2. Gli esordi del pellegrinaggio cinquecentesco . . . . . » 85

2.1.3. I decenni centrali del XVI secolo . . . . » 99

2.2. Eruditi . . . . » 117

2.2.1. francesco e Leonida Attar . . . . » 117

2.2.2. Leonardo Donà . . . . » 123

2.2.3. florio Bustron . . . . » 125

2.2.4. Stefano Lusignano . . . . » 134

2.3 ‘Archeologi’ . . . . » 140

2.3.1. Giovanni Matteo Bembo e il ‘sepolcro di Venere’ . . . . » 140

2.3.2. Girolamo Attar, Giovanni Renier e il ‘sarcofago delle Amazzoni’ . . . . » 152

parte II Leggende cristiane e favole pagane. I monumenti antichi di Cipro attraverso i filtri dell’agiografia e della mitografia Capitolo 3 IL CuLTO DI SANTA CATERINA D’ALESSANDRIA E LE ANTICHE ROVINE DI SALAMINA » 157 3.1. Archeologia e agiografia . . . . » 157

(9)

3.1.1. La ‘prigione di santa Caterina’ agli occhi dei primi

arche-ologi . . . . pag. 157 3.1.2. Lo scavo della ‘prigione’ . . . . » 161 3.1.3. Santa Caterina e Cipro: alle origini di una leggenda

agiografica . . . . » 164 3.2. Le fonti letterarie: viaggiatori e eruditi . . . . » 175

3.2.1. La voce dei primi viaggiatori: i secoli della dominazione

franca . . . . » 175 3.2.2. Gli albori dell’età veneziana: un nuovo vincolo fra

san-ta Caterina e Cipro . . . . » 194 3.2.3. I viaggiatori del quinquennio 1519-1523 e la

‘prigio-ne di santa Caterina’ . . . . . » 203 3.2.4. I decenni finali della dominazione veneziana . . . . . » 215 3.2.5. Stefano Lusignano e il Leggendario di pietro Calò . . . » 228 3.3. Considerazioni conclusive e nuove prospettive di ricerca » 238

3.3.1. La topografia di Salamina in età tardo-medievale e

ri-nascimentale . . . . » 238 Capitolo 4

LA fORTuNA DEL TEMpIO DI AfRODITE E I SITI

ARCHEOLOGICI DELLA REGIONE DI pAfO » 247

4.1. Archeologia e mitografia . . . . » 247 4.1.1. Dall’erudizione all’archeologia: l’esatta localizzazione

del tempio di Afrodite pafia . . . . » 248 4.2. Le fonti letterarie: viaggiatori e eruditi . . . . » 257

4.2.1. Turris o castrum? La rappresentazione del tempio di Afro-dite nei secoli XIII-XIV e l’ambientazione cipriota del

ratto di Elena . . . . » 257 4.2.2. Gli ultimi viaggiatori medievali e il topos della lussuria

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4.2.3. Il ricordo del tempio di Afrodite nell’Evagatorium di

felix fabri . . . . pag. 275

4.2.4. I viaggiatori di età veneziana . . . . » 286

4.2.5. Il tempio di Afrodite e la regione di pafo negli scritti eruditi cinquecenteschi relativi a Cipro . . . . » 305

4.2.6. una città nata dalla carta: origine, fortuna e confutazione della Cithera cipriota . . . . » 313

4.3. Considerazioni conclusive e nuove prospettive di ricerca . . . » 326

4.3.1. La conoscenza del santuario di Afrodite pafia in età tardo-medievale e moderna . . . . » 326

Conclusioni . . . . » 329

Bibliografia . . . » 335

Immagini . . . . » 371

Referenze fotografiche . . . . » 392

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mento, approvata nell’adunanza ordinaria del 26 maggio 2007.

Lorenzo Calvelli, doctor Europaeus in Archeologia e storia dei paesi del Mediterraneo con una tesi in co-tutela italo-francese, da anni si occupa di te-matiche inerenti alla conoscenza dell’antico in età post-classica e, in particolare, alla storia dell’epigrafia latina. Su un tema non ancora fatto oggetto di tratta-zione sistematica, egli ha ora elaborato un contributo monografico che si presenta complesso nelle premesse, ambizioso negli obiettivi, esauriente e stimolante nei risultati.

Il volume si configura come un viaggio alla scoperta della percezione dell’antico per come si dispiegò nel caso dell’isola di Cipro, dai secoli centrali del medioevo fino alla vigilia della stagione ‘scientifica’ della ricerca archeologica. Il campione d’indagine si dimostra particolarmente significativo non solo per la ricca successione di evocative reminescenze pagane e cristiane, ma anche per la pluralità e varietà dei testimoni, esponenti di molteplici culture dell’Europa occidentale coinvolte a diverso titolo con un’isola che da sempre incarna un ruolo di sito-ponte verso l’Oriente. La ricerca riguarda pertanto sia le scienze dell’an-tichità in senso stretto che la storia della tradizione classica nella cultura europea medievale e moderna: dalle sue pagine emergono nuovi e significativi contributi di conoscenza in entrambi i campi, nonché preziosi spunti per lo studio delle prassi con cui i governanti dell’isola dettarono tempi e modi dell’approccio alla riscoperta delle antichità locali.

Condizione ineludibile del lavoro si è rivelata, oltre che un’aggiornata co-noscenza dei recenti risultati dell’indagine archeologica cipriota, una capillare e impegnativa raccolta delle fonti di natura letteraria, archivistica e cartografica custodite in biblioteche ed istituti di conservazione italiani e stranieri. Discipli-nata, selezionata e sottoposta ad analisi filologica la grande messe di documenta-zione raccolta, la ricerca è approdata ad una struttura armonicamente bipartita in due sezioni.

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‘ar-cheologi’, cioè testimoni o promotori dei primi scavi), ritenuti particolarmente sensibili alle tematiche connesse all’esegesi dell’antico. Le loro testimonianze, solo apparentemente ripetitive, sono state esaminate in successione onde far risalta-re dalla prospettiva diacronica l’emergenza delle personalità di maggior spicco, l’affiorare di innovativi parametri di conoscenza, la progressiva affermazione di una pionieristica mentalità scientifica, nonché gli esempi più emblematici di utilizzazione politica delle antichità. Si distinguono in questo panorama le cele-bri figure di Domenico Silvestri e Ciriaco d’Ancona (ma anche quella, recente-mente riscoperta, di Pietro Ranzano, erudito domenicano di origine palermita-na), nonché i nomi di alcuni importanti esponenti della cultura rinascimentale cipriota (Francesco e Leonida Attar, Florio Bustron, Stefano Lusignano).

La seconda parte dell’indagine è dedicata a due significativi casi di studio: uno riferito al culto di santa Caterina d’Alessandria e alle interferenze della sua leggenda agiografica nell’approccio ermeneutico ad alcune evidenze archeologi-che della costa orientale di Cipro; l’altro pertinente al tempio di Afrodite pafia e al suo processo di riconoscimento interrelato a persistenti topoi mitologici che mostrano la compresenza di istanze religiose (l’interpretatio christiana degli an-tichi monumenti) e di meno frequenti approcci laici ed umanistici.

Anche nell’esame degli aspetti ideologici inerenti alla memoria dell’antico il dott. Calvelli dimostra una misurata e penetrante capacità di giudizio, affron-tandoli sulla base di un’ampia conoscenza delle opere manoscritte e a stampa che ne danno testimonianza (in latino e nelle lingue moderne di ambito italofono, francofono e germanofono) e padroneggiando con sicurezza metodologica la co-spicua bibliografia prodotta da una lunga tradizione di studi.

La monografia del dott. Calvelli approda a risultati convincenti, puntuali ed esaustivi, evidenziando originalità nell’impostazione e rigore nell’analisi, di-mostrando una raggiunta maturità scientifica, non comuni capacità esegetiche e ampiezza di prospettive storiografiche, in parte derivanti dalle proficue occasioni di confronto con studiosi italiani e stranieri, nonché dai soggiorni di studio presso realtà culturali e universitarie europee. La Commissione ritiene unanimemente che lo scritto del dott. Calvelli sia perciò senza dubbio meritevole di pubblicazio-ne pubblicazio-nelle Memorie del nostro Istituto.

Venezia, 26 maggio 2007

La Commissione giudicatrice Marino Zorzi

Irene favaretto

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Sin dall’epoca romana Cipro si è resa celebre per gli antichi e preziosi tesori custoditi nel suo circoscritto territorio. Riprendendo forse un’espres-sione già di Tito Livio, in piena età imperiale l’epitomatore floro consi-derava l’isola veteribus divitiis abundans, identificandola con una sorta di museo all’aperto che i Romani non avevano esitato a saccheggiare, allorché la aggiunsero al novero delle proprie province orientali1. «Insula nobilissima

et fertilissima, famosissima et ditissima, omnibus maris insulis incompa-rabilis et omnium bonorum fertilissima» la definiva alla metà del XIV secolo il curato sassone Ludolfo di Sudheim nel racconto del suo pellegri-naggio in Terrasanta2. Con parole simili, ma in un clima rinascimentale

ormai maturo, florio Bustron, notaio di Nicosia appartenente ad una famiglia cipriota di probabile origine levantina, non esitava a dichiarare: «Cipro d’antiquità et, per consequentia, di nobiltà a nessuna altra isola è inferiore»3.

A dispetto delle fama di cui hanno sempre goduto le antichità ciprio-te, non esiste ad oggi alcuno studio complessivo che abbia voluto prendere in esame la fortuna dei monumenti greco-romani dell’isola in epoca post-classica. I contributi scientifici più recenti si sono infatti concentrati sulla storia degli scavi in singoli siti o sugli interessi antiquari di alcune personalità di spicco, prediligendo però in entrambi i casi le fasi più tarde di questi fe-nomeni e sviluppando soprattutto l’analisi della riscoperta ottocentesca del patrimonio archeologico dell’isola4. Questo libro intende dunque colmare

una specifica lacuna bibliografica, consentendo a chi lo legge di ripercorrere

1 Cfr. flor. epit. III, 9, 2.

2 De Terra Sancta 1475-1480, f. 10v. 3 BNM, ms. It. VI, 33 (5943), f. 2r.

4 Su questo tema vd. da ultimo il volume miscellaneo curato da Tatton-Brown 2001.

fondamentali per la storia dell’archeologia cipriota sono i numerosi contributi pubblicati da Olivier Masson, per un elenco dei quali vd. Dubois-Masson-Sznycer 1998, pp. 12-13. per le testimonianze letterarie post-classiche relative ai siti di Salamina, Amatonte, pafo Vecchia e pafo Nuova vd. rispettivamente Caubet 1980; Hellmann 1984; Maier - von Wartburg 1988; Młynarczyk 1990, pp. 36-53.

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la conoscenza delle antichità di Cipro durante i secoli in cui l’isola fu gover-nata dai sovrani della dinastia dei Lusignano e dai magistrati della repubblica di Venezia (1191-1571).

Esaminando la documentazione relativa a questo arco cronologico, si è deciso di qualificare la riflessione che ne è scaturita come uno studio sulla percezione del passato classico. Con questa espressione si è inteso indicare l’esame del mutevole rapporto che, nel periodo in questione, l’Europa occi-dentale maturò con le varie fasi della storia antica di Cipro e, in particola-re, con l’epoca romana. In questa prospettiva rientrano tanto la conoscenza sviluppatasi nel mondo medievale e rinascimentale dei testi greci e latini relativi alla topografia e alla storia dell’isola, quanto le ricognizioni fisica-mente effettuate presso gli antichi insediamenti ciprioti, nonché le alterne interpretazioni conferite ai resti archeologici locali. Non sono, inoltre, stati esclusi dal nostro esame quei reperti che, pur non essendo antichi, erano ritenuti esserlo: è il caso, ad esempio, di una delle leggendarie ‘idrie di Cana’, attestata a Cipro tra la fine del XV e il XVI secolo.

Sulla base del suo contenuto la documentazione esaminata è risultata perlopiù ascrivibile a due generi letterari, che rispecchiano nel complesso l’identità dei loro autori. In primo luogo figurano i racconti redatti da quei viaggiatori provenienti da varie parti d’Europa (e diretti solitamente in Ter-rasanta) che, dopo aver visitato l’isola, lasciarono una descrizione del suo territorio e delle sue città. All’interno di queste narrazioni frequenti sono i riferimenti ai monumenti antichi e ai siti archeologici, ma consueta (e spes-so trascurata dalla critica) è anche la tendenza a dipendere da altri scritti di età precedente. La seconda tipologia di fonte disponibile è costituita dalla produzione di un’emblematica rosa di eruditi (storici, geografi ed enciclo-pedisti, sia forestieri che Ciprioti), i quali, lavorando soprattutto a tavolino, ebbero modo di sviluppare una conoscenza prevalentemente letteraria della topografia dell’isola, ma non per questo necessariamente avulsa da un’effet-tiva cognizione del territorio locale.

La prima parte del libro presenta al lettore gli autori delle principali testimonianze che consentono di ricostruire la fama delle antichità dell’isola dal principio del Duecento alla seconda metà del Cinquecento. I due capi-toli che compongono questa sezione seguono un andamento diacronico e sono bipartiti secondo le due principali tipologie di fonte qui sopra espo-ste: i resoconti redatti da pellegrini e viaggiatori e le opere scritte a tavolino da eruditi occidentali e letterati locali. per entrambi i segmenti cronologici

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presi in considerazione, alla presentazione di queste due categorie testuali fa seguito un’analisi prosopografica incentrata su quegli esponenti della so-cietà dell’epoca che, entrando in diretto contatto con il territorio cipriota, dimostrarono nei suoi confronti un interesse di stampo marcatamente ar-cheologico. fra costoro compaiono nomi celebri, come Ciriaco d’Ancona e il veneziano Giovanni Matteo Bembo (nipote del cardinale pietro), ma anche figure meno note come Giovanni Renier e il cipriota Girolamo Attar. Tutti questi personaggi sono accomunati dal fatto di aver registrato per pri-mi la presenza di reperti archeologici o di iscrizioni antiche, facendosi spesso promotori di vere e proprie iniziative di scavo finalizzate al rinvenimento di manufatti da utilizzare per scopi antiquari, ideologici o commerciali.

Se questa prima sezione del libro ambisce a fornire una panoramica sintetica ed aggiornata di dati altrimenti disseminati in una pletora di pub-blicazioni e di fonti manoscritte, essa non intende però procedere alla disa-mina di tematiche specifiche, che verranno solo di volta in volta accennate, in attesa di futuri approfondimenti monografici, nei quali sarà d’obbligo varcare i limiti cronologici che si è qui deciso di accogliere. A livello propo-sitivo sarà comunque imbastito l’esame dell’interpretatio christiana di alcuni reperti antichi (o presunti tali), che furono oggetto di grande ammirazione a Cipro in epoca medievale e rinascimentale.

Due dettagliati casi di studio compongono la seconda parte della mono-grafia, nella quale si procede ad analizzare nel concreto il mutevole rapporto sviluppatosi fra il territorio di Cipro e le testimonianze del proprio passato nei secoli della dominazione franca e veneziana. Nel terzo capitolo l’esame del ramo cipriota della leggenda agiografica di santa Caterina d’Alessandria porterà a ricostruire le sorti dell’insediamento di Salamina-Costanza in epo-ca post-classiepo-ca, indagando i motivi dell’associazione del culto loepo-cale della martire ai siti archeologici della fascia costiera orientale dell’isola. Nel quarto capitolo la fortuna del santuario di Afrodite a pafo sarà ripercorsa attraverso la storia dei successivi tentativi di identificazione di questa celebre struttura sacrale sino al corretto riconoscimento delle sue vestigia architettoniche.

Entrambi i capitoli utilizzano una metodologia affine: da un riepilogo dello status quaestionis si procede all’esposizione di tutte le fonti reperibili inerenti ai due temi affrontati, riportandole per esteso ed esaminandole se-condo un criterio prevalentemente diacronico. Oltre a ricostruire la storia di due casi di ‘memoria dell’antico’ particolarmente ben attestati, queste esem-plificazioni si prefiggono anche lo scopo di conferire maggior credito agli

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studi di carattere antiquario, che, lungi dall’essere argomento di pura eru-dizione, devono invece servire a mettere a disposizione degli studiosi nuovi elementi di analisi per quanto concerne sia il passato classico che la storia di epoche più recenti. Resta da rimarcare come la pressoché totale assenza di bibliografia inerente alla conoscenza delle antichità cipriote in età medievale e rinascimentale5, dovuta forse all’eterogeneità e alla frammentarietà delle

fonti relative al tema, abbia conferito a questa ricerca un carattere pionie-ristico, che risulta ulteriormente accentuato dalla connotazione al tempo stesso archeologica e letteraria che le si è voluto assegnare.

La raccolta del materiale documentario è stata inizialmente facilitata dall’esistenza di un cospicuo gruppo di repertori di fonti post-classiche rela-tive a Cipro, il cui livello di affidabilità scientifica nella maggior parte dei casi è però risultato inadeguato. Il lavoro ha tratto spunto dalla celebre silloge di Excerpta Cypria curata oltre un secolo fa da Claude Delaval Cobham: pur costituendo un’importante tappa introduttiva allo studio delle testimonian-ze dei viaggiatori e degli eruditi redatte in età medievale e moderna, essa si dimostra tuttavia caratterizzata da una certa arbitrarietà nella selezione dei testi e dall’utilizzo di edizioni di riferimento ormai obsolete6. A ciò si

aggiun-ge il fatto che il materiale raccolto fu pubblicato unicamente in traduzio-ne inglese, impedendo così qualsiasi velleità di approccio filologico ai testi. Analoghe considerazioni valgono per il tentativo di integrazione al lavoro di Cobham costituito dai tre fascicoli di Supplementary Excerpts pubblicati da Theophilus Mogabgab nella quarta decade del Novecento7, nonché per

la recente antologia curata da Antros paulides, anch’essa contraddistinta da una selezione vasta, ma pur sempre parziale, di testimonianze, presentate in sola traduzione e corredate da indicazioni bio-bibliografiche estremamente ridotte8.

Esula del tutto da queste carenze epistemologiche il primo volume di Excerpta Cypria nova, curato da Gilles Grivaud nel 1990 e interamente

de-5 Soltanto le attività archeologiche promosse da alcuni esponenti della classe dirigente

veneziana attorno alla metà del Cinquecento sono state oggetto di sintetici approfondimenti: vd. Scrinzi 1899-1900; Hermary 1985a; Grivaud 1986.

6 Cobham 1908; sulla redazione di quest’opera vd. Merrillees 2005, part. pp.

192-193.

7 Mogabgab 1941; Mogabgab 1943; Mogabgab 1945.

8 paulides 1993; paulides 1994; paulides 1995. I testi, per lo più ricavati da raccolte

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dicato ai resoconti composti dai viaggiatori occidentali che transitarono per Cipro nel corso del XV secolo9. pur non trattandosi di un’edizione critica,

i testi sono qui riprodotti in lingua originale e corredati da un apparato di note che favorisce la rielaborazione analitica dei loro contenuti. In relazione alle testimonianze quattrocentesche il lavoro è risultato dunque ampiamente facilitato, anche se si è reso necessario integrare il nucleo di fonti pubblicate in questa raccolta con le edizioni di testi odeporici comparse dopo il 1990 e con l’inclusione di alcuni racconti in essa volontariamente esclusi perché già precedentemente editi (relazione del secondo viaggio in Terrasanta di felix fabri, Peregrinatio di Bernhard von Breydenbach, diario di viaggio di francesco Suriano etc.).

Nella maggior parte dei casi i repertori sopramenzionati hanno dunque costituito soltanto il punto di partenza di un lavoro che si è presto rivelato assai impegnativo ed articolato. per ogni testo nel quale comparissero riferi-menti alle antichità dell’isola si è infatti proceduto al recupero della sua ver-sione originale, ricavandola dalla sua editio princeps o, qualora se ne rilevasse l’importanza, dai suoi esemplari manoscritti più autorevoli. Il compito è stato agevolato da una serie di soggiorni di studio a Londra, parigi ed Atene, nelle cui biblioteche è stato possibile reperire tutto il materiale a stampa edi-to in traduzione nelle selezioni anedi-tologiche novecentesche. Il ricorso ai testi-moni manoscritti di alcune delle fonti più significative ha inoltre permesso di verificare l’esistenza di eventuali chiose e marginalia, nonché di procedere ad una serie di correzioni testuali, importanti soprattutto per restituire l’esat-ta lezione di alcuni toponimi (locali e non) menzionati dalle fonti10.

L’idea che ha dato origine a questo libro è nata una sera di gennaio dell’anno 2000, sfogliando le pagine degli Excerpta Cypria nella casa della missione archeologica francese ad Amatonte. L’interesse per questo argo-mento si è poi concretizzato in una tesi di dottorato, realizzata in co-tutela fra l’università Ca’ foscari Venezia e l’université paris X Nanterre, l’isti-tuzione che ospita il Centre d’études chypriotes fondato nel 1983 da Oli-vier Masson. Negli anni il progetto è stato sostenuto grazie ad una serie di borse di studio per soggiorni all’estero, gentilmente concesse dai seguenti enti ed istituzioni: Ministero degli Interni della Repubblica di Cipro (press and Information Office), Ernst-Kirsten Gesellschaft di Stoccarda, Scuola

9 ECN I.

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Archeologica Italiana di Atene, università Italo-francese (Borsa di accom-pagnamento per tesi in co-tutela, programma Vinci 2002), Commissione europea (Marie Curie fellowship fruita presso lo university College Lon-don nell’ambito dello European Doctorate in the Social History of Europe and the Mediterranean), università Ca’ foscari Venezia (Borsa di perfezio-namento all’estero fruita presso l’université paris X Nanterre e l’Institute of Classical Studies di Londra), Accademia Nazionale dei Lincei (Borsa di studio per cultori di scienze umane fruita presso la British Academy di Lon-dra). La stesura del libro è stata inoltre largamente agevolata dall’aver potuto lavorare a più riprese nella biblioteca del Warburg Institute di Londra, in particolare grazie ad una Brian Hewson Crawford fellowship messa a dispo-sizione nell’autunno 2007.

Desidero infine ringraziare tutte le persone che in vario modo mi hanno offerto aiuto e consigli durante la mia ricerca e la redazione di que-ste pagine. Sono grato innanzitutto a Giovannella Cresci Marrone e ad Elizabeth Deniaux, relatrici della mia tesi di dottorato, e agli altri membri del jury de soutenance: Gino Bandelli, pierre Carlier e Michael Crawford. per avermi offerto preziose indicazioni bibliografiche su Cipro bizantina, medievale e rinascimentale esprimo riconoscenza a Benjamin Arbel, Gil-les Grivaud, David Jacoby e Tassos papacostas, mentre per i suggerimenti fornitimi su singoli aspetti del mio lavoro sono grato a Michele Bacci, Gino Benzoni, Lucie Bonato, Olivier Callot, Alberto Camerotto, filippo Maria Carinci, Caterina Carpinato, Irene favaretto, Matteo ferrini, Iosif Hadjikyriakos, pavol Hnila, Matthias Kappler, Niki Katsaouni, Loren-zo Lazzarini, Tomaso Maria Lucchelli, piero Lucchi, paolo Mastandrea, Demetrios Michaelides, Nasa patapiou, Anna Meschini pontani, Arianna punzi, Antonio Rigo, francesca Rohr Vio, Salvatore Settis, Rita Severis, Luigi Sperti, Giovanni Trambusti, Mia Gaia Trentin, Annemarie Weyl Carr, Marino e Niccolò Zorzi. In conclusione vorrei ancora ringraziare il comitato scientifico che mi ha gentilmente invitato a partecipare al workshop su famagosta medievale tenutosi a Cipro dal 26 al 28 ottobre 2008, dove innumerevoli sono stati gli scambi di opinione e gli spunti che mi hanno permesso di coronare la stesura di questo libro.

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1. Opere di consultazione generale

AASS: Acta sanctorum, Antwerp 1693-.

ANRW: Aufstieg und Niedergang der römischen Welt. Geschichte und Kultur Roms im Spiegel der neueren Forschung, Berlin-New York 1972-.

BHG: Bibliotheca hagiographica Graeca, I-III, Bruxelles 1957³.

BHL: Bibliotheca hagiographica Latina antiquae et mediae aetatis, Bruxelles 1898-.

BLKÖ: Biographisches Lexikon des Kaiserthums Österreich, I-LX, a cura di C. von Wurzbach,

Wien 1856-1891.

BMC: Catalogue of Books Printed in the XVth Century now in the British Museum, London,

London 1908-.

BSS: Bibliotheca sanctorum, Roma 1961-.

CCSL: Corpus Christianorum. Series Latina, Turnhout 1953-.

CIG: Corpus inscriptionum Graecarum, I-IV, a cura di A. Böckh, Berlin 1828-1856. CIL: Corpus inscriptionum Latinarum, Berlin 1862-.

CTC: Catalogus translationum et commentariorum. Medieval and Renaissance Latin Transla-tions and Commentaries, a cura di p.O. Kristeller, Washington 1960-.

DBI: Dizionario biografico degli Italiani, Roma 1960-. DNB: Dictionary of National Biography, London 1885-.

ECN I: Excerpta Cypria nova, I, Voyageurs occidentaux à Chypre au XVème siècle, a cura di G.

Grivaud, Nicosia 1990 (Texts and Studies in the History of Cyprus, 15).

GMIL: C. du fresne du Cange, Glossarium mediae et infimae Latinitatis, I-X, a cura di L.

favre, Niort 1883-1887² (rist anast. Bologna 1981-1982).

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paris 1906-1927.

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LexMA: Lexicon des Mittelalters, I-IX, München-Zürich 1980-1998.

PDKS2: Praktik£ tou deÚterou DieqnoÚj KuprologikoÚ Sunedr…ou, Atti del con-vegno internazionale (Nicosia, 20-25 aprile 1982), I-III, a cura di Th. papadopoul-lous et al., Nicosia 1985-1987.

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PmbZ: Prosopographie der mittelbyzantinischen Zeit, a cura di R.-J. Lilie, Berlin-New York

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RE: Real Encyclopädie der klassischen Altertumswissenschaft, a cura di A. pauly - G. Wissowa

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SCE III: E. Gjerstad et al., The Swedish Cyprus Expedition. Finds and Results of the Excava-tions in Cyprus. Text, III, Stockholm 1937.

VSB: Vies des saints et des bienheureux selon l’ordre du calendrier avec l’historique des fêtes, I-XIII,

paris 1935-1959. 2. Pubblicazioni periodiche

per le pubblicazioni periodiche sono state adottate le sigle elencate nella Liste des périodiques

dépouillés de L’Année philologique. Ad esse si aggiungano:

AE: L’année épigraphique. AOL: Archives de l’Orient latin. ASI: Archivio storico italiano.

EKEE: Epethr…da tou Kšntrou Episthmonikèn Ereunèn. GSLI: Giornale storico della letteratura italiana.

KS: Kupriaka… spouda…. RivGeoIt: Rivista geografica italiana. ROL: Revue de l’Orient latin.

SV: Studi veneziani (già Bollettino dell’Istituto di storia della società e dello Stato venezia-no).

3. Fonti letterarie

per i testi classici greci e latini sono state adottate rispettivamente le abbreviazioni usate in Der

neue Pauly Enzyklopädie der Antike e nel Thesaurus linguae Latinae.

per le opere di autori medievali e moderni si è fatto ricorso alle seguenti sigle ed edizioni di riferimento:

Ariost. Orl. fur.: Ludovico Ariosto, Orlando furioso, a cura di C. Segre, Milano 1964. Beda nom.: Beda venerabilis, Expositio de nominibus locorum vel civitatum quae leguntur in

libro Actuum apostolorum, in PL, XCII, coll. 1033-1040.

Bocc. gen.: Giovanni Boccaccio, Genealogie deorum gentilium, a cura di V. Zaccaria, Mi-lano 1998 (G. Boccaccio, Tutte le opere, a cura di V. Branca, 7-8), pp. 11-1813. Bocc. flum.: Giovanni Boccaccio, De fluminibus, a cura di M. pastore Stocchi, Milano

1998 (G. Boccaccio, Tutte le opere, a cura di V. Branca, 7-8), pp. 1907-1985. Bocc. mont.: Giovanni Boccaccio, De montibus, a cura di M. pastore Stocchi, Milano

1998 (G. Boccaccio, Tutte le opere, a cura di V. Branca, 7-8), pp. 1827-1874. Bocc. mul. clar.: Giovanni Boccaccio, De mulieribus claris, a cura di V. Zaccaria, Milano

1970² (G. Boccaccio, Tutte le opere, a cura di V. Branca, 10).

Const. porphyr. them.: Constantinus VII porphyrogenitus, De thematibus, a cura di A. pertusi, Città del Vaticano 1952 (Studi e testi, 160).

(21)

De Col. hist.: Guido de Columnis (Guido delle Colonne), Historia destructionis Troiae, a cura di N.E. Griffin, Cambridge Mass. 1936 (rist. anast. New York 1970). Gir. Cambr. spec. eccl.: Giraldus Cambrensis (Gerald of Wales), Speculum ecclesiae, a

cura di J.S. Brewer, in Giraldi Cambrensis opera, IV, a cura di J.S. Brewer, London 1873 (Rerum Britannicarum medii aevi scriptores, 21).

Higd. pol.: Ranulphus Higdenus (Ranulf Higden), Polychronicon, a cura di C. Babing-ton, London 1865.

Mach. chron.: Leontios Machairas, Chronicon, a cura di R.M. Dawkins, Oxford 1932.

Par.: Dante Alighieri, Paradiso, a cura di V. Sermonti, Milano 1993.

petr. fam.: francesco petrarca, Le familiari, I-IV, a cura di V. Rossi, firenze 1933-1942 (Edizione nazionale delle opere di francesco petrarca, 10-13).

petr. itin.: francesco petrarca, Itinerario in Terra Santa. 1358, a cura di f. Lo Monaco, Bergamo 1990.

petr. tr. Cup.: francesco petrarca, Triumphus Cupidinis, in f. petrarca, Rime e trionfi, a cura di f. Neri, Torino 1960², pp. 515-545.

Polythecon: Polythecon, a cura di Á.p. Orbán, Turnhout 1990 (Corpus Christianorum.

Con-tinuatio medievalis, 93).

Var. leg. aur.: Iacobus de Varagine (Iacopo da Varazze), Legenda aurea, a cura di G.p. Maggioni, firenze 1998².

Vinc. spec. nat.: Vincentius Bellovacensis (Vincent de Beauvais), Speculum naturale, Venezia 1494.

4. Archivi e biblioteche

ASVe: Archivio di Stato, Venezia.

BAV: Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano. BL: British Library, London.

BLf: Biblioteca Laurenziana, firenze. BMCVe: Biblioteca del Museo Correr, Venezia. BNCf: Biblioteca Nazionale Centrale, firenze. BNf: Bibliothèque Nationale de france, paris. BNM: Biblioteca Nazionale Marciana, Venezia. BSVp: Biblioteca del Seminario Vescovile, padova.

Criteri di trascrizione

Nella trascrizione delle fonti (ad eccezione di quelle in tedesco antico) l’impiego delle maiuscole e delle minuscole, gli accenti, la punteggiatura e gli altri segni diacritici sono stati normalizzati in base all’uso corrente. Le abbreviazioni sono state sciolte senza ulteriori indi-cazioni. Si è distinta la u dalla v. Nei testi latini e italiani si è trascritta la j con i. I dittonghi resi con lettere accostate e in nesso sono stati trascritti con lettere separate. All’interno delle citazioni si è fatto ricorso ai simboli […] e [***] per indicare rispettivamente una sezione di testo omesso e uno spazio bianco nel testo originale. Altre note editoriali sono state segnalate fra parentesi quadre.

(22)

58 a.C. I Romani conquistano Cipro, governata in epoca ellenistica dalla dinastia dei Tolomei.

395. Alla morte di Teodosio I Cipro entra a far parte dell’impero romano d’Oriente. 688. un accordo fra l’imperatore Giustiniano II e il califfo ‘Abd al-Malik istituisce un

condominio arabo-bizantino su Cipro.

965. L’imperatore bizantino Niceforo foca riconquista definitivamente l’isola. 1184. Il despota Isacco Comneno usurpa il governo di Cipro.

1191. Durante la III crociata Riccardo Cuor di Leone occupa Cipro e la vende ai Tem-plari.

1192. I Templari restituiscono l’isola a Riccardo Cuor di Leone, che la rivende a Guido di Lusignano, già re di Gerusalemme.

1197. Amalrico II di Lusignano, fratello di Guido, viene incoronato re di Cipro. 1291. I Mamelucchi conquistano Acri, ultimo baluardo crociato in Terrasanta.

1373-74. I Genovesi muovono guerra a pietro II di Lusignano e conquistano famago-sta.

1426. I Mamelucchi invadono il territorio cipriota e impongono il pagamento di un tri-buto annuo al re Giano I, costretto a dichiararsi vassallo del sultano d’Egitto. 1447. famagosta passa sotto l’amministrazione del banco genovese di San Giorgio. 1464. Giacomo II di Lusignano riconquista famagosta.

1473. Muore il re Giacomo II. Sua moglie, la veneziana Caterina Cornaro, assume il governo di Cipro, che entra di fatto nell’orbita politica della Serenissima. 1474. Muore, appena nato, Giacomo III, unico figlio di Giacomo II e Caterina

Corna-ro.

1489. La regina Caterina Cornaro dona Cipro alla Repubblica di Venezia. 1570. Le armate ottomane invadono Cipro e conquistano Nicosia.

1571. Dopo un lungo assedio il comandante delle armate ottomane Lala Mustafa paşa conquista famagosta.

1878. pur restando formalmente sotto la sovranità ottomana, Cipro diventa un protet-torato britannico.

1914. Cipro è annessa all’impero britannico e, nel 1925, è dichiarata colonia.

1960. Al termine di lunghe trattative fra Gran Bretagna, Grecia e Turchia, Cipro viene proclamata repubblica indipendente.

(23)

fRA MEDIOEVO E RINASCIMENTO

la percezione del passato romano dell’isola

nel mondo occidentale

(24)

Cotanto a Venus, delichata e molle. Amathussa e Machara dir se sole, Adeso Cipro et è qui come iaque. Vedila a quela parte ove il sol naque Posta ala Sirya e da quela che’l tolle Sta verso Charia col suo piano e colle Più verso coro onde la hyems il taque. Questa è simele a Crete de grandeza E per i venti quasi un stile tene E già de più d’un regno fu in alteza. Qui cuchari, qui sale a sai, qui bene, Qui Cerere del trito fa divicia, Qui da se alba un vino tinto fato, Qui le done de sé non fa avaricia, Qui Papho e Salamina furno in stato, Qui se ha de Amato e Soloe notitia, Qui Bufavento mira da ogni lato, Cyrinia, Chitio, Carpacio e Costanza, Famagosta, Nicosia regal stanza.

(25)

Cipro e l’antico in età tardo-medievale e rinascimentale.

Il passato classico dell’isola e le sue vestigia

fra memoria, percezione e conoscenza

Capitolo 1

I SECOLI DELLA DOMINAZIONE fRANCA 1.1. Viaggiatori

Da tempo la critica ha appurato come una delle principali fonti relative alla conoscenza dei monumenti antichi in epoca medievale e rinascimentale sia costituita dai racconti di coloro che, per motivi fra i più dissimili, si trovarono a visitare e a descrivere terre diverse da quella propria d’origine1.

Negli itinerari percorsi molti di questi autori rivolsero infatti la propria at-tenzione ai resti ancora visibili delle civiltà passate, traendone spesso spunto per una serie di considerazioni sulla caducità dell’uomo e di tutto ciò che egli crea. Argomento di numerosi studi è stata, in particolare, la percezio-ne dei monumenti antichi della penisola italiana e della città di Roma, da sempre oggetto di ammirate osservazioni messe per iscritto da viaggiatori e pellegrini2. più di recente, però, l’attenzione della comunità scientifica si è

rivolta anche ad altri scacchieri geografici, fra i quali si segnala, per l’insolita abbondanza della documentazione, quello dei paesi che si affacciano sulle acque del Mediterraneo orientale3.

Anche per quanto attiene al territorio di Cipro (fig. 1) la messe più

1 Sul tema vd. da ultimo Esch 2005a, con bibliografia precedente.

2 fra i contributi dedicati a questo argomento negli ultimi decenni si segnalano

Tel-lenbach 1973; Garms-Garms 1982; frugoni 1984, part. pp. 5-21; Accame Lanzillot-ta 1996; Accame LanzillotLanzillot-ta - Dell’Oro 2004; Nardella 2007, pp. 9-24, con ampi riferimenti alla bibliografia precedente.

3 Sulle descrizioni dei monumenti antichi dell’area egea e vicino-orientale contenute

nei resoconti dei viaggiatori, oltre a van der Vin 1980; faugère 1982, pp. 84-88, vd. le recenti considerazioni di Arbel 2000a; Arbel 2000b; Barsanti 2001; Concina 2006, pp. 245-278; Esch 2008, pp. 69-109.

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consistente di informazioni relative alla conoscenza del passato classico nei secoli finali del medioevo non proviene dalla voce di coloro che risiedevano stabilmente sull’isola. Tanto i testi scritti in lingua greca, quanto la fiorente produzione in volgare romanzo contengono infatti scarsi riferimenti alla sto-ria antica e ai siti archeologici locali4. una fonte privilegiata per ricostruire la

fortuna delle antichità cipriote è invece costituita dai numerosi diari di viag-gio composti dai pellegrini che si erano recati in Terrasanta ed erano transi-tati per l’isola nel corso di una o più tappe del loro itinerario devozionale.

Attestato sin dall’età tardo-antica, ma sviluppatosi progressivamente con l’espansione dell’Occidente latino nel bacino orientale del Mediterraneo all’epoca delle crociate, questo genere letterario conobbe una durevole viva-cità sino a tutto il XVI secolo, allorché la conquista ottomana del sultanato mamelucco di Siria ed Egitto, la progressiva caduta delle roccaforti orientali del dominio veneziano e la diffusione dei principi della riforma luterana portarono ad un lento (ma mai totale) declino della pratica del pellegri-naggio ai Luoghi Santi5. Come avremo modo di constatare, il contenuto

dei testi odeporici composti nei tre secoli in cui Cipro fu governata dalla dinastia dei Lusignano è alquanto disomogeneo: le testimonianze ascrivibili al Duecento e al Trecento sono infatti scarse numericamente, ma ricche di notizie originali inerenti alle antichità dell’isola, mentre i resoconti stilati nel corso del Quattrocento sono più frequenti, ma anche più standardizzati dal punto di vista contenutistico.

fu comunque soltanto a partire dai decenni finali del XV secolo che, all’interno delle narrazioni odeporiche, si fece strada un interesse manifesto per le fasi pre-cristiane della storia dell’isola. La prima ampia riflessione sul passato classico di Cipro figura infatti nell’Evagatorium del domenicano fe-lix fabri, redatto tra 1484 e 1495 e contenente un’esemplare sintesi enciclo-pedica del ruolo svolto dalle antichità dell’isola nell’immaginario medievale. Negli stessi anni vide la luce anche l’Itinerario al Santo Sepolcro del giudice mantovano Antonio da Crema, in cui l’autore dichiara a più riprese di aver

4 Sul panorama culturale cipriota nei secoli della dominazione franca e veneziana

dell’isola vd. Richard 1987; Grivaud 1996a; Richard 1996a; Grivaud 2005; cfr. anche Baglioni 2006, pp. 9-52.

5 Amplissima è la bibliografia relativa alla letteratura odeporica e, nella fattispecie, ai

resoconti dei pellegrinaggi in Terrasanta: per un’introduzione all’argomento si rimanda ai saggi di Richard 1981; Graboïs 1998; Cardini 2002. Sul caso specifico di Cipro vd. ECN I, pp. 11-37; Balard 1993.

(27)

dedotto buona parte del proprio sapere dal contenuto delle fonti geografiche antiche, Strabone in primis. In un ambito cronologico circoscritto e partico-larmente sensibile alle suggestioni del mondo greco-romano si può dunque cogliere la convivenza di due distinte modalità di percezione dell’antico, che, non a torto, la critica ha rispettivamente ascritto alla cultura pre-umanistica e a quella rinascimentale6.

1.1.1. Una voce isolata: l’Itinerarium di Vilbrando di Oldenburg e le anti-chità di Cipro nel Duecento

Circa un ventennio dopo l’insediamento a Cipro della monarchia dei Lusignano, il territorio dell’isola fu visitato da Vilbrando di Oldenburg7,

nobile prelato della Bassa Sassonia e canonico di Hildesheim, recatosi in Terrasanta negli anni 1211-1212 in compagnia di alcuni legati di Leopoldo VI, duca d’Austria, e del gran maestro dell’ordine teutonico, Ermanno di Salza8. La spedizione, svoltasi nel clima preparatorio di una nuova crociata,

era motivata da intenti devozionali e diplomatici al tempo stesso, come attesta la missione svolta dalla comitiva in Cilicia armena presso la mo-narchia rupenide. Del racconto di Vilbrando rimangono oggi alcune reda-zioni manoscritte, la più antica delle quali, di poco successiva rispetto agli eventi narrati, è custodita nei fondi della Bibliothèque Nationale a parigi9.

pubblicato per la prima volta nel 1653 in un volume miscellaneo curato dal bibliotecario vaticano Leone Allacci10, l’Itinerarium è stato oggetto di

una sola edizione critica11, comparsa ad Amburgo nel 1859 e realizzata a

6 Sul tema si rimanda ai basilari contributi di Burke 1969; Settis 1986; Weiss 1988. 7 per la formula onomastica di Vilbrando e per quelle di tutti gli altri viaggiatori e

pellegrini di età successiva si è deciso di ricorrere, qualora esista, alla versione italianizzata utilizzata da Cardini 2002.

8 Dati biografici essenziali sull’autore in Schein 1998. per un’analisi delle

motivazio-ni, della struttura e delle tappe del suo viaggio in Oriente vd. Graboïs 2001; Halfter 2001. Sul ruolo di Vilbrando come testimone di edifici poi scomparsi vd. Richard 1996b.

9 BNf, ms. fr. 10130, ff. 19v-30v; cfr. Bondéelle 1999; Labory 2001. Sulla

tradi-zione manoscritta dell’Itinerarium di Vilbrando vd. Baron 1975.

10 Allatius 1653, pp. 121-152.

11 Laurent 1859. Dopo cinque anni lo stesso curatore ripubblicò il testo, allegandovi

un apparato critico lievemente differente ed inserendolo in un volume miscellaneo conte-nente i resoconti di altri tre pellegrinaggi: vd. Laurent 1864, pp. 159-190.

(28)

partire dall’editio princeps secentesca e dal manoscritto su cui la stessa si era basata12.

La parentesi cipriota del racconto di Vilbrando occupa circa un decimo dell’intero Itinerarium ed è strutturata in due sezioni principali. Nella prima parte l’autore fornisce un inquadramento geografico di massima dell’isola, collocandola nei pressi dell’arcipelago delle Cicladi, ma precisando che non si trattava di una di esse. Vengono sinteticamente ricordate le dimensioni del territorio cipriota, mentre ampio spazio è riservato all’illustrazione delle massime cariche della gerarchia ecclesiastica locale, con riferimento tanto al clero latino che a quello greco ortodosso. Sin dalle prime righe del suo inciso Vilbrando accenna inoltre ripetutamente alla fertilità del suolo di Cipro, recuperando un tema già presente nella produzione letteraria dei principali poeti latini della classicità, dove l’isola era contraddistinta dagli epiteti opima e beata13.

Di tutti i prodotti dell’agricoltura locale ve ne è uno in particolare che risalta agli occhi del prelato sassone: il vino. Come quello della fertilità, an-che quello della bontà e robustezza del vino cipriota era ormai divenuto, all’epoca in cui scriveva Vilbrando, un vero e proprio topos letterario, la cui origine non è però da ricercarsi nelle fonti greche e latine relative all’isola. Sebbene infatti alcuni autori classici accennino alla produzione vinicola lo-cale14, essi non vi conferiscono alcun carattere di straordinarietà, circostanza

che si registra invece in molti dei resoconti di viaggio redatti dai pellegrini in età medievale15. Come attesta d’altronde lo stesso Vilbrando, alla base della

fama goduta dal frutto delle uve cipriote era piuttosto da considerarsi un celebre passo del Cantico dei cantici:

Botrus cypri dilectus meus mihi in vineis Engaddi16.

Compreso nella sezione iniziale del sensuale poemetto biblico

attribui-12 Staatsbibliothek zu Berlin, ms. Diez C fol. 60, ff. 39r-58v; cfr. Winter 1994, pp.

43-44. Il manoscritto è inspiegabilmente dato per disperso da Baron 1975, p. 504.

13 Cfr. Verg. Aen. I, 621-622: «Genitor tum Belus opimam / vastabat Cyprum»;

Hor. carm. III, 26, 9: «O quae beatam diva tenes Cyprum».

14 Cfr. Strab. XIV, 6, 5; plin. nat. XII, 109, XIV, 7, 74.

15 Cfr. Richard 1985, p. 276: «The vineyards of Cyprus were famous. Besides the

arbors for the production of raisins, there were immense vineyards, especially in the south of the island».

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to a re Salomone, il versetto fu oggetto di un’interpretazione erronea duran-te tutto il periodo medievale. Il significato dell’espressione «botrus cypri», inclusa in una metafora istituita dalla sposa fra il proprio amato ed un ra-moscello di cipro (altro nome dell’alcanna), fu infatti travisato sin dai primi chiosatori cristiani del poema, che vi individuarono un’allusione all’aspetto ed alla prelibatezza dei grappoli d’uva ciprioti.

Già Gregorio Magno nella sua Super Cantica canticorum expositio sosteneva infatti: «Cyprus insula est in qua uberiores vineae quam alibi nascuntur»17. In maniera analoga Apponio, nel suo commentario al

po-emetto biblico redatto probabilmente dopo il V secolo, affermava: «prae omnibus terris insula Cyprus mirae magnitudinis botros uvarum gignere fertur»18. I commentatori dei secoli successivi si prodigarono ulteriormente

nel fornire ragguagli che facilitassero l’esegesi del passo: così l’abate clu-niacense Gilbert foliot nella sua Expositio in Cantica canticorum compo-sta attorno alla metà del XII secolo precisava: «Cyprus enim insula vitibus abundans est, botros habens magnitudine sui caeteris incomparabiles, vi-num dantes quod gustantes innata sibi suavitate laetificat et dolorem, si quis est ex passione, lenit et mitigat»19. Nello stesso scorcio di anni i ricordi

personali di chi si era recato in Terrasanta nel periodo delle crociate faceva-no la loro prima comparsa all’interfaceva-no del commento al Cantico composto dal teologo premostratense filippo di Harvengt: «Cyprus insula est ceteris circumiacentibus prior potius quam secunda, ut aiunt qui viderunt, vini peroptimi tam fecunda, ut non solum sibi eius fecunditas grata et sufficiens habeatur, sed et inde in alias regiones vinum sui merito transvehatur. Cuius botrus ad videndum pulchrior, gratior ad edendum, ad bibendum suavior invenitur, cum maturo tempore torcular calcantium experitur»20.

Se il richiamo all’ubertà delle vigne cipriote presente nell’Itinerarium è riconducibile con certezza al travisamento di un versetto biblico piuttosto che all’eco di fonti scritte greche o latine, il parallelo che Vilbrando istitu-isce nella sezione immediatamente successiva del suo racconto rappresenta invece un chiaro riferimento ad una tematica già ben attestata dalla voce degli autori antichi. Accennando alle caratteristiche principali degli abitanti

17 PL, LXXIX, col. 493.

18 CCSL, XIX, p. 68. per un’analisi del passo vd. Didone 1986, pp. 90-92. 19 PL, CCII, col. 1205.

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dell’isola (in particolare di quelli di fede ortodossa ed armena), il prelato sassone ritiene infatti opportuno precisare:

Qui omni sua dispositione informes et paupere habitu incedentes plurimum luxurie deserviunt; quod vino illius terre, in quo multa est luxuria, vel pocius ipsis bibentibus imputabitur. Hac etiam conside-ratione habita Venus in Cipro coli dicebatur. unde et ipsa Cipris est appellata, ubi dicitur «Cipris eo Marte vel ea devincitur arte»21.

Il legame fra l’inestinguibile lussuria dei Ciprioti e la loro antica de-vozione per Afrodite rappresenta uno dei topoi maggiormente attestati nei resoconti redatti dai pellegrini nella tarda stagione medievale22. Così come

l’inciso «in quo multa est luxuria» riecheggia il precetto paolino «nolite ine-briari vino, in quo est luxuria»23, la menzione finale dell’esametro «Cipris eo

Marte vel ea devincitur arte» richiama una citazione proverbiale presente, fra l’altro, in due opere coeve all’Itinerarium di Vilbrando: lo Speculum ecclesiae di Gerardo di Cambria e il cosiddetto Polythecon24.

fra le fonti scritte utilizzate da Vilbrando in relazione a Cipro soltanto una è però nominata in maniera esplicita. Il suo contenuto doveva riguar-dare le fasi più antiche della storia dell’isola e, in particolare, il suo passato mitico:

Qui autem plenius de hac terra scire voluerit, qualiter primo facta fuerit habitabilis et quomodo virgines in hac terra a demonibus fuerint corrupte et impregnate et in quantum ipsi demones homines primos huius terre colonos infestaverint, ille requirat librum prepositi Herman-ni de Lugowe, in quo ipse vir nobilis et piissime memorie omHerman-nia et multo plura de statu huius terre plene et ad unguem descripsit. Cuius anime nostra caritativa oratio dignetur reminisci25.

21 BNf, ms. fr. 10130, f. 26v (cfr. Laurent 1864, p. 180, dove l’esametro finale è

però erroneamente emendato in «Cypris dea Marte vel eadem vincitur arte»).

22 Cfr. infra, par. 4.2.2. 23 Vvlg. Eph. V, 18.

24 Gir. Cambr. spec. eccl. III, 8: «proinde metrice quidam succinteque satis et sub

bre-viloquio dixit: “Te Veneri vincis si non fugias, fuge vincis”. Item et alius: “Qua specie Martis cedit victoria parthis, / Cypris ea Marte, vel ea deluditur arte”»; Polythecon VIII, 243-245: «Cede repugnanti: cedendo victor abibis. / Qua specie Martis cedit victoria parthis, / Cipris eo Marte, vel ea deluditur arte».

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La consultazione del più autorevole testimone manoscritto dell’Itine-rarium ha portato a sostituire la lezione «Hermanni de Lugonne», fornita in tutte le edizioni a stampa dell’opera26, con quella «Hermanni de

Lugo-we», imposta dalla ratio palaeographica. Svanisce così l’ipotesi avanzata dal filologo Johann Carl Mauritz Laurent di identificare il personaggio con un inesistente «Hermannus de Lyon, praepositus capituli Cyprii», il quale d’al-tronde, come ricordava Laurent stesso, «alibi non commemoratur»27.

Il raffronto con un documento contemporaneo alla redazione del re-soconto di Vilbrando suggerisce invece di riconoscere nella forma Lugowe il nome dell’attuale Lüchow, cittadina della Bassa Sassonia non lontana da Amburgo, ubicata quindi nello stesso orizzonte geografico nel quale viveva ed operava l’autore dell’Itinerarium28. Le affermazioni di Vilbrando lasciano

inoltre intendere che quando egli scriveva, agli inizi del Duecento, il prepo-sto Ermanno, «vir nobilis et piissime memorie», era ormai morto da qualche tempo: ciò suggerisce di collocare il floruit di questo personaggio attorno alla seconda metà del XII secolo. Soltanto una nuova indagine sulle fonti coeve potrà tuttavia sciogliere i dubbi che ancora permangono sull’identità del prelato, la cui opera scritta, forse non irrimediabilmente perduta, tanto «plene et ad unguem» illustrava le fasi più antiche del passato cipriota29.

un accenno alle peculiarità della fauna locale conclude la parte in-troduttiva della sezione dell’Itinerarium dedicata a Cipro, alla quale segue l’esposizione delle tappe della visita ivi compiuta da Vilbrando. Sbarcato a Cerinea, questi si portò immediatamente alla corte di Nicosia, da dove decise di intraprendere il pellegrinaggio al santuario montano della croce del Buon Ladrone30. per raggiungere questo edificio di culto Vilbrando si recò

innanzitutto a Limassol, nei cui paraggi si sarebbe ancora trovato il già

men-26 Cfr. Allatius 1653, p. 142; Laurent 1864, p. 181.

27 Laurent 1864, p. 181, nota 172; cfr. Cobham 1908, p. 13: «Of the “prepositus

Hermannus de Lugonne” nothing is known». La congettura sembra inoltre trascurare il fatto che il nome latino di Lione è sempre stato Lugdunum.

28 Cfr. Wigger 1869, p. 60: «Naulitz (bei Lüchow) […] “Naulitz iuxta Lugowe”». 29 Cfr., a titolo esemplificativo, i riferimenti a personaggi omonimi presenti in petke

1971, p. 66, nota 33; Ehlers 2008, p. 69.

30 Sul santuario di Stavrovouni e sull’episodio della leggenda agiografica di sant’Elena

ad esso connesso vd. Hackett 1901, pp. 439-454; Schabel 2005, pp. 212-214. Sull’aned-doto riferito da Vilbrando, secondo cui il diavolo avrebbe infestato il territorio cipriota prima dell’intervento della madre di Costantino vd. Riis 2000, pp. 149-152.

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zionato vigneto biblico di Engaddi, delle cui uve il prelato sassone dichiara di aver personalmente assaggiato il succo. Alla descrizione del miracolo del Mons Sanctae Crucis segue un breve accenno all’abitato di pafo (fig. 2), non visitato di persona da Vilbrando, ma presso il quale egli ricorda l’esistenza di una «turris», anticamente adorata dai pagani e consacrata al culto di Vene-re31. Il racconto si avvia alla conclusione con la narrazione di un aneddoto

verificatosi prima dell’arrivo alla tappa finale dell’itinerario percorso dal pre-lato: famagosta (fig. 3). un membro della comitiva con cui viaggiava Vil-brando, ebbro per il troppo vino bevuto, cascò dall’asino su cui cavalcava e ricevette da questo un forte calcio: l’episodio, raccontato con accento beffar-do, fornisce lo spunto per riportare il verso di un’epistola oraziana32, nonché

per trarre dall’accaduto un insegnamento morale, sintetizzato mediante la citazione di uno dei Disticha Catonis33. Con la descrizione di famagosta ed

un cursorio accenno alle rovine di Salamina, «civitas destructa» della quale era nativo sant’Epifanio34, si conclude la parentesi cipriota del racconto.

pur contenendo soltanto un limitato numero di riferimenti alle anti-chità dell’isola, lo scritto di Vilbrando costituisce l’unico resoconto di un pellegrino del XIII secolo nel quale il passato classico di Cipro e qualche allusione ai monumenti antichi del luogo facciano una pur fugace compar-sa. Le citazioni di autori classici presenti nel testo e il discreto grado di co-noscenza del territorio locale raggiunto dal prelato costituiscono comunque motivo di apprezzamento del valore dell’Itinerarium come fonte storica, a discapito dell’atteggiamento eccessivamente critico assunto a volte nei suoi confronti35. Come si è visto, Vilbrando è inoltre l’unico autore a noi noto

che conservi memoria del liber di Ermanno di Lugowe, un’opera che, agli

31 per un esame più approfondito del passo vd. infra, par. 4.2.1. 32 Hor. epist. I, 5, 19.

33 ps. Cato dist. II, 21.

34 Sul santo, vescovo di Salamina, vd. i sintetici ragguagli forniti da Hackett 1901,

pp. 399-407; Delehaye 1907, pp. 242-243; Boublík 1964, e, più di recente, i contributi monografici di Englezakis 1986 (Englezakis 1995, pp. 29-40); Rapp 1993.

35 Vd. ora l’apprezzamento espresso da Cardini 2002, p. 204: «Il rinnovamento

della cultura, non più affidata alla sola esegesi dei testi ma attenta anche all’esperienza, si coglie in trattati-resoconti come la Peregrinatio del canonico Vilbrando di Oldenburg, del 1211-12, che va oltre le pure descrizioni devozionali e allarga di molto i consueti orizzonti geostorici della conoscenza della Terrasanta». Sulle affermazioni di Vilbrando inerenti a pafo cfr. Młynarczyk 1990, p. 36, dove si riconosce il loro valore di testimonianza di seconda mano.

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albori della dominazione franca di Cipro, era ritenuta particolarmente im-portante per la conoscenza del passato dell’isola.

1.1.2. La stagione d’oro di Cipro nei resoconti dei pellegrini trecenteschi (1335-1350)

Se il racconto di Vilbrando costituisce un caso isolato, in quanto uni-ca testimonianza odeporiuni-ca duecentesuni-ca a noi nota contenente un’ampia descrizione di Cipro, la situazione non può ancora considerarsi cambiata per quanto concerne i primi anni del XIV secolo. Alla perdita delle ultime roccaforti crociate sulla costa siro-palestinese (Acri cadde nel 1291) seguì infatti una fase di contrazione della pratica dei pellegrinaggi, che iniziarono a riprendere vigore soltanto nel secondo e terzo decennio del Trecento36. Da

questo momento in poi, tuttavia, l’apertura della nuova via per Gerusalem-me attraverso l’Egitto ed il Sinai, forteGerusalem-mente patrocinata, tra gli altri, dal potente ordine francescano, segnò anche un deciso rafforzamento del ruolo di Cipro come tappa nel percorso verso la Terrasanta. Non a caso, molti dei resoconti di viaggio redatti nel secondo quarto del XIV secolo conten-gono una o più sezioni dedicate all’isola e alle sue caratteristiche principali: in esse figurano non di rado riferimenti incidentali ai monumenti antichi ancora visibili in loco, soprattutto nel caso in cui questi fossero stati oggetto di reimpiego e rilettura mediante il meccanismo esegetico dell’intepretatio christiana37.

Il primo dei pellegrini a noi noti che, dopo aver toccato le coste di Ci-pro, mise per iscritto un ampio ricordo della propria permanenza sull’isola è l’agostiniano Iacopo da Verona38. partito dalla città scaligera il 7 maggio del

36 Sulla frequentazione dei Luoghi Santi da parte dei pellegrini negli anni a cavallo fra

XIII e XIV secolo vd. Cardini 2002, pp. 217-235.

37 Sul tema rimane fondamentale la riflessione di panofsky 1960, part. pp. 82-100;

più di recente vd. Inglebert 2001. Sul reimpiego di architetture antiche come luoghi di culto cristiano vd. Cantino Wataghin 1999.

38 Ampi ragguagli sull’opera e il suo autore in Bartolini 2004; cfr. anche Cardini

2002, pp. 230-233. Il diario di viaggio di Iacopo da Verona, redatto originariamente in latino, è stato oggetto di due diverse edizioni critiche: Röhricht 1895, part. pp. 176-179 per la descrizione di Cipro; Monneret de Villard 1950, part. pp. 16-20 per la descrizione di Cipro.

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1335, egli si imbarcò a Venezia ai primi di giugno e approdò al porto di pafo dopo circa un mese di navigazione. A Cipro si trattenne per una ventina di giorni, visitando però soltanto il santuario montano della Santa Croce e i due principali centri abitati dell’isola: famagosta e Nicosia. Ciononostante, le pagine del Liber peregrinationis composto dal religioso si distinguono per il loro elevato livello di originalità: l’autore preferì infatti inserirvi le proprie impressioni personali piuttosto che citazioni letterarie tratte da fonti scritte di età precedente.

L’inciso cipriota del racconto di Iacopo da Verona è occupato prevalen-temente dalla colorita descrizione di singoli episodi ritenuti degni di men-zione (lo sbarco sull’isola di alcuni esuli armeni provenienti da Laiazzo, le esequie di un ricco cittadino di famagosta, un’originale cerimonia nuziale celebrata nella stessa città etc.). In esso non manca inoltre un topico accenno alla potenza del vino locale, dai testimoni manoscritti del Liber denominato «Maraa»: probabilmente una forma interpolata dell’aggettivo greco maÚroj (nero). per quanto concerne però la memoria dell’antico il diario di viaggio dell’agostiniano appare a prima vista alquanto povero di informazioni: nulli infatti sono i riferimenti alle fasi pre-cristiane della storia dell’isola, così come nessun accenno è esplicitamente rivolto alle emergenze archeologiche locali.

Seppur in maniera inconsapevole, il racconto del pellegrino si dilunga tuttavia sulle prerogative di un monumento antico di Cipro, adattato a nuo-vo uso secondo lo schema dell’interpretatio christiana. Come ringraziamento per aver compiuto una navigazione sicura l’autore del Liber ricorda infatti che, appena sbarcati sull’isola, «omnes mercatores et peregrini et naute» si recarono alla cappella di Santa Maria della Cava, situata «extra civitatem famagoste quantum potest iacere arcus bis»39. Era questo un luogo di

cul-to dedicacul-to alla Panag…a Sphlaiètissa o Crusosphliètissa, oggi trasformato in moschea e ubicato nell’abitato di Kato Varosha, a Sud-Ovest di famagosta40. Questa struttura, collocata in un ambiente sotterraneo

ac-39 Monneret de Villard 1950, p. 17.

40 Cfr. Enlart 1899, pp. 263-264 (dove la cappella è però confusa con la chiesa

famagostana di Santa Maria della Giara, su cui vd. infra, par. 2.1.3); Jeffery 1918, pp. 103, 224-226; Gunnis 1936, pp. 453-454; Edbury 1995a, p. 344; Bacci 2004, pp. 230-231; Schabel 2005, p. 214; Bacci 2009, pp. 441-442; Bacci c.s. un altro ambiente sotterraneo, a quanto pare anch’esso denominato cappella della Cava, si trova a circa 300 metri ad Ovest della cinta muraria di famagosta, nei pressi del bastione Martinengo: cfr. Mogabgab 1936, p. 96, nota 1; Mogabgab 1937-39, p. 186; de Vaivre 2006, pp. 444-445. Queste due

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cessibile discendendo «per gradus XXXVI» e definita da Iacopo da Verona «bene luminosa et ornata et picta, parve tamen quantitatis», costituisce un significativo esempio di sepoltura antica successivamente utilizzata a scopo cultuale dalla comunità cristiana41. Nel contesto geografico cipriota analoghi

casi di reimpiego di tombe ipogee sono attestati nella necropoli di Salamina, in cui si segnala il caso della ‘prigione di santa Caterina’42, e nei dintorni di

Larnaca, dove si trova una cappella consacrata alla Ag…a Fanerwmšnh, ricavata da una struttura sepolcrale databile approssimativamente al VII se-colo a.C43.

Il ricordo della cappella di Santa Maria della Cava compare di rado nelle fonti odeporiche: oltre alla testimonianza di Iacopo da Verona si an-noverano solo quelle di altri due pellegrini trecenteschi (l’anonimo france-scano inglese e Nicola Martoni), discusse più avanti in questo capitolo, e la descrizione della visita di Cipro effettuata nel 1683 dal viaggiatore olandese Cornelis de Bruyn44. Attestato per la prima volta in due testamenti rogati dal

notaio genovese Lamberto di Sambuceto nel 130045, questo luogo di culto

strutture ipogee non sono inoltre da confondere con il monastero di clarisse di Santa Maria della Cava ubicato a Sud-Ovest di Nicosia (nei pressi dell’omonima residenza fortificata dei Lusignano), sul quale vd. Golubovich 1906, pp. 397-398; Golubovich 1923, pp. 535-536; Golubovich 1927, p. 242.

41 Cfr. Jeffery 1918, p. 225: «The chief interest of this church to the modern visitor

is its having originally been an important pagan tomb. Here we see the original “dromos” preserved throughout its subsequent use as a church, and the chief alteration to the monu-ment has probably been an enlargemonu-ment of the principal cave by removing the more usual cross formed angles supporting the ceiling, and converting the interior into a roughly hewn out octagon on plan».

42 A proposito di questa struttura vd. infra, cap. 3.

43 Su questo monumento, il cui reimpiego risulta essere molto più tardo rispetto ai

casi della regione di Salamina, vd. Ross 1851, coll. 327-328; Jeffery 1918, p. 165; Gunnis 1936, p. 118; Karageorghis 1976, pp. 142-144; Yon 2006, p. 119.

44 Cfr. Le Brun 1700, p. 375: «Lors que nous fûmes retournez de famagouste au

bourg de Spigliotissa où j’avois choisi ma demeure, on me mena voir une église sous terre qui porte le nom du bourg. pour y aller on descend vingt quatre degrez qui sont tous taillez dans le roc, de même que l’église, qui est accompagnée d’un puits et d’une chambre. J’y vis aussi plusieurs anciennes peintures, mais la plus part tout effacées».

45 Desimoni 1884, p. 101, n. CLXXXIX: «Item pro missis canendis pro anima mea

fratribus Minoribus et predicatoribus et ecclesie de Cava in distribucione uxoris mee bissan-tios viginti» (famagosta, 25 luglio 1300); Desimoni 1893, p. 343, n. CDLXXVII: «Item Sancte Marie de Cava bissantios sex» (famagosta, 21 dicembre 1300).

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è menzionato anche da un documento emesso dalla cancelleria avignonese di Giovanni XXII nel maggio 1328: da esso risulta che, verificata l’assenza di elementi ostativi, il pontefice avrebbe concesso di celebrarvi gli uffici litur-gici ai monaci dell’ordine di san Basilio del convento di Santa Caterina sul Monte Sinai, ai quali veniva anche dato il permesso di erigere, nei pressi del-la cappeldel-la, un monastero in onore deldel-la Vergine e di santa Caterina stessa46.

L’ambiente devozionale è infine menzionato anche da philippe de Mézières nella sua biografia di san pier Tommaso, arcivescovo di Creta appartenente all’ordine carmelitano, morto a famagosta nel 136647.

Di recente un’accurata ricognizione della struttura condotta da Michele Bacci ha consentito di integrare il contenuto delle fonti letterarie con quan-to è ancora visibile in situ. Lo studioso ha infatti convincentemente iden-tificato nelle forme della cappella della Panag…a Crusosphliètissa le sopravvivenze di un luogo di culto predisposto per venire incontro alle esigenze devozionali di un’eterogenea comunità di fedeli. Ad una stanza principale coperta da una cupola e destinata ad accogliere l’assemblea si affianca infatti un ambiente più interno collocato ad Est, nel quale sono riconoscibili due distinti complessi di strutture liturgiche, utilizzati rispet-tivamente dagli officianti di rito ortodosso e da quelli appartenenti al cle-ro cattolico48. Non è inoltre da escludere che la devozione di marinai e

46 Tàutu 1952, pp. 194-195, n. 101: «pro parte venerabilis fratris nostri [***]

epi-scopi et dilectorum filiorum fratrum Montis Sinai ordinis sancti Basilii, nobis extitit inti-matum, quod nonnulli ex suis fratribus in regno Cypri orationibus insistentes habitant in eremis et desertis. Quare pro parte ipsorum fuit nobis humiliter supplicatum, ut ecclesiam Sanctae Mariae de Lacava sitam prope civitatem famagustanam, quae de facto dicitur de-tineri occupata, prope quam desiderant monasterium in honorem eiusdem beatae Mariae virginis et sanctae Catherinae construere et in eadem ecclesia divina officia celebrare, conce-dere dignaremur; […] si consensus eorum ad quos ipsius ecclesiae collatio seu praesentatio pertinet concurrerint in praemissis, eandem ecclesiam eisdem episcopo et fratribus aucto-ritate apostolica perpetuo concedatis pro constructione eiusdem monasterii et ut possint divina celebrare officia in eadem» (Avignone, 26 maggio 1328). Cfr. anche Richard 1986, pp. 65-66.

47 AASS, gennaio, II, p. 1017: «De ecclesia Carmelitarum nudis pedibus in magno

luto extra civitatem [scil. famagostae] ad ecclesiam Beatae Mariae de Cena [lege Cava] ivit. Ibique in pontificalibus et nudis pedibus super lapidem stans, missam solemnem celebra-vit». Su san pier Tommaso vd. Quagliarella 1960; Stiernon 1968.

48 Cfr. Bacci 2009, p. 442: «The room reserved to the laypeople is that covered with

a large dome, which also served as a marker of the holy site from the outside, whereas the space of the clergy is located in the inner and lower room to the east, whose walls have been

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