• Non ci sono risultati.

Stefano Lusignano

2.2. Eruditi

2.2.4. Stefano Lusignano

per ultimare l’analisi dei lavori di erudizione inerenti alle antichità di Cipro composti nel secolo della dominazione veneziana è necessario, pur oltrepassando di qualche anno i limiti cronologici stabiliti per questa ri-cerca, prendere in considerazione la produzione letteraria del domenicano cipriota Stefano Lusignano. Discendente di un ramo cadetto dell’antica fa-miglia reale, fra Stefano si era infatti da poco imbarcato su una galea alla volta di Venezia, allorché la sua isola natale cadde in mano delle armate ottomane: trovatosi improvvisamente nella condizione di esule senza patria, egli trascorse il resto della sua vita nel tentativo di sollecitare un intervento delle potenze europee che portasse alla riconquista del territorio cipriota o, quantomeno, al riscatto dei propri parenti tenuti prigionieri ad Istanbul259. fu proprio allo scopo di sensibilizzare i sovrani occidentali che, subito dopo la caduta di Cipro, il domenicano volle redigere in italiano un’ampia mo-nografia di argomento storico-mitologico-geografico interamente dedicata alla sua patria. L’opera fu data alle stampe per la prima volta a Bologna nel 1573 con il titolo Chorograffia et breve historia universale dell’isola de Cipro260. Dopo pochi anni ne fu ripubblicata a parigi una versione ampliata in lingua francese, intitolata Description de toute l’isle de Cypre261.

259 per i principali dati bio-bibliografici su Lusignano si rimanda a Grivaud 1996a, pp. 1189-1204; Kitromilides 2002, pp. 190-194; Schabel 2002-03.

260 Lusignano 1573.

Stefano Lusignano può essere considerato il terzo ed ultimo erudito cipriota del Cinquecento a noi noto che si occupò in maniera estensiva dello studio delle antichità dell’isola. Rispetto ai suoi compatrioti francesco Attar e florio Bustron, egli fu però meno vicino agli ambienti dell’amministra-zione veneziana. La sua è infatti una figura fisicamente ed intellettualmente dinamica, il cui bagaglio culturale appare influenzato sia dalle secolari tradi-zioni cipriote che dai più recenti sviluppi del sapere occidentale, con cui egli entrò in contatto negli anni dell’esilio. Sebbene l’attendibilità di Lusignano sia stata più volte messa in discussione, l’unicità della sua esperienza perso-nale e la recente rivalutazione delle sue competenze storiografiche inducono invece ad esaminare con la massima attenzione il contenuto della sua opera, che si pone quasi a suggello temporale dell’ampio arco cronologico che ci siamo proposti di ripercorrere262.

pur ultimato al di fuori dei confini dell’isola, il primo lavoro a stampa di Lusignano rappresenta senza dubbio il frutto di una pluriennale riflessio-ne erudita, che l’autore dovette aver iniziato prima di abbandonare Cipro. Nella sua concezione generale la Chorograffia di fra Stefano riproduce visibil-mente l’impianto dell’Historia di Bustron: che la minor fortuna goduta da quest’ultima non fosse legata ad un giudizio qualitativo, ma unicamente al fatto che per secoli essa circolò solo in versione manoscritta, risulta evidente da un raffronto fra le due opere. Sebbene infatti, almeno per quanto concer-ne il campo dell’antiquaria, le nozioni possedute dai due eruditi sembrino in qualche modo equivalersi, il loro approccio critico alla materia e i loro criteri espositivi sono invece assai diversi. Mentre la narrazione di Bustron segue, nei limiti delle competenze dell’epoca, un andamento più organico e basato su dati passibili di riscontro, il racconto di Lusignano appare invece caratterizzato da un’esegesi più caotica e dal desiderio di non escludere alcun tipo di informazione, anche se priva di autenticità storica.

Questa disparità è rilevabile sin dalla sezione iniziale della Chorograffia, che il suo autore volle consacrare ad un’analisi topografica e antiquaria degli insediamenti ciprioti di età greco-romana263. Il testo si apre, come d’abi-tudine, con l’elenco delle antiche denominazioni con cui era nota l’isola: a differenza di Bustron, che decise di esaurire l’argomento riportando

so-262 per una sintesi delle critiche rivolte a Lusignano ed una decisa rivalutazione del suo ruolo all’interno del panorama storiografico cipriota del XVI secolo vd. Grivaud 1996a, pp. 1190-1191.

stanzialmente la stessa lista presente nella Naturalis historia di plinio264, fra Stefano si dilungò invece in una complessa esposizione comprendente ben dieci epiteti e tredici nomi, per ognuno dei quali egli fornì un tentativo di spiegazione etimologica265. Analoga considerazione vale anche per le pagi-ne successive del testo, in cui figura un’analisi estensiva di tutti gli antichi insediamenti dell’isola. Se infatti Bustron si limitò ad esporre una serie di dati letterari ed archeologici sui principali siti menzionati nella Geografia tolemaica, Lusignano arrivò invece a redigere un elenco di oltre quaranta toponimi, derivati non solo dall’opera di Tolomeo, ma anche da quella di Strabone, nonché da altre fonti latine e greche.

In questo lungo excursus fra Stefano non indugiò però sulla condizione in cui versavano i resti degli antichi abitati, ma preferì cimentarsi in com-plesse narrazioni aneddotiche, talvolta invero farraginose, relative al passato mitico delle singole località. Ne consegue un prodotto letterario che, pur rientrando piuttosto nel campo dell’antiquaria che in quello della storia dell’archeologia, non risulta per questo privo di interesse e di stimoli per futuri approfondimenti. Oggetto di studio dovrebbero essere in particolare i motivi che indussero Lusignano ad introdurre tante voci nel proprio ca-talogo, nonché l’esame della correttezza delle singole identificazioni fra siti antichi e moderni casali che egli accolse nella sua opera. Non da ultimo si dovrebbe inoltre procedere ad un’analisi dell’influenza esercitata da questa sezione della Chorograffia sulla produzione erudita dei secoli successivi: sep-pur a volte in forma latente, le notizie tramandate da fra Stefano si sono infatti ripresentate con frequenza negli studi dedicati a Cipro anche in tempi non lontani dai nostri. Rimandando ad altra sede una disamina complessiva della riflessione antiquaria di Lusignano e della fortuna di cui essa godette, ci limiteremo qui ad esporre le osservazioni concrete che il domenicano ri-ferisce in relazione ai siti archeologici ciprioti, onde raffrontarle con quelle presenti nell’opera di Bustron.

Rifacendosi al prototipo della Geografia tolemaica (o forse alla stessa Historia di Bustron), la descrizione degli antichi toponimi ciprioti presen-te nella Chorograffia prende inizio dalla regione di pafo, proseguendo poi lungo la costa dell’isola in senso antiorario. Come avremo modo di vedere,

264 Cfr. plin. nat. V, 129.

265 Lusignano 1573, ff. 2r-3r («Quali fossero ne’ tempi antichi i nomi dati all’isola di Cipro»).

lo scritto di Lusignano costituisce la prima testimonianza a noi nota di co-spicui ritrovamenti di materiale archeologico avvenuti nei siti della fascia marittima occidentale di Cipro. Il domenicano riferisce infatti che nell’area necropolare contigua al villaggio di Kouklia (l’antico insediamento di pafo Vecchia, da lui identificato però con l’immaginario toponimo di Cithera) gli abitanti del posto avevano portato alla luce ricchi corredi funerari, para-gonabili a quelli che affioravano dai sepolcri dell’area di Salamina. Di par-ticolare rilievo era stata una scoperta effettuata nel 1564, dalla quale erano emersi preziosi reperti archeologici, la cui corretta identificazione rimane però ancora incerta266.

È questo uno dei pochi rinvenimenti di manufatti antichi su cui la Chorograffia si sofferma con abbondanza di dettagli. privilegiando le testi-monianze letterarie rispetto a quelle di carattere materiale, Lusignano si di-mostra infatti molto meno propenso di Bustron a dilungarsi sulla presenza di reperti antichi e di resti architettonici all’interno degli insediamenti da lui menzionati. Così, per quanto concerne il sito di Curio, ampiamente descrit-to dal suo predecessore, egli si limita a ricordare il ritrovamendescrit-to di alcune «colonne sottoterra»267.

Maggiori particolari sono forniti a proposito di alcuni oggetti prove-nienti con ogni probabilità dalla necropoli di Amatonte e passati in pro-prietà del capitano di Limassol Giulio podocataro268. fra questi figuravano «un vaso bello grandetto di porfido» (in realtà probabilmente di alabastro) con base a spirale, nonché alcuni reperti apotropaici, la cui forma alludeva evidentemente alla sfera sessuale269. Del sito di Amatonte Lusignano ricorda anche i due colossali vasi «di pietra viva» già menzionati nell’Historia di

Bu-266 per un esame dettagliato di questa sezione della Chorograffia vd. infra, par. 4.2.6.

267 Lusignano 1573, f. 8r (nessuna menzione di antichità provenienti da Curio figu-ra invece in Lusignano 1580, ff. 17v-18r).

268 Su alcuni membri della famiglia podocataro vd. Cicogna 1834, pp. 142-147; Rudt de Collenberg 1993. Annotazioni inedite sulla casata si trovano anche in BMCVe, ms. Gradenigo Dolfin 200, n. VII, ff. 100r-105v.

269 Lusignano 1573, f. 7r: «Et quando che io era a Limissò, ritrovorno in una sepol-tura già aperta secretamente, quello che non si scrive et ancho un vaso bello grandetto di porfido: il piede andava a vite fatto et quando mettevi dentro una candela, lucea sì bene che parea una lanterna; et l’hebbe Giulio Abodochataro, capitaneo de Limissò; et continuamen-te si ritrova qualche cosa chi vi cerca». L’assenza della notizia nella Description è rimarcata anche da Grivaud 1996a, p. 1193, nota 229. Sul ritrovamento di falli apotropaici nell’area archeologica di Amatonte vd. Hermary 1981, p. 69.

stron, nonché una colonna, denominata per il suo aspetto «agucchia», che ancora si stagliava fra le rovine dell’antica acropoli270.

Nelle voci dedicate dalla Chorograffia ai restanti insediamenti della co-sta meridionale cipriota non compaiono ulteriori indicazioni di carattere archeologico. Lusignano riferisce infatti soltanto dati geografici e letterari, limitandosi a ricordare, nel caso di Cizio, la presenza di un antico porto, noto peraltro dal solo testo di Strabone. fra i siti di Amatonte e Cizio l’autore inserisce inoltre erroneamente il toponimo Marium, attestato dalla lista di città cipriote della Naturalis historia pliniana, identificandolo con il villaggio moderno di Mari. Egli dimostra quindi di ignorare che l’antica Mario, distrutta dalle armate di Tolomeo Lago nel 312 a.C., si trovava invece nell’angolo nord-occidentale dell’isola, lì dove sarebbe poi stata rie-dificata con il nome di Arsinoe271.

passando a descrivere gli insediamenti della costa orientale dell’isola, Lusignano individua correttamente in Arsinoe la fondazione di età tole-maica che diede poi origine al moderno abitato di famagosta272. In questa città egli ricorda la presenza della celebre ‘idria di Cana’ e del sepolcro di sant’Epifanio, senza fornire tuttavia alcun dettaglio specifico sull’aspetto e sull’ubicazione di questi due reperti. Segue una lunga voce dedicata a Sala-mina, all’interno della quale prevalgono però nuovamente le notizie di deri-vazione letteraria. per quanto concerne i resti archeologici del sito, fra Stefa-no allude solo brevemente alle vestigia del sistema di approvvigionamento idrico, menzionando la cisterna monumentale di Costanza e l’acquedotto che vi giungeva da Chitria. Come avremo modo di vedere, l’unico monu-mento antico della regione su cui Lusignano sofferma la propria attenzione è la ‘prigione di santa Caterina’, ubicata nell’area della necropoli arcaica273.

La menzione delle rovine di Salamina costituisce l’ultimo riferimento

270 Lusignano 1573, f. 9r: «Ivi si veggono molte anticaglie et in particulare una co-lonna, la quale è anchora in piedi et la dimandano l’agucchia, et poi dui vasi di pietra viva adimandati pittari, quali tengono da 80 staia di formento dentro et dalle insegne si vede che erano cose romane». Nessuna riferimento concreto al sito di Amatonte figura invece in Lusignano 1580, ff. 20r-21r. Sulla ‘agucchia’ vd. Hellmann 1984, pp. 80, 98.

271 Sulla distruzione di Mario e sugli eventi ad essa connessi vd. Bekker-Nielsen 2000. L’identificazione di Mario con la successiva Arsinoe è già sostenuta da Meursius 1675, pp. 28, 42, sulla base di una notizia riferita da Stefano di Bisanzio.

272 Cfr. Oberhummer 1924, col. 96.

concreto a testimonianze di natura archeologica presente nell’excursus topo-grafico della Chorograffia. Le rimanenti voci del catalogo di antichi toponi-mi ciprioti stilato dal domenicano, relative ai siti della costa settentrionale e dell’entroterra, consistono unicamente di citazioni letterarie e di notazioni geografiche generiche, prive di riferimenti ad architetture o a reperti anti-chi. Anche il richiamo ai santuari di Afrodite e Iside che esistevano nel sito di Soli non è altro che una menzione indiretta di una notizia riportata dal-la Geografia di Strabone274. La sezione topografico-antiquaria dell’opera di fra Stefano si conclude con una constatazione dal sapore nostalgico: «tutte queste città […] al tempo delli re Lusignani furono ridutte in 4»275.

Nelle restanti pagine della Chorograffia gli accenni alle antichità si fan-no sempre più radi. Lusignafan-no prosegue infatti il proprio scritto elencando le principali fortificazioni e i casali dell’isola, per poi fornire un catalogo di viri illustres. All’interno di questa sezione figurano i nomi di molti perso-naggi del passato classico cipriota e compare anche, come avremo modo di riscontrare, qualche ulteriore riferimento a testimonianze archeologiche, fra cui nuovamente la ‘prigione di santa Caterina’276. Seguono alcune pagi-ne dedicate all’ordinamento sociale della popolaziopagi-ne dell’isola, mentre il nucleo dell’opera è incentrato su una trattazione su base annalistica della storia tardo-medievale di Cipro. La sezione conclusiva della Chorograffia comprende infine alcune tavole riassuntive inerenti alla nobiltà e alla re-galità locali, uno schema della ripartizione amministrativa al tempo dei Veneziani, un riepilogo cronologico dei principali avvenimenti della sto-ria cipriota a partire dal diluvio universale, una trattazione delle principali produzioni economiche dell’isola (in parte derivata dal contenuto di fonti antiche) e un elenco delle distruzioni da questa subite sino al momento della redazione dell’opera di Lusignano, che l’explicit precisa essere avvenu-ta a Napoli, nel convento domenicano di Sanavvenu-ta Caterina a formiello, «nel 1570 nel fine del mese di novembre»277.

274 Cfr. Strab. XIV, 6, 3.

275 Lusignano 1573, f. 17v.

276 Cfr. infra, par. 3.2.5.

2.3. ‘Archeologi’

Nella prima parte di questo capitolo l’esame delle fonti odeporiche redatte nei decenni finali della dominazione veneziana su Cipro ha con-sentito di rilevare come gli autori di queste testimonianze fossero rimasti impressionati dai numerosi rinvenimenti di materiale archeologico che si verificavano all’epoca lungo tutto il territorio dell’isola. Nonostante la fre-quenza e l’entità di queste scoperte, nessuno dei diari di viaggio composti in questo periodo sembra però proporre alcun collegamento con il nome di esponenti della società contemporanea. Soltanto il sacerdote bavarese Wolf- gang Gebhardt riferisce le circostanze di un ritrovamento specifico, ve-rificatosi nella necropoli di Salamina nel 1560: il ricco corredo sepolcra-le che fu portato alla luce in quella circostanza fruttò ai suoi indigenti scopritori una lauta ricompensa, versata direttamente dalle autorità della Serenissima. Nel secondo paragrafo del capitolo l’analisi dei testi redatti dagli eruditi nello stesso arco cronologico ha permesso di integrare alme-no in parte questo dato, portandoci a coalme-noscere alcune informazioni sulle persone coinvolte nei ritrovamenti di antichità che ebbero luogo a Cipro negli anni ’50 e ’60 del Cinquecento. In quest’ultima sezione, attraverso l’esame congiunto delle due citate tipologie di fonte, nonché di altri testi e documenti di carattere eterogeneo, cercheremo di ricostruire con mag-giore chiarezza il profilo prosopografico di alcuni di questi ‘archeologi’ ante litteram.

Documenti correlati