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PROVINCIA DI SONDRIO

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Academic year: 2022

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DETERMINAZIONE N. 92 del 31/01/2022

OGGETTO: APPROVAZIONE DEL PROGETTO PLURIENNALE DI CONTROLLO DEL CINGHIALE (PPCC) 2022- 2026 RELATIVO ALLA RISERVA NATURALE PIAN DI SPAGNA-LAGO DI MEZZOLA AI SENSI DELLA DGR XI/1019 DEL 17/12/2018

IL DIRIGENTE VISTI:

l'art. 19 della Legge Nazionale 11 febbraio 1992 n. 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”;

l'art. 41 della Legge Regionale della Lombardia 16 agosto 1993 n. 26 e successive modifiche e integrazioni

“Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività venatoria”;

la Legge Regionale della Lombardia 17 luglio 2017 n. 19 “Gestione faunistico –venatoria del cinghiale e recupero degli ungulati feriti”;

la D.G.R. 28 giugno 2018 n. XI/273 “Suddivisione del territorio agro-silvo-pastorale regionale in aree idonee e aree non idonee alla presenza del cinghiale e unità di gestione della specie – Attuazione dell’art. 2 commi 1 e 4, della Legge Regionale n. 19/2017 “Gestione faunistico-venatoria del cinghiale e recupero degli ungulati feriti”;

la D.G.R. n. XI/1019 del 17/12/ 2018 “Disciplina per la gestione del cinghiale sul territorio della Regione Lombardia – Attuazione dell’art. 3, comma 1, della Legge Regionale n. 19/2017 “Gestione faunistico- venatoria del cinghiale e recupero degli ungulati feriti” ;

la DGR n° 1425 del 25/03/2019 “Modifiche ed integrazioni alla DGR XI/1019 del 17/12/2018 “Disciplina per la gestione del Cinghiale sul territorio della Regione Lombardia - Attuazione dell’art. 3, Comma 1, della Legge Regionale 19/2017;

la DGR n° XI/2600 del 9/12/2019 “Modifiche alla DGR XI/2019 del 17/12/2018” che tra l’altro definisce le

“Densità obbiettivo“ e gli obbiettivi gestionali quinquennali ai quali tendere nelle aree classificate idonee ai sensi della DGR XI/273 del 28.06.2018

ACCERTATO CHE la presenza del cinghiale (Sus scrofa) continua a generare criticità su tutto il territorio della Riserva Naturale Pian di Spagna-Lago di Mezzola, con danni agli ambienti naturali anche di interesse comunitario in esso contenuti;

CONSIDERATO che la D.G.R. 17 dicembre 2018 n. XI/1019 “Disciplina per la gestione del cinghiale sul territorio della Regione Lombardia” al punto 3.3 prevede che per ciascuna delle aree protette e cioè Parchi naturali e Riserve regionali del territorio lombardo venga predisposto un Progetto Pluriennale di Controllo del Cinghiale (P.P.C.C.), di durata quinquennale, da trasmettere alla D.G. Agricoltura Sistemi verdi e Paesaggio e successivamente all’Istituto

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PRESO ATTO che l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (I.S.P.R.A.) con propria nota prot.

57496 del 29.10.2010, ha espresso parere favorevole alla realizzazione del P.P.C.C. in discussione;

CONSIDERATO altresì che la Riserva Naturale Pian di Spagna-Lago di Mezzola interessa alcune aree appartenenti a ZPS e ZSC e che il P.P.C.C. è stato sottoposto ad uno screening di Valutazione di Incidenza, ai sensi del DPR 357/97 e smi, da parte della Direzione Generale Ambiente e Clima che, con decreto n. 251 del 17.01.2022 (allegato alla presente), sulla base del format del valutatore, ha disposto che il P.P.C.C. non può determinare incidenze significativa sugli obiettivi di conservazione (habitat e specie) dei siti e che quindi esso non deve essere soggetto a procedura di incidenza;

RITENUTO di approvare il Progetto Pluriennale di Controllo Cinghiale (Sus scrofa) di durata quinquennale, della Riserva Naturale Lago Pian di Spagna-Lago di Mezzola, allegato alla presente determinazione;

TENUTO CONTO che in merito alle modalità applicative del presente P.P.C.C. riguardanti le tempistiche di intervento, l’organizzazione delle operazioni, le misure di pubblica sicurezza, il monitoraggio e il controllo delle correttezza delle operazioni e del rispetto degli adempimenti previsti, si rimanda alle disposizioni operative che l’Ente Riserva Naturale Pian di Spagna-Lago di Mezzola riterrà opportuno adottare per il rispettivo territorio di competenza, nel rispetto delle disposizioni normative di settore;

DETERMINA

1. di approvare il Progetto Pluriennale di Controllo del Cinghiale (P.P.C.C.) relativo alla Riserva Naturale Pian di Spagna-Lago di Mezzola, che prevede il prelievo dei capi di cinghiale (Sus scrofa), a decorrere dall’esecutività del presente provvedimento e sino al 31.12.2026, secondo le modalità e le previsioni contenute nel Piano stesso allegato alla presente determinazione e nel rispetto delle prescrizioni contenute nel decreto di Regione Lombardia n° 251 del 17.01.2022, in premessa citato, costituente il provvedimento di screening della Valutazione di Incidenza;

2. di trasmettere copia del presente provvedimento alla Riserva Naturale Pian di Spagna-Lago di Mezzola e al Corpo di Polizia provinciale.

Il Dirigente

CINQUINI PIERAMOS - SETTORE AGRICOLTURA F.to digitalmente

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RISERVA NATURALE

PIAN DI SPAGNA – LAGO DI MEZZOLA

ZSC IT2040042 – ZPS IT2040022

Progetto Pluriennale di Controllo del Cinghiale (Sus scrofa) P.P.C.C. 2022 – 2026

(D.G.R. XI/1019 del 17/12/2018)

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INDICE

1.PREMESSA 4

2.OBIETTIVI E DURATA 6

3.DESCRIZIONE DELLA SPECIE 6

4.DANNI CAUSATI DAL CINGHIALE 8

4.1 IMPATTO SULLE BIOCENOSI 8

4.2 DANNI ALLE PRODUZIONI AGRICOLE 9

4.3 RISCHI SANITARI 9

4.4 RISCHI STRADALI 10

5. NORMATIVA DI RIFERIMENTO 10

5.1 NORMATIVA NAZIONALE 10

5.2 NORMATIVA REGIONALE 10

6. DISTRIBUZIONE DELLA SPECIE 12

6.1 DISTRIBUZIONE NAZIONALE 12

6.2 DISTRIBUZIONE IN LOMBARDIA 12

7. INQUADRAMENTO AMBIENTALE TERRITORIALE 13

7.1 SITI RETE NATURA 2000

7.2 CONTESTO AMBIENTALE E FAUNISTICO 13

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7.1.1 VEGETAZIONE 17

7.1.2 FAUNA 22

7.2 ASSETTO GESTIONALE 26

7.3 IDONEITA’ DEL TERRITORIO ALLA PRESENZA DEL CINGHIALE 29 8. LA POPOLAZIONE DEL CINGHIALE NEL QUINQUENNIO 2016-2020 31 8.1 ENTITA’ E DISTRIBUZIONE DEI DANNI CAUSATI DAL CINGHIALE 33

8.1.1 DANNI ALLE COLTURE AGRICOLE 33

8.1.2 INCIDENTI STRADALI 34

8.1.3 INTERVENTI DI PREVENZIONE DEI DANNI ALLE COLTURE AGRICOLE 35

8.2 ATTIVITA’ PRELIEVO DI CONTROLLO 35

8.2.1 ESITI DEGLI INTERVENTI DI CONTROLLO 35

9. LA POPOLAZIONE DI CINGHIALE 37

9.1 MONITORAGGI 37

9.2 PARAMETRI GESTIONALI OBIETTIVO 39

9.3 VALUTAZIONE DELLA NECESSITA’ Di INTERVENTO PER LA GESTIONE DEI

SITI DI INTERESSE COMUNITARIO 41

10. MODALITA’ DI INTERVENTO 43

10.1 PIANIFICAZIONE E ORGANIZZAZIONE DEL CONTROLLO 43

10.2 AZIONI DI CONTROLLO 43

10.2.1 MODALITA’DI PRELIEVO DI CONTROLLO E MISURE DI MITIGAZIONE

DEGLI IMPATTI 43

10.2.2 TEMPISTICA 44

10.2.3 SOGGETTI AUTORIZZATI 45

10.2.4 PIANO DI CONTROLLO 45

10.2.5 DESTINAZIONE DEI CAPI PRELEVATI E ABBATTUTI 46

11. MONITORAGGIO DEGLI INTERVENTI 47

12. PREVISIONI DI INTERVENTI D’URGENZA 47

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4 1. PRESMESSA

In Lombardia, come in Italia e in altri paesi europei, negli ultimi decenni si è assistito a un notevole incremento della popolazione di cinghiale, dovuto in parte alle caratteristiche ecologiche della specie, capace di adattarsi alle più diverse condizioni ambientali, in parte all’interesse venatorio, che con immissioni iniziate negli anni ’50, ha sicuramente giocato un ruolo fondamentale, soprattutto nella velocità di espansione dell’areale della specie.

Il cinghiale, tra gli Ungulati italiani, riveste un ruolo del tutto peculiare, sia per alcune intrinseche caratteristiche biologiche (si pensi ad esempio ai tassi potenziali di accrescimento delle popolazioni), sia perché è indubbiamente la specie più manipolata e quella che desta maggiori preoccupazioni per l’impatto negativo esercitato su importanti attività economiche (Monaco A. et al., 2010).

La specie, infatti, causa danni rilevanti all’economia agricola sia in modo diretto, quali quelli derivanti dal consumo di prodotti utilizzati come alimento (cereali, patate, foraggi, frutti, ecc.), sia in modo indiretto, connessi con l’azione di calpestio e di scavo che, generalmente, accompagna il pascolo.

La massiccia presenza della specie in un’area può, inoltre, incidere negativamente anche sui complessi forestali e sulle zoocenosi. Infine, vanno considerati anche il possibile rischio di contaminazione di prodotti alimentari e i rischi connessi alla sicurezza stradale.

La Regione Lombardia, con L.R.17 luglio 2017, n. 19 Gestione faunistico - venatoria del cinghiale e recupero degli ungulati feriti, ha previsto disposizioni in merito alla gestione faunistico-venatoria del cinghiale (Sus scrofa) sul territorio regionale, al fine di contenere le popolazioni presenti allo stato selvatico entro densità socialmente, ecologicamente ed economicamente tollerabili per una maggiore salvaguardia delle colture agricole e della biodiversità, nonché per la tutela dell'incolumità delle persone e la sicurezza dei trasporti (Art.1).

L’art.2 introduce la zonizzazione del territorio regionale, vale a dire una suddivisione del territorio agro-silvo-pastorale regionale in aree idonee (in cui la presenza del cinghiale è ammessa entro determinate densità obiettivo), e in aree non idonee (in cui la presenza della specie non è ammessa).

Successivamente, con Delibera di Giunta regionale del 28 giugno 2018 n. XI/273 sono state individuate le suddette aree, sulla base dei seguenti criteri:

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5 1. consistenza e frequenza dei danni arrecati alle colture agricole e ai pascoli;

2. presenza di coltivazioni di particolare pregio;

3. presenza di habitat e di specie animali e vegetali di importanza per la biodiversità, con particolare riferimento ai Siti Natura 2000;

4. modalità pregresse di gestione della specie;

5. vocazionalità del territorio alla presenza della specie.

La normativa ha previsto che la gestione del cinghiale avvenga:

• nelle aree idonee, mediante prelievo venatorio e controllo;

• nelle aree non idonee, mediante controllo e prelievo venatorio di selezione.

Per “controllo” s'intende il controllo della fauna selvatica di cui all'articolo 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), all'articolo 41 della l.r. 26/1993 e agli articoli 11, comma 4, e 22, comma 6, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette).

Con successiva Deliberazione n. 1019 del 17 dicembre 2018 è stata approvata la

“Disciplina per la gestione del cinghiale sul territorio della Regione Lombardia - attuazione dell'art. 3, comma 1, della legge regionale n. 19/2017 "gestione faunistico venatoria del cinghiale e recupero degli ungulati feriti", tale disciplina si attua mediante la definizione dei criteri per il calcolo delle densità obiettivo, la determinazione di modalità e tempistiche per l'attuazione del prelievo venatorio e del controllo, nonché le modalità per il monitoraggio dei risultati conseguiti.

Il presente documento “Progetto Pluriennale di Controllo del Cinghiale (PPCC)”

mette in atto le disposizioni previste dalla L.R. n.19/2017 e dalle successive deliberazioni.

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6 2. OBIETTIVI E DURATA

Obiettivo del presente documento è quello di disciplinare secondo le disposizioni di Regione Lombardia la gestione del cinghiale, tramite l’attività di controllo, per arrivare a contenere le popolazioni presenti nell’area interessata dal PPCC entro valori socialmente, ecologicamente ed economicamente tollerabili, per una maggiore salvaguardia delle colture agricole e della biodiversità, nonché per l'incolumità delle persone e la sicurezza dei trasporti.

Il PPCC si inserisce inoltre all’interno di una strategia di gestione condivisa tra i diversi soggetti coinvolti a vario titolo nella gestione ambientale, faunistica e venatoria a livello regionale (Enti gestori di Parchi, Riserve Naturali Regionali e siti Natura 2000; Istituti di Gestione Faunistica e Venatoria: Ambiti Territoriali di Caccia/ATC, Comprensori Alpini di Caccia/CAC, Aziende Faunistico Venatorie/AFV, Aziende Agri Turistico Venatorie/AATV, Oasi e Zone di Ripopolamento e Cattura/ZRC) per una maggiore efficacia delle azioni intraprese.

3. DESCRIZIONE DELLA SPECIE

Specie ad ampia valenza ecologica, il cinghiale è in grado di utilizzare tipologie di habitat molto varie, occupando ogni tipo di ambiente disponibile, dalla pianura alle zone alpine oltre i limiti della vegetazione arborea. Una struttura di vegetazione complessa, con fitto sottobosco, che garantisce la presenza di siti adatti al rifugio, e buona disponibilità di acqua, necessaria per le attività di insoglio e per il normale fabbisogno idrico, sono elementi che favoriscono la presenza della specie. Per l’alimentazione, sono utilizzate di preferenza le fustaie di latifoglie (quercia, castagno e faggio) e i boschi misti, quando disponibili, i prodotti agricoli (mais, patate, cereali, barbabietole da zucchero) sono ampiamente utilizzati.

Nelle Alpi italiane il peso degli adulti oscilla tra i 50 e i 200 kg.

Il mantello invernale, folto e di colore scuro, nei mesi primaverili lascia il posto al mantello estivo, con perdita della maggior parte del sottopelo e setole dalla punta di colore chiaro. La colorazione varia anche a seconda della classe di età dell’animale: il mantello degli adulti è bruno più o meno scuro caratterizzato da un’alta variabilità individuale e con tonalità diverse in funzione della popolazione di provenienza, quello dei giovani individui al di sotto dell’anno di età, è caratterizzato da un colore rossiccio, e infine il pelame dei piccoli o striati presenta

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7 una livrea a strisce longitudinali chiare e scure, che viene mantenuto fino a circa quattro mesi di vita.

I canini sono la caratteristica principale del cinghiale; si tratta di denti a crescita continua, presenti in ambedue i sessi, ma solo nel maschio hanno dimensioni tali da fuoriuscire dalla bocca. I canini inferiori, detti difese, sono più grandi di quelli superiori, detti coti. Profondamente conficcati nella mandibola, possono raggiungere (nel maschio) anche i 30 cm di lunghezza, mentre sono considerate normali lunghezze fra i 15 e i 20 cm, di cui meno della metà protrudono dalla bocca; i canini inferiori crescono con un'incurvatura verso l'alto di 180°, interferendo con i canini superiori e mantenendoli sempre affilati.

Nelle femmine i canini inferiori misurano sempre meno di 10 cm, mentre i canini superiori sono piccoli e rivolti verso il basso; solo nelle femmine più anziane essi tendono a piegarsi verso l'alto. Lo sfregamento fra canini superiori e inferiori e fra canini superiori e incisivi inferiori, coi quali combaciano, fa sì che le zanne mantengano sempre un orlo tagliente. Le zanne hanno una duplice funzione:

sono infatti utilizzate sia come strumenti da lavoro, ad esempio per lo scavo nel terreno, sia come strumenti di difesa o offesa, per difendersi dai predatori o per competere con gli altri esemplari durante il periodo degli amori.

I cinghiali sono animali sociali, che vivono in gruppi composti da femmine adulte coi propri cuccioli, guidate dalla scrofa più anziana. I maschi più anziani conducono una vita solitaria per la maggior parte dell'anno, mentre i maschi giovani che ancora non si sono accoppiati tendono a riunirsi in piccoli gruppi.

Ciascun gruppo occupa un proprio territorio, che si estende su un'area ampia circa una ventina di chilometri quadrati e viene delimitato tramite secrezioni odorose delle zone labiale e anale: i territori dei maschi sono solitamente più grandi di quelli delle femmine, anche del doppio. Generalmente, il gruppo rimane nello stesso territorio finché le risorse sono sufficienti al proprio sostentamento, per poi abbandonarlo alla ricerca di aree più ricche di cibo qualora la disponibilità alimentare diminuisca: questo spiega l'apparizione improvvisa di cinghiali in aree dove storicamente la loro presenza non è contemplata.

Si tratta di animali dalla dieta onnivora e molto varia, come dimostra la dentizione mista e lo stomaco scarsamente specializzato, con solo due compartimenti, a differenza dei tre dei pecari e dei quattro dei ruminanti. Pur nutrendosi principalmente di materiale vegetale, come ghiande e castagne (nei periodi in cui queste sono particolarmente abbondanti, il cinghiale non mangia

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8 praticamente altro), frutti, bacche, tuberi, radici e funghi, il cinghiale non disdegna di integrare di tanto in tanto la propria dieta con materiale di origine animale, come insetti e altri invertebrati, uova e talvolta anche carne e pesce, provenienti questi principalmente da carcasse dissotterrate o trovate nei pressi dell'acqua.

Le femmine raggiungono la maturità sessuale attorno all'anno e mezzo di vita o al raggiungimento dei 30 kg di peso, i maschi sono più tardivi e non completano lo sviluppo prima del secondo anno d'età.

4. DANNI CAUSATI DAL CINGHIALE 4.1 IMPATTO SULLE BIOCENOSI

In relazione alle conoscenze generali attuali il Cinghiale, in rapporto alle sue esigenze trofiche, può esercitare un impatto sugli habitat e sulle specie floristiche di particolare interesse ecologico e conservazionistico. In base a studi condotti in altri contesti (Howe et al., 1981; Singer et al., 1984), il cinghiale è una specie in grado di incidere negativamente anche sui complessi forestali, determinando:

− diminuzione della biomassa vegetale (ridotta in genere quantitativamente, ma non nel numero di specie) per l’asportazione ad uso alimentare;

− danneggiamento (localmente) anche di alberi di notevoli dimensioni, per attività di “pulizia” (“grattatoi”) e sfregamento delle “difese”;

− diminuzione delle capacità di rinnovazione del bosco per l’asportazione di semi e frutti (ghiande, faggiole, castagne);

− innesco di fenomeni erosivi per l’apertura di ferite nel cotico erboso a causa dell’attività di scavo.

Per quanto invece concerne il potenziale impatto della specie sulle zoocenosi, si devono valutare le interazioni di seguito elencate (Genov, 1981; Howe et al., 1981;

Singer et al., 1984; Tosi & Toso, 1992):

− riduzione, per predazione, delle densità di Invertebrati del suolo (diminuzione dal 30 all’88% delle larve ipogee di insetti);

− riduzione delle densità di microroditori (Microtus, Apodemus sp.), per predazione diretta su adulti, loro nidi e riserve di cibo e per distruzione degli ambienti idonei a seguito dell’attività di scavo e rimescolamento della lettiera;

− predazione su anfibi e rettili;

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− riduzione del successo riproduttivo di uccelli nidificanti a terra (anche Galliformi) per predazione sulle uova.

4.2 DANNI ALLE PRODUZIONI AGRICOLE

I danni provocati dal Cinghiale alle produzioni agricole possono avere ripercussioni rilevanti per l’economia agricola. Tali danni possono essere sia diretti, derivanti dal consumo di prodotti utilizzati come alimento (cereali, patate, foraggi, frutti, ecc.) sia indiretti, connessi con l’azione di calpestio e di scavo che, generalmente, accompagna il pascolo.

4.3 RISCHI SANITARI

Il cinghiale rappresenta una delle specie selvatiche maggiormente problematiche dal punto di vista sanitario. Ciò è dovuto principalmente al fatto che cinghiale e maiale domestico appartengono alla stessa specie; per questo motivo, maiale e cinghiale sono ricettivi alle stesse malattie/infezioni. Il cinghiale è inoltre l’Ungulato più diffuso sul territorio nazionale e può, così, rappresentare un importante ostacolo all’eradicazione di alcune infezioni o, per altre, addirittura rappresentare il serbatoio epidemiologico.

I problemi sanitari posti dalla presenza del cinghiale non sono tanto determinati dalle possibili ripercussioni sulla dinamica delle popolazioni selvatiche, bensì dagli effetti economici sull’allevamento zootecnico.

Difatti, l’Unione Europea ed il gruppo di Paesi aderenti all’Organizzazione Mondiale per il Commercio (WTO), pur avendo eliminato le barriere commerciali, hanno stabilito una serie di motivazioni ufficiali per cui è consentito a un Paese di rifiutare l’importazione di merci a seguito di problemi sanitari e fitosanitari. A seguito di ciò, l’Ufficio Internazionale delle Epidemie (OIE), ha redatto una lista di malattie (Lista “A”) la cui insorgenza impone automaticamente il blocco della movimentazione degli animali infetti o sospetti e delle derrate alimentari da loro derivanti. Ciò vuol dire che se in una regione italiana si manifestasse un’infezione della Lista “A” dell’OIE, gli animali domestici infetti andrebbero abbattuti e distrutti, mentre quelli sani e le derrate alimentari derivate non potrebbero uscire dal territorio regionale, con un immaginabile danno economico conseguente. La situazione è resa più complicata dal fatto che, uno Stato o una regione dell’UE che risulta ufficialmente indenne a determinate malattie, può esportare/importare suini e prodotti derivati solo da Stati o Regioni con gli stessi standard zootecnici.

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10 Tra le infezioni che appartengono alla Lista “A” e colpiscono il Cinghiale, le più diffuse sono la peste suina classica e la peste suina africana. Il morbo di Aujeszky (endemico nel Cinghiale in tutto il territorio italiano) non è inserito nella Lista “A”, ma è comunque sottoposto a piani di controllo ed eradicazione in alcuni Paesi della Comunità Europea che quindi possono imporre limitazioni alle importazioni da territori non indenni.

4.4 RISCHI STRADALI

Da tenere in grande considerazione anche il rischio legato alla sicurezza stradale poiché l’ampia distribuzione della specie anche in prossimità di aree antropizzate e le abitudini crepuscolari/notturne della specie, portano ad un maggior rischio di investimenti. Inoltre, la rilevante massa corporea dell’adulto porta ad aggravare ulteriormente i danni causati da eventuali investimenti.

5. NORMATIVA DI RIFERIMENTO 5.1 NORMATIVA NAZIONALE

− Legge n. 394/1991 “Legge Quadro sulle Aree Protette”.

− Legge n. 157/1992 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”.

− Legge n. 248/2005 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto- legge 30 settembre 2005, n. 2013, recante misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”.

5.2 NORMATIVA REGIONALE

− Legge regionale 30 novembre 1983, n. 86 “Piano regionale delle aree regionali protette. Norme per l'istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale”.

− Legge regionale 16 agosto 1993, n.26 “Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell’equilibrio ambientale e disciplina dell’attività venatoria”.

− Regolamento regionale 4 agosto 2003, 16 "Regolamento di attuazione degli artt. 21 comma 9, 26 comma 3, 27 comma 4, 39 comma 1 e 43 comma 2 della L.R. 16 agosto 1993, n. 26 "Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell’equilibrio ambientale e disciplina dell’attività venatoria"".

− Legge regionale 2 agosto 2004, n. 17 “Calendario venatorio regionale”.

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− Legge regionale 25 marzo 2016, n. 7 “Modifiche alla legge regionale 5 dicembre 2008, n. 31 (Testo unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale) e alla legge regionale 16 agosto 1993, n. 26 “Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell’equilibrio ambientale e disciplina dell’attività venatoria) conseguenti alle disposizioni della legge regionale 8 luglio 2015, n. 19 e della legge regionale 12 ottobre 2015, n. 32 e contestuali modifiche agli articoli 2 e 5 della l.r. 19/2015 e all’articolo 3 della l.r. 32/2015”.

− Legge regionale 17 luglio 2017, n. 19 “Gestione faunistico-venatoria del cinghiale e recupero degli ungulati feriti”.

− Deliberazione di Giunta regionale n. XI/200 del 11.06.2018 “Determinazioni in ordine all’autorizzazione ai proprietari o conduttori dei fondi per il controllo del cinghiale – art. 4, comma 3 della legge regionale n. 19/2017 “Gestione faunistico-venatoria del cinghiale e recupero degli ungulati feriti”.

− Deliberazione di Giunta regionale n. XI/273 del 28/06/2018 “Suddivisione del territorio agro-silvo-pastorale regionale in aree idonee e aree non idonee alla presenza del cinghiale e unità di gestione della specie – attuazione dell’art. 2, commi 1 e 4, della legge regionale n. 19/2017 “gestione faunistico-venatoria del cinghiale e recupero degli ungulati feriti”.

− Deliberazione di Giunta regionale n. XI / 1019 del 17/12/2018 “Disciplina per la gestione del cinghiale sul territorio della Regione Lombardia -attuazione dell'art. 3, comma 1, della legge regionale n. 19/2017 "gestione faunistico venatoria del cinghiale e recupero degli ungulati feriti".

− Delibera Giunta regionale n. XI/1425 del 25 marzo 2019 “Modifiche ed integrazioni alla d.g.r. XI/1019 del 17 dicembre 2018 “Disciplina per la gestione del cinghiale sul territorio della Regione Lombardia - Attuazione dell’art. 3, comma 1, della legge regionale 19/2017 “Gestione faunistico- venatoria del cinghiale e recupero degli ungulati feriti”.

− Deliberazione di Giunta regionale n. XI / 1761 Seduta del 17/06/2019

“Modifiche e integrazioni alla d.g.r. XI/1019 del 17/12/2018 “Disciplina per la gestione del cinghiale sul territorio della Regione Lombardia – attuazione dell’art. 3, comma 1, della legge regionale 19/2017 “gestione faunistico- venatoria del cinghiale e recupero degli ungulati feriti”.

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12 6. DISTRIBUZIONE DELLA SPECIE

Specie ad ampia distribuzione paleartica, ha un areale che si estende dalla penisola iberica alla Cina orientale e all’Indonesia, spingendosi a sud fino all’Africa settentrionale, Medio Oriente e sub-continente indiano. È stato introdotto nelle Americhe, Australia e alcune isole del Pacifico.

6.1 DISTRIBUZIONE NAZIONALE

In Italia la distribuzione di questa specie, a causa principalmente di una forte pressione venatoria, ha subito una forte contrazione fino al secondo dopoguerra;

in seguito, si è registrata un’espansione considerevole e attualmente la specie è diffusa, sebbene in misura differente, in tutte le regioni.

6.2 DISTRIBUZIONE IN LOMBARDIA

In Lombardia la ricomparsa del cinghiale risale agli anni ’70, a partire dal territorio montano dell’Oltrepò pavese, da dove si diffonde velocemente in quasi tutte le province lombarde. L’organizzazione sociale basata su gruppi, le nascite, la dinamica di popolazione variabile in dipendenza della disponibilità trofica, sono fattori che rendono particolarmente difficile una quantificazione della popolazione presente sul territorio regionale. Tuttavia, è possibile ipotizzare che la tendenza sia positiva, con conseguente ampliamento dell’area di distribuzione.

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13 7. INQUADRAMENTO AMBIENTALE E TERRITORIALE

7.1 SITI RETE NATURA 2000

Nella Riserva Naturale Pian di Spagna – Lago di Mezzola sono presenti i Siti Rete Natura 2000, ZPS IT2040022 LAGO DI MEZZOLA E PIAN DI SPAGNA e ZSC IT2040042 PIAN DI SPAGNA E LAGO DI MEZZOLA, dove gli obiettivi prioritari di gestione sono la tutela e la conservazione dei valori naturali ed ambientali.

Natura 2000 è il nome che il Consiglio dei Ministri dell'Unione Europea ha assegnato a questo sistema coordinato e coerente (una "rete") di aree destinate alla conservazione della diversità biologica presente nel territorio dell'Unione stessa ed in particolare alla tutela di una serie di habitat e specie animali e vegetali indicati negli Allegati I e II della Direttiva "Habitat" e delle specie di cui all'Allegato I della Direttiva "Uccelli" e delle altre specie migratrici che tornano regolarmente in Italia. La Rete Natura 2000, ai sensi della Direttiva "Habitat" (art. 3), è costituita dalle Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e dalle Zone di Protezione Speciale (ZPS).

Attualmente la "rete" è composta da tre tipi di aree: le Zone di Protezione Speciale, previste dalla Direttiva "Uccelli", i Siti di Importanza Comunitaria (SIC), che rappresentano il passo precedente per la designazione delle Zone Speciali di Conservazione (ZSC), previsti dalla Direttiva “Habitat”.

ZPS IT2040022LAGO DI MEZZOLA E PIAN DI SPAGNA

Il Sito è caratterizzato da un paesaggio planiziale, la cui componente vegetazionale è modulata secondo un gradiente principale che va dai corpi idrici (Lago di Mezzola, Fiume Mera e Lago di Como) fino al versante montano della sinistra orografica della Valchiavenna. Lungo questo gradiente agiscono due complessi di fattori ambientali: la quantità d'acqua, in diminuzione verso il versante montano, e l'azione antropica, in senso opposto alla prima. Gli habitat del Sito possono essere ripartiti in tre zone principali, riferibili alla successione naturale della vegetazione perilacustre: la zona acquatica, rappresentata dal potamogetoneto, dal ninfeeto e dalla vegetazione di cinta del fragmiteto, è la più naturale, con specie adattate a particolari condizioni ecologiche, e si trova ormai confinata a strette fasce a ridosso dei corpi idrici. La zona umida, rappresentata da praterie più o meno igrofile (magnocariceto e molinieto), è collocata all'interno del piano, a ridosso del fragmiteto, spesso con contatti irregolari e a mosaico. La zona più interna è caratterizzata dai coltivi e da una componente arborea organizzata in filari e siepi o in coltivazioni di pioppi. I boschi

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14 ripariali ormai si trovano solo in stretti corridoi o in paleoalvei all'interno delle prime due zone. Il Sito si sovrappone alla superficie della Riserva Naturale Pian di Spagna e Lago di Mezzola. La Riserva è articolata in una zona naturale di riserva vera e propria, poco influenzata dalle attività antropiche (zona RN) e in una fascia di rispetto in cui sono presenti insediamenti agricoli e attività agricole apprezzabili (zona FR).

ZSC IT2040042 PIAN DI SPAGNA E LAGO DI MEZZOLA

Il Sito è quasi completamente coincidente con la ZPS IT2040022 Lago di Mezzola e Pian di Spagna. La differenza sostanziale è l’inclusione dell’area del Pozzo di Riva nella parte settentrionale del Sito.

I due Siti sono caratterizzati dalla presenza di 5 habitat di interesse comunitario, tutti obiettivo di conservazione. Gli habitat sono i medesimi della ZPS IT2040022 Lago di Mezzola e Pian di Spagna.

Habitat obiettivo di conservazione

3130 - Acque stagnanti, da oligotrofe a mesotrofe, con vegetazione dei Littorelletea uniflorae e/o degli Isoeto-Nanojuncetea;

3150 - Laghi eutrofici naturali con vegetazione del Magnopotamion o Hydrocharition

6410 - Praterie con molinia su terreni calcarei, torbosi o argilloso-limosi (Molinion caeruleae)

6510 - Praterie magre da fieno a bassa altitudine (Alopecurus pratensis, Sanguisorba officinalis)

91E0* - Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior (Alno-Padion, Alnion incanae, Salicon albae)

Nei Siti, ai sensi dell’Art. 4 della Direttiva 2009/147/CE, sono presenti 223 specie ornitiche di interesse comunitario, 87 non sono obiettivo di conservazione, in quanto con parametro della popolazione pari a “D” (vedi paragrafo 7.1.2 Fauna).

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15 7.2 IL CONTESTO AMBIENTALE E FAUNISTICO

Di seguito vengono illustrate le principali caratteristiche ambientali della Riserva. Le informazioni sono tratte dal “Piano di gestione del SIC IT2040042 Pian di Spagna e Lago di Mezzola” (Osio e Tartarini, 2010).

La Riserva ha una superficie complessiva pari a 1.613,30 ettari.

La superficie occupata dai bacini idrici e canali è pari a 558,9 ettari (35% della superficiecomplessiva). La superfice urbanizzata è inve pari a 63 ettari (4% della superficie complessiva).Il territorio della Riserva Naturale non presenta, allo stato attuale, un ambiente naturale conservato integralmente su tutta la propria estensione. Gli ambienti che maggiormente hanno mantenuto le caratteristiche di originaria integrità sono quelli legati alla presenza più o meno costante di acqua nello strato superficiale del terreno (canneti, cariceti, molinieti, boschi umidi) che occupano significative porzioni del territorio protetto.

La Riserva si estende nella piana alluvionale compresa fra il Pozzo di Riva, il Lago di Mezzola, il fiume Mera, l’Adda e il Lago di Como. Essa giace su depositi del Quaternario recente, formati da sedimenti lacustri e depositi alluvionali dei fiumi Adda e Mera, cui si aggiungono materiali di riporto legati a interventi di bonifica.

Il fiume Adda fino all'epoca romana entrava nel lago di Mezzola, allora privo di soluzione di continuità con il lago di Como, in zona Bocche d’Adda a monte di Nuova Olonio. I continui spostamenti della foce verso sud-ovest insieme con eventi di piena portarono al riempimento parziale dell'area lacustre corrispondente all’odierno Pian di Spagna, con la formazione di una zona paludosa.

Per motivi economici legati al transito di merci e persone e alla pastorizia, nel 1858 iniziò il risanamento dell'area mediante la canalizzazione e la rettifica del tratto finale del fiume Adda, dalla piana di Piantedo al lago, cui seguirono a partire dal 1927 numerosi interventi di bonifica che fecero assumere al Piano l'aspetto odierno.

La conformazione geologica dell'area montana circostante la Riserva è molto varia e complicata.

Il substrato roccioso è formato da due grandi complessi strutturali, il Pennidico e l'Austro-alpino. A questi due gruppi di unità si devono aggiungere le masse intrusive terziarie, che si sono messe in posto durante la fase tardiva dell'orogenesi alpina, lacerando la struttura già impostata.

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16 Sono proprio tali masse intrusive che prevalgono all'interno dell'area esaminata. La più importante di esse è il Plutone di Val Masino-Bregaglia (circa 30 milioni di anni), uno dei più grandi plutoni dell'intero arco alpino, composto principalmente da due litologie: la Granodiorite della Val Masino, nota anche come Ghiandone, e la Quarzo diorite del M. Bassetta, nota anche come Serizzo. Infine, vi è il Granito di San Fedelino, una manifestazione magmatica tardo-alpina (25 milioni di anni), affiorante al margine occidentale del Plutone, ma geneticamente indipendente da esso.

Le Unità Pennidico e Austro-alpine, molto più antiche (da 230 a oltre 300 milioni di anni), cui i graniti si sono sovrimposti, emergono nel resto del territorio: un esempio è l'Unità Bellinzona-Dascio, unità d’incerta classificazione che è ascritta al Dominio Pennidico per le sue affinità. L'orogenesi alpina ha conosciuto come momento finale una fase di sollevamento che, seppure meno spinta, è tuttora in atto e provoca nelle Alpi Retiche un innalzamento di circa 1 mm/anno.

L’area compresa nella Riserva è completamente pianeggiante e si trova a una quota media pari a 201 m s.l.m. (min. 197,0 - max. 205,0). La morfologia è estremamente appiattita, profilo sottolineato e reso ancora più uniforme dalle lavorazioni antropiche legate all'utilizzazione agricola del territorio. Solo nel settore centrale sono ancora evidenti piccoli dossi e depressioni, legati alle piene del fiume Adda, che come già detto un tempo sfociava nel Lago di Mezzola presso la località Bocche d'Adda. In generale i terreni presenti sono a carattere prevalentemente limoso e a reazione acida.

Il lago di Mezzola misura una superficie di 4,93 Km2, con un perimetro di 13,6 Km; la profondità media è di 40 m mentre quella massima è 69 m. Il tempo di ricambio teorico dell’acqua è molto rapido ed è pari a 69 giorni, a nord è collegato, tramite il Fosso omonimo con il Pozzo di Riva, mentre verso sud l'emissario Mera lo mette in comunicazione con il Lario.

Il tributario principale del Lago di Mezzola è il fiume Mera, proveniente dal Piano di Chiavenna; altri apporti idrici derivano dal torrente Codera a nord e dal torrente Ratti, a est del lago. Corsi d’acqua di minore importanza scendono, invece, dai versanti a ovest del lago.

Il reticolo idrografico del Pian di Spagna è costituito da una serie di canali che drenano i terreni e i coltivi. I principali sono il Borgofrancone, il Roggio e il Canale di Spinida. I primi due si trovano nella zona meridionale del piano e sfociano

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17 entrambi nel lago di Como. Quello con la maggior portata è il Borgofrancone, che però durante l'inverno si prosciuga nella parte più a nord. Anche il Roggio durante la stagione secca, per un buon tratto, non contiene acqua. Il canale di Spinida, invece, corre nel settore nord del Piano e sfocia nel Lago di Mezzola, raccogliendo anche le acque bianche dell’area industriale di Nuova Olonio. Di minore dimensione è il canale di Nigolo che nel suo fluire raccoglie le acque provenienti dal depuratore di Nuova Olonio. Gli altri canali presenti sono di piccole dimensioni e trasportano acqua solo in alcuni periodi dell'anno.

Di particolare importanza sono i canali che scorrono nel Piano di Chiavenna, conosciuti come Merette, e identificati con alcuni numeri, essi sono spesso emuntori dei terreni coltivati e raccolgono diverse valli e linee di compluvio che scendono dalle montagne circostanti.

Questi canali sono gli immissari del Pozzo di Riva la cui qualità delle acque è strettamente legata agli insediamenti antropici posti a monte dello stesso:

allevamenti ittici, industrie, insediamenti civili e cave.

7.1.1 Vegetazione

La Riserva è un ecosistema complesso in cui sono presenti zone a canneti, prati umidi ed estese superfici coltivate. La vegetazione che attualmente caratterizza il Pian di Spagna è il risultato di una serie di vicende naturali e di interventi umani.

Grazie a questi ultimi, buona parte del piano è oggi utilizzata a scopo agrario, con un’ampia estensione di prati stabili, umidi e/o asciutti e una minore superficie di campi, coltivati soprattutto a mais, cui si può aggiungere una residua superficie coltivata a pioppeti.

L’utilizzo agronomico principale delle aree aperte è la produzione di foraggi per l’alimentazione dei bovini, in particolare delle bovine da latte e/o da rimonta:

fieno da prato stabile, e in misura minore da prati da vicenda (loietto e medica) e mais da insilato.

Dal punto di vista strettamente naturalistico, la vegetazione più interessante è quella che si sviluppa sui fondali poco profondi degli specchi e dei corsi d’acqua, sui terreni con essi confinanti caratterizzati da un elevato grado di umidità e in quelle aree a umidità minore, ma interessate da una più o meno regolare e intensa sommersione idrica. Un altro ambito per lo sviluppo di una vegetazione particolare all’interno della Riserva è quello delle zone agricole marginali, nelle quali l’intervento umano, sporadico o regolare limita l’espansione del canneto

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18 mantenendo uno spazio aperto allo sviluppo delle praterie igrofile, altrimenti confinate in una stretta fascia chiusa tra terreni agricoli con vegetazione più antropizzata e il canneto

La flora censita (Gusmeroli, Della Marianna e Speziale, 2005-2006) si compone di 123 specie di piante vascolari, per la maggior parte erbacee. Bisogna premettere che lo studio a cui si fa riferimento ha riguardato principalmente le praterie antropiche della Riserva e i loro rapporti con la vegetazione igrofila naturale.

Quindi gli estesi canneti di Phragmites australis, che costituiscono il tipo di vegetazione perilacustre ad elofite più rappresentato nel territorio, non sono stati indagati se non nelle fasce di confine con le praterie.

Lo spettro corologico delle praterie antropiche vede una prevalenza di specie boreali ed eurasiatiche (65%). Nel primo gruppo sono stati inclusi gli elementi circumboreali, artico-alpini ed eurosiberiani; nel secondo sono stati inclusi gli elementi eurasiatici, europei e paleotemperati.

Un apporto significativo alla costituzione della struttura corologica è fornito dalle specie cosmopolite e subcosmopolite (23%), mentre i complessi eurimediterraneo/euroamericano (7%), atlantico (2%) ed orofilo (2%) contribuiscono marginalmente alla composizione dello spettro corologico.

Nelle forme biologiche si osserva una netta prevalenza delle emicriptofite (59%), specie perenni con gemme a livello del suolo, tipiche delle zone temperate e temperato-fredde.

Si segnala anche una buona presenza di geofite (20%), piante perenni con gemme portate da organi ipogei. Meno abbondanti risultano gli esponenti delle altre forme. Dal punto di vista sintassonomico, le specie presenti rappresentano 33 famiglie floristiche. Le più numerose sono nell’ordine: Graminaceae, Cyperaceae, Compositae e Labiatae.

Per quanto riguarda la rarità nell’arco alpino, è stata rilevata la presenza di 15 specie ritenute rare e di una molto rara (Carex pauciflora). Una specie, Panicum implicatum, non compare nella Flora d’Italia, ma è segnalato nella Flora d’Europa.

Buona parte della vegetazione, in particolare quella della porzione meridionale della Riserva, si sviluppa su terreni nei quali la sommersione idrica si verifica raramente, solo in occasione di eventi eccezionali. In queste zone, in assenza delle pratiche agricole, si svilupperebbe la vegetazione tipica del bosco planiziale.

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19 Nella porzione centrale, tra la S.S. 402 ed il Lago di Mezzola, e in quella settentrionale, a Nord del lago, la vegetazione si sviluppa, invece, su terreni meno elevati, la cui vegetazione naturale è quella palustre e perilacustre dei Molinieti, Magnocariceti e Fragmiteti. In queste zone la vegetazione naturale e quella di derivazione antropica si contendono lo spazio e la prevalenza dell’una sull’altra dipende dall’intensità del lavoro agricolo.

Si possono, infatti, osservare cambiamenti di vegetazione lungo le linee di confine degli appezzamenti. Tali variazioni possono essere più o meno marcate. Il passaggio dalle zone a vegetazione naturale verso i terreni periodicamente falciati è più marcato, mentre quello verso terreni nei quali l’intervento umano e solo saltuario è meno brusco e la vegetazione presenta stadi di transizione.

Ancora nella parte centrale della Riserva, la morfologia del terreno, determinata dalle passate divagazioni del fiume Adda alla ricerca dello sbocco nei laghi, presenta sensibili dislivelli. Negli affossamenti del terreno si è insediato il fragmiteto, mentre nelle parti più rilevate, spesso poco estese e molto frammentate, si è insediata una vegetazione steppica.

Da un punto di vista naturalistico le aree più interessanti sono rappresentate dai lembi di vegetazione idro-igrofila, spesso alterati e impoveriti, ma comunque significativi, anche per la presenza di specie di buon pregio naturalistico. Come evidenziato sopra, questo tipo di vegetazione si rinviene soprattutto sulle rive del lago di Mezzola, che confinano con il Pian di Spagna, intorno al Pozzo di Riva e lungo alcuni canali di gronda (Fossa Spagnola, Borgofrancone), nei paleoalvei fluviali e in occasionali depressioni con falda sub-affiorante.

In questi ambienti, compatibilmente con le pratiche agricole svolte ed in taluni casi esaltate da queste, è possibile osservare praticamente tutti i tipi di vegetazione legati all’elemento acqua, da quelli più prettamente acquatici a quelli semplicemente igrofili, secondo un gradiente dettato dal progressivo allontanamento dalle condizioni idriche più estreme.

La vegetazione acquatica si dispone nelle zone ad acqua libera, in prossimità delle rive dei laghi e dei maggiori canali. Le comunità vegetali sono composte di piante del tutto sommerse oppure galleggianti, radicate o meno sul fondo. Tra quelle sommerse vanno menzionate soprattutto la specie del genere Potamogeton (P. crispus, P. perfoliatus, P. lucens), ma anche Elodea canadensis, Zannichellia palustris, Najas marina. Al gruppo delle specie radicate sul fondo, ma

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20 con fiori e foglie in parte emerse e/o galleggianti, appartengono le ninfee (Nymphaea alba, Nuphar luteum), la castagna d'acqua (Trapa natans), Myriophyllum spicatum, Ranunculus trichophylluse Potamogeton natans, quest’ultimo particolarmente abbondante nella Fossa Spagnola che in estate ne viene quasi completamente ricoperta.

La vegetazione perilacustre forma una fascia sulle rive dei laghi e dei canali ed è costituita da specie in grado di tollerare le continue variazioni di livello di acqua e di resistere sia a occasionali episodi di sommersione, sia a temporanei momenti di completo prosciugamento. In questa zona è ampiamente diffusa la canna di palude (Phragmites australis) che rappresenta un elemento del paesaggio molto visibile e inconfondibile. Vi fanno parte, in misura minore, anche altre specie rigogliose, quali Schoenoplectus lacustris, Typhoides arundinaceae la nota tifa (Typha latifolia). Anche le sponde dei fossi e canali e i solchi degli antichi alvei sono spesso invasi dalla canna palustre e dalla tifa, ma ospitano anche Sparganium erectum, Alisma plantago acquatica, Rorippa amphibia, Stachys palustris, Iris pseudacorus, Filipendula ulmaria.

Le praterie igrofile sono associazioni di piante erbacee situate dietro alla vegetazione perilacustre, su suoli che vengono meno interessati da episodi di sommersione periodica o stagionale.

Una posizione appena retrostante ai canneti è occupata da magnocariceti, praterie igrofile dominate da specie del genere Carex di grosse dimensioni, su suoli inondati, almeno in qualche momento dell'anno. Possono presentarsi come una successione digrossi cespi compatti alternati a piccole depressioni, come nel caso dei caratteristici popolamenti a Carex elata, o in forma di una cotica erbosa più continua, qualora le specie dominanti siano Carex vesicaria e/o Carex acutiformis. Altre specie tipiche di questi ambienti sono Galium palustre, Lycopus europaeus, Myosotis scorpioides, Poa palustris, Lysimachia vulgaris, Iris pseudacorus, Lotus uliginosus.

Una condizione di minore igrofilia, indice anche di episodi di sommersione del tutto eccezionali, è evidenziata dalle praterie a molinia (Molinia coerulea), che si presentano più o meno eterogenee anche per effetto del loro eventuale utilizzo come pascolo o come prateria da fieno, soprattutto quando il suolo è meno permeato d'acqua o solo fresco, condizioni che permettono l'ingresso di specie tipiche dei prati.

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21 Proprio per la loro variabilità, legata alla stagionale presenza di acqua e alla costante opera di taglio eseguita dall’uomo le praterie igrofile rappresentano ambienti molto interessanti e ricchi di specie; gli esempi più significativi sono osservabili soprattutto nella zona della Poncetta, a nord del Pozzo di Riva, attorno alla foce dell'Adda, in alcuni prati di ridotta estensione fra le rive sabbiose del lago di Como. Vi si possono osservare ad esempio piccole carici (Carex panicea, Carex distans, Carex flacca), Eleocharis palustris, Equisetum palustre, Equisetum variegatum, Cyperus flavescens, Cyperus glomeratus, Caltha palustris, Gratiola officinalis, Scutellaria galericulata, Lythrum salicaria, Mentha acquatica, Succisa pratensis, Inula salicina, Selinum carvifolia e diverse specie rare o di elevato pregio, quali Orchis incarnata, Epipactis palustris, Ophioglossum vulgatum, Alisma lanceolatum, Leucojum aestivum, Typha minima, Valeriana dioica, Allium angulosum, Polygala amarella. Le boscaglie ripariali, un tempo erano sicuramente più estese e attualmente sono ridotte a pochi e scarsi popolamenti, a causa delle modificazioni indotte dalle bonifiche e da altri interventi umani, tra cui la loro sostituzione con colture di pioppi. Isolati boschetti a ontano nero, talora di pochi esemplari, si rinvengono sporadicamente, soprattutto in corrispondenza dei paleoalvei o di piccole depressioni. A essi si accompagnano ancora alcune delle specie caratteristiche di questi ambienti, tra cui Viburnum opulus, Cornus sanguinea, Rubus caesius, Humulus lupulus, Cucubalus baccifer, Equisetum hyemale. Anche il salice bianco è rappresentato, ma si tratta quasi sempre di esemplari isolati lungo i corsi d'acqua o addirittura quasi in forma di filari alberati, come lungo gli argini artificiali dell'Adda e lungo il Fosso Riva.

Dalle stime di campagna effettuate per la redazione del Piano Agronomico della Riserva, risultano 79 ettari di suolo destinati al "sistema forestale", costituito da aree boscate, siepi e filari.

L'habitat prioritario 91E0* "Foreste alluvionali di Alnus glutinosae Fraxinus excelsior", secondo i valori rilevati nell’esplorazione in campo, risulta avere un'estensione di 50,78 ha. Esso si rinviene, partendo da nord, a San Fedelino, nel paleo-alveo dell'Adda, in località "La Punta" e nel tratto terminale della foce dell'Adda e in diversi tratti attorno al Pozzo di Riva.

A San Fedelino si riscontra l'ontaneta più caratteristica e matura. La foresta, a dominanza di ontano nero, si presenta come un mosaico irregolare con zone a frassino maggiore, zone a salice bianco e pioppo nero e altre con invasione di robinia. Lo strato arboreo è ben sviluppato con soggetti adulti alti in media 15 m. Il sottobosco è molto denso e ben strutturato. Fittamente presenti anche specie

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22 lianose. La rinnovazione naturale di specie tipiche sia arboree sia arbustive è presente e abbondante.

Alla foce dell'Adda è stata rilevata una situazione di molinieto aperto a ricolonizzazione con ontano bianco e nero, circondati da boscaglie di ontano nero subordinato a salice bianco, pioppo nero e robinia.

7.1.2 Fauna

Complessivamente nel Pian di Spagna è stata accertata la presenza complessiva di 257 specie di Vertebrati. La comunità maggiore è risultata quella Ornitica, con 175 specie, seguita dai Mammiferi, con 36 specie, i Pesci con 29 specie e l’Erpetofauna con 17 specie. Tra queste vi sono specie ad ampia diffusione ecologica (corvidi, merlo, passero, volpe, faina, etc.) e specie a notevole specializzazione ecologica (tarabuso, re di quaglie, gufo reale, etc.).

Le specie di maggiore importanza comunitaria e nazionale tra le 51 inserite nell’Allegato II della Direttiva 79/409, sono le seguenti: Alcedo atthis, Aythya nyroca, Botaurus stellaris, Bubo bubo, Caprimulgus europaeus, Circus aeruginosus, Circus cyaneus, Crex crex, Ixobrychus minutus, Lanius collurio, Milvus migrans, Pernis apivorus, Porzana porzana, Sylvia nisoria.

Tra queste sono correlabili alla gestione degli habitat palustri e ripariali Alcedo atthis, Aythya nyroca, Botaurus stellaris, Circus aeruginosus, Ixobrychus minutus, Milvus migrans, Porzana porzana, mentre alle praterie da fieno sono connessi Circus cyaneus e Crex crex. Bubo bubo, Caprimulgus europaeus, Pernis apivorus frequentano praterie e boschetti a scopo di alimentazione e caccia, mentre per la nidificazione utilizzano le rupi boscate che si elevano ai margini della Riserva.

Sylvia nisoria trova un habitat ottimale nelle pendici rupestri a flora submediterranea che si trovano sul Sasso di Dascio e sopra San Fedelino, ai limiti della Riserva, anche se può essere osservata in siepi e boschetti interni. Le situazioni di criticità rivolte all’insieme delle specie citate riguardano essenzialmente perdite o riduzione di qualità degli habitat ospitanti, a livello di singole stazioni, che possono assumere dimensioni preoccupanti nel caso degli incendi dolosi dei canneti, in grado di determinare perdite nella popolazione e di compromettere il successo riproduttivo del gruppo più numeroso di specie d’interesse comunitario.

Per quanto riguarda le specie più importanti dal punto di vista conservazionistico per l’area, la situazione è la seguente:

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23 Tarabuso (Botaurus stellaris) - i canneti della Riserva ospitano una piccola popolazione nidificante stimabile, in base ad osservazioni recenti della specie in periodo riproduttivo, da un minimo di 2 a un massimo di 4 coppie. Secondo l’Action Plan europeo sulla specie, anche piccole e frammentate popolazioni assumono grande valore nella conservazione dell’areale della specie. Anche secondo la Lista Rossa dei Vertebrati Italiani la specie è considerata in pericolo, con un numero totale intorno alle 50 coppie nidificanti. I principali problemi che incontrano la specie nella Riserva consistono nel degrado dell’habitat conseguente a fenomeni di eutrofizzazione e d’inquinamento, nella perdita d’importanti lembi di canneto per espansione dell’agricoltura, interramento e incendi dolosi, nel forte disturbo antropico da attività ricreative concentrato nel periodo primaverile estivo.

Moretta tabaccata (Aythya nyroca) - la specie per ora è presente nel sito come svernante regolare, in incremento numerico (da pochi individui a 20-30). Tale fatto è confortante considerando la delicata situazione della specie nell’Europa occidentale, quale traspare dallo specifico Action Plan Europeo e dalla Lista Rossa dei Vertebrati Italiani, in cui la moretta tabaccata è indicata come

“Critically endagered”. Se il trend locale della specie proseguirà in questa direzione, non si può escludere qualche tentativo di nidificazione nei prossimi anni, in nicchie ecologiche adatte, dal momento che la specie già nidifica in Provincia di Varese nella Riserva Naturale “Palude Brabbia”, in situazione ecologica non molto diversa dal Pian di Spagna. La criticità rilevabile a questo riguardo consiste essenzialmente nella perdita di habitat potenzialmente riproduttivo a causa d’incendi dolosi che solitamente si verificano alla fine dell’inverno. La perdita e la degradazione dell’habitat sembrano essere, in base all’Action Plan Europeo i principali fattori limitanti per la specie.

Re di Quaglie (Crex crex) - specie distribuita in nord Italia prevalentemente nell’arco alpino orientale, ultimamente “riscoperta” in molti siti di vecchia presenza, tra i quali il Pian di Spagna. La consistenza rilevata è in ogni caso minima (1-3 maschi cantori nel 2004-2005) e limitata ai settori della Riserva caratterizzati da agricoltura estensiva. La particolare ecologia del re di Quaglie e la sua stretta relazione con gli habitat di prateria come 6410 e 6510 e il loro modello di conduzione agricola risultano d’indubbia utilità per impostare un corretto schema di gestione di questi settori della Riserva. Il fatto che per lungo tempo la presenza della specie non sia stata considerata può aver comportato la perdita di alcune aree trasformate in campi di mais, fenomeno per altro limitato, ma che costituisce

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24 un elemento di criticità cui ovviare con opportune linee d’indirizzo e adeguata informazione.

Le specie di Insettivori rilevate sono il Riccio (Erinaceus europaeus), la Talpa (Talpa europaea), il Toporagno comune (Sorex araneus), il Toporagno nano (Sorex minutus), il Toporagno d’acqua (Neomys fodiens), la Crocidura minore (Crocidura suaveolens) e la Crocidura ventre bianco (Crocidura leucodon).

Le prime tre sono considerate presenti con buona continuità sul territorio europeo, mentre le ultime quattro, pur essendo presenti su tutto il continente, mostrano popolazioni discontinue.

Fra i Chirotteri sono segnalati il Pipistrello di Savi (Hypsugo savii), il Pipistrello nano (Pipistrellus pipistrellus), il Pipistrello albolimbato (Pipistrellus kuhlii), il Ferro di cavallo maggiore (Rhinolophus ferrumequinum), la Nottola comune (Nyctalus noctula), la Nottola di Leisler (Nyctalus leisleri), l’Orecchione (Plecotus auritus), il Vespertilio mustacchino (Myotis mystacinus) e il Vespertilio di Daubenton (Myotis daubentonii).Tutti sono considerati specie rare in Europa, vale a dire presenti, ma con popolazioni discontinue, che anche in Italia mostrano segnali di regresso.

Il Pian di Spagna costituisce sicuramente un buon territorio di caccia per queste specie. Al contrario, si riscontra una probabile carenza di siti di riproduzione e/o svernamento, rappresentati in generale da cavità in alberi di grosse dimensioni, fessure e cavità nelle rocce, solai e sottotetti carenza almeno in parte compensata dalla disponibilità di pareti rocciose e vecchi castagneti esternamente al sito, sul versante occidentale.

Tra i lagomorfi l’unica specie presente è la Lepre comune (Lepus europaeus), si tratta di una specie considerata stabile in Europa e in Italia, ma in regresso sul territorio regionale. Per quanto riguarda la tendenza negativa delle popolazioni lombarde dipende sia da un’eccessiva pressione venatoria esercitata in passato sia dalla perdita di habitat idonei a causa dell’incremento delle monocolture estensive in pianura o delle aree incolte in collina e in montagna. In questo senso, la tutela fornita nella Riserva dal divieto di caccia e la possibilità di rendere meno impattanti le pratiche agricole, rendono il territorio particolarmente adatto all’insediamento di popolazioni più stabili.

Le numerose specie di Roditori presenti non mostrano particolari criticità. Nella Riserva specie come l’Arvicola di Fatio (Microtus multiplex) e l’Arvicola terrestre (Arvicola terrestris) trovano senza difficoltà gli habitat umidi loro congeniali, mentre

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25 specie come lo Scoiattolo (Sciurus vulgaris), il Ghiro (Myoxus glis), l’Arvicola rossastra (Clethrionomis glareolus), l’Arvicola campestre (Microtus arvalis), il Topo selvatico (Apodemus sylvaticus), il Topo selvatico collogiallo (Apodemus flavicollis) e il Moscardino (Muscardinus avellanarius), potrebbero trarre ulteriore giovamento dal potenziamento delle fasce boscate ripariali e dei lembi dibosco planiziale.Per quanto riguarda il Ratto delle chiaviche (Rattus norvegicus), il Ratto nero (Rattus rattus) e il Topolino delle case (Mus musculus), potenzialmente dannosi per le attività umane, nel caso si rendesse necessario esercitare un controllo sulle popolazioni locali, questo dovrà essere condotto utilizzando tecniche selettive, allo scopo di non danneggiare altre specie. Nella Riserva sono presenti la Faina (Martes foina), la Donnola (Mustela nivalis), il Tasso (Meles meles), la Volpe (Vulpes vulpes). È segnalato il passaggio di individui di Lupo (Canis lupus).

Nella Riserva sono presenti il Cinghiale (Sus scrofa), il Cervo (Cervus elaphus) nonché il Capriolo (Capreolus capreolus).

Tra i pesci elencati nell’Allegato II spiccano per le caratteristiche di isolamento delle popolazioni Alosa fallax, Leuciscus souffia, Salmo (trutta) marmoratus.Mentre per le ultime due specie la criticità è connessa con le condizioni di habitat al limite delle esigenze ecologiche, prediligendo acque fresche e ossigenate, quali risultano nella Riserva unicamente le zone di contatto con gli affluenti, per l’agone (Alosa fallax lacustris) un elemento di criticità può sussistere nel prolungarsi di stagioni siccitose o nelle troppo repentine variazioni di livello, fattori che possono determinare l’insuccesso riproduttivo per alterazione delle stazioni di frega. Anche il disturbo antropico legato ad attività ricreative in zone di acqua bassa può interferire pesantemente con i siti riproduttivi utilizzati da questa e da gran parte dell’Ittiofauna presente nella Riserva. L’inquinamento e l’eutrofizzazione costituiscono ulteriori elementi di criticità per questo gruppo sistematico.

7.2 ASSETTO GESTIONALE

Il Piano gestionale della Riserva, in vigore dalla fine del 1996, individua le aree di riserva naturale e le aree della fascia di rispetto.

Le prime comprendono:

− aree RN1, caratterizzate dal maggior grado di naturalità;

(28)

26 sono costituite da canneti e altri habitat palustri, più raramente superfici boscate, presenti lungo le fasce perimetrali del Pian di Spagna, specialmente nel settore nord, e lungo il tratto terminale dei canali Borgofrancone e Roggio.

Sono inoltre classificate RN1 le isole fluviali antistanti la penisola di S. Fedelino;

− aree RN2, caratterizzate da vegetazione naturale e seminaturale;

sono costituite da prati, pascoli e seminativi, più raramente superfici boscate, situati in genere a confine con le aree RN1.

Sono, inoltre, classificati come aree RN2 il vecchio alveo dell'Adda, prima che il fiume venisse rettificato e canalizzato nel 1858, un corridoio boscato tra il Lago di Como ed il fiume Mera in località "La Punta", una fascia di 50 m per parte ai lati del canale Borgofrancone e dei suoi affluenti, la penisola di S. Fedelino ed una piccola porzione di territorio presente sulla sponda opposta del fiume Mera. L'area RN2 è localizzata prevalentemente nei settori nord e sud del Pian di Spagna;

− aree RN3 relative agli specchi d'acqua Lago di Mezzola, fiume Mera e Lago di Como, antistanti le aree RN1 di maggiore estensione.

Come disposto dalla deliberazione del Consiglio Regionale n. III/1913 del 6 febbraio1985, integrata con deliberazione del C.R. n. IV/568 del 29 gennaio 1987, nella Riserva è vietata ogni attività che alteri, danneggi o disturbi lo stato dei luoghi, della flora e della fauna. E' consentito, invece, transitare con mezzi agricoli e mezzi di servizio, accedere alle aree di maggior interesse naturalistico e scientifico con l'autorizzazione dell’ente gestore, navigare con natanti a motore di potenza inferiore a 20 HP effettivi e da velocità inferiore a 5 Km/h nella Riserva (zone RN3), inferiore a 10 km/h nella fascia di rispetto, effettuare la ricerca scientifica e le attività previste dal piano della riserva, direttamente eseguite dall'ente gestore o da questo autorizzate.

Inoltre, come stabilito dal Piano della Riserva, per quanto concerne le attività agricole:

− il pascolo è vietato in RN1 ed ammesso invece per bovini ed equini in RN2;

− le recinzioni di qualsiasi tipo sono vietate in RN1 ed ammesse in RN2 purché temporanee e connesse alle attività agricolo/zootecniche;

− l'uso di concimi, antiparassitari e diserbanti è vietato in RN1 ed ammesso in RN2 solo per il mantenimento delle colture in atto;

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