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Principio di effettività degli strumenti di tutela nelle controversie individuali di lavoro

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Academic year: 2021

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L'uomo, in quanto essere fisico, è governato come gli altri corpi da leggi invariabili; in quanto essere intelligente, viola ripetutamente le leggi stabilite da Dio, e muta quelle che ha stabilito lui stesso. Deve guidarsi da solo; tuttavia è un essere limitato, soggetto all'ignoranza e all'errore come tutte le intelligenze finite; perde perfino le deboli cognizioni che possiede; in quanto creatura sensibile, cade in preda a mille passioni.

Un essere siffatto potrebbe dimenticare a ogni istante il suo Creatore:

Dio l'ha richiamato a sé con le leggi della religione. Un essere siffatto potrebbe dimenticare a ogni istante sé stesso: i filosofi lo hanno ammonito con le leggi della morale. Nato per vivere in società, potrebbe dimenticare gli altri:

i legislatori lo hanno riportato ai suoi doveri mediante le leggi politiche e civili.

Montesquieu, Lo Spirito delle Leggi, vol. I, 1748

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MODENA E REGGIO EMILIA

Dottorato di ricerca in Lavoro, Sviluppo e Innovazione

Ciclo XXX

L' EFFETTIVITÀ DELLE TUTELE IN MATERIA LABURISTICA ,

CON PARTICOLARE RIGUARDO AI MEZZI ALTERNATIVI AL GIUDIZIO

Candidato: dott.ssa Medea Bertolani

Relatore: Prof. Francesco Basenghi Correlatore: Prof. Sandro Mainardi

Coordinatore del Corso di Dottorato: Prof.ssa Tindara Addabbo

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L'EFFETTIVITÀ DELLE TUTELE IN MATERIA LABURISTICA,

CON PARTICOLARE RIGUARDO AI MEZZI ALTERNATIVI AL GIUDIZIO

SINTESI

Affrontare un'analisi sulla tematica dell'effettività della tutela significa fare riferimento alla presenza di un diritto ad un rimedio effettivo, che valorizzi il noto principio chiovendiano in virtù del quale il processo deve attribuire al titolare di una situazione soggettiva "tutto quello e proprio quello ch'egli ha diritto di conseguire". A tale scopo, il legislatore ha predisposto mezzi di attuazione e di realizzazione della tutela giurisdizionale accessibili a chiunque, in grado di garantire una pronuncia di merito sulla fondatezza o meno della domanda.

Il diritto di accesso al giudice rappresenta l'antecedente logico del principio di effettività, mentre quello della ragionevole durata il profilo successivo a tenore del quale la durata del processo non deve risolversi in danno all'attore. Pertanto, ogni lesione al principio di effettività della tutela giurisdizionale si riflette nel nocumento al diritto al giusto processo e ai suoi corollari applicativi, quali la ragionevole durata e la sua strumentalità rispetto ai caratteri sostanziali del contenzioso. Emerge, così, una coincidenza di prospettive che coinvolge il concetto di effettività della tutela e l'efficienza della giurisdizione.

Non vi è dubbio che il procedimento giurisdizionale rappresenta il luogo principale ed irrinunciabile, fra i sistemi di risoluzione delle controversie, all'interno del quale richiedere la definizione delle liti con la garanzia dell'effettività dei diritti. Tuttavia, l'esigenza di effettività della tutela richiede che la realizzazione di interessi insoddisfatti, così come la stessa applicazione della norma al caso concreto, possa conseguirsi anche per altra via, diversa da quella giurisdizionale.

Tra i rimedi stragiudiziali, si inserisce la conciliazione nella quale l'attività del soggetto terzo mira ad avvicinare i litiganti attraverso il suo consilium, in modo da concludere agevolmente la controversia.

Il legislatore demanda alla parte la facoltà di scelta circa il mezzo maggiormente adeguato alle pretese che intende far valere, impegnandosi, nel contempo, a garantire l'attuazione delle garanzie minime processuali necessarie al fine di dare attuazione all'effettività della tutela al diritto che si assume leso.

La crescente necessità di garantire alla parte il rispetto di dettagliate procedure anche in sede stragiudiziale, si affianca alla progressiva diffusione di tali mezzi, la cui analisi non può prescindere dallo stato di grave crisi in cui versa la giustizia civile. Una delle cause principali che hanno portato alla ricerca di percorsi alternativi al processo, è certamente l'eccessiva durata degli stessi, in grado di scoraggiare la parte nell'affrontare ingenti sforzi economici che richiederebbe l'intero percorso della via giudiziale.

Ecco, dunque, che la via stragiudiziale può risultare una strada più celere, economica e, quindi, maggiormente adeguata alle esigenze del cittadino, al fine di consentire un più facile accesso alla giustizia per determinate categorie di cittadini. Il ricorso alle forme di risoluzione alternativa delle

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controversie, non deve in alcun modo sacrificare le garanzie che spettano alle parti, né comportare la diffusione di una giustizia privata ineguale.

In particolare, il rispetto del principio di effettività della tutela in materia laburistica anche con riguardo ai mezzi stragiudiziali, verrà, pertanto, analizzato con riferimento ai due strumenti principali alternativi al giudizio: l'arbitrato e la conciliazione.

La verifica del rispetto di tale garanzia si prospetta ardua, anche in virtù del continuo mutamento che contraddistingue la disciplina del diritto processuale del lavoro, ma necessaria, al fine di poter offrire un quadro completo e consapevole intorno alla molteplici tutele che il diritto del lavoro offre alle parti lese.

Tuttavia, lo strumento della conciliazione giudiziale pare soddisfare molti aspetti propri di una richiesta di tutela giurisdizionale effettiva. In diritto, non sempre la migliore soluzione implica nuovi interventi modificativi della disciplina vigente. È evidente che laddove il legislatore tenta di regolamentare nel dettaglio una procedura, soprattutto in ambito stragiudiziale, il più delle volte la rende complessa e mal coordinata con le altre disposizioni. Viceversa, emerge chiaramente che la conciliazione di cui all'art.

420 c.p.c. è effettiva proprio perché libera nelle forme e nei contenuti. Tale libertà, tuttavia, non può che concedersi alla magistratura togata, e non a meri arbitratori e conciliatori, che rimangono pur sempre soggetti privati, le cui funzioni si ispirano a ben altri principi che a quelli costituzionalmente previsti per i giudici.

Fondere l'animo dello strumento conciliativo con l'autorevolezza del soggetto arbitratore e del luogo, consentirebbe, quindi, non solo di conferire maggiore serietà alle proposte di definizione della lite delle parti, con la consapevolezza che ogni comportamento ingiustificatamente ostile sarà oggetto di seria valutazione nel corso del processo ex art. 116 c.p.c., nonché nella liquidazione delle spese finali, ma anche di offrire adeguata ed effettiva tutela ai diritti che la parte assume come lesi.

Il legislatore del 1942 aveva ben compreso la forza di tale strumento, che meriterebbe più fiducia, nell'ottica per cui l'unica ragion d'essere propria di una comunità civile dovrebbe consistere nel riscoprire "[...] la propensione ad elevare, in bona fide, il livello di attendibilità e veridicità dei processi comunicativi di un'entità complessa e magmatica quale il diritto, che, oltre e più che nelle norme, vive nei discorsi di coloro che quelle norme sono chiamati a far vivere, e progredire, attraverso l'interpretazione"1.

1 In questo senso, efficaci le conclusioni di DEL PUNTA,Il giudice e i problemi dell'interpretazione: una prospettiva giuslavoristica, in Riv. it. dir. lav., III, 2014, p. 373.

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THE EFFECTIVENESS OF LEGAL PROTECTIONS IN LABOUR PROCESS, PARTICULARLY REGARDING AMICABLE SETTLEMENTS

SUMMARY

Making an analysis of the effectiveness of legal protections means to refer to the right to an effective remedy that emphasizes the well-known Chiovenda's principle, according to which the trial has to give to the holder of a subjective situation "exactly what he/she has the right to receive". To this end, the legislator provided implementation means of legal protections available to anyone and able to ensure a declaration of merit on the application validity.

The right to access to the court represents the logical antecedent of the effectiveness principle, while the right to a reasonable time represents the successive one given that the trial duration does not must determine a loss for the party. Therefore, any lack of the principle of legal protection effectiveness affects the right to a fair trial and its application corollaries, such as the reasonable time and its instrumentality to substantial characteristics of the controversy. Consequently, a coincidence of perspectives seems to take place between the legal protection effectiveness and the judgement efficiency.

There is any doubt about the fact that, among systems of controversy resolution, the judicial proceeding is the main and indispensable place where asking for the resolution of disputes with the guarantee of rights effectiveness. Nonetheless, the legal protection effectiveness requires that the accomplishment of unsatisfied interests, as well as the rule application to the concrete case itself, may be also obtained through a way different from the jurisdictional one.

One of the most important extrajudicial remedies is the conciliation, in which the activity of a third person aims to make the litigants closer through the concilium and easily solve the controversy.

The legislator lets parties choose which is the more adequate mean to the claims they want to assert, undertaking at the same time to ensure the implementation of the minimum procedural guarantees necessary to make the legal protection of violated rights effective.

The ongoing need to ensure to the party the respect of detailed procedures also in extrajudicial place is related to the spread of this kind of remedies, whose study cannot leave aside the actual situation of severe crisis of the civil justice. One of the main causes which led to search for means different from trials is clearly their excessive time duration, because it discourages the party to deal with the massive economic costs that would be required by the entire path of the judicial trial. Since extrajudicial means are generally faster and cheaper, they may be more adequate to cope citizens needs and allow for an easier access to the court for specific categories of the population. The use of alternative means of controversy resolution does not neither must sacrifice the parties guarantees nor determine a justice inequality.

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The PhD thesis focuses on the observance of the principle of legal protection effectiveness in labour law, particularly regarding two amicable settlements: the arbitration and the conciliation.

The evaluation of this principle observance appears arduous, also because of continuous changes which characterize the discipline of procedural labor law in Italy, but necessary in order to provide a complete and aware framework of various legal protections that Italian labour law offers to the parties.

However, the judicial conciliation seems to ensure many aspects of an effective legal protection. In the Law literature, the first best does not necessarily imply any change in the current regulation. Whenever the legislator tries to regulate a procedure in the details, especially in the extrajudicial context, most of time it becomes complex and uncoordinated with the other rules. On the other hand, it is clear that the effectiveness of the conciliation according to the art. 420 c.p.c. is due to its absence of constraints on both contents and form. The resulting freedom, however, has to be granted to the judiciary only and not to referees and conciliators, since the latter remain private individuals and so inspired by different and not constitutionally foreseen principles.

Merging the ratio of a conciliatory tool to the authoritativeness of the referee and the courthouse itself would allow for: I) conferring more seriousness to parties' proposals of controversy conclusion, considering that any unjustifiably hostile behavior will be content of assessment during the trial ex art.

116 c.p.c. and it may lead to greater final expenses; II) ensuring an adequate and effective protection of rights which the party considers as violated.

In 1942, the legislator understood the strength of this instrument, which would deserve more trust, since the only reason for being of a civil community should consist of discovering "[…] the propensity to elevate, under bona fide, the level of trustworthiness and truthfulness of communicative processes of a complex and magmatic entity which the Law is and that, beyond the norms, lives in speeches of people who have to concretize and make progress those norms through their interpretation"2.

2 In this sense, I refer to conclusions of Del Punta, Il giudice e i problemi dell'interpretazione: una prospettiva giuslavoristica, in Riv. it.

dir. lav., III, 2014, p. 373.

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1

L'EFFETTIVITÀ DELLE TUTELE IN MATERIA LABURISTICA, CON PARTICOLARE RIGUARDO AI MEZZI ALTERNATIVI AL GIUDIZIO

Introduzione. p. 4 PARTE I

Principio di effettività degli strumenti di tutela nelle controversie individuali di lavoro

1. E

FFETTIVITÀ ED EFFICIENZA DELLE TUTELE

1.1. Uno sguardo globale del principio. Effettività della tutela, efficienza dei diritti e deflazione delle controversie di lavoro in sede contenziosa. p. 11 1.1.1. I principali interventi normative finalizzati alla riduzione del contenzioso in

materia laburistica. p. 14 1.1.1.1. L'esigenza di deflazione a seguito della contrattualizzazione dei

rapporti di lavoro alle dipendenze della P. A. p. 14 1.1.1.2. I primi Anni Duemila. La nuova efficienza in una prospettiva

economistica e di contrasto all'abuso del processo. p. 18 1.1.1.3. La L. n. 183/2010. La certezza dei rapporti giuridici. p. 20 1.1.1.4. In particolare: la L. n. 92/2012. Le pregnanti esigenze di economia

processuale all'interno del nuovo rito per i licenziamenti. p. 23 1.1.1.5. Il D. L. n. 132/2014. La degiurisdizionalizzazione. p. 35 1.1.1.6. Il D. Lgs. n. 123/2015. La valorizzazione del ruolo conciliativo del

giudice. p. 37 1.2. Introduzione al problema. Quale rapporto tra strumenti stragiudiziali, effettività

della tutela ex art. 24 Cost. e giusto processo di cui all'art. 111 Cost.? p. 40

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2 PARTE II

Metodi di composizione stragiudiziale in materia laburistica e principio di effettività delle tutele, con particolare attenzione alla

conciliazione

2. C

OMPOSIZIONE EXTRAGIUDIZIALE DELLE CONTROVERSIE DI LAVORO

.

UNO SGUARDO D

'

INSIEME

2.1. Premessa introduttiva. p. 44 2.2. Strumenti autonomi ed eteronomi di risoluzione delle controversie. p. 50 2.3. I passati interventi del legislatore nazionale maggiormente significativi in tema di

arbitrato e conciliazione. p. 54 2.3.1. La riforma dei primi anni Settanta: L. 11 agosto 1973, n. 533. p. 54 2.3.2. Le riforme del 1998: D. Lgs. 80/1998 e 387/1998. p. 60 2.3.3. L'intervento "correttivo" del D. Lgs. 387/1998 p. 64 2.3.4. Il tentativo di conciliazione di cui all'art. 412 ter c.p.c.

p. 67 2.3.5. La riforma del 2006: D. Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40. p. 68 2.4. I recenti interventi del legislatore nazionale. p. 78

2.4.1. In particolare: L. n. 183/2010, cd. Collegato Lavoro. p. 78 2.4.2. L. n. 92/2012: la cd. Riforma Fornero. Ripristino del tentativo obbligatorio di conciliazione in caso di licenziamento per g.m.o. p. 82 2.4.2.1. Aspetti procedurali. p. 89 2.4.3. Il caso della "mediazione finalizzata alla conciliazione" di cui al D. Lgs. n.

28/2010. p. 95 2.4.3.1. Le modifiche del D. L. n. 69/2013 conv. in L. n. 98/2013: il cd.

Decreto del Fare. L'inversione di tendenza del legislatore (pur se limitatamente alla mediazione). p. 101

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3. CONCILIAZIONE ED ARBITRATO: PROBLEMI DI EFFETTIVITÀ.

IN PARTICOLARE: IPOTESI APPLICATIVE DI CONCILIAZIONE NEL PANORAMA LABURISTICO

3.1. Premessa introduttiva. L'evoluzione della disciplina della conciliazione. p. 109 3.2. Effettività dei diritti, efficienza della tutela e mezzi stragiudiziali. Questioni

problematiche conseguenti al Collegato Lavoro. p. 116 3.2.1. Difficoltà applicative del Collegato Lavoro quale ostacolo all'effettività dei

diritti. p. 116 3.2.2. Il lodo arbitrale. Diritti indisponibili, esigenza di diritto e di equità. p. 128 3.3. Le conciliazioni monocratiche di cui al D. Lgs. n. 124/2004. p. 134

3.3.1. La conciliazione monocratica preventiva rispetto all’attività ispettiva ex art.

11. p. 134 3.3.2. La conciliazione in caso di diffida accertativa di cui all'art. 12. p. 143 3.4. La nuova conciliazione facoltativa "a tutele crescenti" di cui all'art. 6, D. Lgs. n.

123/2015. p. 145 3.4.1. L'offerta di conciliazione. p. 145 3.4.2. Pregi della misura e perplessità dottrinali. p. 148

Considerazioni conclusive. p. 152 Bibliografia. p. 165

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Introduzione.

All'interno di passaggi divenuti di storica importanza, la Corte Costituzionale ha più volte sottolineato come la Carta Fondamentale assegni all'art. 24 la funzione di assicurare la tutela dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi attraverso il giudizio1. Tale assunto, ribadito nell'art. 111 Cost., può essere utilizzato sia quale criterio di integrazione e di correzione del diritto vigente, sia come canone di interpretazione dello stesso.

Il principio di effettività della tutela giurisdizionale, viene, così, correlato al diritto del ricorrente ad ottenere dal giudice una pronuncia di merito sulla fondatezza della domanda da lui proposta. Pertanto, le disposizioni processuali sono strumentalmente rivolte al conseguente provvedimento di merito.

Affrontare un'analisi sulla tematica dell'effettività della tutela significa fare riferimento alla presenza di un diritto ad un rimedio effettivo, che valorizzi il noto principio chiovendiano in virtù del quale il processo deve attribuire al titolare di una situazione soggettiva "tutto quello e proprio quello ch'egli ha diritto di conseguire"2.

Del resto, il vigente codice di procedura civile, nel disciplinare le questioni di rito, si ispira al principio secondi cui le norme processuali non sono fine a sé stesse, ma funzionali a garantire una migliore qualità della decisione di merito. Il tutto, senza sacrificare il diritto alle parti di ottenere una risposta in relazione al bene della vita oggetto della contestazione3. Ne consegue che al principio di effettività della tutela giurisdizionale non può essere attribuito un contenuto formale o astratto, in termini di mera possibilità o libertà di agire in giudizio. Viceversa, esso costituisce l'essenza e il senso stesso del diritto di azione.

Il legislatore, infatti, ispirandosi al principio in esame, ha predisposto mezzi di attuazione e di realizzazione della tutela giurisdizionale accessibili a chiunque, in grado di garantire una pronuncia di merito sulla fondatezza o meno della domanda.

1 Tra le tante, Corte Cost. n. 77/2007.

2 CHIOVENDA, Istituzioni di diritto processuale civile, vol. I, Napoli, 1935, p. 41.

3 È opportuna una precisazione. Il diritto a ricevere una risposta dal giudice cui si fa riferimento, è ben diverso dalla pretesa di vedersi accogliere le doglianze mostrate in giudizio. Infatti, in virtù del principio in esame, il giudicante è tenuto a garantire solo l'esame della questione, e non l'esito positivo della stessa, essendo a lui attribuito il diritto di decidere secondo regole di terzietà ed imparzialità, espressione del valore del giusto processo. Sul punto, tra i molti, PUNZI, Il processo civile, vol. I, Torino, 2010; SCARSELLI, L'imparzialità del giudice e il suo controllo, in Foro it., 2000, I, p. 772; TROCKER, Processo civile e costituzione, Milano, 1974; CAPPELLETTI-VIGORITI, I diritti costituzionali delle parti nel processo civile italiano, in Riv. dir. proc., 1971, p.

604.

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È opportuna una precisazione. Il codice del processo civile, così come licenziato nel 1940, è privo di un espresso riferimento al principio di effettività della tutela giurisdizionale4. Tuttavia, è pacificamente riconosciuto l'interesse della parte ad una forma di tutela quale ratio sottesa al principio in esame, pur se nei limiti della massima strumentalità tra diritto processuale e diritto sostanziale. Tale assunto spiega la previsione del principio di atipicità della tutela che affianca quello dell'atipicità dell'azione, ricavabili dall'art. 24 Cost.

Come anticipato, il diritto all'attuazione della tutela giurisdizionale è strettamente connesso al principio del giusto processo e della ragionevole durata, consacrati nell'art. 111 Cost.. In particolare, la Consulta evidenzia che "[...] il giusto processo civile viene celebrato non già per sfociare in pronunce procedurali che non coinvolgono i rapporti sostanziali tra le parti, ma per rendere pronuncia di merito rescrivendo chi ha torto e chi ha ragione: il processo civile deve avere per oggetto la verifica della sussistenza dell'azione in senso sostanziale di chiovendiana memoria, né deve, nei limiti del possibile esaurirsi nella discettazione dei presupposti processuali, e per evitare che ciò si verifichi deve operare il giudice"5.

Più precisamente, il diritto di accesso al giudice rappresenta l'antecedente logico del principio di effettività, mentre quello della ragionevole durata il profilo successivo a tenore del quale la durata del processo non deve risolversi in danno all'attore6. Pertanto, ogni lesione al principio di effettività della tutela giurisdizionale si riflette nel nocumento al diritto al giusto processo e ai suoi corollari applicativi, quali la ragionevole durata e la sua strumentalità rispetto ai caratteri sostanziali del contenzioso. Emerge, così, una coincidenza di prospettive che coinvolge il concetto di effettività della tutela e l'efficienza della giurisdizione.

Eppure, le due istanze entrano in contrasto di frequente, se si considera che l'effettività opera maggiormente sul versante dell'interesse individuale, mentre l'efficienza parte da una prospettiva generale. Tale antinomia è particolarmente evidente nei casi in cui il legislatore, ispirandosi al rilievo per cui la giustizia è una risorsa limitata, ricerchi soluzioni che

4 A differenza, invece, del codice del processo amministrativo che all'art. 1 assicura "una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo". Per un punto di vista amministrativo in tema di effettività, si rimanda a PAGNI,La giurisdizione tra effettività ed efficienza, in Dir. proc. amm., 2016, II, p. 401.

5 Corte Cost. n. 82/1986, est. Andrioli.

6 "[...] all'attore che ha ragione" precisa ORIANI,Il principio di effettività della tutela giurisdizionale, Napoli, 2008, p. 7.

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6

migliorano il funzionamento del processo rendendolo sì più celere, ma in danno all'aspettativa di un soggetto di poter accedere ad una tutela giudiziale "incondizionata"7. Orbene, l'illustrata tensione che caratterizza il rapporto complementare, ma al tempo stesso contrapposto, tra effettività ed efficienza, è fonte di ispirazione delle ultime tendenze del legislatore, impegnato a bilanciare l'interesse individuale con la prospettiva collettiva soprattutto con riguardo al processo civile. La situazione attuale, inoltre, costringe l'interprete a ridisegnare i confini di storici principi, quali il diritto alla tutela giurisdizionale di cui all'art. 24 Cost., alla luce dei più recenti orientamenti pretori, in considerazione anche del divieto dell'abuso del processo.

Non vi è dubbio che il procedimento giurisdizionale rappresenta il luogo principale ed irrinunciabile, fra i sistemi di risoluzione delle controversie, all'interno del quale richiedere la definizione delle liti con la garanzia dell'effettività dei diritti.

La funzione giurisdizionale, infatti, costituisce (insieme alla funzione legislativa e amministrativa) uno dei poteri istituzionali propri di un moderno Stato di diritto8 il cui compito è quello di offrire ai cittadini un sistema in grado di assicurare la difesa e l'esecuzione coercitiva delle posizioni soggettive violate. Del resto, è dalla Costituzione stessa che viene alla luce come la tutela giurisdizionale dei diritti soggetti (ma anche degli interessi legittimi) trovi il suo naturale fondamento nell'ambito della funzione statale.

7 Tuttavia, in tema di deflazione del contenzioso attraverso l'incentivo degli strumenti extragiudiziali, C. Giust.

18 marzo 2010, n. 317-320/08, in Foro it., 2010, IV, p. 361, con note di ARMONE e PORRECA, tollera l'introduzione del tentativo obbligatorio di conciliazione stragiudiziale quale condizione ai fini della ricevibilità dei ricorsi giurisdizionali, purché ciò non comporti il ritardo per la proposizione del ricorso giurisdizionale stesso e ingenti costi aggiuntivi posti a carico delle parti.

8 Le definizioni di giurisdizione avanzate dalla dottrina sono molteplici. Da un punto di vista teleologico, CARNELUTTI, Sistema del diritto processuale civile, vol. I, Padova, 1936, p. 44, identifica la giurisdizione come la

"giusta composizione delle liti", postulando la preesistenza di una norma giuridica, la cui applicazione è resa incerta dal conflitto tra pretesa e contestazione. Di diverso avviso REDENTI, Diritto processuale civile, vol. I, Milano, 1953, p. 10 ss., secondo cui la giurisdizione rappresenta un'attività finalizzata all'attuazione delle sanzioni comminate dalle norme giuridiche. Sotto il profilo strutturale, invece, il concetto di giurisdizione prende in considerazione gli effetti che da essa derivano e l'attitudine della stessa a dar luogo ad un accertamento incontrovertibile del provvedimento conclusivo dell'attività giurisdizionale (ALLORIO, L'ordinamento giuridico nel prisma dell'accertamento giudiziale, in Problemi di diritto, vol. I, Milano, 1957, p. 53). Altri Autori evidenziano il carattere soggettivo della giurisdizione, quale attività esercitata da giudici terzi, indipendenti ed imparziali (ANDRIOLI, Lezioni di diritto processuale civile, vol. I, Napoli, 1973, p. 37; VERDE, Profili del processo civile, vol. I, Napoli, 1999, p. 37). Infine, autorevole dottrina identifica la giurisdizione come l'attività finalizzata all'attuazione della volontà della legge al caso concreto attraverso la sostituzione dell'attività di organi pubblici ad un'attività altrui, sia nell'affermare l'esistenza della volontà della legge, sia nel mandarla praticamente ad effetto (CHIOVENDA, op. cit., p. 35; CALAMANDREI, Istituzioni di diritto processuale civile secondo il nuovo codice, vol.

I, Padova, 1943, p. 24).

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La violazione di un diritto soggettivo rinviene la sua naturale protezione nello strumento giurisdizionale, quale mezzo attraverso cui lo Stato applica la legge generale ed astratta al caso concreto, verificando e (eventualmente) ripristinando una situazione precedentemente lesa attraverso l'emanazione di un provvedimento tipico.

Così delineato, il quadro della necessità della difesa dei diritti garantita dal giudice mediante il processo civile, non può ritenersi completo. L'esigenza di effettività della tutela richiede che la realizzazione di interessi insoddisfatti, così come la stessa applicazione della norma al caso concreto, possa conseguirsi anche per altra via, diversa da quella giurisdizionale.

L'attuazione del diritto da parte dell'attore, invero, non comporta inevitabilmente il ricorso all'autorità giudiziaria statale, ben potendo coinvolgere anche gli strumenti (appunto) alternativi alla tutela giurisdizionale. Tali mezzi si affiancano alla via ordinaria quali soluzioni cui attingere in caso di bisogno, essendo "equivalenti giurisdizionali"9 e quindi astrattamente in grado di garantire, tra le altre, le tutele di cui all'art. 24 Cost.. Le controversie possono, così, risolversi anche mediante un componimento diretto fra le parti, dando vita ad un'"autocomposizione"10, finalizzata all'eliminazione del conflitto attraverso un atto di disposizione, in luogo dell'ordinario atto di mero accertamento, ad opera degli stessi litiganti. Autocomposizione che può avere origine da un provvedimento semplice in termini di rinuncia e riconoscimento, per la produzione dei cui effetti è richiesta una mera manifestazione di volontà di una delle parti, oppure da un atto complesso (la transazione) divenendo così necessario il consenso della controparte.

Le parti hanno altresì la facoltà di ricorrere alla "eterocomposizione" per risolvere la loro contesa, mediante il deferimento della lite ad appositi arbitri ai quali viene così attribuito il potere di emanare una decisione avente forza autoritativa per i soggetti interessati.

Tra i su descritti rimedi stragiudiziali, si inserisce la conciliazione nella quale l'attività del soggetto terzo mira ad avvicinare i litiganti attraverso il suo consilium, in modo da concludere agevolmente la controversia.

Secondo una classificazione anglosassone, tali fenomeni eterogenei rappresentano le Alternative Dispute Resolution (ADR), uniti dal criterio negativo dell'estraneità rispetto alla potestà giurisdizionale statale.

9 Così CARNELUTTI,op. cit., p. 154 ss., che creò la categoria degli "equivalenti giurisdizionali" per classificare gli "altri mezzi, mediante i quali si può raggiungere ciò che finora vedemmo essere lo scopo del processo giurisdizionale".

10 Sempre CARNELUTTI,op. cit., p. 168.

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Da quanto fin qui esposto, emerge con chiarezza che il sistema giuridico offre la possibilità ai consociati di avvalersi dei metodi alternativi alla tutela giurisdizionale al fine di raggiungere il medesimo risultato che si sarebbe potuto ottenere con la pronuncia della sentenza.

Per la maggior parte delle ipotesi, la scelta di usufruire di tali strumenti sostitutivi della giurisdizione è lasciata alla libera determinazione delle parti, salvo diversamente stabilito dalla legge11. Il legislatore demanda alla parte la facoltà di scelta circa il mezzo maggiormente adeguato alle pretese che intende far valere, impegnandosi, nel contempo, a garantire l'attuazione delle garanzie minime processuali necessarie al fine di dare attuazione all'effettività della tutela al diritto che si assume leso.

La necessità di offrire una pluralità di mezzi volti a soddisfare la parte danneggiata, trova la propria fonte non solo nel citato art. 24 Cost. così come interpretato dalla Corte Costituzionale, ma anche all'interno del panorama europeo. Invero, l'opera compiuta dalla Corte di Giustizia e dalla Corte di Strasburgo, è stata determinante proprio con riguardo alla tematica dell'effettività della tutela dei diritti. La giurisprudenza europea, infatti, non si è limitata a circoscrivere il quadro delle garanzie processuali operanti nel giudizio, ma ha ampliato le tutele a partire dall'evidenziare la necessità di estendere i contenuti del diritto al processo. In particolare, i richiami agli artt. 6 e 13 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, hanno permesso di spostare l'accento dal diritto al processo strettamente inteso, al diritto ad un rimedio adeguato.

Nel nostro ordinamento, pertanto, in virtù dell'applicazione diretta della CEDU per effetto del Trattato di Lisbona del 2009 e del nuovo art. 6 TUE, il rimedio giurisdizionale garantito dall'art. 24 Cost. si è arricchito di contenuti e ha assunto una più ampia connotazione in grado di comprendere un vero e proprio diritto ad un rimedio effettivo, applicabile anche ai mezzi stragiudiziali12.

La crescente necessità di garantire alla parte il rispetto di dettagliate procedure anche in sede stragiudiziale, si affianca alla progressiva diffusione di tali mezzi, la cui analisi non può prescindere dallo stato di grave crisi in cui versa la giustizia civile. Una delle cause principali

11 Ne costituisce un esempio il tentativo obbligatorio di mediazione in determinate controversie civili e commerciali ad opera dell'art. 5 del D. Lgs. n. 28/2010, obbligatorietà dapprima dichiarata incostituzionale nel 2012 dalla Consulta, ma recentemente reintrodotta ad opera del D. L. n. 69/2013, convertito in L. n.

98/2013.

12 PAGNI,L'effettività della tutela in materia di lavoro, in Riv. It. Dir. Lav., 2016, II, p. 209 ss.

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che hanno portato alla ricerca di percorsi alternativi al processo, è certamente l'eccessiva durata degli stessi, in grado di scoraggiare la parte nell'affrontare ingenti sforzi economici che richiederebbe l'intero percorso della via giudiziale.

Tuttavia, a differenza di altre realtà sociali, prima fra tutte quella statunitense, l'utilizzo del percorso stragiudiziale ha evidenziato la presenza di rilevanti ostacoli, anche culturali, come la convinzione di dover ricorrere, assistiti da un avvocato di fiducia, all'autorità giudiziaria in quanto organo principe per dirimere le controversie civili insorte tra i membri della collettività, oppure il timore che gli strumenti extragiudiziali siano inadeguati e privi di quella autorevolezza in grado di soddisfare le esigenze di certezza delle parti.

Orbene, il ruolo di spicco che la giurisdizione ha assunto nel corso degli anni, rappresenta il rimedio al quale il cittadino, che lamenta una lesione dei propri diritti e ne domanda il ristoro, intende fare affidamento per ottenere la tutela processuale corrispondente alla propria situazione sostanziale.

Tuttavia, le accennate difficoltà in tema di lunghezza media dei processi soprattutto civili, fanno emergere progressivamente esigenze di tutela proprio in relazione a quella effettività dei diritti che viene lesa nella sua essenza quando un apparato giudiziario non è in grado di offrire una risposta in tempi brevi e certi al cittadino.

La crisi di effettività della giurisdizione ordinaria che ne consegue, ed il diffuso malcontento unito all'insoddisfazione per il lento procedere del processo civile, hanno portato ad una crescente sfiducia della collettività nei riguardi delle istituzioni giurisdizionali13. Inoltre, la necessità di alleggerire il carico di lavoro degli uffici giudiziari e l'aumento della litigiosità dei cittadini (la c.d. litigation explosion), hanno contribuito all'allungamento della durata dei giudizi, con una conseguente lesione del diritto alla ragionevole durata dei processi14. Se a tutto ciò si aggiunge che le spese sostenute dalle parti per la difesa tecnica, unite a quelle processuali, rischiano di essere superiori al valore della causa, emerge così un'irragionevolezza anche sul piano economico che porta il cittadino alla rinuncia della tutela.

13 Interessante notare come l'insoddisfazione dei cittadini circa l'amministrazione della giustizia è un dato comune in varie epoche storiche: sul punto, SCAMUZZI, voce Conciliatore e conciliazione giudiziaria, in Dig. it., III, Torino, 1896, p. 38; TARUFFO, La giustizia civile in Italia dal 700 ad oggi, Bologna, 1980, p. 8.

14 Tristemente noti le numerose condanne dell'Italia dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per l'eccessiva durata dei processi, in violazione dell'art.6 della CEDU. Critica sul punto molta dottrina, tra cui CAPPONI,

"Giudice di pace" e "arbitrato" nella riforma del processo civile, in Giust. Civ., 1989, II, p. 360; CHIARLONI, Stato attuale e prospettive della conciliazione stragiudiziale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2000, p. 447.

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Ecco, dunque, che la via stragiudiziale può risultare una strada più celere, economica e, quindi, maggiormente adeguata alle esigenze del cittadino, al fine di consentire un più facile accesso alla giustizia per determinate categorie di cittadini.

La ricerca di garantire la soddisfazione del diritto di accesso alla giustizia e del diritto al processo estensivamente inteso come diritto ad un rimedio adeguato, ha spinto il legislatore a promuovere tali forme di tutela che si pongono come alternative alla giurisdizione, tanto da inaugurare un fenomeno cui è stato attribuito il nome di "fuga dalla giurisdizione"15. L'alternativa stragiudiziale, per potere essere appetibile dalle parti, deve comunque offrire un'adeguata tutela, vanificando altrimenti il suo rappresentare una diversa via rispetto all'autorità giudiziaria. La parte che decide di intraprendere il percorso stragiudiziale, dovrà, dunque, avere la garanzia che verranno a lui assicurate le tutele procedurali proprie di un mezzo che comunque è finalizzato alla produzione di un provvedimento autorevole emesso da un organo terzo e imparziale.

Il ricorso alle forme di risoluzione alternativa delle controversie, non deve in alcun modo sacrificare le garanzie che spettano alle parti, né comportare la diffusione di una giustizia privata ineguale. Fermo restando il diritto di impugnare davanti ad un giudice le decisioni che si reputano ingiuste, la sfida che si presenta al legislatore sembra quella di incentivare meccanismi sostanziali e procedurali alternativi alla via ordinaria soprattutto in settori particolarmente sensibili quali quelli coinvolgenti i lavoratori, assicurando, al contempo, imparzialità, competenza e garanzie dei diritti (di difesa, primo fra tutti) anche nei giudizi

"privati".

L'eterogeneità degli strumenti, tuttavia, non consente una trattazione uniforme sulla questione. In particolare, il rispetto del principio di effettività della tutela in materia laburistica anche con riguardo ai mezzi stragiudiziali, verrà, pertanto, analizzato con riferimento ai due strumenti principali alternativi al giudizio: l'arbitrato e la conciliazione.

La verifica del rispetto di tale garanzia si prospetta ardua, anche in virtù del continuo mutamento che contraddistingue la disciplina del diritto processuale del lavoro, ma necessaria, al fine di poter offrire un quadro completo e consapevole intorno alla molteplici tutele che il diritto del lavoro offre alle parti lese.

15 In questi termini, CHIARLONI,La conciliazione stragiudiziale come mezzo alternativo di risoluzione delle dispute, in Riv.

proc. civ., 1966, p. 699.

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11 PARTE I

Principio di effettività degli strumenti di tutela nelle controversie individuali di lavoro

1. E

FFETTIVITÀ ED EFFICIENZA DELLE TUTELE

1.1. Uno sguardo globale del principio. Effettività della tutela, efficienza dei diritti e deflazione delle controversie di lavoro in sede contenziosa.

Il principio di effettività, inteso quale diritto ad un rimedio effettivo, racchiude in sé molteplici sfumature: la rapidità del sistema rapidità del sistema giustizia e la garanzia di un processo che tuteli i diritti in modo sufficientemente qualitativo, sia in forme contenziose che attraverso strumenti alternativi al giudizio, ne costituiscono qualche esempio.

L'effettività, tuttavia, è difficilmente inquadrabile, soprattutto dal punto di vista della dogmatica giuridica: è stato da tempo evidenziato, infatti, che una sua corretta allocazione è da riscontrare all'interno della diversa disciplina della sociologia del diritto1.

Per quanto attiene il contenzioso, non è sempre possibile individuare a priori il rimedio più adeguato in grado di realizzare l'obiettivo di una tutela effettiva, nella scelta tra tutela risarcitoria, attributiva dell'equivalente monetario dell'interesse violato, e tutela specifica, che può operare in chiave di adempimento, di inibitoria o di eliminazione dell'atto impugnato.

L'esperienza comunitaria, del resto, ha evidenziato come la giurisprudenza della Corte di Giustizia non abbia nessuna intenzione di condizionare la scelta dei singoli Stati a favore della tutela risarcitoria piuttosto che di quella specifica, rivelando un chiaro intento di evitare di imporre soluzioni relative agli apparati sanzionatori sulla base di astrazioni concettuali2. Tale consapevolezza discende da numerosi fattori: da un lato, in alcuni sistemi il rimedio risarcitorio è stato utilizzato estensivamente anche in relazione alla lesione di posizioni a contenuto non patrimoniale; dall'altro, il singolo potrebbe essere stimolato ad

1 MATSCHER, La nuova Corte europea dei diritti dell'uomo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1999, p. 218.

2 Ad esempio: Corte di Giustizia, 10 aprile 1984, causa 14/83, Von Kolson e Kamann c. Land Renania del Nord-westfalia; Corte di Giustizia, 26 febbraio 1986, causa 152/84, Marshall c. Southampton South West Hampshire Area Health Authority.

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agire in giudizio più dalla prospettiva di un ingente ritorno economico, piuttosto che dalla prospettiva dell'esercizio di un'azione inibitoria. Se si aggiunge, infine, che nulla vieta di attribuire al risarcimento anche di un carattere punitivo - afflittivo, emerge che ciò che il diritto comunitario impone ai vari ordinamenti nazionali è il rispetto del canone di adeguatezza tra esigenze di tutela e forme di tutela disponibili, e non astratte correlazioni tra diritto processuale e sostanziale3.

Entra in gioco, a questo punto, l'efficienza intesa come proporzionalità e rapidità della risposta dell'ordinamento giudiziario alla domanda di giustizia. In particolare, come evidenziato dai giudici costituzionali, coordinando effettività da un lato ed efficienza dall'altro, emerge il ruolo fondamentale del principio del buon andamento, il quale, seppur di matrice amministrativa, se applicato alla macchina della giustizia, attiene all'ordinamento degli uffici giudiziari e al loro funzionamento sotto l'aspetto amministrativo, piuttosto che alla complessiva funzione giurisdizionale e dei provvedimenti che ne costituiscono l'espressione4. Compito della giurisdizione non è funzionare "bene" per rapporto ad un determinato interesse pubblico, bensì assicurare una più generale prestazione di sistema.

Tuttavia, proprio il peculiare profilo funzionale della giurisdizione rende molto problematica una sua valutazione in termini di efficienza.

Come recentemente sostenuto5, se l'efficienza diventa condicio sine qua non dell'effettività della tutela, al tempo stesso è opportuno ricordare che quel che viene assicurato al singolo non deve riversare i suoi aspetti negativi nel campo proprio dell'efficienza della macchina stessa. Ciò accade quando quest'ultima viene sovraccaricata dalle domande giudiziali, per rimediare la quali il legislatore ha cercato di creare un sistema volto al contenimento circa l'accesso al sistema giudiziario6.

3 TROCKER, La formazione del diritto processuale europeo, Torino, 2011, p. 139.

4 Corte Cost., 14 ottobre 1993, n. 376; Corte Cost., ord. 8 febbraio 2006, n. 44. Sul punto, la giurisprudenza costituzionale è ferma. Correttamente, dunque, si è affermato che "per giurisprudenza costante di questa Corte, detto principio si riferisce agli organi dell'amministrazione della giustizia unicamente per profili concernenti l'ordinamento degli uffici giudiziari e il loro funzionamento sotto l'aspetto amministrativo, ma non riguarda l'esercizio della funzione giurisdizionale nel suo complesso e i provvedimenti che ne costituiscono espressione" (Corte Cost., ord. n. 44/2006).

5 LUCIANI, Garanzie ed efficienza nella tutela giurisdizionale, in Rivista AIC (Associazione Italiana dei Costituzionalisti), 2014, IV.

6 Del resto, "l'art. 24 Cost. non impone che il cittadino possa conseguire la tutela giurisdizionale sempre allo stesso modo e con i medesimi effetti, e non vieta quindi che la legge possa subordinare l'esercizio dei diritti a controlli o condizioni, purché non vengano imposti oneri tali o non vengano prescritte modalità tali da

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In quest'ottica, il principio di proporzionalità ricorda che trattare una causa secondo giustizia comprende, per quanto possibile, attribuire ad essa una quota appropriata delle risorse del giudice, tenendo conto della necessità di riservare le risorse agli altri casi7. La giurisprudenza tedesca, che maggiormente ha fatto uso del principio di proporzionalità, insegna come tale concetto richieda che l'adozione di un provvedimento per il perseguimento di un certo scopo sia appropriata, nel senso di idoneità alla realizzazione dello scopo, necessaria, cioè che non vi sia mezzo migliore per raggiungere detto scopo, nonché adeguata, ovvero proporzionata in senso stretto, in modo che gli effetti collaterali negativi arrecati dal provvedimento non siano sproporzionati rispetto ai vantaggi da esso prodotti, richiedendo, il tutto, una valutazione comparativa dei vantaggi e degli svantaggi.

Il principio di proporzionalità, inteso nell'esperienza processuale italiana come un aspetto del valore costituzionale della efficienza nella disciplina del processo, desumibile dall'affermazione della sua ragionevole durata ex art. 111, comma 2, Cost., è stato fonte di ispirazione di molteplici interventi normativi degli ultimi anni. Alcuni interventi erano volti a rafforzare il ruolo delle forme alternative di risoluzione delle controversie, altri a contrastare l'abuso del processo con sanzioni di carattere economico o di tipo processuale, a trasformare l'appello sempre più in un giudizio a carattere impugnatorio e a ridurre gli spazi per il ricorso in cassazione, oppure ad introdurre corsie preferenziali o forme di tutela differenziata per alcuni tipi di diritti. Quest'ultima via, in particolare, ha ispirato la Riforma del processo del lavoro del 1973, che ha introdotto un meccanismo di tutele sommarie non cautelari a protezione di determinati tipi di credito e dei diritti del locatore (in reazione a pratiche antisindacali oppure discriminatorie), così come la Riforma del 2012, che, tra l'altro, sperimenta un rito apposito per le controversie in tema di licenziamento illegittimo8, evidenziando una scelta del legislatore a cavallo tra esigenze di efficienza del sistema e rendere impossibile o estremamente difficile l'esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell'attività processuale [...]". Così Corte Cost. n. 272/2012, che richiama Corte Cost., 21 gennaio 1988, n. 73, in Foro it., 1988, I, p. 1366.

7 Per una proposta volta a rimediare al problema della scarsità della risorsa giustizia, da ultimo, PROTO PISANI, La crisi dei processi a cognizione piena e una proposta, in Riv. dir. proc., 2016, I, p. 100.

8 Il c.d. rito Fornero introdotto dalla L. n. 92/2012, oggi in esaurimento, in quanto, per effetto del D. Lgs. n.

23/2015, non più applicabile alle nuove assunzioni avvenute a far data da marzo 2015 attraverso l'utilizzo del c.d. contratto a tutele crescenti, che in caso di impugnazione di licenziamento ripristina l'ordinaria procedura di cui all'art. 414 c.p.c.. Sul punto, per approfondimenti si rimanda, tra i tanti, a BORGHESI,Aspetti processuali del contratto a tutele crescenti,in www.judicium.it; 2015; DE ANGELIS,Il contratto a tutele crescenti. Il giudizio, in unict.it, WP M. D'Antona, 2015, n. 250; GIUBBONI, Profili costituzionali del contratto di lavoro a tutele crescenti, in unict.it, WP M. D'Antona, 2015, n. 246.

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garanzia, per il singolo, di un rimedio effettivo. Da ultimo, una rinnovata attenzione ai profili non solo dell'efficienza, ma anche dell'effettività delle tutele, è alla base dei recentissimi sviluppi sorti in tema di processo civile: il riferimento è al disegno di legge delega presentato alla Camera l'11 marzo 2015, approvato l'ano seguente, e trasmesso all'altro ramo del Parlamento, rubricato (appunto) "Per l'efficienza del processo civile"9. Orbene, le recenti innovazioni legislative hanno evidenziato come se, da un lato, può affermarsi che l'effettività della tutela non può essere disgiunta dalla sua tempestività10, è anche vero che i concetti di prontezza ed effettività possono essere potenzialmente in conflitto, soprattutto se, come spesso accade, l'interesse individuale alla pienezza ed adeguatezza della tutela giurisdizionale si trova a fare i conti con l'esigenza di evitare, o almeno limitare, una quantità abnorme del contenzioso, al fine di garantire il rispetto della ragionevole durata dei processi11. L'allocazione bilanciata e corretta delle risorse destinate alla giustizia che tenga in considerazione tutto ciò, comporta un complicato lavoro, che impone particolare prudenza nel richiamare, in materia di esercizio della funzione giurisdizionale, il principio stesso di efficienza.

Tuttavia, il legislatore pare sempre più concentrato sulla necessità di liberarsi dal problema della lunghezza dei processi, da considerare sempre meno le cause del fenomeno, fino a tratti confonderlo con gli effetti, creando una commistione concettuale su cui elabora riforme che rischiano di rivelarsi incongruenti, inutili, se non addirittura dannose12.

1.1.1. I principali interventi normative finalizzati alla riduzione del contenzioso in materia laburistica.

1.1.1.1. L'esigenza di deflazione a seguito della contrattualizzazione dei rapporti di lavoro alle dipendenze della P. A.

Per quanto attiene l'ambito lavoristico, il discorso è simile.

9 Per la cui disamina si rinvia al commento di CAPPONI, Il d.d.l. n. 2953/C/XVII "delega al Governo recante disposizioni per l'efficienza del processo civile", in www.judicium.it, 2015.

10 In questi termini, Corte Cost., 12 luglio 2013, n. 186, in Giust. civ., 2013, I, p. 2284, e Corte Cost., 11 giugno 2014, n. 172, in Foro it., 2014, I, p. 2283.

11 Così si è espressa Corte Cost., 4 giugno 2014, n. 157, in Foro it., 2014, I, p. 2001.

12 In tal senso, D'ALESSANDRO,L'eccessiva durata del processo civile (un'analisi delle cause), in www.judicium.it, 2015.

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Posto che un processo che funziona non necessita di interventi finalizzati alla deflazione del contenzioso, l'esigenza di accelerazione delle controversie lavoristiche sorge negli anni Novanta del secolo scorso, acquisendo progressivamente importanza con l'aggravarsi della crisi della giustizia. Infatti, come sopra accennato, la scommessa della L. n. 533/1973 era un'altra: introdurre un modello processuale differenziato per le materie di diritto del lavoro, fondato sulla valorizzazione dei principi chiovendiani di oralità, immediatezza, concentrazione13, nonché ad un rigido sistema di preclusioni e decadenze per le parti. Il tutto, affiancato dall'accentuazione, in evidente chiave di riequilibrio del sistema giustizia, dell'autorevolezza del ruolo del giudice nel processo.

Il legislatore, dunque, enfatizza i principi ordinatori del processo ideati da Chiovenda, sui quali, per lo più, basa la riforma, al fine di dare concretezza all'esigenza di rendere al cittadino una giustizia intrinsecamente migliore14. In particolare, il principio chiave è rappresentato dall'oralità, intesa come "rapporto immediato tra giudici e le persone, le cui dichiarazioni sono chiamati ad apprezzare; significa razionale contemperamento dello scritto e della parola come mezzi diversi di manifestazione del pensiero"15. Principio cui si affiancano quello della identità del giudice per tutto il procedimento e quello della concentrazione delle diverse fasi processuali.

L'aspetto deflattivo emergeva solo indirettamente nelle vesti dell'esecutorietà delle sentenze di primo grado di condanna per crediti dei lavoratori, della rivalutazione automatica dei medesimi, e della condizione di procedibilità del contenzioso amministrativo per le cause previdenziali ed assistenziali. Del resto, non vi era motivo di intervenire laddove non necessario. Anzi: il legislatore del 1973 si è preoccupato di introdurre mezzi e strumenti volti anche a facilitare l'accesso alla giustizia. Il riferimento è, ad esempio, alla gratuità del giudizio ed al regime delle spese particolarmente indulgente in materia previdenziale, cui si è successivamente affiancato quello relativo alle spese delle controversie di lavoro, figlio della prassi giurisprudenziale in tema di integrale compensazione delle spese del giudizio in caso di soccombenza del lavoratore.

13 Per approfondimenti si rimanda a CHIOVENDA, Le riforme processuali e le correnti del pensiero moderno, in Saggi di diritto processuale civile, vol. I, Roma, 1930; sul principio dell'oralità in particolare, si veda ID.,L'oralità e la prova, in Riv. dir. proc. civ., 1924, I, p. 15.

14 L'auspicio si ispira direttamente alle parole di CHIOVENDA,in La riforma del procedimento civile, in Saggi di diritto processuale civile, cit., vol. I, p. 315.

15 Così, ID.,Riforma del processo civile, in Saggi di diritto processuale civile (1894-1937), vol. III, Milano, 1993, p. 296.

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L'obiettivo della riforma, dunque, si inseriva nel più ampio intervento volto a migliorare il funzionamento del processo civile, in particolare con riguardo al contenzioso in materia laburistica.

Nonostante la "crisi della giustizia" (come oggi viene interpretata) fosse ancora lontana, l'inizio degli anni Settanta rappresenta il periodo di avvio relativamente ai primi aspetti problematici del processo, definito da alcuni Autori in termini di "bancarotta dello Stato"16, mettendo in luce lo stretto rapporto tra effettività dei diritti ed efficienza, quest'ultima considerata quale mezzo per assicurare tale effettività.

Tale legame subì una prima importante crisi quando il legislatore iniziò a disporre tutte le misure atte a realizzare la contrattualizzazione dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni17, con la conseguenza di attribuzione delle relative controversie alla giurisdizione ordinaria, in funzione di giudice del lavoro, dando, di fatto, avvio all'aggravamento della crisi che progressivamente aveva colpito il processo civile anche a causa dell'eccesso e incontrollato numero di domande.

Al fine di porre rimedio alle conseguenze negative in termini di carico di lavoro per il giudice ordinario, la Legge n. 59/1997, inaugurando la seconda fase di tale contrattualizzazione, delega il Governo il compito di adottare "misure organizzative e processuali anche di carattere generale atte a prevenire disfunzioni dovute al sovraccarico di contenzioso"18. Il legislatore del 1997, disponendo la riapertura del termine della delega al fine di riformare il lavoro pubblico ed equipararlo maggiormente a quello privato, perseguiva l'intento di giungere ad una riduzione degli sprechi gestionali e ad un recupero di efficienza nel settore pubblico19. I relativi decreti delegati, pertanto, poi confluiti nel D.

16 In questo senso, PERA, Sulla risoluzione delle controversie individuali di lavoro, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1967, p.

194.

17 Il riferimento è alla L. n. 421/1992, che ha conferito al Governo la delega per riformare la materia del pubblico impiego. In particolare, la prima fase, volta, come detto, a dare avvio alla contrattualizzazione del rapporto di pubblico impiego, ha introdotto l'abolizione della giurisdizione amministrativa in materia a favore del giudice ordinario del lavoro per quanto riguarda le controversie di lavoro dei pubblici dipendenti. La Legge del 1992, tuttavia, mantiene la distinzione tra lavoro pubblico e privato, riservando al lavoro pubblico uno status di rapporto di lavoro speciale, anche se di natura privatistica.

18 Art. 11, comma 4, lett. g), L. n. 59/1977.

19 Tale seconda fase, inoltre, ha previsto una delega legislativa in tema di contrattazione collettiva e rappresentatività sindacale nell'area del lavoro pubblico, e un'estensione complessiva allo stesso delle disposizioni del Codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro privato nell'impresa, in quanto compatibili.

Oltre a ciò è stato completato il trasferimento di competenza al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, di tutte le controversie relative al rapporto di lavoro.

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Lgs. n. 165/2001, sono stati concepiti con la prioritaria funzione di porre in essere un processo di deflazione che vedesse coinvolti i mezzi alternativi al giudizio (soprattutto l'arbitrato), ma anche strumenti idonei ad introdurre nelle cause di lavoro l'obbligatorietà del tentativo di conciliazione pregiudiziale, nonché, per il solo lavoro pubblico privatizzato prima, e per il lavoro privato successivamente, l'accertamento pregiudiziale sull'interpretazione, la validità e l'efficacia dei contratti collettivi nazionali. Inoltre, per quanto attiene nello specifico all'istituto della conciliazione, questa subisce una nuova e importante rivisitazione: in tale contesto viene definito compiutamente come tentativo stragiudiziale di conciliazione, avente carattere facoltativo, con la possibilità di poterlo usufruire tanto in sede amministrativa quanto in sede sindacale. Infine, ulteriore espediente con chiaro intento deflattivo riguarda la previsione del potere attribuito al giudice di considerare complessivamente il comportamento delle parti in sede di tentativo di conciliazione pregiudiziale con riguardo al regime delle spese della successiva fase giudiziale.

Tuttavia, nonostante l'intervento del legislatore durante le fasi della contrattualizzazione del pubblico impiego, avesse, in continuità con la L. n. 533/1973, l'obiettivo di assicurare effettività dei diritti attraverso l'efficienza del processo, le conseguenti misure adottate non produssero gli effetti sperati20.

Il fine volto alla necessità di ridurre il contenzioso, entra, così, in maniera preponderante nei successivi interventi legislativi in materia di processo, sia civile che penale21. La

20 Per un'ampia e completa disamina in tema di lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione, si rimanda, tra i tanti, a CARINCI -ZOPPOLI, Il Diritto del lavoro nelle pubbliche amministrazioni, Torino, 2004; più di recente, RICCI, Lavoro privato e lavoro pubblico: rapporti tra le due ipotesi di riforma, estensione delle regole e modelli, in Lav.

pubbl. amm., 2014, p. 476.

21 Invero, sempre più spesso, il legislatore ha prestato pari attenzione al settore processuale penale, oltre che civile, con particolare riguardo al perseguimento degli obiettivi del potenziamento dell'efficienza del processo penale ed del rafforzamento delle garanzie difensive, dando vita, con il tempo, ad un complesso intervento riformatore composto da regole volte ad incidere in maniera significativa sull'andamento e sui tempi del processo, nonché sulla riduzione del numero complessivo dei procedimenti. Di recente, l'obiettivo del potenziamento dell'efficienza del processo penale è stato perseguito con il D. Lgs. n. 28/2015, che ha introdotto il nuovo art. 131 bis c.p.p., evidenziando il chiaro obiettivo del legislatore di assolvendo alla funzione di deflazionare efficacemente il processo penale, consentendo di impiegare in modo più razionale e vantaggioso le risorse. Inoltre, incisivi (almeno potenzialmente) progetti di riforma, che intersecano i profili processuali con quelli sostanziali sempre volti, tra l'altro, alla riduzione del contenzioso in termini di speditezza del processo, sono attualmente al vaglio del Parlamento. Così, in particolare, il disegno di legge delega recante "Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi, per un maggior contrasto al fenomeno corruttivo, oltre che all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena", a conferma dell'intervenuta consapevolezza che l'eccessivo numero di cause pendenti determina l'ingolfamento dell'intero sistemo giudiziario, con conseguente rallentamento della risposta sanzionatoria, ed un grave disorientamento dei cittadini in ordine alla conoscibilità delle norme penali.

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complessiva riorganizzazione della giustizia civile diventa uno degli obiettivi prioritari, in quanto rappresentativa del terreno di contatto quotidiano tra il cittadino e l'amministrazione della giustizia, laddove ogni inefficienza incide in maniera decisiva e diretta, sia in termini di sfiducia nei confronti del sistema giudiziario e degli operatori della giustizia, che di impoverimento dei principi di legalità.

In particolare, il citato proposito della riduzione del contenzioso con riguardo al tema della qualificazione di alcuni contratti di lavoro, è espressamente indicato nel D. Lgs. n.

276/2003, attuativo della legge delega prevista dall'art. 5, L. n. 30/2003. Tale intervento è inteso a perseguire il delicato obiettivo della maggiore certezza quanto ai contratti stessi attraverso l'istituto della certificazione22.

1.1.1.2. I primi Anni Duemila. La nuova efficienza in una prospettiva economistica e di contrasto all'abuso del processo.

La tematica della riduzione del contenzioso inizia ad essere affiancata, nel primo decennio del nuovo secolo, da una nuova consapevolezza che abbraccia il concetto di efficienze.

L'obiettivo dell'efficienza del processo inizia ad essere concretizzato in modo diverso rispetto all'attenzione dedicata all'effettività dei diritti sostanziali protetti. L'efficienza, infatti, si arricchisce di una prospettiva caratterizzata da aspetti economicistici: viene evidenziato che la mala gestio della macchina giustizia rappresenta un costo, anche in termini di scoraggiamento degli investimenti dall'interno e dall'esterno del Paese, sempre più difficilmente sopportabile negli anni della Crisi Economica23.

In particolare, il legislatore iniziandosi ad affidare a diagnosi basate su analisi empiriche,si accorge che il problema del patologico eccesso di domanda giudiziale rappresenta una vera e propria spesa sociale. Tale impressionante prospettiva, è frutto dei risultati degli studi

22 Art. 75, D. Lgs. n. 276/2003, poi esteso alla generale materia della qualificazione dei contratti di lavoro ad opera della L. n. 298/2006.

23 La crisi cui si fa riferimento riguarda l'economia italiana iniziata nel 2008 quando il Prodotto Interno Lordo è diminuito dell'1,2%. A partire da quella data, l'Italia non è stata più in grado di crescere in maniera significativa, dando avvio ad un lungo periodo di impoverimento e alternando periodi di stagnazione a veri e propri a periodi di recessione. Per una approfondita analisi sul tema si rinvia alla Relazione Annuale del 2009 presentata dalla Banca d'Italia a Roma il 31 Maggio 2010, rinvenibile in www.bancaditalia.it.

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