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Calibrazione dinamometro

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Academic year: 2021

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Calibrazione dinamometro

13. Calibrazione dinamometro

13.1. Introduzione

Il dinamometro è uno strumento di misura delle forze; nel particolare caso qui considerato serve a misurare le forze che agiscono sull’induttore durante il suo funzionamento. Lo schema del dinamometro che sarà impiegato è rappresentato di seguito; come si evince dalla Figura è formato da due piastre connesse mediante quattro barrette sulle quali vengono disposti gli estensimetri per misurare le forze che agiscono sul dinamometro.

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Figura 13-1: Schema concettuale del dinamometro. (Milani [1])

Sono stati impiegati complessivamente 40 estensimetri, 10 per ciascuna barretta, secondo lo schema riportato nella Figura successiva, in cui è evidenziata anche il sistema di riferimento che verrà impiegato successivamente per il calcolo del legame tra forze applicate e tensioni di sbilanciamento dei ponti estensimetrici. Ogni estensimetro è stato identificato tramite una sigla del tipo , dove  (con  = 1, 2, 3, 4) indica la barretta su cui si trova l’estensimetro, (con = 1, 2, 3, 4) si indica la faccia su cui si trova posizionato l’estensimetro e con  (con  = 0, 1, 2) si individua la posizione dello stesso sulla faccia della barretta. La numerazione delle barrette viene effettuata a partire dall’estensimetro posizionato lungo l’asse positivo delle  ed in direzione oraria rispetto all’asse positivo delle . La faccia dell’estensimetro viene individuata sempre a partire da quella posizionata nel verso delle  positive e poi in senso antiorario. La posizione dell’estensimetro sulla faccia è individuata tramite lo 0 se è a metà della lunghezza delle barrette, con il numero 1 se è a ¼ della lunghezza e con il numero 2 se è a ¾ della lunghezza.

Barretta deformabile per il posizionamento degli estensimetri.

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505 Nomenclatura:

R

231 barra faccia sezione R411 R412 R421 R422 R431 R432 R441 R442 R311 R312 R321 R322 R331 R332 R341 R342 R211 R212 R221 R222 R231 R232 R241 R242 R111 R112 R121 R122 R131 R132 R141 R142 R430 R410 R230 R210 R320 R340 R120 R140 Fx Fy Fz Mz My Mx x y z

Figura 13-2: Disposizione degli estensimetri e loro indicizzazione. (Saggini [2])

13.1.1. Funzionamento degli estensimetri e loro utilizzo

Figura 13-3: Schema di un estensimetro.

Figura 13-4: Il dinamometro e, in particolare, una delle quattro barrette con gli estensimetri. (Saggini [2])

Asse di massima sensibilità

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506

Se il corpo sul quale l’estensimetro è applicato, si deforma, anche l’estensimetro subirà la solita deformazione, con conseguente variazione di resistenza elettrica. La variazione di resistenza elettrica (), come si nota dalla successiva formula, è dovuta a 3 fattori:

• Variazione di resistività ()

• Allungamento/Accorciamento della griglia dell’estensimetro ()

• Variazione della sezione di passaggio () della corrente elettrica (che si accompagna sempre ad una variazione di lunghezza del filo che forma la griglia)

 =  ∙ (13 .1) 

Differenziando la formula della resistenza si ottiene:

∆ =  ∙ ∆ +  ∙ ∆ +  ∙ ∆ = ∙ ∆ −  ∙ ! ∙ ∆ + ∙ ∆ (13 . 2) 

dividendo la precedente formula per la definizione di resistenza si ottiene: ∆

 =∆ −∆ +∆ (13 . 3) Sapendo che  = " ∙#%$ , con & diametro del filo, e che ∆ = " ∙ 2& ∙∆#% , si ha che: ∆

 = 2 ∙∆&& = −2 ∙ ' ∙∆ (13. 4) avendo indicato con ' il coefficiente di Poisson. Alla fine si ottiene:

∆

 = (1 + 2 ∙ ') ∙∆ +∆ = ((1 + 2 ∙ ') +∆  ⁄

*+ , *+ (13. 5) con *+=∆++ . Il termine tra parentesi quadre nella precedente equazione è definito Gauge

Factor (./) (fattore di guadagno) e rappresenta il rapporto tra variazione relativa di resistenza e deformazione.

Si ottiene così la prima relazione fondamentale dell’estensimetria elettrica: *+=.1

/∙ ∆

 (13. 6) dove *+ rappresenta la deformazione lungo l’asse di massima sensibilità dell’estensimetro, visibile nella precedente Figura.

Gli estensimetri sono stati montati sulle barrette in modo da formare dei ponti di

Wheatstone. Si analizza in breve il comportamento di tali ponti ed in particolare la relazione

che si ottiene tra il potenziale di sbilanciamento del ponte e la variazione di resistenza degli estensimetri, conseguente alla deformazione del materiale. Nella Figura che segue si riporta il classico ponte di Wheatstone, che sarà utilizzato come schema per ricavare le formule che seguiranno.

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Figura 13-5: Ponte di Wheatstone.

Si può notare come esso risulti formato da quattro resistenze (gli estensimetri) connesse in modo da realizzare una maglia di forma quadrata (non è importante la forma quanto la disposizione degli elementi), all’interno della quale è disposto un galvanometro sensibile alla differenza di potenziale tra i nodi C e D; il circuito viene poi alimentato da un generatore di tensione costante 1. Prima di poter utilizzare gli estensimetri (strain gauge) occorre ricondurre il sistema alla condizione d’equilibrio effettuando il così detto “annullamento del ponte”, ossia individuando quella condizione che fa sì che la differenza di potenziale 234 sia nulla e che quindi ogni deformazione degli estensimetri comporti una variazione della configurazione d’equilibrio di partenza. Applicando i principi di 567ℎ9:: al ponte, quando è verificata la condizione d’equilibrio, si ha:

equazione al nodo C: ;< = ;% equazione al nodo D: ;! = ;=

equazione alla maglia ACD: R1 ∙ I1 - R2 ∙ I2 = 0 → ;<=

>$ >?∙ ;!=

>$ >?∙ ;=

equazione alla maglia BCD: R4 ∙ I4 - R3 ∙ I3 = 0 →;==>>@

A∙ ;%= >@ >A∙ ;<= >@ >A∙ >$ >?∙ ;= Dall’ultima equazione si ottiene: R1 ∙ R3 = R4 ∙ R2

L’ultima relazione è senza dubbio vera nel nostro caso in cui tutti gli estensimetri hanno la stessa resistenza elettrica (500 Ω).

Dalle relazioni elettriche che descrivono il ponte di Wheatstone si ottiene: ;<=2CD <+ % (13. 7) ;! =2CD !+ = (13. 8) 234 =  = !+ =− % <+ % ∙ 2CD (13. 9) da cui si ottiene: 234 2CD = <∙ =− !∙ % (<+ %) ∙ (!+ =) (13. 10)

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508

Ipotizzando per semplicità che si verifichi un incremento soltanto della resistenza R1 e che,

quindi, assuma valore <+ H<: 234+ ∆234

2CD =

(<+ ∆<) ∙ =− !∙ %

(<+ ∆<+ %) ∙ (!+ =) (13. 11) Poiché vale la relazione R1 ∙ R3 = R4 ∙ R2 per 234= 0, allora si ha:

∆234 2CD = I∆<I ∙ = (<+ %) ∙ (!+ =) ∙ J1 + ∆<+ < %K (13. 12) Ipotizzando che >∆>?

?L>@≪ 1, visto che ci si aspetta che le variazioni di resistenza siano molto inferiori rispetto ai valori effettivi delle resistenze degli estensimetri, e tenendo conto che tutte le resistenze sono uguali tra di loro (<= ! = == %= ), si ottiene:

∆234 2CD =

1

4 ∙∆ (13. 13) < Ripetendo lo stesso ragionamento anche per le altre resistenze si ottiene infine:

∆234 2CD = 1 4 ∙ ∆<− ∆!+ ∆ =− ∆% (13. 14) e ricordando che *+= < NO∙ ∆> >, si ha: ∆234 2CD = ./ 4 ∙ (*<− *!+ *=− *%) (13. 15) Questa è la così detta seconda relazione fondamentale dell’estensimetria elettrica.

13.2. Analisi dei carichi agenti sul dinamometro

Il dinamometro può essere schematizzato come composto da due piastre rigide a cui sono vincolate con vincoli di incastro le quattro barrette deformabili. Le forze che possono agire sul dinamometro possono essere riassunte nella seguente Figura.

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Figura 13-6: Schema dei sistemi di forze agenti sul dinamometro e conseguenti deformazioni. (Milani [1])

Dalla Figura si possono notare gli effetti dell’applicazione delle forze sul dinamometro. Dal momento che i nostri strumenti di misura (gli estensimetri), sono posizionati sulle 4 barrette che uniscono le due piastre del dinamometro, ci basterà considerare gli effetti che le forze esterne producono sulle 4 barrette. Le barrette verranno semplicemente schematizzate come delle travi di lunghezza , doppiamente incastrate, con un incastro mobile e l’altro fisso. L’effetto di un qualunque carico esterno applicato al dinamometro sarà visto come una forza di taglio o normale agente in corrispondenza dell’incastro mobile. Infatti considerando singolarmente i vari casi, con riferimento alla Figura 13-2 per la disposizione degli assi x, y, z e delle forze e dei momenti, si ha:

• Caso di forza esterna PQ: produce delle forze /%R su ciascuna barretta in corrispondenza dell’incastro mobile;

• Caso di forza esterna PS: produce delle forze /%T su ciascuna barretta in corrispondenza dell’incastro mobile;

• Caso di forza esterna PU: produce delle forze /%V su ciascuna barretta in corrispondenza dell’incastro mobile;

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510

• Caso di momento torcente esterno WQ: produce delle forze di taglio sulle singole barrette in corrispondenza dell’incastro mobile di intensità %∙>XR (con R è indicata la distanza radiale dall’asse del dinamometro all’asse longitudinale delle barrette) e verso tale da eguagliare il momento torcente esterno;

• Caso di momento flettente esterno WS: produce delle forze normali sulle barrette 2 e 4 (secondo la Figura 13-2) in corrispondenza dell’incastro mobile di intensità XT

!∙>, lasciando scariche le altre 2;

• Caso di momento flettente esterno WU: produce delle forze normali sulle barrette 1 e 3 (secondo la Figura 13-2) in corrispondenza dell’incastro mobile di intensità !∙>XV, lasciando scariche le altre 2.

Si passa ad analizzare i casi di sollecitazione sopra descritti, ricordando che le azioni che agiscono sulla barretta in corrispondenza dell’incastro mobile sono riducibili ad azioni di taglio o normali alla sezione trasversale delle barrette.

Sollecitazione normale alla sezione della barretta

Figura 13-7: Caso di sollecitazione lungo l’asse longitudinale della barretta.

Con Y si è indicata la sollecitazione assiale lungo l’asse  della barretta. Essa agisce in corrispondenza dell’incastro mobile, che consente spostamenti laterali e assiali, ma impedisce rotazioni della sezione d’incastro. La generica sezione della trave sarà così rappresentabile:

Segue che la deformazione lungo  sono: *Q = Z

[C ; quindi se l’estensimetro è posizionato con il gauge length lungo l’asse , per esso la deformazione sarà *Q, altrimenti se è disposto ortogonalmente all’asse z la deformazione del’estensimetro sarà pari a −' ∙ *Q.

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511 Sollecitazione con forza di taglio lungo y

Indicando con PU/4 la forza lungo ] che agisce sulla generica barretta si ottiene il seguente schema:

Figura 13-8: Schema di carico di taglio agente sulla barretta lungo l'asse y.

Di seguito si riportano gli spostamenti secondo il classico schema utilizzato in scienza delle costruzioni. Con ^ si è indicato lo spostamento assiale della sezione di riferimento, con _ lo spostamento lungo l’asse ] e con & la rotazione della sezione rispetto ad un asse perpendicolare all’asse .

Dalle equazioni di equilibrio per le travi, unitamente alla definizione di momento flettente si ricava per la _ la seguente equazione:

_`a=0

che integrata con le condizioni al bordo: • _(0) = 0

• _`(0) = 0 (nel caso considerato _` = &)

• _() = b (con b da determinarsi imponendo che il valore del taglio interno al materiale eguagli la forza PU/4 in corrispondenza dell’incastro mobile)

• _`() = 0

Alla fine si ottiene che _() = − /V

!∙[∙c@∙ =+=%[∙c/V∙+@∙ !, mentre _′′() = −[∙c=∙/V@∙  +=!∙ /V∙+

[∙c@ ; allora se si assume il verso positivo del momento flettente all’interno del materiale come nella Figura successiva, si ottiene W =<

%∙ J−PU∙  + <

!∙ PU∙ K. PU

(10)

512

Figura 13-9: Verso positivo del momento flettente agente sulla generica sezione della barretta.

Essendo le sezioni di interesse quelle a  = /4 e  = 3/4, poiché sono quelle in cui sono applicati gli estensimetri, si ha:

• e = /4 W =<f< ∙ PU∙  • e = 3/4 W = −<f< ∙ PU∙ 

Quindi, impiegando la relazione tra le sollecitazioni e le deformazioni e la formula di Navier, si ottiene: gQ= 1 ∙ *Q =WhS S ∙ ] e dunque: *Q =1 ∙ hWS S∙ ]

Sollecitazione con forza di taglio lungo i

Indicando con PS/4 la forza lungo  che agisce sulla generica barretta si ottiene il seguente schema:

Figura 13-10: Schema di carico di taglio agente sulla barretta lungo l'asse i.

Ripetendo gli stessi ragionamenti fatti in precedenza per il caso di sollecitazione lungo ], si ottiene, considerando il momento flettente interno al materiale positivo se nel verso indicato nella Figura successiva:

PS 4

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513

Figura 13-11: Verso positivo del momento flettente agente sulla generica sezione della barretta.

• per  = /4 W = −<f< ∙ PU∙  • per  = 3/4 W =<f< ∙ PU∙ 

Quindi, impiegando la relazione tra le sollecitazioni e le deformazioni e la formula di Navier, si ottiene: gQ= 1 ∙ *Q= −WhU U ∙  e dunque: *Q = −WhU U ∙ 

13.3. Calcolo dei potenziali di sbilanciamento dei ponti di Wheatstone

Adesso si analizza in dettaglio ciascun ponte di Wheatstone, in modo da trovare il legame tra il potenziale di sbilanciamento di ciascun ponte con le forze applicate esternamente al dinamometro.

1° Ponte di Wheatstone

Figura 13-12: Primo ponte di Wheatstone. Sulla sinistra lo schema delle resistenze che costituiscono tale ponte; sulla destra viene evidenziato il posizionamento delle resistenze sulla barretta interessata.

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514

Le forze esterne che, producendo una deformazione della barretta, producono anche una deformazione degli estensimetri ed anche una variazione del potenziale di sbilanciamento di questo ponte sono:

• Momento torcente esterno WQ, che produce una forza di taglio sulla barretta pari a Pj/4 lungo .

• Forza esterna di taglio PS, che produce su questa barretta una forza pari a PS/4.

Considerando dapprima il contributo della forza di taglio prodotta dal momento torcente, si ha che il momento flettente interno al materiale è, in accordo con le relazioni viste sopra: • e = /4 W = −<f< ∙ Pj∙ 

• e = 3/4 W =<f< ∙ Pj∙ 

Allora per le deformazioni superficiali ( = ±l/2) che coinvolgono gli estensimetri si ha:

Considerando adesso il contributo della PS, si avrà: Z=L/4 x=b/2 εz=(3*Ft

*L

)/(8*E*b3) (R211) x=-b/2 εz=

-

(3*Ft*L)/(8*E*b3) (R231) Z=3L/4 x=b/2 εz=

-

(3*Ft

*L

)/(8*E*b3) (R212) x=-b/2 εz=(3*Ft*L)/(8*E*b3) (R232) Z=L/4 x=b/2 εz=(3*Fx

*L

)/(8*E*b3) (R211) x=-b/2 εz=

-

(3*Fx*L)/(8*E*b3) (R231)

(13)

515 Quindi alla fine si ottiene:

∆2< 1m = ./∙  3 8 ∙1 ∙ lPS∙ =+38 ∙1 ∙ lWQ=∙ ∙  2° Ponte di Wheatstone

Figura 13-13: Secondo ponte di Wheatstone. Sulla sinistra lo schema delle resistenze che costituiscono tale ponte; sulla destra viene evidenziato il posizionamento delle resistenze sulla barretta interessata.

Le forze esterne che, producendo una deformazione della barretta, producono anche una deformazione degli estensimetri ed anche una variazione del potenziale di sbilanciamento di questo ponte sono:

• Momento torcente esterno WQ, che produce una forza di taglio sulla barretta pari a Pj/4 lungo – .

• Forza esterna di taglio PS, che produce su questa barretta una forza pari a PS/4. Procedendo come prima, si ha per il caso del taglio dovuto alla coppia torcente: • e = /4 W =<f< ∙ Pj∙ 

• e = 3/4 W = −<f< ∙ Pj∙ 

I segni sono invertiti rispetto al caso del ponte 1 perché la forza Pj, dovuta al momento torcente, è , a differenza di prima, lungo – . Allora si ricava per le deformazioni lungo :

Z=3L/4 x=b/2 εz=

-(3*Fx

*L

)/(8*E*b3) (R212) x=-b/2 εz=(3*Fx*L)/(8*E*b3) (R232)

(14)

516

Mentre il contributo dovuto alla forza tagliante esterna PS, che esercita una forza pari a PS/4 sulla barretta in questione, dà luogo ad un momento flettente interno al materiale pari a: • e = /4 W = −<f< ∙ Pj∙ 

• e = 3/4 W =<f< ∙ Pj∙ 

che producono deformazioni lungo  pari a : Z=L/4 x=b/2 εz=

-

(3*Ft

*L

)/(8*E*b3) (R411) x=-b/2 εz=(3*Ft*L)/(8*E*b3) (R431) Z=3L/4 x=b/2 εz=(3*Ft

*L

)/(8*E*b3) (R412) x=-b/2 εz=

-

(3*Ft*L)/(8*E*b3) (R432) Z=L/4 x=b/2 εz=(3*Ft

*L

)/(8*E*b3) (R411) x=-b/2 εz=

-

(3*Ft*L)/(8*E*b3) (R431) Z=3L/4 x=b/2 εz=

-

(3*Ft

*L

)/(8*E*b3) (R412) x=-b/2 εz=(3*Ft*L)/(8*E*b3) (R432)

(15)

517

Quindi si ha per il potenziale di sbilanciamento del ponte in questione: ∆2! 1m = ./∙ − 3 8 ∙1 ∙ lPS∙ =+38 ∙1 ∙ lWQ=∙ ∙  3° Ponte di Wheatstone

Figura 13-14: Terzo ponte di Wheatstone. Sulla sinistra lo schema delle resistenze che costituiscono tale ponte; sulla destra viene evidenziato il posizionamento delle resistenze sulla barretta interessata.

Le forze e momenti che producono una variazione del potenziale di sbilanciamento di questo ponte sono:

• Il momento torcente esterno WQ che, come al solito produce una forza di taglio di intensità Pj/4, questa volta lungo – ] in corrispondenza dell’incastro mobile.

• La forza di taglio esterna PU, che produce sulla barretta una forza di taglio pari a PU/4, in corrispondenza dell’incastro mobile.

Considerando dapprima il contributo del momento torcente esterno alla variazione del potenziale di sbilanciamento del ponte, si ha per il momento flettente interno al materiale: • e = /4 W = −<f< ∙ Pj∙ 

• e = 3/4 W =<f< ∙ Pj∙ 

Considerando adesso le deformazioni lungo l’asse  dovute a queste sollecitazioni, si ha:

ed inoltre Z=L/4 y=b/2 εz=(3*Ft

*L

)/(8*E*b3) (R321) y=-b/2 εz=

-

(3*Ft*L)/(8*E*b3) (R341)

(16)

518

Considerando adesso il contributo della forza esterna di taglio PU che come sappiamo produce una forza di taglio su ciascuna barretta pari a PU/4, si ha:

• e = /4 W =<f< ∙ PU∙  • e = 3/4 W = −<f< ∙ PU∙  allora per le deformazioni assiali si ha:

Allora si ha per la variazione del potenziale di sbilanciamento del 3° ponte: ∆2= 1m = ./∙ − 3 8 ∙1 ∙ lPU∙ =+38 ∙1 ∙ lWQ=∙ ∙  Z=3L/4 y=b/2 εz=

-

(3*Ft

*L

)/(8*E*b3) (R322) y=-b/2 εz=(3*Ft*L)/(8*E*b3) (R342) Z=L/4 y=b/2 εz=

-

(3*Ft

*L

)/(8*E*b3) (R321) y=-b/2 εz=(3*Ft*L)/(8*E*b3) (R341) Z=3L/4 y=b/2 εz=(3*Ft

*L

)/(8*E*b3) (R322) y=-b/2 εz=

-

(3*Ft*L)/(8*E*b3) (R342)

(17)

519 4° Ponte di Wheatstone

Figura 13-15: Quarto ponte di Wheatstone. Sulla sinistra lo schema delle resistenze che costituiscono tale ponte; sulla destra viene evidenziato il posizionamento delle resistenze sulla barretta interessata.

Le forze esterne che producono una variazione del potenziale del 4° ponte sono, come nel caso del 3° ponte, PU e WQ; la differenza con il caso precedente è che la forza di taglio prodotta dal momento torcente in corrispondenza dell’incastro libero è, questa volta, lungo ].

Allora si ha per il caso del momento torcente esterno: • e = /4 W =<f< ∙ Pj∙ 

• e = 3/4 W = −<f< ∙ Pj∙ 

Allora si ha per le deformazioni assiali:

Mentre andando a considerare il contributo della forza esterna PU, ricordando che sulla barretta agisce una forza di taglio pari a PU/4, si ha:

Z=L/4 y=b/2 εz=(3*Ft

*L

)/(8*E*b3) (R121) y=-b/2 εz=

-

(3*Ft*L)/(8*E*b3) (R141) Z=3L/4 y=b/2 εz=

-

(3*Ft

*L

)/(8*E*b3) (R122) y=-b/2 εz=(3*Ft*L)/(8*E*b3) (R142)

(18)

520 • e = /4 W =<f< ∙ PU∙ 

• e = 3/4 W = −<f< ∙ PU∙  Allora per le deformazioni si ha:

In definitiva, si ha che il salto di potenziale di sbilanciamento del ponte provocato dalle forze esterne è: ∆2% 1m = −./∙  3 8 ∙1 ∙ lPU∙ =+38 ∙1 ∙ lWQ=∙ ∙  Z=L/4 y=b/2 εz=(3*Ft

*L

)/(8*E*b3) (R121) y=-b/2 εz=

-

(3*Ft*L)/(8*E*b3) (R141) Z=3L/4 y=b/2 εz=

-

(3*Ft

*L

)/(8*E*b3) (R122) y=-b/2 εz=(3*Ft*L)/(8*E*b3) (R142)

(19)

521 5° Ponte di Wheatstone

Figura 13-16: Quinto ponte di Wheatstone. Sulla sinistra lo schema delle resistenze che costituiscono tale ponte; sulla destra viene evidenziato il posizionamento delle resistenze sulla barretta interessata.

Le forze esterne che contribuiscono a far variare il potenziale del ponte in questione sono: WS e PU.

Considerando dapprima il contributo del momento flettente che produce forze normali sulle barrette, si ha:

Figura 13-17: Schema del carico flettente agente lungo x.

Dalla Figura si può anche notare che Y =!∙>XT, da cui segue che *Q=[CZ; allora si ha:

Barretta 4: *Q =!∙[∙cXT$∙> , che vale sia per R421 che per R442

Barretta 2: *Q = −!∙[∙cXT$∙> , che vale sia per R241 che per R222

Considerando invece il contributo della forza di taglio Fy, si ha:

(20)

522

e = /4: W =<f< ∙ PU∙  *Q = −o∙[∙c=∙/V∙+A che vale per R421 per ] =c!

e = 3/4: W = −<f< ∙ PU∙  *Q =o∙[∙c=∙/V∙+A che vale per R442 per ] = −c!

Barretta 2:

e = /4: W =<f< ∙ PU∙  *Q =o∙[∙c=∙/V∙+A che vale per R241 per ] = −c!

e = 3/4: W = −<f< ∙ PU∙  *Q = −o∙[∙c=∙/V∙+A che vale per R222 per ] =

c ! Alla fine si ha quindi:

∆2p 1m = ./∙ − 3 8 ∙1 ∙ lPU∙ =+2 ∙ 1 ∙ lWS!∙  6° Ponte di Wheatstone

Figura 13-18: Sesto ponte di Wheatstone. Sulla sinistra lo schema delle resistenze che costituiscono tale ponte; sulla destra viene evidenziato il posizionamento delle resistenze sulla barretta interessata.

Come nel caso precedente ci sono due contributi esterni che fanno sì che il potenziale del ponte vari:

• il momento flettente esterno WS • la forza di taglio esterna PU

Per WS vale quanto fatto vedere in precedenza per il ponte 5:

Barretta 4: *Q = XT

!∙[∙c$∙> , che vale sia per R422 che per R441

Barretta 2: *Q = − XT

!∙[∙c$∙> , che vale sia per R242 che per R221

(21)

523 Barretta 4:

e = /4: W =<f< ∙ PU∙  *Q=o∙[∙c=∙/V∙+A che vale per R441 per ] = −c!

e = 3/4 : W = −<f< ∙ PU∙  *Q =o∙[∙c=∙/V∙+A che vale per R422 per ] =

c ! Barretta 2:

e = /4: W =<f< ∙ PU∙  *Q= −o∙[∙c=∙/V∙+A che vale per R221 per ] =c!

e = 3/4: W = −<f< ∙ PU∙  *Q = −o∙[∙c=∙/V∙+A che vale per R242 per ] = −c!

Alla fine si ha:

∆2f 1m = ./∙  3 8 ∙1 ∙ lPU∙ =+2 ∙ 1 ∙ lWS!∙  7° Ponte di Wheatstone

Figura 13-19: Settimo ponte di Wheatstone. Sulla sinistra lo schema delle resistenze che costituiscono tale ponte; sulla destra viene evidenziato il posizionamento delle resistenze sulla barretta interessata.

Le forze che producono variazione del potenziale del ponte sono: • il momento flettente esterno WU

• la forza di taglio esterna PS

Considerando dapprima il contributo del momento flettente, facendo riferimento alla Figura successiva, si ottiene, tenendo conto che Y =!∙>XV:

(22)

524

Figura 13-20: Schema del carico flettente agente lungo q.

Allora si ha:

barretta 3: *Q = XV

!∙[∙c$∙> , che vale sia per R311 che per R332

barretta1: *Q = −!∙[∙cXV$∙> , che vale sia per R112 che R131

Per il contributo della forza esterna tagliante PS: Barretta 3:

e = /4 W = −<f< ∙ PS∙  *Q =o∙[∙c=∙/T∙+A che vale per R311 per  =c!

e = 3/4: W =<f< ∙ PU∙  *Q =o∙[∙c=∙/T∙+A che vale per R332 per  = −

c ! Barretta 1:

e = /4: W = −<f< ∙ PS∙  *Q = −o∙[∙c=∙/T∙+A che vale per R131 per  = −c!

e = 3/4: W =<f< ∙ PU∙  *Q =o∙[∙c=∙/T∙+A che vale per R112 per  =c!

Allora si ha: ∆2r 1m = −./∙  3 8 ∙1 ∙ lPS∙ =+2 ∙ 1 ∙ lWU!∙  y

(23)

525 8° Ponte di Wheatstone

Figura 13-21: Ottavo ponte di Wheatstone. Sulla sinistra lo schema delle resistenze che costituiscono tale ponte; sulla destra viene evidenziato il posizionamento delle resistenze sulla barretta interessata.

Le forze che producono variazione del potenziale del ponte sono: • il momento flettente esterno WU

• la forza di taglio esterna PS

Rifacendosi allo schema già visto per il ponte 7 si ha che il momento flettente My produce

delle forze normali sulle barrette 1 e 3 di intensità Y = XV

!∙> ; allora, come prima, si ottiene: barretta 3: *Q=!∙[∙cXV$∙> , che vale sia per R331 che per R312

barretta 1: *Q= −!∙[∙cXV$∙> , che vale sia per R111 che R132

Considerando adesso il contributo della forza tagliante esterna Fx , si ha:

Barretta 3:

e = /4 W = −<f< ∙ PS∙  *Q= −o∙[∙c=∙/T∙+A che vale per R331 per  = −c!

e = 3/4 W =<f< ∙ PU∙  *Q = −o∙[∙c=∙/T∙+A che vale per R312 per  =

c ! Barretta 1:

e = /4: W = −<f< ∙ PS∙  *Q =o∙[∙c=∙/T∙+A che vale per R111 per  =c!

e = 3/4: W =<f< ∙ PU∙  *Q = −o∙[∙c=∙/T∙+A che vale per R132 per  = −c!

Alla fine si ha:

∆2o

1m = ./∙  3

(24)

526 9° Ponte di Wheatstone

Figura 13-22: Nono ponte di Wheatstone. Sulla sinistra lo schema delle resistenze che costituiscono tale ponte; sulla destra viene evidenziato il posizionamento delle resistenze sulla barretta interessata.

L’unica forza che produce una variazione del potenziale del ponte è la forza esterna Fz. Dal

momento che su ciascuna barretta viene applicato una forza normale pari ad Fz/4, si ha:

*Q =%∙[∙c/R $ per gli estensimetri R340 e R120

Mentre per gli estensimetri R320 e R140, essendo disposti ortogonalmente all’asse z,

subiscono una deformazione ortogonalmente a tale asse pari a: * = −' /R

%∙[∙c$ , dove ν indica il coefficiente di Poisson del materiale. Quindi si ottiene per questo ponte:

∆2s 1m = ./∙ (1 + ') I PQ 8 ∙ 1 ∙ l!I 10° Ponte di Wheatstone

Figura 13-23: Decimo ponte di Wheatstone. Sulla sinistra lo schema delle resistenze che costituiscono tale ponte; sulla destra viene evidenziato il posizionamento delle resistenze sulla barretta interessata.

(25)

527

Come nel caso precedente si ha che l’unica forza che produce variazione del potenziale è la forza normale Fz. Ripetendo lo stesso ragionamento svolto prima si ha:

*Q=%∙[∙c/R $ per gli estensimetri R210 e R430

* = −' /R

%∙[∙c$ per gli estensimetri R230 e R230

Quindi vale: ∆2<m 1m = −./∙ (1 + ') I PQ 8 ∙ 1 ∙ l!I

13.4. Calibrazione dinamometro

Il dinamometro, come detto, è uno strumento di misura delle forze. Queste misurazioni vengono effettuate mediante gli estensimetri posizionati sulle barrette a formare dei ponti di

wheatstone. Lo scopo della calibrazione è quello di trovare un legame tra i potenziali di

sbilanciamento registrati dai ponti a seguito di un’applicazione di un carico ed il valore in termini di forze e momenti del carico stesso. Indicando con 2tu = (_<, _!, _=, … , _<m) il vettore dei potenziali registrati dai ponti e con Pu = (PS, PU, WS, WU, WQ, PQ) (con , ] e  si sono indicate le direzioni del sistema di riferimento solidale con il dinamometro sopra impiegato) il vettore delle forze e momenti esterni agenti sul dinamometro, si cerca quindi una matrice w tale che si possa scrivere:

2tu = w ∙ Pu

La matrice w, detta matrice di calibrazione, consta, dunque, di 60 elementi x ( = 1,2, … ,10; = 1,2, … ,6), che devono essere identificati mediante la calibrazione. Il sistema di equazioni scritto è, dunque, lineare e a coefficienti costanti; questo è giustificato dalle relazioni precedentemente trovate per i ponti estensimetrici, purché si possa ritenere costante il fattore di guadagno ./ (questo fattore è in realtà dipendente dalla temperatura, ma nei casi di nostro interesse, può essere ritenuto praticamente costante). Il sistema può quindi essere riscritto così: y z { z | __<= x<<∙ PS+ x<!∙ PU+ x<=∙ WS+ x<%∙ WU+ x<p∙ WQ+ x<f∙ PQ != x!<∙ PS+ x!!∙ PU+ x!=∙ WS+ x!%∙ WU+ x!p∙ WQ+ x!f∙ PQ … … … … … … … … … … … … _<m= x<m<∙ PS+ x<m!∙ PU+ x<m=∙ WS+ x<m%∙ WU+ x<mp∙ WQ+ x<mf∙ PQ I

Applicando un sistema di carico qualunque, ovvero definendo qualsivoglia componenti del vettore Pu, si possono quindi definire al più 10 equazioni per il calcolo dei coefficienti x. Allora per poter trovare questi coefficienti si devono scrivere 6 sistemi di forze e momenti Ptttttttu (con (})

(26)

528

 = 1, 2, … , 6 ), tra loro linearmente indipendenti, che possano permettere di scrivere 60 equazioni per le 60 incognite x:

y z z z z z z z z z z z { z z z z z z z z z z z | _<(<)= x<<∙ PS(<)+ x<!∙ PU(<)+ x<=∙ WS(<)+ x<%∙ WU(<)+ x<p∙ WQ(<)+ x<f∙ PQ(<) _!(<)= x!<∙ PS(<)+ x!!∙ PU(<)+ x!=∙ WS(<)+ x!%∙ WU(<)+ x!p∙ WQ(<)+ x!f∙ PQ(<) … … … … … … … … … … … … _<m(<)= x<m<∙ PS(<)+ x<m!∙ PU(<)+ x<m=∙ WS(<)+ x<m%∙ WU(<)+ x<mp∙ WQ(<)+ x<mf∙ PQ(<) _<(!)= x<<∙ PS(!)+ x<!∙ PU(!)+ x<=∙ WS(!)+ x<%∙ WU(!)+ x<p∙ WQ(!)+ x<f∙ PQ(!) _!(!)= x!<∙ PS(!)+ x!!∙ PU(!)+ x!=∙ WS(!)+ x!%∙ WU(!)+ x!p∙ WQ(!)+ x!f∙ PQ(!) … … … … … … … … … … … … _<m(!) = x<m<∙ PS(!)+ x<m!∙ PU(!)+ x<m=∙ WS(!)+ x<m%∙ WU(!)+ x<mp∙ WQ(!)+ x<mf∙ PQ(!) … … … . . … … … . . … … … … _<(f)= x<<∙ PS(f)+ x<!∙ PU(f)+ x<=∙ WS(f)+ x<%∙ WU(f)+ x<p∙ WQ(f)+ x<f∙ PQ(f) _!(f)= x!<∙ PS(f)+ x!!∙ PU(f)+ x!=∙ WS(f)+ x!%∙ WU(f)+ x!p∙ WQ(f)+ x!f∙ PQ(f) … … … … … … … … … … … … _<m(f) = x<m<∙ PS(f)+ x<m!∙ PU(f)+ x<m=∙ WS(f)+ x<m%∙ WU(f)+ x<mp∙ WQ(f)+ x<mf∙ PQ(f) I

Per la determinazione degli elementi della matrice w è, comunque, conveniente riscrivere il sistema di equazioni evidenziando le incognite x in un vettore anziché in una matrice:

2t~ = P ∙ ~

Questo equivale a riscrivere il sistema di equazioni di sopra in una maniera leggermente differente: P(<) tttttttu P(!) tttttttu P(f) tttttttu

(27)

529 €                         ‚_<(<) _!(<) _=(<) … … _<(!) _!(!) _=(!) … … _<(p) _!(p) _=(p) … … _<(f) _!(f) _=(f) … … _<m(f)ƒ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ … = €                         ‚PS(<) … PQ(<) 0 0 ⋯ … … … 0 0 … 0 PS(<) … PQ(<) 0 … … … … 0 ⋮ … … … … 0 PS(<) … PQ(<) 0 … 0 … … … … 0 … … … … PS(!) … PQ(!) 0 0 … … … 0 0 … 0 PS(!) … PQ(!) 0 … … . … … 0 ⋮ … … … PS(!) … PQ(!) 0 … 0 ⋮ … … … … 0 … … … … PS(p) … PQ(p) 0 0 … … … 0 0 … 0 PS(p) … PQ(p) 0 … … … … 0 ⋮ … … … PS(p) … PQ(p) 0 … 0 ⋮ … … … … 0 … … . . . … … … … PS(f) … PQ(f) 0 0 … … … 0 0 … 0 PS(f) … PQ(f) 0 … … … … 0 ⋮ … … … PS(f) … PQ(f) 0 … 0 ⋮ … . . . … … … . . . … … … … … ⋮ … … … … 0 … … … PS(f) … PQ(f)ƒ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ … €                     ‚xx<<<! x<= ⋮ x<f x!< x!! x!= ⋮ x!f xp< xp! xp= ⋮ xpf xf< xf! xf= ⋮ ⋮ x<mfƒ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ …

In questo modo la matrice dei coefficienti P è una matrice 60x60 ed essendo i carichi applicati linearmente indipendenti presenta soluzione unica, ovvero è possibile determinare le 60 incognite x in maniera univoca.

Una volta determinata la matrice di calibrazione w la calibrazione del dinamometro risulta essere finita. Tuttavia adesso è necessario risolvere il problema inverso, che è quello che più interessa: determinare il valore di una forza applicata, inizialmente incognita; in particolare si vuole conoscere il valore delle componenti della forza e del momento delle forze agenti sul dinamometro. Seguendo quanto fatto in precedenza da Saggini ([2]) si ha che, applicando una forza P al dinamometro (il che equivale ad applicare un sistema di sollecitazioni composto dalle componenti PS, PU, WS, WU, WQ ˆ PQ) questa dovrà soddisfare la seguente relazione, nel caso ideale di assenza di errori di misura:

2tu − w ∙ Pu = 0

Adesso la matrice w è quella determinata dalla calibrazione, mentre il vettore delle tensioni 2tu (noto) è costituito dai potenziali di sbilanciamento dei ponti del dinamometro sollecitato dalla forza Pu incognita. Nel caso reale in cui esistono degli errori sperimentali che hanno coinvolto il calcolo della matrice w e che possono essere presenti anche nel vettore delle tensioni 2tu, la forza Pu può essere stimata dal vettore che minimizza l’errore quadratico (metodo dei minimi quadrati):

min

/u (2tu − w ∙ Pu) !

(28)

530

Questo, a livello operativo, si traduce nella determinazione del vettore ltu, soluzione del seguente sistema lineare:

Œ ∙ ltu = 7u con:

Œ = wŽ ∙ w 7u = w ∙ 2tu

dove Œ è una matrice quadrata. In appendice si riporta la routine matlab impiegata per la calibrazione del dinamometro.

Nel nostro caso non sono state applicate soltanto sei condizioni di carico linearmente indipendenti (che sarebbe il numero minimo necessario e sufficiente per determinare la matrice di calibrazione w). Infatti, come visibile nel successivo paragrafo, sono state effettuate in tutto 72 prove. Ovviamente solo sei di queste sono linearmente indipendenti. L’aver utilizzato 72 prove per la determinazione della matrice di calibrazione w ha, tuttavia, dei vantaggi, rispetto alla determinazione diretta mediante le sole sei condizioni di carico linearmente indipendenti; infatti ogni volta che si effettua una prova sperimentale, per quanto accurati che possano essere i sistemi di misurazione, esisteranno sempre degli errori nella misurazione (anche se i sistemi di misurazione fossero esatti, ovvero non apportassero degli errori, la misurazione sarebbe affetta da quelli che sono detti errori intrinseci). L’effettuazione di così tante prove, quindi, permette di avere stime più vicine alla realtà, attenuando l’effetto degli errori sperimentali. La procedura seguita per la calibrazione con così tante prove è leggermente differente da quella per il caso di 6 prove linearmente indipendenti, sopra presentata; infatti anziché avere 60 equazioni in 60 incognite, avremo 720 equazioni in 60 incognite (la matrice P risulta, in questo caso, una matrice 720x60). Il sistema di equazioni così ottenuto risulta sovrabbondante (abbiamo più equazioni delle incognite) e, quindi, la matrice di calibrazione w non può essere determinata direttamente, ma viene determinata mediante il metodo dei minimi quadrati (in appendice si riporta la routine matlab per il calcolo delle incognite che fanno parte della matrice di calibrazione w con il metodo dei minimi quadrati). Quindi la soluzione che si ottiene da questa procedura è la soluzione nel senso dei minimi quadrati.

Tuttavia, proprio grazie alla sovrabbondanza delle equazioni che possono essere scritte con le prove effettuate e grazie alla sistematica presenza dell’errore nelle misurazioni, è possibile seguire un’altra strada, oltre a quella percorsa da Saggini. Infatti, al posto di determinare i termini che compongono la matrice di calibrazione w e poi, attraverso il metodo dei minimi quadrati ottenere il valore delle componenti delle forze e dei momenti, si può pensare di effettuare direttamente il calcolo della matrice w, definita attraverso la seguente relazione:

Pu = w ∙ 2tu

Questa relazione sembrerebbe suggerire che w sia l’inversa di w, ma quest’ultima è in realtà rettangolare e, quindi, non invertibile. In realtà questo modo di calcolare il legame tra Pu e 2tu non sarebbe corretto matematicamente rispetto a quello precedente; infatti questo è chiaramente visibile se proviamo a riscrivere il sistema di sopra nel modo già fatto per il caso della matrice w, ovvero esprimendo 2t~ come una matrice (2) ed inserendo le incognite 7 in un

(29)

531

vettore colonna 7~. A questo punto l’espressione precedente si può scrivere per il caso di una sola condizione di carico applicata:

€        ‚PS(<) PU(<) WS(<) WU(<) WQ(<) PQ(<)ƒ „ „ „ „ „ „ „ … = €       ‚2<(<) … 2<m(<) 0 0 … … … 0 0 … 0 2<(<) … 2<m(<) 0 … … … 0 ⋮ … … … 2<(<) … 2<m(<) … 0 … 0 ⋮ … . . . … … … . . . … … … … ⋮ … … … … 0 … … … 2<(<) … 2<m(<)ƒ„ „ „ „ „ „ … €                     ‚77<<<! 7<= ⋮ 7<<m 7!< 7!! 7!= ⋮ 7!<m 7p< 7p! 7p= ⋮ 7p<m 7f< 7f! 7f= ⋮ ⋮ 7f<mƒ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ „ …

Da questa espressione appena scritta si evince chiaramente che la matrice 2 presenta 60 colonne (quante le incognite 7) e per ogni singola condizione di carico applicata si possono scrivere sei equazioni; questo impone che per risolvere in maniera univoca il problema (trovare il valore delle 60 incognite 7) si necessiti di altre 9 condizioni di carico, per un totale di 10 condizioni di carico linearmente indipendenti. Purtroppo il campo vettoriale generato da un qualsivoglia sistema di carichi è esadimensionale; quindi sono al più sei le condizioni di carico linearmente indipendenti che si possono scrivere. Infatti se provassimo ad aggiungere al sistema di equazioni sopra scritto altre 9 condizioni di carico si raggiungerebbe il numero minimo di equazioni necessarie e sufficienti per la determinazione univoca delle incognite del problema; questa possibilità, però, di determinare le incognite sarebbe subordinata alla condizione necessaria che il determinante della matrice dei coefficienti (in questo caso 2) fosse diverso da zero. Tuttavia essendo lo spazio delle forze esadimensionale si avrebbero 4 sistemi di forze linearmente dipendenti dagli altri e, di conseguenza, sulla base delle relazioni teoriche sopra viste che legano i potenziali di sbilanciamento dei ponti alle forze applicate (relazioni che risultano essere lineari), si avrebbero quattro serie di potenziali di sbilanciamento dei ponti dipendenti linearmente dagli altri casi. Quindi apparentemente sembrerebbe che la matrice w non sia calcolabile. In realtà tenendo conto della inevitabile presenza degli errori sperimentali si dimostra che è possibile arrivare ad avere una soluzione; infatti si consideri per semplicità il caso di una matrice 2 quadrata 4x4 con due soli valori 2< e 2!, associate a due condizioni di carico differenti:

(30)

532 2 = €    ‚2<(<) 2!(<) 0 0 0 0 2<(<) 2!(<) 2<(!) 2!(!) 0 0 0 0 2<(!) 2!(!)ƒ „ „ „ …

Se le due condizioni di carico sono proporzionali (linearmente dipendenti), ovvero si può scrivere:

2<(!)=  ∗ 2<(<) 2!(!)=  ∗ 2!(<)

Allora il determinante della matrice è evidentemente nullo. Però se ipotizzassimo di avere un errore su entrambe le misurazioni di 2<(!) e 2!(!) e per semplicità indicassimo questo errore con * e supponessimo che fosse lo stesso per entrambi, il determinante della matrice di sopra sarebbe pari a *(2<(<)− 2!(<)); questo di fatto permetterebbe alla matrice di avere determinante non nullo e, quindi, di avere una soluzione unica. Se estendiamo il ragionamento a 10 serie di carichi allora si ottiene che la matrice 2 relativa a questo caso può presentare soluzione unica; infatti, sulla base di quanto visto sopra, se esistono degli errori di natura sperimentale (sempre presenti ed inevitabili) allora proprio la presenza di questi errori permette di avere per 2 un determinante non nullo, sebbene le condizioni di carico siano linearmente dipendenti. Tuttavia noi presentiamo 12 condizioni di carico (evidenziate nel successivo paragrafo), anziché 10, e quindi la soluzione, ovvero la conoscenza delle incognite 7, deve essere determinata, come nel caso precedente della matrice w, mediante il metodo dei minimi quadrati.

Questa operazione di ricavare w direttamente dagli esperimenti ha il vantaggio di evitare ulteriori manipolazioni dei dati, con conseguenti riduzioni degli errori legati alle operazioni necessarie per le trasformazioni; tuttavia non è stato ancora chiarito l’impatto che gli errori nella misurazione, che rendono possibile calcolare la matrice w, hanno sulla precisione della misurazione.

Le 6 condizioni di carico linearmente indipendenti da applicare, seguendo quanto fatto da Saggini ([2]), sono state subordinate alla particolare forma del dinamometro che ha imposto il riutilizzo dell’attrezzatura d’afferraggio utilizzata per la realizzazione del pezzo stesso. Data la forma dell’attrezzatura d’afferraggio, viste le possibili posizioni in cui questa può essere facilmente disposta relativamente alla superficie del tavolo sulla quale verrà staffata, tenuto conto che i carichi risulteranno, ovviamente, spostati rispetto alla verticale locale appartenente al piano di simmetria del dinamometro e che gli stessi risulteranno sbracciati rispetto alla faccia dello stesso, per i quali si è quindi reso necessario l’utilizzo di una puleggia con relativo alberino per controllare i momenti generati dai carichi, in definitiva, si hanno le seguenti condizioni di carico linearmente indipendenti:

1. Asse  disposto lungo la verticale locale, con forza disposta lungo tale direzione. Questa, oltre a produrre una forza di taglio sul dinamometro, produce un momento flettente ed uno torcente.

(31)

2. Nella solita configurazione del caso 1 si cambia solo il valore della distanza della puleggia dalla faccia del dinamometro, invertendo la posizione dell’alberino, modificando così il del momento flettente attorno all’asse

3. Nella solita configurazione del punto 2

sostegno dei pesi nel verso opposto a quello delle altre 2 configurazioni in modo da ottenere un momento torcente di segno opposto a quello dei casi detti prima.

4. Ruotando il sistema di afferraggio si dispone l’asse l’alberino nella configurazione identica a quella del punto 1. 5. Nella solita configurazione del pun

per cambiare il valore del momento flettente rispetto all’asse 6. Disponendo il dinamometro con l’asse

configurazione linearmente indipendente cercata.

Nella Tabella che segue si riassumono le 6 condizioni di carico linearmente indipendenti che verranno impiegate per la calibrazione del dinamometro.

PS 0 0 WU< WQ 0

Tabella 13-1: Sistemi di forze e momenti impiegati per la calibrazione del dinamometro.

Nella Tabella sono indicate le differenti posizioni assunte dalla puleggia rispetto alla faccia anteriore del dinamometro con il numero 1 e 2 in apice ai momenti flettenti generati dalle forze applicate, nelle due distinte configurazioni del dinamometro. Di seguito si

chiarezza le due diverse disposizioni distanze assunte dalla puleggia nei due casi.

Figura 13-24: Le due distinte

Vengono evidenziate le distanze tra la faccia posteriore del dinamometro e la gola della puleggia; viene inoltre bL= 181.5 mm

a

bL= 181.5 mm bL= 181.5 mm bL= 181.5 mm

a

533

Nella solita configurazione del caso 1 si cambia solo il valore della distanza della puleggia dalla faccia del dinamometro, invertendo la posizione dell’alberino, modificando così il del momento flettente attorno all’asse ].

Nella solita configurazione del punto 2 sfruttando la presenza della puleggia si sfila il filo di sostegno dei pesi nel verso opposto a quello delle altre 2 configurazioni in modo da ottenere

cente di segno opposto a quello dei casi detti prima.

Ruotando il sistema di afferraggio si dispone l’asse ] lungo la verticale locale, si riporta alberino nella configurazione identica a quella del punto 1.

Nella solita configurazione del punto 4 si riporta l’alberino nella configurazione del punto 2 per cambiare il valore del momento flettente rispetto all’asse .

Disponendo il dinamometro con l’asse  lungo la verticale locale si ottiene l’ultima configurazione linearmente indipendente cercata.

che segue si riassumono le 6 condizioni di carico linearmente indipendenti che verranno impiegate per la calibrazione del dinamometro.

PS PS 0 0 0 0 PU PU 0 0 WS< WS! WU! WU! 0 0 WQ −WQ WQ WQ 0 0 0 0

: Sistemi di forze e momenti impiegati per la calibrazione del dinamometro.

sono indicate le differenti posizioni assunte dalla puleggia rispetto alla faccia anteriore del dinamometro con il numero 1 e 2 in apice ai momenti flettenti generati dalle forze applicate, nelle due distinte configurazioni del dinamometro. Di seguito si

diverse disposizioni della puleggia, evidenziando i differenti valori delle distanze assunte dalla puleggia nei due casi.

: Le due distinte configurazioni della puleggia durante la calibrazione statica del dinamometro. Vengono evidenziate le distanze tra la faccia posteriore del dinamometro e la gola della puleggia; viene inoltre

evidenziata il raggio della puleggia bS= 101.5 mm

b

bS= 101.5 mm bS= 101.5 mm bS= 101.5 mm

b

1 2

Nella solita configurazione del caso 1 si cambia solo il valore della distanza della puleggia dalla faccia del dinamometro, invertendo la posizione dell’alberino, modificando così il valore sfruttando la presenza della puleggia si sfila il filo di sostegno dei pesi nel verso opposto a quello delle altre 2 configurazioni in modo da ottenere lungo la verticale locale, si riporta porta l’alberino nella configurazione del punto 2 lungo la verticale locale si ottiene l’ultima che segue si riassumono le 6 condizioni di carico linearmente indipendenti che

0 0 0 0 0 PQ

: Sistemi di forze e momenti impiegati per la calibrazione del dinamometro.

sono indicate le differenti posizioni assunte dalla puleggia rispetto alla faccia anteriore del dinamometro con il numero 1 e 2 in apice ai momenti flettenti generati dalle forze applicate, nelle due distinte configurazioni del dinamometro. Di seguito si riportano per della puleggia, evidenziando i differenti valori delle

configurazioni della puleggia durante la calibrazione statica del dinamometro. Vengono evidenziate le distanze tra la faccia posteriore del dinamometro e la gola della puleggia; viene inoltre rT= 100 mm rT= 100 mm rT= 100 mm rT= 100 mm

(32)

534 z x y 4 1 2 3 P z x y 4 1 2 3 P 4 1 2 3 P z x y 4 1 2 3 P z x y 4 1 2 3 P z x y 4 1 2 3 P z x y 3 4 1 2 z x y P 3 4 1 2 z x y P 3 4 1 2 P z x y 3 4 1 2 P z x y z x y P z x y P

Per maggior chiarezza si raffigurano di seguito le sei differenti configurazioni linearmente indipendenti impiegate per la calibrazione del dinamometro, riportando la numerazione relativa alla configurazione di carico rappresentata.

Figura 13-25: Schematizzazione delle sei condizioni di carico linearmente indipendenti provate.

Dopo aver stabilito i tipi di carichi che saranno applicati al dinamometro, si è proceduto alla staffatura sulla superficie piana offerta da un tavolino del sistema d’afferraggio del dinamometro, in modo da evitare qualunque spostamento durante la calibrazione. Prima di poter effettuare le prove sul dinamometro è stato necessario riunire mediante saldatura 2 fili rotti. Successivamente i fili del dinamometro sono stati raccolti in 4 termorestringenti per facilitare la manipolazione degli stessi soprattutto in vista delle successive prove rotodinamiche in cui si renderà necessario far passare i fili all’interno dell’albero cavo.

Figura 13-26: Dinamometro. Sono visibili i fili del dinamometro, in particolare sono evidenziati quelli che sono stati riuniti tramite saldatura e successivamente la parte saldata è stata ricoperta con un piccolo filo di

termorestringente. I fili non sono ancora stati raccolti nei 4 termorestringenti.

(33)

535

Successivamente il dinamometro è stato fissato all’attrezzatura d’afferraggio sfruttando l’accoppiamento conico e assicurandolo con una vite, come visibile nella Figura.

Figura 13-27: Dinamometro montato sul sistema d’afferraggio e fissato mediante vite.

Successivamente sono stati collegati l’alberino e la relativa puleggia al dinamometro.

Figura 13-28: Alberino (sx) e puleggia (dx) utilizzati durante la calibrazione.

Descrizione delle prove

Una volta preparato il sistema per l’esecuzione delle prove, si è passati alla successiva fase di prove sul dinamometro. Benché siano sufficienti 6 storie di carico linearmente indipendenti per la determinazione univoca della matrice di calibrazione (w), si è preferito calcolare questa mediante un set di prove molto più numeroso. Questa scelta è stata determinata dall’idea che maggiore fosse stato il numero di prove sperimentali, maggiore sarebbe stata poi l’accuratezza con cui si sarebbe potuta calcolare questa matrice, in quanto avremmo così potuto tenere di conto degli errori sperimentali nella misurazione (cosa che non sarebbe stata possibile se avessimo effettuato un solo set di prove). Quindi per ciascuna configurazione del dinamometro sono state effettuate 12 prove, con asse verticale una volta posizionato verso il basso, un’altra

I termo restringenti che accolgono i fili del dinamometro

(34)

536

verso l’alto e per entrambi i casi con un carico che partendo da 5 Kg (nominali) aumentava di 5 Kg (nominali) alla volta fino a raggiungere un peso massimo di 30 Kg (nominali).

Di seguito si riportano i valori delle masse effettivamente applicate al dinamometro.

Numero peso Massa (kg)

1 4.983 2 5.032 3 4.911 4 5.044 5 4.946 6 5.073

Tabella 13-2: Valori dei pesi impiegati per la calibrazione.

Questi valori sono stati calcolati mediante una bilancia di precisione con un errore pari a ± 2.9 ∙ 10‘p kg.

Di seguito è riportata la Tabella contenente tutte le 72 prove effettuate con i relativi codici identificativi delle prove (nella sezione “Storia di carico”) e con il relativo posizionamento del dinamometro. Il numero (1,2,..,6) individua la configurazione del dinamometro, le lettere (A,B,…,F) individuano il carico applicato e, infine, il segno (+ / -) individuano il verso dell’asse verticale del dinamometro rispetto al verso dell’accelerazione di gravità (se + l’asse verticale del dinamometro ha verso concorde con quello dell’accelerazione di gravità).

(35)
(36)

Tabella 13-3: Condizioni di carico del dinamometro per la calibrazione statica.

Nel caso delle prove con asse  disposto verticalmente si sono effettuate due serie di prove; infatti mentre negli altri casi è stato possibile

interesse disposto una volta verso l’alto e l’altra verso il basso, per effettuare le prove con asse  verticale si è dovuto staccare il dinamometro dalla struttura di sostegno ed appoggiarlo sul tavolo; questo ha permesso di fare solo prove con l’asse

ridurre gli effetti degli errori sperimentali questa configurazione (come visibile dalla risultati.

Figura 13

538

: Condizioni di carico del dinamometro per la calibrazione statica.

disposto verticalmente si sono effettuate due serie di prove; infatti mentre negli altri casi è stato possibile realizzare una serie di prove con l’asse di interesse disposto una volta verso l’alto e l’altra verso il basso, per effettuare le prove con asse verticale si è dovuto staccare il dinamometro dalla struttura di sostegno ed appoggiarlo sul di fare solo prove con l’asse  diretto verso l’alto; allora per poter ridurre gli effetti degli errori sperimentali si è optato per ripetere due volte gli esperimenti in

(come visibile dalla Tabella soprastante) e successivamente me

13-29: Uno dei momenti della calibrazione.

disposto verticalmente si sono effettuate due serie di prove; na serie di prove con l’asse di interesse disposto una volta verso l’alto e l’altra verso il basso, per effettuare le prove con asse verticale si è dovuto staccare il dinamometro dalla struttura di sostegno ed appoggiarlo sul diretto verso l’alto; allora per poter si è optato per ripetere due volte gli esperimenti in e successivamente mediare i

(37)

Figura

Come visto nell’analisi sopra riportata

misurare le solite forze e/o momenti. Questo è senza dubbio un vantaggio in termini di affidabilità del funzionamento del sistema di misurazione, ma comporta ovviamente proble nella corretta valutazione dei dat

registrano teoricamente forze potenziali di sbilanciamento

Acquisizione dati

La disposizione dei vari elementi necessari per la calibrazione del dinamometro è mostrata di seguito.

Figura 13-31: Posizionamento relativo dei vari componenti necessari per la calibrazione del dinamometro.

I dati provenienti dal dinamometro arrivano tramite dei fili alle due terminaliere SCXI dello chassis SCXI-1000

computer. Il campionamento dei dati è stato effettuato con un s.r. ( campioni al secondo per un totale di 10 secondi, per garantire una minor infl

sperimentali sui valori medi delle tensioni di sbilanciamento dei ponti estensi metrici. SCXI 1000 SCXI

Pc

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Figura 13-30: Calibrazione del dinamometro con asse ’ verticale.

nell’analisi sopra riportata, ci sono coppie di ponti estensimetrici

misurare le solite forze e/o momenti. Questo è senza dubbio un vantaggio in termini di affidabilità del funzionamento del sistema di misurazione, ma comporta ovviamente proble nella corretta valutazione dei dati provenienti dai ponti estensimetrici

registrano teoricamente forze identiche e che, quindi, dovrebbero fornire i soliti valori dei potenziali di sbilanciamento, in realtà possono evidenziare delle differenze numeriche

La disposizione dei vari elementi necessari per la calibrazione del dinamometro è mostrata

: Posizionamento relativo dei vari componenti necessari per la calibrazione del dinamometro.

I dati provenienti dal dinamometro arrivano tramite dei fili alle due terminaliere SCXI 1000 dal quale, poi, passano direttamente alla scheda di acquisizione del computer. Il campionamento dei dati è stato effettuato con un s.r. (

campioni al secondo per un totale di 10 secondi, per garantire una minor infl

sperimentali sui valori medi delle tensioni di sbilanciamento dei ponti estensi metrici. Dinamometro

SCXI-1520

verticale.

estensimetrici in grado di misurare le solite forze e/o momenti. Questo è senza dubbio un vantaggio in termini di affidabilità del funzionamento del sistema di misurazione, ma comporta ovviamente problemi i provenienti dai ponti estensimetrici, in quanto ponti che identiche e che, quindi, dovrebbero fornire i soliti valori dei

differenze numeriche.

La disposizione dei vari elementi necessari per la calibrazione del dinamometro è mostrata

: Posizionamento relativo dei vari componenti necessari per la calibrazione del dinamometro.

I dati provenienti dal dinamometro arrivano tramite dei fili alle due terminaliere SCXI-1520 dal quale, poi, passano direttamente alla scheda di acquisizione del computer. Il campionamento dei dati è stato effettuato con un s.r. (sample rate) di 200 campioni al secondo per un totale di 10 secondi, per garantire una minor influenza degli errori sperimentali sui valori medi delle tensioni di sbilanciamento dei ponti estensi metrici.

Dinamometro

Terminaliere per attacco dei fili del dinamometro

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540

Figura 13-32: Il sistema di afferraggio del dinamometro visto da dietro. In primo piano sono visibili le terminaliere che raccordano i fili provenienti dal dinamometro con quelli che arrivano alle terminaliere

SCXI-1520.

Figura 13-33: Lo chassis SCXI-1000 con le due terminaliere SCXI-1520 che ricevono i fili provenienti dal dinamometro.

La temperatura media delle prove, misurata mediante un termometro presente nel laboratorio, è stata di 20.4 °C.

13.5. Risultati sperimentali

Caso matrice “

In questa sezione si riportano i risultati sperimentali nel caso in cui si utilizzi la procedura di calcolo della matrice w. I dati vengono forniti in grafici che riportano il confronto tra i valori effettivi delle forze e quelli ottenuti attraverso la matrice w, determinata sperimentalmente. Quello che viene fatto sostanzialmente è, una volta determinata la matrice di calibrazione per via sperimentale, utilizzare questa matrice per ricalcolarsi mediante il metodo dei minimi quadrati le forze che sono state impiegate per la calibrazione. I grafici successivi sono, inoltre, utili per verificare la linearità della risposta del dinamometro alle sollecitazioni nell’intervallo di forze previste in sede progettuale.

Terminaliere SCXI-1520 Chassis SCXI-1000

(39)

541

Figura 13-34: Grafico che riporta la forza lungo l'asse i effettivamente applicata rispetto a quella vista dal dinamometro.

Figura 13-35: Grafico che riporta la forza lungo l'asse q effettivamente applicata rispetto a quella vista dal dinamometro.

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Figura 13-36: Grafico che riporta la forza lungo l'asse ’ effettivamente applicata rispetto a quella vista dal dinamometro.

Figura 13-37: Grafico che riporta il momento flettente lungo l'asse i effettivamente applicata rispetto a quello vista dal dinamometro.

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Figura 13-38: Grafico che riporta il momento flettente lungo l'asse q effettivamente applicata rispetto a quello vista dal dinamometro.

Figura 13-39: Grafico che riporta il momento torcente lungo l'asse z effettivamente applicata rispetto a quello vista dal dinamometro.

Si può notare dai grafici precedenti come la risposta del dinamometro sia praticamente lineare e come il sistema di misurazione risulti molto preciso nel calcolare le forze applicate sul dinamometro. Di seguito si riporta la matrice di calibrazione ottenuta dalla routine di matlab presente in appendice.

(42)

Tabella 13-4: Matrice di calibrazione

Caso matrice ”

In questa sezione si riportano, invece, i risultati del caso in cui si utilizzi la procedura operativa che coinvolge la matrice

sperimentale della matrice). Anche in questo caso

effettivamente applicate al dinamometro in confronto alle forze viste dal dinamometro grazie alla nuova matrice w.

Figura 13-40: Grafico che riporta la forza lungo l'ass

dinamometro con la matrice

544

: Matrice di calibrazione “ del dinamometro; gli elementi hanno dimensioni

In questa sezione si riportano, invece, i risultati del caso in cui si utilizzi la procedura operativa che coinvolge la matrice w (in appendice si riporta il listato matlab per il calcolo sperimentale della matrice). Anche in questo caso si riportano i grafici delle forze effettivamente applicate al dinamometro in confronto alle forze viste dal dinamometro grazie

: Grafico che riporta la forza lungo l'asse i effettivamente applicata rispetto a quella vista dal dinamometro con la matrice ”.

; gli elementi hanno dimensioni •/–.

In questa sezione si riportano, invece, i risultati del caso in cui si utilizzi la procedura per il calcolo si riportano i grafici delle forze effettivamente applicate al dinamometro in confronto alle forze viste dal dinamometro grazie

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545

Figura 13-41: Grafico che riporta la forza lungo l'asse q effettivamente applicata rispetto a quella vista dal dinamometro con la matrice ”.

Figura 13-42: Grafico che riporta la forza lungo l'asse ’ effettivamente applicata rispetto a quella vista dal dinamometro con la matrice ”.

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Figura 13-43: Grafico che riporta il momento flettente lungo l'asse i effettivamente applicata rispetto a quello vista dal dinamometro con la matrice ”.

Figura 13-44: Grafico che riporta il momento flettente lungo l'asse q effettivamente applicata rispetto a quello vista dal dinamometro con la matrice ”.

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Figura 13-45: Grafico che riporta il momento flettente lungo

Anche in questo caso si può notare come i dati si dispongano in maniera molto accurata sulla bisettrice del grafico, per cui le forze stimate agenti sul dinamom

somiglianti a quelle effettivamente agenti. Di seguito si riporta la matrice routine —x˜™xl impiegata:

Tabella 13-5: Matrice di calibrazione

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Grafico che riporta il momento flettente lungo l'asse ’ effettivamente applicata rispetto a quello vista dal dinamometro con la matrice ”.

Anche in questo caso si può notare come i dati si dispongano in maniera molto accurata sulla bisettrice del grafico, per cui le forze stimate agenti sul dinamom

somiglianti a quelle effettivamente agenti. Di seguito si riporta la matrice impiegata:

Matrice di calibrazione ” del dinamometro; gli elementi hanno dimensioni

effettivamente applicata rispetto a



Anche in questo caso si può notare come i dati si dispongano in maniera molto accurata sulla bisettrice del grafico, per cui le forze stimate agenti sul dinamometro sono molto somiglianti a quelle effettivamente agenti. Di seguito si riporta la matrice w ottenuta dalla

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13.6. Confronto tra le matrici

“ e ”

Come visto sopra, sono, dunque, possibili due vie per ottenere una misura delle forze agenti sul dinamometro, utilizzando rispettivamente la matrice “ e la matrice ”. Sulla base dei valori delle forze agenti sul dinamometro ottenute con una matrice, piuttosto che con l’altra, si può stabilire il maggiore o minore grado di precisione offerto dal calcolo impiegando tale matrice. Per fare ciò si è costruita una retta di regressione lineare, impiegando il metodo dei minimi quadrati, per l’andamento delle forze e momenti agenti sul dinamometro. Inoltre è stato possibile determinare gli estremi superiore ed inferiore per il posizionamento della retta di regressione, basandosi su un confidence level (c.l.) del 95%. Di seguito si presentano i grafici, in base alla matrice impiegata per il calcolo, per ciascuna componente di forza e di momento agente sul dinamometro. I grafici riportano oltre alla retta di regressione lineare dei dati anche i limiti superiori ed inferiori per il posizionamento di tale retta, sulla base del c.l. definito sopra.

Matrice “

Figura 13-46: Andamento della retta di regressione lineare dei dati assieme ai limiti superiori ed inferiori assunti da tale retta per un confidence level del 95%. (Matrice “, Forza ši).

-300 -200 -100 0 100 200 300 -300 -200 -100 0 100 200 300 Forza Reale Fx, [N] F o rz a S ti m a ta F x , [N ] Regressione lineare Dati sperimentali Limite superiore Limite inferiore

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Figura 13-47: Andamento della retta di regressione lineare dei dati assieme ai limiti superiori ed inferiori assunti da tale retta per un confidence level del 95%. (Matrice “, Forza šq).

Figura 13-48: Andamento della retta di regressione lineare dei dati assieme ai limiti superiori ed inferiori assunti da tale retta per un confidence level del 95%. (Matrice “, Forza š’).

-300 -200 -100 0 100 200 300 -300 -200 -100 0 100 200 300 Forza Reale F y, [N] F o rz a S ti m a ta F y , [N ] Regressione lineare Dati sperimentali Limite superiore Limite inferiore -300 -250 -200 -150 -100 -50 0 -300 -250 -200 -150 -100 -50 0 Forza Reale Fz, [N] F o rz a S ti m a ta F z , [N ] Regressione lineare Dati sperimentali Limite superiore Limite inferiore

Figura

Figura 13-4: Il dinamometro e, in particolare, una delle quattro barrette con gli estensimetri
Figura 13-10: Schema di carico di taglio agente sulla barretta lungo l'asse  i.
Figura 13-13: Secondo ponte di Wheatstone. Sulla sinistra lo schema delle resistenze che costituiscono tale  ponte; sulla destra viene evidenziato il posizionamento delle resistenze sulla barretta interessata
Figura 13-14: Terzo ponte di Wheatstone. Sulla sinistra lo schema delle resistenze che costituiscono tale  ponte; sulla destra viene evidenziato il posizionamento delle resistenze sulla barretta interessata
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