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Nel quesito si richiamano le competenze proprie delle sezioni specializzate in materia d’impresa, costituite con il decreto legge n

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OGGETTO: Pratica num. 187/VV/2020 - Quesito con il quale si richiedono chiarimenti in ordine ai limiti di permanenza nell'incarico dei giudici assegnati alla sezione specializzata in materia di impresa.

(delibera 29 aprile 2020)

Il Consiglio

letto il quesito proposto in data 27 febbraio 2020 da parte del presidente del Tribunale di XXX, OSSERVA

Il presidente del Tribunale di XXX in data 27 febbraio 2020 ha posto un quesito al Consiglio relativamente alla permanenza decennale nelle sezioni specializzate in materia d’impresa, “in considerazione dell’avvicinarsi della scadenza del termine decennale di permanenza con riferimento ad alcuni dei giudici assegnati alla Sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Roma”.

Nel quesito si richiamano le competenze proprie delle sezioni specializzate in materia d’impresa, costituite con il decreto legge n. 1/2012 (convertito con modifiche dalla legge n. 27/2012) allo scopo di garantire particolari competenze e particolare celerità decisionale per giudizi complessi e mediamente di notevole rilievo economico. La suddetta disciplina e le suddette rationes renderebbero inapplicabile alle sezioni specializzate in materia d’impresa “il limite di decennalità di permanenza dei magistrati nella medesima sezione ovvero nella medesima posizione tabellare”: tale limite contrasterebbe infatti “con la stessa ratio della riforma, che vorrebbe che le controversie in questione fossero decise da un giudice specializzato”. Si dovrebbe, piuttosto, applicare la normativa relativa ai Tribunali di sorveglianza, ai Tribunali per i minorenni ed ai giudici del lavoro di pianta organica, i quali sono tutti esonerati, per espressa previsione del regolamento consiliare del 13 marzo 2008, dalla regola della decennalità. Come per le sezioni lavoro, infatti,

“le materie specializzate del Tribunale delle imprese sono, oltre che definite con precisione dalla legge, tendenzialmente assegnate indistintamente senza alcuna suddivisione interna e rappresentano una settorializzazione nell’ambito del diritto privato”.

Il quesito posto dal presidente del Tribunale di XXX così si conclude: “lo scrivente chiede a codesto Consiglio superiore della magistratura di indicare se – nel rispetto delle finalità perseguite dal legislatore con la istituzione delle sezioni specializzate in materia di impresa – possa ritenersi esclusa in radice la previsione di termini massimi di permanenza nell’incarico per i giudici assegnati alle Sezioni specializzate suddette, esercitando essi funzioni specialistiche analoghe ai giudici assegnati alle Sezioni lavoro”.

Tanto premesso, il Consiglio osserva che la materia è regolata dall’art. 45 del d.lgs. n. 160/2006, per come modificato dalla legge n. 111/2007. Tale norma stabilisce che “i magistrati che esercitano funzioni di primo e secondo grado possono rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo le medesime funzioni o, comunque, nella stessa posizione tabellare o nel medesimo gruppo di lavoro nell’ambito delle stesse funzioni, per un periodo stabilito dal Consiglio superiore della magistratura con proprio regolamento tra un minimo di cinque e un massimo di dieci anni a seconda delle differenti funzioni”.

Il regolamento consiliare attuativo della norma primaria è stato adottato con delibera del 13 marzo 2008, poi modificata in data 11 febbraio 2015 (“regolamento in materia di permanenza nell’incarico presso lo stesso ufficio”).

La norma primaria, così come modificata dalla legge n. 111\2007, fa riferimento, quanto alle funzioni giudicanti, allo svolgimento, nello stesso ufficio, delle “medesime funzioni” ovvero alla copertura della

“stessa posizione tabellare”; la pregressa formulazione della norma faceva invece riferimento al “medesimo incarico nell'ambito delle stesse funzioni”.

Il regolamento consiliare ha ritenuto la suddetta norma di rango primario concretamente applicabile soltanto quando sia possibile, all’interno del medesimo ufficio, cambiare posizione tabellare; viceversa, l’ha ritenuta inapplicabile ai Tribunali ed alle Corti d’appello costituiti in sezione unica promiscua (salvo che per le funzioni di giudice dell’esecuzione, di giudice fallimentare e di gip/gup) e agli uffici specializzati ed autonomi. Per i primi si è ritenuto che “non è realisticamente possibile ipotizzare una rigorosa applicazione dei termini massimi di permanenza, se non a prezzo di attuare dei veri e propri sconvolgimenti degli assetti

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tabellari o di violare il principio di inamovibilità del magistrato1”. Per i secondi si è poi valutato che l’assenza di una divisione in sezioni e l’omogeneità della materia trattata ostino all’applicazione della regola della decennalità. Più in dettaglio, per i Tribunali di sorveglianza si è scritto che “l’assenza di una divisione in sezioni ed il tendenziale modesto organico di tali organi giudicanti (…) rende difficilmente realizzabile la previsione di termini massimi nella medesima posizione tabellare”; per i Tribunali per i minorenni si è scritto che “il modello tabellare prescelto negli Uffici … prevede una unica sezione promiscua. Pertanto i magistrati addetti sono di regola destinatari di una pluralità di incarichi che renderebbe ardua … la circolazione interna a causa del superamento dei termini massimi di permanenza. Del resto è la stessa normativa di legge (…) a stabilire un regime di favor per la pluralità di competenze nell’ambito della funzione giudiziaria minorile”; per i “giudici del lavoro di pianta organica, ossia per quelli che vengono destinati a tali funzioni in virtù di un provvedimento di tramutamento emesso dal Consiglio superiore della magistratura”, il regime di decennalità non è praticabile perché non è realisticamente attuabile una suddivisione interna tra materie, sia “in ragione del numero dei magistrati in pianta organica” sia “in ragione delle connotazioni di tali materie, che già rappresentano una settorializzazione nell’ambito del diritto privato avuto riguardo alle singole tipologie contrattualistiche previste dal legislatore nel regolare le indubbie complessità esistenti nel mondo del lavoro”.

Del resto, il riferimento alla “stessa posizione tabellare” contenuto nell’art. 19 del d.lgs. n. 160/2006 fa intendere che l'assegnazione alle funzioni per cui si può maturare la permanenza decennale deve essere di natura tabellare, così come avviene nelle sezioni specializzate agraria e impresa, mentre invece al Tribunale di sorveglianza, al Tribunale per i minorenni ed al giudice del lavoro di pianta organica l'assegnazione alle funzioni non è di natura tabellare ma deriva direttamente dal trasferimento o dall'assegnazione del magistrati all’ufficio o alla sezione, senza che rilevi la destinazione di natura tabellare.

Da quanto scritto emerge come la condizione delle sezioni specializzate all’interno del Tribunale cd.

ordinario non sia parificabile a quella delle funzioni specializzate autonome, ossia inserite in uffici che hanno una loro autonomia ordinamentale dal Tribunale ordinario, completa o temperata. L’autonomia è completa per i Tribunali per i minorenni (cfr. art. 49 del regio decreto n. 12/1941) e per il Tribunale di sorveglianza (cfr. art. 70 della legge n. 354\1975), costituiti in uffici autonomi, diretti da un apposito presidente del Tribunale ed ai quali sono assegnati giudici che svolgono unicamente quelle funzioni. L’autonomia dal Tribunale cd. ordinario non è assoluta ma è comunque riconoscibile anche per i giudici del lavoro di pianta organica dei Tribunali ordinari, dato che essi, pur diretti dallo stesso presidente del Tribunale cd. ordinario, sono destinati alle sezioni lavoro in virtù di apposito e separato tramutamento e si occupano esclusivamente della materia lavoristica e previdenziale, non potendo, sulla base di una mera destinazione tabellare, trattare cause diverse da quelle di natura lavoristica.

Al contrario, i giudici destinati alla sezioni specializzate dei Tribunali cd. ordinari (ad esempio, oltre la sezione specializzata d’impresa, anche la sezione specializzata agraria) lo sono in virtù di un provvedimento amministrativo di natura tabellare e non già di un’autonoma destinazione di pianta organica. Dunque, in assenza di un’autonoma destinazione di pianta organica, per la sezione specializzata d’impresa valgono le stesse regole proprie di ciascuna sezione dei Tribunali plurisezionali, specializzate o meno; regole che servono anche a garantire la rotazione nello svolgimento di tali funzioni, permettendo anche ad altri magistrati di poterle ricoprire.

Del resto, la regola della permanenza decennale vale anche per i giudici del lavoro che svolgano tale funzione non già in virtù di un’apposita destinazione di pianta organica bensì di un’assegnazione tabellare:

1 Così si scrive nella relazione di accompagnamento. Si prosegue nella stessa relazione affermandosi che negli uffici monosezionali “ben raramente ogni magistrato ha un’unica materia da trattare, e non di rado ai giudici vengono assegnati promiscuamente incarichi sia di natura penale che civile, senza che in dette macromaterie sia possibile prevedere le forme di specializzazione attuabili nei Tribunali plurisezionali. Prevedere, pertanto, un termine massimo per la materia penale o per la materia civile negli uffici in questione è del tutto irrealistico, poiché, in una situazione strutturale che in buona parte tende al pieno organico, ciò costringerebbe ad effettuare degli incroci di funzioni tra giudici”. Le eccezioni relative ai giudici fallimentari e dell’esecuzione, nonché ai gip\gup, sono state così spiegate nella medesima relazione: “ragioni di prudenza e cautela suggeriscono di indicare un termine di durata massima nel relativo incarico pari a dieci anni, tenuto conto delle modalità di svolgimento delle procedure, dei penetranti poteri conferiti al giudice che procede, della natura e della qualità dei soggetti coinvolti e – non ultimo – della percezione esterna del potere di gestione di patrimoni a volte anche ingenti, che rende opportuno un più frequente ricambio. Le medesime argomentazioni sono utilizzabili anche per i giudici che svolgono funzioni di gip\gup … qui richiamandosi quanto già affermato circa la particolare natura di una figura di magistrato competente in materia di diritti di libertà di una persona…”.

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essi “sono invece soggetti alla disciplina del termine massimo decennale di permanenza, non essendovi ragioni per sottrarli all’ordinario regime vigente per gli altri giudici dei Tribunali suddivisi in più sezioni, ben potendo essere destinati ad altre funzioni” (così nella già citata relazione di accompagnamento al regolamento del 2008).

Dinanzi a tali dati di natura ordinamentale, derivanti anche da norme di rango primario, sono necessariamente recessive le pur apprezzabili considerazioni di natura finalistica svolte nel quesito.

Va quindi affermato che i giudici delle sezioni specializzate in materia d’impresa sono soggetti al termine massimo di permanenza decennale nella stessa funzione.

In questi termini, del resto, si è già espresso in passato il Consiglio, in maniera implicita ma inequivoca (cfr.

risposta a quesito nella pratica n. 399/VV/2017).

Pertanto,

delibera

di rispondere al quesito affermando che per le sezioni specializzate in materia d’impresa vale la regola di permanenza decennale nella medesima posizione tabellare di cui all’art. 45 del d.lgs. n. 160/2006 ed al regolamento consiliare del 13 marzo 2008.".

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