Il vecchio e il radiologo
Edmondo Comino
Nel suo splendido saggio dal titolo Vivere nel presente, Lionello Sozzi, non so quanto inconsciamente, offre un prezioso quadro dell’anziano nel suo rapporto con il tempo.
Era da tempo noto che gli anziani sono sempre più numerosi e sempre più emargi- nati in un’età in cui il corso degli eventi è sempre più accelerato e sempre più accentuati sono l’attivismo e l’egoismo degli altri, ma poco approfondito era invece il loro rap- porto con il presente, il passato e il futuro. Cosa indispensabile da sapere e ricordare anche per noi medici, che dobbiamo prima conoscerli e comprenderli per poi curarli.
L’anziano, quasi sempre, vive, infatti, nel presente. Cioè “nell’assaporare, come diceva Rousseau, il sentimento dell’esistenza, esistere in armonia con le cose, scoprirsi, come disse Ungaretti, una docile fibra dell’universo. Ma accanto al presente dei momenti pri- vilegiati, estatici, divinamente contemplativi, c’è il presente della sofferenza, dell’assenza, del male fisico, del male di vivere, e c’è il presente dell’insignificanza o il presente sprecato in futilità, la povera vacuità degli spazi temporali che grigiamente s’impaludano. Chi accetta tale grigiore mai risale a pensieri d’eterno né a desideri e struggimenti sempre in qualche modo sollecitati da ricordi di passato, da prospettive di futuro” [1].
È una tristezza che è angosciosa talora, specie in quei molti la cui esistenza non è illuminata e riscaldata dalla Fede e dall’affetto grande e costante di chi è loro vicino e la cui vita che si fugge è stata mirabilmente riassunta da Volney con le note parole “tout en sensations, peu en souvenirs, point en espérances”
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Nell’anziano malato, che è quello che sempre più frequentemente noi incontriamo, si aggiunge una rassegnazione talora disperata:
“Non chiedo che tu mi guarisca:
offesa sarebbe la domanda che esaudire non puoi.
Chiedo che tu mi salvi, che non mi lasci per sempre soggiacere a questa quotidiana morte” [3].
Credo che la geriatria (e quindi anche il radiologo geriatra) debba rendersi conto di questa situazione non certo nuova, ma che oggi l’invecchiare di più tanti ha reso par- ticolarmente evidente e drammatica. In un suo indimenticabile editoriale, Trabucchi [4] giustamente afferma che “la geriatria - come cultura e come prassi - ha il dovere di compiere un ulteriore passo avanti rispetto al passato per poter continuare a guidare un’e- voluzione che negli ultimi decenni ha portato a un continuo progresso nella qualità
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