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1.1 La tipicità ... 6

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Sommario

Introduzione ... 3

Capitolo 1 Tipicità nel prodotto alimentare italiano ... 5

1.1 La tipicità ... 6

1.2 Circolo virtuoso della valorizzazione del prodotto tipico ... 10

1.3 Ristorazione tipica italiana come opportunità per la valorizzazione e promozione del prodotto tipico... 14

Capitolo 2 Attributi che influenzano i comportamenti di acquisto del consumatore ... 18

2.1 Attributi ... 19

2.2 Attributi intrinseci ... 20

2.2.1 Attributi organolettici ... 21

2.2.2 Cultura e tradizione ... 22

2.2.3 Rispetto dell’ecosistema ... 23

2.3 Attributi estrinseci ... 24

2.3.1 Origine del prodotto ... 24

2.3.2 Esistenza di sistemi di certificazione della qualità ... 30

2.3.3 Sistemi di certificazione in Italia ... 31

2.3.3.1 DOP - Denominazione di Origine Protetta (PDO – Protected Designation of Origin) ... 32

2.3.3.2 IGP – Indicazione Geografica Protetta (PGI – Protected Geographical Indication) ... 34

2.3.3.3 STG – Specialità Tradizionale Garantita (TSG – Traditional Speciality Guaranted) ... 35

2.3.3.4 DOC ... 35

2.3.4 Prestigio del prodotto creato dalla marca ... 36

Capitolo 3 Mezzi di informazione ... 40

3.1 Mezzi tradizionali ... 41

3.1.1 Giornali e riviste ... 41

(2)

2

3.1.2 Passaparola (WOM) ... 42

3.2 Mezzi “moderni” ... 44

3.2.1 Internet ... 44

Capitolo 4 Ricerca effettuata ... 47

4.1 Obbiettivi della ricerca ... 47

4.2 Considerazioni di partenza ... 48

4.3 Costruzione del campione ... 49

4.4 Metodologia di ricerca... 51

4.5 Realizzazione del questionario ... 52

4.6 Divulgazione del questionario ... 57

4.7 Analisi dei risultati ... 60

Discussione ... 86

Conclusione ... 93

APPENDICE A ... 94

APPENDICE B ... 124

Bibliografia ... 125

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3

Introduzione

Negli ultimi anni si è assistito ad un cambiamento radicale del comportamento del consumatore, in tutti i settori.

“Saturati i bisogni quantitativi, sono le dimensioni sensoriali, emozionali, estetiche, esperienziali che emergono: nel vestire, nella casa, nel mangiare, nel bere, nei luoghi che si frequentano.”

1

Il consumatore di oggi è quindi un consumatore sempre più esigente che richiede qualitativamente sempre di più; è una figura più complessa che cerca nel prodotto non solo un mezzo per soddisfare i propri bisogni, ma anche esperienze, emozioni, sensazioni, servizio, natura, cultura, ecc.

Dal punto di vista alimentare, se da un lato il consumatore si presenta molto oculato, dall'altro, invece, è all'inseguimento di un'alimentazione capace di veicolare esperienze emotivamente significative.

A rispecchiare a pieno queste nuove esigenze c’è la crescente attenzione per il prodotto tipico.

Il forte legame del prodotto tipico con il territorio d’origine fa si che l’acquirente, nel provare un prodotto tipico, non provi solamente un alimento ma fruisca di conseguenza dei valori geografici, storici e culturali legati a quel prodotto. Il consumatore, quindi, si avvicina al prodotto tipico non solo per la sua effettiva autenticità ma soprattutto per il valore aggiunto che tale prodotto offre. Il prodotto tipico richiama, infatti, nei consumatori il recupero dei gusti, dei sapori, e dei profumi di quel territorio ma anche delle consuetudini e delle relazioni antiche, consentendo di fatto il recupero di tradizioni e l’esperienza del territorio.

Il ritorno di attenzione per il prodotto tipico è evidente anche nella ristorazione. Anche se oggi i consumatori sembrano preferire formule di servizio veloce o il take away, non riescono a fare a meno di concedersi

1 B. Cova (2003), “Il Marketing tribal. Legame, comunità, autenticità come valori del Marketing Mediterraneo”, Il Sole 24 Ore Libri, caso “Villa Bucci” pp. 172-176.

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4 un'autentica esperienza gastronomica al ristorante basata su piatti tradizionali e locali.

In questo modo, il prodotto alimentare italiano, trova nella ristorazione un nuovo importante canale di sviluppo.

L’obbiettivo di questo lavoro di tesi è stato analizzare il comportamento del consumatore nei confronti del prodotto tipico in termini di percezione del prodotto tipico, comportamento di acquisto, metodo di raccolta di informazioni sul prodotto tipico e ristorazione.

L’indagine è stata condotta nella città di Milano, che essendo il centro di una delle aree metropolitane più popolate d’Europa, è in grado di fornire un campione di indagine eterogeneo.

Il resto della tesi è organizzato come segue.

Nel Capitolo 1 viene definito il concetto di tipicità e analizzata la ristorazione tipica italiana come opportunità per la valorizzazione e la promozione del prodotto tipico. Il Capitolo 2 presenta un’analisi degli attributi che influenzano il comportamento di acquisto del consumatore. Il Capitolo 3 presenta una panoramica sui mezzi di informazione tipicamente usati per reperire informazioni sul prodotto. Il Capitolo 4 descrive la ricerca condotta presentando infine i risultati raggiunti comparandoli con i concetti evidenziati in letteratura. Infine, nella discussione partendo da un’analisi SWOT si cerca di proporre delle strategie volte a valorizzare e sfruttare al massimo la figura del prodotto tipico.

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5

Capitolo 1

Tipicità nel prodotto alimentare italiano

Introduzione

Negli ultimi anni ha acquistato sempre più importanza nel mercato alimentare la figura del prodotto tipico italiano. Basti pensare ai reparti ortofrutticoli della GDO

2

dove si trova sempre più spesso uno spazio dedicato ai prodotti tipici italiani, oppure alle campagne pubblicitarie di

2Grande distribuzione organizzata.

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6 grandi multinazionali del fast food che dalle politiche di standardizzazione si stanno spostando verso l’offerta di prodotti tipici.

3

La letteratura è abbastanza unita nel ricondurre il successo del prodotto tipico al suo forte legame con il territorio dal quale eredita cultura e tradizione. In letteratura tali concetti ci vengono riassunti dal circolo virtuoso della valorizzazione del prodotto tipico.

Come si vedrà nel corso del capitolo, il circolo virtuoso della valorizzazione del prodotto tipico oltre a evidenziare la forte connessione tra prodotto e territorio, intrinseca del prodotto tipico italiano, evidenzia come la valorizzazione del prodotto tipico possa giovare al territorio stesso.

1.1 La tipicità

La tipicità può essere definita come l’insieme di caratteristiche uniche di immagine, tradizione, tecnologia e cultura, che sono proprie di uno specifico territorio e che sono alla base delle tecniche di realizzazione di un prodotto.

4

Analizzando nello specifico il concetto di prodotto tipico alimentare possiamo aggiungere la seguente definizione: il prodotto tipico è un prodotto che presenta alcuni attributi di qualità unici che sono espressione delle specificità di un particolare contesto territoriale in cui il processo produttivo si realizza

5

. L’unicità del prodotto tipico, quindi, risiede nel forte legame che questo ha con il territorio; dove il concetto di territorio di

3 Methos Opportunity Network. Workshop “Il prodotto tipico locale: le dimensioni della filiera alimentare, la tipicizzazione e la regionalizzazione”, coordinato da Alessandro Ortolani e Mauro Maestrello, Roma 27-28 Ottobre 2011.

4 G. Belletti, G. Brunori, A. Marescotti, A. Pacciani, A. Rossi (2006), “Il processo di valorizzazione delle produzioni agroalimentari tipiche”, in: Rocchi B, Romano D. (a cura di),

“Tipicamente buono. Concezioni di qualità lungo la filiera dei prodotti agro-alimentari in Toscana”, Franco Angeli, Milano, 2006, pp.175-198.

5 J. Espejel, C. Fandos and C. Flavian (2011), “Antecedents of Consumer Commitment to a PDO Wine: An Empirical Analysis of Spanish Consumers,” Journal of Wine Research, Vol. 22, No. 3, pp. 205-225.

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7 origine viene assunto nella sua accezione più ampia, e cioè non solo con riferimento alle variabili strettamente ambientali (caratteristiche climatiche, podologiche, paesaggistiche, ecc.), ma anche al know-how accumulato nel tempo circa le tecniche di produzione, nonché le tradizioni storiche, culturali e istituzionali specifiche.

6

In altri termini, per tipico si intende tutto ciò che un determinato territorio, nell’accezione di cui sopra, veicola al prodotto fornendogli attributi di qualità, di natura materiale ed immateriale, che possono essere considerati unici, in quanto irriproducibili al di fuori del particolare contesto economico, ambientale, sociale e culturale in cui il prodotto è realizzato.

Il concetto di prodotto agroalimentare tipico esclude, quindi, la possibilità che lo stesso prodotto possa essere rinvenuto con le stesse caratteristiche in altre aree. Infatti, il significato del termine tipicità implica la definizione di un prodotto contraddistinto da alcune caratteristiche peculiari, che vanno dalla sua collocazione all’interno della tradizione e della cultura locale, alla localizzazione geografica dell’area di produzione, alla qualità della materia prima e alle tecniche di produzione.

I fattori più rilevanti che concorrono a determinare la tipicità del prodotto agroalimentare possono essere sintetizzati in tre punti

7

:

 La specificità delle risorse locali impiegate nel processo produttivo;

 La storia e la tradizione produttiva;

 La dimensione collettiva e la presenza di conoscenze condivise a livello locale.

Partendo da queste considerazioni una definizione più completa di tipicità del prodotto può essere: un prodotto agroalimentare tipico è l’esito di un

6 F. Vanhonacker, W. Verbeke, L. Guerrero, A. Claret, M. Contel, L. Scalvedi, S. Żakowska- Biemans, K. Gutkowska, C. Sulmont-Rossé, J. Raude, B. Signe Granli, M. Hersleth (2010), “How European Consumers Define the Concept of Traditional Food: Evidence From a Survey in Six Countries,” Agribusiness: Volume 26, Issue 4, pages 453-476.

7 G. Stefani, A. Cavicchi, D. Romano, A. E. Lobb (2008), “Determinants of intention to purchase chicken in Italy: The role of consumer risk perception and trust in different information sources”, Agribusiness, Volume 24, Issue 4, pp. 523-537.

(8)

8 processo storico collettivo e localizzato di accumulazione di conoscenza contestuale che si fonda su di una combinazione di risorse territoriali specifiche di natura fisica e culturale che dà luogo a un legame forte, unico e irriproducibile col territorio di origine

8

.

Partendo da queste definizioni si può dire che un prodotto si definisce tipico, quando in esso si riscontrano la concomitanza di determinati fattori, quali:

 La memoria storica,

 La localizzazione geografica delle aree di produzione,

 La qualità della materia prima impiegata nella produzione,

 Le tecniche di lavorazione.

9

Per “memoria storica” si intende l’insieme delle tradizioni collegate al prodotto stesso, che derivano dall’antica presenza di tale prodotto in un territorio circoscritto, le cui peculiari condizioni ambientali lo hanno caratterizzato rendendolo unico.

Con “localizzazione geografica delle aree di produzione” si vuol evidenziare il forte legame con il territorio in cui un prodotto si è sviluppato nel tempo.

La “materia prima” da cui deriva un prodotto tipico è considerata di qualità proprio grazie alla lunga tradizione che è stata tramandata negli anni.

Infine, l’ultimo elemento che attribuisce tipicità ad un prodotto è la “tecnica di preparazione”. Questa può assumere poca importanza per i prodotti non trasformati, ma può essere molto rilevante per quelli trasformati.

8 G. Belletti, G. Brunori, A. Marescotti, A. Pacciani, A. Rossi (2006), “Il processo di valorizzazione delle produzioni agroalimentari tipiche”, in: Rocchi B, Romano D. (a cura di),

“Tipicamente buono. Concezioni di qualità lungo la filiera dei prodotti agro-alimentari in Toscana”, Franco Angeli, Milano, 2006, pp.175-198.

9 F. Vanhonacker, W. Verbeke, L. Guerrero, A. Claret, M. Contel, L. Scalvedi, S. Żakowska- Biemans, K. Gutkowska, C. Sulmont-Rossé, J. Raude, B. Signe Granli, M. Hersleth (2010), “How European Consumers Define the Concept of Traditional Food: Evidence From a Survey in Six Countries,” Agribusiness: Volume 26, Issue 4, pages 453-476.

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9 Nell’ambito del prodotto tipico le tecniche di preparazione, si dividono in fattori tangibili ed intangibili.

I fattori tangibili sono tutto ciò che di corporeo viene impiegato nella produzione come ad esempio la strumentazione, le materie prime.

Con Fattori intangibili, invece, ci si riferisce alle conoscenze (Know-how) e i concetti maturati nel tempo. A questa categoria, quindi, appartengono i fattori non corporei quali la metodologia che è stata tramandata come memoria storica e consolidatasi con l’esperienza dell’artigiano.

Dal momento che il carattere distintivo dei prodotti alimentari tipici è dato dalle diverse componenti materiali e immateriali che il territorio veicola nei prodotti stessi, l’intrecciarsi di questi attributi con un diverso legame con il territorio di riferimento dà luogo a diversi livelli di tipicità. La stessa normativa dell’Unione Europea sulle denominazioni di origine (Regolamenti (CEE) n. 2081/92 e n. 2082/92) definisce livelli crescenti di specificità rispettivamente per STG (Specialità Tradizionale Garantita), IGP (Indicazione Geografica Protetta) e DOP (Denominazione d’Origine Protetta).

I prodotti certificati verranno analizzati in maggior dettaglio nel Capitolo 2.

Ai prodotti coperti dal marchio comunitario DOP o IGP si aggiungono, i prodotti tradizionali alimentari che sono, invece, quei prodotti le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultano consolidate nel tempo, omogenee per tutto il tempo interessato, secondo regole tradizionali, per un periodo non inferiore ai venticinque anni come si legge nel D.M. del 18 Luglio 2000.

È importante però non confondere il concetto di “tipico” con “tradizionale”

anche se spesso in letteratura tali concetti vengono confusi.

Formalmente, con l’espressione “prodotto tradizionale” si vuole

sottolineare soprattutto il collegamento del prodotto con il suo passato. Il

prodotto tradizionale, infatti, fonda le sue radici in una tradizione produttiva

(10)

10 storica che non ha voluto o non ha potuto mettersi al passo con le tecniche moderne.

Quindi, mentre si può affermare che un prodotto tipico può essere un prodotto tradizionale non è sempre vero il contrario in quanto la specificità qualitativa derivante dal forte legame con il territorio può venire a mancare nel prodotto tradizionale.

1.2 Circolo virtuoso della valorizzazione del prodotto tipico

Come appena evidenziato una caratteristica molto importante del prodotto tipico è il forte legame con il territorio.

Il legame che persiste tra il prodotto tipico e il suo territorio di origine fa si che esso si arricchisca di valori legati alla località che gli consentono una buona valorizzazione sul mercato. Ottenere una buona valorizzazione sul mercato significa generare, sul territorio stesso, effetti positivi anche al di la del suo sistema produttivo considerato in senso stretto

10

.

In sostanza si può individuare un circolo virtuoso delle relazioni tra prodotto tipico, sistema locale e contesto esterno.

In Figura 1 è stato schematizzato questo sistema di relazioni, che può essere articolato in alcune fasi principali:

 Costruzione,

 Validazione,

 Remunerazione,

 Riproduzione e miglioramento.

10 G. Belletti, G. Brunori, A. Marescotti, A. Pacciani, A. Rossi (2006), “Il processo di valorizzazione delle produzioni agroalimentari tipiche”, in: Rocchi B, Romano D. (a cura di),

“Tipicamente buono. Concezioni di qualità lungo la filiera dei prodotti agro-alimentari in Toscana”, Franco Angeli, Milano, 2006, pp.175-198.

(11)

11 Sotto alcune condizioni, queste relazioni possono dare luogo ad un circolo virtuoso della valorizzazione.

Figura 1: Circolo virtuoso della valorizzazione del prodotto tipico

Fonte: “Il processo di valorizzazione delle produzioni agroalimentari tipiche”, G. Belletti, G. Brunori, A. Marescotti, A. Pacciani, A. Rossi (2006)

Il punto di partenza per l’analisi del circolo virtuoso della valorizzazione del prodotto tipico sono le risorse specifiche locali.

Con risorse specifiche locali si intende sia risorse fisiche che quelle immateriali, quali le risorse cognitive, sociali ed ambientali. Questo

“sistema” di risorse, sempre nell’ambito del territorio locale, si trova a interfacciarsi con altri sistemi in esso presenti, quali la società e il mercato di riferimento; l’interfacciarsi di questi sistemi è la linfa vitale che sta alla base dell’intero circolo virtuoso, che rappresenta il patrimonio comune del territorio.

Oltre alla presenza di queste risorse fondamentali, per l’intero processo è

necessaria la presenza di una figura che mobiliti tali risorse indirizzandole

(12)

12 verso il processo produttivo del prodotto tipico, in vista della realizzazione di valore economico o di altri effetti desiderati. È in questo punto che gioca un ruolo fondamentale la figura degli attori della filiera presenti nel territorio.

È, infatti, l’interazione diretta tra risorse e attori della filiera che porta alla valorizzazione e alla realizzazione del prodotto tipico.

Il forte legame che si instaura sin dall’inizio tra prodotto tipico e territorio trasmette al prodotto una serie di attributi che non sono solo materiali e immateriali, ma anche i cosiddetti attributi “esterni”, fruibili a pieno dal consumatore solo in maniera fortemente contestualizzata nell’ambito del territorio d’origine (ad esempio uno specifico assetto produttivo che si riflette in particolari sistemazioni paesaggistiche, rispetto per la natura).

Altri attributi, che nascono dall’interazione tra prodotto tipico e territorio possono essere connaturati a ciò che il prodotto tipico esprime nell’ambito dei processi di trasformazione dei sistemi alimentari e della loro globalizzazione, ovvero una produzione nel pieno rispetto della salute e di valori etici (naturalità, resistenza alla massificazione dei consumi, difesa delle produzioni di piccola scala avverso alla grande industria di massa).

Il forte legame tra prodotto tipico e territorio è spesso manifestato anche attraverso l’impiego di un nome geografico quale strumento di identificazione del prodotto sul mercato. L’utilizzo del nome geografico, come analizzeremo in dettaglio più avanti, svolgerà una duplice funzione:

per il consumatore svolge una funzione di garanzia in quanto sintetizza

un’insieme di informazioni rilevanti, comunicando la specificità del

prodotto legata alla sua origine, mentre per il produttore svolge la funzione

di capitalizzazione della reputazione del prodotto accumulato nel tempo,

mantenendo fede alla promessa di qualità fatta ai consumatori. Si può

evincere quindi che l’interazione con il mercato assume un ruolo

fondamentale fin dall’inizio, prima ancora dell’attività di mero scambio. In

questa fase, identificata come fase di validazione del prodotto tipico,

(13)

13 vengono create le condizioni preliminari perché il prodotto stesso possa essere scambiato con l’esterno. Le condizioni preliminari che si traducono in accordo sulla qualità del prodotto, vengono raggiunte tramite una collaborazione tra i produttori e il mercato.

Una volta che il prodotto ha raggiunto un livello di qualità accettato sia dai produttori che dal mercato, possono essere realizzate le attività volte alla remunerazione, che di solito avviene attraverso il mercato e dunque mediante le attività di commercializzazione

11

.

Accanto alla remunerazione delle risorse specifiche ottenute mediante la vendita del prodotto sul mercato, può assumere grande importanza anche la remunerazione ottenuta mediante attività collegate al prodotto ma esterne alla sua filiera, come, per esempio, la ristorazione locale.

La valorizzazione del prodotto tipico, sia attraverso il mercato sia attraverso altre forme, può consentire la remunerazione e dunque la riproduzione e il miglioramento delle risorse specifiche locali e delle pratiche produttive ad esse connesse, ponendo le basi per la riproduzione del sistema produttivo, delle risorse specifiche che ne stanno alla base e dell’insieme degli effetti da esse generate.

Il circolo virtuoso così concepito può generare un insieme di effetti positivi tanto sul sistema locale quanto sul contesto esterno.

Il consumatore che percepisce l’intero sistema di valori che sta dietro al prodotto tipico, come si evince dalle indagini condotte in letteratura, sarà disposto a pagare un “sovrapprezzo” per tale prodotto, non solo rispetto a un prodotto di base della stessa categoria merceologica, ma anche rispetto a

11 G. Belletti, G. Brunori, A. Marescotti, A. Pacciani, A. Rossi (2006), “Il processo di valorizzazione delle produzioni agroalimentari tipiche”, in: Rocchi B, Romano D. (a cura di),

“Tipicamente buono. Concezioni di qualità lungo la filiera dei prodotti agro-alimentari in Toscana”, Franco Angeli, Milano, 2006, pp.175-198.

(14)

14 prodotti dotati di caratteri chimico–fisico–organolettici simili, ma aventi un’origine territoriale diversa o non identificabile

12

.

1.3 Ristorazione tipica italiana come opportunità per la valorizzazione e promozione del prodotto tipico

Come si evince dall’analisi del circolo virtuoso del prodotto tipico, la valorizzazione dei prodotti tipici e la valorizzazione dei territori, pur essendo concetti differenti, sono strettamente interconnessi. Se, infatti, all’affermazione dei prodotti tipici sui mercati si accompagna una fitta rete di relazioni col commercio, il turismo e altre attività economiche, quali, in modo particolare la ristorazione tipica italiana, anche il tessuto produttivo locale ne beneficerà.

Per poter dar vita a questo sistema il prodotto tipico deve essere oggetto di strategie di valorizzazione e promozione.

Dal punto di vista pratico e per quanto riguarda l’attuazione di tale processo le scelte possono essere profondamente diverse tra loro, ma affinché siano efficaci è importante che tali scelte siano sviluppate tenendo presente le potenzialità del territorio, le caratteristiche dei processi produttivi, le peculiarità del prodotto e soprattutto devono adattarsi alle caratteristiche del mercato e alle modalità di vendita.

Alla base di una strategia di valorizzazione deve comunque esserci come elemento centrale l’esaltazione del rapporto tra prodotto e specificità locale.

La fase di promozione mira allo sviluppo e all’espansione del mercato.

L’obiettivo è quindi quello di creare nuovi sbocchi commerciali per le produzioni o consolidare quelli già esistenti. Ruolo determinante è svolto dalla pubblicità, dalle pubbliche relazioni e dalle promozioni delle vendite.

12 Abad, J. C. G., F. J. M. López, V. B. Molina (2011), “Las indicaciones de origen protegidas como elemento de diferenciación de los productos agroalimentarios: el caso del jamón en España,”

Cuadernos de Gestión 1988-2157 (2012) Vol. 12 Num. 2.

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15 Come accennato nel paragrafo precedente rappresentano un’ottima opportunità di remunerazione e valorizzazione per l’intero sistema del prodotto tipico l’attivazione di funzioni collegate al prodotto tipico anche se esterne alla sua filiera.

Un esempio di tale funzione è rappresentato dai ristoranti tipici che rappresentano un’ottima vetrina, intesa come mezzo di promozione per il prodotto tipico.

Traslando il discorso sulla ristorazione, però, cambia lo scenario di riferimento ossia si passa dall’economia industriale e manifatturiera, rappresentata dalla filiera del prodotto tipico, ad un’economia di servizi e delle esperienze che suggerisce l’opportunità di accrescere il livello di posizionamento dell’offerta per creare e quindi ricevere maggior valore dal cliente. La sfida diviene quindi quella di trasformare la vendita di prodotti alimentari in offerte di servizi di ristorazione, di esperienze di degustazioni gastronomiche, valide come forme di offerta in se, ovvero come offerte all’interno di sistemi di offerta più ampi e complessi (es. fiere, sagre, mostre, concerti ed altri eventi) volti a valorizzare il territorio

13

. Una visione di questo tipo va quindi contro a una strategia che tende a standardizzare l’offerta del prodotto e va a favore di una scelta di differenziazione profonda in un’ottica di soddisfazione di diversi bisogni del consumatore. Ciò non consiste nell’arricchire semplicemente le offerte tradizionali con politiche di marketing esperienziale rivolte a esaltare il prodotto mediante lo stimolo della sfera sensoriale delle persone, ma si tratta di fare marketing delle esperienze e delle trasformazioni, concependo l’esperienza o le trasformazioni come oggetti autonomi di scambio e non come strumenti per facilitare gli scambi di altri prodotti, siano essi materie prime, beni o servizi

14

.

13 M. F. Herz, A. Diamantopoulos (2012), “Activation of country stereotypes: automaticity, consonance, and impact,” Academy of Marketing Science, Vol. 41, pp. 400-417.

14 P. Watson, M. Morgan and N. Hemmington (2008), “Online communities and the sharing of extraordinary restaurant experiences,” Journal of foodservice, Vol. 19, pp. 289-302.

(16)

16 La prospettiva dell’economia delle esperienze sembra allora suggerire il passaggio da una strategia di marketing centrata sulla distribuzione del prodotto ad una strategia di marketing centrata sull’attrazione del cliente.

Il passaggio logico da una tipologia d’offerta a un’altra implica un approccio diverso da parte del marketing:

 Nel momento in cui si agisce nel business delle materie prime o dei beni industriali le politiche di valorizzazione delle produzioni tipiche locali rientrano nel novero delle problematiche di marketing management classiche, in cui la questione chiave è spingere le produzioni verso i consumatori finali, avvalendosi degli strumenti concettuali e operativi del marketing integrato;

 Passando, invece, nel business dei servizi e soprattutto in quello esperienziale e delle trasformazioni, la prerogativa del marketing non è più quella di spingere le produzioni verso i consumatori finali bensì quella di attrarre i consumatori finali nei luoghi ove le produzioni tipiche locali si realizzano o si degustano. In sostanza la valorizzazione delle tipicità locali avviene inserendo i prodotti tipici all’interno di forme di offerta più ricche, in cui il prodotto alimentare tipico locale diventa un fattore di attrattiva per il turismo o l’escursione tematizzato sulla gastronomia

15

.

Andare ad analizzare questo cambiamento nel mercato specifico dei prodotti enogastronomici e artigianali, sembra particolarmente appropriato in quanto consente di esaltare i punti di forza e di trasformare gli aspetti problematici in opportunità, in quanto contribuiscono a rendere i prodotti tipici locali fortemente differenziati e difficilmente imitabili.

È importante anche, tener presente che, il passaggio da un business delle produzioni tipiche locali a un’offerta di esperienze e a trasformazioni del

15 Abad, J. C. G., F. J. M. López, V. B. Molina (2011), “Las indicaciones de origen protegidas como elemento de diferenciación de los productos agroalimentarios: el caso del jamón en España,”

Cuadernos de Gestión 1988-2157 (2012) Vol. 12 Num. 2.

(17)

17 modo di servire la clientela, implica mutamenti radicali per quanto riguarda i segmenti target cui si rivolge l’offerta

16

.

16 R. Paciolla, L. W. Mai (2011), “The impact of Italianate on UK Consumers’ Brand Perceptions of Luxury Brands,” European Advances in Consumer Research Vol. 9, pp. 360-366.

(18)

18

Capitolo 2

Attributi che influenzano i comportamenti di acquisto del consumatore

Introduzione

In questo capitolo andremo ad analizzare gli attributi che influenzano il comportamento di acquisto del consumatore nel caso dei prodotti tipici.

Per lungo tempo, gli unici aspetti presi in considerazione nell’ambito degli

studi del consumo dei prodotti alimentari sono stati, essenzialmente, il

consenso del consumatore relativamente ad un prodotto e le sue intenzioni

di acquisto. In generale, queste misurazioni venivano effettuate su dei

panels, estranei al tema trattato, che davano valutazioni complessive su dei

(19)

19 campioni di prodotti in test di laboratorio

17

. In questi tipi di test, gli unici attributi presi in considerazione erano quelli intrinseci. Da una prima analisi, quindi, si è portati a pensare che gli attributi che maggiormente influenzano l’acquisto siano quelli intrinseci. Sebbene l’importanza delle variabili intrinseche quali il colore, l’aroma ed il sapore era ben riconosciuta, molti altri studi successivi hanno mostrato l’importanza che giocano le variabili estrinseche nell’influenzare il comportamento del consumatore

18

.

Un ulteriore passo avanti è stato fatto considerando congiuntamente entrambi gli attributi, intrinseci ed estrinseci, in fase di analisi dei comportamenti del consumatore nei confronti del prodotto alimentare. Gli studi più recenti ci portano ad affermare, quindi, che esiste una positiva e significativa relazione tra gli attributi estrinseci e la fedeltà che i consumatori dimostrano nei confronti di un determinato prodotto alimentare nel medio-lungo periodo e in più la relazione presente tra la qualità percepita associata agli attributi intrinseci di un prodotto alimentare e i comportamenti di acquisto o di consumo dei consumatori

19

.

Nel seguito analizzeremo più in dettaglio la differenza tra attributi intrinseci ed estrinseci e come questi influenzano il comportamento del consumatore.

2.1 Attributi

I consumatori percepiscono i prodotti come una combinazione di attributi, o caratteristiche, e valori personali che essi stessi possono raggiungere acquistando o utilizzando il prodotto.

17 H. G. Schutz (1999), “Consumer data – sense and nosense”, Food Quality and Preference, Vol.

IX, No. 4, pp. 245-51.

18 S.C.F Iop, E. Teixeira, R. Deliza, (2006), “Consumer research: extrinsic variables in food studies,” British Food Journal, Vol. 108 Iss: 11, pp.894 – 903.

19 C. Fandos, C. Flavián, (2006), “Intrinsic and extrinsic quality attributes, loyalty and buying intention: an analysis for a PDO product,” British Food Journal, Vol. 108 Iss: 8, pp.646 – 662.

(20)

20 Gli attributi sono presenti in ogni tipo di prodotto e corrispondono alle caratteristiche attraverso cui ogni prodotto può essere descritto.

Le caratteristiche di un prodotto possono essere ricondotte a due grandi categorie: attributi intrinseci e attributi estrinseci.

Nel seguito verranno analizzate entrambe le categorie facendo particolare riferimento al prodotto alimentare.

2.2 Attributi intrinseci

Gli attributi intrinseci di un prodotto sono le sue caratteristiche tangibili: il sapore, l’aroma e il colore. Le caratteristiche menzionate si riferiscono all’aspetto fisico del prodotto e perciò ci permettono di esprimere un giudizio oggettivo della qualità.

Secondo Olson e Jacoby

20

, gli attributi intrinseci sono specifici di ciascun prodotto, spariscono quando è consumato e non possono essere alterati senza cambiare la natura stessa del prodotto.

Gli attributi intrinseci di un prodotto possono essere sperimentati dal consumatore solo col consumo diretto. Prima di allora l’unico rapporto esistente tra il prodotto e il potenziale acquirente sta nel concetto di “qualità percepita”. Tutte le caratteristiche di un prodotto, percepite dal consumatore, che soddisfano i suoi gusti e i suoi bisogni definiscono la qualità percepita. Questo è un concetto che non rappresenta ancora la valutazione derivante dal consumo diretto, ma indica la capacità di un prodotto di soddisfare in termini immaginari le preferenze del consumatore

20 J. C. Olson, J. Jacoby (1972), “Cue utilization in the quality perception process”, Paper presented at the proceedings of the Third annual conference of the association for consumer research, Chicago.

(21)

21 e su questo aspetto la qualità certificata dai marchi di certificazione può avere una influenza positiva

21

.

La qualità percepita di un prodotto tipico nasce non solo dalle sue caratteristiche organolettiche, ma anche dagli elementi immateriali insiti in esso e percepiti dal consumatore in base alla storia del prodotto, alla cultura e alla tradizione.

Gli elementi immateriali contribuiscono a creare la specificità del prodotto.

Agendo sull’immagine del prodotto che viene trasmessa al consumatore è possibile utilizzare la specificità e la differenziazione come strumento di valorizzazione. Inoltre la differenziazione di un prodotto condiziona il suo posizionamento sul mercato o sui diversi target di consumatori.

2.2.1 Attributi organolettici

Gli attributi organolettici, legati alla sfera sensoriale costituiscono gli attributi intrinseci per eccellenza.

Il gusto, come percezione sensoriale, deriva dalla stimolazione di cellule specializzate, situate all’interno delle papille gustative. Ad esso contribuisce anche la dimensione olfattiva e la percezione della consistenza di un alimento che può essere croccante, friabile, cremoso ecc.

Il gusto, tuttavia, è una questione più complessa della semplice percezione sensoriale, in quanto è fortemente influenzato dalle pregresse esperienze individuali e da fattori culturali.

Esso s’intreccia con una serie di emozioni di cui il consumatore non è consapevole e che originano nelle sue esperienze remote. Il gusto, infatti, è un potente stimolo in grado di richiamare alla memoria il passato in quanto,

21 J. Espejel, C. Fandos and C. Flavian (2011), “Antecedents of Consumer Commitment to a PDO Wine: An Empirical Analysis of Spanish Consumers,” Journal of Wine Research, Vol. 22, No. 3, pp. 205-225.

(22)

22 come l’olfatto, ha un collegamento diretto con l’ippocampo che è il centro della memoria a lungo termine

22

.

Proprio perché nasce da una elaborazione personale e complessa della percezione sensoriale, il gusto è fortemente soggettivo e caratterizza l’identità di un consumatore distinguendolo da altri.

Tuttavia l’antropologia e la sociologia dell’alimentazione hanno messo in evidenza che il gusto non è semplicemente l’espressione di una preferenza individuale e soggettiva, ma è innanzitutto una questione di cultura. I gusti individuali sono infatti influenzati dal contesto sociale, da pratiche quotidiane e da abitudini che convergono nel far considerare alcuni beni più desiderabili di altri

23

.

Nei prodotti considerati di alta qualità, come è percepito il prodotto tipico, il gusto si impone come un riferimento cardine nella valutazione della qualità.

La percezione della qualità, quindi, non può essere considerata un elemento puramente sensoriale che deriva dalla somma di attributi organolettici, ma deriva dalla rappresentazione che si ha del prodotto. Di conseguenza il background culturale è decisivo per l’apprezzamento del prodotto tipico.

2.2.2 Cultura e tradizione

Il prodotto tipico ha un forte legame con la tradizione. Si assume, infatti, che esso origini in un tempo passato e continui ad essere realizzato secondo metodi e pratiche tradizionali che consentano di mantenere inalterato il sapore originario. Alla base della tradizione vi è la memoria storica che conservando il ricordo di usi e costumi di luoghi e popolazioni ne consente

22 M. F. Herz, A. Diamantopoulos (2012), “Activation of country stereotypes: automaticity, consonance, and impact,” Academy of Marketing Science, Vol. 41, pp. 400-417.

23 M. Laroche, C. Kim, M. A. Tomiuk, D. Bélisle (2005), “Similarities in Italian and Greek Multidimensional Ethnic Identity: Some Implications for Food Consumption,” Canadian Journal of Administrative Sciences, Vol. 22, Iss. 2, pp. 143-167.

(23)

23 la rievocazione. Proprio perché origina nel passato il prodotto tipico viene considerato garanzia di genuinità in quanto rimanda a valori di vicinanza alla natura e produzione artigianale. I riferimenti al contesto storico in cui nasce il prodotto tipico contribuisce alla valorizzazione del prodotto

24

.

2.2.3 Rispetto dell’ecosistema

Altri attributi del prodotto tipico che trovano molti consensi tra i consumatori sono l’autenticità, la genuinità e il rispetto della natura. Sono considerati autentici i prodotti della tradizione che nel tempo hanno mantenuto inalterata la loro fisionomia. La produzione artigianale, soprattutto quando condotta a livello familiare secondo la tradizione, viene considerata garanzia di un prodotto più “naturale”, meno mistificato e pertanto più genuino. Inoltre la produzione artigianale rispetto a quella industriale è considerata a minor impatto ambientale e quindi ad essa è associato il valore del rispetto della natura.

Il contesto in cui viene presentato e venduto un prodotto tipico, come per esempio le sagre di paese, rafforza l’identità del prodotto tipico e il suo legame con uno stile di vita più naturale e con ritmi meno frenetici rispetto alla vita moderna. Tali eventi rappresentano inoltre l’opportunità di reintegrare il passato in cui origina un prodotto tipico nel presente.

24 G. Belletti, G. Brunori, A. Marescotti, A. Pacciani, A. Rossi (2006), “Il processo di valorizzazione delle produzioni agroalimentari tipiche”, in: Rocchi B, Romano D. (a cura di),

“Tipicamente buono. Concezioni di qualità lungo la filiera dei prodotti agro-alimentari in Toscana”, Franco Angeli, Milano, 2006, pp.175-198.

(24)

24 2.3 Attributi estrinseci

Gli attributi estrinseci, conosciuti anche come variabili di immagine, sono definiti come aspetti del prodotto che si distinguono dalle caratteristiche fisiche ma che ciò nonostante sono identificate con il prodotto

25

.

Le caratteristiche di natura estrinseca sono chiamate anche variabili di immagine perché la loro funzione è quella appunto di creare un’immagine attorno al prodotto utile per consolidare la fiducia che il consumatore ripone in esso.

In altre parole le caratteristiche estrinseche possono fornire una scorciatoia quando le caratteristiche intrinseche sono difficili da ricavare, quando manca la capacità di comprendere le caratteristiche intrinseche del prodotto o il consumatore ha necessità di accelerare il processo che porta alla decisione.

Esempi di variabili di immagine includono il paese di origine, le certificazioni apposite sui prodotti e il marchio.

2.3.1 Origine del prodotto

Il concetto di “paese d’origine del prodotto”, costituisce uno degli argomenti del marketing internazionale più interessanti, studiati ed appassionatamente discussi. Tale concetto è definito come “il paese a cui il consumatore associa l’origine di un certo prodotto o marchio, indipendentemente da dove sia attualmente prodotto”. L’effetto del paese d’origine nella valutazione di un prodotto o marchio da parte del consumatore può essere considerato come un pregiudizio che deriva dalle informazioni che si possiedono sul quel dato paese e che viene trasferito sul

25 G. M. Erickson, J. K. Johansson e P. Chao (1984), “Image variables in multi-attribute product evaluations: country of origin effects”, Journal of consumer research, Vol. 11, pp. 694-699.

(25)

25 prodotto condizionandone la percezione della qualità e il comportamento del consumatore.

Recentemente, l’importanza del paese d’origine come caratteristica estrinseca del prodotto in grado di condizionare le scelte del consumatore è stata messa in dubbio. Nello specifico è stato riscontrato che:

1. I consumatori hanno una modesta conoscenza della reale origine di un prodotto o marchio;

2. Considerano l’origine del prodotto o marchio di scarsa importanza e ritengono che non valga la pena ricordarlo;

3. Mostrano scarsa intenzione a utilizzare l’origine del prodotto come informazione che possa condizionare il giudizio sul prodotto.

26

Alla luce di queste evidenze alcuni autori hanno sottolineato come nella maggioranza dei casi il riferimento al paese d’origine non ha un impatto significativo nella decisione di acquistare un prodotto.

Sebbene queste osservazioni appaiano ben motivate, esse presentano un limite intrinseco alla struttura stessa degli studi da cui sono scaturite. Nella maggior parte delle ricerche incentrate sull’impatto del paese d’origine nel processo decisionale del consumatore, il presupposto di base è che l’elaborazione delle informazioni relative ad un prodotto o marchio avvenga in maniera razionale e consapevole. In base a questa teoria quando sia disponibile un riferimento al paese d’origine, il consumatore che ritenga questa informazione rilevante la utilizza volutamente e deliberatamente nella valutazione del prodotto.

Studi recenti, invece, hanno provato a mettere in discussione il presupposto che l’informazione sul paese d’origine venga unicamente utilizzata all’interno di un processo consapevole e controllato, dimostrando che è possibile che queste informazioni vengano utilizzate in maniera inconscia e

26 M. F. Herz, A. Diamantopoulos (2012), “Activation of country stereotypes: automaticity, consonance, and impact,” Academy of Marketing Science, Vol. 41, pp. 400-417.

(26)

26 automatica. In questo ambito lo studio condotto da Liu e Johnson del 2005

27

può essere considerato pionieristico. Essi hanno dimostrato che il riferimento al paese d’origine di un prodotto o marchio può richiamare alla mente determinati stereotipi che possono influenzare la valutazione del prodotto persino quando il consumatore non intenda basare il suo giudizio su informazioni relative al paese d’origine. Gli stereotipi sono una serie di idee preconcette incasellate nella memoria e diffuse nella società che riguardano caratteristiche e tratti peculiari attribuiti ad una categoria sociale, ad un popolo o ad un paese. Gli stereotipi di un Paese si formano attraverso l’esperienza diretta o indiretta mediante l’educazione ricevuta e le informazioni ricavate dai media. Ritornando allo studio condotto da Liu e Johnson

28

, i risultati raggiunti indicano che gli stereotipi relativi ad un Paese possono avere un impatto sulla valutazione di un marchio anche se il consumatore possieda abbastanza informazioni oggettive per una valutazione del marchio non condizionata da preconcetti ed abbia anche esplicitamente affermato che il paese d’origine non è rilevante per la performance del prodotto o marchio.

Altri studi

29

condotti successivamente, mediante l’utilizzo di test di associazione implicita combinati con misure dirette, hanno confermato l’attivazione automatica di stereotipi relativi al paese d’origine e la loro spontanea associazione con caratteristiche del prodotto. Essi hanno dimostrato che un’idea negativa riguardo al paese d’origine evoca per associazione un giudizio negativo sul prodotto mentre un aspetto negativo del prodotto può essere annullato da un’immagine mentale positiva del paese d’origine.

27 S. S. Liu, K. F. Johnson (2005), “The automatic country-of-origin effects on brand judgments”, Journal of Advertising, Vol. 34, Issue 1, pp. 87-97.

28 S. S. Liu, K. F. Johnson (2005), “The automatic country-of-origin effects on brand judgments”, Journal of Advertising, Vol. 34, Issue 1, pp. 87-97.

29 B. Martin, S. W. Lee, C. Lacey (2011), “Countering negative country of origin effects using imagery processing”, Journal of Consumer Behaviour, Vol. 10, Issue 2, pp. 80-92.

(27)

27 Se gli stereotipi relativi al paese d’origine possono veramente essere richiamati alla mente in maniera inconscia ed automatica, come alcuni studi

3031

sembrano suggerire, i consumatori potrebbero essere ignari delle eventuali associazioni tra prodotto e paese d’origine che essi stessi elaborano ad un livello inconscio. La riluttanza dei consumatori ad ammettere l’influenza dell’origine del prodotto sul processo decisionale potrebbe riflettere il limite della loro capacità di riconoscere da dove proviene l’influenza sul loro giudizio valutativo piuttosto che suggerire l’assenza di effetto dell’informazione relativa al paese d’origine. Per questo motivo non sembra opportuno considerare il paese d’origine come un’informazione di scarsa rilevanza nel processo decisionale del consumatore, come sostenuto da Samiee

32

. Potrebbe essere più produttivo, invece, abbandonare il paradigma dominante nell’ambito della ricerca sul paese d’origine che vede l’elaborazione dell’informazione relativa all’origine del prodotto come un processo cognitivo controllato e consapevole e studiare l’effetto di riferimenti al paese d’origine all’interno di un processo automatico attivato spontaneamente e inconsapevolmente dalla sola presenza di specifici stimoli relativi ad un paese. Se può essere dimostrato che il paese d’origine ha attualmente un impatto su variabili importanti nel marketing, come il giudizio su un prodotto e il comportamento del consumatore, anche quando i consumatori non sono consapevoli o negano la sua influenza, allora sapere il paese d’origine non può essere considerata un’informazione irrilevante, mentre può essere contestato il modo in cui esso è stato studiato.

30 S. S. Liu, K. F. Johnson (2005), “The automatic country-of-origin effects on brand judgments”, Journal of Advertising, Vol. 34, Issue 1, pp. 87-97.

31 B. Martin, S. W. Lee, C. Lacey (2011), “Countering negative country of origin effects using imagery processing”, Journal of Consumer Behaviour, Vol. 10, Issue 2, pp. 80-92.

32 M. F. Herz, A. Diamantopoulos (2012), “Activation of country stereotypes: automaticity, consonance, and impact,” Academy of Marketing Science, Vol. 41, pp. 400-417.

(28)

28 Un significativo contributo alla esigua letteratura sugli effetti automatici del paese d’origine deriva dallo studio del 2013 di Herz e Diamantopoulos

33

. Innanzi tutto è stato valutato in quale misura gli stereotipi relativi ad un paese attivati spontaneamente possano influenzare le valutazioni cognitive ed affettive e il comportamento del consumatore. Si ritiene che nell’attivazione ed elaborazione del processo di associazione a uno specifico paese è prevalentemente la funzione affettivo/emozionale che può intervenire anche nella totale mancanza di riconoscimento da parte della memoria. In alcuni studi

3435

è stato valutato l’effetto dello stimolo “paese d’origine” nel processo di valutazione di un marchio senza distinguere tra processo cognitivo ed affettivo/emozionale né è stato considerato il comportamento finale del consumatore.

Altro aspetto sul quale si è indagato è stato capire se le valutazioni del marchio sono influenzate in maniera differente a seconda della natura dello stereotipo attivato. Precedenti ricerche hanno indicato che alcuni paesi hanno prevalentemente uno stereotipo legato alla funzione e altri uno stereotipo legato alla sfera emotiva. Piuttosto che focalizzarsi sulla dicotomia buono vs cattivo come è stato fatto nello studio di Liu

36

e Martin

37

, si è analizzato se il tipo di stereotipo che è spontaneamente evocato in associazione ad un paese d’origine (funzionale vs emotivo) influenza il giudizio di valutazione da parte del consumatore.

Nello stesso studio, inoltre, è stato valutato se la concordanza o la discordanza tra uno stereotipo di un paese e quello che il marchio comunica può accrescere e migliorare la valutazione del marchio da parte

33 M. F. Herz, A. Diamantopoulos (2012), “Activation of country stereotypes: automaticity, consonance, and impact,” Academy of Marketing Science, Vol. 41, pp. 400-417.

34 S. S. Liu, K. F. Johnson (2005), “The automatic country-of-origin effects on brand judgments”, Journal of Advertising, Vol. 34, Issue 1, pp. 87-97.

35 B. Martin, S. W. Lee, C. Lacey (2011), “Countering negative country of origin effects using imagery processing”, Journal of Consumer Behaviour, Vol. 10, Issue 2, pp. 80-92.

36 S. S. Liu, K. F. Johnson (2005), “The automatic country-of-origin effects on brand judgments”, Journal of Advertising, Vol. 34, Issue 1, pp. 87-97.

37 B. Martin, S. W. Lee, C. Lacey (2011), “Countering negative country of origin effects using imagery processing”, Journal of Consumer Behaviour, Vol. 10, Issue 2, pp. 80-92.

(29)

29 del consumatore e di conseguenza il suo comportamento nei confronti di quel marchio. Quando viene sponsorizzato il paese d’origine il consumatore potrebbe utilizzare tali informazioni insieme con altri spunti di informazione come il format pubblicitario. Si è indagato come questi due gruppi di informazione (gli stereotipi legati ad un paese e il modo di fare pubblicità al prodotto) interagiscono tra loro e come condizionano il comportamento del consumatore in particolare la sua intenzione di acquistare il prodotto quando gli stereotipi del paese concordano o non concordano con i contenuti che vengono comunicati dal marchio.

Per ultimo è stato esaminato l’entità dell’impatto del paese d’origine sul consumatore.

Da un punto di vista storico, è stato confermato che la semplice presenza di un riferimento all’origine del prodotto può richiamare alla mente stereotipi relativi a quel paese che di conseguenza influenzano la risposta del consumatore anche se non è consapevole. È ancora più importante il fatto che è stato chiarito che gli effetti di differenti tipi di stereotipi sulla valutazione cognitiva contro l’affettiva/emotiva e ciò che il marchio comunica influenza la percezione e il comportamento del consumatore nei confronti di quel marchio. Si è, inoltre, dimostrato il ruolo della valutazione sul marchio nel comportamento del consumatore

38

.

Esistono, infatti, due diversi processi di elaborazione delle informazioni:

uno attivo e consapevole che avviene sotto il controllo del soggetto ed uno automatico di cui il soggetto può non averne consapevolezza. Un processo controllato è definito come una sequenza di punti che vengono elaborati attivamente e sotto il controllo del soggetto. Al contrario un processo automatico è un processo che viene innescato in maniera automatica senza la necessità di un controllo attivo del soggetto. Per loro stessa natura i processi automatici sono veloci, non richiedono nessun impegno da parte

38 M. F. Herz, A. Diamantopoulos (2012), “Activation of country stereotypes: automaticity, consonance, and impact,” Academy of Marketing Science, Vol. 41, pp. 400-417.

(30)

30 del soggetto, sono inevitabili, cioè avvengono nonostante il tentativo da parte del soggetto di bypassarli e non sono direttamente controllabili da parte dello stesso. Secondo questa teoria persino la sola presenza di un riferimento al paese d’origine può attivare l’associazione con stereotipi precedentemente incasellati nella memoria. Una volta innescata questa associazione automatica può influenzare il giudizio del consumatore ed è logico attendersi che questo possa condizionare di conseguenza il comportamento d’acquisto del consumatore

39

.

2.3.2 Esistenza di sistemi di certificazione della qualità

Nell’ambito del prodotto tipico esistono dei sistemi di certificazione che fungono da garanzia per la qualità.

Analizzando l’importanza delle certificazioni a livello di mercato esse sono stabilite dall’unione europea per proteggere e promuovere prodotti alimentari, che si portano dietro tutta una tradizione locale, spesso vittime del fenomeno agropiracy

40

.

41

Una certificazione di qualità, infatti, è un riconoscimento, da parte di organismi terzi, che un certo prodotto è conforme ad una predeterminata disciplina di produzione e a determinati standard qualitativi. Una delle ragioni che spinge i produttori a conseguire la certificazione sui propri prodotti è quella di garantire il consumatore che l’alimento che sta acquistando è stato prodotto nel pieno rispetto di standard qualitativi e tradizionali di un certo tipo. Con i sistemi di certificazione, quindi, è possibile apporre un marchio che ha la funzione di certificare che il

39 M. F. Herz, A. Diamantopoulos (2012), “Activation of country stereotypes: automaticity, consonance, and impact,” Academy of Marketing Science, Vol. 41, pp. 400-417.

40 Tradotto in italiano è agropirateria. Indica il fenomeno di contraffazione dei prodotti alimentari.

41 L. Cembalo, G. Cicia, T. del Giudice, R. Scarpa, C. Tagliafierro (2008), “Beyond Agropiracy:

The Case of Italian Pasta in the United States Retail Market,” Agribusiness: an international journal, Vol. 24, (3), pp. 403-413.

(31)

31 prodotto rispecchia delle determinate caratteristiche qualitative e tecniche produttive.

Per poter beneficiare delle varie denominazioni di certificazione e tutela, i prodotti devono essere conformi a un documento denominato

“Disciplinare”. Il disciplinare è un insieme di indicazioni e prassi operative a cui il produttore deve attenersi. Il disciplinare di produzione consiste, infatti, nella descrizione completa delle pratiche adottate per l’ottenimento delle certificazioni di un determinato prodotto, inoltre, definisce le regole a cui i produttori devono attenersi.

Gli obiettivi di questi riconoscimenti, riassumendoli brevemente, sono:

 Garantire al consumatore che l’alimento che sta acquistando è stato prodotto secondo standard qualitativi di un certo tipo;

 Incoraggiare le diverse produzioni agricole;

 Proteggere i nomi dei prodotti contro gli abusi.

42

La maggior parte dei prodotti certificati ha una qualità organolettica superiore alla media poiché il forte legame con il territorio significa in sostanza che quel prodotto ha trovato in quella particolare zona le caratteristiche climatiche e culturali ideali per svilupparsi e di conseguenza è naturale che sia migliore della maggior parte dei prodotti analoghi provenienti da altre zone.

2.3.3 Sistemi di certificazione in Italia

Nello scenario attuale in Italia le certificazioni possono essere distinte in denominazioni d’origine e indicazioni di provenienza.

42 Abad, J. C. G., F. J. M. López, V. B. Molina (2011), “Las indicaciones de origen protegidas como elemento de diferenciación de los productos agroalimentarios: el caso del jamón en España,”

Cuadernos de Gestión 1988-2157 (2012) Vol. 12 Num. 2.

(32)

32 Con tali espressioni si vogliono designare prodotti agricoli o alimentari provenienti da una precisa area geografica.

Le denominazioni di origine, meglio note come DOP (Denominazioni d’Origine Protetta), e le indicazioni di provenienza, a loro volta conosciute come IGP (Indicazioni Geografiche Protette), sono state introdotte in Europa con il regolamento comunitario 2081/1992, poi sostituito dal regolamento 510/2006/CE. Il legislatore comunitario ha voluto con ciò consentire agli Stati membri di dare impulso, su istanza di un’associazione di categoria o di un consorzio di imprenditori nazionali, a una procedura di registrazione presso la Commissione europea di tutte quelle espressioni capaci di segnalare ai consumatori la presenza di una particolare qualità nei prodotti con esse contrassegnati

43

.

A questi marchi si aggiunge il marchio STG (Specialità Tradizionale Garantita) volto a tutelare le produzioni caratterizzate da composizioni o metodi di produzione tradizionali.

Per quanto riguarda il marchio DOC, invece, va fatto un discorso a parte in quanto rappresenta il marchio nazionale e il suo utilizzo è limitato al settore vinicolo.

Di seguito andremo a descrivere ciascun marchio.

2.3.3.1 DOP - Denominazione di Origine Protetta (PDO – Protected Designation of Origin)

43 P. Borghi, L. Costato, S. Rizzoli, “Compendio di diritto alimentare”, CEDAM, 2011.

(33)

33

« [...] Si intende per «denominazione d'origine», il nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese, la cui qualità o le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico, inclusi i fattori naturali e umani, e la cui produzione, trasformazione e elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata. »

44

La Denominazione di Origine Protetta, più conosciuta con l’acronimo DOP è un marchio di tutela giuridica della denominazione che viene attribuito dall’Unione Europea agli alimenti le cui peculiari caratteristiche qualitative dipendono essenzialmente o esclusivamente dal territorio in cui sono stati prodotti. Affinché un prodotto sia DOP, le fasi di produzione, trasformazione ed elaborazione devono avvenire in un’area geografica delimitata. L’ambiente geografico, a cui si fa riferimento,comprende fattori naturali e fattori umani che combinati insieme, consentono di ottenere un prodotto inimitabile al di fuori di una determinata zona produttiva.

Chi fa prodotti DOP deve attenersi alle rigide regole produttive stabilite nel disciplinare di produzione. Il rispetto di tali regole è garantito da uno specifico organismo di controllo.

44 Articolo 2, paragrafo 1, lettera a, del regolamento UE n. 510/2006.

Fonte: P. Borghi, L. Costato, S. Rizzoli, “Compendio di diritto alimentare”, CEDAM, 2011.

(34)

34 2.3.3.2 IGP – Indicazione Geografica Protetta (PGI – Protected Geographical Indication)

«indicazione geografica», il nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare: —come originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese e —del quale una determinata qualità, la reputazione o altre caratteristiche possono essere attribuite a tale origine geografica e —la cui produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata. »

45

Il termine Indicazione Geografica Protetta, meglio nota con l’acronimo IGP indica, come il marchio DOP, un marchio di origine che viene attribuito dall’Unione Europea a quei prodotti agricoli alimentari per i quali una determinata qualità, la reputazione o un’altra caratteristica dipende dall’origine geografica e la cui produzione, trasformazione e elaborazione avviene in un’area geografica determinata.

A differenza degli altri marchi, invece, nel caso degli IGP per ottenere tale riconoscimento è sufficiente che solo una fase del processo produttivo avvenga in una particolare area.

Come gli altri marchi di origine anche nel caso del marchio IGP i produttori che vogliono conseguire tale riconoscimento devono attenersi alle rigide regole produttive stabilite nel disciplinare di produzione e che sono garantite da uno specifico organo come già visto per il marchio DOP.

45 Articolo 2, paragrafo 1, lettera b, del regolamento UE n. 510/2006.

Fonte: P. Borghi, L. Costato, S. Rizzoli, “Compendio di diritto alimentare”, CEDAM, 2011.

(35)

35 2.3.3.3 STG – Specialità Tradizionale Garantita (TSG – Traditional Speciality Guaranted)

Altro marchio di origine introdotto dall’Unione Europea è il marchio STG che sta per specialità tradizionale garantita.

La sua funzione principale è quella di tutelare le produzioni alimentari affinché siano caratterizzate da composizioni o metodi di produzione tradizionali. Tale certificazione, disciplinata dal regolamento CE n.

509/2006, diversamente da altri marchi, quali la Denominazione di Origine Protetta (DOP) e l’Indicazione Geografica Protetta (IGP), si rivolge essenzialmente a prodotti agricoli e alimentari che abbiano una “specificità”

legata al metodo di produzione o alla composizione legata alla tradizione di una zona, ma che non vengano prodotti necessariamente solo in tale zona.

Anche una preparazione STG deve essere conforme ad un preciso disciplinare di produzione

46

.

2.3.3.4 DOC

L’acronimo DOC sta per Denominazione di Origine Controllata. Il marchio DOC si distingue dai tre machi appena visti (DOP, IGP, STG) perché rappresenta un marchio di origine italiana e a differenza degli altri marchi è utilizzato solamente in enologia, ossia è utilizzato per certificare la zona di

46 P. Borghi, L. Costato, S. Rizzoli, “Compendio di diritto alimentare”, CEDAM, 2011.

(36)

36 origine e delimitata della raccolta delle uve utilizzate per la produzione del prodotto sul quale è apposto il marchio.

La sua funzione principale, quindi, è quello di designare un prodotto di qualità e rinomato, le cui caratteristiche sono connesse all’ambiente naturale e ai fattori umani. Viene attribuito, infatti, con decreto, a quei prodotti originari di una zona limitata, che in questa zona vengono realizzati con l’uso di materia prima locale, secondo usi tradizionali, legali e costanti.

I vini che aspirano a tale riconoscimento prima di essere messi in commercio vengono sottoposti, in fase di produzione, ad una preliminare analisi chimico-fisica e ad un esame organolettico che certifichi il rispetto dei requisiti previsti dal disciplinare. Il mancato rispetto a tali requisiti pregiudica la messa in commercio di tali vini con la dicitura DOC.

Dietro il semplice simbolo DOP, IGP, STG e DOC quindi, si cela l’enorme valore che viene trasmesso al prodotto.

2.3.4 Prestigio del prodotto creato dalla marca

Nel mercato odierno la comunicazione avviene mediante simboli e segni. A giocare un ruolo chiave in tale contesto è la marca che ha la funzione di contraddistinguere prodotti o servizi favorendone la relativa differenziazione e quindi facilitando i consumatori in fase di scelta.

47

Secondo l’American Marketing Association, la marca è un nome, un termine, un simbolo, un logo, un design o una combinazione di questi elementi che ha l’obiettivo di identificare beni e servizi di un venditore o gruppo di venditori, differenziandoli da quelli dei concorrenti

48

.

47 C. Sichtmann, A. Diamantopoulos (2013), “The impact of perceived brand globalness, brand origin image, and brand origin-extension fit on brand extension success,” Academy of Marketing Science, Vol. 41, pp. 567-585.

48 P. Kotler, K. L. Keller, F. Ancarani, M. Costabile (2012), “Marketing management,” Pearson Italia.

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