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ADESSO GLORIFICAMI TU, PADRE, PRESSO TE STESSO CON LA GLORIA CHE AVEVO PRESSO DI TE PRIMA CHE IL MONDO FOSSE

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Academic year: 2022

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ADESSO GLORIFICAMI TU, PADRE, PRESSO TE STESSO

CON LA GLORIA CHE AVEVO PRESSO DI TE PRIMA CHE IL MONDO FOSSE

Nel seno del Padre Questa scultura a tutto tondo veniva probabilmente usata nelle processioni, come dimostra l'accurata lavorazione visibile anche sul retro. L’ opera comunica in modo semplice e immediato la centralità del mistero della croce inserito nell' economia divina, nel corpo stesso di Dio. Il crocifisso, in scala nettamente inferiore rispetto all'immagine del Padre, appare annegato nel mare d'oro della Sua tunica preziosa, sacerdotale. Dio tiene tra le ginocchia il Figlio: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato» (Eb 1,5). I bracci orizzontali della piccola croce sono smisuratamente allungati e le braccia di Gesù si tendono, le piccole dita stringono le grandi dita del Padre. Nonostante

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l'ispirazione popolare, quest' opera comunica la forza primitiva di una spiritualità che ricorda quella delle antiche icone. Gli occhi di Cristo sono chiusi, il corpo sofferente e sanguinante riposa nel seno del Padre come in un mare di infinita dolcezza. Lo sguardo di Dio sembra perso in un pensiero d'amore, la sua posizione è salda e sicura, i piedi nudi sporgono dal manto e poggiano sullo zoccolo della piccola scultura che nell'insieme richiama l'iconografia medioevale dei giusti che riposano nel seno di Abramo, così come si può vedere in molti giudizi universali. L’ immagine ricorda anche le maestà toscane in cui la divina maternità di Maria si esprime nell'immagine di Maria che tiene Gesù nel grembo. Dio infatti è padre e anche madre come ci ha ricordato Giovanni Paolo I:

«Anche noi che siamo qui abbiamo gli stessi sentimenti; noi siamo oggetti da parte di Dio di un amore intramontabile. Sappiamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte. È papà; più ancora è madre» (Angelus, lO settembre 1978). La stessa immagine della "maternità di Dio"

venne ripresa da Giovanni Paolo II nelle sue catechesi (udienza 20 gennaio 1999). E, come ricorda il cardinal Gianfranco Ravasi, nella Bibbia almeno 60 aggettivi che si riferiscono a Dio sono al femminile mentre più di 260 volte parlando di Dio si fa riferimento alle

"viscere materne". Per parlare della misericordia di Dio non si usa il termine astratto di pietà ma si ricorre a un'immagine più concreta e carnale: rachamim, che si traduce: grembo materno e richiama la maternità di Dio nel suo significato più profondo e spirituale.

Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò.

(Isaia 66,13)

È nel mistero della croce che si rivela appieno

la potenza incontenibile della misericordia del Padre celeste.

(Benedetto XVI, Messaggio di Quaresima, 2007)

Salmo 84 CANTO DI PELLEGRINAGGIO 2 Quanto sono amabili le tue dimore, Signore degli eserciti!

3 L'anima mia languisce e brama gli atri del Signore.

Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente.

4 Anche il passero trova la casa, la rondine il nido, dove porre i suoi piccoli, presso i tuoi altari,

Signore degli eserciti, mio re e mio Dio.

5 Beato chi abita la tua casa:

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sempre canta le tue lodi!...Pausa 6 Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio.

7 Passando per la valle del pianto la cambia in una sorgente,

anche la prima pioggia l'ammanta di benedizioni.

8 Cresce lungo il cammino il suo vigore, finché compare davanti a Dio in Sion.

9 Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera, porgi l'orecchio, Dio di Giacobbe

10 Vedi, Dio, nostro scudo,

guarda il volto del tuo consacrato.

11 Per me un giorno nei tuoi atri è più che mille altrove;

stare sulla soglia della casa del mio Dio è meglio che abitare nelle tende degli empi.

12 Poiché sole e scudo è il Signore Dio;

il Signore concede grazia e gloria,

non rifiuta il bene a chi cammina con rettitudine.

13 Signore degli eserciti,

beato l'uomo che in te confida.

Gv 17, 11-5

17,1 (Di) queste cose parlò Gesù e, levati i suoi occhi verso il cielo, disse:

Padre, è venuta l'ora:

glorifica il Figlio tuo

affinché il Figlio glorifichi te,

2 così come gli desti potere su ogni carne, di dare loro - a quanto gli hai dato vita eterna.

3 Ora questa è la vita eterna:

che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che mandasti, Gesù Cristo.

4. lo ti glorificai sulla terra, avendo compiuto l'opera

che mi hai dato perché (la) facessi;

5 e adesso glorificami tu, Padre, presso te stesso,

con la gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse.

Messaggio nel contesto

«Adesso glorificami tu, Padre, presso te stesso, con la gloria che avevo presso te prima che il mondo fosse». Le parole di Gesù prima della sua passione sono uno squarcio di luce:

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rivelano, come il Prologo (1,1-18), il mistero profondo della sua relazione con Dio e con il mondo, che, a questo punto del Vangelo, siamo in grado intravedere.

È la finestra che il Vangelo ci apre sull'io più intimo di Gesù, Figlio Dio e fratello di ogni uomo. Per non smarrirci in questo vasto mare, è necessario accostarci con occhi aperti e purificati dall'amore.

Il c. 17 è una ripresa finale, sinfonica, dei vari temi del Vangelo. Si tratta di un melodia divina - una variazione modulata sull'amore ineffabile tra Padre e Figlio comunicato ai fratelli -, che conclude il «testamento» di Gesù.

Come ogni testamento, dichiara agli eredi i beni che lascia: la sua stessa gloria. Infatti il tema dominante è la Gloria, del Padre, del Figlio e di noi suoi fratelli.

Il lettore, trasportato a volo d'aquila nelle profondità del cielo, è quasi schiacciato dall'immensità di ciò che sente. Ma il testo è come due potenti ali che lo sollevano e immergono nell'abisso del mistero, suo e di Dio.

Ciò che il Figlio ci lascia in eredità è il suo stesso rapporto con il Padre.

Le sue parole sono una preghiera: si rivolge a quel «Tu» che fa esistere l'io. Si tratta di un dialogo tra il tu del Padre e l'io del Figlio, non tra l'io e il tu. Prima dell'io c'è sempre il tu, in relazione al quale mi viene la mia identità.

Gesù è il Figlio amato che ama dello stesso amore il Padre e i fratelli: il suo sguardo è rivolto insieme al cielo e alla terra, al Padre e a tutti i suoi figli. La sua carne di Figlio dell'uomo infatti lo rende solidale con ogni uomo. Per questo i poli del dialogo sono tre: «Tu», «io» ed «essi».

Insieme al Padre e al Figlio siamo coinvolti anche noi, che alla fine diventeremo «uno» con lui e con il Padre, nell'unico amore.

Il Vangelo di Giovanni contiene altre due preghiere di Gesù al Padre. Nella prima davanti a Lazzaro morto (11,41s), lo ringrazia in anticipo di fronte a tutti, perché chi lo ascolta creda in lui come inviato dal Padre e veda la gloria di Dio.

Nella seconda, davanti alla propria morte imminente, gli chiede di glorificare il suo nome (cf. 12,27s). Anche questa terza e ultima, molto più lunga e articolata, ha come argomento la gloria del Padre e del Figlio, che ormai è comunicata ai fratelli.

Ciò che la preghiera chiede, è donato nella preghiera stessa. La glorificazione di Gesù avviene «adesso», mentre è in dialogo con il Padre. Anche quella dei suoi non avverrà solo dopo la morte, in un futuro imprecisato. Accade al presente:

chi aderisce a lui e prega in lui, partecipa alla gloria che lui da sempre ha presso il Padre.

Fin dall'antichità è stata chiamata la «preghiera sacerdotale». La denominazione è vera, ma qui i sacrifici

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sacerdotali lasciano il posto all'agnello di Dio che toglie il peccato del mondo (1,29). Nella carne di Gesù, Figlio dell'uomo e Figlio di Dio, ogni carne è in comunione diretta con Dio.

Questa preghiera può essere letta come la versione giovannea del “Padre nostro”: è una lode al Padre, seguita da varie richieste, nella quale Giovanni elabora e approfondisce i dati della tradizione. Se la si confronta con il «Padre nostro»

matteano, si ritrovano numerose corrispondenze. Dio è invocato come «Padre» sei volte e ha come dimora «il cielo».

Si parla del suo «nome» e si ricorda il dono della vita eterna (vv. 2-3), che equivale a «Venga il tuo regno». «Voglio che, dove sono io, anch'essi siano accanto a me, ecc.» (v. 24) richiama «Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra».

L'insistenza sul verbo “dare” ricorre 17 volte richiama «Dacci oggi il nostro pane quotidiano» (Mt 6,11).

Si menziona la rottura col mondo, l'osservanza della Parola, l'appartenenza al Figlio e al Padre e l'unità nell'amore, che esplicitano il significato del perdono ricevuto e accordato. Si chiede infine l'aiuto nella tentazione, perché nessuno si perda, e la custodia dal maligno.

Nella preghiera del Figlio è presente ogni fratello, che, in lui e con lui, si rivolge al Padre con il suo stesso amore. Il Padre, al quale Gesù si rivolge, è più che mai «nostro». Tutto ciò che uno desidera, gli è già dato se prega così. Da qui l'insistenza sul verbo «dare». Esso caratterizza il rapporto tra Padre e Figlio e il nostro rapporto con il Figlio stesso, che ci

«dà» se stesso come vero pane di vita. Pur avendo appena parlato della defezione dei discepoli, Gesù li considera fedeli.

La sua fedeltà di Figlio dell'uomo a Dio e del Figlio di Dio all'uomo è la fonte indefettibile del nostro essere figli e fratelli.

Con questa preghiera Gesù dà la chiave per entrare nel mistero della sua passione e ne anticipa i frutti. Gli avvenimenti che seguono scaturiscono dal suo amore per il Padre e per noi. Gesù si affida totalmente al Padre, sapendo che farà brillare in lui e in noi la sua gloria. È la Gloria, che egli da sempre ha come Figlio di Dio, alla quale ora torna come Figlio dell'uomo.

Non è facile articolare il testo. Si possono seguire criteri diversi, rilevando aspetti diversi. Senza mai dimenticare che in ogni testo la singola parte gioca in connessione con il tutto, proponiamo l'articolazione più usuale:

I vv. 1-5 sono una preghiera al Padre, con la richiesta della glorificazione sua e del Padre, e della nostra in lui;

I vv. 6-23 sono un'intercessione per quanti credono e crederanno nel Figlio;

I vv. 24-26, conclusivi, sono un bilancio della vita di Gesù alla

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luce della Gloria, che ormai si sta svelando compiutamente.

L'argomento dei vv.1-5 è appunto la Gloria.

All'inizio Gesù chiede al Padre di glorificare il Figlio, perché il Figlio glorifichi il Padre (v. 1); alla fine dice di aver glorificato il Padre e gli chiede di glorificarlo della sua gloria eterna di Figlio (vv.4-5); al centro spiega che la glorificazione di ambedue consiste nel fatto che il Figlio ha ricevuto dal Padre di dare ai fratelli la vita eterna, cioè la conoscenza del Padre e del Figlio (vv. 2-3). Il sostantivo «gloria» ricorre una volta, il verbo «glorificare» quattro volte. Si tratta della gloria comune del Padre e del Figlio: la gloria dell'amore.

Essa si manifesta nell'umanità di Gesù, Parola diventata carne, che la comunica a ogni carne. In lui, il Figlio, ogni uomo conosce Dio come Padre: «Chi ha visto me, ha visto il Padre»

(14,9). La croce glorifica il Padre che, nel Figlio, si manifesta come amore per tutti. A sua volta glorifica anche Gesù, mostrandolo come Figlio uguale al Padre.

Infine glorifica anche noi, suoi fratelli. Infatti la glorificazione, che Gesù chiede per sé, non è tanto il culto che gli renderanno i credenti, quanto il suo stesso ritorno al Padre, con il quale ci consegna lo Spirito che ci fa figli.

La Parola, diventando carne, è entrata nello spazio e nel tempo per aprire ogni spazio e tempo alla Gloria. I verbi

«dare», “glorificare” e “compiere” richiamano il c. 13 (cf.

13,1.26.29. 31.32.34), che sta all'inizio dell' “ora”;

contemporaneamente rimandano alla croce, dove tutto è compiuto (19,28.30).

Questi versetti iniziali saranno ripresi, con variazioni, nel finale (cf. vv.24-26).

Gesù è il Figlio che ha rivelato al mondo il nome di Dio come Padre.

Compiuta la sua missione, ritorna a chi l'ha inviato. Ma non se ne torna da solo, bensì come primogenito tra molti fratelli (cf.

Rm 8,29b), grazie alla sua carne solidale con ogni carne.

La Chiesa è la comunità di quelli che hanno visto la gloria dell’Unigenito: conoscendo Lui e il Padre hanno la vita eterna.

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Preghiamo

Lascia sgorgare dal tuo cuore la gioia e traducila in lode al Signore;

lascia sgorgare dal tuo cuore la gioia, ripensando ai tanti doni di Dio.

Lui perdona ogni tuo errore, ti rincuora nelle sofferenze,

ti libera dalla paura della morte, ti fa gustare la gioia e l’amore.

Il Signore ti dà sempre fiducia, ti rinnova l'entusiasmo di vivere

e il tuo spirito ritorna giovane come aquila librata nelle altezze.

Liberazione è il lavoro del Signore, liberazione di tutti gli oppressi.

La storia passata ce lo ha mostrato in tanti fatti e persone.

Buono e paziente è il Signore, forte e insieme compassionevole.

capace di quella dolce tenerezza che sgorga da un grande amore.

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Quando sbagliamo con stupido orgoglio non se la lega al dito, non continua a rinfacciarcelo e non ci tiene il broncio.

Non fa come facciamo noi che ricambiamo male con male;

lui ci usa maggiori attenzioni perché è veramente capace di amare.

A chi gli si avvicina con fiducia sorride commosso e dice:

«Dimentico tutti i tuoi sbagli. me li butto dietro le spalle».

Agisce come un padre coi figli, come una madre coi piccoli che nel dolore ha generato alla vita: li ama così come sono.

Li ama perché sono suoi figli, li ha visti nascere e crescere e di ciascuno conosce il carattere, conosce i pregi e i difetti.

Così ci tratta il Signore perché sa come siamo fatti, conosce meglio di noi la fragile natura dell'uomo.

La nostra vita è come quella di un fiore:

nella giovinezza siamo forti e splendenti ma il vento degli anni ci scuote

e pieghiamo la testa smarriti.

Immenso è l'amore del Signore, un amore senza confini,

senza limiti di tempo e di spazio, senza riserve, paure o ricatti.

Questo intuisce e gusta chiunque sa fidarsi di lui, ogni uomo che si addentra nel segreto mistero di Dio.

Troppo alto per noi il suo mistero, ma la sua azione liberatrice diventa giustizia e misericordia che abbraccia tutta la storia.

Sac. Signore, Dio della vita, il tuo Figlio Gesù ci ha insegnato a chiamarti col nome di Abbà, papà, come già gli antichi profeti avevano iniziato a fare, intuendo un rapporto di familiarità e vicinanza che solo lo Spirito poteva suscitare. Fa’ che il tuo spirito Santo guidi anche noi – come ha guidato le prime comunità cristiane - ad una comunione d’amore con te che superi ogni limite e blocco della nostra esperienza umana, e ci liberi ad una fede tenera e rassicurante, creativa e forte.

Allora nessuno si sentirà più orfano e abbandonato, insicuro o svalutato, ricattato giudicato, senza una casa e un sorriso. Grazie, Signore, di esserci padre e madre di fare famiglia con noi.

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Tutti : Amen

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