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VALUTAZIONE DI UN TEST DI AGGLUTINAZIONE AL LATTICE PER L’IDENTIFICAZIONE DI S. AUREUS

Maggi T.1, Parigi R.1, Brignali S,2. Meacci F.2 1Sclavo Diagnostics International S.R.L.

Loc. Pian Dei Mori, 53018

2LAMMB, Dipartimento di Biologia Molecolare,

Università di Siena, 53100 Siena

Introduzione. Una delle metodiche di cui si avvale la

dia-gnostica di laboratorio per l’identificazione di

Staphylococcus aureus è basata sull’utilizzo di test rapidi

di agglutinazione. Lo scopo di questo lavoro è stato quello di valutare la sensibilità e la specificità del test di aggluti-nazione al lattice Staphylorapid (Sclavo Diagnostics) per l’identificazione di S. aureus.

Metodi. Sono stati utilizzati 76 ceppi di S. aureus di

pro-venienza clinica, di cui 38 sensibili alla meticillina (MSSA) e 38 resistenti alla meticillina. Come controlli sono stati utilizzati ceppi della collezione ATCC di stafi-lococchi coagulasi-negativi, di stretococchi beta-emolitici e di enterococchi. I risultati ottenuti mediante il test Staphylorapid (Sclavo Diagnostics) sono stati confrontati con quelli ottenuti con un test analogo (Staphaurex, Remel).

Risultati. Il test Staphylorapid ha dimostrato di essere

spe-cifico per lo S. aureus e di avere una sensibilità del 97.3%, poichè non è stato in grado di identificare due ceppi MRSA. Questo risultato è stato confermato anche con il kit Staphaurex. È da notare che per il 93% dei ceppi identifi-cati la reazione di agglutinazione è risultata positiva entro 5 secondi, mentre per 4 ceppi la posività è stata rilevata dopo 1 minuto. L’identità di specie dei due ceppi MRSA risultati negativi all’agglutinazione è stata confermata mediante sequenza del 16S rDNA.

Conclusioni. Staphylorapid è un test accurato, di rapida

esecuzione e rilevazione che garantisce un ottima sensibi-lità e specificità sia verso ceppi MSSA che MRSA.

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DIAGNOSI IMMUNOLOGICA DELLE INFEZIONI TUBERCOLARI

Pasanisi G1., Maggio G1.,Turco D1., Quattrocchi M1.,

Barone P2., Lobreglio G1. 1UOC Medicina di Laboratorio,

2UOC Pneumologia A.O. “Card. G. Panico” Tricase (Lecce)

Introduzione. L’esito di una infezione tubercolare,

ampia-mente evidenziato dalla risposta immunitaria, può variare dalla condizione di infezione latente alle gravi manifesta-zioni cliniche respiratorie o multitessutali. Analisi genomi-che hanno permesso l’identificazione di proteine specifi-che del M. tuberculosis (ESAT-6 e CFP-10), ma assenti nel

M. bovis e nei non tubercolari. L’impiego di tali proteine in vitro permette di rilevare la presenza di linfociti T

cir-colanti a seguito della specifica stimolazione. Il presente ha la finalità di stabilire le eventuali infezioni latenti in alcune categorie.

Metodi. Sono stati presi in considerazione 96 campioni di

sangue da soggetti con sospetto clinico, esposizione pro-fessionale, per terapia immunosoppressiva anti-TNF–alfa, contestualmente alla intradermoreazione secondo Mantoux ma ripetutamente negative le ricerche batteriologica e molecolare. Il saggio per linfociti T effettori è stato con-dotto mediante T-SPOT TB (Oxford Immunotec).

Risultati. Tra il personale sanitario senza vaccinazione

documentabile sono stati identificati dalla intradermo-rea-zione (21-22 mm) e dal test in vitro 2 soggetti (3,8%), uno con anamnesi per tubercolosi. Tra i 21 soggetti con docu-mentata vaccinazione 12 (57,1%) conservavano una cuti-reattività (7-20 mm), ma negativi al saggio in vitro. Tra i 25 pazienti cutireattivi (7-18 mm) destinati al tratta-mento immunosoppressivo, 1 caso (4%) di positività al test

in vitro. Nei 19 casi di sospetto clinico, per infezione

tubercolare la positività per entrambe le valutazioni immu-nologiche è stata evidenziata in 5 (26,3%) con diametro alla intradermoreazione pari al 15-30 mm. La cutireattivi-tà da sola è stata segnalata solo in 4 casi (21,0%).

Conclusioni. Alla luce dei recenti indirizzi dell’OMS

riguardo alle forme tubercolari latenti i metodi immunolo-gici evidenziano un elevato potenziale diagnostico. Con particolar riferimento alle indagini in vitro da noi effettua-te, è stato possibile individuare 2 casi tra il personale sani-tario e 6 casi tra i pazienti che con molta probabilità avreb-bero avuto un prolungato monitoraggio clinico.

volume 22, numero 3, 2007 POSTER

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