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nascita, sviluppo e il formato ePub 1. Sull’eBook

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1. Sull’eBook

nascita, sviluppo e il formato ePub

1.1 Premessa

Il mondo in cui viviamo è un prodotto della cultura del libro. I libri sono onnipresenti e il nostro vivere sociale è basato non solo sulla scrittura, ma sulla scrittura

organizzata in libri.

Il libro è stato strumento principe della diffusione dell’informazione (pensate al ruolo che ha avuto la Bibbia a stampa per la riforma protestante) ma al tempo stesso anche della sua conservazione. 1

Nel pensare al libro non possiamo fare a meno di richiamare non solo la sua forma testuale ma anche quella fisica. Il libro è un oggetto assai familiare; un oggetto di cui conosciamo chi lo produce, chi lo vende, dove acquistarlo e — se è in una lingua che conosciamo — come leggerlo. Ma negli ultimi anni la situazione sembra essersi improvvisamente complicata.

L’introduzione e la diffusione del personal computer prima e delle reti poi offrono ai testi supporti diversi da quelli tradizionali, diversi in primo luogo dalla carta stampata e dai libri. 2

La pagina è stata sostituita dallo schermo, i caratteri stampati si sono trasformati in bit. Nuove forme di gestualità, nuovi meccanismi di selezione e produzione, nuovi canali di distribuzione, nuovi strumenti e supporti di lettura obbligano sia gli ’addetti ai lavori’, sia i lettori, a stare al passo coi tempi e a non perdersi nel vortice caotico mosso e promosso dall’avanzamento tecnologico.

Si tratta di una rivoluzione, come suggerisce Roncaglia riprendendo le parole di Roger Chartier, ancora “più radicale di quella di Gutenberg, in quanto non modifica solo la tecnica di riproduzione del testo, ma anche le strutture e le forme stesse del supporto che lo comunica ai lettori.” 3

Ciò che diventa fondamentale in quest’evoluzione dei modi e delle forme di lettura e, sempre secondo Roncaglia, deve essere assunto come punto di partenza per ogni riflessione sul futuro del libro, è il supporto del testo, o ’interfaccia di lettura’.

E il supporto non è neutrale, non si limita a veicolare indifferentemente qualunque contenuto e qualunque forma di organizzazione testuale. Al contrario, le caratteristiche del supporto, e più in generale gli strumenti e il contesto materiale della lettura, costituiscono l’orizzonte al cui interno certe

Umberto Eco, Sulla labilità dei supporti, Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri, UEM, url:

1

http://www.scuolalibraiuem.it/upload/documenti/1341391227.pdf

Gino Roncaglia, La quarta rivoluzione. Sei lezioni sul futuro del libro, Roma, Edizioni Laterza,

2

2010, p. 7 Ivi, p. 6

(2)

forme di gestualità e certe tipologie di lettura risultano possibili e più o meno facili.4

Diventa dunque inevitabile, qualora si discuta delle caratteristiche e dell’evoluzione delle interfacce di lettura, un approfondimento sui cambiamenti che i testi e le modalità di lettura hanno subito.

Come il libro, l’interfaccia presenta una duplice dimensione: una dimensione fisica, l’oggetto, e una dimensione astratta, ovvero l’organizzazione logica

dell’informazione sulla stessa. Tali dimensioni, in stretto rapporto, si influenzano reciprocamente:

le caratteristiche fisiche del supporto suggeriscono o al contrario escludono determinate modalità di organizzazione dei contenuti, e viceversa la scelta di organizzare i contenuti in un certo modo suggerisce o esclude l’impiego di determinati supporti, e dunque di determinate interfacce fisiche.5

Un altro elemento fondamentale legato al rapporto fra interfaccia fisica, contenuto informativo e modi e forme di organizzazione di tale contenuto sul supporto, è la situazione di fruizione del testo.

In un primo livello è possibile distinguere le situazioni di fruizione (e relative interfacce) tra: lean forward, lean back, secondaria e in mobilità.

La fruizione lean forward, caratterizzata da un uso attivo dell’informazione, si ha quando siamo ’protesi in avanti’. Non ci si limita ad assorbire l’informazione, ma la si elabora e modifica portando avanti un lavoro in una situazione fortemente interattiva.

La modalità lean back è invece caratterizzata da una fruizione rilassata, ’appoggiati all’indietro’. La nostra attenzione è anche in questo caso completamente catturata da quel che vediamo o leggiamo ma, finché essa resta viva, non ci è

richiesto di agire o interagire con l’informazione stessa se non a livello mentale. Altro il caso in cui l’informazione, che sarebbe destinata a una fruizione lean

back, viene assorbita in forma di fruizione secondaria, o in background. In questo

caso la nostra attenzione non è completamente assorbita dall’informazione che riceviamo, ma rappresenta per noi una sorta di background informativo verso il quale ci rivolgiamo solo a tratti.

Infine, le situazioni di mobilità determinano un’ulteriore tipologia di uso dell’informazione in cui la nostra attenzione cosciente è impegnata solo in minima parte dalle azioni richieste dalla situazione di mobilità e può concentrarsi sul canale informativo, anche se normalmente lo fa per periodi di tempo più brevi e interrotti frequentemente.

Ivi, p. 8

4

Ivi, p. 30

(3)

Applicando queste considerazioni al caso ’libro’, ci si accorge che i casi di fruizione secondaria sono rari. Un libro tende infatti ad assorbire comunque la 6 maggior parte della nostra attenzione: “è difficile leggere e dedicare

contemporaneamente attenzione a un’altra fonte informativa” , anche se presente 7 sullo stesso supporto. Se si pensa invece a una lettura in ambiente elettronico, è più spontaneo associarla a casi di testi che suggeriscono una fruizione lean forward che nel caso di testi narrativi, per i quali risulta più comune una lettura lean back su supporto cartaceo. Questo vizio, di cui si tratterà nei paragrafi successivi, cercherà di essere sradicato dai nuovi dispositivi digitali di lettura, gli eReader, portando nel mondo digitale una buona esperienza di lettura lean back.

1.2 L’eBook

Il libro è il risultato di una serie di rotture storiche e di secoli di perfezionamenti; la sua lunga storia è dominata da un obiettivo costante, che diventerà sempre più chiaro nel corso del tempo: dare al testo un supporto perfettamente maneggevole e che imponga i minori ostacoli possibili tra il lettore e la ’materia da pensare (o da sognare)’ del testo.8

Accanto al libro come interfaccia di lettura si sono evolute nel tempo da un lato forme di gestualità, e dall’altro modelli di distribuzione e vendita del libro considerato come un prodotto commerciale.

Proprio perché il libro è sempre stato considerato anche come un oggetto e soprattutto come un oggetto in continua evoluzione, moltissime sono state, e

continuano a essere, le innovazioni tecnologiche che hanno trovato applicazione non solo nel campo della produzione, ma anche in quello della distribuzione, lettura e conservazione dello stesso. 9

Ad oggi, all’apice di quest’evoluzione, troviamo il libro elettronico. A livello teorico, si può definire come un testo elettronico che dal punto di vista della forma testuale si riallaccia all’eredità della cultura del libro — “un testo strutturato, ragionevolmente esteso, compiuto, opportunamente codificato, e di norma accompagnato da un insieme di metadati descrittivi, organizzato per una lettura parzialmente lineare attraverso una interfaccia patinata” — e dal punto di vista 10 della fruizione può essere utilizzato attraverso dispositivi di lettura e interfacce software capaci di permettere una lettura agevole nelle stesse situazioni di fruizione

Cfr. ivi, pp. 32-38

6

Ivi, p. 36

7

Stanislaw Lem, Ritorno dall’universo, Garzanti, Milano, 1975. Si è tratto il passo dal sito

8

Technovelgy, url: http://www.technovelgy.com/ct/content.asp?Bnum=1024 Robert Darnton, Il futuro del libro, Milano, Adelphi, 2011

9

Roncaglia 2010, p. 76

(4)

in cui potremmo leggere un libro e senza far rimpiangere il supporto cartaceo dal punto di vista sia dell’ergonomia che dell’usabilità. 11

Bisogna comunque aggiungere che il libro è sempre stato considerato anche un “un oggetto ibrido” . La parola ’libro’ è infatti viziata da un’ambiguità lessicale tale 12 per cui allo stesso tempo indica un prodotto intellettuale in forma scritta e un

supporto materiale, fatto di fogli di carta rilegati insieme, su cui l’opera intellettuale è registrata, conservata e tramandata. Di questa dipendenza tra supporto e forma è macchiata anche la parola eBook.

Imprecise and inconsistent terminology has been a major source of confusion in the hype over e-books, and an obstacle to disentangling the issues involved. It is essential to distinguish between the idea of a digital book and a book-reading

appliance. A digital book is just a large structured collection of bits that can be

transported on CD-ROM or other storage media or delivered over a network connection, and which is designed to be viewed on some combination of hardware and software ranging from dumb terminals to Web browsers on personal computers to the new book reading appliances. Digital books cover a wide spectrum of material, ranging from literal translations of printed books, created by scanning pages or generating a PDF file, to complex digital works that are the intellectual successors of certain genres of book-length works, but which cannot be reasonably converted back into printed form. 13

È tuttavia possibile che quest’ambiguità, richiamo alla parola libro, sia nata nel momento in cui ’libro’ e ’eBook’ siano venuti a coincidere, poiché, fin dalla nascita, come verrà descritto, nell’ambito digitale contenuto e device sono sempre stati separati.

1.2.1 Le origini

Fu all’inizio degli anni Settanta che Alan Kay e Micheal Hart mossero, quasi

contemporaneamente, i primi passi verso lo studio rispettivamente delle interfacce di lettura l’uno e la digitalizzazione e la codifica dei testi l’altro.

In un periodo storico in cui i computer erano costituiti da grossi mainframe, costosissimi e riservati all’uso di pochi specialisti, Kay iniziò a riflettere sulla possibilità di realizzare dispositivi personali portatili e capaci di funzionare come estensioni di strumenti di uso comune quali i libri. Fu in quel contesto che, nel 1968, iniziò a lavorare a un prototipo di ‘libro dinamico’, il Dynabook , un computer 14

Cfr. ivi, pp. 67-80

11

Frédéric Barbier, Storia del libro: dall’antichità al XX secolo, Bari, Edizioni Dedalo, 2004, p. 5

12

Cfr. Clifford Lynch, The Battle to Define the Future of the Book in the Digital World, First Monday,

13

vol. 6, n. 6, 2001, url: http://firstmonday.org/ojs/index.php/fm/article/view/864

Per una presentazione tecnica si rimanda a Alan Kay e Adele Goldberg, Personal Dynamic Media,

14

in «Computer», 10, n. 3, 1977, url: http://www.newmediareader.com/book_samples/nmr-26-kay.pdf. Mentre la presentazione video è disponibile su YouTube, url: https://www.youtube.com/watch? v=r36NNGzNvjo

(5)

portatile con funzioni di supporto alle attività di lettura, scrittura e apprendimento. Il modello realizzato da Kay, anticipava in modo sorprendente la forma dei principali eBook readers odierni. Nel Dynabook, infatti, al contrario dei portatili attuali, tastiera e schermo erano disposti in un unico dispositivo rigido a tavoletta, un design che sicuramente pose dei limiti nella sua usabilità in quanto strumento di scrittura, ma che si rivelò estremamente adatto alla lettura, in particolare lean back.

All’epoca delle ricerche di Kay e della sua principale collaboratrice, Adele Goldberg, non era ancora disponibile la tecnologia idonea alla realizzazione di questo tipi di dispositivi. Tuttavia la portata innovativa e predittiva di queste ricerche fu tale da costituire un pilastro alla successiva evoluzione degli eBook reader. La forza dell’intuizione di Kay si rintraccia proprio nei presupposti teorici del suo lavoro e, in modo particolare, nell’esplicito richiamo al modello ‘libro’. Per Kay il Dynabook sarebbe dovuto essere “un personal computer portatile e interattivo, con la stessa accessibilità di un libro” . Kay intendeva sviluppare un dispositivo che 15

consentisse la lettura senza presentarsi come un surrogato tecnologico della carta stampata, offrendo nuove proprietà e funzionalità al potenziale fruitore e

individuando contemporaneamente elementi di continuità e di rottura nel rapporto tra il nuovo dispositivo e il libro tradizionale.

Roncaglia sottolinea come la ricerca di Kay avesse messo in luce in modo chiaro l’ipotesi di dispositivi in grado di coniugare la cultura legata alla tradizione del libro e le nuove funzionalità multimediali e ipertestuali che lo sviluppo della scienza informatica stava progressivamente introducendo. 16

In un’altra direzione, ovvero la creazione di testi leggibili in formato digitale, si spinse invece il progetto di Michael Hart: realizzare una vera e propria biblioteca di testi elettronici disponibili in rete.

Nell’estate del 1971 Hart ottenne un account per accedere come operatore al

mainframe Xerox Sigma V del Materials Research Lab. dell’Università dell’Illinois.

L’account consentiva ad Hart l’uso del mainframe per 9 ore al giorno per un ’tempo macchina’ pari a cento milioni di dollari.

Partendo da un’intuizione rivoluzionaria per l’epoca, Hart riconobbe che il grande valore rappresentato nel computer per il futuro non fosse tanto nella computazione ma “nell’archiviazione, nel recupero e nella ricerca di ciò che è

Alan Kay, The Dynabook Revisited. A Conversation with Alan Kay, 2002, in The Book and the

15

Computer, url: http://www.squeakland.org/resources/articles/ Cfr. Roncaglia 2010, pp. 96-99

(6)

conservato nelle biblioteche” . La definì ’Replicator Techology’ ovvero rendere 17 18 informazioni, libri e documenti disponibili al grande pubblico all’infinito e con costi estremamente bassi in formati che la maggior parte dei computer, dei software e delle perone potessero facilmente leggere e analizzare.

Sulla base di queste convinzioni, nel luglio del 1979, Hart diede avvio al Progetto Gutenberg . I contenuti di tale progetto, gli e-texts o electronic texts 19

sarebbero dovuti risultare poco costosi e di facile utilizzo. Il primo testo digitalizzato, la Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America, venne trascritto

manualmente da Hart in sole lettere maiuscole, in quanto i terminali dell’epoca non prevedevano l’uso delle minuscole, e utilizzando il Plain Vanilla ASCII (ASCII puro a 7 bit).

Il progetto procedette a ritmi molto lenti anche a causa dello ’spazio macchina’ al tempo troppo prezioso, rivelando antieconomica l’idea di allocarne in permanenza una parte per conservare un file di testo.

Nel 1975 tuttavia, grazie anche al gruppo di collaboratori che si creò attorno al progetto di Hart, si arrivò alla digitalizzazione di un testo di dimensioni

considerevoli: la Costituzione Americana. Negli anni Ottanta, complice

l’introduzione e la diffusione dei primi personal computer, Hart riuscì ad affrancarsi dal problema dello ’spazio macchina’ del laboratorio universitario, creando una propria rete domestica di PC. Il gruppo di lavoro si arricchì di nuovi volontari che intrapresero la digitalizzazione di testi di dimensioni sempre più consistenti quali la Bibbia e le opere di Shakespeare. La vera esplosione del Progetto Gutenberg in ogni caso si ebbe negli anni Novanta: un libro al mese nel 1991, due nel 1992, quattro nel 1993. Nel 1994 la biblioteca conta 100 libri con un ritmo di 8 libri al mese che raddoppia nel 1995 e nel 1996. Nel 1997 si arrivò a 1000 testi digitalizzati, nel 2003 a 10.000 e nel 2009 a oltre 30.000. 20

Durante tutto questo periodo Hart rimase tuttavia fedele alla codifica del solo testo dell’opera e all’uso del formato ASCII. La scelta di Hart si basa sulla personale convinzione che l’utilizzo del formato ’solo testo’ fosse l’unico in grado di garantire l’accesso ai testi da parte di tutti gli utenti. Convinzione che mantenne anche quando, in anni più recenti, si affermarono linguaggi di mark-up e standard creati

appositamente per avvicinarsi il più possibile all’aspetto del libro cartaceo. La scelta del formato ’solo testo’ di Hart ha dei limiti indubbi, come l’impossibilità di

Micheal Hart, The History and Philosophy of Project Gutenberg, 1992, url: http://

17

www.gutenberg.org/about/history

Jay David Bolter, Richard Gruisin, The World Wide Web, in David Crowley, Paul Heyer (a cura di),

18

Communication in History: Technology, Culture, Society, London, Routledge, Taylor & Francis Group, 2016, 6° ed., p. 299

Si rimanda al sito, Free ebooks by Project Gutenberg, Gutenberg, url: https://www.gutenberg.org/

19

Cfr. Roncaglia 2010, p. 101

(7)

includere metadati di corredo al testo, ma ha altresì favorito il coinvolgimento di un crescente numero di volontari anche senza competenze specifiche sulle tecniche di marcatura.

Furono proprio i collaboratori del progetto che negli anni Novanta sostituirono al termine ’e-text’ quello di ’eBook’ per definire i testi elettronici digitalizzati

esprimendo in pieno la convinzione di Hart secondo la quale quando si parla di ’libro elettronico’ si fa riferimento solo al contenuto prescindendo dal formato e dagli strumenti di fruizione.

Ad oggi, il progetto utilizza tabelle di codifica più ampie per i testi che

presentano caratteri non codificabili dal formato ASCII e, già da alcuni anni, sul sito del Progetto Gutenberg, è disponibile un meccanismo di generazione automatica di file sia in HTML che nei più comuni formati non proprietari per eBook come l’ePub.

L’iniziativa di Hart anticipò, per la sua totale gratuità e libertà che ne caratterizza il servizio e per l’idea che l’accesso a questa prima grande biblioteca digitale potesse avvenire in rete, il movimento culturale che in anni successivi si svilupperà a favore dell’open content e dell’open access. Il modo stesso in cui il progetto fu realizzato, volontario e collaborativo, rappresenta in sé un prologo di quello che saranno le esperienze successive di editing collaborativo su larga scala quali Wikipedia.

Inoltre, l’importanza del Progetto Gutenberg, si trova soprattutto nell’essere riusciti a rimanere coerenti nel fornire un ’prodotto’ utilizzando standard di codifica aperti, condivisi e accessibili permettendo così agli utenti di usufruire di un servizio senza limiti tecnologici o culturali. 21

1.2.2 Gli anni ’80 e ’90

Gli anni Ottanta sono testimoni di importanti fenomeni che portarono

all’avanzamento dell’idea di eBook. Come chiarisce Roncaglia, la diffusione delle rete telematiche, in primis Arpanet-Internet, anche se limitate alla comunità scientifica, contribuirono a far intravedere in Internet un potenziale strumento di diffusione e accesso dei testi elettronici. Fu altresì l’intensificarsi delle ricerche relative a dispositivi informatici portatili, utilizzabili principalmente come strumenti di lettura, e il progresso e la diffusione proprio in quegli anni dei personal computer a indurre una crescita importante del bacino di potenziali fruitori delle possibilità offerte dai testi elettronici. Ne sono un esempio i primi dispositivi assimilabili a un odierno eBook reader sviluppati da due aziende: la Franklin Computer Corporation (successivamente Franklin Electronic Publishers) e la Sony.

Cfr. Roncaglia 2010, pp. 99-103 e Micheal S. Hart, A Brief History of Project Gutenberg, 2005, url:

21

(8)

Non ci si soffermerà a descriverne in dettaglio le caratteristiche, è comunque opportuno sottolineare quanto si sia ancora lontani anche solo dall’idea di un dispositivo che possa paragonarsi al libro anche in situazioni di fruizione lean back.

Tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta si svilupparono anche i cosiddetti BBS (Bulletin Board System). Si possono descrivere come sistemi 22 amatoriali che precedendo la diffusione di Internet e del web e che rappresentarono un primo motore di diffusione delle potenzialità della telematica. All’interno di questi sistemi (MC-Link, Agorà, FidoNet) circolarono anche testi elettronici di una certa lunghezza come manuali, racconti e testi letterari. I partecipanti ebbero la possibilità di interagire scambiandosi idee e commenti, e fu attraverso questo processo che, sull’onda del successo del Progetto Gutenberg, venne creata un’area dedicata ai testi letterari in formato ASCII, il Progetto Manuzio, uno dei primi esperimenti realizzati in Italia.

1.2.3 La prima generazione di dispositivi dedicati

Il primo, seppur breve, successo degli eBook avvenne tra il 1998 e il 2001, soprattutto grazie alla prima generazione di lettori dedicati: il Rocket eBook della Nuvomedia, presentato alla Fiera del Libro di Francoforte nel 1998, e il Softbook della Softbook Press. Si trattava di lettori portatili a forma di tavoletta del peso di 23 circa un chilo, dotati di schermi monocromatici a cristalli liquidi e sensibili al tocco. Il Softbook inoltre era dotato di un modem interno che consentiva di scaricare i libri elettronici direttamente da Internet.

Nonostante fossero stati presentati come strumenti in grado di portare nel mondo della lettura digitale la fruizione lean back, non riuscirono a soddisfare appieno i requisiti di mimicità e di autosufficienza, esibendo una lettura assai più scomoda che su carta. 24

Per approfondimenti si rimanda ai siti BBS: The Documentary, url: http://bbsdocumentary.com e

22

BBS Archives, url: http://archives.thebbs.org

Per maggiori informazioni si rimanda a David Strom, E-Books: Still an Unfinished Work,

23

Computerworld, 19 luglio 1999, p. 76 e al sito, Project Gutenberg Blog: New eBooks, Newsletters and Stats, url: http://www.gutenbergnews.org/20110716/ebooks-1998-the-first-ebook-readers/

Il principio di mimicità è riconoscibile nella posizione di Geoffrey Nunberg che in Geoffrey

24

Nunberg, The Places of Books in the Age of Electronic Reproduction, in R. Howard Bloch e Carla Hesse, Future Libraries, Berkeley, University of California Press, 1995, p. 18, afferma: “Perhaps someday the book anche the elettronico display will converge in an elettronico display so this and flebile that it is all but indiscernibile from a printer page. […] But if such a convergente does take place, it will be because the technology has become for all purposes invisible. Phenomenally, the elettronico book will have to handle like a book, just as the electronic piano has to handle like a piano.” Il principio dell’autosufficienza, invece, parte dal presupposto che abbia senso parlare di libro elettronico solo nel caso in cui il dispositivo di lettura consenta di leggere un testo abbastanza lungo (assimilabile appunto a quello di un libro tradizionale) senza sentire la necessità di stamparlo. Si veda a riguardo: Roncaglia 2010, pp.75-78

(9)

Interessante invece come, proprio in questi anni, utenti in cerca di tutt’altre funzionalità, scoprirono le potenzialità di dispositivi non dedicati, come i personal

digital assistant (PDA) o i primi smartphone, che offrivano la comodità di avere 25 sempre con sé anche contenuti da leggere. Un pubblico certo limitato, orientato alla tecnologia, ma che nel corso degli anni, come si vedrà, andrà in continuo aumento.

Il flop della prima generazione di dispositivi dedicati, come abbiamo accennato, non arriva in una situazione in cui sia possibile prenderlo alla leggera: è tutto il comparto dei new media e delle tecnologie legate alla rete che con l’esplosione della cosiddetta ’dot-com bubble’, la bolla speculativa delle aziende Internet, si ritrova in crisi. Il Nasdaq, l’indice borsistico legato alle nuove tecnologie, scende dal picco di oltre 5.000 punti raggiunto nel marzo 2000 ai valori sotto i 1.150 punti dell’ottobre 2002: in due anni, il mercato ha perso tre quarti del suo valore. Per rendersi conto della portata del crollo, basti pensare che al 1 febbraio 2010 il Nasdaq non ne ha recuperato neanche la metà, con l’indice poco sopra i 2.100 punti, e che nel pieno dell’ultima crisi borsistica, nel marzo 2009, navigava nuovamente sotto i 1.500 punti.26

In un contesto così catastrofico, diventò difficile pensare ad aggiustamenti o a piccoli progressivi miglioramenti tecnologici: chi aveva investito nel settore eBook

indietreggiò, chi non vi aveva ancora investito, evitò accuratamente di farlo.

Nell’oscillazione di significato che si è individuata in partenza, tra eBook come dispositivo fisico di lettura e eBook come contenuto digitale, il pendolo in quegli anni si mosse decisamente verso la seconda direzione. Il mondo degli eBook, ancora lontano dal dotarsi di dispositivi dedicati alla fruizione lean back, si concentrò, potenziato enormemente dallo sviluppo del web, sulla modalità di fruizione che meglio corrispose agli strumenti disponibili: il lean forward.

Questa forma di rimozione delle situazioni di fruizione lean back, con l’aggravante dato dal forte aumento di attenzione nei confronti dei contenuti disponibili in rete, rafforzò uno dei più diffusi – e insidiosi – luoghi comuni legati alla testualità elettronica:

quello secondo cui la fruizione digitale può funzionare per opere di reference, e non può invece funzionare per la letteratura e le opere che corrispondono a grandi linee alla categoria editoriale della ’varia’: saggistica e divulgazione caratterizzate da un impianto fondamentalmente lineare e da una struttura comunque in qualche misura narrativa.27

In questa prima battaglia, il libro cartaceo ottenne una vittoria netta, ma le caratteristiche delle tecnologie e la scoperta modalità di fruizione del testo

È possibile trovare una descrizione tecnica sul sito CCM - Community di assistenza e consulenza,

25 url: http://it.ccm.net/contents/309-pda-palmare Roncaglia 2010, p. 128 26 Ivi, p. 131 27

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elettronico, divennero in quegli anni un fattore determinante non solo per la riflessione teorica contemporanea, ma anche per la proiezione di questa sul futuro.

1.2.4 La seconda generazione: l’ePaper

Un secondo tentativo venne portato avanti attorno al 2004-2005, anni in cui si affacciò sul mercato una nuova tecnologia: l’ePaper.

Come mostra Roncaglia, l’idea di base, su cui si è cominciato a lavorare addirittura all’inizio degli anni Settanta, è piuttosto semplice. Si pensi a una

cartellina trasparente, costituita da due sottili fogli di plastica e al cui interno si trova un foglio di carta stampato il cui contenuto è possibile leggere senza sforzi. Così come la cartellina, anche la carta elettronica si basa su due sottili strati plastici trasparenti, sovrapposti e sigillati, al cui interno si trovano minuscole (circa un micron, un millesimo di millimetro) capsule sferiche bianche e nere. Le sferette bianche sono caricate positivamente, quelle nere sono caricate negativamente. A loro volta, i due strati di plastica trasparente sono percorsi da un fittissimo reticolo di cellette o pixel, ciascuno dei quali può essere caricato positivamente o

negativamente. Questo consente di far emergere a comando, per ogni punto dello schermo, le sferette bianche o quelle nere.

L’impressione finale è quella di trovarsi davanti una pagina che ricorda un foglio stampato: un foglio di plastica, di color grigio chiaro e con un aspetto un po’ lucido, simile alla carta patinata. La risoluzione è comunque ottima, e su schermi dalle dimensioni sufficientemente grandi, permette una buona resa anche di pagine in formato PDF.

Un eBook basato sulla tecnologia eInk, proprio come le pagine di un libro cartaceo, non emette luce ma riflette soltanto. Questo significa che la quantità della luce è direttamente proporzionale alla qualità della lettura. Un ulteriore vantaggio è la durata della batteria. Il consumo di corrente è infatti ristretto al momento in cui si riconfigura la posizione delle sferette bianche e di quelle nere.

Tra i dispositivi rintracciabili in questa categoria , si citano il primo, oggi 28 quasi dimenticato, Sony Libriè , uscito sul mercato giapponese nel 2004, e il 29 Kindle di Amazon, uscito fra il 2007 e il 2008. 30

Per un’analisi dettagliata dei diversi dispositivi e delle loro caratteristiche si rimanda alla voce

28

Comparison of e-book readers, in "Wikipedia, the free encyclopedia", url: http://en.wikipedia.org/ wiki/Comparison_of_e-book_readers, oppure cfr. Marco Jamet, Ecco i nuovi compagni di viaggio, Media World Magazine, 12 (2010), 5, p. 20-29

Per una descrizione si rimanda a Roncaglia 2010, p. 138

29

Si rimanda all’articolo di Ilaria Greco, Amazon Kindle: com’è cambiato dal 2007 ad oggi, 14

30

(11)

Entrambi i dispositivi però adottarono un formato proprietario con una singola fonte privilegiata di contenuti, la Publishing Link per il Sony Librè, e, seppur “la più grande biblioteca del mondo” , Amazon per il Kindle. 31

Come ulteriori svantaggi, che fanno pensare a un’ulteriore sconfitta a discapito del libro elettronico, troviamo: la lentezza nel passaggio da un’immagine all’altra — circa un secondo — impedendo la visualizzazione di immagini in movimento e video e creando disturbo alla lettura e la disponibilità, ad oggi, di schermi solo in bianco e nero. 32

La comodità rappresentata dal potersi portare dietro, su un unico lettore, un’intera biblioteca di titoli e la discreta leggibilità costituiscono comunque un mix che anche il cancelliere Tusmann [personaggio de La scelta della sposa

(Die Brautwahl), racconto scritto da Hoffmann, un appassionato bibliofilo che

trova un libro fatato che può convertirsi in qualsiasi opera si desideri leggere] troverebbe attraente.33

Per la prima volta l’esperienza di lettura si avvicina, per qualche misura, a quella su carta. Inoltre, si devono considerare i grandi margini di miglioramento che la tecnologia ePaper può avere, come l’avanzamento che si sta compiendo verso

schermi con inchiostro elettronico a colori — ormai raggiunte le 32.000 sfumature di colore . 34

D’altro canto, come afferma Roncaglia, neanche i lettori basati sull’ePaper riescono a raggiungere il libro su carta in termini di comodità d’uso, nonostante siano i primi che possano aspirare ad affiancarlo in maniera ragionevolmente diffusa.35

1.2.5 La terza generazione

Negli stessi anni di uscita dei primi dispositivi di lettura dedicati, pensati per una fruizione lean back, e sulla scia dei palmari avviati a un’ibridazione con gli smartphone, altri device sembrano concorrere per sorpassare il formato libro cartaceo.

Roncaglia 2010, p. 140

31

Cfr. Teresa Lupia, Mirko Tavosanis, Vincenzo Gervasi, Editoria Digitale, UTET, 2011, pp. 86-87

32

Roncaglia 2010, p. 141

33

Riccardo Palombo, E-Ink presenta Advanced Color ePaper (ACeP). Il pannello a colori in video,

34

HDblog, 2016, url: http://hardware.hdblog.it/2016/05/25/e-ink-acep-colori/ Cfr. Roncaglia 2010, p. 146

(12)

Lo smartphone più famoso, e quello che ha rivoluzionato il mercato, è indubbiamente l’iPhone della Apple: 36

se il dato stimato di un milione e mezzo di Kindle venduti sembrava sorprendete, va considerato che si tratta di meno del 5% dei circa 34 milioni di iPhone che si calcola siano stati venduti più o meno nello stesso periodo, fino al dicembre 2009. 37

L’iPhone, preso fin da subito come modello da seguire, ha portato allo sviluppo di dispositivi che avrebbero dovuto possedere due qualità necessarie per la

sopravvivenza sul mercato: raggiungere da un lato la stessa qualità dello schermo e la sua sensibilità al tocco, e dall’altro la funzionalità dell’interfaccia disegnata da Apple, con le sue icone colorate dalle funzioni immediate e intuitive.

La qualità dello schermo è legata in parte alla risoluzione e in parte alla buona qualità dei componenti, garantendone colori vividi e luminosi. Tutti i dispositivi di visualizzazione digitali si basano sulla scomposizione dello schermo in pixel, abbreviazione di picture element (elementi dell’immagine). Questo significa che, a parità di dimensione, più pixel ci sono più l’immagine apparirà ‘densa’ e ben definita. Un ipotetico monitor con diagonale 15 pollici, corrisponde a un rettangolo con base lunga 12 pollici e altezza lunga 9 pollici. Se la base è lunga 12 pollici, e corrisponde a 1024 pixel, vuol dire che in ogni pollice lineare entrano circa 85 pixel: il monitor ha dunque una ‘densità’ effettiva di 85 ppi (‘pixel per inch’, pixel per pollice). Un libro a stampa, invece, ha di norma una risoluzione di almeno 300 dpi (‘dot per inch’, punti per pollice). La risoluzione di uno dei primi iPhone usciti sul mercato è di 480x320 pixel ma per una lunghezza che corrisponde a 3 pollici. La ‘densità’ dell’immagine, quindi, arriva a un valore di 163 ppi, quasi il doppio del monitor preso in esempio. Se già nel 2010 Roncaglia affermava che l’iPhone fosse

pronto per essere utilizzato come dispositivo per la lettura di un eBook, scomodo per le ridotte dimensioni ma capace di garantire una discreta qualità nella resa del testo. 38

Oggi, con la risoluzione raggiunta dall’iPhone 6 di 326 ppi, l’argomento per cui il libro a stampa si presenta in maniera più nitida e definitiva dello schermo digitale — argomento che verrà ripreso nel quarto capitolo — non corrisponde più alla realtà.

Walter Isaacson, Steve Jobs, Milano, Mondadori, 2011, pp. 500-510 e la prima recensione in: David

36

Pogue, The iPhone Matches Most of Its Hype, The New York Times, 27 giugno 2007, url: http:// www.nytimes.com/2007/06/27/technology/circuits/27pogue.html?

_r=4&hp&oref=slogin&oref=slogin&oref=slogin e una sintesi fatta da repubblica.it sulla storia dell’iPhone, iPhone, la storia del melafonino in otto modelli di smartphone Apple, url: http:// www.repubblica.it/tecnologia/2014/09/08/foto/iphone_la_storia_in-95267787/1/#1

Roncaglia 2010, p. 148

37

Roncaglia 2010, p. 150

(13)

Ovviamente non si tratta di dispositivi dedicati, le dimensioni non sono quelle che dovrebbe avere un lettore di eBook — anche se i modelli di ultima generazione raggiungono, e in alcuni casi superano, i 5 pollici — e, a differenza dell’ePaper, lo schermo emette luce, caratteristica che, per alcuni lettori, sembra stancare la vista. Dunque, i requisiti per un buon dispositivo di lettura ancora una volta non sono stati raggiunti, ma davvero per poco.

Il continuo successo per questi dispositivi, e il continuo miglioramento della qualità degli schermi (come gli schermi OLED o gli schermi a cristalli liquidi di ultima generazione), ha portato comunque allo sviluppo di dispositivi non dedicati alla lettura ma adatti, per la loro forma, la dimensione dello schermo e il peso, alla lettura lean back: i tablet.

Il primo tablet di questo tipo uscì nel 2000, quando Microsoft presentò un proprio concept basato su Windows XP. 39

Il vantaggio dei tablet risiede soprattutto nel fatto che possono essere usati anche lontano dalla scrivania, ad esempio in poltrona, senza bisogno di appoggiarsi a un piano di lavoro.

L’idea è comunque quella di creare dispositivi che siano multifunzione non dedicati, seppur di dimensione e forma adatte alla lettura (ma anche alla

visualizzazione in video, o alla scrittura): più o meno la dimensione di un libro o di un quaderno, e comunque più grandi di uno smartphone, basati su display touch screen ad alta risoluzione e di alta qualità. Non sarebbero in primo luogo dispositivi

lean forward, ma dispositivi nati per il lean back portatile.

1.3 Formati per eBook

Delineati alcuni degli aspetti fondamentali sulla storia dell’idea del libro elettronico, sui dispositivi di lettura e sul loro sviluppo, collegatone poi le caratteristiche alle situazioni di lettura, si affronterà ora un altro importante aspetto della testualità elettronica: la ‘resa’ del testo.

A dispetto del libro a stampa, nel mondo digitale dispositivo di lettura e testo elettronico — il supporto e la ‘forma’ del testo — sono oggetti separati. Si

incontrano nel momento della lettura ma hanno, prima e dopo, vita autonoma. Di questa dimensione fa innanzitutto parte una componente essenziale, di cui purtroppo si tende spesso a trascurarne l’importanza, ovvero la rappresentazione del testo e dei fenomeni testuali.

Tablet PC Brings the Simplicity of Pen and Paper to Computing, Microsoft, 2010, url: https://

39

news.microsoft.com/2000/11/13/tablet-pc-brings-the-simplicity-of-pen-and-paper-to-computing/#sm. 000a14fy618axe44wxo2hujdqctlz

(14)

L’idea che per realizzare un libro elettronico basti trascrivere al computer un testo di un libro su carta è assolutamente ingenua; il lavoro da fare è molto più complesso. 40

Emblematici sono gli eBook ‘solo testo’ del progetto Gutemberg a cui, per gli aspetti paratestuali, è premessa, nello stesso file, una sezione con alcuni metadati di base — come il nome dell’autore, il titolo, informazioni sull’edizione, compreso un breve riassunto sulle condizioni di distribuzione dei testi del progetto. Ancora più complessi poi nel caso di eBook in cui la rappresentazione non è esclusivamente testuale. Il risultato finale, un unico file, crea ambiguità nella differenziazione di ogni elemento. Inoltre, diventa complicato rappresentare altri aspetti del libro da cui si è partiti: sparisce la paginazione, la copertina, gli indici, mentre la suddivisione in capitoli deve affidarsi solo ad artifici grafici come qualche salto di riga e all’uso di maiuscole nei titoli.

In sostanza: il formato .txt è certo comodo perché quasi universalmente riconosciuto, ma è assai povero per la rappresentazione del complesso fenomeno testuale rappresentato da un libro. Ecco perché quasi tutti i formati utilizzati per la realizzazione di un e-book si basano, in una forma o nell’altra, su linguaggi di marcatura. 41

Nel mondo digitale i linguaggi di marcatura sono ormai onnipresenti, anche se di norma rimangono nascosti all’utente — le pagine web sono costruite usando un linguaggio di marcatura, HTML, Hyper-Text Mark-up Language. Ciononostante, i linguaggi di marcatura disponibili sono molti, anche se basati o ispirati tutti su un unico meta linguaggio denominato XML , eXtensible Mark-up Language, che può 42 essere paragonato a “una specie di laboratorio in cui fabbricare linguaggi di

marcatura specifici, rispettando alcune norme generali e comuni.” 43

Al momento, non abbiamo un linguaggio di marcatura adatto a rappresentare in maniera sufficientemente articolata e potente la ‘forma libro’ in tutte le sue

caratteristiche. Fin dagli anni dei progetti di Kay e Hart, l’attenzione si è indirizzata verso due differenti direzioni: una è costituita dai fenomeni testuali di interesse soprattutto tipografico-editoriale – in primo luogo le caratteristiche della sua impaginazione, la resa sui dispositivi, la gestione dei diritti, i metadati che

permettono di organizzare una biblioteca di titoli e di reperire quelli che ci servono; l’altra direzione porta invece a considerare il testo dal punto di vista filologico-critico, attento ai fenomeni testuali che possono interessare lo studioso – la struttura

Roncaglia 2010, p. 161

40

Ivi, p. 162

41

Extensible Markup Language (XML), url: https://www.w3.org/XML/

42

Roncaglia 2010, p. 165

(15)

del testo (più che la sua resa a schermo), il rapporto di un testo con le sue eventuali fonti (manoscritti e edizioni diverse), la sua storia (revisioni e modifiche), e così via.

Naturalmente, fra queste due prospettive vi sono larghe sovrapposizioni. Ma al momento, la scelta dell’uno o dell’altro approccio suggerisce l’uso di uno fra due diversi schemi: da un lato la marcatura ePub, dall’altro la marcatura Text Encoding Initiative (TEI) . 44

In quest’elaborato si tratterà il testo esclusivamente dal punto di vista

tipografico-editoriale; in particolare modo ci si occuperà della nascita e della crescita del formato ePub, standard di riferimento per il mondo degli eBook.

1.3.1 La nascita del formato ePub

L’eBook ha conosciuto nel tempo diversi formati, alcuni proprietari altri no, ma nessuno di questi è riuscito a imporsi come standard. 45

Gli sviluppi del Progetto Gutenberg, intrapreso da Micheal Hart negli anni Settanta, ha determinato un crescente interesse attorno alle potenziali opportunità scientifiche e commerciali dell’eBook. Diversi produttori si misero all’opera nel realizzare lettori dedicati che tuttavia leggevano esclusivamente formati di digitalizzazione differenti. Questo sviluppo caotico impose una riflessione sulla necessità di stabilire punti di riferimento comuni, spesso sottoposta però a meccanismi proprietari interessati soprattutto alla conquista di fette di mercato ai danni dei potenziali concorrenti. 46

Fu alla fine degli anni Novanta che un primo gruppo di lavoro, all’interno del quali troviamo produttori di dispositivi di lettura e relativi software, editori,

distributori, principali associazioni bibliotecarie e vari esperti del settore, nacque allo scopo di formulare un linguaggio di mark-up comune. Questo gruppo, primo nucleo dell’Open eBook Forum - OeBF, realizzò come primo lavoro uno standard

denominato OEB-PS o semplicemente OEB . 47

In sostanza, un file OEB è una sorta di scatola compressa che contiene le componenti testuali dell’eBook in uno o più file, e le ’istruzioni’ per la loro corretta visualizzazione.

Lo standard OEB fu introdotto allo scopo di porre un freno alla guerra dei formati che caratterizza i primi anni del fenomeno eBook. L’OEB si proponeva infatti come uno standard aperto e condiviso in grado non solo di ricoprire il ruolo di

Un riferimento introduttivo al riguardo: Fabio Ciotti (a cura di), Il manuale TEI Lite: introduzione

44

alla codifica elettronica dei testi letterari, Edizioni Sylvestre Bonnard, Milano 2005

Per definizione corretta si veda la voce ’standard’ in Microsoft. Dizionario di informatica,

45

Mondadori informatica, Segrate (Milano), 2006, 5° ed. Cfr. Roncaglia 2010, pp. 158-201

46

Per la documentazione sul formato OEBPS si rimanda al sito Internet Archive: Wayback Machine,

47

(16)

formato sorgente per eBook protetti, ma anche per eBook senza protezione destinati alla pubblica condivisione.

Tuttavia, all’epoca, l’interesse delle aziende del settore non era rivolto alla ricerca di standard comuni e aperti, quanto piuttosto alla vendita commerciale del prodotto eBook. Il meccanismo di protezione costituiva pertanto un ulteriore elemento strategico fondamentale.

Nel 2000 la crisi che colpì le aziende Internet e produsse, come si è accennato precedentemente, un forte rallentamento nello sviluppo dei dispositivi di lettura, privilegiando la lettura lean forward su PC connessi in rete e pertanto di contenuti più adatti al formato PDF. Di conseguenza, lo sviluppo del formato eBook aperto e basato sull’XML venne rallentato notevolmente.

Ciononostante, il crescente numero di formati diversi di eBook e il sempre maggior numero di testi disponibili in rete, rese sempre più urgente il bisogno di uno standard che fosse, per le differenti dimensioni e marche di device di lettura, fluido e aperto.

Lo sviluppo del formato standard riprese tra il 2006 e il 2007, in

corrispondenza della diffusione della seconda generazione di dispositivi dedicati e degli smartphone con schermi evoluti. L’Open eBook Forum cambia nome in International Digital Publishing Forum (IPDF) e OEB 2.0 diventa ePub con 48 estensione .epub. L’acronimo sta per ’Electronic PUBlication’, a indicare l’intenzione di fornire un formato generico adatto a rendere qualsiasi tipo di pubblicazione, dai libri alle riviste, dai quotidiani ai documenti ufficiali. Come formato di pubblicazione esso specifica e documenta una serie di caratteristiche che le pubblicazioni devono includere (il contenuto dei documenti, i fogli di stile, le immagini, i media, gli script, i font e altro ancora); mentre “da un punto di vista tecnico si può descrivere come un formato dichiarativo che codifica il testo in buona parte in XHTML e archivia molte informazioni in XML.” 49

Per capire l’importanza del formato ePub e la sua affermazione come standard mondiale del libro digitale, bisogna innanzitutto capire come funziona, e come si differenzia dagli altri formati. Cosa lo rende più articolato di un documento HTML, più flessibile di un PDF e più gestibile di un doc? La risposta è una sola: quelli citati finora sono semplici formati, mentre l’ePub è un pacchetto che tiene insieme più tecnologie, e la sua forza sta nel modo in cui si riorganizza i singoli documenti contenuti al suo interno per fornire al lettore un unico testo.

L’ePub non porta con sé solo il testo e le immagini, ma anche tutto quello che serve a una corretta lettura del libro: dalla struttura XML ai fogli di stile CSS, dai font ai file audio, agli script. E permette a chi produce questi contenuti di veicolarli

International Digital Publishing Forum, url: http://idpf.org

48

Lupia 2011, p. 32

(17)

in un unico formato leggibile da tutti, piuttosto che in una serie di infiniti formati proprietari. È inoltre stato progettato per consentire ai sistemi di lettura di conoscere in anticipo, in modo semplice e affidabile, ciò che è contenuto in una determinata pubblicazione, dove trovare ogni elemento, che cosa si può fare con essa e come le parti sono in relazione tra di loro. 50

Tra le potenzialità di questo formato troviamo infatti l’accessibilità, possibile grazie al fatto che utilizza linguaggi web largamente condivisi.

Inoltre, permette di restituire la maggior parte delle caratteristiche del libro a stampa, tra cui: layout ben definito, con una struttura precisa ed elementi

extratestuali e paratestuali (immagini, tabelle, note), il controllo sulle caratteristiche grafiche del volume — font, corpo e interlinea, corsivi, grassetti, maiuscoletti, immagini a tutti pagina o in linea e così via — e la creazione di elementi paratestuali come indice e copertina differenziati dal corpo del testo.

Inoltre, permette tutta una serie di implementazioni tipiche del digitale, dai link interni o esterni al testo agli elementi multimediali, di animazione o interazione — inserimenti di file audiovisivi, inserimento di audio sincronizzato con il testo, scena animate e interazioni con l’utente.

Infine, essendo un formato aperto, oltre a non essere legato a nessuno editore, distributore o produttore di eReader, può essere migliorato da chiunque, studiandone le tecnologie e cercando nuovi applicativi. 51

Nella pratica, l’IDPF ha messo a punto un formato che fosse riconducibile dalla maggior parte degli strumenti di lettura, e continua a implementarlo per venire incontro all’esigenza di veicolare contenuti sempre più complessi, che siano al contempo accessibili a tutti (sia in senso tecnico che culturale) e prevedibili, vale a dire che vengano letti alla stessa maniera da diversi strumenti eReader. Ma, come si analizzerà di seguito, non è sempre vero.

1.3.2 ePub3

Nell’ottobre del 2011 IDPF aggiornò le specifiche che definiscono il formato ePub passando alla versione ePub3. L’aggiornamento si basò sulle tecnologie XHTML5, grazie al quale è ora possibile inserire tag semantici (utilizzati ad esempio per le note a piè pagina), CSS3, che fornisce strumenti avanzati per la modifica dello stile dei contenuti e Javascript, che permette funzionalità interattive avanzate come ad esempio la possibilità di inserire formule matematiche o grafici che prima venivano caricate sotto forma di immagini.

Cfr. Matt Garrish e Markus Gylling, EPub 3: le tecniche migliori per pubblicare ebook, Tecniche

50

nuove, Milano, 2013, pp. 1-21

Cfr. Alba Carella (a cura di), Dal libro all’ePub. Guida ragionata alla realizzazione di ebook,

51

(18)

Con ePub3 si è migliorata inoltre la gestione dei metadati e il supporto per dizionari e glossari e si possono gestire ora modalità di scrittura diversi e caratteri non romani — come quelli utilizzati nella lingua araba o cinese —, ampliando ulteriormente il mercato di questo formato.

Queste innovazioni sono gestite da quattro nuove specifiche: EPUB Pubblications, che definisce la semantica, i metadati ed elenca tutte le risorse utilizzate per il funzionamento dell’EPUB; EPUB Content Documents 3.0, che norma l’uso di HTML5, SVG, fogli di stile in CSS3; EPUB Media Overlays 3.0, una nuova specifica che definisce gli oggetti multimediali del libro, e infine EPUB Open Container Format 3.0 che non risulta modificato rispetto alla versione precedente. 52

Restando sempre sul tecnico, all’interno di un file ePub, la scatola che contiene un sito web, parafrasando Bill Kasdorf , si trovano: un file denominato ’mimetype’, 53 ovvero un documento di testo ASCII che permette a un’applicazione di riconoscere il tipo di file; un file ’container.xml’, collocato in una cartella denominata ’META-INF’, che punta al file ’content.opf’ e la cartella OEBPS che contiene tutti i file XHTML — rappresentanti il contenuto dell’eBook vero e proprio — , i fogli di stile CSS, il file di navigazione dei contenuti nav.xhtml, il file content.opf ed eventuali file di tipo multimediale.

Con il passaggio all’ePub3 non cambia la struttura generale della pubblicazione, ma il libro viene implementato con nuove tecnologie. È questo il motivo per cui un lettore di ePub2 riuscirà comunque nella maggior parte dei casi a leggere un ePub3, ma ignorerà gli elementi inseriti con tecnologie diverse. 54

Anche se in genere tutta l’attenzione è assorbita dalle nuove funzionalità di mark-up dell’ePub3, ugualmente impressionante è il nuovo potere dello styling, in continua evoluzione, all’interno della specifica.

Finora la lamentale costante sugli ebook attuali, le cui radici sono legate alle limitazioni dei dispositivi eInk, riguarda la bellezza tipografica rispetto ai loro concorrenti cartacei. Si rischia di perdere la conoscenza accumulata nel corso dei secoli sulla progettazione dei libri per mancanza di supporto. L’assenza di un supporto per uno styling ricco è stata anche un ostacolo per l’adozione globale, perché non erano disponibili molte delle caratteristiche necessarie per realizzare pubblicazioni di qualità al di fuori della narrativa. 55

La soluzione promossa dall’IDPF, con l’ePub3, è l’introduzione del linguaggio CSS3, abbattendo così le barriere relative al supporto. La specifica ePub3 non risulta essere rigida sul supporto cosicché gli sviluppatori di sistemi di lettura siano

Cfr. Garrish 2013, pp. xxi-xxii 52 Cit. in ivi, p. 1 53 Carella 2014, p. 31 54 Garrish 2013, p. 79 55

(19)

incoraggiati a includere più di un semplice profilo di base. In altre parole, man mano che CSS3 matura, saranno possibili ePub3 ancora più complessi.

1.3.3 Fixed layout, l’ePub a layout fisso

Spinti dalle necessità di molti editori che cercavano un formato con impaginazione fissa, nel marzo 2012 l’IDPF pubblicò un documento informativo che forniva una serie di istruzioni su metadati specifici che facilitano la pubblicazione di ePub a layout fisso. 56

Sebbene ePub eccella nello scorrimento del testo per adattarsi allo schermo a disposizione, per molti editori questa natura fluida rappresenta un ostacolo per i layout precisi al pixel talvolta indispensabili. I libri per bambini, i libri illustrati di pregio, i libri di fotografia, i fumetti, i manga, i libri di cucina, le riviste e molti altri formati speciali non necessitano dello scorrimento del testo o, per lo meno, non è stato ancora realizzato un metodo per il loro scorrimento. I formati basati

principalmente su immagini sono in genere illeggibili quando vengono ingranditi o rimpiccioliti troppo.

I sistemi di lettura han sempre dato l’illusione di un’impaginazione scorrevole negli ePub: il contenuto di ogni ’pagina’ visualizzato nella finestra di un qualsiasi device cambia a seconda delle dimensioni dell’area visibile, del tipo e della

dimensione del carattere utilizzato. Nei layout fissi, invece, il dispositivo di lettura viene istruito sulla dimensione dell’area da allocare tramite i metadati, permettendo un preciso posizionamento e/o dimensionamento del contenuto nel canvas virtuale.

Ciononostante Matt Garrish e Markus Gylling sono chiari nell’affermare che:

I layout fissi rappresentano un passo indietro rispetto ai punti di forza del formato ePub e di questo si deve tener conto prima di utilizzarli. Il primo tra gli svantaggi è che, cercando di mantenere una dimensione di pagina, si rende il contenuto meno adattabile e utilizzabile per i lettori. Se la finestra non corrisponde esattamente alla dimensione specificata per la pagina, il fastidio per il lettore non è solo essere costretto a spostamenti e zoom per leggere o visionare tutto il contenuto, ma può anche verificarsi che il contenuto occupi solo un’area più piccola senza che si possa in alcun modo ingrandirlo.57

Si tratta di fare una scelta che in questo caso privilegerà l’aspetto sull’accessibilità dei contenuti, considerando che non sempre riprodurre esattamente il layout della stampa è la cosa migliore da fare. Una scelta che limita di molto le potenzialità del formato ma che dall’altro può rivelarsi utile ed efficace nel caso si vogliano

mantenere le caratteristiche di un impaginato complesso pur continuando a rispettare gli standard dell’ePub.

Cfr. ivi, pp. 79-93

56

Garrish 2013, p. 73

(20)

Innanzitutto bisogna prendere in considerazione cosa cambia per l’utente. Aprendo un ePub fixed layout da un dispositivo o un’applicazione che lo supporta, l’utente non avrà la possibilità di cambiare il font o la dimensione del testo come era abituato a fare, ma vedrà una pagina che riproduce il concetto di pagina a stampa, al cui interno potrà decidere eventualmente di ingrandire il contenuto. Cambiando le dimensioni della finestra o dell’eReader, l’ePub si adatta allo schermo mantenendo sempre le stesse proporzioni, e senza che il testo scorra. Se le proporzioni dell’ePub non coincidono con quelle dello schermo, la finestra non sarà completamente

riempita, ma verrà lasciato un margine bianco o nero, a seconda delle impostazioni di default dell’eReader o dell’applicazione che l’utente sta utilizzando.

Ci sono alcune caratteristiche che indicano al device di bloccare le funzioni per l’adattamento del testo allo schermo e mantenere fisse le dimensioni e altre che permettono all’ePub fixed layout di riprodurre la pagina a stampa e mantenere il posizionamento degli oggetti. Nella prima categoria rientrano tutti i metadati tipici dell’ePub a layout fisso, mentre nella seconda alcune tecniche presenti nei linguaggi web, come l’utilizzo di apposite proprietà CSS. 58

Bisogna sottolineare però che non si potrà dare un profilo di base completo a causa di variazioni nel supporto tra dispositivi e sistemi di lettura. Ne sono un esempio i dispositivi eInk che descrivono un insieme limitato di funzionalità CSS rispetto ai tablet, per la natura della loro capacità di visualizzazione. Ma non solo. Anche tra dispositivi simili, vi sono spesso differenze di supporto all’intero dei sistemi di lettura attuali. Variazioni derivanti dal motore di rendering sottostante, oppure da precise scelte da parte dello sviluppatore. L’obiettivo dei creatori di contenuti di disporre il contenuto secondo i loro criteri e il desiderio degli sviluppatori di sistemi di lettura di creare un’esperienza di lettura migliore si scontrano.

Liz Castro, Matt Garrish, Markus Gylling, Alba Carella sono tutti d’accordo: una soluzione perfetta non esiste.

Prendendo come esempio la filosofia del progetto EPub Reading System Conformance Test Suite , che si propone di fornire un metodo semplificato per 59 effettuare una verifica delle funzionalità di ogni sistema di lettura, il miglior consiglio pratico in questo momento è di testare i contenuti su molti dispositivi, creando un modello il cui contenuto sia innovativo ma soprattutto, parole chiave dell’editoria, chiaro.

Seguendo queste direttive si cercherà, nei capitoli successivi, di costruire un modello di ePub3 a layout fisso, considerando non solo gli aspetti tecnici per un file

cross-device e innovativo, ma valutando inoltre come inserirlo al meglio all’interno

di un genere non facile da raggiungere: i libri fotografici.

Carella 2014, p. 102

58

Test Suite, EPUBTest, url: http://epubtest.org/testsuite/

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