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Si prega di lasciare la porta aperta 21 novembre 2009

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Comune di Treviglio Nidi d’Infanzia

&

Si prega di lasciare la porta aperta 21 novembre 2009

Testimonianze dei genitori dei nidi

Focus group condotto dalle educatrci Daniela Allegrucci e Monica Aloardi

Gruppo dei genitori che portano la testimonianza: Gabriella Ferrandi, Carlotta Frigerio, Giusi Fontana, Marco Colonna, Marcella Bellagente, Marica

Mandelli, Elio Romano

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LA PRIMA PARTE

1. LA SCELTA DEL NIDO….

Dopo la prima esperienza vissuta in un altro Nido e guardando con diffidenza i servizi pubblici, mio marito ed io da questo Nido non ci aspettavamo proprio niente se non, forse, giusto qualcuno che ci aiutasse a tenere nostro figlio durante il lavoro.

Per me, mamma lavoratrice, il Nido è stato un’ “ancora di salvezza”. Non solo visto come

“parcheggio” ma anche come momento di socializzazione, di incontro e di apprendimento di regole. Talvolta, noi genitori non siamo troppo fermi nel far questo!

Quando sono arrivata al Nido straripavo di “pretese”, senza manifestarlo troppo, principalmente perché quella del Nido è stata una mia scelta, dispensando le nonne, e

‘dovevo’ dimostrare che avevo scelto bene soprattutto a me stessa.

Dunque, volevo provata la competenza e la professionalità delle educatrici.

Non era sufficiente avere davanti volti rassicuranti, cercavo qualcosa di tangibile …

Lasciare la nostra cucciolina in un luogo sconosciuto e con persone sconosciute, per noi non è stata una scelta facile, anzi, molto sofferta avendo anche i nonni, i parenti, i vicini di casa contrari in proposito. Ma noi genitori avevamo deciso di dare alla nostra piccola la possibilità di poter condividere con altri bambini il suo percorso di crescita.

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Vivo in Italia da otto anni. Mia figlia è un tipo un po’ strano, capriccioso. Ho pensato, con la mia famiglia, che forse, in mezzo ad altri bimbi, potesse cambiare. E così ho scelto il Nido.

2. I

PRIMI INCONTRI TRA GENITORI E EDUCATORI

Il nostro primo incontro avvenne al Nido e restammo colpiti dalla richiesta della coordinatrice di interrogarci su cosa ci saremmo aspettati come adulti, come genitori dall’esperienza del Nido e dal rapporto con le educatrici. Ci fu spiegato che nostro figlio stava entrando in un contesto affettivo che prevedeva una fiducia reciproca tra adulti, una comunità. Per la prima volta ci veniva ricordato il nostro ruolo protagonista nel rapporto con le educatrici e ci veniva suggerito il luogo del Nido come fonte di esperienza affettiva anche per noi adulti. Ciò ci rese più interessati ai modi ed alle proposte delle educatrici nei confronti del nostro piccolo.

Prima che il Nido iniziasse, le educatrici di mio figlio vennero a casa per conoscerci.

Trovammo la cosa piuttosto inusuale; mai più nel percorso pre-scolastico e scolastico dei miei figli è ricapitato.

Dovendo affidare loro il mio cucciolo, che allora aveva sei mesi, questa modalità mi sembrò una buona partenza.

Da mamma, ho tenuto a puntualizzare che allattavo ancora il bimbo al seno quindi era abituato ad una dose extra di coccole, ero preoccupata perché non volevo per lui un

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ambiente solo di cambi del pannolino, pappa, gioco e nanna ma che trovasse coccole, abbracci, carezze, conforto nei momenti critici. Su questo l’educatrice mi ha pienamente rassicurato, non l’avrebbero lasciato senza un abbraccio o col “moccio al naso”. Inoltre, il bambino poteva portare con sé al Nido un “pezzo di casa”: un peluche o un qualunque oggetto a lui familiare.

Al primo incontro mi sono presentata carica di emozioni, tra cui il timore di trovarmi davanti una persona che non mi sarebbe piaciuta o, viceversa, che io mamma non piacessi, come se questo potesse influenzare la qualità del rapporto tra l’educatrice e mia figlia.

I primi incontri a casa con l’educatrice, in presenza del bambino ancora “non condiviso”, mi sono sembrati un po’ difficili, asettici, astratti e di poca resa soprattutto rispetto a quelli successivi quando le bambine (in anni diversi) sono diventate anche un po’ “loro”.

3. I

PRIMI GIORNI AL NIDO

Nel periodo d’inserimento, con pazienza l’educatrice ha risposto a tutte le mie domande anche le più banali e mi incoraggiava dicendo: “Chiedi pure tutto quello che non ti è chiaro se hai dubbi!”.

E ripensandoci, oggi, con la mia scrupolosità di mamma devo aver toccato il fondo quando ho chiesto: “Ma nel caso si facesse male, avete tutto il necessario? Il disinfettante, un cerotto, un bacino sulla bua?...”.

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Un aspetto che mi ha lasciato perplessa è stato quello legato al saluto. Questo passaggio è sicuramente fondamentale per un bimbo che ha una certa consapevolezza del tempo e del distacco, ma io trovavo questo saluto improponibile ad un bambino di tre mesi.

Nella fase dell’inserimento, l’immagine che mi viene ripensando ai primi momenti delle mie figlie al Nido, sono io con la testa bassa ad “origliare” dietro una porta chiusa e le educatrici dall’altra parte con loro.

Dopo il saluto e il suo momentaneo smarrimento, vorrei dire alla mia piccola: “Eccomi, sono qui!” ma non posso, non devo, e intanto scruto da un angolo della finestra senza farmi vedere ma … non osservo solo la bambina, con gli occhi cerco anche il volto di coloro che sono lì con lei, persone di cui non mi basta conoscere il nome, averle incontrate in altre occasioni o aver avuto notizie da genitori di precedenti piccoli utenti e, nonostante fin dai primi incontri mi avessero fatto percepire che potevo godere di una certa tranquillità, che potevo dar loro fiducia, rimango ad osservare e attendo conferme.

Dal diario dell’inserimento

(9° giorno) Stamattina abbiamo fatto ancora un incontro con la coordinatrice e con tutte le altre mamme. Sentire le “emozioni” degli altri e sempre utile, ti rendi conto che in fondo questa esperienza lascia a tutte un segno profondo. In questi giorni spesso mi sono chiesta se mio figlio si rende conto di quello che gli succede. Quando noi mamme siamo fuori, e si sentono i bambini piangere, ognuno cerca di capire se il bambino che piange è il proprio, io non ho questo problema perché lui non piange mai. Quando la mattina lo saluto non sempre mi considera a volte non mi guarda neanche. Allora mi sento un dubbio: “ma si rende conto che vado via?!” Allora l’ho chiesto all’educatrice e lei mi ha detto di si. Dice che quando esco lui si succhia un po’ il pollice per auto-consolarsi. La cosa mi rasserena.

Avevo paura che non si rendesse conto del cambiamento, invece no. Lui magari non piange e non strilla ma manifesta così il disagio del distacco.

Dalla voce il Nido è……

Mi sono sentita tagliata fuori.

La difficoltà più generale non è stata la separazione fisica quanto pensare che il mio bambino avrebbe vissuto nuove esperienze, nuove scoperte, si sarebbe sperimentato in un modo nuovo e tutto questo senza di me.

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LA SECONDA PARTE

1. STRADA FACENDO COSA E’ SUCCESSO ….

Avevo tante aspettative, come è giusto ma … anche tante pretese!

Avrei voluto che le educatrici facessero tutto come me ma … non esattamente come me perché la bambina non confondesse i ruoli … Avrei voluto che le educatrici fossero attente alla mia bambina come me ma … non esattamente come me … Avrei voluto che si proponessero a lei come me ma … non esattamente come me … Avrei voluto … Il timore di sentirsi in qualche modo “sostituite” penso sia la paura di tante mamme … Fatto sta che, cammin facendo, ringraziando proprio loro, le educatrici e gli “esperti” che queste ci invitavano ad ascoltare, sono stata e-ducata anch’io … ho compreso che ogni relazione è unica, originale, irripetibile …

Anch’io, in un certo senso, mi sono sentita “accudita”. Ho ricevuto molta serenità.

Abbiamo varcato insieme a nostro figlio quella porta il primo giorno, ancora non parlava, ancora non camminava; lo portavamo in braccio perché aveva un po’ di paura, avevamo un po’ di paura: ancora non sapevamo bene dove finissimo noi o dove iniziasse lui. Ma, strada facendo, ci siamo ritrovati a camminare per mano

Ricordo:

- le esperienze condivise tra genitori, mi si affollano nella mente tanti ricordi bellissimi: i caffé sorseggiati insieme ad altre mamme mentre a turno spiavamo cosa combinavano i bimbi in aula.

- La prima risata sdrammatizzava le nostre ansie, la seconda era già l’inizio di un rapporto di complicità.

- le serate in cui mamme, papà, educatrici preparavano l’albero, il prese-pe e il

“temutissimo” regalino confezionato con mani proprie: forbici, stoffa, bottoni che passavano di mano in mano. Ci vuole davvero poco per sorprendere un bimbo, ci vuole

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poco a rendere il Natale qualcosa di sentito e di condiviso da tutti ma è un “poco” molto prezioso e facile da perdere.

Il passaggio della bambina casa-Nido, dal genitore all’educatrice, avveniva con scambi di informazioni su come la bimba aveva trascorso la notte, se aveva fatto colazione, se aveva avuto disturbi … e la stessa cosa accadeva al ricongiungimento: venivano riferite, oltre alle varie attività di gioco ed educative, anche tutte le informazioni sul comportamento di fronte a situazioni nuove, di scambio con gli altri bambini ed informazioni relative alla pappa, al sonno, alla salute in generale. Tutte notizie che servivano a tranquillizzare il genitore e a renderlo “partecipe/presente” nelle ore trascorse lontano.

Condivido! E’ come se quotidianamente ci passassimo il testimone: il bambino porta al Nido un pezzo della sua vita familiare (una notte insonne, un capriccio, un graffio del giorno prima, un gioco da mostrare agli amici, ecc. …) ed esce dal Nido con un pezzo della sua vita “sociale” (disegni, impasti, foto, avvisi, il ‘giornalino’) testimonianze delle attività o semplicemente il breve accenno dell’educatrice al vissuto del bambino

Non è successo, invece, che insieme a tutti i genitori si affrontasse un problema o una fatica per gestire le dinamiche in un gruppo di bambini: la comunicazione veniva condivisa col genitore del singolo, però, in qualche occasione, ho avvertito come se il parlare di alcune difficoltà delle mie figlie nel contesto del Nido avesse potuto scatenare timori di svalutazione o di “responsabilità” personale.

In principio, mi aspettavo che il rapporto con le educatrici fosse più facile ma già dopo qualche giorno ho realizzato quanto fosse un’aspettativa insensata. Mi aspettavo che fosse più immediato e diretto, a volte più schietto ma io per prima spesso ho disatteso questo desiderio.

Devo dire che sono rimasta delusa da certi atteggiamenti o frasi pronunciate da qualche educatrice del nido, come per esempio: “se un bimbo piange perché la mamma lo lascia al nido….ma sono frustrazioni che i bambini imparano a sopportare, come abbiamo imparato noi! Non dobbiamo farci vedere dispiaciuti e non dobbiamo dire “poverino quel bambino…si sentirà solo a quest’ora!” Questa frase fu pronunciata un giorno da un’educatrice del nido come risposta ad una esclamazione espressa mentre guardavo un bimbo che piangeva perché, attendendo che arrivasse la sua mamma a prenderlo, era rimasto deluso nel vedere che invece era entrata nella stanza la mamma di un altro!” Avrei dovuto soffocare il mio dispiacere tacendo?

Ho imparato:

- che cosa vuol dire guardare ed essere guardata,

- -cosa vuol dire lasciare che le mie bambine siano guardate senza una restituzione costante di questo sguardo o con una restituzione che non può che essere parziale.

- quanto è faticoso ma indispensabile restare dietro la porta;

- quanto è difficile ma arricchente il confronto sulle persone che più di ogni altra sento mie anche solo per accettare che, a volte, siano diverse da come le ho in mente.

- ad accettare di non sapere tutto, anche se si tratta delle mie figlie, - a contare sulle loro risorse,

- a fidarsi e a cercare un aiuto nella rete che le tiene nei loro momenti difficili invece che cercare responsabili e colpe.

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- a condividere le mie figlie con persone che, in alcuni giorni, stanno con loro più di quanto non ci stia io e che prima non sono nessuno poi diventano un riferimento di confronto costante.

2. COSA PORTO IN VALIGIA

L’occasione di entrare in contatto con le educatrici, ha dato la percezione che il bambino fosse in buone mani e che loro avessero la capacità ma soprattutto la “voglia” di prendersi cura di lui, di seguirlo nella sua crescita valorizzando le sue peculiarità come avremmo fatto noi!

Siamo convinti che la ‘capacità di affidare’ sia una componente importante dell’amore per un figlio e se questo avviene con la sensazione che il piccolo è in buone mani, che star lì è un “di più” e non certo un “di meno”, si frantumano le diffidenze e la scelta che ci rasserena

E’ rimasto un solco indelebile nella nostra memoria affettiva.

Lo scambio: è’ una possibilità importante, piuttosto rara, di parlare dei nostri figli, che entrambi (genitori ed educatori) conosciamo, di confrontare idee, esperienze, opinioni ed emozioni su come crescerli ed educarli in questi primissimi anni di vita

Credo che sia una comunità con la quale sentirsi fortunati di aver condiviso la propria esperienza di vita

Si ringraziano tutti i genitori che hanno contribuito con le loro storie ed emozioni ai testi delle testimonianze.

Riferimenti

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