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A Sorveglianza attiva per il carcinoma prostatico

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28 M.D. Medicinae Doctor - Anno XXIII numero 2 - marzo 2016

A ggiornAmenti

A

partire dagli anni 90 la gran- de diffusione del PSA e l’aumento del numero delle biopsie diagnostiche hanno genera- to una crescita delle diagnosi di car- cinoma prostatico prima dell’insor- genza dei sintomi clinici. Questo ha portato ad individuare anche molti casi clinicamente non significativi, tumori indolenti e di piccole dimen- sioni, oggetto di trattamenti inappro- priati. Per rispondere al bisogno di appropriatezza clinica di non curare inutilmente i tumori indolenti, all’ini- zio degli anni 2000 è stato introdotta la “sorveglianza attiva”.

“Da anni la sorveglianza attiva è ri- conosciuta nelle più importanti linee guida internazionali e sta sempre più diventando una valida alternativa te- rapeutica anche in Italia - ha sottoli- neato a M.D. Giario Conti, Diretto- re dell’UO di Urologia dell’Ospedale Sant’Anna di Como e Segretario SIUrO (Società Italiana di Urologia Oncologica).

Il presupposto su cui si basa è che l’evoluzione dei tumori a basso rischio sia così lenta e solo locale da potere evitare o rinviare il trattamento e al tempo stesso mantenere la finestra di curabilità, garantendo quindi eleva- te probabilità di guarigione, nonostan- te il dilazionamento del trattamento

all’eventuale modifica delle caratteri- stiche iniziali della malattia.

“Fino a circa il 40% delle attuali dia- gnosi di ca prostatico (circa 10.000 pazienti in Italia) corrisponde a tumo- ri potenzialmente insignificanti - con- tinua Conti. In questi casi le tradizio- nali cure (chirurgia, radioterapia e brachiterapia) non sono solo inap- propriate ma possono causare gravi effetti collaterali. Con la sorveglianza attiva si propone, alla persona colpi- ta da tumore di piccole dimensioni e minima aggressività, una “sorve- glianza periodica” costituita da con- trolli clinici, biochimici e bioptici si- stematici e predeterminati con con- trolli clinici e strumentali (PSA, biop- sia prostatica ed esami di imaging, tra cui ecografia prostatica transret- tale e risonanza magnetica multipa- rametrica). Si interviene con una te- rapia quando non sono più rispettati i criteri di indolenza della patologia e non è quindi più garantita la sicurez- za del paziente con il solo atteggia- mento osservazionale.

Per molti pazienti è difficile accetta- re l’idea che non si intervenga subi- to per rimuovere il tumore e di di- ventare invece un ‘sorvegliato spe- ciale’. Tuttavia solo meno del 2%

degli uomini abbandona il protocol- lo per motivi di ansia. È inoltre di-

mostrato da diverse survey interna- zionali che la sorveglianza attiva non riduce le possibilità di guarigio- ne né la qualità di vita.

I prossimi punti sui quali possiamo in- tervenire per perfezionare i protocolli della sorveglianza attiva sono la sele- zione più accurata dei pazienti, la crea- zione di un database internazionale per il confronto dei risultati e l’indivi- duazione di metodi di follow-up alter- nativi e meno invasivi della biopsia”.

Sorveglianza attiva

per il carcinoma prostatico

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Attraverso il

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presenteQR-Code è possibile visualizzare con tablet/smartphone l’intervista a

Giario Conti Lo studio PRIAS Per valutare se la sorveglianza attiva sia una valida alternativa ai trattamenti radicali nei tumori della prostata indolenti nel 2007 è stato avviato lo studio multicentrico osservazionale PRIAS (Prostate cancer Research International: Active Surveillance), che attualmente conta oltre 5.000 pazienti arruolati (850 pazienti italiani inclusi nel protocollo internazionale in 10 diversi centri su tutto il territorio nazionale).

Tra i criteri di inclusione di PRIAS:

• diagnosi di adenocarcinoma della prostata localizzato

• PSA <10 ng/ml

• Gleason Score (GS) massimo 3+3

• non più di due campioni positivi alla biopsia prostatica.

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