• Non ci sono risultati.

P.A.T. Piano di Assetto del Territorio

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "P.A.T. Piano di Assetto del Territorio"

Copied!
50
0
0

Testo completo

(1)

Data:

01 Ottobre 2009 Commessa:

8634_PAT_MALO Estensori:

Dott. Lorenzo Facco Prof. Geol. Aldino Bondesan Dott.ssa Margherita Fingolo

RELAZIONE TECNICA

P.A.T.

Piano di Assetto del Territorio

VALUTAZIONE DI COMPATIBILITA'

IDRAULICA

(2)

VALUTAZIONE DI COMPATIBILITA' IDRAULICA

INDICE

1 Premessa...2

2 Inquadramento territoriale...4

2.1 GEOLOGIADELTERRITORIODI MALO ...4

2.2 COPERTURA DETRITICA COLLUVIALEED ELUVIALE – MATERIALI ALLUVIONALI – MATERIALIDEGLIACCUMULIDI FRANA ...6

2.3 IDROLOGIADISUPERFICIE...7

2.4 ACQUESOTTERRANEE...10

2.5 SFRUTTAMENTODELLERISORSEIDRICHESOTTERRANEE...13

2.6 GEOMORFOLOGIADEL COMUNEDI MALO...14

2.7 ATTIVITÀDIESCAVAZIONEDELL'ARGILLA...17

3 Valutazione di compatibilità idraulica...18

3.1 PREMESSA...18

3.2 ANALISIDELLATRASFORMAZIONE...19

3.3 ANALISIDELLECONDIZIONIDIPERICOLOSITÀ...26

3.4 ANALISIPLUVIOMETRICAEANALISIDELLAVARIAZIONEDELLEPORTATEINUSCITA...31

3.5 INDICAZIONIPROGETTUALI...47

3.4.1. Sistemi Disperdenti...48

3.4.2. Sistemi di Laminazione e Invaso...51 TAVOLE

Tavola VCI_01_00 …...Carta della rete idraulica 1:10.000 Tavola VCI_02_00 …...Carta delle criticità 1:10.000 Tavola VCI_03_00....Analisi delle criticità idrauliche in relazione alla carta delle trasformabilità 1:10.000

ers. Emissione Data Riesame Verifica Approvazione

00 Relazione tecnica 01/10/09 MF AC AB

DIN EN 9001:2000 Zertifikat 15 100 64250

(3)

1 Premessa

La Giunta della Regione Veneto, con deliberazione n. 3637 del 13.12.2002 aveva prescritto precise disposizioni da applicare agli strumenti urbanistici generali, alle varianti generali o varianti che comportavano una trasformazione territoriale che possa modificare il regime idraulico per i quali, alla data del 13.12.2002 non era concluso l'iter di adozione e pubblicazione compreso l'eventuale espressione del parere del Comune sulle osservazioni pervenute.

Per tali strumenti era quindi richiesta una "Valutazione di compatibilità idraulica" dalla quale si poteva desumere che l'attuale (pre-variante) livello di rischio idraulico non venisse incrementato per effetto delle nuove previsioni urbanistiche. Nello stesso elaborato dovevano esser indicate anche misure

"compensative" da introdurre nello strumento urbanistico ai fini del rispetto delle condizioni valutate.

Inoltre era stato disposto che tale elaborato dovesse acquisire il parere favorevole dell'Unità Complessa del Genio Civile Regionale competente per territorio.

Tale provvedimento aveva anticipato i Piani stralcio di bacino per l'Assetto Idrogeologico (P.A.I.) che le Regioni e le Autorità di bacino avrebbero dovuto adottare conformemente alla legge n. 267 del 3.8.98. Tali Piani infatti contengono l'individuazione delle aree a rischio idrogeologico e la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia nonché le misure medesime. Il fine era quello di evitare l'aggravio delle condizioni del dissesto idraulico di un territorio caratterizzato da una forte urbanizzazione di tipo diffuso.

In data 19 giugno 2007 la Giunta Regionale del Veneto, con deliberazione n. 1841, ha individuato nuove indicazioni per la formazione degli strumenti urbanistici. Infatti si era reso necessario fornire ulteriori indicazioni per ottimizzare la procedura e garantire omogeneità metodologica agli studi di compatibilità idraulica. Inoltre l'entrata in vigore della LR n. 11/2004, nuova disciplina regionale per il governo del territorio, ha modificato sensibilmente l'approccio per la pianificazione urbanistica. Per aggiornare i contenuti e le procedure tale DGR ridefinisce le "Modalità operative ed indicazioni tecniche relative alla Valutazione di Compatibilità Idraulica degli strumenti urbanistici” in quanto è di primaria importanza:

che sia verificata l’ammissibilità di ogni intervento, considerando le interferenze tra i dissesti idraulici presenti e le destinazioni o trasformazioni d’uso del suolo collegate all’attuazione della variante;

che il progetto di trasformazione dell’uso del suolo, che provochi una variazione di permeabilità superficiale, preveda misure compensative volte a mantenere costante il coefficiente udometrico secondo il principio dell’”invarianza idraulica”.

Inoltre anche il "sistema di competenze" sulla rete idrografica ha subito una modifica d'assetto con l'istituzione dei Distretti Idrografici di Bacino, che superano le storiche competenze territoriali dei ciascun Genio Civile e, con la DGR 3260/2002, è stata affidata ai Consorzi di Bonifica la gestione della rete idraulica minore.

(4)

Lo scopo fondamentale dello studio di compatibilità idraulica è quello di far sì che le valutazioni urbanistiche, sin dalla fase della loro formazione, tengano conto dell'attitudine dei luoghi ad accogliere la nuova edificazione, considerando le interferenze che queste hanno con i dissesti idraulici presenti e potenziali, nonché le possibili alterazioni del regime idraulico che le nuove destinazioni o trasformazioni di uso del suolo possono venire a determinare. In sintesi lo studio idraulico deve verificare l'ammissibilità delle previsioni contenute nello strumento urbanistico, prospettando soluzioni corrette dal punto di vista dell'assetto idraulico del territorio.

Per questi motivi la Giunta Regionale (DGR n. 1841) ha ritenuto necessario far redigere per ogni nuovo strumento urbanistico comunale (PAT, PATI o PI) uno studio di compatibilità idraulica che valuti per le nuove previsioni urbanistiche le interferenze che queste hanno con i dissesti idraulici presenti e le possibili alterazioni del regime idraulico.

Per la redazione dello studio di compatibilità idraulica del PAT del Comune di Malo si è operato ai sensi della normativa regionale e secondo le indicazioni derivanti dai seguenti elaborati:

 Analisi geologica del PRG, 2003;

 Studio di Compatibilità idraulica del PRG, 2003;

 PTCP della Provincia di Vicenza, 2007;

 Piano provinciale di emergenza, Provincia di Vicenza, Assessorato alla Protezine Civile, Servizio Protezione Civile, Vicenza, 2004;

 Planimetria delle zone a rischio idraulico, Consorzio di Bonifica Medio Astico Bacchiglione;

 Aree interessate da insufficienza della rete fognaria e di bonifica, Comune di Malo Ufficio Servizio Edilizia Pubblica.

In particolare, i contenuti e gli obiettivi della seguente relazione sono stati definiti in base alle

“Linee guida per la redazione delle relazioni di compatibilità idraulica” redatte dall’Autorità di Bacino dell’Adige nell’ambito del Piano Stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico. In tale documento è stabilito che all’interno delle aree di pericolosità, al fine di non incrementare apprezzabilmente le condizioni di pericolo, tutti i nuovi interventi, opere e attività consentiti dal piano devono essere comunque tali da:

 migliorare o comunque non peggiorare la funzionalità idraulica, non impedire il deflusso delle piene, non ostacolare sensibilmente il normale deflusso delle acque;

 non aumentare significativamente il rischio idraulico in tutta l’area a valle interessata;

 non ridurre significativamente i volumi invasabili delle aree interessate e favorire se possibile la creazione di nuove aree di libera esondazione;

(5)

 non pregiudicare l’attenuazione o l’eliminazione delle cause di pericolosità.

Inoltre tutti gli interventi nelle aree di pericolosità idraulica, per quanto possibile, dovranno essere realizzati con tecniche a basso impatto ambientale e dovranno essere tali da mantenere o aumentare la naturalità degli alvei e da tutelare la biodiversità, limitando il più possibile le superfici impermeabilizzate.

2 Inquadramento territoriale 2.1 G

EOLOGIADELTERRITORIODI

M

ALO

Il sottosuolo delle aree collinari è formato da successioni calcaree e calcareo-marnose, nelle quali sono inserite rocce vulcaniche, come tufi, tufiti e jaloclastiti, e basaltiche compatte riferite ai camini vulcanici, mentre le porzioni basali dei rilievi sono ricoperte da depositi detritici e alluvionali.

Le successioni calcaree sono per lo più ascrivibili alla Formazione di Castelgomberto: si tratta di calcareniti disposte in banchi, alternate, a volte, a calcari arenacei, per spessori di decine di metri, fino a quasi 200 m lungo il margine sud-orientale dei Colli Berici.

La fratturazione è in genere modesta ed è caratterizzata da una spaziatura metrica o decametrica, con permanenza dei giunti quasi sempre elevata.

Tali materiali possiedono buone caratteristiche geomeccaniche, di resistenza e di stabilità.

La loro composizione chimica le rende facilmente solubili all'acqua, dando così luogo a diffusi e a volte pronunciati fenomeni carsici (formazione di doline, cavità carsiche, valli secche), che sono più pronunciati sulla sommità dell'altopiano, meno nei versanti.

Il substrato roccioso è coperto da un terreno vegetale di natura argillosa, ricco di detrito, dello spessore variabile da circa 50 cm a pochi metri, modesto sui calcari e più marcato sulle vulcaniti.

Le principali formazioni geologiche e depositi affioranti nel territorio comunali sono le seguenti.

1. Marna di Priabona (Eocene superiore)

Si tratta di una formazione caratterizzata da una grande variabilità di facies sia in senso verticale, sia in senso orizzontale.

Lo spessore complessivo è di circa 90 m.

Nella tipica località di affioramento sono presenti, dal basso verso l’alto, i seguenti termini:

 conglomerato con ciottoli basaltici, fossilifero, con spessore di ~ 3.0 m  5.0 m. Sopra il conglomerato giacciono strati marnoso-sabbiosi della potenza complessiva di 6.0 m  7.0 m;

(6)

 complesso di calcareniti, calcari marnosi e marne giallastre e grigiastre, più o meno compatte e argillose. In alcuni casi si incontrano ammassi di calcari lenticolari, biancastri, mal

stratificati o in grosse bancate. La potenza è di ~ 50.0 m  60.0 m;

 la formazione termina con marne grigiastre con noduli irregolari maggiormente carbonatici.

La marcata eterogeneità litologica della formazione comporta una complessa variazione delle sue caratteristiche meccaniche, che possono variare rapidamente nell’ambito di pochi metri.

2. Calcarenite di Castelgomberto (Oligocene)

Si tratta di un complesso di calcareniti e calcari, di colore bianco o giallastro, la cui potenza è di circa 200 m.

Nella parte inferiore della formazione sono frequenti le intercalazioni marnose e calcareo- marnose che rendono la stratificazione mal definita a causa dell’esfoliazione di tipo scaglioso.

Anche questa formazione presenta una notevole variabilità di facies, sia in senso orizzontale sia in senso verticale, legata ad una frammentazione degli ambienti sedimentari. Tale formazione costituisce gran parte del rilievo collinare in esame.

Le caratteristiche meccaniche risultano pertanto piuttosto variabili e legate alla potenza degli strati, alla fratturazione, al contenuto di carbonato di calcio ed alla presenza di lenti o livelli marnosi, nonché di sacche e filoni di argille rosse carsiche.

3. Formazioni eruttive (Cretaceo superiore – Miocene Inferiore)

Si tratta di tufi e ialoclastiti stratificati e rimaneggiati, brecce di esplosione dei diatremi (necks) e lave basaltiche.

Tali formazioni danno spesso origine a dossi rotondeggianti, grazie alle discrete caratteristiche meccaniche (Montepulgo, Grumo Peloso, La Guizza, M. Piano).

Dove le caratteristiche meccaniche sono più scadenti danno origine ad avvallamenti (presso località Torreselle ed a Priabona).

In questa formazione è possibile distinguere circa un 60% di brecce esplosive e prodotti piroclastici, soggetti a rapido disfacimento, cioè con le caratteristiche meccaniche meno favorevoli, ed un 40% di colate basaltiche con caratteristiche meccaniche più favorevoli.

4. Argille bentonitiche derivanti da alterazione di vulcaniti (Aquitaniano – Cattiano) Nel territorio meridionale, alla sommità di alcuni rilievi, affiorano spesso argille bentonitiche grigie o rosate, derivanti da vulcaniti per alterazione superficiale o per fenomeni idrotermali, eteropiche e sottostanti a sabbie quarzifere prive di fossili o a calcari priaboniani.

(7)

5. Arenarie e calcari di S. Urbano (Miocene Inferiore)

Si tratta di una serie carbonatica dello spessore complessivo di  15.0 m. Alla base della serie vi è un livello arenaceo dello spessore medio di 10.0 m. Segue frequentemente un livello conglomeratico spesso  20  30 cm, i cui elementi provengono da un orizzonte sottostante o dalle vulcaniti oligoceniche.

Assai più comuni sono però le calcareniti, il cui contenuto di carbonato di calcio aumenta verso la parte alta della formazione. Il colore è giallastro nella parte bassa, mentre diventa più bianco verso l’alto con l’aumento della frazione calcarea.

2.2 C

OPERTURA

D

ETRITICA

C

OLLUVIALEED

E

LUVIALE

– M

ATERIALI

A

LLUVIONALI

– M

ATERIALI

DEGLIACCUMULIDI

F

RANA

L'intera porzione collinare e pedecollinare del Comune di Malo è caratterizzata dalla presenza quasi costante di coperture colluviali ed eluviali argillose, con spessori variabili dal mezzo metro, al di sopra delle formazioni calcaree, ai quattro-sei metri al di sopra o in prossimità delle aree caratterizzate da un substrato vulcanico basaltico (a tal proposito si evidenziano le zone basaltiche nei pressi di M.te Pulgo e in località Meneghetti al M.te. Pian). Si tratta di materiale parzialmente argilloso con presenza di scheletro ghiaioso, da abbondante a scarso, di diversa natura litologica derivante dalla degradazione delle sottostanti formazioni rocciose. Questi materiali oltre ad essere presenti al di sopra delle formazioni rocciose si trovano accumulati sotto forma di colluvium ai piedi dei rilievi collinari formando ampie fasce argillose a bassa pendenza che caratterizzano in parte il centro di Malo e l'area compresa tra Chenderle e S. Tomio.

Le porzioni pianeggianti del Comune di Malo, invece, sono caratterizzate da materiali di origine alluvionale di natura argillosa, limosa e ghiaiosa. Tali materiali si presentano eterogeneamente distribuiti sia in senso laterale che verticale nell'intera pianura del Comune di Malo, come evidenziato dalle numerose stratigrafie analizzate per la redazione del presente PAT appartenenti sia a piani di lottizzazione che a relazioni geologiche redatte per l'apertura di nuove cave di argilla nell'area del distretto estrattivo posta ad est rispetto al centro storico.

Dall'analisi di tali stratigrafie si riscontrano, come nel caso delle aree poste in località Case di Malo e Vergan, zone caratterizzate quasi interamente da depositi argilloso limosi a contatto con aree sostanzialmente ghiaioso sabbiose. Questa alternanza è molto spiccata anche nel distretto estrattivo dove, essendo l'argilla distribuita in modo irregolare, l'escavazione segue l'andamento del tetto del giacimento con una media di 4 m dal p.c. e punte massime di 6-6,5 m dal p.c..

(8)

2.3 I

DROLOGIADISUPERFICIE

Il comune di Malo rientra all’interno del bacino del Leogra-Bacchiglione. Tale bacino è un sistema idrografico complesso che trae origine sia da torrenti e rii montani sia da rogge di risorgiva che hanno origine a nord di Vicenza. Il bacino imbrifero del Bacchiglione confina a sud-ovest con l’Agno, ad ovest con l’Adige e a nord-est con il Brenta.

Il comune di Malo è interessato da un sistema idrografico costituito da torrenti che attraversano il territorio in direzione nord-sud e da una rete minore da canali irrigui di collegamento.

Il sistema idrografico è molto importante per il territorio, in quanto i torrenti Giara, Leogra- Timonchio e Leogretta hanno condizionato l’insediamento e le attività degli uomini; anche gli scoli Vedesai e Trozzo Marano, con tracciati in direzione nord-sud, sembrano riconducibili all’antica centuriazione romana.

Il torrente principale del territorio comunale è il Leogra-Timonchio, un corso d’acqua di una certa importanza, con un bacino tributario di ben 105 km2 ed una portata media defluente di circa 4 m3/s alla sezione di chiusura, in corrispondenza della linea delle risorgive.

Il torrente Timonchio nasce dal M.te Novegno ed è alimentato anche dai contributi della valle dell’Orco e del torrente Boldoro. In località Marano Vicentino riceve l’apporto del F. Leogra e continua il suo corso mantenendo il nome di torrente Timonchio. Riceve gli apporti del torrente Rostone, del torrente Igna, della roggia Verlata e del Bacchiglioncello.

Il Timonchio è praticamente sempre asciutto a causa sia delle captazioni per scopi idroelettrici ed industriali sia dei fenomeni di dispersione in subalveo dovuti alla natura del substrato.

Oltre che da questo torrente, il sistema idrografico principale è costituito da:

 Torrente Orolo (bacino idrografico di circa 45 km2);

 Torrente Rostone;

 Scolo Trozzo Marano;

 Torrente Proa;

 Torrente Leogretta.

In riferimento al torrente Proa è interessante osservare le condizioni in cui versa l'alveo presso località Proe di Pisa; in tale ambito infatti il torrente presente un alveo appena accennato da una leggera infossatura, nascosto da erbe alte ed alberi; tale alveo confluisce poi in un stretto tombotto al di sotto di via Copernico per poi aprirsi in un'ampia area di espansione e terminare tombato all'incrocio con via Pisa.

(9)

Tale condizione, come indicatoci dall'ufficio Edilizia Pubblica del Comune, causa, nei periodi molto piovosi, l'innalzamento del livello dell'acqua nel tratto d'alveo a monte del tombotto, portandola ad occupare la sede stradale limitrofa e a lambire le attività industriali poste lungo la sponda sinistra.

L'area in esame è compresa tra le isoiete 1.100 e 1.400 mm/anno.

Le elevate precipitazioni e le predisponenti condizioni idrogeologiche del complesso carbonatico costituente la gran parte della dorsale in esame hanno reso possibile lo sviluppo di una complessa ed articolata circolazione idrica sotterranea ed un meno sviluppato reticolo idrografico superficiale.

E’ comunque possibile distinguere una circolazione idrica superficiale del versante est della dorsale , con una direzione di deflusso mediamente verso est e sud-est ad una circolazione idrica superficiale del versante ovest con una direzione di deflusso media verso ovest e sud.

Figura 2.1: Letto del torrente Proa (foto del 03/06/09) Figura 2.2: Letto del torrente Proa (foto del 03/06/09)

Figura 2.3: Briglia a monte del tombotto sotto via Copernico (foto del 03/06/09)

Figura 2.4: Espansione a valle del tombotto sotto via Copernico (foto del 03/06/09)

(10)

Figura 2.5: Principali corsi d’acqua in comune di Malo (fonte: Quadro Conoscitivo Regione Veneto)

Per quanto riguarda il versante est della dorsale, si può osservare che il collettore principale è rappresentato dal torrente Giara, corso d’acqua perenne a regime torrentizio, dotato di portate molto variabili, con grandi piene nei periodi di maggiori precipitazioni e forti magre nei periodi secchi. Esso scorre in direzione NNW-SSE.

Il reticolo idrografico formato dagli affluenti del torrente Giara è abbastanza articolato.

Si possono distinguere infatti alcuni corsi d’acqua secondari, perenni, a regime torrentizio, come:

il torrente Rana che nasce da Monte di Malo, scende in direzione SSE verso l’abitato di Battistini e poi devia bruscamente in direzione NE verso l’abitato di Malo; Rio Valdissera che nasce a nord dell’abitato di Torreselle e scende in direzione nord, per poi deviare bruscamente alla confluenza con il Roggia Molina,

(11)

e scorrere in direzione est; il Roggia Molina che nasce a monte di Vallugana Alta, ad est di Monte Pulgo e scorre verso est, confluendo poi nel Rio Valdissera.

Oltre ai sopra citati corsi d’acqua perenni, ne esistono altri di entità inferiore, con sviluppo essenzialmente da SW a NE, spesso impostati su faglie o fratture.

2.4 A

CQUESOTTERRANEE

La circolazione idrica sotterranea nell’area collinare è assai articolata e complessa. Il drenaggio sotterraneo è indirizzato prevalentemente verso SE, in conformità con la giacitura media degli strati e lo sviluppo dei versanti.

La circolazione idrica sotterranea viene però complicata dal carsismo, fenomeno particolarmente sviluppato in tutte le formazioni carbonatiche.

Nella dorsale in esame, pur non essendo note cavità carsiche di particolare importanza, sono comunque osservabili frequenti doline, come nella zona a sud di Monte Piano e altri casi isolati.

Casi eclatanti di fenomeni carsici sono noti nelle zone più a nord e ad ovest al di fuori del territorio comunale, come ad esempio il Buso della Rana nel settore centro-settentrionale dell’Altopiano Faedo-Casaron che ha uno sviluppo di ~ 20 Km (è la grotta più lunga del Veneto).

E’ stato osservato che spesso il livello base del carsismo non è costituito dalla poco permeabile Marna di Priabona, ma dalle formazioni eruttive, impermeabili. Infatti, in alcuni casi, anche la stessa Marna di Priabona nelle sue facies calcaree è interessata dal carsismo. Questo dimostra che il carsismo in queste zone è molto maturo.

In molti settori la circolazione sotterranea avviene prevalentemente per fessurazione, data la frequente presenza di diaclasi e fasce cataclastiche. Ciò comporta un drenaggio sotterraneo complesso, non ben inquadrabile in modelli semplici come può essere fatto per i materiali sciolti, permeabili per porosità. Le anisotropie di circolazione sotterranea sono perciò del tutto imprevedibili.

Pertanto, per semplicità, si propone un modello di acquifero sotterraneo tipico di ammassi rocciosi uniformemente fessurati e carsificati, definibile come “acqua di fondo”.

Nei depositi alluvionali grossolani del fondovalle è alloggiata una potente falda freatica, sfruttata anche a scopo idropotabile, che, come riportato in fig. 3.12 presenta un andamento locale WNW-ESE influenzato da un importante asse drenante posto subito ad est dei confini comunali; tale asse, richiamando a sé le acque sotterranee, ne devia la direzione di deflusso rispetto all’andamento regionale da NNO verso SSE (fig. 3.13).

Sulla base delle isofreatiche riportate nel PAT (Dal Prà, 1983) la superficie della falda si presenta tra i 110 m e i 62 m s.l.m.. La morfologia si mantiene piuttosto costante nel tempo, indipendentemente dalle oscillazioni del livello freatico, come è chiaramente rilevabile dai dati riferibili alle campagne

(12)

freatimetriche eseguite nel periodo 1975-2000. Esso dunque non è stabile ma oscilla nel tempo, in relazione ai processi di ricarica e drenaggio. La superficie freatica è soggetta a continue variazioni durante l’anno, anche di alcuni metri da una stagione all’altra, ed si colloca a circa 35 – 45 m di profondità dal piano campagna.

Figura 2.6: Andamento della superficie freatica in m s.l.m. (Dal Prà, 1983)

(13)

L’individuazione delle sorgenti è molto importante per conoscere l’andamento approssimativo della falda. Nell’area in esame si hanno prevalentemente sorgenti per limite di permeabilità, tra la Calcarenite di Castelgomberto e la Marna di Priabona.

La loro portata è spesso molto abbondante, denotante un’alimentazione proveniente da una falda piuttosto imoprtante; sono captate a scopo potabile, come nel caso della sorgente Grijo (q. 150 m) in località Grendene utilizzata, sino a qualche tempo fa, a scopo idropotabile.

Nell'intera area collinare e pedecollinare, inoltre sono presenti diverse sorgenti, come ad esempio quelle ubicate a monte di via Loghetto (loc. Poletti), molte delle quali sono captate convogliando a vasche di raccolta (ne sono un esempio le fontane poste in località Poletti, o presso l'incrocio tra via Chenderle e via Garbuiolo).

Figura 2.7: In azzurro le isofreatiche (Dal Prà, 1983), in magenta il limite superiore della fascia delle risorgive

(14)

2.5 S

FRUTTAMENTODELLERISORSEIDRICHESOTTERRANEE

Il Piano Regionale di Risanamento delle Acque ha suddiviso il territorio regionale veneto in zone omogenee caratterizzate da diversi indici di protezione dall’inquinamento in funzione della vulnerabilità dei corpi idrici, dell’uso degli stessi e delle caratteristiche idrografiche, geomorfologiche, ed insediative del territorio.

Il comune di Malo rientra all’interno dell’Ambito Territoriale Ottimale del Bacchiglione, Ambito VI2 “Leogra”.

L’ambito VI2 Leogra coincide con il sistema idrografico del Leogra-Timonchio e comprende i territori dei comuni di Isola Vicentina, Malo, Monte di Malo, S. Vito di Leguzzano, Santorso, Schio, Torrebelvicino e Valli del Pasubio.

L’approvvigionamento idropotabile del Comune di Malo viene effettuato utilizzando i seguenti schemi acquedottistici locali: rete che fa capo ai pozzi Molinetta 1, 2, 3 e rete che fa capo al pozzo Colleoni.

L’approvvigionamento idrico avviene anche attraverso lo schema acquedottistico intercomunale principale della Valle dell’Astico che fa capo ai pozzi siti nel comune di Arsiero.

Figura 2.8: Sorgenti presso via Loghetto (foto del 03/06/09)

Figura 2.9: Fontana presso l'incrocio tra via Chenderle e via Garbuiolo (foto del 20/01/09)

(15)

2.6 G

EOMORFOLOGIADEL

C

OMUNEDI

M

ALO

Il Comune di Malo ha un’estensione di circa 30 km2, confina a sud con il Comune di Castelgomberto, a sud-est con Isola Vicentina, ad est con Villaverla e Thiene, a nord con Marano Vicentino e San Vito di Leguzzano, ad ovest con Monte di Malo e a sud-ovest con Cornedo Vicentino. Il territorio comunale presenta quote minime pari a 60 m s.l.m. e quote massime pari a circa 505 m s.l.m., si presenta per lo più pianeggiante, con valori di pendenza pari a 1%, e collinare montano solo nella porzione sud-occidentale.

La tettonica delle aree in esame è caratteristica delle rocce rigide: prevalgono infatti le faglie e le grandi fratture, mentre sono poco frequenti le deformazioni plicative.

La tettonica per frattura è assai complessa ed articolata. Poco ad est della dorsale tra Monte Piano ed Ignago, presso gli abitati di Malo e di Isola Vicentina, passa una delle principali linee tettoniche dell’Italia nord-orientale: la “linea Schio – Vicenza”, con direzione NNW-SSE (sistema scledense). A causa del fenomeno prevalentemente compressivo, legato all’orogenesi alpina, la zona in esame è stata sollevata, originando la linea Schio – Vicenza. Questo fenomeno è avvenuto in condizioni tali da provocare deformazioni rigide degli ammassi rocciosi, e conseguentemente l’impostazione di numerose faglie e fratture variamente orientate.La fratturazione degli ammassi rocciosi ha comportato anche un loro basculamento: il risultato finale è stata la formazione di una serie di dorsali collinari, disposte a gradinata discendente da NW verso SE.

Nell'area in esame sono presenti numerose faglie e fratture riferibili a due sistemi principali:

 sistema scledense con direzione NNW-SSE, i cui termini principali sono costituiti dalla già nota “linea Schio – Vicenza” e dalle faglie vicarianti quali: la “faglia di Malo” nei pressi di

Figura 2.10: Pozzo acquedottistico in loc. Molina (foto del 03/06/09)

(16)

Malo e la “linea di Priabona”, che da Monte di Malo, passando per Priabona, prosegue in Val dell’Onte;

 sistema di faglie e fratture normali alle precedenti e ad esse subordinate, con direzione da NE-SW ad E-W. Tali elementi tettonici sono di scarsa importanza regionale, ma di grande importanza locale, in quanto contribuiscono ad aumentare il grado di fatturazione degli ammassi rocciosi che attraversano.

Per quanto riguarda la disposizione degli strati, si può osservare che la giacitura media è ~N60- 70E, con inclinazione di ~10-25° verso SE.

Tra le varie forme del paesaggio spicca la presenza di numerose forme carsiche (doline, sorgenti carsiche, valli secche ed ingressi di grotte a sviluppo orizzontale). La presenza del pacco carbonatico delle Calcareniti di Castelgomberto (e in parte la formazione di Priabona), poggiante su un substrato impermeabile dato dai basalti talora profondamente argillificati, ha determinato una situazione molto favorevole all’evoluzione carsica. La dolina più grande è presente a nord di località Casa del Finco, le valli secche si individuano in Valle Finco e Valle Matta, due sorgenti carsiche sono presenti nei pressi di località Covolo, e tre ingressi a grotte carsiche presso Monte Pian, Chenderle e Garbutolo.

Proprio a causa della buona evoluzione carsica che il paesaggio collinare presenta, sono poco presenti e sviluppate le forme fluviali: a causa del carsismo l'acqua viene prevalentemente raccolta all'interno delle colline dove si infiltra nel sottosuolo. Si osservano poche vallecole a V e taluni piccoli conoidi poco pendenti. Nelle aree pianeggianti, invece, del comune si osservano gli alvei in incisione del Giara e del Timonchio nonché alcune tracce di terrazzi fluviali legati all'attività degli stessi.

Il territorio collinare del Comune di Malo è caratterizzato inoltre dalla presenza di forme di versante dovute alla gravità, ovvero di nicchie e corpi di frana di colamento, nicchie e corpi di frana di crollo, piccole frane e superfici dissestate da creep.

Le due diverse tipologie di corpi di frana presenti sono le frane di colamento e le frane di crollo, le prime interessano per lo più la coltre argillosa superficiale di alterazione, mentre le seconde interessano direttamente gli ammassi rocciosi caratterizzati da elevati gradi di fratturazione e pendenze.

A tali corpi di frana che costituiscono le manifestazioni più intense della degradazione dei versanti e le principali cause di rischio geologico quando coinvolgono centri abitati e infrastrutture, discretamente estesi e delimitabili, si associano poi altre forme legate ai processi di degradazione e dilavamento che i versanti subiscono a causa di diversi fattori, tra cui l'acqua, la gravità, il tempo, e la litologia, tessitura e giacitura dei materiali che li compongono. Tali forme sono le piccole frane o smottamenti che si verificano spesso lungo vallette dove il ruscellamento concentrato delle acque meteoriche provoca un'erosione regressiva delle incisioni, oppure lungo assi stradali dove sono vengono

(17)

realizzati terrapieni o riprofilature dei versanti troppo ripidi.

Un'ultima forma osservabile sono le superfici dissestate da creep; con questo termine vengono descritti i processi di modellazione geologica dei versanti legati a movimenti lenti che interessano i versanti costituiti da materiale incoerente o argilloso. I comuni effetti geomorfologici sono rappresentati dalle tipiche deformazioni sulla vegetazione, irregolarità sul terreno, inclinazione di pali, deformazione di muri e di altri manufatti.

Si osservano nel Comune di Malo alcune aree collinari più interessate di altre da tali deformazioni e instabilità, ovvero:

 la zona a monte di via Chenderle nei pressi delle località di Chenderle e Zuccheo: in tale area sono presenti sia corpi di frana per colamento che per crollo;

 il versante nordorientale del Monte Pulgo: numerosi smottamenti si sono registrati lungo via Monte Pulgo, dove sono state installate reti paramassi, micropali e tiranti per sostenere la strada;

 diverse piccole frane e instabilità dell'asse stradale sono state registrate lungo via Montepian;

 una nuova frana verificatasi in località Lapi;

 diverse piccole frane dovute all'erosione da ruscellamento concentrato si segnalano lungo la Val Grande;

 deformazione gravitativa superficiale (creep), invece, si verifica lungo i versanti più ripidi del Monte Pian e del Monte Pulgo.

Per ultime, certamente non per importanza geomorfologica, interessano l'intero territorio comunale le forme antropiche o artificiali: ovvero tutti quegli interventi che l'uomo ha attuato e attua al fine di modellare, migliorare e sfruttare il territorio. Nel territorio comunale sono molto evidenti e modificano la morfologia della pianura gli orli di cava attiva e abbandonata del distretto estrattivo dell'argilla, i terrazzamenti a muretti che caratterizzano gran parte dei terreni collinari, così come le discariche e i terrapieni nelle aree di via Thiene, via Pisa e via S. Tomio, le opere di difesa fluviale, i rilevati stradali, la cassa di espansione delle piene del torrente Proa e le opere di captazione di sorgente, ovvero tutte le numerose fontane presenti nel territorio e già citate nel capitolo relativo alla Carta Idrogeologica.

2.7 A

TTIVITÀDIESCAVAZIONEDELL

'A

RGILLA

L'attività estrattiva dell'argilla coinvolge gran parte del territorio vallivo del comune di Malo.

L'intera attività coordinata dal Consorzio Gestione Argille sottostà a quanto stabilito dalla normativa vigente in materia di cave ed in particolare al P.R.A.C. il Piano Regolatore delle Attività di Cava della Regione Veneto adottato con D.G.R. n. 3121 del 23.10.2003 dalla Giunta Regionale ai sensi della L.R.

(18)

07.09.1982 n.44, la quale successivamente, con D.G.R. n. 135/CR del 21.10.2008, ha preso atto del P.R.A.C., così come modificato a seguito delle controdeduzioni alle osservazioni e ai quesiti pervenuti.

Nel sito internet della Regione Veneto il P.R.A.C. è interamente disponibile a partire dalla Relazione tecnica, alle Norme Tecniche di Attuazione ed alle Tavole tematiche.

L'area del Comune di Malo secondo quanto descritto nella Relazione Tecnica appartiene alla GEOUNITA' 3: a questa geounità sono attribuiti i depositi alluvionali sabbioso-limosi e limo-argillosi, i depositi più antichi ricoperti da un potente strato di alterazione superficiale argilloso, le argille lacustri, le argille rosse carsiche, le argille bentonitiche e le rare placche di loess. Tali formazioni sono comprese a meridione dalla linea che va da Villafranca a S.Bonificio e che risale poi alla base dei Colli Berici occidentali, spostandosi a nord verso Malo e quindi con andamento est-ovest procede fino a Treviso per poi piegare verso nord-est fino ad Orsago al limite della Regione. Nella fascia di territorio tra Malo e Treviso sotto i depositi argilloso-limosi potenti fino a 4-5 metri, sono presenti localmente potenti depositi ghiaioso-sabbiosi. Sono inoltre comprese le argille lacustri del Pontico superiore sovrastanti ai depositi conglomeratici del Pontico inferiore e le argille sabbiose azzurre di Cornuda (Pliocene medio-inferiore);

esse affiorano a nord di Nervesa della Battaglia fino ai dintorni di Vittorio Veneto. Altri affioramenti si hanno allo sbocco delle valli nei Monti Lessini e una vasta zona in Val Visdende originatasi a seguito della creazione di un lago di sbarramento per frana. Il materiale viene generalmente utilizzato come argilla per laterizi e per terre cotte.

A livello provinciale, infine, l'attività estrattiva, viene trattata nella Relazione Tecnica e nelle NTA del PTCP della Provincia di Vicenza. Al TITOLO VII - SISTEMA AMBIENTALE E DELLE RISORSE NATURALISTICHE Art. 38 Direttive generali vengono indicate alcune regole per quanto riguarda la gestione da parte della provincia delle attività di cava per le argille, le ghiaie e i detriti.

Per quanto riguarda le argille si prescrive quanto segue: l’estrazione di argille per laterizi ha coinvolto storicamente la media pianura (Isola Vicentina, Villaverla, Caldogno, Costabissara,...) fino a quasi esaurire la risorsa in questa parte di territorio. Pertanto l’attività estrattiva, concluse le estrazioni delle aree non ancora utilizzate, dovrà necessariamente rivolgersi ad altri settori del territorio provinciale.

Gli interventi in aree non compromesse da cave di argilla dovranno essere subordinati alla presentazione di un piano organico di sfruttamento e sistemazione delle singole parti del territorio evitando per quanto possibile la presentazione di progetti singoli non collegati al contesto territoriale più vasto e curando in particolare l’assetto finale idraulico ed agricolo dei fondi.

3 Valutazione di compatibilità idraulica

3.1 P

REMESSA

Prima di esporre i risultati ottenuti dall’analisi di compatibilità idraulica eseguita, è d’obbligo precisare che si tratta di una valutazione effettuata a livello di P.A.T., ovvero che in questa fase non si è in

(19)

possesso di dati di progetto, ma solamente dei perimetri delle aree delle ATO che saranno oggetto di trasformazione.

Il livello di progettazione del PAT, infatti, è tale per cui si è in grado di:

 quantificare le aree di terreno agricolo da trasformare ad uso residenziale, terziario o commerciale o produttivo;

 ubicare le aree agricole interne alle ATO che potenzialmente, ma non necessariamente, potranno essere urbanizzate ad uso residenziale, terziario o commerciale;

 quantificare le aree da riconvertire ed ubicarle all’interno del territorio;

 ipotizzare una nuova distribuzione dell’uso del suolo sia nel caso di espansione residenziale – terziario - commerciale che produttiva;

 individuare, tramite l’overlay mapping, quali aree sono a rischio idraulico secondo i PAI, l’analisi idrogeologica, il Piano Provinciale di Emergenza e le analisi eseguite dai Consorzi di Bonifica.

Con il passaggio da aree a vocazione agricola o inedificate ad aree residenziali o industriali con formazione di piani impermeabili e coperti è necessario esaminare le variazioni che incorrono nell’infiltrazione delle acque ruscellanti al suolo per valutare le problematiche di carattere idraulico del territorio interessato.

Nei terreni agricoli, o a verde, le acque meteoriche che giungono al suolo in parte vengono assorbite dal terreno ed una parte sgrondano verso i fossi e vengono allontanate; tale caratteristica peculiare viene ad essere alterata quando un’area agricola viene trasformata in un’area residenziale o industriale. In questo caso le acque meteoriche incontrano piazzali asfaltati o cementati e tetti (superfici notoriamente impermeabili e predisposte con opportune pendenze) e sono convogliate rapidamente verso i collettori di raccolta. Il principale problema che si pone a questo punto sono i fossi di sgrondo e i bacini fluviali che ricevono elevate portate d’acqua istantanee in caso di eventi meteorici brevi ma intensi.

Tali picchi di portata possono avere come conseguenza la tracimazione dei fossi, o fenomeni di esondazione, e conseguenti danni da allagamento. Per ovviare a tale problema e individuare delle compensazioni all’aumentare delle portate di acqua ruscellante con l’impermeabilizzazione dei suoli le soluzioni principalmente adottate sono due:

 disperdere le acque bianche nel sottosuolo (nel caso la qualità delle acque raccolte lo consenta);

 laminare in appositi bacini le acque in eccesso, per evitare “picchi” di piena nei recettori naturali presenti.

La scelta fra questi sistemi dipende sia dalla dimensione dell’intervento, ovvero della superficie

(20)

oggetto di variante alla destinazione d’uso del suolo, e sia dalle caratteristiche di permeabilità del suolo e sottosuolo.

3.2 A

NALISIDELLATRASFORMAZIONE

Nella tavola della trasformabilità viene specificata la suddivisione del territorio del Comune di Malo in Ambiti Territoriali Omogenei (ATO) costituiti da parti di territorio non necessariamente continue con caratteristiche morfologiche e funzionali simili e che definiscono i differenti sistemi di fruizione del suolo come l’abitare, il lavorare, lo svago ed il commercio, la produzione agricola e la rete ecologica ambientale.

Gli Ambiti Territoriali Omogenei individuati sono 5, ognuno dei quali definisce un sistema.

ATO 01 – Ambito urbanizzato del capoluogo

L’ambito si caratterizza per essere la parte del territorio di Malo maggiormente urbanizzato nel quale sono presenti il capoluogo Malo e la frazione Case di Malo.

L’ambito comprende il centro storico di Malo nella zona sud e il centro storico di Case di Malo nella zona nord est.

Il sistema insediativo si sviluppa attorno al centro storico in direzione nord e ad est della SP46. Il tessuto edilizio complessivo del capoluogo si sviluppa quasi senza soluzione di continuità con la frazione

Figura 3.1: Comune di Malo – Suddivisione ATO

(21)

di San Tomio a sud e Case di Malo a nord, appare abbastanza denso ma non completamente saturo per via di alcuni spazi verdi sia nell’area storica che in quella di espansione. Più a nord del colle “Montecio” si è significativamente espanso anche il centro urbano di Case di Malo che è cresciuta attorno all’originale nucleo storico con maglie stradali in gran parte ortogonali.

Le espansioni più recenti interessano una zona immediatamente a sud del centro storico e a nord in un’ampia area di via Giovanni XXIII. Lungo la SP46 si attesta un ambito produttivo che si distingue in due zone produttive, una a ovest della SP46 più a carattere commerciale direzionale e una a est della SP46 a carattere maggiormente produttivo.

Per quanto riguarda i servizi il territorio del capoluogo presenta un sistema di parcheggi non molto articolato costituito da aree di sosta poco articolate ad eccezione di due parcheggi di grandi dimensioni. Le aree verdi sono costituite dal parco urbano del Montecio e da una serie di giardini pubblici di quartiere e di dimensioni ridotte. Inoltre sono presenti impianti sportivi non agonistici e due scuole.

Parte del territorio più a nord a confine con il comune di San Vito di Leguzzano è ancora ad uso agricolo.

ATO 02 – Ambito urbanizzato della frazione di S. Tomio

È un ambito prevalentemente urbano caratterizzato da un tessuto edilizio abbastanza denso ma non completamente saturo. Il sistema insediativi residenziale si sviluppa ai piedi del monte Pian mentre il sistema produttivo è insediato lungo via Pasubio (Sp46).

Il sistema produttivo è caratterizzato a est da funzioni prettamente industriali e a ovest da quelle commerciali. Le attività industriali sono dedite all’estrazione e lavorazione delle argille che occupano aree dimensionalmente significative alla destra della Sp 46.

Un ruolo importante, volto alla fruizione collettiva del territorio è rappresentata dal torrente Giara-Livergon che corre nella zona ovest dell’ambito e lungo il quale si sviluppa un percorso ciclo- pedonale che mette in connessione le aree sportive con il parco urbano del Montecio nel capoluogo.

ATO 03 – Ambito urbanizzato della frazione di Molina

L’ambito è caratterizzato da un centro storico minore attorno al quale si sviluppa un sistema insediativo compatto di recente costruzione.

Il tessuto edilizio è denso e mediamente poroso. La frazione di Molina si è sviluppata per successive addizioni attorno al nucleo storico in due modi distinti: a sud della strada provinciale con una trama irregolare che denota una scarsa viabilità di quartiere; a nord della strada provinciale il tessuto è più regolare per la presenza di una viabilità ortogonale. Le più recenti espansioni sono nate in adiacenza al tessuto esistente sia a nord che a sud della Sp 48. la densità edilizia non è molto elevata ma il territorio appare piuttosto saturo. L’impianto complessivo sembra ben definito a nord della nuova viabilità

(22)

provinciale.

La zona nord dell’ambito a confine con il comune di Marano Vicentino è presente una zona produttiva di medie dimensioni quasi completamente satura ad eccezione di un lotto.

Il territorio ovest dell’ambito ha carattere prettamente agricolo.

ATO 04 – Ambito naturale della pianura

È il territorio a est dei centri urbanizzati di Malo e San Tomio caratterizzato da un paesaggio prettamente agricolo contraddistinto dalla presenza del torrente Timonchio.

Il territorio è caratterizzato dalla presenza di edilizia sparsa che in molti casi costituisce piccoli borghi. Tutto il territorio è segnato dalla presenza di un sistema di filari alberati che si distribuiscono principalmente in direzione nord sud.

ATO 05 – Ambito naturale della collina

Il territorio di questo ambito è prevalentemente collinare dove è prevalente la messa a coltura di frutteti ed uliveti che vanno ad integrarsi con il contesto ambientale boschivo, che a sua volta tende ad insinuarsi anche negli anfratti ormai abbandonati un tempo coltivati. Il paesaggio appare condizionato dalla presenza dei terrazzamenti.

Nel territorio sono presenti le così dette “contà” ossia edifici, per lo più con grado di protezione e classificati come beni ambientali, che formano piccole aggregazioni edilizie.

L’analisi della trasformazione è stata effettuata sulla base dei dati forniti dallo studio di progettazione ATES (vedi tabelle seguenti) per ogni singola ATO ed i risultati ottenuti sono riportati di seguito in forma di tabelle.

(23)

Per meglio comprendere, però, i valori ottenuti dall’analisi di calcolo sono necessarie alcune premesse sul metodo utilizzato per valutare la trasformabilità.

Le superfici idonee per la riqualificazione e riconversione, le superfici per il miglioramento della qualità urbana, le aree di programma recuperate a SAU e le aree ex E4 nel PRG vigente riperimetrate in sede di PAT non sono state considerate nella fase di calcolo in quanto non sembra che tali aree influiscano sul fronte dell’impermeabilizzazione. Tali aree infatti rappresentano talora una semplice riperimetrazione di zone già trasformate e talora una riconversione di aree di progetto di trasformazione o di zone già urbanizzate.

Le nuove aree ad edificazione diffusa e le nuove aree di trasformazione da area agricola ad urbanizzata e le aree di trasformazione da area agricola ad urbanizzata da previsione di PRG non attuate così come le nuove aree di edificazione diffusa sono invece rientrate ai fini dei calcoli sulla trasformabilità.

Ai fini dei calcoli che seguiranno, per stimare l’effetto di impermeabilizzazione, non essendo disponibile un’informazione precisa sullo stato dell’uso del suolo attuale, né per le future aree trasformate, si sono utilizzate delle percentuali, stimate mediante l’uso di un sistema GIS, di uso del suolo per aree ad ambito omogeneo:

(24)

Queste percentuali sono puramente indicative e vengono utilizzate come ipotesi cautelativa a favore dell’invarianza idraulica. I calcoli sono stati quindi effettuati in via teorica considerando la superficie totale di ogni ATO come una singola unità fisiografica suddivisa secondo le percentuali sopra riportate, starà alla Relazione Idraulica che accompagnerà i Piani Attuativi determinare esattamente le reali variazioni per ogni singola zona di trasformazione.

Vengono di seguito riportate delle tabelle riassuntive tramite le quali si può effettuare un confronto tra le situazione attuale e quella futura del territorio, in termini di superfici.

Le tabelle sono suddivise per ATO ed in ogni tabella sono riportate le aree attuali e future suddivise sia secondo le categorie del Piano di Assetto del Territorio sia per categorie omogenee dal punto di vista dell’effetto di impermeabilizzazione.

(25)
(26)
(27)

3.3 A

NALISIDELLECONDIZIONIDIPERICOLOSITÀ

Sulla scorta della sottoelencata documentazione raccolta per lo sviluppo della relazione di Valutazione di Compatibilità Idraulica:

 PTCP della Provincia di Vicenza, 2007;

 PAI dell'Autorità di Bacino dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta Bacchiglione;

 Piano provinciale di emergenza, Provincia di Vicenza, Assessorato alla Protezine Civile, Servizio Protezione Civile, Vicenza, 2004;

 Planimetria delle zone a rischio idraulico, Consorzio di Bonifica Medio Astico Bacchiglione;

 Aree interessate da insufficienza della rete fognaria e di bonifica, Comune di Malo Ufficio Servizio Edilizia Pubblica;

 Carta delle trasformabilità del PAT del Comune di Malo, 2009;

si segnalano le seguenti criticità, condizioni di pericolosità e di particolare attenzione presenti nelle diverse ATO del territorio comunale di Malo.

PTCP della Provincia di Vicenza e PIANO PROVINCIALE DI PROTEZIONE CIVILE Come evidenziano nella tavola VCI_02_00 il PTCP di Vicenza nel territorio di Malo individua sostanzialmente due grandi aree a rischio idraulico R1 localizzate rispettivamente nella porzione nord del centro di Malo tra località Pisa e via Torino, e nella porzione meridionale del comune in località S. Tomio – Vergan.

Tali aree sono normate dall'Art. 28 delle Norme Tecniche del PTCP di Vicenza, dove si specifica che le perimetrazioni delle aree a rischio idraulico derivano dall'adottato Piano Provinciale di Protezione Civile (2004), e che per tali aree di rischio si richiamano le norme e le misure di salvaguardia previste dai Piani di Assetto Idrogeologico predisposti dalle diverse Autorità di Bacino competenti.

In tali aree, come evidenziato alla tavola VCI_03_00, dall'analisi della tavola delle Trasformabilità vengono perimetrate aree idonee ad interventi diretti al miglioramento della qualità urbana e aree di edificazione diffusa di progetto; inoltre, nell'area di S. Tomio, sono previste delle linee preferenziali di sviluppo commerciale/direzionale.

Secondo quanto prescritto all'Art. 18 del Piano in oggetto, al fine di non incrementare le condizioni di rischio nelle aree di pericolosità idraulica tutti i nuovi interventi, opere, attività consentiti

(28)

dal PTCP o autorizzati devono essere comunque tali da:

1. mantenere le condizioni esistenti di funzionalità idraulica o migliorarle, agevolare e comunque non impedire il deflusso delle piene, non ostacolare il normale deflusso delle acque;

2. non aumentare le condizioni di pericolo a valle o a monte dell'area interessata;

3. non ridurre i volumi invasabili delle aree interessate e favorire se possibile la creazione di nuove aree di libera esondazione;

4. non pregiudicare l'attenuazione o l'eliminazione delle cause di pericolosità;

5. non dovranno costituire o indurre a formare vie preferenziali di veicolazione di portate solide o liquide;

6. minimizzare le interferenze, anche temporanee, con le strutture di difesa idraulica.

Piano di Protezione Civile – Comune di Malo

Come evidenziano nella tavola VCI_02_00 il Piano di Protezione Civile del Comune di Malo individua sostanzialmente una grande area a rischio idraulico BASSO localizzata nella porzione meridionale del comune in località S. Tomio – Vergan, tale area coincide con quella individuata a rischio R1 nel PTCP della Provincia di Vicenza.

In tali aree, come evidenziato alla tavola VCI_03_00, dall'analisi della tavola delle Figura 3.2: Piano provinciale di Emergenza (2004) – In verde sono

indicate le aree a basso rischio idraulico

(29)

Trasformabilità vengono perimetrate aree di edificazione diffusa di progetto e linee preferenziali di sviluppo commerciale/direzionale.

Consorzio di Bonifica MEDIO ASTICO BACCHIGLIONE

Come evidenziano nella tavola VCI_02_00 il Consorzio di Bonifica Medio Astico Bacchiglione individua nel territorio Comunale due aree a rischio idraulico BASSO (Tr circa 20 anni) localizzate rispettivamente nella porzione nord del centro di Malo, in sostanziale coincidenza con le aree evidenziate anche dal PTCP e dal PPE, e nella porzione meridionale tra via Vallugana e Roggia Molina.

Comune di Malo - Ufficio Servizio Edilizia Pubblica

Nell'ambito della redazione della Carta Idrogeologica sono stati effettuati sopralluoghi ed incontri con i tecnici comunali che hanno permesso la perimetrazione di alcune aree interessate da insufficienza della rete fognaria e di bonifica; le principali delle quali, con le relative cause, sono descritte di seguito:

 Tratto d'alveo del torrente Proa presso Proe di Pisa: tale area è già stata descritta nel paragrafo 2.3 Idrologia di superficie;

 Aree limitrofe ai versanti orientale e meridionale del Montecio: in tali aree vi è abbondante presenza di acqua causata dal naturale deflusso delle acque meteoriche lungo il versante della collina. Nell'area sud sono stati effettuate importanti opere di sistemazione idraulica con la realizzazione di un parco urbano in grado di contenere, durante eventi piovosi, grandi quantità d'acqua e di smaltire la stessa grazie alla presenza di pozzi drenanti.

Figura 3.3: Estratto della Carta Idrogeologica

Figura 3.4: Dettaglio del Parco del Montecio (foto del 03/06/09)

(30)

 Aree in località Canova lungo via Canova e via Coppine: in tali aree la mancanza di una rete di drenaggio causa un deflusso naturale delle acque meteoriche attraverso le aree a monte di Via Canova e lungo via Coppine che si trova ubicata a circa – 2 m al di sotto del piano campagna, causando allagamenti e ristagni d'acqua nelle abitazioni presenti.

In tali aree, come evidenziato alla tavola VCI_03_00, dall'analisi della tavola delle Trasformabilità vengono perimetrate aree di edificazione diffusa da PRG e di progetto.

 Area compresa tra via Torino e via Pellico: in tali aree nei periodi di forte piovosità, a causa dell'insufficiente dimensionamento del sistema fognario, si verificano dei ritorni di acqua dalla rete di fognatura che causano l'allagamento di alcune abitazioni limitrofe.

 Aree comprese tra via Vallugana e via Grumo in località Vallugana bassa: tali aree sono interessate dal naturale defluimento delle acque meteoriche provenienti dai versanti del M.te Pulgo, a sud-ovest, e del M.te Pian, a nord-ovest. Le abitazioni presenti in tali aree presentano problemi di deflusso delle acque a causa della pensilità del letto del torrente Covolo che non consente un collettamento ottimale delle stesse e perchè si trovano racchiuse tra rilevati stradali (via Grumo infatti si trova in una posizione rilevata rispetto al p.c. ed è attraversata da due tombotti che consentono il passaggio dell'acqua a valle, proprio in corrispondenza delle abitazioni).

Figura 3.5: Estratto della Carta Idrogeologica

(31)

In tali aree, come evidenziato alla tavola VCI_03_00, dall'analisi della tavola delle Trasformabilità vengono perimetrate aree di edificazione diffusa da PRG.

3.4 A

NALISIPLUVIOMETRICAEANALISIDELLAVARIAZIONEDELLEPORTATEINUSCITA

Per l’analisi idrologica, su suggerimento dei tecnici ARPAV del Centro Meteorologico di Teolo, si sono utilizzati i dati delle stazioni di monitoraggio meteorologico di Thiene e di Malo in quanto risultano quelle più rappresentative per l’area di interesse di questo studio.

Figura 3.6: Estratto della Carta Idrogeologica

Figura 3.7: Torrente Covolo con il letto pensile rispetto al p.c. (foto del 03/06/09)

Figura 3.8: Tratto di Via Grumo rilevato rispetto al p.c.

(foto del 03/06/09)

(32)

Si sono utilizzati i dati pluviometrici sia della serie storica registrati dalla Stazione di Thiene (registrazioni dal 1986 al 1996) sia i dati della serie CMT della Stazione di Malo (registrazioni dal 1993 al 2008), forniti dall’ARPAV – Centro Meteorologico di Teolo, per precipitazioni di durata compresa tra 1 ora e 24 ore.

La regolarizzazione statistico-probabilistica, impiegata per il calcolo dei tempi di ritorno, è stata eseguita facendo riferimento alla distribuzione di Gumbel la cui distribuzione cumulata di probabilità è descritta dalla seguente funzione:

P(x) = exp(-exp(-α(x-β)))

(33)

dove α e β rappresentano rispettivamente i parametri di concentrazione e della tendenza centrale stimati secondo il procedimento dei minimi quadrati.

Tale legge si basa sull’introduzione di un’ipotesi relativa al tipo di distribuzione dei più grandi valori estraibili da più serie costituite da osservazioni tra loro indipendenti.

Indicando con P(x) la probabilità di non superamento del valore x, il tempo medio di ritorno è calcolato dalla relazione:

Tr = 1/ (1- P (x))

dove Tr rappresenta quindi il numero medio di anni entro cui il valore x viene superato una sola volta.

I risultati di tali elaborazioni per le stazioni di Thiene e Malo sono riportati nelle seguenti tabelle.

Ogni tabella è composta da 5 colonne per ognuna delle quali sono indicate le seguenti informazioni:

 intervallo temporale della precipitazione (minuti, ore o giorni);

 parametri della regolarizzazione (N, Media, alfa, beta);

 tempi di ritorno (Tr) da 2 a 200 anni e relative precipitazioni (Xt);

 P (x) = probabilità di non superamento della precipitazione x

 N = numero di osservazioni (anni) impiegate per l’elaborazione

 Media = valore medio di precipitazione delle N osservazioni

 α = parametro di concentrazione

 β = parametro della tendenza centrale

 Tr = tempo di ritorno (espresso in anni) della precipitazione Xt

 Xt = precipitazione (espressa in mm) con tempo di ritorno Tr.

(34)
(35)

I valori di precipitazione (Xt) per fissato tempo di ritorno devono intendersi quali stime ottenute da un’analisi statistica su un campione di osservazioni limitate (N) la cui bontà è principalmente influenzata dalla numerosità del campione utilizzato.

Partendo dai valori (Xt) si sono ricavate le curve di possibilità pluviometrica per le due serie di dati.

(36)
(37)

In considerazione delle diverse modalità di formazione delle piene ed in rapporto alle caratteristiche morfologiche delle superfici ed al grado di impermeabilizzazione delle stesse, i bacini scolanti in esame sono senz'altro da ascriversi tra i bacini urbani. Per questi, caratterizzati oltre che da estese superfici impermeabili, anche da una modesta capacità d'invaso e da un tempo di formazione delle piene ridotto, sono da considerare critiche le precipitazioni di breve durata (inferiore ad un'ora) e forte intensità.

Per la valutazione di compabilità idraulica così come indicato nell’Allegato A alla DGR n. 1841 del 19 giugno 2007 il tempo di ritorno a cui fare riferimento è quello di 50 anni. La precipitazione critica di progetto per questo studio è, quindi, quella di durata oraria e tempo di ritorno 50 anni.

Osservando le curve di possibilità pluviometrica sopra riportate si può notare come le due stazioni utilizzate diano, alla luce del diverso periodo di registrazione e della diversa numerosità campionaria, una precipitazione di progetto di 77.32 mm per la serie storica relativa alla stazione di Thiene e di 77.52 mm per la serie CMT della stazione di Malo.

Alla luce di queste valutazioni si è deciso di utilizzare come precipitazione di progetto, a titolo cautelativo e nell’ottica di una maggiore sicurezza idraulica, la precipitazione ottenuta dalla curva di possibilità pluviometrica ricavata dalla serie di dati più recenti, ossia una precipitazione di 77.52 mm di durata oraria.

Per la determinazione delle portate in uscita e di conseguenza per la determinazione dei volumi di invaso si sono utilizzati il Metodo delle sole piogge ed il Metodo Razionale, considerando ogni ATO come una singola unità fisiografica.

Il Metodo Razionale è un procedimento semplice ma efficace per il calcolo della portata di picco di un evento con assegnato tempo di ritorno per bacini di piccola estensione. La cui formula è:

Q(T) = C(A*hr(t,T))/t

(38)

Dove:

Q(T) = portata al colmo con tempo di ritorno T A = Area del bacino

hr(t,T) = altezza di pioggia ragguagliata con tempo di ritorno T e durata critica t C= Coefficiente di Deflusso

Nel caso in esame, ragionando in termini di massima cautela, così come consigliato dalla vigente normativa, si è utilizzata una precipitazione di intensità confrontabile con quella dell’evento del 26 settembre e di durata pari ad 1 ora.

Vengono di seguito riportate le tabelle di calcolo con i valori di variazione nella portata in uscita per ogni singola ATO ricavate con il Metodo Razionale.

(39)
(40)
(41)
(42)

Il Metodo delle sole piogge fornisce una valutazione del volume di invaso sulla base della conoscenza della sola curva di possibilità pluviometrica. In questo caso si è considerata la curva di possibilità climatica con tempo di ritorno di 50 anni ricavata con i dati della serie CMT per la stazione di Malo, in quanto più cautelativa.

Il volume di acqua in entrata “Ve” al generico istante di tempo “d” della precipitazione è dato da:

Dove:

S = Area del bacino

a*dn = altezza di pioggia ragguagliata di durata critica d φ= Coefficiente di Deflusso

Allo stesso istante di tempo, il volume di acqua in uscita “Vu” dall’invaso è dato da:

(43)

Dove:

Qu = portata in uscita d = durata critica d

Il volume d’acqua invasato sarà pertanto dato dalla differenza dei due volumi:

Il volume da assegnare al dispositivo di invaso, è quello che si ottiene considerando una durata di precipitazione critica per l’invaso; tale durata può essere ottenuta in base alla seguente relazione

Combinando le relazioni viste, il volume cercato viene espresso dalla relazione:

La portata di acqua in uscita dal bacino è stata stabilità come da consuetudine presente anche in letteratura pari ad un coefficiente udometrico di 10 l/sec·ha. Si è, inoltre, utilizzato ai fini della valutazione dei volumi, un coefficiente di deflusso medio pari a 0.55.

I volumi da invasare al fine di garantire l’invarianza idraulica ottenuti con il Metodo delle sole piogge per ogni singola ATO sono riportati nelle seguenti tabelle:

(44)

I risultati ottenuti con i due metodi mostrano sostanziali differenze, dovute alle ipotesi semplificative che sono alla base dei metodi stessi. Il metodo delle sole piogge conduce a volumi di invaso maggiori, più cautelativi, tuttavia risulta essere un metodo meno raffinato poiché trascura completamente l’effetto attenuante della trasformazione afflussi-deflussi.

La scelta del tipo di metodo più adeguato per la determinazione dei volumi di invaso necessari a garantire l’invarianza idraulica dovrà comunque essere effettuata in fase di progettazione dei singoli interventi quando potranno essere eseguite valutazioni idrauliche più approfondite.

(45)

3.5 I

NDICAZIONIPROGETTUALI

La quantificazione dei volumi di invaso compensativi potrà essere calcolata solamente nelle fasi successive di approfondimento della pianificazione urbanistica in quanto ad oggi non si è in possesso degli elementi concreti per eseguire un calcolo idraulico significativo. Tuttavia, in questa fase si sono comunque dati dei parametri di tipo cautelativo per la compensazione idraulica conformemente alla Dgr 1322 che prevede che il volume da destinare alla laminazione delle piene sia quello necessario a garantire che la portata di efflusso rimanga costante (invarianza idraulica).

Gli interventi andranno definiti secondo le soglie dimensionali della Dgr 1322 e della Dgr 1841:

Le eccedenze di portata pluviometrica che risultano dalla conversione di suolo agrario o verde a suolo impermeabilizzato o coperto vanno a incidere sul regime idraulico della zona contermine. Ai fini di evitare l’accrescersi delle portate della rete drenante superficiale e di diluire nel tempo gli afflussi alla rete scolante, per diminuire l’altezza idrometrica di piena, nei progetti attuativi dovranno essere applicate delle misure di accumulo temporaneo, superficiali o profonde, e di drenaggio in sottosuolo, così distinguibili:

1) Vasche di laminazione o invaso:

a) a invaso superficiale b) a invaso interrato

I. con scarico superficiale

II. con scarico nel sottosuolo (vasche senza fondo) III. con scarico in trincee o pozzi drenanti

2) Superfici drenanti:

a) trincea drenante

b) superfici con sottofondo drenante e/o pavimentazione drenante

3) Pozzi disperdenti:

a) con riempimento drenante

(46)

b) con canna di accumulo e rivestimento drenante

La scelta del sistema di mitigazione idraulica dipende in prima battuta dalla permeabilità del substrato presente, secondo la regola base:

In terreno permeabile:

(10-1< K < 10-3 cm/sec ) ==> SISTEMI DISPERDENTI NEL SOTTOSUOLO ad esempio ghiaie e sabbie alluvionali.

In terreno poco o per nulla permeabile:

(10-3< K < 10-8 cm/sec ) ==> SISTEMI DI LAMINAZIONE O ACCUMULO ad esempio argille e limi, rocce.

3.4.1. Sistemi Disperdenti

Si definiscono sistemi disperdenti le opere che raccolgono le acque di prima pioggia e le fanno defluire nel sottosuolo permeabile, previo invaso in vuoti o per rilascio in scavi riempiti di materiale drenante a contatto con il suolo.

I sistemi disperdenti possono essere impiegati solo nel caso che:

 le acque di prima pioggia vengano preventivamente trattate mediante sedimentatori, per evitare che con il tempo materiali fini intasino il medium permeabile;

 le acque di prima pioggia non vengano a contatto con sostanze inquinanti;

 la profondità della falda consenta l’esistenza di un franco di almeno un metro con la superficie disperdente sovrastante;

 le superfici drenanti siano correttamente dimensionate per regolare le portate di pioggia previste per eventi eccezionali con tempo di ritorno di 20 anni, in base alla permeabilità del terreno e al rapporto delle superfici impermeabili / sup. totali;

 i sistemi di dispersione non siano situati in zone collinari con possibilità di creare dissesti con l’infiltrazione di acque nelle zone limitrofe.

Riferimenti

Documenti correlati

Con riferimento alla relazione Agroambientale adottata e anche agli studi geologici del Piano adottato, si riportano di seguito alcune considerazioni in merito al corso del Brenta

Partendo dalla proposta di Documento di Piano in scala 1:25.000, che, per quanto riguarda il territorio di Quingentole, è stata predisposta sulla base delle

CALCOLO DELL'INCIDENZA PERCENTUALE DELLA QUANTITA' DI MANO D'OPERA PER CATEGORIA DI LAVORAZIONE E DELL'INDICE DELLA SICUREZZA OG 3 - Strade, autostrade, ponti, viadotti,

Secondo quanto stabilito dalle vigenti norme in materia di volontariato di protezione civile, l’attivazione dei volontari per interventi di rilevo locale e regionale può

Banche dati relative alla Tavola 4 del PTCP Provincia di Milano..

I nuovi edifici, eventualmente ammessi dalla tipologia dell'ambito considerato, dovranno perseguire l'obiettivo dell'impianto storico della cascina, completandolo con

Il conglomerato, proveniente da impianti posti fino a 50-70 km dal cantiere, sarà confezionato a caldo e composto da aggregati calcarei (costituito da una miscela di

Il coraggio di privilegiare l'aspetto qualitativo rispetto a quello quantitativo, contrariamente ai modelli culturali finora prevalenti, ha determinato scelte