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Elementi di meccanica quantistica

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Academic year: 2021

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Elementi di meccanica quantistica

Prof. Luca Lozzi

Dipartimento di Scienze Fisiche e Chimiche UniversitΓ  degli Studi dell’Aquila

Mail: luca.lozzi@aquila.infn.it; luca.lozzi@univaq.it Web page: http://www.dsfc.univaq.it/lozzi/

Versione 12/03/2016

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All’inizio del XX secolo alcuni esperimenti fondamentali permisero di capire la struttura dell’atomo:

- 1897: Sir Joseph J. Thomson (Direttore del Laboratorio Cavendish, Cambridge, UK, Nobel 1906), mediante l’uso di campi elettrici e magnetici, misurΓ² il rapporto tra la carica e la massa dei β€œraggi catodici” q/m, e scoprendo che questi β€œraggi” erano composta da cariche elettriche β€œnegative”, gli elettroni.

- 1906: Sir Joseph J. Thomson, da dati di diffusione (scattering) di raggi X, scopre che in un atomo il numero degli elettroni Γ¨ pari an numero atomico Z presente nella tabella periodica di Medeleev.

- 1909: Robert Millikan (USA, Nobel 1923) riuscΓ¬ a determinare il valore della carica elementare dell’elettrone, permettendo di determinare la massa, conoscendo il rapporto q/m.

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- 1911: Ernest Rutherford (Manchester, UK), inviando particelle Ξ± (nuclei di elio) emesse da sostanze radioattive contro lamine sottili e misurando la distribuzione delle particelle deflesse in funzione dell’angolo di deviazione, dimostrΓ² che gli atomi sono fatti da un nucleo centrale β€œpesante” carico positivamente e molto piccolo (raggio del nucleo ~ 10-14 m, il raggio dell’atomo Γ¨ invece ~ 10-10 m ) e da cariche elettriche negative β€œleggere” distribuite nella parte esterna dell’atomo (modello β€œplanetario”).

I risultati sperimentali di Rutherford avevano escluso l’altro modello a quel tempo proposto da Thompson (!) in cui l’atomo era costituito da una carica positiva distribuita uniformemente in tutto lo spazio occupato da esso e in cui gli elettroni si trovavano immersi a distanza tale da minimizzare la loro interazione repulsiva (modello

β€œplum pudding” o β€œpanettone”)

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- Gli spettri ottici (radiazione UV, visibile e infrarossa) di assorbimento da parte di gas illuminato da sorgente bianca o di emissione di luce da parte di gas eccitato (p.e. mediante corrente elettrica), ottenuti da vari autori, mostravano la presenza di β€œrighe” di assorbimento o emissione molto nette e dipendenti dall’atomo in esame.

Esperimento di assorbimento

Esperimento di emissione

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Dall’analisi di questi spettri ottici erano state trovate delle formule empiriche:

πœ†πœ† = πœ†πœ†π‘™π‘™π‘™π‘™π‘™π‘™ 𝑛𝑛2

𝑛𝑛2 βˆ’ 𝑛𝑛02 𝑛𝑛 = 𝑛𝑛0 + 1, 𝑛𝑛0+ 2, 𝑛𝑛0+ 3, … Dove:

Lyman (UV): n0 = 1, Ξ»lim = 911 Γ… Balmer (Vis): n0 = 2, Ξ»lim = 3646 Γ… Pachen (IR): n0 = 3, Ξ»lim = 8201 Γ… Brackett (IR): n0 = 4, Ξ»lim = 14588 Γ… Pfund (IR): n0 = 5, Ξ»lim = 22794 Γ…

Un altro modo di identificare le righe Γ¨ stato quello mediante il vettore d’onda k:

π‘˜π‘˜ = 1πœ†πœ† con Ξ»= lunghezza d’onda

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dove

RH = costante di Rydberg = 𝑙𝑙𝑒𝑒4

64πœ‹πœ‹3πœ€πœ€02ℏ3𝑐𝑐 1.097x107 m-1

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Problemi aperti

- Se gli elettroni si trovano β€œintorno” al nucleo, perchΓ© non β€œcadono” su di esso ?

- Se gli elettroni, per non cadere nel nucleo, ruotano intorno ad esso (come i pianeti intorno al sole) perchΓ© non emettono onde elettromagnetiche ?

Infatti se un elettrone ruota intorno al nucleo Γ¨ soggetto ad una forza centripeta: 𝐹𝐹 = π‘šπ‘š π‘Žπ‘Žπ‘π‘ = π‘šπ‘š π‘£π‘£π‘Ÿπ‘Ÿ2 dove v= velocitΓ , r= raggio dell’orbita.

Ma una carica elettrica soggetta ad una accelerazione emette onde elettromagnetiche di potenza : 𝑃𝑃 = 6πœ‹πœ‹πœ€πœ€π‘žπ‘ž2π‘Žπ‘Ž2

0𝑐𝑐3

(eq. di Larmor), valida per l’elettromagnetismo classico

Se un elettrone emette con continuitΓ  onde elettromagnetiche deve perdere energia e cadere nel nucleo, ma gli atomi sono stabili!

- Come si spiegano gli spettri di emissione ed assorbimento ottici di gas ?

- Se gli elettroni ruotano intorno al nucleo dovrebbero emettere spettri continui e non discreti

- In un insieme grande di atomi, gli elettroni dovrebbero avere energie cinetiche diverse e quindi emettere onde e.m. diverse.

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Modello di Bohr

Nils Bohr (1913 Cambridge, UK, Nobel 1922), per spiegare gli spettri di emissione ed assorbimento di atomi propose un modello di atomo ipotizzando i seguenti postulati (validi per un atomo con 1 solo elettrone):

1) L’elettrone in un atomo ruota attorno al nucleo, per effetto della forza di Coulomb, compiendo orbite circolari e seguendo le leggi della meccanica classica;

2) Le uniche orbite permesse sono quelle per cui il momento angolare totale Γ¨ un multiplo intero della costante di Planck divisa per 2Ο€: 𝐿𝐿 = π‘›π‘›β„Ž2πœ‹πœ‹ = 𝑛𝑛ℏ dove ℏ = 2πœ‹πœ‹β„Ž ;

3) Nonostante l’elettrone sia soggetto ad una accelerazione costante, durante il moto di rivoluzione intorno al nucle non emette onde elettromagnetiche ma la sua energia rimane costante;

4) Si ha emissione di onde elettromagnetiche quando un elettrone in un orbita con energia totale Ei passa improvvisamente ad un’orbita con energia totale Ef e la frequenza dell’onda elettromagnetica emessa Γ¨ data da:

𝜈𝜈 = 𝐸𝐸𝑙𝑙 βˆ’ 𝐸𝐸𝑓𝑓 β„Ž

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Per calcolare le energie dell’elettrone utilizziamo le equazioni della fisica classica, uguagliando la forza di Coulomb tra elettrone e nucleo a distanza r alla forza centripeta:

1 4πœ‹πœ‹πœ€πœ€0

π‘žπ‘ž2

π‘Ÿπ‘Ÿ2 = π‘šπ‘š 𝑣𝑣2 π‘Ÿπ‘Ÿ

Dall’equazione sul momento angolare (o momento della quantitΓ  di moto):

𝐿𝐿�⃗ = π‘Ÿπ‘Ÿβƒ— Γ— 𝑝𝑝⃗ = π‘Ÿπ‘Ÿβƒ— Γ— π‘šπ‘šπ‘£π‘£βƒ— �𝐿𝐿�⃗� = |π‘Ÿπ‘Ÿβƒ— Γ— π‘šπ‘šπ‘£π‘£βƒ—| = π‘Ÿπ‘Ÿπ‘šπ‘šπ‘£π‘£ 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(πœƒπœƒ) dove ΞΈ = angolo tra i vettori π‘Ÿπ‘Ÿβƒ— 𝑠𝑠 𝑣𝑣⃗ .

Nel caso di un moto circolare π‘Ÿπ‘Ÿβƒ— 𝑠𝑠 𝑣𝑣⃗ sono perpendicolari quindi ΞΈ=Ο€/2 e, di conseguenza, 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(πœƒπœƒ) = 1 Pertanto si ha che: 𝐿𝐿 = π‘Ÿπ‘Ÿπ‘šπ‘šπ‘£π‘£

Utilizzando il 2Β° postulato di Bohr (𝐿𝐿 = 𝑛𝑛ℏ, 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑛𝑛 𝑛𝑛 = 1,2,3. . ) si ha che: π‘Ÿπ‘Ÿπ‘šπ‘šπ‘£π‘£ = 𝑛𝑛ℏ Abbiamo pertanto 2 equazioni con 2 incognite, r e v.

Risolvendo il sistema:

οΏ½ 1 4πœ‹πœ‹πœ€πœ€0

π‘žπ‘ž2

π‘Ÿπ‘Ÿ2 = π‘šπ‘š 𝑣𝑣2 π‘Ÿπ‘Ÿπ‘šπ‘šπ‘£π‘£ = 𝑛𝑛ℏ π‘Ÿπ‘Ÿ

οΏ½ Si ottengono:

𝑣𝑣𝑛𝑛 = π‘žπ‘ž2

4πœ‹πœ‹πœ€πœ€0𝑛𝑛ℏ π‘Ÿπ‘Ÿπ‘›π‘› = 4πœ‹πœ‹πœ€πœ€0𝑛𝑛2ℏ2

π‘šπ‘šπ‘žπ‘ž2 𝑛𝑛 = 1,2,3..

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Per n=1 r1 = 5.3x10-11 m = 0.053 nm = a0 raggio di Bohr Per calcolare l’energia totale dell’elettrone:

𝐸𝐸 = πΈπΈπ‘˜π‘˜ + 𝐸𝐸𝑝𝑝

πΈπΈπ‘˜π‘˜ = 1

2 π‘šπ‘š 𝑣𝑣2 = 1 8πœ‹πœ‹πœ€πœ€0

π‘žπ‘ž2 π‘Ÿπ‘Ÿ 𝐸𝐸𝑝𝑝(π‘Ÿπ‘Ÿ) = οΏ½ 𝐹𝐹 π‘‘π‘‘π‘Ÿπ‘Ÿπ‘Ÿπ‘Ÿ

∞ = 1

4πœ‹πœ‹πœ€πœ€0 οΏ½ π‘žπ‘ž2

π‘Ÿπ‘Ÿ2 π‘‘π‘‘π‘Ÿπ‘Ÿ = π‘žπ‘ž2 4πœ‹πœ‹πœ€πœ€0

π‘Ÿπ‘Ÿ

∞ � 1

π‘Ÿπ‘Ÿ2 π‘‘π‘‘π‘Ÿπ‘Ÿ = π‘žπ‘ž2 4πœ‹πœ‹πœ€πœ€0

π‘Ÿπ‘Ÿ

∞ (βˆ’1

π‘Ÿπ‘Ÿ)οΏ½

∞

π‘Ÿπ‘Ÿ = βˆ’ 1 4πœ‹πœ‹πœ€πœ€0

π‘žπ‘ž2 π‘Ÿπ‘Ÿ

𝐸𝐸 = πΈπΈπ‘˜π‘˜ + 𝐸𝐸𝑝𝑝 = 1 8πœ‹πœ‹πœ€πœ€0

π‘žπ‘ž2

π‘Ÿπ‘Ÿ βˆ’ 1 4πœ‹πœ‹πœ€πœ€0

π‘žπ‘ž2

π‘Ÿπ‘Ÿ = βˆ’ 1 8πœ‹πœ‹πœ€πœ€0

π‘žπ‘ž2 π‘Ÿπ‘Ÿ

Sostituendo al valore del raggio quello determinato prima si ottiene l’energia totale dell’elettrone in funzione del numero intero n:

𝐸𝐸𝑛𝑛 = βˆ’ 1 8πœ‹πœ‹πœ€πœ€0

π‘žπ‘ž2

π‘Ÿπ‘Ÿ = βˆ’ 1

8πœ‹πœ‹πœ€πœ€0 π‘žπ‘ž2 π‘šπ‘šπ‘žπ‘ž2

4πœ‹πœ‹πœ€πœ€0𝑛𝑛2ℏ2 = βˆ’ π‘šπ‘šπ‘žπ‘ž4

32πœ‹πœ‹2πœ€πœ€02𝑛𝑛2ℏ2 = βˆ’ π‘šπ‘šπ‘žπ‘ž4 32πœ‹πœ‹2πœ€πœ€02ℏ2

1 𝑛𝑛2 Questo Γ¨ un altro esempio di quantizzazione dell’energia, dopo quello dell’oscillatore armonico di Planck.

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In fisica atomica l’energia si esprime in elettronvolt (eV) che corrisponde all’energia acquistata da un elettrone quando Γ¨ soggetto ad una differenza di potenziale di 1 volt, e, rispetto ai joule, la conversione Γ¨:

1 𝑠𝑠𝑒𝑒 = 1.6 Γ— 10βˆ’19 𝐽𝐽

Usando gli eV l’energia per l’elettrone nel atomo di idrogeno nel modello di Bohr Γ¨ data da:

𝐸𝐸𝑛𝑛 = βˆ’13.6 𝑛𝑛2 𝑠𝑠𝑒𝑒

Lo stato per n=1 Γ¨ detto β€œstato fondamentale”, quelli per n>1 sono detti stati eccitati.

Energie dei livelli energetici quantizzati calcolati mediante il modello di Bohr in eV e in erg (1erg = 10-7 J)

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Per verificare le righe di emissione ed assorbimento osservate negli spettri dell’idrogeno bisogna applicare la legge suggerita da Bohr:

𝜈𝜈 = 𝐸𝐸𝑙𝑙 βˆ’ 𝐸𝐸𝑓𝑓 β„Ž

Per esempio calcoliamo la lunghezza d’onda per la transizione dallo stato n=2 allo stato n=1 (emissione):

𝐸𝐸1 = βˆ’13.612 = βˆ’13.6 𝑠𝑠𝑒𝑒, 𝐸𝐸2 = βˆ’13.622 = βˆ’ 3.4 𝑠𝑠𝑒𝑒 (h = 6.67 Γ— 10βˆ’34 𝐽𝐽𝑠𝑠 = 4.14 Γ— 10βˆ’15 𝑠𝑠𝑒𝑒 𝑠𝑠)

𝜈𝜈2β†’1 = 𝐸𝐸2 βˆ’ 𝐸𝐸1

β„Ž = βˆ’3.4 + 13.6

4.1 Γ— 10βˆ’15 = 2.49 Γ— 1015π‘ π‘ βˆ’1 πœ†πœ† = 𝑐𝑐

𝜈𝜈 = 3 Γ— 108

2.49 Γ— 1015 = 1.205 Γ— 10βˆ’7π‘šπ‘š = 1.205 Γ— 102 π‘›π‘›π‘šπ‘š = 120.5 π‘›π‘›π‘šπ‘š Dalla serie di Lyman per n=2: πœ†πœ† = πœ†πœ†π‘™π‘™π‘™π‘™π‘™π‘™ 𝑛𝑛2

𝑛𝑛2βˆ’ 𝑛𝑛02 = 91.1222βˆ’ 12 2 = 121.5 π‘›π‘›π‘šπ‘š = 1215 β„«

Righe di emissione delle varie serie sperimentali e modello di Bohr.

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La verifica sperimentale della quantizzazione dell’energia in un atomo avvenne con l’esperimento di Franck-Hertz (esp. 1914, Nobel 1025) che utilizzarono l’urto di elettroni accelerati con atomi di mercurio in un tubo da vuoto (non idrogeno perchΓ© si forma facilmente la molecola H2)

Sperimentalmente a certi valori di potenziale applicato ( e, quindi di energia cinetica degli elettroni) la corrente di elettroni raccolta al plate (P) crolla bruscamente. Questa energia corrisponde all’energia necessaria per far fare agli atomi in uno stato del mercurio la transizione verso uno stato vuoto (4.9 eV da n=1 a n=2)

I picchi successivi sono eccitazioni multiple (9.8=4.9x2, 14.7= 4.9x3)

Il modello di Bohr Γ¨ utilizzabile anche per gli atomi β€œidrogenoidi” cioΓ¨ atomi con piΓΉ protoni (Z>1) ma con 1 solo elettrone: He+, Li2+…

In questi casi nelle formule si sostituisce β€œZq2” al posto di β€œq2”.

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Per collegare la nuova teoria β€œquantistica” (ora nota invece come β€œold quantum theory” per distinguerla da quella successiva, molto piΓΉ rigorosa) con la fisica classica (la cui validitΓ  era stata ampiamente dimostrata nel mondo macroscopico) Bohr nel 1923 introdusse il β€œPrincipio di Corrispondenza”:

- Un sistema quantistico deve corrispondere al sistema classico nel limite di nβ†’βˆž, essendo n il numero quantico che descrive lo stato del sistema quantistico.

- Le regole che descrivo la transizione tra due stati quantistici devono valere per tutti i numeri quantistici. Pertanto se vale nel limite classico (nβ†’βˆž) deve valere anche nel limite quantistico (piccoli n)

Come esempio prendiamo l’emissione di onde e.m. da parte di una atomo di idrogeno:

dal punto di vista classico la frequenza di emissione Γ¨ pari alla frequenza di rotazione dell’elettrone intorno all’atomo:

𝑣𝑣 = 2πœ‹πœ‹π‘Ÿπ‘Ÿ

𝑇𝑇 , 𝑓𝑓 = 1

𝑇𝑇 β†’ 𝑓𝑓 = 𝑣𝑣

2πœ‹πœ‹π‘Ÿπ‘Ÿ = 1 2πœ‹πœ‹

π‘šπ‘šπ‘žπ‘ž2 4πœ‹πœ‹πœ€πœ€0𝑛𝑛2ℏ2

π‘žπ‘ž2

4πœ‹πœ‹πœ€πœ€0𝑛𝑛ℏ = οΏ½ 1

4πœ‹πœ‹πœ€πœ€0οΏ½2 π‘šπ‘šπ‘žπ‘ž4 4πœ‹πœ‹β„3

2 𝑛𝑛3 Dalla teoria di Bohr:

𝜈𝜈 = 𝐸𝐸𝑙𝑙 βˆ’ 𝐸𝐸𝑓𝑓

β„Ž = οΏ½ π‘šπ‘šπ‘žπ‘ž4 32πœ‹πœ‹2πœ€πœ€02ℏ2

1

𝑛𝑛𝑙𝑙2 βˆ’ π‘šπ‘šπ‘žπ‘ž4 32πœ‹πœ‹2πœ€πœ€02ℏ2

1 𝑛𝑛𝑓𝑓2οΏ½1

β„Ž = οΏ½ 1

4πœ‹πœ‹πœ€πœ€0οΏ½2 π‘šπ‘šπ‘žπ‘ž4 4πœ‹πœ‹β„3 οΏ½ 1

𝑛𝑛𝑙𝑙2 βˆ’ 1 𝑛𝑛𝑓𝑓2οΏ½

Se questa regola vale per ogni n piccolo in particolare vale per 𝑛𝑛𝑙𝑙 βˆ’ 𝑛𝑛𝑓𝑓 = 1. Pertanto, se 𝑛𝑛𝑙𝑙 = 𝑛𝑛, 𝑛𝑛𝑓𝑓 = 𝑛𝑛 βˆ’ 1 :

οΏ½ 1

𝑛𝑛𝑙𝑙2 βˆ’ 1

𝑛𝑛𝑓𝑓2οΏ½ = οΏ½ 1

𝑛𝑛2 βˆ’ 1

(𝑛𝑛 βˆ’ 1)2οΏ½ = οΏ½(𝑛𝑛 βˆ’ 1)2 βˆ’ 𝑛𝑛2

𝑛𝑛2(𝑛𝑛 βˆ’ 1)2 οΏ½ = οΏ½ 2𝑛𝑛 βˆ’ 1 𝑛𝑛2(𝑛𝑛 βˆ’ 1)2οΏ½ Per nβ†’βˆž 2𝑛𝑛 βˆ’ 1~2𝑛𝑛 𝑠𝑠 𝑛𝑛2(𝑛𝑛 βˆ’ 1)2~𝑛𝑛4 , pertanto abbiamo che:

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οΏ½1

𝑛𝑛𝑙𝑙2 βˆ’ 1

𝑛𝑛𝑓𝑓2οΏ½ = οΏ½ 2𝑛𝑛 βˆ’ 1

𝑛𝑛2(𝑛𝑛 βˆ’ 1)2οΏ½ ~ 2𝑛𝑛

𝑛𝑛4 = 2 𝑛𝑛3 Quindi:

𝜈𝜈 = 𝐸𝐸𝑙𝑙 βˆ’ 𝐸𝐸𝑓𝑓

β„Ž = οΏ½ 1

4πœ‹πœ‹πœ€πœ€0οΏ½2 π‘šπ‘šπ‘žπ‘ž4 4πœ‹πœ‹β„3 οΏ½ 1

𝑛𝑛𝑙𝑙2 βˆ’ 1

𝑛𝑛𝑓𝑓2οΏ½ = οΏ½ 1

4πœ‹πœ‹πœ€πœ€0οΏ½2 π‘šπ‘šπ‘žπ‘ž4 4πœ‹πœ‹β„3

2 𝑛𝑛3 Come nel caso classico.

Principali limiti del modello di Bohr (giΓ  noti al tempo del modello):

1. Non funziona per atomi a piΓΉ elettroni

2. Non spiega i multipletti (righe osservate sperimentalmente molto vicine tra loro) 3. Non da indicazioni sull’intensitΓ  delle righe

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Teoria di de Broglie

Nel 1924 Luis de Broglie (Parigi, Nobel 1929), durante la tesi di dottorato (!!!), alla luce della teoria di Einstein sulla natura corpuscolare della luce (fotoni), della conferma sperimentale di questa teoria da parte di Compton (1923) e della teoria di Bohr, propose la possibilitΓ  di interpretare le particelle come onde assegnando loro la lunghezza d’onda:

πœ†πœ† = β„Ž 𝑝𝑝 essendo p la quantitΓ  di moto della particella in esame.

La dimostrazione sperimentale di questa teoria Γ¨ stata data nel 1927 da Davisson e Germer (Bell Labs, USA, 1927, Davisson Nobel 1937). Nel loro esperimento inviarono sulla superficie di un cristallo di nichel elettroni di energia cinetica Ek=54 eV osservando un picco a circa 50Β° nella distribuzione degli elettroni riflessi.

Schema dell’esperimento

di Davisson-Germer Risultato dell’esperimento

di Davisson-Germer

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Questo esperimento Γ¨ molto simile a quello, all’epoca giΓ  noto, della diffrazione da cristallo mediante raggi X.

Nel caso dei raggi X, i fotoni penetrano i vari strati atomici e subiscono una parziale riflessione da ognuno degli strati.

Si ha una interferenza costruttiva delle onde se la differenza di cammino ottico Γ¨ un multiplo intero della lunghezza d’onda usata (legge di Bragg, 1913, Nobel 1915 a William Henry Bragg (padre) e William Lawrence Bragg (figlio)):

2π‘‘π‘‘π‘ π‘ π‘ π‘ π‘›π‘›πœƒπœƒ = π‘›π‘›πœ†πœ† 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑛𝑛 𝑛𝑛 = 1,2,3. . 𝑑𝑑 = π‘‘π‘‘π‘‘π‘‘π‘ π‘ π‘‘π‘‘π‘Žπ‘Žπ‘›π‘›π‘‘π‘‘π‘Žπ‘Ž π‘‘π‘‘π‘Ÿπ‘Ÿπ‘Žπ‘Ž 𝑑𝑑 π‘π‘π‘‘π‘‘π‘Žπ‘Žπ‘›π‘›π‘‘π‘‘.

Nel caso degli elettroni, poichΓ© interagiscono fortemente con la materia, questi sono riflessi sostanzialmente solo dal 1Β° strato atomico, pertanto la relazione per un’interferenza costruttiva Γ¨

π‘‘π‘‘π‘ π‘ π‘ π‘ π‘›π‘›πœƒπœƒ = π‘›π‘›πœ†πœ† 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑛𝑛 𝑛𝑛 = 1,2,3. . 𝑑𝑑 = π‘‘π‘‘π‘‘π‘‘π‘ π‘ π‘‘π‘‘π‘Žπ‘Žπ‘›π‘›π‘‘π‘‘π‘Žπ‘Ž π‘‘π‘‘π‘Ÿπ‘Ÿπ‘Žπ‘Ž 𝑔𝑔𝑔𝑔𝑑𝑑 π‘Žπ‘Žπ‘‘π‘‘π‘π‘π‘šπ‘šπ‘‘π‘‘ 𝑛𝑛𝑠𝑠𝑔𝑔 π‘π‘π‘‘π‘‘π‘Žπ‘Žπ‘›π‘›π‘π‘

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18

Usando i raggi X era noto che la distanza tra gli atomi Γ¨ d=2.15 Γ…. Per n=1, applicando la relazione per la interferenza costrittiva degli elettroni:

πœ†πœ† = 𝑑𝑑 π‘ π‘ π‘ π‘ π‘›π‘›πœƒπœƒ = 2.15 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(50Β°) = 1.65 β„«

Calcoliamo ora, usando la teoria di de Broglie, la lunghezza d’onda degli elettroni con Ek=54 eV:

πœ†πœ† = β„Ž

𝑝𝑝 = β„Ž

π‘šπ‘šπ‘£π‘£ = β„Ž

οΏ½2π‘šπ‘šπΈπΈπ‘˜π‘˜ = 6.63 Γ— 10βˆ’34

√2 Γ— 9.11 Γ— 10βˆ’31 Γ— 54 Γ— 1.6 Γ— 10βˆ’19 = 0.167 Γ— 10βˆ’9 π‘šπ‘š = 1.67 β„« Quindi la teoria di de Broglie Γ¨ in accordo con il risultato dell’esperimento di diffrazione.

Questo esperimento Γ¨ stato successivamente ripetuto con elettroni di alta energia (104 eV) che attraversavano un sottile (10-7 m) foglio metallico (1927 George Paget Thomson, Nobel 1937, figlio di Joseph John Thomson, Nobel 1906 per la scoperta dell’elettrone: il padre dimostrΓ² che i β€œraggi catodici” sono particelle, gli elettroni, e il figlio che gli elettroni sono onde !!).

Diffrazione da elettroni di un foglio di oro (sinistra) e da raggi X di ossido di zirconio, ZrO2 (destra)

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PerchΓ© questa natura ondulatoria della materia non si osserva normalmente ? Facciamo due conti:

a) automobile (m=103 kg) che viaggia a 36 km/h (10m/s):

πœ†πœ† = β„Ž

𝑝𝑝 = β„Ž

π‘šπ‘šπ‘£π‘£ = 6.63 Γ— 10βˆ’34

103 Γ— 10 = 6.63 Γ— 10βˆ’34

104 = 6.63 Γ— 10βˆ’38 π‘šπ‘š β€Ό b) m =1 g che viaggia a 100 m/s:

πœ†πœ† = β„Ž

𝑝𝑝 = β„Ž

π‘šπ‘šπ‘£π‘£ = 6.63 Γ— 10βˆ’34

10βˆ’3 Γ— 102 = 6.63 Γ— 10βˆ’34

10βˆ’1 = 6.63 Γ— 10βˆ’33 π‘šπ‘š β€Ό c) m =1 ng (10-12 kg) che viaggia a 100 m/s:

πœ†πœ† = β„Ž

𝑝𝑝 = β„Ž

π‘šπ‘šπ‘£π‘£ = 6.63 Γ— 10βˆ’34

10βˆ’12 Γ— 102 = 6.63 Γ— 10βˆ’34

10βˆ’10 = 6.63 Γ— 10βˆ’24 π‘šπ‘š β€Ό

Per tutti questi tre casi non esiste un modo sperimentale (usando per esempio l’interferenza) per osservare la natura ondulatoria delle tre β€œparticelle” a causa della lunghezza d’onda estremamente piccola.

Quindi la natura ondulatoria della materia puΓ² essere evidenziata solo per particelle con massa molto piccola, tale che mv ≀ 10-23 kg m s-1 per cui Ξ» β‰₯ 10-10 m (1 Γ…) (notare che, essendo v<c, 3x108 ms-1, dobbiamo avere masse molto piccole, m ~ 10-31 kg)

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Un interessante collegamento tra la teoria di Bohr e di de Broglie:

da Bohr: 𝐿𝐿 = π‘Ÿπ‘Ÿπ‘π‘ = 𝑛𝑛ℏ β†’ 𝑝𝑝 = π‘›π‘›β„π‘Ÿπ‘Ÿ

da de Broglie: πœ†πœ† = β„Žπ‘π‘ β†’ 𝑝𝑝 = β„Žπœ†πœ† Pertanto:

𝑝𝑝 = 𝑛𝑛ℏ π‘Ÿπ‘Ÿ = β„Ž

πœ†πœ† β†’ 𝑛𝑛 β„Ž

π‘Ÿπ‘Ÿ 2πœ‹πœ‹ = β„Ž

πœ†πœ† β†’ π‘›π‘›πœ†πœ† = 2πœ‹πœ‹π‘Ÿπ‘Ÿ

Quindi le orbite dell’elettrone permesse dal modello di Bohr (𝐿𝐿 = 𝑛𝑛ℏ) sono quelle per cui la lunghezza dell’orbita Γ¨ un multiplo intero della lunghezza d’onda associata all’elettrone!

Abbiamo pertanto onde stazionarie, come quelle permesse, per esempio, in meccanica per una corda fissa agli estremi.

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21

I risultati sperimentali e le teorie riportate hanno mostrato quindi la natura β€œduale” sia della luce (Einstein, Compton) che della materia (de Broglie, Devisson-Germer).

Bohr introdusse il β€œprincipio di complementarietà” (1927): L’aspetto ondulatorio e particellare della luce e delle particelle sono inscindibili, nel senso che per una completa comprensione dei fenomeni coinvolgenti queste entitΓ  Γ¨ necessario considerare le due nature. Inoltre nessun esperimento potrΓ  mostrare contemporaneamente le due nature ma solo una delle due. Per esempio se in un esperimento con due fenditure, con il quale possiamo osservare un fenomeno di interferenza (natura ondulatoria), vogliamo determinare attraverso quale fenditura passa il fotone con un sistema di misura qualunque (natura corpuscolare) l’immagine di interferenza scompare.

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Principio di indeterminazione

Dalla teoria di de Broglie, che introdusse l’idea dell’interpretazione ondulatoria della materia, nacque il problema di come un’onda potesse in qualche modo dare indicazione sulla posizione di una particella.

Nella figura Γ¨ mostrata la forma ragionevole di un’onda che deve rappresentare una particella localizzata in una zona di spazio limitata.

Un’onda puramente sinusoidale che si propaga nello spazio (direzione x, verso positivo) della forma:

πœ“πœ“(π‘₯π‘₯, 𝑑𝑑) = 𝐴𝐴 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛 (π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯ βˆ’ πœ”πœ”π‘‘π‘‘ + πœ™πœ™) dove :

π‘˜π‘˜ = 2πœ‹πœ‹

πœ†πœ† (π‘˜π‘˜ = π‘›π‘›π‘›π‘›π‘šπ‘šπ‘ π‘ π‘Ÿπ‘Ÿπ‘π‘ π‘‘π‘‘β€²π‘π‘π‘›π‘›π‘‘π‘‘π‘Žπ‘Ž, πœ†πœ† = π‘”π‘”π‘›π‘›π‘›π‘›π‘”π‘”β„Žπ‘ π‘ π‘‘π‘‘π‘‘π‘‘π‘Žπ‘Ž π‘‘π‘‘β€²π‘π‘π‘›π‘›π‘‘π‘‘π‘Žπ‘Ž) πœ”πœ” = 2πœ‹πœ‹πœˆπœˆ = 2πœ‹πœ‹

𝑇𝑇 (πœ”πœ” = π‘π‘π‘›π‘›π‘”π‘”π‘ π‘ π‘Žπ‘Žπ‘‘π‘‘π‘‘π‘‘π‘π‘π‘›π‘›π‘ π‘ , 𝜈𝜈 = π‘“π‘“π‘Ÿπ‘Ÿπ‘ π‘ π‘žπ‘žπ‘›π‘›π‘ π‘ π‘›π‘›π‘‘π‘‘π‘Žπ‘Ž, 𝑇𝑇 = π‘π‘π‘ π‘ π‘Ÿπ‘Ÿπ‘‘π‘‘π‘π‘π‘‘π‘‘π‘π‘) πœ™πœ™ = π‘“π‘“π‘Žπ‘Žπ‘ π‘ π‘ π‘  π‘π‘π‘ π‘ π‘Ÿπ‘Ÿ π‘₯π‘₯ = 0 𝑠𝑠 𝑑𝑑 = 0

𝑣𝑣 = πœ”πœ”

π‘˜π‘˜ 𝑣𝑣𝑠𝑠𝑔𝑔𝑐𝑐𝑐𝑐𝑑𝑑𝑑𝑑à 𝑑𝑑𝑑𝑑 π‘π‘π‘Ÿπ‘Ÿπ‘π‘π‘π‘π‘Žπ‘Žπ‘”π‘”π‘Žπ‘Žπ‘‘π‘‘π‘‘π‘‘π‘π‘π‘›π‘›π‘ π‘ 

non può rappresentare una particella localizzata nello spazio, perché definita da +∞ a -∞ (sia nello spazio che nel tempo).

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23

Per ottenere una funzione d’onda che sia localizzata nello spazio si puΓ² ricorrere alla teoria di Fourier che considera la somma di diverse funzioni sinusoidali per costruire altre funzioni.

Per esempio se sommiamo 2 funzioni sinusoidali con la stessa ampiezza ma con k leggermente diversi (10%, curve in alto):

πœ“πœ“1(π‘₯π‘₯) = 𝐴𝐴𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(π‘˜π‘˜1π‘₯π‘₯) πœ“πœ“2(π‘₯π‘₯) = 𝐴𝐴𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(π‘˜π‘˜2π‘₯π‘₯)

si ottiene la curva di sotto, che Γ¨ ancora periodica, ma mostra un andamento con uniforme nello spazio.

Risultati migliori si ottengono sommando molte più funzioni, cioè passando a sommatorie:

πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) = οΏ½ π΄π΄π‘˜π‘˜

π‘˜π‘˜

𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯) dove i coefficienti Ak dipendono dal tipo di funzione che si voglia ottenere.

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Di seguito un esempio dell’approssimazione della funzione β€œonda quadra” ottenuta sommando 15 funzioni sinusoidali con opportune ampiezze e numeri d’onda.

Per ottenere una funzione non periodica bisogna passare da sommatorie ad integrali:

πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) = οΏ½ 𝐴𝐴(π‘˜π‘˜)∞

0 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯)π‘‘π‘‘π‘˜π‘˜

La forma della A(k), che a questo punto è una funzione continua di k, determinerà la forma della ψ(x).

Pertanto per aumentare la localizzazione nello spazio della funzione che rappresenta una particella (e quindi diminuire l’incertezza sulla posizione Ξ”x) Γ¨ necessario aumentare l’intervallo di valori di k da utilizzare, quindi aumentare l’incertezza Ξ”k.

Una ragionevole stima della relazione tra Ξ”x e Ξ”k Γ¨

Ξ”x Ξ”k ~1

0 3 6 9 12 15 18 21

-1.5 -1.0 -0.5 0.0 0.5 1.0 1.5

Onda quadra fondamentale (Ο‰) 15 termini

IntensitΓ 

x

y=4/Ο€(sen(kx)+1/3sen(3kx)+1/5sen(5kx)+...)

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Queste considerazioni sulla necessitΓ  di considerare diversi valori di k (quindi di lunghezze d’onda) per poter localizzare una funzione d’onda che possa descrivere una particella rappresentano una dimostrazione qualitativa del principio di indeterminazione di Heisenberg (Copenhagen 1927, aveva 26 anni!!, Nobel 1932).

Questo principio stabilisce che Γ¨ impossibile determinare contemporaneamente la posizione e la quantitΓ  di moto di una particella con una indeterminazione nulla:

βˆ†π‘₯π‘₯ βˆ†π‘π‘π‘₯π‘₯ β‰₯ ℏ Ovviamente questo vale per tutte e tre le componenti, x,y,z.

Nel passaggio da Ξ”x Ξ”k ~1 a βˆ†π‘₯π‘₯ βˆ†π‘π‘π‘₯π‘₯ β‰₯ ℏ c’è la relazione di de Broglie:

πœ†πœ† = β„Ž

𝑝𝑝 β†’ 𝑝𝑝 = β„Ž

πœ†πœ† = β„Ž 2πœ‹πœ‹

2πœ‹πœ‹

πœ†πœ† = β„π‘˜π‘˜ Ξ”π‘₯π‘₯Ξ”π‘˜π‘˜ = Ξ”π‘₯π‘₯Ξ” �𝑝𝑝

ℏ� = Ξ”π‘₯π‘₯Ξ”p

ℏ = Ξ”π‘₯π‘₯Ξ”p ℏ

Ξ”π‘₯π‘₯Ξ”π‘˜π‘˜~1 β†’ Ξ”π‘₯π‘₯Ξ”p

ℏ ~1 β†’ Ξ”π‘₯π‘₯Ξ”p~ ℏ Un’analoga formulazione riguarda l’energia e il tempo:

βˆ†πΈπΈ βˆ†π‘‘π‘‘ β‰₯ ℏ

Da sottolineare che queste sono indeterminazioni teoriche e non hanno alcuna relazione con gli errori di misura! Di conseguenza non possono essere ridotte con il miglioramento delle tecniche di misura

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Equazione di Schroedinger

Nel 1926 Erwin Schroedinger (o SchrΓΆdinger, Zurigo, Nobel 1933) sviluppΓ² le basi analitiche della meccanica quantistica introducendo la famosa equazione di Schroedinger:

βˆ’ ℏ2

2π‘šπ‘šοΏ½πœ•πœ•2Ξ¨(π‘₯π‘₯, 𝑦𝑦, 𝑑𝑑, 𝑑𝑑)

πœ•πœ•π‘₯π‘₯2 +πœ•πœ•2Ξ¨(π‘₯π‘₯, 𝑦𝑦, 𝑑𝑑, 𝑑𝑑)

πœ•πœ•π‘¦π‘¦2 +πœ•πœ•2Ξ¨(π‘₯π‘₯, 𝑦𝑦, 𝑑𝑑, 𝑑𝑑)

πœ•πœ•π‘‘π‘‘2 οΏ½ + π‘ˆπ‘ˆ(π‘₯π‘₯, 𝑦𝑦, 𝑑𝑑, 𝑑𝑑)Ξ¨(π‘₯π‘₯, 𝑦𝑦, 𝑑𝑑, 𝑑𝑑) = π‘‘π‘‘β„πœ•πœ•Ξ¨(π‘₯π‘₯, 𝑦𝑦, 𝑑𝑑, 𝑑𝑑)

πœ•πœ•π‘‘π‘‘ dove:

m= massa della particella

Ξ¨(π‘₯π‘₯, 𝑦𝑦, 𝑑𝑑, 𝑑𝑑) = funzione d’onda rappresentativa della particella (di cosa lo vedremo dopo)

πœ•πœ•2Ξ¨(π‘₯π‘₯,𝑦𝑦,𝑧𝑧,𝑑𝑑)

πœ•πœ•π‘₯π‘₯2 = derivata seconda parziale della funzione d’onda πœ“πœ“ (che dipende dalle 4 variabili x,y,z,t) rispetto ad x, cioΓ¨ si fa la derivata seconda della funzione Ξ¨ rispetto ad x, considerando le altre variabili y,z,t come costanti

π‘ˆπ‘ˆ(π‘₯π‘₯, 𝑦𝑦, 𝑑𝑑, 𝑑𝑑) = funzione energia potenziale i= immaginario = βˆšβˆ’1

Se l’energia potenziale V non dipende dal tempo (molto spesso) e considerando il caso mono-dimensionale l’equazione di Schroedinger si scrive nel seguente modo:

βˆ’ ℏ2 2π‘šπ‘š

πœ•πœ•2πœ“πœ“(π‘₯π‘₯)

πœ•πœ•π‘₯π‘₯2 + π‘ˆπ‘ˆ(π‘₯π‘₯)πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) = 𝐸𝐸 πœ“πœ“(π‘₯π‘₯)

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dove E= energia totale del sistema (numero!). Notare che abbiamo sostituiti il simbolo Ξ¨ (funzione d’onda, che contiene anche l’eventuale dipendenza temporale) con il simbolo πœ“πœ“ (soluzione dell’equazione indipendente dal tempo). Le due funzioni sono tra loro collegate ma non discuteremo questo aspetto.

Risolvere l’equazione di Schroedinger vuol dire, dato una funzione energia potenziale U(x), trovare la funzione πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) e l’energia E della particella.

Questa Γ¨ una equazione differenziale. L’energia E Γ¨ detta autovalore e πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) Γ¨ detta autofunzione (dal tedesco-inglese eigenvalue e eigenfunction, eigen=caratteristico, proprio).

L’autofunzione si determina utilizzando la teoria delle equazioni differenziali mentre l’autovalore E si determina in generale imponendo le cosiddette β€œcondizioni al contorno”.

In forma compatta l’equazione di Schroedinger si scrive come:

𝐻𝐻(π‘₯π‘₯)πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) = πΈπΈπœ“πœ“(π‘₯π‘₯)

dove H = operatore Hamiltoniano (o Hamiltoniana) Γ¨ una funzione (operatore) che rappresenta l’energia del sistema Il significato dell’autofunzione πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) venne suggerito da Max Born (1926 GΓΆttingen, Nobel 1954):

𝑃𝑃(π‘₯π‘₯)𝑑𝑑π‘₯π‘₯ = πœ“πœ“βˆ—(π‘₯π‘₯)πœ“πœ“(π‘₯π‘₯)𝑑𝑑π‘₯π‘₯ = |πœ“πœ“(π‘₯π‘₯)|2𝑑𝑑π‘₯π‘₯ = π‘π‘π‘Ÿπ‘Ÿπ‘π‘π‘π‘π‘Žπ‘Žπ‘π‘π‘‘π‘‘π‘”π‘”π‘‘π‘‘π‘‘π‘‘Γ  𝑑𝑑𝑑𝑑 π‘‘π‘‘π‘Ÿπ‘Ÿπ‘π‘π‘£π‘£π‘Žπ‘Žπ‘Ÿπ‘Ÿπ‘ π‘  π‘”π‘”π‘Žπ‘Ž π‘π‘π‘Žπ‘Žπ‘Ÿπ‘Ÿπ‘‘π‘‘π‘‘π‘‘π‘π‘π‘ π‘ π‘”π‘”π‘”π‘”π‘Žπ‘Ž π‘‘π‘‘π‘Ÿπ‘Ÿπ‘Žπ‘Ž π‘₯π‘₯ 𝑠𝑠 π‘₯π‘₯ + 𝑑𝑑π‘₯π‘₯ Nel caso tridimensionale si ha che:

𝑃𝑃(π‘₯π‘₯, 𝑦𝑦, 𝑑𝑑)𝑑𝑑π‘₯π‘₯𝑑𝑑𝑦𝑦𝑑𝑑𝑑𝑑 = πœ“πœ“βˆ—(π‘₯π‘₯, 𝑦𝑦, 𝑑𝑑)πœ“πœ“(π‘₯π‘₯, 𝑦𝑦, 𝑑𝑑)𝑑𝑑π‘₯π‘₯𝑑𝑑𝑦𝑦𝑑𝑑𝑑𝑑 = |πœ“πœ“(π‘₯π‘₯, 𝑦𝑦, 𝑑𝑑)|2𝑑𝑑π‘₯π‘₯𝑑𝑑𝑦𝑦𝑑𝑑𝑑𝑑

= π‘π‘π‘Ÿπ‘Ÿπ‘π‘π‘π‘π‘Žπ‘Žπ‘π‘π‘‘π‘‘π‘”π‘”π‘‘π‘‘π‘‘π‘‘Γ  𝑑𝑑𝑑𝑑 π‘‘π‘‘π‘Ÿπ‘Ÿπ‘π‘π‘£π‘£π‘Žπ‘Žπ‘Ÿπ‘Ÿπ‘ π‘  π‘”π‘”π‘Žπ‘Ž π‘π‘π‘Žπ‘Žπ‘Ÿπ‘Ÿπ‘‘π‘‘π‘‘π‘‘π‘π‘π‘ π‘ π‘”π‘”π‘”π‘”π‘Žπ‘Ž π‘‘π‘‘π‘Ÿπ‘Ÿπ‘Žπ‘Ž π‘₯π‘₯ 𝑠𝑠 π‘₯π‘₯ + 𝑑𝑑π‘₯π‘₯, 𝑦𝑦 𝑠𝑠 𝑦𝑦 + 𝑑𝑑𝑦𝑦, 𝑑𝑑 𝑠𝑠 𝑑𝑑 + 𝑑𝑑𝑑𝑑

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28

La funzione πœ“πœ“βˆ—(π‘₯π‘₯) Γ¨ detta β€œcomplessa coniugata della funzione πœ“πœ“(π‘₯π‘₯). CioΓ¨, poichΓ© la πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) puΓ² essere una funzione complessa, la πœ“πœ“βˆ—(π‘₯π‘₯) si ottiene dalla πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) cambiando il segno davanti al termine immaginario β€œi”. Nel caso in cui πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) sia reale πœ“πœ“βˆ—(π‘₯π‘₯) e πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) sono uguali.

Dalla definizione di probabilitΓ  (il valore massimo Γ¨ 1) si ottiene la condizione di β€œnormalizzazione” delle funzioni d’onda:

οΏ½ 𝑃𝑃(π‘₯π‘₯)𝑑𝑑π‘₯π‘₯∞

βˆ’βˆž = οΏ½ |πœ“πœ“(π‘₯π‘₯)|∞ 2 𝑑𝑑π‘₯π‘₯

βˆ’βˆž = 1

Pertanto le funzioni πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) sono sempre moltiplicate per un coefficiente che si determina imponendo, al termine del problema, la condizione di normalizzazione della πœ“πœ“(π‘₯π‘₯).

L’ovvia estensione al caso tridimensionale:

οΏ½ 𝑃𝑃(π‘₯π‘₯, 𝑦𝑦, 𝑑𝑑)𝑑𝑑π‘₯π‘₯π‘‘π‘‘π‘¦π‘¦π‘‘π‘‘π‘‘π‘‘βˆž

βˆ’βˆž = οΏ½ |πœ“πœ“(π‘₯π‘₯, 𝑦𝑦, 𝑑𝑑)|∞ 2𝑑𝑑π‘₯π‘₯𝑑𝑑𝑦𝑦𝑑𝑑𝑑𝑑

βˆ’βˆž = 1

Per calcolare la probabilitΓ  di trovare la particella in un generico intervallo (a,b), sempre nel caso mono-dimensionale,:

𝑃𝑃(π‘Žπ‘Ž, 𝑝𝑝) = οΏ½ |πœ“πœ“(π‘₯π‘₯)|𝑏𝑏 2𝑑𝑑π‘₯π‘₯

π‘Žπ‘Ž

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29

Questa interpretazione β€œprobabilistica” Γ¨ in forte contrasto con la fisica classica β€œdeterministica” dove, conoscendo la posizione e la velocitΓ  iniziali, risolvendo l’equazione del moto di una particella (l’eq. di Newton) si ottengono, per ogni istante di tempo t, la posizione e l’energia della particella.

La teoria probabilistica della funzione d’onda Γ¨ nota come β€œinterpretazione di Copenhagen”, dovuta alla formulazione data da Bohr. All’epoca non tutti i fisici concordavano con questa teoria, tra questi Einstein che disse:

β€œDio non gioca a dadi con l’universo”

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Esempi di equazione di Schroedinger: buca di potenziale a pareti infinite

Un esempio semplice, ma che descrive bene i problemi relativi alla soluzione dell’equazione di Schroedinger, Γ¨ il caso della particella in una buca di potenziale monodimensionale (l’estensione a 3D Γ¨ molto semplice), anche detto problema di una particella in una scatola (box).

L’energia potenziale in questo problema Γ¨:

π‘ˆπ‘ˆ = 0 π‘π‘π‘ π‘ π‘Ÿπ‘Ÿ 0 < π‘₯π‘₯ < 𝐿𝐿 π‘ˆπ‘ˆ = ∞ π‘π‘π‘ π‘ π‘Ÿπ‘Ÿ π‘₯π‘₯ < 0 𝑠𝑠 π‘₯π‘₯ > 𝐿𝐿

Pertanto per x<0 e x>L la particella non puΓ² stare quindi πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) = 0 Nella buca di potenziale l’equazione di Schroedinger Γ¨:

βˆ’ ℏ2 2π‘šπ‘š

πœ•πœ•2πœ“πœ“(π‘₯π‘₯)

πœ•πœ•π‘₯π‘₯2 + π‘ˆπ‘ˆ(π‘₯π‘₯)πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) = 𝐸𝐸 πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) Essendo U(x)= 0 l’equazione si semplifica come segue:

βˆ’ ℏ2 2π‘šπ‘š

πœ•πœ•2πœ“πœ“(π‘₯π‘₯)

πœ•πœ•π‘₯π‘₯2 = 𝐸𝐸 πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) La soluzione Γ¨ πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) = 𝐴𝐴 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯) + 𝐡𝐡𝑐𝑐𝑐𝑐𝑠𝑠(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯)

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31

I coefficienti A e B servono per la normalizzazione, il coefficiente k Γ¨ introdotto per motivi dimensionali (l’argomento delle funzioni trigonometriche deve essere adimensionale, quindi [k]=[L-1]) e il suo significato verrΓ  determinato successivamente.

Verifichiamo che sia effettivamente la soluzione: facciamo la derivata seconda e sostituiamo nell’equazione:

π‘‘π‘‘πœ“πœ“(π‘₯π‘₯)

𝑑𝑑π‘₯π‘₯ = π΄π΄π‘˜π‘˜π‘π‘π‘π‘π‘ π‘ (π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯) βˆ’ π΅π΅π‘˜π‘˜π‘ π‘ π‘ π‘ π‘›π‘›(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯) 𝑑𝑑2πœ“πœ“(π‘₯π‘₯)

𝑑𝑑π‘₯π‘₯2 = βˆ’π΄π΄π‘˜π‘˜2𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯) βˆ’ π΅π΅π‘˜π‘˜2𝑐𝑐𝑐𝑐𝑠𝑠(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯)

βˆ’ ℏ2

2π‘šπ‘šοΏ½βˆ’π΄π΄π‘˜π‘˜2𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯) βˆ’ π΅π΅π‘˜π‘˜2𝑐𝑐𝑐𝑐𝑠𝑠(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯)οΏ½ = 𝐸𝐸 (𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯) + 𝐡𝐡𝑐𝑐𝑐𝑐𝑠𝑠(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯)) ℏ2

2π‘šπ‘š π‘˜π‘˜2�𝐴𝐴𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯) + 𝐡𝐡𝑐𝑐𝑐𝑐𝑠𝑠(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯)οΏ½ = 𝐸𝐸 (𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯) + 𝐡𝐡𝑐𝑐𝑐𝑐𝑠𝑠(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯)) Quindi la funzione proposta Γ¨ soluzione dell’equazione per:

ℏ2

2π‘šπ‘š π‘˜π‘˜2 = 𝐸𝐸 β†’ π‘˜π‘˜ = √2π‘šπ‘šπΈπΈ ℏ

Notare che le singole funzioni: πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) = 𝐴𝐴 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯) e πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) = 𝐡𝐡𝑐𝑐𝑐𝑐𝑠𝑠(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯) sono da sole soluzione dell’equazione come si puΓ² verificare. Questa Γ¨ una proprietΓ  generale dell’equazione di Schroedinger (equazione lineare): se due funzioni sono soluzioni dell’equazione Γ¨ soluzione anche la loro somma.

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32

Per calcolare l’energia E imponiamo le β€œcondizioni al contorno”:

πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) = 0 π‘π‘π‘ π‘ π‘Ÿπ‘Ÿ π‘₯π‘₯ = 0 𝑠𝑠 π‘π‘π‘ π‘ π‘Ÿπ‘Ÿ π‘₯π‘₯ = 𝐿𝐿

Infatti, poichΓ© la soluzione deve essere continua (altrimenti la sua derivata non sarebbe finita e non potremmo fare quindi la derivata seconda che compare nell’equazione di Schroedinger) e poichΓ© per x<0 e x>L la funzione deve essere nulla, essa deve essere nulla agli estremi, altrimenti ci sarebbe una discontinuitΓ .

πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) = 0 π‘π‘π‘ π‘ π‘Ÿπ‘Ÿ π‘₯π‘₯ = 0 β†’ πœ“πœ“(0) = 𝐴𝐴 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(π‘˜π‘˜0) + 𝐡𝐡𝑐𝑐𝑐𝑐𝑠𝑠(π‘˜π‘˜0) = 𝐴𝐴 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(0) + 𝐡𝐡𝑐𝑐𝑐𝑐𝑠𝑠(0) sen(0)=0 e pertanto soddisfa la condizione richiesta.

Invece cos(0)=1 pertanto dobbiamo avere B=0. Quindi la soluzione πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) = 𝐡𝐡 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑠𝑠(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯) Γ¨ sΓ¬ soluzione dell’equazione ma non soddisfa una delle condizioni al contorno e, pertanto, deve essere scartata.

πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) = 0 π‘π‘π‘ π‘ π‘Ÿπ‘Ÿ π‘₯π‘₯ = 𝐿𝐿 β†’ πœ“πœ“(𝐿𝐿) = 𝐴𝐴𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(π‘˜π‘˜πΏπΏ) = 0 β†’ π‘˜π‘˜πΏπΏ = π‘›π‘›πœ‹πœ‹ 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑛𝑛 𝑛𝑛 = 1,2,3 Abbiamo pertanto una condizione di quantizzazione sui valori di k:

π‘˜π‘˜πΏπΏ = π‘›π‘›πœ‹πœ‹ β†’ π‘˜π‘˜ = π‘›π‘›πœ‹πœ‹

𝐿𝐿 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑛𝑛 𝑛𝑛 = 1,2,3 π‘˜π‘˜ = 2πœ‹πœ‹

πœ†πœ† = π‘›π‘›πœ‹πœ‹

𝐿𝐿 β†’ πœ†πœ† = 2𝐿𝐿

𝑛𝑛 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑛𝑛 𝑛𝑛 = 1,2,3 Non tutte le lunghezze d’onda sono permesse !

La condizione πœ“πœ“(𝐿𝐿) = 𝐴𝐴𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(π‘˜π‘˜πΏπΏ) = 0 poteva anche essere soddisfatta con A=0 ma avremmo avuto πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) = 0 ovunque e quindi nessuna particella nella scatola.

(33)

33

La quantizzazione di k determina anche una quantizzazione dell’energie:

𝐸𝐸 = ℏ2

2π‘šπ‘š π‘˜π‘˜2 = ℏ2 2π‘šπ‘šοΏ½π‘›π‘›πœ‹πœ‹

𝐿𝐿 οΏ½2 = ℏ2𝑛𝑛2πœ‹πœ‹2

2π‘šπ‘šπΏπΏ2 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑛𝑛 𝑛𝑛 = 1,2,3..

Indicando con

𝐸𝐸0 = ℏ2πœ‹πœ‹2

2π‘šπ‘šπΏπΏ2 β†’ 𝐸𝐸𝑛𝑛 = 𝑛𝑛2𝐸𝐸0

Rimane da determinare la costante A dalla condizione di normalizzazione:

οΏ½ |πœ“πœ“(π‘₯π‘₯)|∞ 2 𝑑𝑑π‘₯π‘₯

βˆ’βˆž = 1

Nel nostro caso, poichΓ© la πœ“πœ“(π‘₯π‘₯) Γ¨ diversa da zero solo per 0<x<L, l’integrale diventa:

οΏ½ |πœ“πœ“(π‘₯π‘₯)|𝐿𝐿 2 𝑑𝑑π‘₯π‘₯

0 = οΏ½ (𝐴𝐴𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯))𝐿𝐿 2 𝑑𝑑π‘₯π‘₯

0 = οΏ½ 𝐴𝐴𝐿𝐿 2𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛2(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯) 𝑑𝑑π‘₯π‘₯

0 = 𝐴𝐴2οΏ½ 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛𝐿𝐿 2(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯) 𝑑𝑑π‘₯π‘₯

0 = 1

PoichΓ©:

οΏ½ 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛2(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯) 𝑑𝑑π‘₯π‘₯ = 1 π‘˜π‘˜ οΏ½π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯

2 βˆ’ 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(2π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯)

4 οΏ½

Abbiamo che:

(34)

34

οΏ½ 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛𝐿𝐿 2(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯) 𝑑𝑑π‘₯π‘₯

0 = 1

π‘˜π‘˜ οΏ½π‘˜π‘˜πΏπΏ

2 βˆ’ 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(2π‘˜π‘˜πΏπΏ)

4 οΏ½

Essendo:

π‘˜π‘˜πΏπΏ = π‘›π‘›πœ‹πœ‹ 𝑠𝑠 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(2π‘˜π‘˜πΏπΏ) = 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛 οΏ½2π‘›π‘›πœ‹πœ‹

𝐿𝐿 𝐿𝐿� = 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(2π‘›π‘›πœ‹πœ‹) = 0 Abbiamo che

οΏ½ 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛𝐿𝐿 2(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯) 𝑑𝑑π‘₯π‘₯

0 = 1

π‘˜π‘˜ οΏ½π‘˜π‘˜πΏπΏ

2 � = 𝐿𝐿 2 Pertanto la condizione di normalizzazione è:

οΏ½ |πœ“πœ“(π‘₯π‘₯)|𝐿𝐿 2 𝑑𝑑π‘₯π‘₯

0 = 𝐴𝐴2οΏ½ 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛𝐿𝐿 2(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯) 𝑑𝑑π‘₯π‘₯

0 = 𝐴𝐴2𝐿𝐿

2 = 1 β†’ 𝐴𝐴2 = 2

𝐿𝐿 β†’ 𝐴𝐴 = οΏ½2 𝐿𝐿

Quindi complessivamente la soluzione per il problema della buca di potenziale a pareti infinite per 0<x<L Γ¨:

πœ“πœ“π‘›π‘›(π‘₯π‘₯) = οΏ½2

𝐿𝐿𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛 οΏ½π‘›π‘›πœ‹πœ‹

𝐿𝐿 π‘₯π‘₯οΏ½ 𝑐𝑐𝑐𝑐𝑛𝑛 πœ†πœ†π‘›π‘› = 2𝐿𝐿

𝑛𝑛 𝐸𝐸𝑛𝑛 = ℏ2𝑛𝑛2πœ‹πœ‹2

2π‘šπ‘šπΏπΏ2 π‘π‘π‘ π‘ π‘Ÿπ‘Ÿ 𝑛𝑛 = 1,2,3 …

(35)

35

Nella figura sono mostrate le soluzione del problema della particella nella buca di potenziale a pareti infinite.

La linea continua indica la πœ“πœ“π‘›π‘›(π‘₯π‘₯), la linea tratteggiata la probabilitΓ , πœ“πœ“π‘›π‘›2(π‘₯π‘₯), l’asse verticale indica le energie per le varie soluzioni (stati).

La soluzione per n=1, a cui corrisponde il minimo di energia, Γ¨ detto stato fondamentale (o ground state).

Gli stati per n>1 sono detti stati eccitati.

(36)

36

Se si vuole determinare la probabilitΓ  che la particella sia in un determinato intervallo, (x1, x2) si deve calcolare l’integrale della funzione di probabilitΓ  in quell’intervallo.

Per esempio per determinare la probabilitΓ  di trovare la particella nello stato fondamentale nell’intervallo 0,L/4:

𝑃𝑃1οΏ½0,𝐿𝐿

4οΏ½ = οΏ½ πœ“πœ“12(π‘₯π‘₯)𝑑𝑑π‘₯π‘₯ = οΏ½ 2

𝐿𝐿𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛2οΏ½πœ‹πœ‹

𝐿𝐿π‘₯π‘₯οΏ½ 𝑑𝑑π‘₯π‘₯

𝐿𝐿/4

0 =

𝐿𝐿/4 0

2

𝐿𝐿� 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛2οΏ½πœ‹πœ‹

𝐿𝐿π‘₯π‘₯οΏ½ 𝑑𝑑π‘₯π‘₯

𝐿𝐿/4 0

PoichΓ©:

οΏ½ 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛2(π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯) 𝑑𝑑π‘₯π‘₯ = 1 π‘˜π‘˜ οΏ½π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯

2 βˆ’ 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(2π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯)

4 οΏ½

Avremo:

𝑃𝑃1οΏ½0,𝐿𝐿

4οΏ½ = 2

𝐿𝐿� 𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛2 οΏ½πœ‹πœ‹

𝐿𝐿π‘₯π‘₯οΏ½ 𝑑𝑑π‘₯π‘₯

𝐿𝐿/4

0 = 2

𝐿𝐿 𝐿𝐿 πœ‹πœ‹ οΏ½1

2 πœ‹πœ‹

𝐿𝐿π‘₯π‘₯ βˆ’π‘ π‘ π‘ π‘ π‘›π‘› οΏ½2 πœ‹πœ‹πΏπΏ π‘₯π‘₯οΏ½

4 οΏ½

0 𝐿𝐿/4

= 2 πœ‹πœ‹οΏ½πœ‹πœ‹

8 βˆ’ 1

4οΏ½ ~0.09 = 9%

(37)

37

Esempi di equazione di Schroedinger: barriera di potenziale

Un altro esempio molto interessante, soprattutto per alcune conseguenze assolutamente non previste dalla fisica classica, Γ¨ il caso di una particella, proveniente da sinistra (x<0), che incontra un gradino di potenziale.

In questo caso l’energia potenziale Γ¨:

π‘ˆπ‘ˆ = 0 π‘π‘π‘ π‘ π‘Ÿπ‘Ÿ π‘₯π‘₯ < 0 𝑠𝑠 π‘₯π‘₯ > π‘Žπ‘Ž π‘ˆπ‘ˆ = π‘ˆπ‘ˆπ‘œπ‘œ π‘π‘π‘ π‘ π‘Ÿπ‘Ÿ 0 < π‘₯π‘₯ < π‘Žπ‘Ž

Dividiamo quindi il problema in 3 sotto-problemi:

βˆ’ ℏ2 2π‘šπ‘š

πœ•πœ•2πœ“πœ“1(π‘₯π‘₯)

πœ•πœ•π‘₯π‘₯2 = 𝐸𝐸 πœ“πœ“1(π‘₯π‘₯) π‘π‘π‘ π‘ π‘Ÿπ‘Ÿ π‘₯π‘₯ < 0

βˆ’ ℏ2 2π‘šπ‘š

πœ•πœ•2πœ“πœ“2(π‘₯π‘₯)

πœ•πœ•π‘₯π‘₯2 + π‘ˆπ‘ˆ0πœ“πœ“2(π‘₯π‘₯) = 𝐸𝐸 πœ“πœ“2(π‘₯π‘₯) π‘π‘π‘ π‘ π‘Ÿπ‘Ÿ 0 < π‘₯π‘₯ < π‘Žπ‘Ž

βˆ’ ℏ2 2π‘šπ‘š

πœ•πœ•2πœ“πœ“3(π‘₯π‘₯)

πœ•πœ•π‘₯π‘₯2 = 𝐸𝐸 πœ“πœ“3(π‘₯π‘₯) π‘π‘π‘ π‘ π‘Ÿπ‘Ÿ π‘₯π‘₯ > π‘Žπ‘Ž

(38)

38

Possiamo avere 2 casi a seconda se la particella incidente ha energia cinetica E> U0 o E < U0. Partiamo dal caso semplice: E> U0

Per x<0 abbiamo una particella libera che si muove da sinistra verso destra.

La soluzione (la cui validitΓ  si puΓ² verificare sostituendola nell’equazione di Schroedinger) si scrive nel seguente modo:

πœ“πœ“1(π‘₯π‘₯) = π΄π΄π‘ π‘ π‘™π‘™π‘˜π‘˜1π‘₯π‘₯ + π΅π΅π‘ π‘ βˆ’π‘™π‘™π‘˜π‘˜1π‘₯π‘₯ con π‘˜π‘˜1 = √2π‘™π‘™π‘šπ‘šβ„

La funzione esponenziale complessa π‘ π‘ π‘™π‘™π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯ rappresenta un’onda viaggiante da sinistra verso destra mentre la funzione π‘ π‘ βˆ’π‘™π‘™π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯ rappresenta un’onda viaggiante da destra verso sinistra. La prima rappresenta l’onda associata all’elettrone

β€œincidente”, la seconda l’onda riflessa dalla barriera.

La funzione complessa π‘ π‘ π‘™π‘™π‘˜π‘˜π‘₯π‘₯ si puΓ² ricondurre a funzioni trigonometriche mediante la formula di Eulero:

𝑠𝑠𝑙𝑙π‘₯π‘₯ = cos(π‘₯π‘₯) + 𝑑𝑑𝑠𝑠𝑠𝑠𝑛𝑛(π‘₯π‘₯)

Per 0<x<a abbiamo una particella che si muove all’interno di un potenziale costante e la soluzione si scrive come:

πœ“πœ“2(π‘₯π‘₯) = πΆπΆπ‘ π‘ π‘™π‘™π‘˜π‘˜2π‘₯π‘₯ + π·π·π‘ π‘ βˆ’π‘™π‘™π‘˜π‘˜2π‘₯π‘₯ con π‘˜π‘˜2 = οΏ½2𝑙𝑙(π‘šπ‘šβˆ’π‘ˆπ‘ˆβ„ 0)

Infine per x>a la soluzione Γ¨: πœ“πœ“3(π‘₯π‘₯) = πΉπΉπ‘ π‘ π‘™π‘™π‘˜π‘˜3π‘₯π‘₯ + πΊπΊπ‘ π‘ βˆ’π‘™π‘™π‘˜π‘˜3π‘₯π‘₯ con π‘˜π‘˜3 = √2π‘™π‘™π‘šπ‘šβ„

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