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CONTAMINAZIONE DEI SUOLI DA FONTI DIFFUSE

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Academic year: 2021

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L’immissione nell’ambiente di quantità massive di prodotti chimici organici ed inorganici, provenienti da attività urbane, industriali e agrarie, porta ad una alterazione profonda degli equilibri chimici e biologici del suolo.

Nel tempo sono diventate sempre più consistenti le produzioni e l’uso di una vasta serie di composti organici ed inorganici come fitofarmaci, agenti antimicrobici, farmaci, antifermentativi, antibiotici, detergenti, solventi, lubrificanti, e così via. Alcuni di questi composti e i loro prodotti di degradazione una volta entrati nell’ambiente possono permanervi per lungo tempo.

Molti sono poi anche gli elementi e le sostanze che arrivano al suolo, tramite riciclaggio di fanghi derivanti dalla depurazione di acque reflue, di rifiuti, di effluenti di allevamenti zootecnici, di scarti industriali.

Si tratta in genere di residui che comportano come elemento positivo l’utilizzazione di sostanza organica e di elementi nutritivi ma possono presentare alcuni problemi in relazione alla presenza nelle matrici organiche di metalli e di sostanze indesiderate provenienti da attività antropiche estranee all’agricoltura.

Queste sostanze possono alterare gli equilibri chimici e biologici del suolo compromettendone la fertilità, ed entrare nelle catene alimentari.

Le biomasse di rifiuto possono infatti contenere, oltre ad eccessi di elementi micronutritivi, metalli ed elementi indesiderati, residui di principi attivi di prodotti zoo e fitosanitari, idrocarburi aromatici, e così via. Si tratta quindi di riuscire ad individuare una adeguata modalità di riutilizzo per la salvaguardia dell’ambiente e della salute umana.

Se possibile devono essere individuati in termini qualitativi e quantitativi i livelli di incidenza delle attività antropiche che interagiscono col suolo in modo tale da poterne quantificare l’impatto e la sostenibilità nel tempo.

Le situazioni di degrado del suolo connesse agli interventi antropici, alle lavorazioni agricole ed altre tecnologie adottate nelle pratiche agronomiche, si possono manifestare con repentino sconvolgimento dell’ambiente fisico, o con lenti processi nell’interno del suolo che producono modificazioni indesiderate fino alla perdita di molte delle funzioni del suolo stesso. Si verificano così processi evolutivi che si manifestano con il progressivo decadimento dei caratteri strutturali e funzionali del suolo stesso.

Tra gli indicatori individuati dal CTN SSC per questo tema, sono rappresentabili a livello nazionale diversi determinanti, come l’uso

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del suolo, che quantifica le superfici utilizzate per differenti scopi, fornendo un quadro generale delle principali attività antropiche ed il rapporto della SAU (superficie agricola utilizzata) con la superficie totale territoriale ed aziendale, che permette di quantificare meglio il peso dell’attività agricola sul territorio. Altre determinanti, qui non riportate, possono essere dedotte direttamente dall’ISTAT: numero e tipologia di aziende, numero di addetti, reddito agricolo. Il primo indicatore di pressione considerato riguarda le aree adibite ad agricoltura intensiva, che porta ad un uso maggiore di fertilizzanti chimici e di prodotti fitosanitari.

L’impiego di prodotti fitosanitari rappresenta in realtà una fondamentale pratica agricola; l’utilizzo però non sempre razionale di questi prodotti ha portato a considerarne l’uso come una delle principali fonti di inquinamento diffuso del suolo. Perciò, tra gli indicatori di pressione, è stato rappresentato il dato sull’uso presunto di fitofarmaci derivato dai dati di vendita degli stessi.

Un altro rischio di inquinamento derivante dalle pratiche agricole è connesso all’utilizzo degli effluenti zootecnici, con conseguente sovraccarico di elementi nutritivi (NO

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) sulle falde e accumulo nel terreno di metalli presenti nelle deiezioni animali (Cu e Zn). È perciò stato costruito l’indicatore di pressione relativo agli allevamenti zootecnici.

Per completare il quadro dei principali indicatori di pressione, viene anche riportato il dato sull’uso di fertilizzanti minerali, sempre dedotto da dati di vendita.

Altri indicatori di pressione, seppure interessanti, non sono al momento costruibili a livello nazionale, per carenza di dati. È invece rappresentabile un importante indicatore di risposta, riferito alle superfici adibite a coltivazioni a basso impatto ambientale.

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USO DEL SUOLO

RAPPORTO SAU/ SUPERFICIE TOTALE TERRITORIALE VENDITA DI FERTILIZZANTI MINERALI

(N, P, K)

VENDITA DI FITOFARMACI

(ERBICIDI, FUNGICIDI, INSETTICIDI)

ALLEVAMENTI ED EFFLUENTI ZOOTECNICI AREE USATE PER AGRICOLTURA INTENSIVA

SUPERFICI ADIBITE A COLTIVAZIONI A BASSO IMPATTO AMBIENTALE

i ndicatori

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USO DEL SUOLO

L’uso del suolo descrive la variazione quantitativa dei vari tipi di aree individuate come omogenee al loro interno (agricole, urbane, industriali, corpi idrici, infrastrutture, ricreative, naturalistiche, ecc.), alla scala di indagine e con la metodologia utilizzata.

E’ l’unico indicatore che visualizza l’entità e l’estensione delle principali attività antropiche presenti sul territorio ed è in grado di individuare i cambiamenti nell’uso del suolo in agricoltura.

A seconda del tipo di area di interesse le variazioni di uso del suolo possono dimostrare, ad esempio, tendenze temporali dell’economia dedotte dal cambio nelle tipologie di coltivazioni,

oppure estensione

dell’industrializzazione o delle aree destinate alle infrastrutture.

Dai dati in allegato si può notare come in Veneto, Lombardia e Friuli-Venezia Giulia le aree artificiali superino il 6% del territorio regionale, mentre, al contrario, Val d ‘Aosta, Trentino - Alto Adige, Molise e Basilicata detengano la minore percentuale. Tali informazioni possono essere incrociate con quelle seguenti, da cui emerge che Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige sono, assieme alla Liguria, anche le Regioni che possiedono il dato più elevato di aree boschive e semi naturali. Queste tre Regioni sono caratterizzate anche dal valore più basso di territorio destinato all’uso agricolo.

Infine la Puglia possiede la minor percentuale di territorio boschivo - semi- naturale e la maggiore per quanto riguarda le aree agricole, denotando, anche sotto questo aspetto, la sua potenziale vulnerabilità all’erosione ed alla desertificazione.

Per la costruzione dell’indicatore sono stati utilizzati i dati del progetto “Corine Land Cover”, che utilizza una copertura

di foto satellitari a livello nazionale con scala 1:100.000 e con una sensibilità di 25 ha. Tale ricerca è stata condotta in Italia a livello regionale attraverso due sottoprogetti: Work area 1 per l’Italia del sud, realizzato dal Consorzio ITA con dati del 1989-1990 e Work area 2 per l’Italia del nord, Sardegna e Sicilia, realizzato dal Centro Interregionale di Roma con dati rilevati nell’intervallo 1990-1993. La pubblicazione finale del progetto risale al dicembre 1996.

La precisione dell’indicatore è influenzata dal dettaglio di riferimento utilizzato per la redazione della carta Corine (sensibilità 25 ha).

Non esistono al momento serie storiche che permettano la costruzione di un trend. La seconda versione del progetto Corine Land Cover 2000 è attualmente in fase di avviamento e la sua ultimazione è prevista per i prossimi anni.

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Uso del suolo a livello nazionale, raggruppamento in quattro classi principali.

Percentuale di Area agricola e boschiva-seminaturale rispetto alle superfici regionali.

Fonte: Corine Land Cover 1996

USO DEL SUOLO

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RAPPORTO SAU / ST

Il rapporto Superficie Agricola Utilizzata/ Superficie Totale Territoriale permette di fornire un’indicazione della quota di territorio effettivamente destinata ad attività agricole produttive rispetto alla superficie totale territoriale.

Secondo la definizione dell’ISTAT per superficie agricola utilizzata si intende l’insieme delle superfici a seminativo, a prati permanenti, pascoli e coltivazioni legnose agrarie, orti familiari e castagneti da frutto.

Una diminuzione o un aumento del rapporto SAU/T può evidenziare diversi aspetti dell’evoluzione economica, gestionale o strutturale delle aziende agricole di un determinato territorio.

Analizzando la sua evoluzione nel tempo si può dedurre l’impatto che le aziende agricole esercitano sull’ambiente soprattutto in termini di uso agricolo del suolo, svincolato da fattori dimensionali e strutturali delle aziende agricole, estensivizzazione dell’agricoltura o abbandono di aree marginali, tutti fenomeni ulteriormente correlabili a influenze negative o positive sulla qualità del suolo.

Per l’analisi e l’elaborazione dell’indice sono stati utilizzati dati ISTAT (Annuari ISTAT-Statistiche dell’agricoltura Anno 1997).

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RAPPORTO SAU / SUPERFICIE TOTALE TERRITORIALE

Il rapporto SAU/ST fornisce un indicazione sulla percentuale di ter- ritorio destinata ad attività agri- cole.

Fonte: Annuari ISTAT 2000

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VENDITA DI FERTILIZZANTI MINERALI (N, P, K)

L’indicatore prende in esame i quantitativi di elementi fertilizzanti N, P, K, utilizzati in agricoltura.

L’indicatore permette di valutare la variazione nel tempo dei quantitativi di fertilizzanti minerali utilizzati in agricoltura mediante la valutazione dei dati sui quantitativi di fertilizzanti immessi sul mercato.

I dati utilizzati per la costruzione dell’indicatore derivano da indagini statistiche ISTAT sulle vendite.

La copertura territoriale delle indagini è a scala nazionale con dettaglio provinciale. Come unità di misura per l’indicatore vengono considerati i quantitativi di elementi fertilizzanti N, P, K in kg per ha di superficie concimabile, data dalla somma delle superfici dei seminativi (al netto dei terreni a riposo), delle coltivazioni legnose agrarie (al netto dei canneti), delle coltivazioni foraggere permanenti (al netto dei pascoli) e degli orti familiari.

La rappresentazione data nella prima delle tabelle allegate mostra i quantitativi di elementi fertilizzanti, espressi in kg di N, P2O5 e K2O e distinti per anno sull’intero territorio nazionale. Da questa analisi è possibile ricavare le variazioni temporali nelle vendite di fertilizzanti minerali a scala nazionale.

Nelle tabelle riportate in allegato viene considerata l’evoluzione della vendita di fertilizzanti minerali dal 1971 al 1997 (dati ISTAT), esprimendo anche i quantitativi degli elementi nutritivi rispetto agli ettari di superficie concimabile (dati ISTAT). Per il 1997 gli stessi dati sono riportati con suddivisione regionale.

Il trend del periodo preso in considerazione sembra denotare negli ultimi anni una diminuzione del consumo di elementi fertilizzanti, con l’eccezione del 1997, dopo i picchi registrati alla fine degli anni ‘80.

I valori unitari riferiti alla superficie concimabile denotano una maggiore variabilità legata alla mutevolezza di tale superficie.

L’analisi a livello regionale, per il 1997, evidenzia un forte consumo nelle regioni del Nord, con particolare riferimento a Veneto, Lombardia e Friuli.

Nella seconda tabella allegata vengono riportati i dati relativi alle vendite di fertilizzanti a livello regionale per l’anno 1997. I quantitativi vengono espressi in chilogrammi per ettaro di superficie concimabile.

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VENDITA DI FERTILIZZANTI MINERALI (N, P, K)

Quantità di elementi fertilizzanti N, P, K, contenuti nei concimi distribuiti nel 1997 in agricoltura

Fonte: ISTAT,

Statistiche dell’agricoltura.

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VENDITA DI PRODOTTI FITOSANITARI

(ERBICIDI, FUNGICIDI, INSETTICIDI)

Con l’indicatore si esprime la stima dei consumi di fitofarmaci su suolo agrario derivanti da dati di vendita di erbicidi, fungicidi, insetticidi ed altri disinfestanti in genere.

Fornisce una valutazione indiretta sul grado di contaminazione del suolo dovuta all’applicazione dei fitofarmaci, la tendenza e le variazioni nell’uso di fitofarmaci in agricoltura.

I dati derivano da indagini di mercato rilevate da ISTAT e sono reperibili sia come formulati che come quantitativi di principio attivo distribuiti al consumo.

Esistono serie storiche a livello nazionale di indagini sui quantitativi venduti di fitofarmaci che vanno dal 1986 al 1997. L’indicatore è espresso in kg/ha/anno di principio attivo del fitofarmaco. Per le elaborazioni sia grafiche che tabellari e le successive valutazioni di carattere ambientale, i quantitativi di venduto vengono espressi in relazione alla superficie trattabile cioè in relazione alla reale superficie ad uso agricolo trattata con fitofarmaci. Accanto alle valutazioni a scala nazionale sono importanti, da un punto di vista di tendenza nell’utilizzo così come da un punto di vista di valutazione di impatto sul suolo, le analisi a scala regionale.

Uno dei limiti dell’indicatore consiste nel fatto che non è possibile avere dati diretti sull’applicato alle colture.

In allegato vengono forniti i quantitativi di prodotti fitosanitari venduti per uso agricolo in Italia, espressi in chilogrammi per ettaro di superficie trattabile, suddivisi per categoria di prodotto. La serie storica che comprende gli anni dal 1986 al 1996; i dati relativi al 1997 sono stati rappresentati a parte per mancanza di uniformità nella classificazione delle categorie di suddivisione dei fitofarmaci.

La superficie trattabile è data dalla somma delle superfici dei seminativi

(al netto dei terreni a riposo), delle coltivazioni legnose agrarie (al netto dei canneti), delle coltivazioni foraggere permanenti (al netto dei pascoli) e degli orti familiari. La superficie trattabile relativa al 1996 è stimata.

Nella figura allegata relativa al 1997, i principi attivi sono rapportati agli ettari di SAU. Ovviamente in questo caso i valori unitari risultano molto inferiori e non sono confrontabili con la tabella precedente.

L’analisi regionale permette però di evidenziare le aree a maggior consumo, tra le quali si mettono in evidenza, oltre alle regioni della pianura padana, anche la Campania e, seppure in misura minore, la Sicilia e la Puglia.

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VENDITA DI PRODOTTI FITOSANITARI

(ERBICIDI, FUNGICIDI, INSETTICIDI)

Principi attivi contenuti nei prodotti fitosanitari venduti nel 1997 in rapporto alla SAU

Fonte: elaborazioni CTN_SSC su dati ISTAT.

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ALLEVAMENTI ED EFFLUENTI ZOOTECNICI

L’indicatore relativo agli allevamenti ed effluenti zootecnici può essere espresso tramite la rappresentazione del numero di capi presenti sul territorio e le quantità delle deiezioni da essi prodotte, destinate a chiudere il ciclo del ritorno al terreno degli elementi fertilizzanti in esse contenute.

È doveroso comunque osservare come le differenti specie animali possano produrre impatti differenti sul territorio, sia in modo spaziale che qualitativo.

Infatti l’allevamento bovino è attuato generalmente con modalità più estensive, ad esclusione degli allevamenti industriali all’ingrasso di vitelloni e vitelli a carne bianca, così pure l’allevamento ovi-caprino mentre l’allevamento suino è confinato solo in. alcune aree geografiche del paese e condotto in modo intensivo.

Le deiezioni prodotte sono inoltre differenti per tipologia e conseguenti modalità di trattamento ed impiego.

Si è tentato quindi di rappresentare ed armonizzare queste differenze, riconducendo il tutto all’Unità di Bestiame Adulto (UBA), cioè: l’unità in base alla quale viene espressa la consistenza media dell’allevamento con riferimento alla vacca lattifera che vale 1 UBA, attuata tramite equiparazioni tabellari riferite al peso delle diverse specie animali. Inoltre utilizzando il modello ELBA, cioè un modello econometrico, finalizzato allo studio delle variabili dei fattori produttivi delle aziende agricole come input ed output (mangimi, fertilizzanti, reimpieghi aziendali, produzione vegetale, animale e deiezioni) per valori aggregati su scala provinciale è possibile definire quali sono i surplus di azoto sul territorio.

Tale modello è stato studiato dal DIPROVAL della Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna.

Nella rappresentazione cartografica viene evidenziato come le aree a

maggior numero di capi allevati per le varie specie animali, siano quelle dove la disponibilità di risorse foraggere e cerealicole è maggiore per naturale vocazione territoriale e agricola.

Logicamente questa situazione comporta una maggiore densità degli effluenti provenienti dagli allevamenti che vengono distribuiti sui terreni dove è consentito il loro utilizzo agronomico da norme legislative in base a motivazioni pedologiche quali la tessitura del terreno, il pH, la CSC. Tale pratica comporta sovente un eccessivo apporto d’azoto ai terreni che si va a sommare a quello introdotto con le usuali fertilizzazioni già distribuite.

Sono rappresentati:

- I dati relativi alla SAU trattabile provinciale, UBA provinciale e percentuale di UBA per singola categoria riferiti all’anno 1994;

- I dati relativi alla produzione totale d’azoto ed alla produzione d’azoto in percentuale differenziata per singola specie animale allevata. La produzione totale d’azoto da allevamento calcolata con il metodo ELBA comprende anche la quota che normalmente è volatilizzata, durante le fasi di stoccaggio (30%

circa).

________________

(1) Per SAU trattabile si intende la somma delle superfici dei seminativi (al netto dei terreni a riposo) delle coltivazioni arboree agrarie, delle coltivazioni foraggere perma- nenti (al netto dei pascoli) escludendo le coltivazioni orticole.

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ALLEVAMENTI ED EFFLUENTI ZOOTECNICI

Numero (migliaia) di Unità Bovine Adulte per provincia

Fonte: Modello Elba, DIPROVAL, Università di Bologna.

Densità di UBA su ettaro di SAU trattabile

Fonte: Modello Elba, DIPROVAL, Università di Bologna.

Produzione totale di azoto da allevamenti

Fonte: Modello Elba, DIPROVAL, Università di Bologna.

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AREE USATE PER AGRICOLTURA INTENSIVA

L’indicatore definisce l’intensità dello sfruttamento a cui è sottoposto il suolo agrario individuando e quantificando l’estensione di forme di agricoltura intensiva sul territorio; queste ultime sono intese in senso generico come superfici soggette a tecniche di lavorazione e coltivazione del terreno che massimizzano la stabilità produttiva del suolo mediante lavorazioni profonde e distribuzione dei fertilizzanti con inevitabili conseguenze sulle proprietà chimiche, fisiche e biologiche del suolo.

In mancanza di definizioni specifiche, si è dovuto procedere ad una opportuna semplificazione delle superfici assoggettate a sfruttamento agricolo ad elevato impatto ambientale sommando rispettivamente:

- superfici a seminativo, intese come colture di piante erbacee soggette all’avvicendamento colturale con durata delle coltivazioni (grano mais, riso, piselli, patata, barbabietola, colza, foraggio, girasole, soia, ortaggi, ecc…) non superiore a cinque anni (dati ISTAT);

- superfici legnose agrarie, intese come colture praticate sulle superfici fuori avvicendamento, investite a coltivazioni di piante legnose agrarie (melo, pero, uva da tavola e da vino etc.) che occupano il terreno per un lungo periodo (dati ISTAT).

Alla somma di superfici a seminativo e superfici agrarie legnose sono state sottratte le superfici utilizzate ad agricoltura biologica, su dati INEA, nelle quali si interviene su quei fattori capaci di mantenere il sistema suolo lontano da forme di degradazione avanzata.

L’analisi dei dati mette in evidenza l’intenso sfruttamento della superficie agricola; su 20 milioni circa di ettari di superficie (SAU) infatti, quasi il 70%

è investito a seminativi e coltivazioni

legnose agrarie.

La superficie destinata a forme di agricoltura considerate di minore impatto sul suolo risulta invece più bassa (dati non riportati in tabella, fonte INEA su elaborazione dati ISTAT): 19% sono utilizzati a prati permanenti e pascoli, 8% circa in superficie agricola non utilizzata e in altra superficie e 10%

circa a boschi.

Relativamente alla situazione territoriale, si può evidenziare come la maggiore percentuale di terreni ad agricoltura intensiva si distribuisca scalarmente tra Nord, Sud e Centro, per motivazioni di vocazione agricola delle aree geomorfologicamente più pianeggianti e pedologicamente più favorite.

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AREE USATE PER AGRICOLTURA INTENSIVA

Superficie sottoposta ad agricoltura intensiva in rapporto alla SAU totale.

Fonte: elaborazioni CTN_SSC su dati Istat 1997.

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SUPERFICI ADIBITE A COLTIVAZIONI A BASSO IMPATTO AMBIENTALE

A livello comunitario è stata emanata, negli anni, una serie di regolamenti volti all’incentivazione economica di quelle aziende che si sottoponevano volontariamente all’osservanza di pratiche agronomiche particolarmente rivolte al rispetto ambientale.

Con l’introduzione delle misure agroambientali di accompagnamento alla riforma della Politica Agricola Comunitaria (PAC) del 1992 (reg. CEE 2078/92 e 2092/91), il pagamento diretto di compensazioni per il miglioramento tecnologico in chiave ecocompatibile è divenuto uno dei temi di discussione più importanti per l’agricoltura europea.

Il regolamento 2078/92 è relativo a metodi di produzione agricola compatibili con le esigenze di protezione dell’ambiente e con la cura dello spazio naturale; il 2092/91 è relativo al metodo di produzione biologica di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari.

La gestione e l’applicazione di questi regolamenti è stata affidata alle amministrazioni regionali che hanno predisposto specifici programmi pluriennali con obiettivi generali e specifici e precise azioni, volte al raggiungimento degli obiettivi stessi.

L’adesione ai regolamenti è di tipo volontario e le aziende aderenti si impegnano all’applicazione di una serie di pratiche agronomiche, e di registrazione delle stesse abbastanza complesse, che hanno lo scopo di garantire il raggiungimento degli obiettivi proposti.

Queste pratiche cosiddette innovative o comunque non tradizionali, hanno avuto un buon successo, ad esempio, in Emilia Romagna, dove sono prevalenti colture ad alto reddito e di buon livello qualitativo, in grado di avere poi un ritorno economico dall’immagine di una agricoltura più pulita, oppure in

zone come quelle collinari, di particolare pregio ambientale.

Lo scopo di questo indicatore è quello di dare una misura oggettiva di quanto le pratiche più innovative dal punto di vista ambientale vengano recepite sul territorio.

Non è possibile per altri indicatori ritenuti prioritari, quali l’utilizzo di fitofarmaci e di fertilizzanti minerali, avere dei dati reali sulle applicazioni, perché di regola queste non sono normate in termini quantitativi, ma si hanno dati solo sulle vendite. Si ritiene quindi che questo indicatore, collegato a realtà agronomiche in cui è obbligatoria la registrazione sia dei trattamenti di difesa sia di concimazione, abbia un elevato significato ambientale tanto nelle regioni in cui ha ricevuto adesioni significative, come specchio dell’attuale, quanto nelle altre, come proposta operativa da incrementare in futuro.

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SUPERFICI ADIBITE A COLTIVAZIONI A BASSO IMPATTO AMBIENTALE

Superficie agricola a basso impatto ambientale (reg. CEE 2078/92) in rapporto alla SAU totale.

Fonte: elaborazioni INEA su dati AIMA, amministrazioni, regionali e provinciali, 1998.

Percentuale di superficie agricola biologica e in conversione (reg. CEE 2092/91) in rapporto alla SAU totale

Fonte: elaborazioni Gruppo di ricerca in agricoltura biologica-Ita- lia su dati INEA, 1997.

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