• Non ci sono risultati.

L’allotrapianto di isole nella terapia del diabete mellito di tipo 1: l’importanza di un nuovo sito di impianto

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L’allotrapianto di isole nella terapia del diabete mellito di tipo 1: l’importanza di un nuovo sito di impianto"

Copied!
4
0
0

Testo completo

(1)

Introduzione

Il trapianto di isole rappresenta oggi un’opzione terapeutica per un selezionato gruppo di pazienti affetti da diabete mel- lito di tipo 1 (allotrapianto) o dopo pancreasectomia totale (autotrapianto)(1). L’allotrapianto viene proposto ai pazienti con diabete mellito di tipo 1, portatori di un altro organo trapiantato e quindi già in terapia immunosoppressiva, o a quei pazienti in cui la gestione del diabete è talmente diffi- coltosa da determinare uno scadimento della qualità di vita, l’insorgenza di complicanze acute quali chetoacidosi e ipo- glicemie non avvertite(2). Il trapianto avviene oggi per mezzo di un’iniezione di isole per via transepatica percutanea al- l’interno della vena porta.

Stato dell’arte

Negli ultimi anni i risultati clinici sono progressivamente mi- gliorati rispetto al passato(3)tanto che in alcuni centri la so- pravvivenza del trapianto di isole ha durata simile a quella del trapianto di pancreas isolato(4,5), procedura molto inva- siva, ma caratterizzata da percentuali di successo e di fun- zione nel lungo termine migliore rispetto alla meno invasiva procedura di trapianto di isole.

Tra i fattori che interferiscono con il successo della proce- dura di trapianto di isole si ricorda la reazione infiammato- ria verso le isole trapiantate, la terapia immunosoppressiva, la scarsità di isole disponibili per il trapianto, l’esaurimento funzionale nel tempo.

RIASSUNTO

Il trapianto di isole pancreatiche rappresenta oggi una reale opzione terapeutica per pazienti selezionati, affetti da diabete mellito. La sede di impianto oggi utilizzata è il fegato: le isole vengono trapiantate mediante puntura percutanea transepatica all’interno del letto portale da cui si disperdono lungo l’asse vascolare. Nelle prime fasi post-trapianto, le isole subiscono una reazione infiammatoria e l’innesco della cascata coagulativa responsabile di una riduzione della loro vitalità. Sono stati proposti diversi siti di trapianto alternativi a quello epatico, per alcuni dei quali è stata già avviata una sperimentazione clinica, quali il midollo osseo, il muscolo scheletrico, l’omento. La possibilità di trapiantare le isole in uno di questi siti permetterebbe innanzitutto di evitare gli effetti dell’attivazione della coagulazione. Inoltre le isole potrebbero essere meglio monitorate e sottoposte a trattamenti locali di immunomodulazione e di immunosoppressione locale. Queste sedi infine potrebbero poi in un futuro accogliere anche altri tipi di cellule beta quali quelle ottenute da cellule staminali.

SUMMARY

Islet allotransplantation in type 1 diabetic patients: new transplant sites

Islet transplantation is now a real therapeutic option for selected patients with diabetes mellitus. The common site of transplantation is the liver: the pancreatic islets are transplanted by percutaneous transhepatic injection into the portal vein from which they spread into the liver where they engraft. In the first few days after transplantation the islets suffers an inflammatory reaction that triggers activation of the coagulatory cascade, with a consequent reduction of beta cell viability. Other transplantation sites have been proposed as alternatives to the liver. Clinical trials have been started to study the feasibility of islet transplantation in bone marrow, skeletal muscle and the omentum. Transplanting the islets in one of these sites would avoid the effects of the activation of coagulation. In addition the islets could be monitored better and local immunomodulation or immunosuppression would be possible. In the future other types of beta cells, such as those derived from stem cells, could be transplanted in these sites.

G It Diabetol Metab 2016;36:28-31

Corrispondenza: dott. Federico Bertuzzi, SSD Diabetologia, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, piazza Ospedale Maggiore 3, 20162 Milano – e-mail: [email protected]

Pervenuto il 12-02-2016 • Revisione del 22-02-2016 • Accettato il 24-02-2016

Parole chiave: trapianto di isole, terapia immunosoppressiva, sito di trapianto, Infiammazione • Key words: islet transplantation, immu- nosuppression therapy, site of transplantation, inflammation

Abbreviazioni: IBMIR, instant blood-mediated inflammatory reaction.

RASSEGNA

L’allotrapianto di isole nella terapia del diabete mellito di tipo 1: l’importanza di un nuovo sito di impianto

Bertuzzi F

1

, Marazzi M

2

1SSD Diabetologia, 2SS Terapia Tessutale, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano

(2)

29 L’allotrapianto di isole nella terapia del diabete mellito di tipo 1: l’importanza di un nuovo sito di impianto

Tabella 1 Confronto tra i siti di trapianto alternativi al fegato per i quali è già cominciata la sperimentazione clinica.

Muscolo Midollo

scheletrico osseo Omento

Facilità dell’accesso +++ ++ +

Sicurezza della procedura

di trapianto +++ ++ ++

Vascolarizzazione + ++ +++

Successo clinico ottenuto + + +

Fisiologico rilascio di insulina

nel letto portale + + +++

Numerosità degli studi clinici ++ ++ + Ampia superficie disponibile

all’impianto di tessuto + ++ +++

Possibilità di monitoraggio

clinico ++ ++ +

Un nuovo sito di impianto

L’utilizzo di un sito alternativo a quello epatico sembra una delle soluzioni più promettenti per i problemi che limitano la funzione del trapianto di isole nel tempo. Un nuovo sito di impianto presenta diversi vantaggi:

– ridurre la reazione infiammatoria post-trapianto: evi- tando il letto vascolare le isole trapiantate non attive- rebbero il processo di coagulazione che amplifica la risposta infiammatoria;

– ridurre o addirittura abrogare la necessità di una terapia immunosoppressiva: l’impianto di isole in un sito bene definito e non disperse all’interno del fegato potrebbe permettere l’utilizzo di strategie di immunomodulazione locale o di immunoisolamento mediante micro- o macrocapsule delle isole stesse;

– permettere di utilizzare anche altri tipi di cellule beta (per esempio da cellule staminali) che possano essere recu- perate in caso di complicanze secondarie al loro utilizzo (quali per esempio la loro trasformazione neoplastica).

Trapianto di isole nel muscolo scheletrico

In modelli animali è stata valutata la fattibilità di trapiantare le isole nel muscolo scheletrico, nel midollo osseo, nel sot- tocute, nella cavità addominale, nell’omento, nella camera anteriore dell’occhio, nei testicoli, nel timo, nel tratto geni- tourinario, nella sottomucosa gastrica(15). Solo alcuni di que- sti siti sono stati poi studiati in trial clinici di allo- o autotrapianto di isole (Tab. 1).

Il sito intramuscolare è stato utilizzato come sede di autotra- pianto di isole (Fig. 1). I dati in letteratura riportano che, dopo autotrapianto nel muscolo scheletrico eseguito in pazienti dopo pancreasectomia totale, si possono rilevare nei riceventi significative concentrazioni di c-peptide circolante e ottene- re una riduzione parziale del fabbisogno insulinico(16,17). I vantaggi di questo sito includono una semplicità della pro- La reazione infiammatoria nei confronti delle isole trapian-

tate è responsabile di una riduzione della vitalità cellulare e di una conseguente diminuzione della massa beta-cellulare in grado di attecchire nel fegato(6). È noto che le isole pan- creatiche rilasciano una serie di chemochine proinfiamma- torie tra le quali CCL2 e CXCL8, correlate con il deficit di funzione in vivo(7,8). Le isole rilasciano anche molecole in grado di attivare la cascata coagulativa e il complemento quale il fattore tessutale (instant blood-mediated inflamma- tory reaction, IBMIR)(9). Il processo infiammatorio è proba- bilmente responsabile della distruzione precoce di circa la metà della massa beta-cellulare trapiantata come dimo- strato in vivo dopo marcatura delle cellule beta mediante fluoro-desossiglucosio(10). Recentemente sono stati proposti diversi trattamenti antinfiammatori che riducono ma non abrogano del tutto il processo infiammatorio. Tra questi, l’antagonista al recettore per le chemochine CXCR1/2 o l’anticorpo anti-TNF-alfa, appaiono tra i più promet- tenti(8,11).

La necessità di inibire il rigetto comporta l’utilizzo di una terapia immunosoppressiva, con schemi terapeutici simili a quelli utilizzati in altri tipi di trapianto. Questi farmaci sono responsabili di diversi effetti collaterali sistemici, tra cui i più temibili sono le infezioni, ma soprattutto l’au- mentato rischio di neoplasie nel tempo(12). Molti di questi hanno inoltre un effetto tossico sulle beta-cellule, tanto più che nel letto portale vengono raggiunte spesso elevate concentrazioni sieriche di questi farmaci nelle prime fasi post-assorbimento.

Anche considerando la possibilità di controllare meglio la reazione infiammatoria e di inibire in modo più sicuro il ri- getto verso il tessuto trapiantato, non si può ipotizzare un’applicazione su larga scala del trapianto di isole per la mancanza di sufficiente tessuto per poter trattare molti pa- zienti: la disponibilità di pancreas umani da cui ricavare isole disponibili per un trapianto rimane infatti limitata. La possi- bilità di utilizzare fonti alternative di beta-cellule come cel- lule staminali ne richiede il loro isolamento all’interno del ricevente mediante microcapsule in modo da poterle espian- tare nel caso di una loro trasformazione neoplastica(13). Gli studi effettuati in diversi modelli animali hanno dimostrato che esistono diversi tipi di microcapsule in grado di proteg- gere con efficacia le isole pancreatiche dalla reazione di ri- getto consentendo anche la possibilità di xenotrapianti. Tra le sostanze utilizzate (collagene, gelatina, acido ialuronico, fibrina, alginato, agarosio e chitosano) la più promettente sembra essere l’alginato perché evoca una debole risposta da parte del sistema immunitario dell’ospite, è resistente al danno ossidativo e forma una barriera permeabile in modo selettivo ai nutrienti e all’ossigeno(14). Tuttavia, non è stato ancora identificato un sito ottimale dove impiantare le mi- crocapsule, sito che deve essere ben vascolarizzato, facil- mente raggiungibile e che possa contenere un ampio volume tessutale.

(3)

Bertuzzi F e Marazzi M

30

Figura 1 Allotrapianto di isole pancreatiche umane nel mu- scolo scheletrico.

Se sarà confermata la fattibilità del trapianto di isole in omento, sarà possibile in un secondo tempo l’attivazione di protocolli che prevedano una riduzione della terapia immu- nosoppressiva sistemica grazie all’impiego di trattamenti di immunomodulazione locale.

Conclusioni

In conclusione a oggi il sito di trapianto di isole intraepatico è quello che garantisce risultati migliori e riproducibili. No- nostante diversi tentativi fatti in altri siti di impianto, solo nel fegato sono state ottenute percentuali di successo so- vrapponibili ai dati di trapianto di pancreas in toto. È anche vero che il sito epatico presenta dei limiti che impediscono una futura applicazione del trapianto di isole su larga scala.

Nei prossimi anni sono attesi i risultati degli attuali trial cli- nici su siti alternativi di trapianto tuttora in corso, finalizzati a risolvere alcuni degli attuali problemi. L’obiettivo finale è quello di allargare le indicazioni cliniche del trapianto di isole per una sua applicazione su larga scala.

Conflitto di interessi

Nessuno.

Bibliografia

1. Bruni A, Gala-Lopez B, Pepper AR, Abualhassan NS, Shapiro AJ.

Islet cell transplantation for the treatment of type 1 diabetes: recent advances and future challenges. Diabetes Metab Syndr Obes 2014;7:211-23.

2. Shapiro AM. Islet transplantation in type 1 diabetes: ongoing chal- lenges, refined procedures, and long-term outcome. Rev Diabet Stud 2012;9:385-406.

3. Bertuzzi F, Secchi A. Nuove prospettive per il trapianto di isole pan- creatiche. G It Diabetol Metab 2000;20:185-6.

4. Barton FB, Rickels MR, Alejandro R, Hering BJ, Wease S, Nazi- ruddin B et al. Improvement in outcomes of clinical islet trans- plantation: 1999-2010. Diabetes Care 2012;35:1436-45.

5. Bellin MD, Barton FB, Heitman A, Harmon JV, Kandaswamy R, Balamurugan AN et al. Potent induction immunotherapy promotes long-term insulin independence after islet transplantation in type 1 diabetes. Am J Transplant 2012;12:1576-83.

6. Kanak MA, Takita M, Kunnathodi F, Lawrence MC, Levy MF, Naziruddin B. Inflammatory response in islet transplantation. Int J Endocrinol 2014;2014:451035.

7. Piemonti L, Leone BE, Nano R, Saccani A, Monti P, Maffi P et al. Human pancreatic islets produce and secrete MCP-1/CCL2:

relevance in human islet transplantation. Diabetes 2002;51:

55-65.

8. Citro A, Cantarelli E, Maffi P, Nano R, Melzi R, Mercalli A et al.

CXCR1/2 inhibition enhances pancreatic islet survival after trans - plantation. J Clin Invest 2012;122:3647-51.

9. Moberg L, Johansson H, Lukinius A, Berne C, Foss A, Källen R et al. Production of tissue factor by pancreatic islet cells as a trigger of detrimental thrombotic reactions in clinical islet transplantation.

Lancet 2002;360:2039-45.

10. Eriksson O, Eich T, Sundin A, Tibell A, Tufveson G, Andersson H et al. Positron emission tomography in clinical islet transplanta- tion. Am J Transplant 2009;9:2816-24.

11. Faradji RN, Tharavanij T, Messinger S, Froud T, Pileggi A, Mon- cedura di trapianto eseguibile in anestesia locale praticamente

priva di complicanze se non locali, una possibilità di monito- raggio del preparato trapiantato mediante biopsie o anticorpi marcati(18), la futura possibilità di impiantare capsule di isola- mento o substrati che favoriscano la immunomodulazione lo- cale o la rivascolarizzazione. Risulta ancora difficile disperdere bene le isole tra i fasci muscolari, così da evitare la loro ag- gregazione che impedisce una corretta ossigenazione(19). Il sito rimane tuttavia di largo interesse considerando che di- verse sono le strategie oggi oggetto di studio per migliorarne la funzione.

Trapianto di isole nel midollo osseo

Recentemente sono stati eseguiti autotrapianti di isole al- l’interno del midollo osseo, con una funzione insulare fino a un massimo follow-up di 944 giorni dopo il trapianto, oltre a una riduzione parziale del fabbisogno insulinico(20). Non è stato riportato nessun evento avverso alla procedura di tra- pianto. Il sito inoltre ha permesso il monitoraggio della fun- zione insulare mediante biopsia. Tuttavia anche in questo caso i dati di funzione del trapianto rimangono inferiori a quelli eseguiti nei trapianti intraepatici. In caso di allotra- pianto inoltre rimane da verificare se il sito sia in grado di evi- tare la ricorrenza dell’autoimmunità.

Trapianto di isole nell’omento

Un sito alternativo di attuale interesse clinico è l’omento. In passato era già stato dimostrato che isole pancreatiche al- l’interno di microcapsule potessero attecchire nella cavità addominale(21). I dati di funzione complessiva rimasero però limitati. Recentemente è stato iniziato presso l’Università di Miami un trial di allotrapianto di isole poste all’interno di un gel autologo di plasma. Il primo paziente trattato con que- sta tecnica ha ottenuto la completa insulino-indipendenza.

(4)

31 L’allotrapianto di isole nella terapia del diabete mellito di tipo 1: l’importanza di un nuovo sito di impianto

roy K et al. Long-term insulin independence and improvement in insulin secretion after supplemental islet infusion under exenatide and etanercept. Transplantation 2008;86:1658-65.

12. Nanji SA, Shapiro AM. Islet transplantation in patients with dia- betes mellitus: choice of immunosuppression. BioDrugs 2004;

18:315-28.

13. Calafiore R, Basta G. Stem cells for the cell and molecular therapy of type 1 diabetes mellitus (T1D): the gap between dream and reality. Am J Stem Cells 2015;4:22-31.

14. Buder B, Alexander M, Krishnan R, Chapman DW, Lakey JR.

Encapsulated islet transplantation: strategies and clinical trials.

Immune Netw 2013;13:235-9.

15. Cantarelli E, Piemonti L. Alternative transplantation sites for pan- creatic islet grafts. Curr Diab Rep 2011;11:364-74.

16. Rafael E, Tibell A, Rydén M, Lundgren T, Sävendahl L, Borgström B et al. Intramuscular autotransplantation of pancreatic islets in a 7- year-old child: a 2-year follow-up. Am J Transplant 2008;8:458-62.

17. Christoffersson G, Henriksnäs J, Johansson L, Rolny C, Ahlström H,

Caballero-Corbalan J et al. Clinical and experimental pancreatic islet transplantation to striated muscle: establishment of a vascular sys- tem similar to that in native islets. Diabetes 2010;59:2569-78.

18. Pattou F, Kerr-Conte J, Wild D. GLP-1-receptor scanning for im- aging of human beta cells transplanted in muscle. N Engl J Med 2010;363:1289-90.

19. Sakata N, Aoki T, Yoshimatsu G, Tsuchiya H, Hata T, Katayose Y et al. Strategy for clinical setting in intramuscular and subcutaneous islet transplantation. Diabetes Metab Res Rev 2014;30:1-10.

20. Maffi P, Balzano G, Ponzoni M, Nano R, Sordi V, Melzi R et al.

Autologous pancreatic islet transplantation in human bone mar- row. Diabetes 2013;62:3523-31.

21. Basta G, Montanucci P, Luca G, Boselli C, Noya G, Barbaro B et al. Long-term metabolic and immunological follow-up of nonim- munosuppressed patients with type 1 diabetes treated with mi- croencapsulated islet allografts: four cases. Diabetes Care 2011;

34:2406-9.

Riferimenti

Documenti correlati

Parole chiave: autoimmunità, diabete mellito, alopecia areata, vitiligine, dermatite erpetiforme, sindrome metabolica, psoriasi, idrosade- nite suppurativa • Key words:

In una casistica ambulatoriale di giovani pazienti con diabete mellito di tipo 1 la capacità vasodilatante del micro- circolo coronarico, espressa dalla RFC, è risultata

Recentemente il nostro gruppo (10) ha studiato 30 pazienti con DMT1 (età media 44,4 ± 11,8 anni, durata del diabete 25,2 ± 10,3 anni), già in trattamento con CSII, che hanno

All’ingresso in reparto il quadro clinico era caratterizzato da astenia intensa, dolori addominali, frequenti ipoglicemie, nonostante la riduzione delle unità di insulina, a

In conclusione, l’impiego di una insulina basale per iniziare la terapia insulinica nel paziente con DMT2 rappresenta un modo semplice ed efficace per ottene- re un

In una meta-analisi di trial che paragonavano gli effetti sui livel- li di glicata del microinfusore e della terapia multi-iniettiva basata su NPH/lenta (22 studi) o

La somministrazione di una compres- sa al giorno era associata a una maggiore aderenza rispetto a quella di compresse multiple (23). Naturalmente, il problema della scarsa aderenza

Entrambe le forme di trattamento comportano un miglioramento della funzione b-cellulare, forse con un effetto più spiccato per gli analoghi del GLP-1, mentre comparabile