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La costituzione ai tempi del Covid-19 . Diritti fondamentali ed emergenza

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Academic year: 2022

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Luca Maria Tonelli

DIRITTI FONDAMENTALI, EMERGENZA E COSTITUZIONE AI TEMPI DEL COVID-19. ALCUNE BREVI RIFLESSIONI E PROSPETTIVE DI (NECESSARIA) RIFORMA DELLA COSTITUZIONE

1. In questo momento così difficile, segnato dalla diffusione del contagio da Covid-19, la nostra Costituzione appare fragile e – in alcune sue parti – non più al passo coi tempi.

Come noto, infatti, la Costituzione italiana – a differenza di altre Costituzioni democratiche (1) – non disciplina lo “stato di emergenza”, ma si limita a prevedere lo “stato di guerra” nell’art. 78 Cost. (2). Tale

(1) La disciplina di situazioni di emergenza è presente, ad es., nell’art. 16 della Costituzione francese, nell’art.

19 della Costituzione portoghese, nell’art. 16 della Costituzione slovena e nell’art. 36 della Costituzione svizzera. Particolarmente dettagliata risulta la disciplina dei vari “stati di emergenza” nella Costituzione spagnola, ove all’art. 116, è sancito che: «1. Una legge organica regolerà gli stati di allarme, di eccezione e di assedio, le competenze e le limitazioni corrispondenti. 2. Lo stato di allarme sarà dichiarato dal Governo mediante decreto deliberato dal Consiglio dei Ministri, per un termine massimo di quindici giorni, riferendo al Congresso dei Deputati riunito immediatamente a tale scopo, senza la cui autorizzazione detto periodo non potrà essere prorogato. Il decreto determinerà l’ambito territoriale cui si riferiscono gli effetti della dichiarazione. 3. Lo stato di eccezione sarà dichiarato dal Governo mediante decreto deliberato dal Consiglio dei Ministri, previa autorizzazione del Congresso dei Deputati. L’autorizzazione e proclamazione dello stato di eccezione dovrà determinare espressamente gli effetti dello stesso, l’ambito territoriale cui si riferisce e la sua durata, che non potrà eccedere i trenta giorni, prorogabili per un altro periodo di uguale durata, con gli stessi requisiti. 4. Lo stato di assedio sarà dichiarato dalla maggioranza assoluta del Congresso dei Deputati, su proposta esclusiva del Governo. Il Congresso determinerà il suo ambito territoriale, durata e condizioni. 5. Non potrà procedersi allo scioglimento del Congresso durante la vigenza di alcuno degli stati compresi nel presente articolo, venendo le Camere convocate automaticamente qualora non fossero in periodo di sessione. Il loro funzionamento, come quello degli altri poteri costituzionali dello Stato, non potrà interrompersi durante la vigenza di tali stati. Si se producesse alcuna delle situazioni che danno luogo a uno qualsiasi di detti stati, quando il Congresso sia sciolto o scaduto dal suo mandato, le competenze del Congresso saranno assunte dalla sua Deputazione Permanente. 6. La dichiarazione degli stati di allarme, di eccezione e di assedio non modificheranno il principio di responsabilità del Governo e dei suoi agenti riconosciuto nella Costituzione e nelle leggi».

Per una panoramica più esaustiva della disciplina di tale stato negli ordinamenti costituzionali contemporanei si v., fra i tanti, G. MORBIDELLI, Costituzioni e costituzionalismo, in G. MORBIDELLI – L. PEGORARO – A. RINELLA – M.

VOLPI, Diritto pubblico comparato, 5ª ed., Torino, 2016, p. 211 ss.

L’antesignano della disciplina costituzionale dello “stato di emergenza” rimane l’art. 48 della Costituzione di Weimar del 1919.

(2) In realtà all’Assemblea Costituente fu avanzata la proposta, nella seduta del 2 ottobre 1946 (cfr. La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori, VI, Roma, Camera dei Deputati, 1976, p. 421 ss.), di inserire in Costituzione un articolo dal seguente testuale contenuto: «l’esercizio dei diritti assicurati dalla presente Costituzione non può essere sospeso. Tuttavia allorché la repubblica è proclamata in pericolo tali diritti possono essere sospesi entro i limiti e con le forme stabilite per legge. Questo provvedimento non potrà essere preso per un tempo superiore a sei mesi; esso potrà essere rinnovato nelle medesime forme. Chiunque ne avrà abusato per recare arbitrariamente pregiudizio ai diritti materiali o morali altrui assumerà personale

(2)

articolo stabilisce che «le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari»;

stato di guerra (3) che deve essere poi dichiarato dal Presidente della Repubblica, ai sensi dell’art. 87, nono comma, Cost. (4).

Questa è una di quelle parti della nostra Costituzione che “guarda più al passato che al futuro”.

Se tale “mancanza”, all’epoca di stesura della nostra Carta costituzionale trovava giustificazione nell’esigenza di evitare che, attraverso la dichiarazione dello “stato di emergenza”, si potessero sovvertire l’ordinamento costituzionale democratico e limitare i diritti e le libertà fondamentali, riportando il Paese negli anni più bui, oggi – invece – appare fondamentale inserire in Costituzione una disciplina, quantomeno generale, dello “stato di emergenza”, affinché in futuro tale situazione trovi una sicura copertura costituzionale.

In mancanza di una disciplina costituzionale sullo “stato di emergenza” e considerato che – come è stato osservato da alcuni – la previsione di cui all’art. 78 Cost. è una fattispecie speciale, come tale non suscettibile di applicazione analogica (5), autorevole dottrina (6) ritiene che tale situazione possa essere fronteggiata mediante l’adozione di decreti-legge, emanati ai sensi dell’art. 77 Cost. in «casi straordinari di necessità e urgenza». Si tratta, come qualche Autore rileva, della fonte più idonea a disciplinare le situazioni di “emergenza cd.

ordinaria” (7).

Ma ammesso (e non concesso) che i decreti-legge siano la fonte più idonea per far fronte a questa inedita emergenza limitando alcuni diritti e libertà fondamentali, qualche dubbio – a parere di chi scrive – suscita, quanto meno, il contenuto del d.l. n. 6 del 2020, convertito in L. n. 13 del 2020. Tale decreto conferisce, ex art.

3, al Presidente del Consiglio dei Ministri il potere di adottare una serie di D.P.C.M. al fine di prevedere ulteriori forme di contenimento per evitare la diffusione dell’epidemia da Covid-19. Si tratta, come è stato

responsabilità. Al termine del periodo d’emergenza, chiunque si riterrà arbitrariamente leso nella persona o nei beni potrà reclamare riparazione morale e materiale davanti ai tribunali».

Si è sostenuto (si v. – fra i tanti – G.O. CESARO, La tutela dei diritti fondamentali nell’ambito dell’emergenza Covid-19, in Diritto24 – Il Sole24Ore del 25 marzo 2020) che, in assenza di una disciplina costituzionale o legislativa sullo “stato di emergenza”, occorra fare riferimento alle norme internazionali che prevedono la possibilità di limitare i diritti e le libertà fondamentali quando una situazione di emergenza minacci la vita della Nazione, come quelle contenute nell’art. 4 del Patto internazionale sui diritti civili e politici e – soprattutto – nell’art. 15 della Cedu. Si noti, però, che vi sono comunque dei diritti in essi contenuti che, anche in situazioni di grave emergenza, non sono suscettibili di deroghe: cfr. art. 4, par. 2, del Patto internazionale sui diritti civili e politici e l’art. 15, par. 2, della Cedu.

(3) È stato osservato – in dottrina – che il concetto di “guerra” fatto proprio dalla nostra Costituzione sia oramai obsoleto. Sul punto si v. P.G. GRASSO, Guerra, in Enc. giur. Treccani, XV, Roma, 1989, p. 5; L.

PALADIN, Le fonti del diritto italiano, Bologna, 1996, p. 225 e F. MODUGNO, Le fonti del diritto, in ID. (a cura di), Diritto pubblico, Torino, 2019, p. 198.

(4) Si noti che, secondo una parte della dottrina, le disposizioni dell’art. 78 (conferimento dei poteri necessari al Governo) e dell’art. 87, nono comma, Cost. (dichiarazione dello “stato di guerra” da parte del Presidente della Repubblica) sono scindibili. Cfr., in questo senso, L. PALADIN, Le fonti, cit., p. 226.

(5) Da ultimo v. quanto sostenuto in una intervista al quotidiano «L’Adige.it» del 23 marzo 2020 da R.

TONIATTI.

(6) Così, ad es., C. ESPOSITO, Decreto-legge, in Enc. dir., XI, Milano, 1963, p. 850 ss.; G. MORBIDELLI, Costituzioni e costituzionalismo, cit., p. 214 e F. MODUGNO, Le fonti del diritto, cit., p. 198. Tuttavia la dottrina maggioritaria – come mette bene in evidenza M. OLIVETTI, Diritti fondamentali, Torino, 2018, p. 135 – ritiene che i decreti-legge non possano sospendere o limitare le garanzie costituzionali.

(7) Come fa V. BALDINI, Emergenza costituzionale e Costituzione dell’emergenza. Brevi riflessioni (e parziali) di teoria del diritto, in Dirittifondamentali.it, n. 1/2020, p. 886.

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acutamente osservato (8), di una sorta di “delega in bianco”, che attribuisce una “amplissima” discrezionalità al Presidente del Consiglio nello stabilire “misure indeterminate”, che comportano – non si dimentichi – una forte limitazione di diritti costituzionalmente garantiti (9). Quello che è venuto a mancare è il rispetto della riserva di legge (10) (relativa) (11) prevista negli artt. 16 e 41 Cost. (essendo la circolazione delle persone e la libera iniziativa economica dei singoli i settori più interessati da queste “misure indeterminate”), che – invece – richiede quanto meno «una preventiva determinazione della parte essenziale della disciplina ad opera della legge» (12); l’art. 2 di tale decreto-legge, difatti, non fa altro che sancire che «Le autorità competenti, con le modalità previste dall'articolo 3, commi 1 e 2, possono adottare ulteriori misure di contenimento e gestione dell'emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell'epidemia da COVID-19 anche fuori dei casi di cui all'articolo 1, comma 1», delegittimando, da un lato, il ruolo del Parlamento e ampliando smisuratamente e senza porre alcun “paletto”, dall’altro, i poteri di una persona sola e cioè il Presidente del Consiglio dei Ministri.

Fortunatamente, il Governo – resosi conto del mancato rispetto della riserva di legge prevista nei suddetti articoli – è intervenuto con un successivo decreto-legge, il n. 19 del 25 marzo 2020, con cui, all’art. 2, comma 3, hanno finalmente trovato copertura tutte le disposizioni contenute nei vari D.P.C.M. precedentemente emanati. Inoltre, con questo decreto, il Governo ha fissato il limite massimo dello stato di emergenza, previsto per il 31 luglio 2020 (13).

Quello che ci si augura è che il Governo non adotti decreti-legge a cadenza settimanale (o addirittura a cadenza giornaliera), come invece sta accadendo in questo periodo, che intervengono in modo settoriale e non offrono alcuna visione di insieme, fenomeno che denota una certa (e preoccupante) schizofrenia normativa.

Sarebbe più consono che il Governo riesca ad adottare una linea operativa programmatica adeguata ai fini da raggiungere emanando un decreto-legge, previa consultazione di tutte le forze politiche, contenente una volta per tutte misure idonee complessive per far fronte ai vari problemi – non solo quelli legati alla salute – che questa situazione di emergenza sta causando.

(8) Si v. G.L. GATTA, Coronavirus, limitazione di diritti e libertà fondamentali, e diritto penale: un deficit di legalità da rimediare, in www.sistemapenale.it (16 marzo 2020), p. 2 del paper.

(9) Questi Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, certo, sono uno strumento più veloce e flessibile per far fronte ad una situazione così mutevole e mai vista sinora, ma – come afferma B. CARAVITA DI TORITTO, L’Italia ai tempi del coronavirus: rileggendo la Costituzione italiana, in Federalismi.it, n. 6/2020, p. VI. – rischiano di sovraesporre oltremodo la persona e il ruolo del Presidente del Consiglio.

Ritiene che sia meglio adottare decreti-legge ex art. 77 Cost. quando la situazione d’emergenza impone una limitazione delle libertà fondamentali F. CLEMENTI, Quando l’emergenza restringe le libertà meglio un decreto legge che un Dpcm, nell’articolo apparso su Il Sole24Ore il 13 marzo 2020, p. 12.

(10) Come rileva G.L. GATTA, Coronavirus, limitazione di diritti e libertà fondamentali, e diritto penale: un deficit di legalità da rimediare, cit., p. 2 del paper.

(11) Per il carattere relativo della riserva di legge prevista dall’art. 16 Cost. si v. Corte cost., sentt. n. 2 del 1956 e n. 72 del 1968. In dottrina propendono per il carattere relativo di tale riserva M. MAZZIOTTI DI CELSO, Circolazione (libertà di), in Enc. dir., VII, Milano, 1960, p. 22 e U. DE SIERVO, Soggiorno, circolazione, emigrazione (libertà di), in Nss. dig. it., XVII, Torino, 1970, p. 820.

(12) G. DE VERGOTTINI, Diritto costituzionale, 9ª ed., Padova, 2017, p. 223.

(13) A onor del vero il termine finale dello “stato di emergenza” era già stato fissato con la delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, adottata ai sensi dell’art. 24 del d.lgs. n. 1 del 2018, che dichiara lo

“stato di emergenza” per sei mesi.

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Quanto alla natura giuridica dei D.P.C.M. si è osservato come questi abbiano una “doppia”

legittimazione: da un lato, tale legittimazione gli deriva dal d.l. n. 6 del 2020, dall’altro, come ordinanze di protezione civile (14).

2. Questa grave situazione di emergenza dovrebbe – una volta terminata – far riprendere il dibattito sulle riforme costituzionali necessarie.

Si è già detto che nella nostra Costituzione non vi è una disciplina dello “stato di emergenza” e sarebbe ora che anche la nostra Carta ne avesse una.

Se proprio non si volesse introdurre una disciplina a sé stante dello “stato di emergenza”, sarebbe sufficiente – a parere dello scrivente – uniformare lo “stato di emergenza” a quello di “guerra”, prevedendo anche in questo caso che sia il Parlamento, sede della rappresentanza del popolo, a deliberare lo “stato di emergenza” e a conferire i “poteri necessari” al Governo (15). Ci sembra questa una soluzione nella quale viene valorizzato e rafforzato il ruolo del Parlamento, chiamato ad esprimere una decisione così importante e ad essere esso stesso, valutando caso per caso il livello di emergenza, a stabilire quali misure possa adottare l’Esecutivo, prima di un intervento unilaterale da parte di quest’ultimo con decreto-legge, cosa che – invece – metterebbe (come sta accadendo oggi) le Camere di fronte al fatto compiuto, potendo queste solo convertire o no oppure modificare tale atto-fonte, senza in alcun modo poter incidere previamente sulla decisione del Governo.

Quello che occorre è, dunque, un coinvolgimento preventivo delle Camere. Un coinvolgimento che si invera necessariamente nel confronto e nel dibattito politico tra maggioranza e opposizione, per cercare soluzioni il più possibile condivise in un momento di straordinaria difficoltà.

Questo modello – fra l’altro – sarebbe sicuramente più in linea con lo “spirito” della Carta costituzionale, imperniato – com’è – sulla centralità del Parlamento, che in tali casi verrebbe ampiamente rispettato (16).

Occorrerebbe, altresì, introdurre il principio per cui tutte le misure che il Governo dovrà adottare per affrontare l’emergenza debbono essere necessarie, adeguate e soprattutto proporzionate ai fini da raggiugere. Di queste misure dovrebbero essere successivamente informati – in modo tempestivo – i Presidenti delle due Camere e la Corte costituzionale. Su tali misure sarebbe necessario – infatti – che si esprimesse, con un parere obbligatorio, ma non vincolante, l’organo di giustizia costituzionale, organo chiamato spesso ad operare un giudizio di bilanciamento tra diritti confliggenti nella risoluzione delle controversie a esso demandate.

Sarebbe necessario, inoltre, a parere dello scrivente, che venisse fissato un limite temporale minimo e uno massimo dello “stato di emergenza”, prorogabile solo se lo stesso “stato di emergenza” persistesse. Di tale proroga dovrà essere informata immediatamente la Corte costituzionale che – questa volta – si esprimerà con un parere obbligatorio e vincolante.

(14) Come nota B. CARAVITA DI TORITTO, L’Italia ai tempi del coronavirus, cit., p. VII.

(15) Ritiene che in situazioni di emergenza si dovrebbero tenere in giusta considerazione i princìpi informatori dell’art. 78 Cost. – specialmente il conferimento da parte del Parlamento dei poteri necessari al Governo e un controllo parlamentare successivo sull’operato di quest’ultimo – G. DE VERGOTTINI, Diritto costituzionale, cit., p. 251.

Occorre, inoltre, notare come, in questa situazione di emergenza sanitaria inedita per il nostro Paese, anche le più alte cariche dello Stato si riferiscano ad essa definendola “stato di guerra”. Ciò a maggior ragione avrebbe dovuto indurre un coinvolgimento preventivo del Parlamento, secondo – appunto – lo schema dell’art. 78 Cost.

(16) Aspetto, questo, segnalato molto efficacemente da L. PALADIN, op. ult. cit., p. 229, sempre con riferimento allo “stato di guerra”. Per il Paladin – fra l’altro – la norma di chiusura dell’ordinamento costituzionale sarebbe proprio l’art. 78 Cost. e non – come, invece, sostenuto da C. ESPOSITO, Decreto-legge, cit., p. 835, 840 ss. – l’art.

77 Cost.

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Durante tale periodo sarebbe utile prevedere, inoltre, che il Governo – in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri o un Ministro da lui delegato – riferisca al Parlamento con cadenza settimanale sull’evolversi di tale situazione.

Anche il riparto delle competenze legislative tra lo Stato e le Regioni andrebbe rivisto alla luce di questi accadimenti (17). Come noto, l’art. 117 Cost. attribuisce alla competenza ripartita le materie della “tutela della salute” e della “protezione civile” e sta emergendo, in queste situazioni, tutta la difficoltà di adottare misure uniformi, che invece sarebbero necessarie, affinché il divario tra il Nord e il Sud del Paese non comprometta la tutela della salute, diritto questo definito espressamente «fondamentale» (18) dalla Costituzione stessa all’art.

32. Sarebbe auspicabile, allora, nella prossima stagione di riforme costituzionali, procedere ad una riscrittura dell’intero art. 117 Cost., attribuendo allo Stato queste e altre materie presenti nel terzo comma, materie che meritano una disciplina uniforme in tutto il Paese.

3. Un tema su cui oggi si sta dibattendo molto – che qui può essere solo accennato – riguarda l’installazione di applicazioni geo-localizzatori sui dispositivi mobili (19), al fine di verificare gli spostamenti delle persone e di tracciare – se si è affetti da questo virus – i contatti avuti con altri soggetti per capire la catena del contagio. Contro tale iniziativa si è sostenuto che tale applicazione lederebbe il diritto alla privacy, permettendo di controllare dati ritenuti sensibili. In realtà, in una situazione come questa, è necessario poter controllare gli spostamenti per verificare, da un lato, se le misure “restrittive” cui tutti oggi siamo soggetti vengono rispettate e, dall’altro, per tracciare l’eventuale catena di contagio. In un bilanciamento dei diritti tra loro confliggenti, come il diritto alla privacy e il diritto alla salute, il primo cede di fronte al secondo, che, non a caso, è definito nella nostra Costituzione come «fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività». In più, bisogna anche osservare come tali dati, una volta terminata questa grave situazione, verranno cancellati dai vari database e – dunque – non ve ne sarà più alcuna traccia.

Insomma – e per concludere – in tali casi vale la massima per cui «salus populi suprema lex esto» (20), per cui il diritto alla privacy ben può essere temporaneamente limitato di fronte ad un preminente interesse della collettività: la salute di tutti.

(17) Come si augura anche B. CARAVITA DI TORITTO, op. ult. cit., p. IX.

(18) Cfr. M. LUCIANI, Il diritto costituzionale alla salute, in Dir. e soc., 1980, p.769 ss.

(19) Come sta avvenendo in Corea del Sud.

(20) CICERONE, De legibus, III, par. 8.

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