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Necessità dell’intervento normativo

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Academic year: 2022

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Nota in data 13 giugno 2006 con la quale il Ministro della giustizia trasmette, ai fini della predisposizione del parere, il testo del disegno di legge, approvato dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 9 giugno 2006 concernente: «Sospensione dell’efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario.» ai sensi dell'art. 10, 2° comma della legge n. 195 del 1958.

(Deliberazione del 22 giugno 2006)

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 22 giugno 2006, ha approvato il seguente parere:

«Parere, ai sensi dell'art. 10, 2° comma della legge n. 195 del 1958, sul disegno di legge approvato il 9 giugno 2006 dal Consiglio dei ministri avente ad oggetto la sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario. (Richiesta del Ministro della giustizia del 13 giugno 2006).

1. Necessità dell’intervento normativo.

Con nota del 13 giugno 2006, pervenuta il 15 successivo, il Ministro della giustizia ha chiesto un parere, ai sensi dell’art. 10, 2° comma della legge 24 marzo 1958, n. 195, sul disegno di legge governativo approvato nella seduta del Consiglio dei ministri del 9 giugno 2006 concernente

“Sospensione dell’efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario”.

L’Ufficio studi ha redatto in merito il parere n. 184/2006 che si allega.

Il Consiglio superiore ha espresso pareri su tutti i testi relativi al recente intervento legislativo di modifica della disciplina di ordinamento giudiziario, sia per quanto riguarda il disegno di legge delega, nelle sue diverse e successive stesure (delibere 12 giugno 2002, 22 maggio 2003 e 15 luglio 2004), sia su tutti gli schemi di decreti legislativi (1). In quelle sedi sono stati evidenziati, con la necessaria ampiezza argomentativa, i profili di illegittimità costituzionale della legge delega e quindi dei decreti legislativi delegati. Si è in particolare segnalata la violazione della competenza che l’art. 105 Cost. attribuisce al Consiglio (in relazione al meccanismo generalizzato dei concorsi, che si basa su valutazioni sostanzialmente rimesse alla Scuola e alle commissioni d’esame;

all’emarginazione del Consiglio nell’attività di formazione dei magistrati; alla sottrazione degli uffici del p.m., alle valutazioni di legittimità e congruità dei progetti organizzativi; al potere del Ministro di impugnare le nomine dei dirigenti degli uffici), la violazione dell’art. 111 Cost., per l’improprio ruolo assegnato alla Corte di cassazione di vertice (non del sistema delle impugnazioni ma) dell’organizzazione della giurisdizione (per la preponderanza nelle commissioni di concorso, e negli organi direttivi della Scuola, nonché per il titolo preferenziale attribuito ai magistrati di legittimità ai fini della nomina dei dirigenti) e dell’art. 112 Cost. (per l’esasperata gerarchizzazione degli uffici del p.m., oltre che per la denunciata abrogazione dell’art. 7 ter dell’Ord. giud.

previgente). Alcuni dei più rilevanti profili di illegittimità costituzionale sono stati anche oggetto del messaggio presidenziale, ex art. 74, 1° comma Cost., del 16 dicembre 2004.

Negli stessi pareri il Consiglio superiore ha anche evidenziato le principali ricadute negative della nuova disciplina sull’organizzazione e quindi sull’efficienza degli uffici.

Poiché i rilievi svolti, sia per quanto riguarda i profili di illegittimità costituzionale che per quelli che riguardano le negative ricadute sull’efficienza del servizio giudiziario, hanno trovato accoglienza nella legge n. 150 del 2005 solo molto marginalmente, oltre ai motivi già indicati nella relazione illustrativa del disegno di legge (necessità di una tempestiva riorganizzazione di interi settori dell’apparato giudiziario e di un ampio e profondo intervento del Consiglio superiore in numerosi e complessi ambiti), si pongono anche ragioni che attengono alla necessità di porre urgentemente allo studio, senza che medio tempore si verifichino ulteriori effetti pregiudizievoli,

1 Delibera 20 dicembre 2005, circa lo schema di decreto concernente l’organizzazione degli uffici del pubblico ministero (oggi d.lgs. n. 106/2006); delibera 11 gennaio 2006, circa lo schema di decreto riguardante l’accesso in magistratura e la progressione economica e di funzioni dei magistrati (oggi d.lgs. n. 160/2006); delibera del 18 gennaio

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interventi normativi idonei a dare risposta alle predette osservazioni, restituendo al Consiglio le competenze costituzionalmente previste, e con ciò sanando un vulnus nel sistema degli equilibri costituzionali, prevenendo, nel contempo, un probabile futuro contenzioso.

2. Ulteriori ragioni della necessità dell’intervento normativo.

Quanto alle ulteriori motivazioni dell’intervento legislativo ritiene il Consiglio che siano del tutto condivisibili quelle indicate nella relazione al disegno di legge.

Si deve soprattutto richiamare il carattere non solo vasto e complesso delle radicali modifiche nell’organizzazione degli uffici, specialmente di quelli del p.m., e nel complessivo assetto della magistratura, ma anche la necessità di un immediato e al tempo stesso globale, nonché coerente intervento del Consiglio per evitare effetti negativi come quello, ad esempio, che deriverebbe da una possibile disomogeneità dei modelli organizzativi degli uffici requirenti, che provocherebbe inevitabilmente incertezze gestionali e disorientamento degli utenti del servizio giudiziario, o del blocco della mobilità orizzontale, verticale e funzionale, con conseguente prolungamento delle vacanze negli organici degli uffici giudiziari, a seguito dell’applicazione del d.lg.vo n. 160 del 2006. Né sono di secondaria importanza la stasi di settori importanti e delicati dell’attività consiliare, come quella che riguarda le pratiche relative alle situazioni di incompatibilità (ambientali, funzionali o parentali), per le quali è necessario compiere la valutazione della sussistenza dei presupposti per la trasmissione ai titolari dell’azione disciplinare (astratta configurabilità di un illecito disciplinare) o i pericoli di ingolfamento dell’attività del Procuratore generale della cassazione e della sezione disciplinare per la prevista immediata sopravvenienza di sette o ottocento nuovi procedimenti.

Anche se i poteri del Consiglio superiore rimangono integri nel periodo prossimo alla scadenza e per quello successivo, fino all’insediamento del nuovo Consiglio (art. 30, 2° comma l. 195/1958), e, pertanto non si verifica alcun vuoto di potere dal punto di vista formale, è indubbio che il periodo di transizione, tra vecchio e nuovo Consiglio, con il concitato aumento delle procedure da definire, da un lato, determina la necessità di un certo rodaggio dei nuovi componenti, dall’altro, non è favorevole all’approfondimento di problematiche interpretative e applicative molto ampie e complesse e anche per la ricerca di articolate soluzioni soddisfacenti sul piano organizzativo e della normazione secondaria.

Le problematiche applicative, come pure è ben messo in evidenza nella relazione al disegno di legge, sono aggravate dal fatto che i decreti legislativi solo molto parzialmente prevedono una necessaria disciplina transitoria. Questa circostanza, oltre ad aggravare le difficoltà organizzative, in quanto pone sul tappeto immediatamente la totalità dei problemi applicativi, invece di scaglionarli nel tempo, può provocare effetti irreversibili, come ad esempio l’estinzione di un rilevante numero di procedimenti disciplinari a seguito della riduzione ad un anno del periodo entro il quale la sezione disciplinare deve definire i giudizi. Tale numero è stato calcolato in circa il venti per cento dei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del d.lg.vo n. 109, oltre a un altro venti per cento entro il 31 ottobre 2006.

Dall’individuazione delle ragioni che impongono l’intervento normativo deriva, evidentemente, anche l’urgenza del provvedimento. Scartata dal Governo l’ipotesi del ricorso alla decretazione d’urgenza, certamente è auspicabile che il Parlamento possa rapidamente esaminare ed approvare il disegno di legge.

3 L’analisi della norme del disegno di legge: art. 1.

Scendendo all’analisi delle singole disposizioni nelle quali si articola il disegno di legge si osserva quanto segue.

Con l’art. 1 viene disposta la sospensione dell’efficacia delle disposizioni contenute nei decreti legislativi del 20 febbraio 2006 n. 106 - recante “Disposizioni in materia di riorganizzazione dell’Ufficio del pubblico ministero, a norma dell’art. 1, comma 1, lett. d), della legge 25 luglio 2005

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“Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilità, nonché modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio, a norma dell’art. 1, comma 1, lett. f), della legge 25 luglio 2005 n. 150”

(entrato in vigore il 19 giugno 2006) e del 5 aprile 2006 n. 160 - recante “Nuova disciplina dell’accesso in magistratura nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’art. 1, comma 1, lett. a), della legge 25 luglio 2005 n. 150”, che entrerà in vigore il 28 luglio 2006. L’efficacia di tutte le norme contenute in questi tre decreti è sospesa fino al 1° marzo 2007.

La sospensione dell’efficacia dei decreti delegati citati costituisce lo strumento idoneo per raggiungere le finalità indicate nella relazione al disegno di legge e quella più ampia, ma egualmente indispensabile, individuata al numero 1, evitando il verificarsi di situazioni pregiudizievoli per il buon andamento del servizio giudiziario e consentendo l’apprestamento di eventuali interventi normativi correttivi.

Deve anzi osservarsi che per il raggiungimento di dette finalità il termine di sospensione previsto dall’art. 1 potrebbe non essere adeguato, non solo per una approfondita riflessione sui profili più generali, ma anche per la risoluzione dei molti problemi che il Consiglio ha già individuato. Per esemplificare, oltre ad alcune norme di immediata applicabilità (artt. 3, 5 e 6 del d.lg.vo n.

106/2006) concernenti, rispettivamente, la disciplina dei visti, i rapporti con i media ed i poteri di controllo del Procuratore generale, molte altre norme richiedono interventi per superare i seri problemi di applicabilità che pongono, a cominciare da quelli derivanti dall’esigenza di garantire una certa omogeneità degli assetti organizzativi delle Procure. Ugualmente la stessa osservazione si impone per il d.lgs. n. 160/2006, i cui articoli 25, 49 e 55, gli unici a dettare lumi sulla fase transitoria, sembrano del tutto insufficienti ad assicurare la piena futura attuazione della riforma, fortemente caratterizzata da aspetti di farraginosità e di ingestibilità, già denunciati nei precedenti pareri. Parimenti, ed anzi a maggior ragione, dicasi per le norme in materia di illecito disciplinare, caratterizzate dall’assoluta mancanza di una normativa transitoria, il che pone problemi rilevantissimi sia sul piano sostanziale (per la mancanza di principi generali applicabili alla successione di norme nel tempo), sia su quello processuale (ad esempio in tema di decadenze). Per non dire della norma in tema di applicazione dell’art. 2 della legge delle guarentigie o degli articoli 18 e 19 Ord. giud..

Ancora più ampi e delicati saranno poi i problemi da risolvere se si intendesse, come il Consiglio superiore ha sempre auspicato, procedere alla sostituzione del sistema dei concorsi con un rigoroso ed efficiente sistema di valutazioni di professionalità.

Deve anche osservarsi che la determinazione del termine finale della sospensione dell’efficacia dei decreti delegati, di cui si tratta, al 1° marzo 2007 fa sorgere il pericolo che non possa essere interamente utilizzato il termine stesso, dovendo tenersi conto anche del tempo necessario per l’approvazione del disegno di legge. Più opportuno sarebbe prevedere che la durata della sospensione (che congruamente potrebbe essere determinata in un anno) decorra dalla data di entrata in vigore della legge.

Un’ulteriore osservazione a questo punto si impone. Poiché, infatti, alla data dell’approvazione del disegno di legge si saranno già prodotti alcuni effetti dei decreti delegati entrati in vigore, e poiché certamente si tratta di effetti probabilmente non previsti e, comunque, non desiderabili (come ad esempio l’eventuale estinzione di un consistente numero di procedimenti disciplinari, il blocco dell’attività della Procura Generale della Cassazione e della sezione disciplinare, la stasi dell’attività consiliare in tema di accertamento delle situazioni di incompatibilità), il Consiglio ritiene che sarebbe opportuno introdurre anche una disciplina idonea a eliminare, o quanto meno a minimizzare, gli effetti negativi già prodotti medio tempore.

4. Segue:art. 2.

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Con l’art. 2, si dispone che all’articolo 1, comma 3, primo periodo, della legge 25 luglio 2005 n.

150, le parole: “entro i novanta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 1” sono sostituite con l’indicazione di diversa scadenza, fissata al 1° giugno 2007.

Le norme di coordinamento e la disciplina transitoria, pertanto, potranno essere adottate, nelle forme e nei modi di cui ai commi 4 e 5 dell’art. 1 della legge n. 150, anche oltre l’iniziale termine finale del 31 ottobre 2006, fino al 1° giugno 2007.

Si tratta di norma consequenziale al differimento dell’efficacia dei decreti delegati, sulla quale non c’è alcun rilievo da fare se non quello che in caso di ampliamento del termine di differimento dovrebbe essere, ovviamente, ulteriormente spostato anche il termine per l’emanazione della disciplina transitoria e di coordinamento.

5. Segue: art. 3.

L’art. 3 del d.d.l. dispone che “fino al 28 febbraio 2007 si applica il comma secondo dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958 n. 916, nel testo risultante dalla modifica di cui all’articolo 14 della legge 12 aprile 1990 n. 74”.

La norma concerne il collocamento fuori ruolo ed il successivo rientro in ruolo dei Consiglieri togati del Consiglio superiore della magistratura. L’art. 14 della legge 12 aprile 1990 n. 74, modificando l’art. 30 del d.p.r. n. 916 del 1958, disponeva che i magistrati eletti al Csm e collocati fuori ruolo, alla scadenza del mandato, dovessero rientrare in ruolo con destinazione di regola

“nell’ufficio di provenienza, eventualmente anche in soprannumero, ovvero in altro ufficio per il quale abbiano espresso disponibilità”. Tale disposizione è stata sostituita dalla l. 28 marzo 2002 n.

44, il cui art. 13 prevede l’obbligo, senza eccezioni, per i consiglieri togati uscenti di riprendere il servizio nell’ufficio di provenienza e nelle funzioni precedentemente esercitate con divieto, per due anni a far data dalla cessazione dell’appartenenza al Consiglio, di accedere a funzioni direttive o semidirettive (a meno che non siano quelle già esercitate) o a funzioni non giudiziarie, a meno che non si tratti di nuove e diverse funzioni elettive.

La norma proposta consente, quindi, al Consiglio di nuova nomina il tempo necessario e sufficiente per collocare i consiglieri uscenti non più soltanto nell’ufficio e nelle funzioni di provenienza, ma anche in altre funzioni (ivi compreso un nuovo collocamento fuori ruolo) per le quali vi sia stata un’espressa manifestazione di disponibilità da parte dell’interessato.

Deve ricordarsi che, in ordine alla modifica dell’art. 30 del d.p.r. n. 916 del 1958 attuata con la legge n. 44 del 2002, sono state espresse a suo tempo forti riserve, sia perché la norma appare ispirata a una generica logica di sospetto di favoritismi nella concreta destinazione dei componenti togati alla scadenza della consiliatura, sia perché diretta a introdurre una disciplina sostanzialmente punitiva e penalizzante nei confronti degli eletti, inevitabilmente connessa a una valutazione non positiva dell’esercizio di una funzione elettiva, che invece appare indispensabile per la corretta attuazione del disegno costituzionale del governo autonomo della magistratura. Non altrimenti potrebbe essere letta una disciplina che vieta perfino la partecipazione degli ex componenti ai concorsi reali per il conseguimento di funzioni direttive e addirittura il collocamento fuori ruolo, dipendente da incarichi che non sono nella disponibilità del Consiglio.

Del resto non può ignorarsi che gli accorgimenti adottati dal Consiglio superiore della magistratura per evitare eventuali abusi del concorso virtuale o, meglio, per limitare il perseguimento di indebiti vantaggi attraverso l’uso del concorso virtuale (come il divieto di utilizzazione del concorso virtuale per conseguire posti direttivi, semidirettivi, della Direzione nazionale antimafia e per l’accesso a tutte le funzioni di Cassazione) sono più che adeguati per fugare ogni sospetto.

Tuttavia il testo di legge in questione potrebbe far sorgere il dubbio che possano essere superate le limitazioni ora indicate. A tal fine potrebbe essere opportuna una riscrittura della norma, in modo da abrogare definitivamente il testo dell’art. 13 della l. n. 44/2002 dettando direttamente, senza il rinvio alla legge n. 74/1990, una disciplina corrispondente a quella in tale legge prevista, ferme

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6. Segue: art. 4.

L’art. 4 dispone che “all’articolo 1, comma 6, primo periodo, del decreto-legge 28 agosto 1995 n.

361, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995 n. 437, le parole: “è differita alla data di entrata in vigore del nuovo Ordinamento giudiziario” sono sostituite dalle seguenti: “è differita alla data di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui alla legge 25 luglio 2005 n. 150”.

Gli artt. 7 e 7 bis della l. n. 195/1958, nella versione conseguente all’entrata in vigore della legge 12 aprile 1990 n. 74, prevedono che i magistrati addetti alla segreteria e all’Ufficio studi e documentazione siano sostituiti con “funzionari da selezionare mediante concorsi pubblici”. Ma l’efficacia di tali disposizioni è stata successivamente sospesa ripetutamente fino a che con l’articolo 1, comma 6, primo periodo, del decreto-legge 28 agosto 1995 n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995 n. 437, si è disposto che l’applicazione delle indicate norme della legge n. 74/1990 fosse differita alla data di entrata in vigore del nuovo Ordinamento giudiziario. La norma proposta sposta in avanti il termine fino alla data di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega.

La soluzione proposta non è del tutto soddisfacente.

Innanzi tutto perché non è pacifico che la disciplina dettata dalla legge n. 150/2005 e dai successivi decreti delegati possa essere qualificata come “nuovo Ordinamento giudiziario”, trattandosi di una modificazione ampia, ma non totale della vigente disciplina di Ordinamento giudiziario. Si pensi solo al fatto che non sono stati toccati interi settori, come quello della magistratura onoraria, né è stato oggetto di una nuova disciplina la composizione e il sistema elettorale del Consiglio superiore.

Inoltre è molto problematica l’individuazione del dies ad quem del differimento dell’entrata in vigore della legge n. 74/1990.

In realtà, se il legislatore condividesse la valutazione dell’indispensabilità dell’apporto professionale dei magistrati per l’attività della Segreteria e dell’Ufficio studi, come peraltro avviene per altri Consigli superiori europei, l’occasione sarebbe propizia per abrogare del tutto una disciplina transitoria che è in vigore ormai da tre lustri e insieme ad essa abrogare anche gli articoli 7 e 7 bis della legge n. 195/1958, come modificata con la legge n. 74/1990. Tale anomala durata del regime transitorio, peraltro, è indice sufficientemente univoco che il legislatore è incline a condividere il giudizio positivo sulla presenza dei magistrati alla Segreteria e all’Ufficio studi, sia sotto il profilo dell’apporto di una professionalità difficilmente sostituibile con quella di pubblici funzionari, sia sotto il profilo dell’osservanza delle garanzie costituzionali di indipendenza ed autonomia della magistratura.

In conclusione, salve le marginali perplessità espresse in ordine ad alcuni aspetti tecnici, il Consiglio esprime una valutazione ampiamente positiva del complessivo intervento normativo, sia per le ragioni che lo ispirano che per le soluzioni proposte.».

ALLEGATO parere dell’Ufficio studi e documentazione n. 184/06

I.- Il quesito.

Nella seduta del 20 giugno 2006 la Sesta Commissione Referente di questo Consiglio ha deliberato di richiedere a questo Ufficio studi la predisposizione del materiale ai fini della formulazione del parere richiesto dal Ministro della giustizia sul disegno di legge relativo alla sospensione dell’efficacia delle disposizioni in tema di ordinamento giudiziario. Va premesso che già con nota del 13 giugno 2006 il Ministro della giustizia aveva trasmesso al Consiglio superiore della magistratura il testo del disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 9 giugno 2006 concernente “Sospensione dell’efficacia delle disposizioni in tema di ordinamento giudiziario”.

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II.- L’analisi delle norme del disegno di legge.

Al fine di rispondere alle richieste della Sesta Commissione, giova innanzitutto analizzare il testo del disegno di legge norma per norma, ricostruendo per ognuna di esse il quadro normativo di volta in volta richiamato, con riserva di esprimere successivamente qualche considerazione che possa risultare utile.

Sub art. 1 viene disposta la sospensione dell’efficacia delle disposizioni contenute nei decreti legislativi 20 febbraio 2006, n. 106, 23 febbraio 2006, n. 109 e 5 aprile 2006, n. 160, fino alla data del 1° marzo 2007. Al fine di meglio lumeggiare la portata della norma, giova ricordare che il d.lgs. 20 febbraio 2006, n. 106, concernente “Disposizioni in materia di riorganizzazione dell’Ufficio del pubblico ministero, a norma dell’art. 1, comma 1, lett. d), della legge 25 luglio 2005, n. 150”, è entrato in vigore il 18 giugno 2006, per effetto dell’art. 8 che subordinava l’efficacia del decreto a decorrere dal novantesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 20 marzo 2006. Parimenti il d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, concernente la “Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilità, nonché modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio, a norma dell’art. 1, comma 1, lett.

f), della legge 25 luglio 2005, n. 150”, è entrato in vigore il 19 giugno 2006, per effetto dell’art. 32 che subordina l’efficacia del decreto a decorrere dal novantesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 21 marzo 2006. Ancora vi è da rilevare che il d.lgs. 5 aprile 2006, n. 160, recante “Nuova disciplina dell’accesso in magistratura nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’art. 1, comma 1, lett.

a), della legge 25 luglio 2005, n. 150”, entrerà in vigore il 28 luglio 2006, per effetto dell’art. 56 che ugualmente subordina l’efficacia del decreto a decorrere dal novantesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 29 aprile 2006.

Orbene per effetto del richiamato art. 1 del testo normativo, l’efficacia di tutte le norme contenute in questi tre decreti è sospesa fino al 1° marzo 2007.

Con l’art. 2, si dispone che all’articolo 1, comma 3, primo periodo, della legge 25 luglio 2005, n. 150, le parole: “entro i novanta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 1” sono sostituite con l’indicazione di diversa scadenza, fissata al 1° giugno 2007.

Per meglio consentire la lettura della norma in questione, favorendone la piena comprensione, si ricorda che la legge n. 150/2005, secondo la previsione del comma 48 dell’art. 2, è entrata in vigore il 30 luglio 2005, vale a dire il giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, datata 29 luglio 2005. Mentre l’art. 1, comma 1, della stessa legge delegava il Governo ad adottare, entro un anno dall’entrata in vigore della legge i decreti delegati meglio indicati dallo stesso comma 1, decreti che dunque andavano e vanno adottati entro il 30 luglio 2006, il successivo comma 3 concedeva altri novanta giorni, e dunque fino al 31 ottobre 2006, per l’adozione di “uno o più decreti legislativi recanti le norme necessarie al coordinamento delle disposizioni dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega .. con le altre leggi dello Stato e … la necessaria disciplina transitoria prevedendo inoltre l’abrogazione delle disposizioni con essi incompatibili”.

Orbene la norma in esame differisce al 1° giugno 2007 la data di scadenza per l’adozione dei cennati decreti di coordinamento.

Sub art. 3 si dispone che “fino al 28 febbraio 2007 si applica il comma secondo dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, nel testo risultante dalla modifica di cui all’articolo 14 della legge 12 aprile 1990, n. 74”.

Val la pena di ricordare che la norma concerne il collocamento fuori ruolo ed il successivo rientro in ruolo dei Consiglieri togati del Consiglio superiore della magistratura. Come è noto, originariamente, per effetto del D.P.R. n. 916/1958, il collocamento fuori ruolo dei magistrati

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alla verifica della continuità dell’attività da svolgere nella sede consiliare, ben potendo altrimenti essi continuare ad esercitare le loro funzioni nell’ufficio di appartenenza. Con la legge 3 gennaio 1981, n. 1 si prevedeva l’obbligatorietà del collocamento fuori ruolo. La successiva l. 12 aprile 1990, n. 74, all’art. 14, richiamato dal disegno di legge, disponeva, in aggiunta all’obbligatorietà del collocamento fuori ruolo, che il rientro in ruolo dovesse di regola avvenire “nell’ufficio di provenienza, eventualmente anche in soprannumero, ovvero in altro ufficio per il quale (n.d.e.: i consiglieri) abbiano espresso disponibilità”.

Detta norma veniva integralmente sostituita dalla l. 28 marzo 2002, n. 44, il cui art. 13 - ancora intervenendo sulla formulazione dell’art. 30 dell’originario D.P.R. n. 916/1958 nella versione modificata dodici anni avanti - nel prevedere l’obbligo, senza eccezioni, per i consiglieri togati uscenti di riprendere il servizio nell’ufficio di provenienza e nelle funzioni precedentemente esercitate, disponeva il tassativo divieto, valido per due anni a far data dalla cessazione dell’appartenenza al Consiglio, che questi ultimi accedessero a funzioni direttive o semidirettive, a meno che non fossero quelle già esercitate, e che fossero collocati nuovamente fuori ruolo, a meno che non si trattasse di nuove e diverse funzioni elettive.

Come è evidente, il disegno di legge, sul punto, disponendo fino al 28 febbraio 2007 l’applicabilità della versione dell’art. 30 del D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916, nel testo risultante dalla modifica di cui all’articolo 14 della legge 12 aprile 1990, n. 74, dà un colpo di spugna alle modifiche intervenute, nel contesto della riforma del sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura nel 2002, e concede al Consiglio di nuova nomina il tempo necessario e sufficiente per collocare i consiglieri uscenti non più soltanto nell’ufficio e nelle funzioni di provenienza ma anche in altre funzioni, ivi compreso un nuovo collocamento fuori ruolo, per le quali vi sia stata un espressa manifestazione di disponibilità da parte dell’interessato.

Con l’art. 4, infine, si dispone che “all’articolo 1, comma 6, primo periodo, del decreto- legge 28 agosto 1995, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995, n. 437, le parole: “è differita alla data di entrata in vigore del nuovo ordinamento giudiziario” sono sostituite dalle seguenti: “è differita alla data di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui alla legge 25 luglio 2005, n. 150”.

In sintesi, la norma di cui si dispone il differimento alla data di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega a sua volta differiva, genericamente, all’entrata in vigore della riforma sull’ordinamento giudiziario l’applicazione degli artt. 7 e 7 bis della l.

195/1958 nella versione voluta dalla l. 12 aprile 1990, n. 74. Quest’ultima prevedeva che le figure magistratuali tecniche operanti all’interno del Consiglio, nel ruolo di magistrati addetti alla Segreteria e di magistrati addetti all’Ufficio studi e documentazione, fossero sostituite, con l’entrata in vigore del nuovo ordinamento giudiziario, da “funzionari da selezionare mediante concorsi pubblici”.

Sicchè il differimento previsto nel 1995, per effetto della norma introdotta nel disegno di legge, finisce con lo slittare ulteriormente. Quanto all’individuazione in concreto del termine di detto slittamento, si ritiene che essa non sia al momento possibile, atteso che, come è noto, la l. n.

150/2005 ed i successivi decreti delegati non costituiscono una completa e definitiva riforma dell’ordinamento giudiziario, residuando interi settori di norme del r.d. n. 12/1941 non toccati dalla legge delega. Anche a non voler accogliere questa interpretazione, in via subordinata non vi dovrebbero essere particolari difficoltà ad individuare il cennato termine alla data del 30 ottobre 2010, facendosi applicazione al riguardo dell’art. 2, comma 19, della legge n. 150/2005 nella parte in cui delega il Governo ad adottare, appunto entro il citato termine, un altro decreto legislativo che contenga il testo unico delle norme in materia di ordinamento giudiziario e funga da decreto di riunione, raccordo e collegamento di tutte le disposizioni legislative vigenti nella materia in questione. E dunque, per effetto di detta disposizione, il Consiglio potrà servirsi per almeno quattro anni ancora di professionalità indispensabili, come appresso ancora si avrà modo di osservare.

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III. - Osservazioni dell’Ufficio studi.

Sul testo del disegno di legge sembra opportuno licenziare un giudizio globalmente positivo.

La sospensione dell’efficacia dei decreti delegati citati all’art. 1 appare, invero, uno degli strumenti adeguati, anche se non l’unico, per consentire al Consiglio e, di conseguenza, agli uffici giudiziari ed ai singoli magistrati un maggior spazio di riflessione sulla riforma in via di attuazione, attesa la sua mole, la sua complessità e la sua forte innovatività.

Sono soprattutto queste ultime tre caratteristiche, in sintesi, a determinare la necessità dell’intervento legislativo in commento, anche se non vanno trascurati i già segnalati aspetti di difficile applicabilità di alcune norme, non disgiunti dai rilievi di incostituzionalità e di inefficienza più volte formulati. Giova, al riguardo, richiamare, con il beneficio della successiva allegazione al presente parere, quanto già osservato dal Consiglio nelle risoluzioni del 20 dicembre 2005, circa lo schema di decreto concernente l’organizzazione degli uffici del pubblico ministero (oggi d.lgs. n.

106/2006), dell’11 gennaio 2006, circa lo schema di decreto riguardante l’accesso in magistratura e la progressione economica e di funzioni dei magistrati (oggi d.lgs. n. 160/2006) nonché del 18 gennaio 2006 in ordine alla disciplina sostanziale e processuale degli illeciti disciplinari ed altro (oggi d.lgs. n. 109/2006), soprattutto nella parte in cui dette pronunce si soffermano sulla generale carenza di un’adeguata normativa transitoria nell’ambito dei richiamati decreti, che faccia chiarezza su ciò che è da farsi per darvi piena attuazione2.

Ed anzi, proprio alla luce della denunciata mancanza, non vi è chi non veda che il termine previsto dall’art. 1 del testo rischi di non essere sufficiente per la risoluzione dei molti problemi che già il Consiglio si è, ad ogni modo, adeguatamente rappresentato ma che necessitano dei giusti tempi di riflessione.

È di tutta evidenza, invero, che non tutte le norme concernenti la nuova organizzazione degli uffici del pubblico ministero siano immediatamente applicabili. Se si può affermare una pronta applicabilità per gli art. 3, 5 e 6, concernenti rispettivamente la disciplina dei visti, i rapporti con i media ed i poteri di controllo del Procuratore generale, non vi è dubbio che le altre possano porre seri problemi di immediata applicabilità.

Ugualmente la stessa osservazione si impone per il d.lgs. n. 160/2006, i cui articoli 25, 49 e 55, unici a dettare lumi sulla fase transitoria, sembrano del tutto insufficienti ad assicurare la piena futura attuazione della riforma, fortemente caratterizzata già di suo da aspetti di farragginosità e di ingestibilità, già lamentati. Parimenti, ed anzi a maggior ragione, dicasi per le norme in materia di illecito disciplinare, caratterizzata dall’assoluta mancanza di una normativa transitoria, il che pone problemi rilevantissimi sui termini decadenziali, prescrizionali e sulle norme processuali applicabili.

Nei rappresentati profili, dunque, va vista la necessità dell’intervento legislativo, nel caso di specie atteggiatosi come intervento di sospensione dell’efficacia dei decreti di cui all’art. 1. A questo aggiungasi quanto afferma la relazione accompagnatoria del disegno di legge nella parte in cui ricorda che l’intervento del legislatore si è imposto anche in virtù dell’imminente scadenza di questa consiliatura e della necessità che i nuovi consiglieri acquistino la prima “necessaria esperienza”.

Le stesse ragioni rappresentate finora spingono a guardare favorevolmente anche alla norma sub art. 2, apparendo addirittura consequenziale la necessità del differimento dei decreti di coordinamento a seguito della sospensione dell’efficacia di quelli contemplati sub art. 1.

Quanto, invece, all’art. 3, concernente il rientro in ruolo dei consiglieri in scadenza, va osservato che la norma introdotta dalla l. 44/2002 non viene certamente abrogata ma soltanto congelata pro tempore, riespandendosi a far data dal 1° marzo 2007. Ciò avrà comunque evidenti ricadute sul rientro in ruolo dei consiglieri della consiliatura 2006-2010, ai quali dovrà farsi applicazione di una norma, forse, ingiustificatamente severa, che, nella parte in cui vieta ai componenti del Consiglio l’accesso finanche per concorso reale a posti direttivi o semidirettivi, per un periodo di due anni, presta il fianco a seri dubbi di costituzionalità.

(9)

Del resto anche la versione dell’art. 30 del D.P.R. n. 916 del 1958 voluta dalla l. n. 74/1990, applicabile fino al 28 febbraio 2007 per effetto del disegno di legge in commento, non tiene conto degli accorgimenti adottati dal Consiglio superiore della magistratura per evitare certi abusi del concorso virtuale o, meglio, per limitare il perseguimento di indebiti vantaggi attraverso l’uso del concorso virtuale. Devesi, infatti, tenersi conto che il Consiglio, con circolare P. 11916/2003 del 12 giugno 2003 ha ristretto l’impiego del predetto concorso virtuale introducendo l’art. 28 del punto a del par. V, secondo il quale non è possibile utilizzare per il ricollocamento in ruolo uno strumento che faccia a meno della comparazione reale tra aspiranti per l’accesso ai posti semidirettivi, per l’accesso alla Direzione nazionale antimafia e per l’accesso a tutte le funzioni di Cassazione. Il testo di legge in questione, dunque, supererebbe un restringimento normativo ragionevolmente introdotto dalla normativa secondaria al termine di un ampio dibattito condiviso da tutta la magistratura.

L’occasione, sembra, allora quella di una riscrittura della norma, in modo che questa abroghi definitivamente il testo dell’art. 13 della l. 44/2002 e, nel contempo, renda definitiva la versione a suo tempo introdotta con l. n. 74/1990, sebbene introducendo le limitazioni all’uso del virtuale previste dal Consiglio nel 2003.

Quanto, infine, all’art. 4, il testo di legge sembra aver perso l’importante occasione per abrogare ogni limitazione legislativa alla permanenza dei magistrati addetti alla Segreteria ed all’Ufficio studi e documentazione all’interno del Consiglio, considerata l’importanza del loro operato, difficilmente sostituibile, sotto il profilo tecnico e sotto il profilo dell’osservanza delle garanzie costituzionali di indipendenza ed autonomia della magistratura, con l’operato dei funzionari, a prescindere dai dubbi interpretativi che la l. n. 74/1990 lascia residuare sulle modalità del reclutamento di questi ultimi e sul loro inquadramento. Sul punto non resta che richiamare quanto già affermato dal Consiglio nella risoluzione del 20 gennaio 1993 e nel parere del 15 luglio 2004, che ad ogni buon conto si allegano, circa l’importanza del contributo di dette figure, importanza oggi accresciuta per effetto della limitazione del numero dei consiglieri a seguito della l.

n. 44/2002. Ed anzi sembra questa l’occasione più congrua per segnalare non solo la necessità del mantenimento all’interno del Consiglio delle citate categorie ma anzi per suggerire l’opportunità della previsione di un ampliamento di organico, che sembra imporsi alla luce dell’enorme mole di lavoro cui è sottoposta, troppo spesso ultra vires, ogni unità operativa.

IV. – Conclusioni.

Alla luce della considerazioni svolte si ritiene di aver dato risposta alla Sesta Commissione Referente, illustrando il contenuto delle norme con le considerazioni del caso ed indicando le precedenti pronunce consiliari in argomento.

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