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PROGETTO PER LA COSTRUZIONE

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Academic year: 2021

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INDICE

INTRODUZIONE………3

CAPITOLO 1: IL BANDO ...……… ..5

CAPITOLO 2: BERLINO………...15

2.1. La ricostruzione critica di Berlino ………...…………..15

2.1.1. Gli amministratori ………...17

2.1.2. Gli investitori ………...……..19

2.1.3. Gli Architetti ………... …..19

2.2. Excursus storico architettonico della città di Berlino...27

2.3. Il Lotto………...31

CAPITOLO 3: RIFERIMENTI ARCHITETTONICI………...34

3.1. Musei di scienze naturali ………...34

3.2. Il verde in architettura...39

3.2.1. Il verde in architettura...……….39

3.2.2. Le pareti verdi aspetti positivi e negativi...41

3.2.3. Sistemi costruttivi………...……...42

3.2.4. I benefici...………45

3.2.5. Patrick Blanc come riferimento alla progettazione...47

CAPITOLO 4: IL PROGETTO ………...50

4.1. Premesse alla progettazione...50

4.1.1. Considerazioni personali...51

4.2. Fase progettuale...53

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4.2.1. Dinamismo funzionale...54

4.2.2. Dinamismo visivo...57

4.3. Il modulo costruttivo...59

4.3.1. Effetto serra ...61

4.4. Le piante...63

4.5. L'esterno...65

4.5. L'interno...69

BIBLIOGRAFIA ………...……….73

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3

PROGETTO PER LA COSTRUZIONE

DI UN

MUSEO DI SCIENZE NATURALI

A

BERLINO

DI

LUCA TURELLI

Dass ich erkenne, was die Welt

Im innersten zusammenhält

Così che io possa conoscere

Cosa tiene unito il mondo dal didentro

Questa frase mi è venuta in mente quando ho visto e letto il bando per il concorso di idee per il progetto per la costruzione di un museo di scienze naturali a Berlino, che allego qui di seguito.

Questa è stata l’aspirazione massima del Faust di Goethe, che lo porterà a dannarsi l’anima pur di soddisfare questa sete di sapere.

La frase ha incarnato, per tutto il periodo del Romanticismo,lo spirito più rappresentativo della Germania, sia scientifica che filosofica e artistica.

A ben vedere possiamo dire che ancor oggi questa frase può essere estesa, pur senza la dannazione, a tutti gli scienziati, filosofi, artisti e a tutte le persone che sono spinte da ansia e desiderio di sapere e di conoscere.

Poniamoci pertanto la domanda se oggi un Museo di Scienze Naturali può aiutare a capire :

“was die Welt im innersten zusammenhält“

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La risposta è sicuramente positiva a patto che i reperti del museo vengano strategicamente collocati in PERCORSI che potranno essere di volta in volta: filologici, cronologici, gerarchici e così via.

Questo sarà “onore ed onere” dei responsabili o dei curatori del museo stesso.

Il progettista può però agevolare questo compito con la predisposizione di PERCORSI per i visitatori che riprendono questo intento, ed il tutto contenuto in un “corpo di fabbrica”

armonioso, esteticamente elegante e leggero, e che con la sua “dinamicità” ci richiama la dinamicità e consequenzialità del processo di conquista del sapere.

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5 1. IL BANDO DI CONCORSO

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2. BERLINO

2.1 La ricostruzione critica di Berlino

A tredici anni dal crollo del muro, una democrazia capace di decisioni e risoluta a tutto anche a sbagliare, con una burocrazia efficiente, adatta ad iniziative estreme, ma impreparata alla velocità ed alla dimensione del cambiamento, sta portando a termine il trasloco della capitale dei Tedeschi.

Questo trasferimento, che è anche un trasloco nella storia1, è il ritorno sulle tracce, non tutte visibili, del passato della tormentata città. Essa infatti conserva ancora le impronte lasciate dalle tre repubbliche succedutesi: la Weimar Republik, la Bonner Republik, con il loro fatale intermezzo di 12 anni, e la Deutsche Demokratische Republik. Le tracce, protette dalle lastre di piombo ideologico della guerra-fredda, liberano ancora una radioattività residua,

accelerando e rendendo frenetico l'insediamento dell'ultimo esperimento democratico: la Berliner Republik.

Incalzati dal destino di "nazione tardiva", amministratori, investitori ed architetti hanno dato rapidamente forma all'unità territoriale raggiunta ed alla sua, non più provvisoria, capitale, spronati dall'impulso di tirarsi fuori dai guai, inevitabili in un simile colossale compito. Non è strano infatti che dopo aver messo il loro congenito pragmatismo tecnologico al servizio dell'idealismo assoluto, i tedeschi si siano ora impegnati nella ricostruzione della capitale, da molti non voluta, con un soffio di idealità estetica, ma con l'assoluto pragmatismo al quale si sono votati dopo la guerra. La ricostruzione avvenuta ci ricorda la definizione di Heidegger

"Das Natürliche der Deutschen..."2. "...Ma ciò che è naturale per i tedeschi è la "chiarezza

1 "Umzug in die Geschichte", è il titolo di Der Spiegel Nr. 22, 25/05/1998

2 "Das Natürliche der Deutschen aber ist umgekehrt die Klarheit der Darstellung. Das Fassenkönnen, das Vorbilden der Entwürfe, das Errichten der Gerüste und Einfassungen, das Bereitstellen der Rahmen und Fächer, das Einteilen und Gliedern reißt sie fort", Martin Heidegger, Erläuterungen zu Hölderlins Dichtung, Klostermann, 1981

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della rappresentazione". Il saper dare forma, il progettare modelli, l'istituire strutture e formazioni, l'approntare quadri e scomparti, il suddividere e l'articolare: tutto ciò li trascina..."3.

Visionari e pratici, sognatori e costruttivi, essi hanno dato forma ad un futuro non guidato da una nuova idea di città, mentre sopravvive in loro un'amnesia del passato che non è l'oblio, ma il disagio lasciato da un brutto sogno di cui non riescono a ricordare tutti i particolari.

Nei bandi di concorso per la ricostruzione degli edifici della Berliner Republik, dalle

procedure invidiabilmente perfette, non s'è mai prescritto in che conto tenere la memoria dei luoghi e se questi dovessero partecipare a quell'Inszenierung der Macht4, per il quale

l'architettura è la più pericolosa tra le arti. Si è fatto solo cenno al ruolo che la storia urbana poteva avere per il progetto, nel senso almeno datogli dalla scuola italiana, che pure veniva sempre citata.

A bandi di concorso laconici sotto il profilo della storia urbana, è succeduto però un dibattito critico, spietato, per nulla rituale, dagli accenti crudi, sull'architettura dei vincitori. La

Kritische Rekonstruktion riguarda solo l'architettura? Il processo di riunificazione delle due Germanie, messo in moto da una errata ed ancora non chiara comunicazione alle guardie di frontiera nell'ottobre dell'895, è uno di quei fatti sconvolgenti ogni categoria interpretativa, eliminanti ogni antitesi preconcetta, che accompagnano il libero scatenarsi delle forze della

3 . Quel "das Einteilen und Gliedern" ha magicamente riempito, nei bandi di concorso per le nuove architetture della città, il vuoto teorico necessario a guidare gli architetti affinché compongano facciate diverse da quelle ripetute negli edifici della DDR.

4 "Inszenierung der Macht", titolo della conferenza della scrittrice D. Dahn, Stadtforum, Berlino, 07/05/1999 Berlin: Stadt oder Staat? È il gioco di parole di un famoso Stadtforum del 7 maggio '99 nel quale si dibatteva un secondo interrogativo: "Come deve rappresentarsi uno Stato nella sua capitale?", un quesito questo mai formulato così esplicitamente prima d'allora.

5 La maggioranza di loro in Europa occidentale viveva nella certezza di trovarsi dalla parte sbagliata del muro, mentre in realtà si trovavano dalla parte giusta.

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storia, all'insaputa degli intellettuali che pensavano di possederne le leggi6. Da quella data ed in modo inammissibile per la mentalità tedesca, i fatti hanno preceduto le riflessioni ed hanno costretto gli amministratori, i pianificatori, gli architetti ad adeguarsi alle procedure straordinarie avviate. Queste partivano dalle seguenti constatazioni:

- le due città erano divise da una lingua comune, che le aveva fatte scoprire diverse in tutto;

- non era possibile che le due città mettessero insieme due strumenti di piano inconciliabili, nati l'uno come l'opposto dell'altro;

- non potevano coordinarsi due concezioni dell'intervento pubblico diversissime;

- una città doveva insegnare all'altra l'operatività dell'intervento privato che era ad essa sconosciuta;

- si doveva alla fine trovare tra le molte idee circolanti tra i teorici dell'architettura, una "idea guida" di città con cui convincere l'altra parte a liberarsi della propria.

Ma come si sono comportati gli artefici della ricostruzione dopo i primi tentativi di far lavorare insieme le due città che avevano vissuto per 45 anni divise?

2.1.1 Gli amministratori

I funzionari del Bund e del Land, dopo un breve tentativo di far capire ai fratelli orientali il nuovo tipo di gestione della città li sostituirono. Gli amministratori occidentali, addestrati a correre dei rischi, a preparare meticolosamente le decisioni ed a cadere con esse, se sbagliate o mal applicate, non potevano condividere il governo con funzionari preparati ad obbedire e a non essere responsabili di nulla. Quasi subito i cinque Länder orientali furono governati da funzionari occidentali che imposero una ricostruzione basata sul pragmatismo del

capitalismo renano e su una buona amministrazione di ascendenza prussiana.

In tre anni, una finanziaria dello Stato, la Treuhand, una schiera di giuristi ed una serie di

6 "Two countries divided by a common language", diceva George Bernard Shaw parlando degli Stati Uniti e dell'Inghilterra.

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funzionari, sono riusciti a trovare i vecchi proprietari di prima della guerra ed a riassegnare loro il patrimonio del suolo collettivizzato della DDR, di dimensione uguale al Veneto, più metà della Lombardia. In questo modo hanno rapidamente colmato l'incertezza del diritto provocata malignamente dalla paroletta Volks (popolo), attaccata ad Eigentum (proprietà)7. Un "intelletto protocollare"8 si è impadronito poi delle procedure di estenuanti trattative, obbligando gli antichi proprietari ad impegnarsi nella ricostruzione, o a passare la mano a prezzi concertati con la Fiduciaria dello Stato. L'attività di questa procedura si è basata sulla pedantesca, ma necessaria, registrazione di tutte le trattative intercorse tra Bund, Land, Stadt e privati, proprietari od imprenditori che fossero.

Il genio della Kritische Rekonstruktion consiste proprio nella pignoleria protocollare con cui si è costruito questo processo e nella elasticità procedurale con cui applicarlo. Gli

amministratori avevano infatti capito che, non essendoci il tempo necessario ad una procedura urbanistica normale, bisognava andare avanti con una "trattativa discorsiva"

applicabile elasticamente nelle singole parti della città: la Berlin-Mitte, i due poli di Potsdamer Platz e Alexander Platz, la City Ost, la City West, ed i Vororte, i quartieri- sobborgo di nuova edificazione; trattativa che doveva attrarre e non allontanare gli investitori privati.

2.1.2 Gli investitori

Aggressivi e senza scrupoli, attratti da un corto circuito assolutamente non tedesco, grandi rischi - grandi profitti, si sono lanciati in un mercato distorto e pieno di trappole del tutto inedite, mercato continuamente alterato dai suoli privatizzati in commistione con gli edifici popolari della città socialista. Nel tentativo di ricostruire i lotti precedenti il 1945 per svilupparli economicamente, i Bauherren si sono infilati in complicatissimi problemi

7 . Il termine Volk, ahimè, non compare negli statuti del diritto romano germanico, estesi in una notte sino ai nuovi confini nazionali dopo il 9 novembre '89.

8 "Der Tabellarische Verstand" secondo una definizione ironica di T.W.Adorno, in "Minima Moralia".

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giuridici, correndo i rischi delle repentine variazioni del valore dei suoli edificabili in presenza degli edifici collettivizzati della scomparsa DDR. Costruendo in pochi anni l'intero fabbisogno di uffici previsto in dieci anni, hanno provocato la crisi delle vendite e degli affitti dei nuovi edifici, da cui fallimenti, bancarotte, processi. Investitori però di un capitalismo maturo, che si munirono di un proprio progetto dell'edificio da costruire, progetto che finì inevitabilmente col condizionare i bandi di concorso imposti

dall'Amministrazione. Essi usarono le indagini di marketing per orientarsi verso l'architetto più adatto, accettandone i suggerimenti sui tipi di facciata necessari per aumentare le vendite del luogo9. Gli amministratori hanno fatto di tutto per assecondare il loro punto di vista, perché la ricostruzione doveva essere fatta soprattutto con il loro denaro.

2.1.3 Gli architetti

I migliori sono stati sin dall'inizio travolti da entusiasmanti incarichi, per cui non hanno trovato il tempo per scrivere un documento su ciò che stavano facendo o per avviare una discussione profonda, mentre l'accelerazione degli eventi incalzava10.

Ne è nato un dibattito, combattuto duramente e senza esclusione di colpi, tra coloro che aderivano alle tesi della Kritische Rekonstruktion, ovvero la ricostruzione della città nel rispetto della sua struttura tipologica, morfologica, che riproponeva l'edificazione perimetrale del vecchio impianto stradale e chi vi si opponeva.

È vero, come disse Hans Kollhoff, che un'architettura abituata al progetto delle periferie e delle espansioni urbane, si trovò impreparata alla ricostruzione dell'area centrale, con la

9 Le indagini del marketing influenzano sempre più il mercato dell'architettura della città europea. Gli investitori tedeschi presenti nelle giurie dei concorsi ne fanno continuamente ricorso, ed involontariamente influenzano i concorrenti. È un marketing che non pensa, non legge, ma guarda, pronto a lasciarsi ingannare dall'immagine virtuale "se questa fa vendere"!

10 Il più importante per chiarezza e profondità di pensiero, Oswald Mathias Ungers, non ha voluto più apparire in pubblico, mentre l'autorevole J.P. Kleihues

si è fatto sostituire spesso dai suoi discepoli.

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ricostruzione perimetrale degli isolati, delle loro particelle (Parzelle), una pratica-teorica che sin dall'inizio si è imposta per la salvezza della struttura urbana di Berlin-Mitte.

Il dibattito, non sempre brillante e con alcuni aspetti di schematicità, ha avuto però il merito di schierare gli architetti su due fronti di un chiaro scontro teorico:

- tra un'architettura della città e un'architettura di oggetti senza città;

- tra un'architettura che cerca radicamento nei luoghi, nelle culture, nella storia ed un'architettura senza radici;

- tra un'architettura-arte collettiva, che si dà un fondamento etico ed un'architettura dell'evasione, del gioco privato;

- tra un'architettura che ha bisogno di una teoria per chiarire a se stessa il proprio consistere ed un'architettura come espressione individuale: arte pura;

- tra un'architettura che osa uscire dai propri statuti per divenire politica ed un'architettura che si arrende al marketing, allo show business.

La prima, riassumibile nel concetto di “ricostruzione critica” che fa capo ad H. Stimman, H.

Kollhoff, M. Dudler, definiva alcuni criteri per la costruzione di Berlino capitale, per non cadere in una totale anarchia di stili e per cercare di conferire alla città un carattere

riconoscibile. La seconda, invece, con D. Libeskind e gli architetti della corrente High Tech, ricercava un nuovo linguaggio architettonico, ricco di sperimentazioni audaci, contro le ripetitività e la fissità della “Berlino di pietra” .

Da questo duro confronto sui media di tutto il paese, in cui si dava del "fascista" a chi costruiva facciate rivestite in pietra e del "democratico" a chi le costruiva in vetro11, è uscita vincente la parte schierata per la difesa dell'architettura della città, i cui fondamenti teorici

11 È un ulteriore sintomo dell'assenza della storia dell'architettura, di cui soffre l'università tedesca. Essi non sanno che Giuseppe Terragni scriveva nella relazione che accompagnava la sua Casa del Fascio di Como "...Il fascismo è la casa di vetro in cui tutti possono guardare... nessun ostacolo tra gerarchie politiche e

popolo...".E. Mantero," G. Terragni e la città del razionalismo italiano", Dedalo Libri, Roma, 1969.

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provengono dalla cultura architettonica italiana. L'altra fazione, quella di una architettura senza fondamenti teorici, di una architettura dello show business invece, è dilagata sulle riviste d'architettura, nelle università e nelle analisi degli esperti di marketing per gli edifici commerciali.

I Berlinesi furono tutti coinvolti emotivamente da quell'irreprimibile e misteriosa spinta che tredici anni fa gettò i fratelli separati dal muro nelle braccia di chi, piangendo, sembrava da tempo aspettarli. Ma questo confuso, commovente abbraccio, fu rapidamente sostituito da una sensazione fredda e sconcertante: essi erano diversi; in ogni aspetto del comportamento sociale, profondamente diversi.Scoprirono che il processo avviato per realizzare

quell'enigmatica scritta, ein Volk, che guidava le loro manifestazioni nell'ormai lontano '89, sarebbe stato lungo, infinito per quelli d'età superiore ai 40 anni.

Se i cittadini della Berlino occidentale perdevano con l'unificazione i sussidi, i "crediti della paura", i servizi sociali quasi gratuiti e di standard elevatissimo, i cittadini della Berlino orientale perdevano molto di più, la propria identità. L'unica città intelligente sembrava essere l'occidentale e l'unica architettura sapiente quella dei vincitori, mentre la loro

architettura appariva ancor più debole, ripetitiva, uniforme, monotona, parte di una "periferia spinta nel cuore dell'area centrale". Con l'identità perdevano le sicurezze previste dalla nascita alla tomba, la serenità e la quiete del vivere in quell'enorme Kinderheim che era stata la DDR12. I berlinesi della parte orientale della città inoltre, pur non amando le grandi case di abitazione tutte uguali, in cui erano costretti a vivere, i Platte13, si sono visti costretti a difenderle ed a chiederne la tutela come testimonianza della più radicale utopia del XX secolo. Sono stati accontentati. Il Land Berlin le ha poste tutte sotto la protezione del Denkmalschutz, il vincolo di tutela dei monumenti. Ma i Platte sono tecnologicamente

12 "Abbiamo vissuto per 45 anni in un enorme Kinderheim" ripetevano nelle assemblee dei Neues Forum prima del crollo del muro.

13 "Die Platte", i pannelli. Sono state così definite, con una cruda sineddoche, dai fratelli occidentali.

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sbagliati. I grandi pannelli non isolano dal freddo e dal caldo, sono vulnerabili in alcune giunzioni all'umidità e riscaldare gli alloggi costa molto. Sono quindi stati rivestiti da una pelle termica per migliorarne le prestazioni, facendo sì che la loro vera facciata "vincolata"

finisse definitivamente nascosta dietro una pelle termica. Malgrado questo costosissimo lavoro di risanamento che non riguardava solo la facciata, ma anche l'impiantistica, gli alloggi sono stati alla fine abbandonati dagli abitanti. Decine di migliaia di alloggi risanati a Marzahn saranno così demoliti. È la fine ingloriosa dell'utopia della città socialista, tradita anche dagli abitanti che negli ultimi tredici anni l'avevano difesa.Il socialismo è evaporato senza scatenare violenze, ma lasciando un vasto sedimento di frustrazioni.L'unica cosa che non cambia mai sono le avanguardie14. La pretesa di un parte degli architetti contemporanei di abolire ogni rapporto tra il progetto architettonico e la città è figlia del mito

dell'avanguardia dell'architettura moderna. Questi architetti pretendono di situarsi in una regione imprecisata del futuro, imponendo la propria arte, ma lasciando il presente indenne da ogni critica. Il loro immotivato radicalismo formalista mostra quanto profonda sia in loro la crisi etica, al concludersi di un secolo ideologicamente incandescente: un'architettura che continua ad indossare i panni dell'avanguardia senza chiedersi cosa vuole e perché.

Questa neo-avanguardia a Berlino ha cercato di distruggere anche le strutture psicologiche e percettive che legano i cittadini dell'Ovest e dell'Est alla loro città, entrando più volte in conflitto con il movimento degli architetti internazionali che invece condividevano le tesi della Kritische Rekonstruktion; il fondamento teorico adottato dal Senato di Berlino.

"L'ultima vera città moderna, che si lascia modificare senza traumi dalle nuove esigenze, è la città dell'800", dichiarava Hans Stimmann, il Senatsbaudirektor di Berlino. "Essa si è

adattata subito al socialismo reale ed ora ospita docilmente il ritorno di un capitalismo telematico ed esigentissimo, per cui la privatizzazione del quartiere di Prenzlauberg è stata

14 Paul Valery

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rapidissima". L'adiacente e centralissima città socialista invece, quella che ha sperimentato sino all'estremo i dettati del razionalismo degli anni '20, è costruttivamente immodificabile, rigidamente legata ad un proletariato che non l'ha mai amata, ed ora la odia, cercando un'alternativa altrove15.

Per affrontare la terza fase della ricostruzione, dopo quella di Mitte, delle due grandi concentrazioni di Potsdamer Platz ed Alexander Platz, è ora operativo il terzo grande progetto: il Plan Werk.

Si tratta di un insieme di strumenti per ricostruire l'effetto-città in quella "grande periferia dell'area centrale", di sola residenza, che dall'Alexander Platz si estende alla Karl Marx Allee ed alla Stalin Allee. Più che un piano esso è una complessa struttura di prescrizioni planivolumetriche per riaddensare la città16, usando i grandi spazi vuoti tra i manufatti del settore socialista. Il Plan Werk è stato costruito in tre anni, attraverso una laboriosa successione di verifiche sotto forma di conferenze e di tavole rotonde, gli ormai famosi Stadtforum. A queste riunioni partecipavano non solo gli amministratori, gli architetti e gli investitori, ma anche i giornalisti, gli scrittori, i sindacati e la gente interessata alla parte di città in discussione o ai problemi in discussione, il traffico, ad esempio. Il Plan Werk voluto intensamente da Hans Stimmann, quand'era Segretario di Stato per l'Urbanistica e

l'Ambiente17, si basa su una nuova visione del rapporto tra modernità e tradizione nell'architettura della città. Il piano contiene infatti la separazione dei paradigmi dell'urbanistica del "moderno" ottenuta facendo loro assumere nuovi valori:

15 Il Bund varò un provvedimento di mutui a tassi di interesse bassissimi, affinché i cittadini dell'Est potessero comprare l'appartamento che abitavano nella Plattensiedlung, ma ciò non ha impedito la fuga dalle grandi case d'abitazione.

16 La parola d'ordine del Plan Werk è Verdichtung: aumentare la densità edilizia. L'addensamento è realizzato riedificando gli isolati, ricostruendoli sul loro perimetro con edifici a 5, 6 piani che avvolgeranno,

nascondendoli, i Platte di 10 piani.

17 Hans Stimmann, da gennaio 2000 di nuovo Stadtbaudirektor di Berlino, è stato definito Stadtbaumeister e Stadtverenger (restringitore di città) dal critico Heinrich Wefing nel Frankfurter Allgemeine Zeitung del 14 febbraio dello stesso anno.

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- permanenza della città e dell'architettura, no alle "città per una generazione";

- Stadt und Land nicht Stadtlandschaft18

- riaddensamento durevole, non diluizione della città;

- architettura e particella urbana come fondamento;

- composizione dello spazio urbano per mezzo della casa, della strada e della piazza;

- spazio urbano definito, anzi ben definito, non spazio urbano libero aperto, scorrente tra edifici solitari;

- giusta mobilità: città comodamente visitabile con strade attraversabili dai pedoni "mentre guardano gli edifici", basta con la città adatta all'automobile;

- tipologia flessibile, nessuna struttura rigida;

- "proprietari" dei nuovi edifici e non "affittuari", per abitare e lavorare nella Innenstadt;

- modernità e tradizione, nessuna rottura con la storia;

- rafforzamento di una identità berlinese, no all'uniformità internazionale19. Da che cosa trae fondamento il Plan Werk, che ha esteso i principi della Kritische Rekonstruktion adattandoli alle aree esterne a Berlin-Mitte, soprattutto quelle modificate dalla pianificazione socialista?

Il Plan Werk ha un debito riconosciuto dagli autori con la scuola d'architettura italiana. Si sono citati spesso i nomi di Aldo Rossi, prima di tutto, ma anche di Muratori, di Cervellati e

18 Chiusura completa alle tesi di Hans Scharoun degli anni '50 che stavano ritrovando nuovi paladini.

19 Dal "Planwerk Innenstadt Berlin - Ein erster Entwurf", Senatsverwaltung für Stadtentwicklung, Umweltschutz und Technologie, Berlino, febbraio 1997, il testo originale dice:

Modernität mit Tradition: die Ablösung der Paradigmen des Städtebaus der Moderne.

- Permanenz von Stadt und Architektur, nicht "Städte für eine Generation";

- "Stadt" und "Land" nicht "Stadtlandschaft";

- Nachhaltige Verdichtung, nicht Auflösung der Städte;

- Bestätigung des Bezuges zwischen Architektur/Parzelle und Stadt/Stadtraum, nicht Auflösung - Definierter städtischer RAUM, nicht fließ endoffene Freiräume

- Mobilitätsgerechte und benutzerfreundliche Stadt, nicht autogerechte Stadt - Funktionsdurchmischung, nicht Funktionstrennung

- Eigentümer statt Mieter bei Neubauten für innerstädtisches Wohnen und Arbeiten

- Flexibilität zulassende Typologien, nicht starr auf Monofunktionalität angelegte Strukturen;

- Modernität mit Tradition, nicht Bruch mit Geschichte und Tradition;

- Stärkung einer für Berlin und die Europäische Stadt typischen Identität, nicht internationale Uniformität.

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di Carlo Scarpa20, la cui fascinazione duratura è quel suo spingersi estetico sin al più piccolo dettaglio, bis ins kleinste detail, così congeniale alla meticolosità e precisione tedesca. ...

Riassumendo brevemente, dal punto di vista urbanistico le operazioni più significative sono state quelle che si sono poste l'obiettivo di recuperare a una dimensione di collettività urbana grandi aree abbandonate perché nella fascia di confine tra Est e Ovest. Paradigmatico il grande progetto di riqualificazione della Potsdamer Platz, che ha coinvolto molteplici firme dell'architettura contemporanea. Ma non possono essere dimenticati altri interventi nella parte orientale della città, come il Französische Bucholz a Pankow, il quartiere a Karow- Nord di Moore, Ruhle, Yudell, la corte residenziale di G. Augustin e U. Frank a

Lichtenberg, dove sorgono anche le case semicircolari di H. Hertzeberger. Altrettanto importante è l'opera di risanamento dei grandi quartieri costruiti dalla DDR nella ex Berlino Est. Sono 17 grandi Siedlungen, centri residenziali edificati con la prefabbricazione pesante, che presentavano al momento dell'unificazione un livello di degrado assai avanzato. Tale programma ha previsto il recupero dell'ambiente adottando anche misure di controllo qualitativo, ormai estremamente diffuse in tutto il territorio tedesco, tra le quali spicca un monitoraggio ecologico in tempo reale accessibile, via Internet, a tutti i cittadini.

Ma dov'è Berlino? Dove giace la città nel suo paesaggio? Dove sono i luoghi nei quali i Berlinesi come cittadini di Berlino si identificano?21 Questo interrogativo preoccupato, di un critico del Frankfurter Allgemeine Zeitung, ci fa capire che c'è un più vasto problema di identità berlinese al quale l'architettura da sola non può porre rimedio e che forse solo il

20 . "Ein Stück Rossi und ein Stück Scarpa", titola un articolo dell'organo degli architetti del Bund del 1997, per descrivere la figura culturale di Joseph Paul Kleihues, professore a Dortmund ed ex direttore dell'IBA.

21 "...Aber wo ist Berlin? Wo liegt die Stadt in der Landschaft? Wo sind die Orte, die der Berliner als berlinisch identifiziert...?" Queste sono le domande che il Frankfurter Allgemeine Zeitung del 14 febbraio 2000 poneva allo Stadtbaudirektor di Berlino Hans Stimmann, definito dal critico Heinrich Wefing che lo interrogava, il

"Baron Hausmann des spätmodernen Berlin".

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tempo riuscirà a risolvere. Berlino è a questo condannata, sempre e continuamente a divenire e mai ad essere22.Questo aforisma di Karl Scheffler sembra quasi una maledizione! "La storia serve a non sentire sulle proprie spalle il peso del passato", diceva Manfredo Tafuri il 13 novembre del '9423. Forse questa è la via di uscita per le giovani generazioni di tedeschi che vogliono ricostituire un rapporto sereno con il proprio passato e con le spoglie superstiti della propria città.

2.2 Excursus storico architettonico della città di Berlino

Tra il 1225 e il 1240 i margravi di Brandeburgo iniziarono la costruzione di due nuclei urbani (Berlin e Kölln) lungo le sponde della Sprea, in una zona strategica per le correnti di traffico europeo. Berlino crebbe autonoma fino al sec. XVI, quando divenne sede

permanente degli Hohenzollern e capitale dell'Elettorato di Brandeburgo. A Federico Guglielmo il Grande (1640-88) si devono i primi interventi pianificati di strutturazione urbana e molte opere di risanamento dell'antico insediamento medievale. Nel settore sudoccidentale, i tre nuovi nuclei d'espansione di Friedrichswerder, Dorotheenstadt e Friedrichstadt, residenze di funzionari e di fornitori della corte, crescono abbastanza autonomi fra loro e connessi da un sistema di assi viari primari secondo uno schema

geometrico complesso. Berlin e Kölln, i due nuclei originari, vengono finalmente abbracciati da un'unica cinta muraria (1658-1685); viene aperto il celebre viale Unter den Linden (1647) e come pure il canale tra l'Oder e la Sprea. Con l'ampliarsi della potenza politica degli

elettori di Brandeburgo, divenuti re di Prussia dal 1701, Berlino consolida il suo aspetto di

22 . Berlin ist dazu verdammt immer fort zu werden, und niemals zu sein. (Karl Scheffler, 1910).

23 La sentenza di Tafuri appartiene al suo intervento al convegno "Architettura e Storia", IUAV, Venezia, 13-14 novembre 1994.

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capitale: nuove e ampi viali (Wilhelmstrasse, Friedrichstrasse), piazze monumentali, grandi palazzi in pietra. La promozione dell'industria trasformò radicalmente la città nel giro di un secolo: dai 200.000 ab. del Settecento si arrivò, nel secolo seguente, a sfiorare i 2 milioni.

Quando nel 1871 Guglielmo I venne proclamato imperatore Berlino si estendeva secondo un tracciato stellare che seguiva le direttrici dei vecchi canali navigabili e delle linee ferroviarie, inglobando sobborghi e villaggi rurali; cominciò a dotarsi delle prime linee metropolitane e venne cinta perimetralmente dalla Ringbahn, anello stradale con un raggio di 10-15 Km.

L'edilizia privata, supportata dal grande asse viario della Kurfuesterdamm, si divise in questi anni tra la costruzione di sterminati agglomerati con alta densità di popolazione e di ville eleganti. Con la disordinata espansione dei sobborghi è ormai una città a grande densità proletaria: ne sono una dimostrazione le Mietkasernen, “caserme d'affitto”, case popolari strutturate in un sistema di cortili interni, ammassati gli uni agli altri, dalle condizioni igieniche pessime. Soltanto nel primo decennio del Novecento iniziarono a formarsi vere e proprie città satellite nella cintura periferica. Il periodo della Repubblica di Weimarfu contrassegnato dall'emergenza abitativa che portò nel 1920 all'attuazione del piano Mächler per la Grande Berlino (Gross-Berlin). Vennero inglobate 7 città satellite (Spandau,

Köpenick, Charlottenburg, Schöneberg, Neukölln già Rixdorf, Wilmersdorf e Lichtenberg) e incorporati amministrativamente oltre 50 comuni. L'area metropolitana passò da 65,7 a ca.

880 km² e fu divisa nei seguenti distretti: Mitte, Tiergarten, Wedding, Prenzlauer Berg, Friedrichshain, Kreuzberg, Charlottenburg, Spandau, Wilmersdorf, Zehlendorf, Schöneberg, Steglitz, Tempelhof, Neukölln, Treptow, Köpenick, Lichtenberg, Weissensee, Pankow, Reinickendorf. Il piano urbanistico affidava al centro la funzione direzionale amministrativa;

intorno a esso un elevato numero di complessi di edilizia economica e convenzionata, le cosiddette Siedlungen (come le Lindenhof e Hufeiesen progettate da M. Wagner e B. Taut o l'insediamento di Siemensstadt affidato ad H. Scharoun) e ancor più esternamente la

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costruzione delle aree produttive e quelle per il tempo libero che rappresentano tuttora la struttura del verde della metropoli berlinese. Con il regime nazista, che si ispirava a uno stile classicista funzionale al desiderato monumentalismo celebrativo, la città raggiunse la

maggiore espansione demografica della sua storia. Berlino uscì dalla guerra completamente distrutta e divisa in quattro zone di occupazione militare da parte delle potenze vincitrici:

America, Russia, Inghilterra e Francia. Nonostante la costruzione del Muro che nel 1961 diede vita a due Berlino nettamente distinte per appartenenza politica, sviluppo economico e culturale e, naturalmente, urbanistico e architettonico, la sfida della ricostruzione fece

divenire la città uno dei principali laboratori di architettura del sec. XX. Grazie a una ingente concentrazione di investimenti economici la parte Ovest della città diventò un unico cantiere a cielo aperto, mentre a Est i tentativi di modernizzazione architettonica e urbanistica

vennero fortemente condizionati dalle pressanti priorità della ricostruzione industriale e dell'aumento delle capacità abitative, risolti con l'adozione di enormi caseggiati, autentici falansteri della città collettivistica.Quando nel 1989 le due città vennero unificate, la decisione di ridare a Berlino il ruolo di capitale della Germania unita, come su esposto ampiamente, richiamò sulla città l'attenzione degli architetti di tutto il mondo che affollarono i molti concorsi internazionali, indetti per costruire il contesto urbano del nuovo millennio.

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Esempi costruttivi della ricostruzione della Hansaviertel, edifici abitativi

LE CORBUSIER

VAN BROEK - BAKEMA WALTER GROPIUS

ALVAR AALTO OSCAR NIEMEYER

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30 2.3 Il Lotto

Come specificato nel bando il lotto si trova nelle immediate vicinanze dello Zoo di Berlino.

Confina con la stazione dello Zoo ,con la biblioteca universitaria Volkswagen

e con un parcheggio di pullman., allo stato attuale la zona è dismessa e abbandonata, è un campo verde in disuso, stride rispetto al quartiere circostante essendo interessato da un'importante edificazione.

A prima vista sembra un annesso dello Zoo, il bando prevede l'eliminazione del parcheggio ,l'unificazione di tutta la zona eliminando tutti le costruzioni abbandonate presenti. Si percepisce anche la volontà di mantenere un continuum tra la parte verde dello zoo e il lotto infatti è specificato di mantenere una percentuale verde del 30%.

Dal punto di vista architettonico l'edificio più impattante a livello visivo è quello dello zoo, bianco e di forma triangolare, gli altri edifici si ammalgamano e mimetizzano con il

contesto. La biblioteca universitaria con pianta rettangolare è rivestita da laterizio rosso

e rappresenta l'edificio più grande e imponente che si affaccia sul lotto, ma grazie alla sua forma e colore si mimetizza.

L'accesso è assicurato da una strada secondaria che percorre tutto il lato lungo del lotto,

la strada passa sotto la ferrovia e si collega con la viabilità principale.

La zona è collegata al resto della città da un'efficentissima rete di trasporto pubblico che permette di raggiungerla mediante molteplici soluzioni, la più facile è sicuramente la fermata della metropolitana limitrofa al lotto.

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31 Vista 1 - lotto con edificio dello Zoo

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Vista 1 - lotto dai binari sopraelevati con edificio della biblioteca universitaria

Vista 3 - lotto con parcheggio dei bus e vista quartiere

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In conclusione il lotto è posizionato in modo strategico per la costruzione di un museo di scienze naturali, sia per la vicinanza strategica allo Zoo con il quale può scambiare funzioni,sia per il perfetto collegamento pubblico già esistente che permette di raggiungere il lotto con estrema facilità da qualsiasi punto della città. Importante è anche il contesto verde in cui si va a inserire che ovviamente enfatizza la funzione dell'edificio, in più essendo presenti anche altri musei e attrazioni nella zona risulta a livello turistico molto appetibile.

3. RIFERIMENTI

3.1.1 I Musei di scienze naturali

MUSEO DI SCIENZE NATURALE DI LONDRA

Le origini del Museo di Scienze Naturale risalgono al 1753, quando Sir Hans Sloane lasciò la sua vasta raccolta di curiosità per la nazione. Originariamente questo era ospitato nel British Museum, ma nel 1860 Sir Richard Owen che era incaricato della raccolta di storia naturale, aveva convinto il governo che un nuovo edificio doveva essere costruito. Nel 1862 venne cosi avviata la messa in opera del Museo di Storia Naturale dapprima da Fowke ed in seguito da Alfred Waterhouse il quale creò un nuovo design, modificando lo stile dal Rinascimento al Tedesco romanico. La bella Waterhouse edificio aperto al pubblico il 18 aprile 1881.

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Figura 2 Flying staircase , collegamenti interni

Quando questo straordinario edificio venne inaugurato nel 1881, venne salutato come un vero e proprio tempio della natura e Abbazia di Westminster degli animali. La “flying staircase” attraversa la sala centrale e offre un punto di vista eccellente. Come la maggior parte dei ponti, questo è stato costruito su una struttura in legno enorme per il supporto. La scala si basa su una struttura interna di ferro battuto. Nel concorso tenutosi nel 2001 per la Phase II, estensione del Museo di Storia Naturale, che ha visto la partecipazione di 60 studi

Figura 1 Waterhouse

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di architettura di tutto il mondo, il museo ha scelto C. F. Møller Architects cui ha assegnato l’incarico di sfidare la tradizionale percezione dello spazio museale e di progettare per il museo una struttura aggiuntiva veramente creativa e innovativa. Alla realizzazione del Darwin Centre Phase II hanno contribuito dieci anni di dialogo tra gli architetti e il personale del Museo di Storia Naturale, a cui si fa riferimento collettivamente come ‘il committente’.

Un committente esigente e ispirato ottiene un edificio ispirato e il Darwin Centre Phase II è il frutto di un percorso collaborativo che ha stabilito un nuovo termine di paragone per il modo in cui i musei fanno ricerca e interagiscono con il pubblico. Il Darwin Centre Phase II prende la forma di un “bozzolo” in cemento armato di otto piani, circondato da un atrio vetrato. L’architettura rispecchia il duplice ruolo del museo, da un lato grande attrazione turistica e dall’altro centro di ricerca scientifica di importanza mondiale, e riesce a far comprendere al pubblico la gamma e la diversità delle collezioni ospitate dal museo e il carattere d’avanguardia della ricerca scientifica che vi si svolge. Il corpo centrale, denominato Cocoon (bozzolo), sembra un grosso baco da seta e costituisce l’elemento centrale protettivo che ospita la collezione unica, che comprende 17 milioni di insetti e tre milioni di piante. In base alla forma e alle dimensioni della costruzione i visitatori si fanno un’idea della grandezza delle collezioni che ci sono custodite. Le sale espositive sono di classe mondiale, la regolazione di temperatura e umidità riduce il rischio di infestazioni parassitarie, al fine di garantire la conservazione delle collezioni per molti anni a venire. La massa termica esposta della struttura in cemento armato che viene bagnata continuamente mantiene stabili le condizioni climatiche interne minimizzando il carico energetico. Il pubblico accede al cuore scientifico del centro tramite un percorso visitatori che raggiunge e attraversa il Cocoon in cemento armato e si affaccia sulle aree scientifiche e espositive, in modo da poter osservare il lavoro di ricerca senza interromperlo.

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Figura 3 Il "bozzolo"l'ampliamento del museo

MUSEO DI STORIA NATURALE SAN FRANCISCO

Il nuovo museo di scienze naturali di San Francisco progettato da Renzo Piano[1] sorge nel parco del Golden Gate, tempio del movimento hippy. Il segno distintivo del museo è una sorta di prato sospeso al posto del tetto: una leggera ondulazione di colline erbose alta circa dieci metri sul suolo, come se un lembo di parco fosse stato sollevato per nascondervi sotto il mondo della scienza. In California è il prato che levita sopra terra, creando

un'intercapedine luminosa che dall'atrio si protende in direzione delle grandi sfere del

Planetario e dell'Acquario, in una drammatica sequenza di spazi bassi e di vuoti altissimi. Le ricchezze naturali del pianeta sono condensate in un solo edificio, l'unico luogo al mondo che offre nello stesso spazio un acquario, un planetario, un museo di storia naturale, e infine lo spaesamento esotico del viaggio dentro una immensa «sfera» di autentica foresta

tropicale. La copertura consiste in un manto verde dal profilo collinare, una delle innovazioni più avvincenti, per cui il museo si mimetizza e si lascia abbracciare dal

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bellissimo parco che lo circonda. Il tetto è coperto di centomila microcristalli sensori che captano l'energia solare, le cellule fotovoltaiche di nuova generazione. L'aria condizionata è stata abolita del tutto: si sfruttano i capricci del clima di San Francisco, dalle nebbie estive ai venti dell'oceano, per un condizionamento naturale che entra dalle finestre. Il tetto sembra volare sul terreno, è come una membrana che respira: vi si trovano un milione e mezzo di pianticelle, graminacee autoctone scelte perché non richiedono alcuna irrigazione. Le strutture in acciaio usano metallo riciclato al 95%. L'isolamento termico è costruito coi cascami di lanugine che sono gli scarti dei blue jeans: un altro omaggio alla storia di San Francisco, dove nacque la Levi's.

Renzo Piano credeva che che bisognasse trovare un modo più adeguato di comunicare al pubblico il senso della ricerca scientifica[2 e che per convincere i visitatori dell'importanza di rispettare e comprendere la Natura, l'edificio stesso doveva essere come un laboratorio.

Per questo, la linea di colmo del museo non avrebbe sorpassato i dieci metri d'altezza e, come un tappeto flessibile, avrebbe girato attorno alle alte sfere del planetario e

dell'acquario, costituendo la base per una serra all'aria aperta dove trapiantare alcune delle essenze originarie della California, prima che l'uomo intervenisse per trasformare il suolo arido della baia in un giardino. Nell'architettura di Piano il tetto è sempre stato una

componente essenziale per la definizione degli spazi e dei volumi: a San Francisco il tetto è però vivente, metafora costruita di un'architettura che si presenta come un organismo capace di respirare e di trasudare: rifiutando la pratica modernista del contenitore sigillato, il centro non ha aria condizionata e la caratteristica più rivoluzionaria è costituita dalle maniglie delle grandi vetrate dei laboratori, apribili alle brezze della baia.

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Figura 4 L'interno di una biosfera

3.2.1 Il verde in architettura

Sempre più spesso la città moderna densamente urbanizzata non è più capace di offrire spazio per un prato verde. Ecco che in molti casi la tecnica botanica può aprire nuovi orizzonti con il verde verticale. Nel paesaggio urbano è una opportunità che permette di aumentare la presenza di aree naturali in città, coniugando valorizzazione estetica ed ecologica, oltre ad un miglioramento dell’aspetto estetico dell’edificio, una buona schermatura solare e un raffrescamento degli ambienti interni nel periodo estivo, che comportano la riduzione di consumi energetici ed il miglioramento del microclima circostante. I rivestimenti vegetali da parete stanno conoscendo uno sviluppo crescente sempre più mirato alla simbiosi tra natura e architettura.

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È di fatto in atto una rivalutazione culturale del verde e del ruolo della vegetazione nel tessuto urbano, la quale si basa su norme che da una decina di anni varie città stanno mettendo a punto sui più generali meccanismi di trasformazione del suolo e del territorio, nei quali la vegetazione è uno dei fattori fondamentali: Berlino (fin dal 1980), Malmoe (2001), Bolzano (2004), Modena (2005) e diverse altre città hanno individuato i parametri su cui agire per contenere l’impatto ambientale riferito a permeabilità dei suoli, consumo di energia, microclima, abbattimento inquinanti. Sui Tetti Verdi, cioè le forme di copertura più o meno vegetale, esistono oggi molteplici esperienze e verifiche oggettive di sostenibilità, derivanti dalle capacità e prestazioni ambientali, tanto da farli rendere obbligatori in alcune normative urbanistiche. Il Verde Verticale, invece, pur presente in forme semplificate in molte civiltà insediative anche antiche, è di più recente sviluppo e per ora legato più ad aspetti di immagine che a rigorose valutazioni ecologiche ed energetiche. Gran parte delle realizzazioni più note, come i celebri Murs Vegetals di Patrick Blanc (che li ha brevettati negli anni ’80), sono legate ad apparati complessi con alte necessità di controllo e gestione nel tempo, oltre che di apporti energetici. La continua ricerca e il successo commerciale delle pareti verdi ha contribuito a trovare nuovi materiali e modalità di assemblaggio

(pannelli di sostegno, membrane e substrati vari, impianti di ferti-irrigazione), contenendone sempre più i costi, ma sempre rimanendo legati alla tipologia iniziale di Blanc, per cui il costo di realizzazione finale non si discosta molto dai 600 agli 800 €/mq. Ovviamente esistono tipologie anche molto semplici e semplificate, a partire dalla tradizionale copertura di pareti con un rampicante (dalla classica vite del Canada alle più esigenti edere e ficus), che possono aderire direttamente alla facciata oppure essere ospitate e sostenute da una struttura normalmente metallica tenuta ad una certa distanza per motivi di aerazione e coibentazione, i cui costi rimangono comunque molto inferiori rispetto al Mur Vegetal.

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40 3.2.2 Le pareti verdi aspetti positivi e negativi

Il mondo produttivo sta oggi mettendo a punto delle tipologie industriali di “chiusure verticali” che riducano le caratteristiche artigianali del Mur Vegetal, e i suoi relativi alti costi, ma queste soluzioni per ora non si discostano dalla impostazione di fondo né dai suoi alti fabbisogni energetici. In un complessivo bilancio di sostenibilità infatti, che valuti tutte le risorse necessarie alla realizzazione e manutenzione (idriche, monetarie, di embodied energy, gestionali), confrontandole con i suoi contributi attivi e passivi di efficienza ed efficacia ambientale (assorbimento CO2 e inquinanti, coibentazione, ombreggiamento, inerzia termica) il verde verticale mostra per ora risultati non positivi. Studi scientifici recenti ci indicano che la ricerca deve indirizzarsi verso la massima semplicità costruttiva e sui substrati di coltivazione che con il loro contenuto di aria e di acqua sono i maggiori responsabili della efficienza e della inerzia termica dei muri vegetali.

Molto importante per la piena riuscita di una parete verticale è una accurata progettazione, capace di mantenere in sintonia gli aspetti architettonici con quelli botanici, partendo dalla scelta del rivestimento vegetale e del sistema di ancoraggio fino all'impianto di irrigazione e drenaggio.

L'adozione di sistemi di inverdimento introduce nei manufatti edilizi dei veri e propri elementi di interazione del complesso architettonico con l'ambiente circostante, in aggiunta alla forte e importante connotazione visiva.

I sistemi di verde verticale per l'architettura urbana migliorano la qualità percettiva dell'ambiente costruito e sviluppano interessanti potenzialità funzionali per l'involucro edilizio dal punto di vista bioclimatico. Inoltre possono sviluppare particolari cromatismi sfruttando le variazioni stagionali e le fioriture.

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Le pareti verdi possono adattarsi al contesto ambientale ed alla morfologia dell’edificio, modificando la scelta della vegetazione e del sistema di sostegno. I sistemi più moderni adottano per lo più il metodo indiretto per evitare il problema delle radici delle piante che possono danneggiare le strutture edilizie.

3.2.3 Sistemi costruttivi

I sistemi costruttivi che consentono di realizzare dei rivestimenti verdi sono sostanzialmente due:

Sistema integrato all'involucro architettonico

Questa tipologia è funzionale allo sviluppo di vegetazione ricadente con presenza di un substrato modulare (costituito da cassetti che contengono lo strato vegetale su cui crescono le piante), oppure piano (realizzato con materiale tessile che sfrutta le caratteristiche della coltivazione idroponica senza utilizzo di suolo). Il primo sistema necessita di una accurata verifica della capacità di carico statico della facciata, dato il maggior peso del sistema (min.

150 kg/m², considerando il carico neve, vento e rugiada/pioggia). La seconda tipologia utilizza una parete vegetale leggera, grazie ad una membrana autoportante, integrata al sistema di fertirrigazione, in grado di sviluppare uno spessore totale di pochi centimetri.

Sistema sovrapposto alla parete perimetrale

Il sistema è costituito essenzialmente da graticci in acciaio ancorati alla parete che consentono di realizzare una struttura di sostegno per rivestire con essenze vegetali

rampicanti le pareti esterne di un fabbricato. Il sistema di facciata verde può essere legato al suolo con elementi modulari, oppure prevedere delle mensole di sostegno ai vasi, a cui si aggancia la griglia metallica. Il sistema di ancoraggio e tassellatura deve essere verificato in funzione della capacità di carico statico della facciata.

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Una struttura complessa richiede un accurato lavoro di progettazione per ottenere un prodotto affidabile, sano e di semplice manutenzione. I principali parametri da valutare sono:

- integrazione nell’edificio

- analisi climatica

- analisi delle condizioni ambientali specifiche

- scelta delle essenze vegetali

- sistemi di supporto

- gestione idrica

- illuminazione ed esposizione solare

- piani di manutenzione e costi di gestione

Gli effetti positivi sono numerosi, a partire dalla capacità di migliorare sensibilmente l'aspetto estetico dei prospetti degli edifici.

Il verde verticale protegge la facciata dagli agenti atmosferici e dagli sbalzi termici prodotti dall'irraggiamento oltre che proteggere l'involucro edilizio dall'infiltrazione della pioggia negli strati interni più prossimi alla superficie muraria.

Analogamente a quanto avviene per le coperture a verde, anche le pareti vegetate possono costituire un ottimo filtro per le polveri inquinanti ed, allo stesso tempo, rappresentare un prezioso habitat per l'avifauna attratta da bacche e frutti.

L'impianto di irrigazione è un aspetto estremamente importante per i sistemi integrati all'involucro: deve garantire una diffusione omogenea dell'acqua ed essere totalmente

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automatizzato e nascosto alla vista. Nei sistemi idroponici la fertilizzazione è automatizzata con l'introduzione di fattori che arricchiscono l'acqua con elementi nutritivi, fungicidi e antiparassitari.

Occorre sottolineare come questo tipo di realizzazione richieda un notevole investimento ed una adeguata manutenzione per assicurare la necessaria durata nel tempo e mantenere inalterata la bellezza dell'installazione originaria. Risulta quindi estremamente importante il progetto del programma manutentivo per il mantenimento in efficienza del sistema e la vita delle specie messe a dimora.

Il dato che "per ogni tetto ci sono quattro pareti" ci dà immediatamente il quadro delle grandi proporzioni di questo mercato e della sua potenziale efficacia in relazione ad elementi come la dispersione e assorbimento di calore, e gli interventi di inverdimento interno senza sacrificare lo spazio abitabile, o esterno, in assenza di ampi spazi circostanti.

3.2.4 I benefici

Le previsioni relative allo sviluppo dell’utilizzo di pareti verdi sono quelle di un mercato che non si basa solo su un trend estetico, ma è strettamente legato all'imperativo ecologico di risparmio energetico, di mitigazione ambientale e della riduzione dell'inquinamento dell'aria, acustico e visivo. Queste ed altre importanti caratteristiche qualitative delle pareti verdi sono state scientificamente convalidate sia nelle applicazione in esterno che in interno.

Importanti ricerche effettuate in contesti urbani e luoghi pubblici come uffici, ospedali, scuole dimostrano gli effetti positivi delle piante sulla salute fisica ed emotiva.

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Un giardino verticale oltre che produrre un immediato, gradevole effetto estetico, produce una serie di benefici ambientali molto interessanti:

- Potere isotermico e di protezione: le pareti verdi irrigate proteggono i muri dei fabbricati dai raggi solari, consentono di rinfrescare naturalmente i muri maestri (da –7° a—15°) migliorando così il bilancio termico di un edificio, il consumo di energia può dunque essere ridotto sia in estate che in inverno in modo significativo.

- Protezione antirumore: alcune tipologie di pareti verdi, grazie alla loro densità ed alla loro struttura, offrono caratteristiche di isolamento e di assorbimento acustico. In questo modo migliorano la qualità della vita recando una sensazione di confort non soltanto con il loro aspetto visivo ma anche con la riduzione dei rumori ambientali.

- Trattamento delle polveri sottili - assorbimento CO2: essendo materiale vegetale in buona parte sempreverde, ha la capacità di trattenere le polveri sottili presenti in atmosfera oltre a fornire un importante assorbimento della CO2 grazie alla fotosintesi clorofilliana.

- Rispetto dell’ambiente: grazie al sistema modulare composto da Greenbox® il principio di reversibilità è rispettato perché un muro vegetale può essere facilmente smontato e i suoi componenti utilizzati per il compostaggio (substrato e piante) e/o riciclati (acciaio) al termine del ciclo di vita del prodotto.

- Valore terapeutico: è risaputo e scientificamente provato il valore terapeutico di vivere a contatto con la natura ed in modo particolare con i vegetali e gli aromi. Gli essudati delle piante hanno aspetto positivo sia sulla psiche sia sulla malattie allergologiche.

- Risparmio d’acqua: grazie all’utilizzo di substrati con grande capacità di ritenzione

dell’acqua, che possono assorbire fino a venti volte il loro peso, le piante possono resistere a elevate temperature, alla siccità, venti caldi e all’eventuale interruzione dell’irrigazione nel

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limite di 48/72 ore secondo il tipo di piante utilizzate. Il sistema di irrigazione integrato composto da tubi con microsgocciolatori anti-colmatura comunemente utilizzati per l’agricoltura, consente un particolare risparmio di acqua.

Questo sistema permette un rifornimento d’acqua anche con debole portata ed assicura una ideale idratazione, filtrando per gravità attraverso il substrato. L’acqua in eccesso è

recuperata alla base del muro, convogliata verso una vasca di raccolta, poi nuovamente distribuita nei muri.

Progettare e realizzare il verde verticale significa intervenire sulle facciate degli edifici, considerandole come superfici adatte allo sviluppo della vegetazione allo stesso grado delle superfici tradizionali.

Naturalmente siamo di fronte a esigenze estetiche e tecniche diverse: le facciate verdi sono in genere richieste per mascherare una costruzione o al contrario per dare un effetto

scenografico alle pareti di un edificio e richiedono particolari accorgimenti per lo sviluppo ottimale della vegetazione..

Che le piante siano l'arma naturale più potente per combattere l'inquinamento atmosferico si sa. Tuttavia la novità che sta invadendo ora le nostre città non sta molto nella creazione di aree verdi, ma nel migliorare i cosiddetti canyon urbani sul posto, ovvero tappezzare le pareti degli alti edifici che costeggiano lunghe strade di un manto erboso. I canyon urbani sono le aree più critiche delle città: qui si amplificano le concentrazioni di sostanze

inquinanti, che scendono poi sino al livello stradale e vi rimangono a causa della mancanza del ricambio d’aria. In questo contesto i green walls funzionano da depuratori dell’aria su larga scala, da installare su entrambi i lati della strada.

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3.2.5 Patrick Blanc come riferimento alla progettazione

Il pioniere dei giardini verticali è stato Patrick Blanc, un botanico e studioso parigino in grado di rivestire facciate ed aree, pubbliche e private, di Parigi, Londra, Madrid, Bangkok, New Delhi, Taipei e anche Milano (Caffè Trussardi), per citare alcune città.

Figura 5 Svizzera, residenza privata, Patrick BLanc

Figura 6 CapitaLand, Singapore Patrick Blanc

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Figura 7Düssmann KulturKaufhaus, Berlin Patrick Blanc

Figura 8Jean Nouvel, Sofitel Vienna Stephansdom Stilwerk

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Figura 9L'OASIS D'ABOUKIR, PARIS, ANGLE RUE D' ABOUKIR - Patrick Blanc

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4. IL PROGETTO

4.1 Premesse alla progettazione

La tesi verte sulla progettazione di un museo di scienze naturali a Berlino.

Le linee guida per la progettazione sono state individuate nel bando di concorso indetto dalla società Awr di Roma ( in allegato al capitolo1), società che con vari gemellaggi con università italiane e straniere promuove concorsi di idee nei settori della grafica, design, architettura. Il bando individua il lotto dove costruire e ne delimita la zona, questa si trova ad ovest del parco Tiergarten, nelle prossimità dello zoo e all'uscita della fermata

"Zoologischer garten". Nel quartiere i punti più importanti di riferimento sono la stazione con la sua personalissima architettura, legata in parte a quella degli edifici dello zoo, lo zoo e la strada kurfurstendamm. Dal punto di vista architettonico l'area rappresenta un aggregato eterogeneo dove ad un'architettura rigorosa (Waldorf-Astoria)

si lega ad edifici di poco valore architettonico adibiti al commercio,

Il quartiere comunque rimane molto verde e restituisce una sensazione di luogo a misura d'uomo nonostante la vicinanza di kunfusterdamm con le grandi catene di abbigliamento.

Dal punto di vista architettonico è facile notare la completa assenza di linee curve e del colore a vantaggio del cemento, intonachi chiari e forme regolari.

Per quanto riguarda lo skyline noto una grande eterogeneità tra edifici a due piani , il ' Waldorf Astoria è l'edificio più alto, domina il contesto.

Il lotto in esame allo stato attuale risulta essere un campo abbandonato confinante con lo zoo, la ferrovia, un parcheggio dei pullman, edifici della Volkswagen; risulta quindi ben definito, ma essendo inserito in un contesto verde si può pensare che sia un annesso dello Zoo.

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Il bando di concorso impone che nel progetto finale sia presente un 30% della superficie totale adibito a verde pubblico.

Questo manifesta la volontà di creare un unicum con il parco dello Zoo, il bando stabilisce le funzioni chiave da inserire nel progetto:

- Hall + Biglietteria - Guardaroba -Caffè + bookshop - Biblioteca

-Area espositiva permanente -Area espositiva temporanea -Auditorium

-Uffici -Laboratori

- Centro di ricerche -Magazzino

non ci sono limitazioni alle altezze degli edifici.

4.1.1 Considerazioni personali

Non essendoci un forte "genius loci" ed essendo il quartiere caratterizzato da una forte eterogeneità mi sono sentito libero di pensare l'edificio secondo i miei stilemi.

La volontà era quella di mantenere il connotato verde della zona, rendendolo però accessibile a tutti e non solo di pertinenza degli edifici circostanti.

Facendo anche uno studio su i musei presenti nella zona, mi sono reso conto che la gran parte di questi musei sono chiusi in se stessi e sono figure aliene rispetto al circondario.

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Volevo creare, quindi, un edificio aperto verso l'esterno che non fosse solo un contenitore,ma anche un catalizzatore ,che riuscisse a catalizzare il grigio e il razionalismo esasperato del quartiere.

Per ovviare quindi alla monotonia visiva che si avverte ho pensato di progettare un edificio che non fosse del tutto alieno al contesto, ma che anzi si riuscisse a mimetizzare e che invogliasse il visitatore a scoprirlo, quindi puntando tutto sul cambio di percezione visiva e su un tipo di scenografia elegante,ma impattante all'occorrenza.

Il tutto è possibile sintetizzarlo con la volontà di creare un ambiente dinamico, non tanto nelle forme, quanto nella sua fruibilità e nel suo adattarsi all'immaginazione dell'osservatore.

L'idea di non creare forme aliene e troppo amorfe deriva dal volere creare un unico spazio armonizzato con il quartiere e quindi realizzare un progetto che non si chiudesse su se stesso,ma che fosse aperto e che riuscisse a reagire alla carenza di colore del contesto.

Reagire nell'accezione di resilienza, con le sue trasparenze e la sua struttura dovrebbe inglobare la luce e il grigio circostanti per restituire una visione colorata, naturale e incuriosire l'osservatore.

La mia personalissima osservazione sul quartiere e sulla città si incentra sull'aspetto architettonico dove l'alternarsi di una notevole qualità architettonica si lega ad una forte disunione di forme e di funzioni. La sensazione che mi scaturisce è quella di un non luogo,una serie di architetture high-tech con soluzioni costruttive d'avanguardia, ma ognuna che costituisce un micro sistema sociale come se fossero tutte isole, parte di un sistema città del quale però si disinteressano.

Naturalmente essendo Berlino una città atipica in tutto e per tutto, vuoi per la sua storia vuoi per le scelte architettoniche degli ultimi anni è più che giustificata la conformazione attuale, ma quello che mi pare è che i luoghi più vivi e più vivibili siano

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quelli non toccati dalle nuove costruzioni, dove la stratificazione sociale e la naturale evoluzione dei servizi e delle esigenze abbiano modellato il luogo.

Un luogo inteso come spazio con una propria identità , con servizi e funzioni ben amalgamati con la quotidianità, probabilmente dal punto di vista estetico e igienico mostrano forti carenze, ma è percepibile la città e la comunione tra le persone.

Se è vero il vecchio adagio che recita "la diversità porta crescita" trovo più città nell'architettura spontanea dei quartieri meno centrali che nei quartieri interessati dalla nuova architettura.

La forte dicotomia architettonica tra la città, destabilizza il primo visitatore, non si percepiscono limiti, il centro e l'estensione dei luoghi , questo conferisce una sorta di sorpresa continua e spesso la sensazione di non trovarsi in una capitale Europea, ma in una città a misura d'uomo.

Il tutto crea un mix affascinante che spinge sempre a scoprire dietro la prossima strada cosa si nasconde.

4.2 Fase progettuale

Traducendo in materia queste osservazioni personali ho pensato ad un progetto che cognugasse queste peculiarità, che fomentasse la curiosità dell'osservatore, che fosse aperto verso il quartiere, che fosse umile rispetto al contesto, ma che sapesse emozionare con la possibilità di scenografie insolite.

Ho scisso il dinamismo in visivo e funzionale, il primo che regali emozioni il secondo che sia malleabile rispetto alla funzione finale di museo.

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53 4.2.1 Dinamismo funzionale.

Ho pesato di dividere in due percorsi il museo, da una parte il percorso espositivo dall'altra i servizi e le funzioni di ricerca, entrambi i percorsi attraversati da doppi volumi che muovono lo spazio, permettono scorci inattesi e libertà espositiva.

La parte espositiva è attraversata da un percorso, una specie di ponte, di altezza variabile con una variazione dell'8% ogni 10m, questo attraversa le varie stanze.

Il percorso è movimentato nelle tre dimensioni creando delle nicchie per le proiezioni e incastrando nella sua struttura delle bolle di acrilico con ecosistemi particolari.

Ogni ecosistema ha una vegetazione specifica, l'intero sistema di condizionamento è portato da infrastrutture presenti nello spessore del collegamento.

Il ponte ha una struttura in acciaio rivestita in legno liquido, il legno liquido creato con materiali riciclabili viene gettato in casseforme in modo da ottenere la modellazione desiderata, i vantaggi sono evidenti, materiale completamente riciclato, completa malleabilità delle forme, resistenza e costo.

La particolare modellazione del collegamento permette un continuo cambio di prospettiva e quindi della percezione delle forme intorno e della materia.

Nella parte adibita ai servizi i doppi volumi permettono agli ambienti di realizzare un continuum verticale e una concatenazione tra piani orizzontali consecutivi, il risultato è quello di un ambiente di difficile lettura che invita ad una scoperta e a rimpiazzare con l'immaginazione quello che l'occhio non riesce a visualizzare del tutto.

La forte spazialità dell'edificio porta ad avere openspace eliminando corridoi e zone di filtro.

I due percorsi si incontrano nella hall di entrata , una zona che distribuisce le funzioni , funge da filtro per l'entrata nell'edificio con guardaroba e zona per i biglietti.

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