PER MONSIGNOR
CARLO
VESCOVO DI FAMAGOSTA
VICARIO
GEliTERALECAPITOLARE
DIMILANO
COiVSULTO LEGALE
DELL’AVVOCATO
PIER CARLO ROGGIO
TORINO
TIPOGRAFIA F. FA
VALE
E COMP,1864
.Digitized by thè
InternetArchive
in
2016
https://archive.org/details/permonsignorcarlOObogg
I.
Posizione della questione.
Monsignor
Caccia è colpevole di atto di abuso per ilqualegli si
debba
infliggereuna
pena; o il qualealmeno
, renda necessario, e per conseguenza, legittimo lo allontanamento diMonsignor Caccia dalla Diocesi ed il sequestro delle sue tem- poralità?
In queste due
domande
si riepiloga e concreta tutto il si-stema
dell’accusa sulla quale il senno e la giustizia dello ec- cellentissimo Consiglio di Stato dovranno fra breve pronun- ciare.Le
Requisitorie fiscali affastellanouna
congerie di imputa- zioni fra loro disparate e diverse controMonsignor
Caccia.« Monsignor Caccia, dicono leRequisitorie,
abbenchè uomo
d’indole quieta e di
animo
mite, e devoto alGoverno, echia-mato
con pubblico plauso aU’uflicio di Vicario CapitolareGe- nerale, ed eletto dalla parte liberale e veramenteitalianadel4
Capitolo in odio alle pretese ed agli influssi austriaci, alcuni mesi innanzi la guerradel 1859;
— Monsignor
Cacciaèuomo
nemico delRe
e della Patria, perchè protestò con tutti gli altri Vescovi diLombardia
contro l’abolizione del Concor- dato, ed uni, richiesto, la sua firma a quella di tutto loEpi- scopato Lombai-do nelle varie occasioni nelle quali questi credette necessaria alcuna rappresentanza alGoverno
del Re; perchènon
favorìuna
Società così detta del Clero ita- liano liberale; ed allo indirizzo dei Seminari prepose gli Oblati; e conferisce i Benefizi che vacano a preti retrivi; e non vuole si celebrino le Feste nazionali dello Statuto e delRe
; eha
dato causa ai tumulti sanguinosi di Viarenna; e nega la investitura ai tre Canonici proposti dalGoverno
;e pose lo interdetto sull’Oratorio di S. Luigi; e
non ama Don
Passaglia ed i suoi fidi; e fece
una
pessima scelta diPro-Vicario in Monsignor Pcrtusati; e con tutta questa serie di colpe e di improntitudini si meritò la generale ani- mavversione dei Milanesi , affermata
da un
indirizzo cheha
raccolte 800 firme. ««
Dunque
si concbiude, è reo di abuso;dunque
laPub-
blica Sicurezza, leggesuprema
dello Stato, autorizzò ilGoverno
a sequestrargli le rendite, e rende urgente , inevi- tabile il suo allontanamento dalla Diocesi. »Se la molteplicità delle accuse facesse fede senz’altro della verità e gravità loro ,
non
potrebbe esserci luogo a dubbio sulla sorte dovuta a Monsignor Caccia.Ma
qui anzitutto si affacciauna
avvertenza preliminarecheemerge
e dalla Requisitoria stessa, e dai documenti che laaccompagnano
, e dalle deliberazioni già prese dallo stesso Consiglio di Stato Eccellentissimo.L’autore delle Requisitorie si mostra per
modo
convinto della reità del àlonsignor Caccia che non esita a chiedere sipronunzi il di lui allontanamento con prontezza, ossia
sema
far luogo a comunicnsionig^reamhole.
E
questo in data 9 febbraio 1801.Chiede in altri termini che Monsignor Caccia venga con- dannato,
non
solo senza essere ascoltato,ma
senza neppure essere reso avvertito che lo si processa!!Il Ministro Guardasigillinella sua istanza e nelle sue Istru-
5 zioni è andato anchepiù in là (1
1 gennaio e 0 febbraio 1864)
Ha
scritto in esse che già egli aveva « sospeso ogni as-« segno a Monsignor Caccia ed alla Curia , sulla
Mensa
« arcivescovile, ed inviato
un telegramma
al signor Prefetto« in Milano conistruzione che ove vedesseminacciata latran-
« quillità pubblica dalla presenza di
Monsignor
Caccia nella<t Diocesi, gli intimasse l’ordine di qui condursi, e incaso di
« resistenza vel facesse tradurre per essere tenuto a disposi- zinne del
Governo
, nella casa dei Barnabiti , finche fosse a altrimenti deciso.Ma
siffatte disposisioni richieste dalla« urgsnte necessità di tutelare la pace pubblica in
una
rag-« guardevolissima città del Regno, e di assicurarvil’esercizio
« delle ragioni dell’Autorità civile a petto della esorbitanza
« dell’xàutorifà ecclesiastica,
hanno
bisogno diessererafforzate« e consolidate a
norma
delle vigenti leggi, perchènon
pos-« sano essere tassate di arbitrio. «
Dopo
queste premesse il Ministro conchiudedimandando
sia convalidato il sequestro(già
da tempo
ordinatoda
luied
eseguito) e venga decretato lo allontanamento di Monsi- gnor Caccia dalla Diocesi.Questo
modo
di porre la questione, combinato anche colla opposizionead
ogni comunicazione preambola, tradisce nel pensiero del Ministro la intenzione che la instanza sua al Consiglio di Stato sia nulla più cheuno
spediente per co- prire la propria responsabilità, interrogando a fatti compiuti(
almeno
quanto al sequestro) quell’ autorevole Consesso al quale invece sarebbe esclusivamente spettato di assumere la iniziativa.E
convien credere che il Consigliodi Stato,essomedesimo,
abbia ravvisato ilprocederedelGoverno non
abbastanzaplau- sibile e giustificato, dacchénon
tenuto conto diuna
pretesa urgenza smentita anche dalle date stesse degli atti;—
e re- spinta la pretesa, in verità singolarmente strana, chesipro- nunciasseuna condanna
e la si eseguisse senzaneppure
dare avviso del processo all’accusato;
—
ordinò invecela comuni- cazioneaMonsignor
Cacciadella istanzacontro di lui diretta, e procedendo poscia con quella larga e salutare imparzialità che costituisce la morale efficacia, e la sociale utilità delle decisioni dei Magistrati, accordòun
competente termine per6
la difesa all’accusato
, e prescrisse gli fosse data comunica- zione di tutti i documenti dal Ministero prodotti a sostegno della accusa.
Questo
modo
di procedere, (cheè del resto nelle abitudini di questo Magistrato,come
ne fa testimonianza anche ilgiudizio che ebbe luogo in ordine a Monsignor Vescovo di
Bergamo)
mentre èuna
prova luminosa della alta indipen- denza e giustizia del Consiglio di Stato,ha
pure, nel caso concreto, questa speciale signifìcanza essersi già il Consiglio di Stato tonnato il concetto, cheipericoli e laurgenza accen- nate nella istanza Ministeriale e nelle Requisitoriefiscalio fu-rono sin da principio esagerate, o se non altro, sonosidi poi dileguate.
Il che ci apre la via a trattare le due questioninellequali questo giudizio si compendia, con quella piena libertà di spi- rito e di apprezzamento, che non sarebbe statapossibile sei fatti apposti a
Monsignor
Caccia si fossero dovuti giudicare sotto la pressione e la minaccia dei disordini imminenti.11.
Gli articoli 10, 20 c 21 della legge 30 ottobre 1859 sul Consiglio di Stato.
Senonchè
prima
di scendere alla analisi dei fatti è neces- sità soffermarsiun momento
sulla interpretazione che le Re- quisitoriepropongono
degli art. 10, 20 e 21 della legge 30 ottobre 1859 sul Consiglio di Stato.« Rivolti a tutela dello Stato in tempi di lotta contro
Au-
« torità che
combattono
inmodi
indefinibili, era d’uopo cheV. indefiniti rimanessero i
modi
delia difesa. Conseguentemente« nessun vincolo di specificazioni, nè di determinazioni fu
« posto; nessuna
forma
di procedimento iu prescritta,furono« indicati,
non
categoricamente definiti, imodi
dellacensura« e della repressione. »
7 In veritàènecessario l’ileggere similidichiarazioni per poter credere che
dopo
ormai sedici anni di vita costituzionale, co-sifi'attc teorie osine formularsi nel libero
Kegno
d’Italia.E
cresce la meravigliaquando
si riflette che è innome
delCapo
della Giustizia, ed è in presenza diun Supremo Ma-
gistrato, e in occasione di
un
procedimento di carattere pe- nale, che si vengono formulandoconcetti, lacidultimaespres- sione viene a significare essere presso di noiabbandonata
al- l’arbitrio, eslege edabnorme
, tutta la materia gelosa ed importantissima, delle relazioni fra la Chiesa e lo Stato!Fortunatamente coteste teorie sono senza pericolo
quando
si producono innanzi al Consiglio di Stato
, perchè il senno di questo illustre Consesso
non
indugia a farne giustizia.E
così è avvenuto anche questa volta.Le
Requisitorie aveano premesse quelle dichiarazioni per trarne il corollario che controMonsignor
Caccia si do- vesse procedere senza leforme
tutelari; e il Consiglio di Statoha
respinto questadomanda
del Ministro. Il che è pe- gno sicuro verrà anche eliminata quell’altra parte della pre- tesa fiscale, per la quale,quando pur non
fossevi materia a dichiarare verun atto di abuso, dovrebbe tuttavia confer- marsi il sequestro della temporalità e pronunciarsi l’allonta-namento
instato.Dimentica
forse l’autoredelle Requisitoriecome
il rimedio degliAppelli per abusonon
siauna
invenzione moderna, im- maginata per il presente stato di lotta, com’esso dice,ma
sìinvece abbia radici lontanissime nella nostralegislazione.
Basti all’uopo il ricordare
come
ilDuca
diSavoia,Emanuel
Fihberto, nelle antiche Provincie, avesse fin dal 3 aprile 1560 promulgato uno speciale
Regolamento
sulla materia(1);come
successivamente (2 luglio 1729, Istruzioni del 1770 e 1771)(2), i nostri Principi mantenesseroin vigore quelle prescrizioni, e le venissero applicando e completando.(1) Boggio, Chiesa e Stato, Voi. If. pag. 276.
(2) Ib. pag. 280 e seg.
8
Promulgato
lo Statuto nel 18-18, si dubitò se potessero gli Appelli pera?n(S'0conciliarsi col nuovonostro Diritto pubblico.E
il Consiglio di Stato, con parere 5 febbraio 1f>50, opinò che sotto ilHvgghne
costituzionale ilRe
possa continuare a provvedere come per lo addietro direttamente, o permezzo
di Magistrati per impedire,SECONDO LE USATE FORME,
che lesentenze o provvedimenti delle Autorità Ecclesiasticheabbiano
effetto a
danno
DEI dirittidello stato,
o dei cittadini.E
si tu appunto in seguito a questo pareredel Consiglio di Stato, che si applicò lo appello perabuso a Monsignor Fran- soni ed aMonsignor
Marongiu. (I)Nel 1850 gli autori della legge sul Consiglio di Stato, fra
i quali era il chiarissimo Professore di Dirittocostituzionale, Cavaliere Melegari, che cosa si proposero cogli articoli 19, 20 e 21V
Di
creare forseun
nuovo diritto in questa materia?No,
ma
semplicemente di trasferire nel Consiglio di Stato quella giurisdizione per gli appelli di abuso cheprima
spet- tava alle Corti di Appello.Non
intesero pertanto di creareuna
potestà senza esempi e senza precedenti, la quale fosseuna
negazione dello Sta- tuto, ed avesse in sua balia la Chiesa e gli Ecclesiastici, ed a suo capriccio conmodi
indefiniti procedesse a misure di repressione,anchequando mancasse
ogni carattere di abuso.Tanto meno
potevano gli autori di quella legge aver tale intendimento, in quanto essa doveva pure applicarsi inLom-
bardia, dove, in ordine all’appello per abuso, le stesse
mas-
sime, aun
dipresso, eranoda
secoliin vigore,introdottevisin dai tempi dellaDominazione
Spagnuolae confermateda Maria
Teresa (2).(1) Opera citata, voi. I, pag. 323 e scg.; voi. Il, pag. 73 e seg.
(2) Ib. voi. H, pag. 78.
—
Già ai tempidelRe Alfonso detto il Savio, era massima del diritto pubblico spaglinolo » que el Rey es Vicario de Dios en el imperlo para hazer juslicia en el temporal, corno lo cs elPapa en el spiritual, d
Può anche vedersi su questo argomento la recente e pregiatissima opera di Edmosd PrésseiVsé pubblicata in marzo 1864 col titolo: VÉ-
giiseet la Rcvolulion francaise.
9
Nè
in verità saprebbesicome
conciliare lanovissima teoria delleRequisitorie coi caratteri delGoverno
costituzionale, alla essenza del quale si appartiene che la responsabilità ministe- riale stia a guarentigia della osservanza delle leggi e dei di- ritti dei cittadini.La
teorica delleRequisitorie sconvolgerebbeed annullerebbe questa precipua base del reggimento costituzionale.Il Ministro Guardasigilli
ha
ordinato dipropriocapoe senza consultare comecchessia ilConsigliodi Stato, il sequestrodelle temporalità diMonsignor
Caccia:ha
per telegrafo prescritto al Prefetto di allontanarlo anche di viva forza dalla Diocesi, se lo,reputi necessario.Sta bene: il Ministro era certamente io diritto di fare tutto questo,
ma ad una
condizione; che ciò tutto si intenda fatto sotto la sua responsabilità.Invece egli ora si rivolge al Consiglio di Stato e vorrebbe che questi, sostituendosi, in certo
modo,
a luimedesimo,
co- prisse col proprio voto e il Decreto di sequestro, e gliordini dati al Prefetto: più, prendesse la iniziativa del reale allon- tanamento di Monsignor Caccia dalla Diocesi.E
questo è cherepugna
affatto alla essenza stessa delGo- verno costituzionale.Nessun
dubbio che il Consiglio di Stato era ed ècompe-
tentissimo per pronunciare e sul.sequestro e sullo allontana-mento
, previo procedimento normale, e servateleformedalla legge prescritte, coerentemente a ciò cheda
secoli si vien praticando.Ma
è del pari fuori di dubbiocome
il Ministeronon possa con ragione pretendere che per coprire la propria responsa-bilità, il Consiglio di Stato
assuma
ora sopra di sè ogni atto di censura o di repressione, che,prima
ancora di consultarlo, abbia ilGoverno
consumato.D’onde
il corollario che la questione vuol essere, a tenore dello Statuto e dellalegge,postainmodo,
che,astrazionefattada
ogni precedente operato del Governo, il Consiglionella sua sapienza e giustizia giudichi«seMonsignor
Cacciaabbiacom-
«
messo
alcun atto abusivo,in conseguenzadel quale debbasiIl applicargli
una
sanzione penale, oper il quale si possa cre-II dere minacciata così la sicurezza pubblica
da
rendere ne-« cessario e legittimo il suo allontanamentodalla Diocesi. »
10
III.
Se la negata investitura dei tre candidati proposta dal Governo costituisca atto di abuso.
Le
Requisitorie nou a casohanuo
cercato diaffastellareun cumulo
di imputazioni fra loro diverse e.sconnesse , intorno alla accusa principale, quella della negata investitura ai can- didati governativi per i tre Canonicati vacanti.Era
troppo evidente per lo autore di esse,come
insostanza questo solo fatto potesse offerire lo addentellato aduna
do-manda
di dichiarazione di abuso.E
d’altro canto questo fatto, considerato insemedesimo,
non potea averquellaimportanza ed efficaciache sia necessaria a coonestare la gravissimado-manda
dello esigilo dalla propria Diocesi,e dellarelegazione dirm
Pastore cheuna
sola cosadomanda,
rimanere inmezzo
al suo gregge.
Di
qui certamente il pensiero diagglomerare insiemetante e sì svariate imputazioni, di venirleman mano
producendo senza ordine apparente e senza connessione, allo scopo evi- dente di colpire la imaginazione dei Giudici, e impedir quasi quel raccoglimento delle idee, e quellaspecificazione delle ac- cuse, senza le qualinon può
dirsicheun
giudiciosia pronun- ziato con piena cognizione di causa.Ma
questi ingegnosi artifizii oratori!non
giovano innanzia Magistrato così illuminato ed imparziale quale è il Consiglio di Stato; laonde le Requisitorie stesse, allo stringere, dovet- tero tarsi carico di precisare in che cosa consistessero gliatti abusivi.E malgrado un
così lungo e copioso affastellamento di as- serzioni , e di insinuazioni d’ ogni natura controMonsignor
Caccia,non
seppero indicarne altre tuori la ricusata investi- tura ai candidati governativi per i tre Canonicati vacanti.Questo rifiuto viene dalle Requisitorie rappresentato
come
illegale ed arbitrario, perchè «
non
ostante le tentate giusti.» ficazioni
, rimase contro di lui la osservabile autorità di
»
Suprema
Magistratura, rimase lo invito delGoverno
delRe
11
» invocante rispetto
ad
inviolabile diritto;Monsignor
Caccia» non piegandosi a tale aatorità ed atale invito, postergò
un
s diritto del Principe
ad una
sua pretesa: questo diritto de-» rivante dalla Sovranità e direttoa tutelaregliinteressi dello
» Stato, egli lo disconobbe e lo offese senza che ciò fosse ri-
» chiesto dagli interessi della Chiesa,eglirifiutò indebitamente
»
un
ufficio del suo ministero, egli recò ingiustonocumento a» cittadini e sacerdoti:
iasomma,
fece atto per più rispetti» abusivo ».
Se queste singole asserzioni fosserogiustificate dalla natura del fatto 0
da
documenti in causa prodotti , l’accusa pogge- rebbe forse a solida base;ma
se invece, e dalle circostanze del fatto, e dai documenti stessi del Ministero apparisse la buona fede diMonsignor
Caccia, in tutta questa vertenza^
potrebbe ancora pronunciarsi la dichiarazionedi abuso?
IV.
E
qui giovi ricordare chetrattasi anzitutto diuna
questione strettamentegiuridica.Stanno a fronte due contrarie pretese, ciascuna delle quali è dalle parti contendenti affermata
come un
suo diritto pro- prio ed incontrovertibile.Monsignor
Caccia invoca lalegislazione vigente ed i prece- denti, per inferirne che incadauna
vacanzailnuovo Canonico
deve essere scelto dalGoverno
soprauna
ternapropostadal- l’Ordinario.Il Ministro Guardasigilli alla sua voltaafferma che secondo la legge e la pratica il
Governo ha
facoltàdinominare anche personenon
comprese nella terna dell’Ordinario.Se
Monsignor
Cacciaha
ragione in diritto,
non può
certo esser luogo a dichiarazione di abuso.Ma quando
anche per avventura il Consiglio di Stato per- sistesse nella opinione giàemessa da una
delle sue Sezioni e credesse in facoltà delGoverno
ilnominare
fuori dellaterna dell’Ordinario, il rifiuto oppostoda Monsignor
Caccia alla12
fattagli
domanda
di investitura, basterebbe allo stato attuale dèlie cose per giustificareuna
dichiaranoììe d'ahusolEcco
il quesito a cui dovràrisponderelacoscienzadelCon- siglio di Stato,quando
pure la questione giuridica deiCano- nicati fosse risolta contro Monsignor Caccia; risposta il cui tenore dipenderà necessariamentedalle speciali circostanze di fatto cheaccompagnarono
questa vertenza.V.
Rettificazione di
un
errore di fatto in ordinòalla legislazione ed aiprecedenti,
per
lanomina
ai Canonicati vacanti in Lombardia.Il Consiglio di Stato, sezione di Grazia e Giustizia,
ha
do- vuto già occuparsi della questione giuridica relativa alla no-mina
aiCanonicati vacanti, e fu indotto a pronunziarsi contro Monsignor Caccia specialmente, perchè gli furono rappresen-tati i Decreti del 1815 e 1817,
come
quelli che costituissero la legislaeione esistente inLombardia prima
del Concordato.I documentiprodottiper
Monsignor
Cacciadimostranocome
invece l’ultimo stadio della legislazione vigente inLombardia
suquesta materia, siaespresso dalla Circolare 13maggio
1818, e 14 settembre stessoanno
, le quali riconoscono integro e pieno negli Ordinari il diritto alla presentazione della terna, e la scelta esclusiva fra i candidati in essa proposti,sempre quando
nonsitrattidiBeneficii di Patronatoregioeprivato (1).Ed
è qui il luogo di ricordarecome non
fosse questoun
diritto nuovo,
ma
sibbene invece risultasse dalla pratica co- stante di più secoli.Li
Lombardia
l’Autoritàecclesiasticaavevasempre
esercitatouna
ingerenza esclusiva nellanomina
ai Benefizi vacanti.(l) Vedi pag. 38 della Raccolta di documenti relativi ai Canonicati.
13 Fino al secolo
XVIII
lenomine
ai Canonicati nel Capitolo della Cattedrale Milanese vennero fatte; senz’altro,dall’Arci- vescovo 0 dalla Santa Sede, secondo ilmese
in cui si avve- rava la vacanza, nèmai prima
del 1782 si riscontra esempio di ingerenza dell’Autorità laica.In qiieH’anno rimperatore Giuseppe II
emanava un
Rescritto con cui affermava il suo dirittodiintervenire nella collazione dei Benefizii di Lombardia, e in ispecie dei Canonicati.«
Abbiamo
già manifestato, dice il Rescritto, le nostre in-« tenzioni di
massima
sul grave oggetto dei Benefizii eccle-« siastici della nostra Lombardia,, affinchè la loro collazione
a e distribuzione in avvenire corrisponda più perfet-
« tamente alla originaria cura che incombe al Sovrano nel a provvedere le Chiesede' suoiStati, ed a ciò che esige la iii- a dennità dei diritti del
PRINCIPATO
rimasti pregiudicatidalle« vicende dei tempi
meno
felici ed illuminati inuna
parte« che per ogni riguardo
ha
un deciso rapportocoUa
ragion« di Stato, e chesì davvicino influisce sul benessere della So-
« cietà civile. »
Queste dichiarazioni non potrebbero essere più esplicite.
Da
esse appare;1.
Che
sino a quelmomento
ilGoverno
aveva lasciata li-bera affatto la Chiesa nella collazione dei Benefizii.
2.
Che
seda
quelmomento
si determinava adassumere una
ingerenza, non lo faceva punto a titolo di Patrono,ma
sibbenea titolo diRegiaPrerogat-va, invocandocioè la Ttagion di Stato e il
Ben
puhhlieo.Prosegue indi il Rescritto (che è direttoall’arciduca Ferdi- nando. fratello dello
Imperadore
e suo Luogotenente, Governa- tore e Capitano Generale della Lombardia, edha
la datadel 0marzo
1782), dicendo « doversi quind’ innanzi osservare le Istruzioni che, uniformi per tutte le Provincie, sipromulgano
con quel Rescritto stesso ».Tengono
dietro le Istruzioni le quali al paragrafo sesto.che è quello che riguarda la materia nostra, dicono cosi:
« Tutti i Benefizii senza cura d’anime sieno Capitolari od
« altri, con o senza dignità, carico, od obbligo, li quali in
« virtù delleregole dellaCancelleria
Romana
si ritenevano in« passato soggetti a riserva della SantaSede, dovranno in av-
14
« venire conferirsi dal
Governo
innome
diSua
Maestà. Nelle«
vacamo
peròdei BenefiziiEESIDENZIALI, AVRANNO
live-
«
SCOVI DIOCESANI
ILDIRITTO
DIPRESENTARE AL
GO-«
VERNO UNA TERNA
DISOGGETTI
che lorosembreranno
li«
più
meritevoli, ben inteso,—
secondo aggiunse successiva-mente
al paragrafo [VII—
senza pregiudizio del diritto di« giuspatronato,
come
pure, salvo il diritto di opzione, ri-« spetto ai Capitoli che se ne trovino in possesso. i>
Dal
che apparesempre
megliocome
il diritto affermatoda
Giuseppe IIfosse quello della Regia Prerogativa;come
af- fatto lo distinguesse dal Patronato;come
essomedesimo
ne limitasse l’esercizio colla condizione della terna.La
Santa Sede negavada
principio il suo assenso a questacome
a tante altre pretese dell’Imperadore Giuseppe, finché recatasi personalmente la Santità di Pio VI a Vienna perve- dermodo
di porreun
termine alle molteplici vertenze, e ve- nuto in seguito aRoma
l’Imperatore,emanava
il 25 gennaio 1784un
Breve diSua
Santità col quale: « diversis prius ha-« bitis
cum
Sacra Cesarea Regia Apostolica maiestate Jose-«
pho
IIRom.
Imperatore colloquiis, mutuis bine inde con-f sensibusadinfrascriptaraamicabilem
Conventionem
in verae« firmaeque amicitiae et coniunctionis testimonium
deventum
« fuit. »
E
la Convenzione dichiarava che ilSomme
Pontefice « de Apostolicae potestatis plenitudine etnomine
Sanctae Sedis »,cedeva in perpetuo a Giuseppe II
come Duca
di Milano e diMantova
ed a’suoi Successori lanomina
esercitatafino allora dalla S. Sede ai posti maggiori della Chiesa: quanto ai posti minori la cedeva solo nei mesi alla S. Sede riservati, salvi idiritti di Patronato laicale e misto, e salvi parimenti i diritti degli Ordinarinei mesiloro riservati; ferme poi
rimanendo
le consuete condizioni di esame, o di concorso, e l’obbligo di e- leggere i più meritevoli.illa terna era appuntoil
mezzo
concuirOrdinari®indicava al Principe i digniores sopra i quali deve cadere la scelta.Questi accordi fra S. S. Pio VI e l’Imperatore Giuseppe II
non
furono mutati di poi.All’epoca dell’occupazione Francese e della creazione della Pwepubblica Cisalpina,l’articolo 9 del Concordato del 1803 ri-
15 conosceva nel Presidente di essa i medesimi diritti già stati accordati all’Imperatore Giuseppe.’Creato poco stante il pri-
mo Regno
d’Italia, il MinistroBovara fermava
la sua atten- zione su cotestenomine
ai Benefici vacanti, e leinformazioni in allora ufficialmente raccolte confermavano la verde osser- vanzadegli accordi del 1784,ed espressamente dellaternadei soggetti più meritevoli, solita presentarsidall’Arcivescovo peri Canonici Ordinari a
norma
delle Istruzioni 9marzo
1782.Sopravvenutala crisi del 181ù la reggenza Cesarea con Di- chiarazione del 24
novembre
annunziava: « finchénon venga
« altrimenti dispostosulla
nomina
dei vacanti Canonicatitanto« nei Colpitoli Metropolitani e Cattedrali quanto negli insigni
« si dovranno osservare i veglianti Regolamenti in forza dei
« quali è riservata al
Governo
lanomina
di tutti i Benefizi« Canonicali sulla proposizione degli Ordinari. «
Il 3 gennaio seguente la stessa
Reggenza
pubblicava questa altra Dichiarazione chedava
stabile e preciso assetto alle terne.« Desiderando la Regia Cesarea
Reggenza
di meglio cono- scere lamente
dei signori Ordinari relativaalle proposizioni che si fanno per la provvista dei Canonicati, e diqualunque
altro Beneficio di regia
nomina
, e molto più dei Benefizi incura d’anime, ai quali
debbono
essere prescelti i digniori,in- teressa la di lei compiacenza perchè, uel rimettere 1’elenco dei concorrenti colle rispettive informazioni, voglia neltempo
stesso presentare
una
terna deipiù meritevoli, ritenendosiper
massima, che nelprimo
propostodebbano
concorrere imag-
giori requisiti ed i meriti prevalenti e cosi successivamente negli altri due. »
E
conchiudea dichiarando di confidare nella saviezzadiMon-
signore per la pratica esecuzione di questa
norma
diret- trice.Nel 1815 alli 27 agosto un’altra Dichiarazione della Reg- genza annunziava che il Principe alle condizioni di eleggibilità ai Canonicati vacanti avea aggiunto pur questa che il candi- dato avesse
almeno
dieci anni di lodevoli servigiprestatinella cura delle anime.Ma
nulla si innovava in ordine almodo
della nomina, cioè rimaneva in pieno vigore il sistema della terna.16
Bensì aH’incontro teatavasi
un
radicalomutamento
due anni dopo, colla Circolare 14 aprile 1817, la quale dichiarava an- zitutto che « le Dignità Capitolari ed i Canonicatiin tutte le« ChieseCattedralie Collegiate, salvo quellediPatronato pri-
« vato,
rimangono
alla perpetuità ed indistintamente di no-li
mina
Sovrana,quando
anche vi sia annesso l’incarico della» cura di
anime
od altro ufficio. »Poi soggiungevasiche ad ognivacanza d’ora in avantii De- legati Imperiali aprirebbero il concorso, l’Ordinario farebbe seguir l’esame, poscia rimetterebbe di
nuovo
lepetizioni tutte al Delegato I. R. segnaiAdo conpreferenza i trechereputasse più degni.L’Episcopato
Lombardo unanime
protestava contro questa Circolare, e la Santa Sede alla sua volta rivendicaval’osser- vanza dei patti concordati fin dal secolo precedente, e statisempre
osservati di poi.La
giustizia di questi richiami era così evidente, che la
Circolare del 1817
rimaneva
allo stato di lettera morta. Nelnovembre
di quelmedesimo
announa nuova
Circolareman-
dava anzitutto assumereinformazioni, e il 13maggio
1818, a dare assetto definitivo a questa materia, uscivauna nuova
Circolareche restituiva ai Vescoviil diritto esclusivo d’aprireil concorso ai posti vacanti, e
manteneva
in vigore la pre- scrizione e lenorme
state in osservanza fino all’epoca ante- riore all’aprile 1817, coll’avvertenza che ciò sifacesseper « ildesiderio di dare ai Vescovi maggioreinfluenza nell'esercizio delle loro Pastorali funzioni. »
E
distinguendosi fra i Benefizi Canonicali ed altri ai qualiil
Governo
provvedesse per la PrerogativaRegia
dallePar-
rocJiie cho fossero [soggette a Regio Patronato, si prescrive sólo per queste ("paragrafo VII)dovesseil Vescovopro- porre al
Governo
i candidati unendo lepetizioni ditutti icon- correnti munite dei loro documenti, edun
prospetto dei con- correnti giusta quell'ordine cha giudicherà corrispondentealla loro capacità ed al loro merito.D’onde sgorgano questi tre corollari.
1.
Che
altra è lanorma
per i Benefici di Prerogativa, altra per quelli di Patronedo Regio.2. Cli3in questi ultimi solamentel’Ordinario deve star
pago
a indicare tutti i concorrenti nell’ordine di merito.17
3.
Che
invece per i Benefizinon
dipatronatoma
di Pre- eogativa vige il sistema della terna obbligatoriaper
il Go- verno.VI.
A
fronte di queste risultanze di fat’.o riesce superflua la questione teorica se laPegia
Prerogativadebba
conferire al Principe diritti maggiori o diversi di quelli che dal Giuspa- fronato derivano.Qualunque
opinione abbiasi sopra di ciò, sta in fatto che la legislazione diLombardia mentre ha
distinto fradue
casi,ha
pure dichiarato che,mentre
nei BenefiziPatronati lascelta era libera, in quelli nei quali ilGoverno
interveniva solo in forza della Prerogativa la terna delPOrdinario sarebbe obbli- gatoria.Conforme
a queste prescrizioni è la j)ratica costante.Non
si diede esempio dinomina
fatta fuori della terna.11 Maresciallo
Badetzky
eglimedesimo non ha
punto nomi- nato, nel caso che ricordò la Sezione di Grazia e Giustizia nel suo parere,una
persona estranea alla terna;ma
sola-mente
invece di scegliere, secondo l'uso, il candidato che eraprimo
sulla lista, preferì rultimo dei tre.E
bastò questa semplice deviazione daH’uso inveterato, perchè PEpiscopato
Lombardo
sene richiamassecome
diuna
violazionedellapro- pria prerogativa.Se
adunque
la collazione dei Canonicati deve, per effetto della legge che abrogò il Concordato AustriacoinLombardia,
regolarsi a seconda la legislazione anteriore al Concordato è troppo ovvio che questa sarà costituita dairultima Provvi- sione legislativaemanata
su taleargomento prima
del Con- cordato.E
Pultima di tali Provvisioni essendo la Circolare 14 set-tembre
1818 egli è a tenor di questa, enon
già secondo le Circolari del 1815 e del 1817 che dovrà definirsi la contro- versia.E
il testuale disposto della Circolare del 1818non
lascia 218
dubitare del
buon
diritto degli Ordinari diLombardia
di provvedere ai Canonicati vacanti,non
soggetti a Patronato medianteuna
terna sulla quale esclusivamenteilGoverno
farà la nomina.Sistema questo che molto saviamente concilia gli interessi delle due Potestà, perchè impedisce che l’unadi esse soverchi l’altra.
La
Chiesanon
soverchia loStato, perchèpuò
proporre^non già nominare.Lo
Statonon
soverchia la Chiesa perchè nonpuò
proporre,ma
solonominare
fra i proposti.E
se le proposte dell’ Ordinario sono irragionevoli, il ri-medio
è in pronto. IlGoverno non nomina,
il Canonicatorimane
vacante, i suoi redditi li amministral’Economato
nell’interesse
comune
dello Stato e della Chiesa, sotto la vi- gilanza e per 1’opera di Funzionari nominatida
quello, e il solodanny
che nepuò
derivare è che vi sia, sulla superficie del Regno,un
Canonico dimeno
VII.
L’errore di diritto
non
costituisce colpa.Se la giustezza ed il senno del Consiglio di Stato vogliono,
come
certamente vorranno, tener conto di coleste rettifica- zioni ed avvertenze, potràMonsignor
Caccia lusingarsi die,malgrado
iirima d’ora, in seguito ad informazioninon
abba- stanza complete, questo Ecc.”“ Magistrato, inuna
delle sue Sezioni, avesse opinato contrariamente albuon
diritto degli Ordinai'i diLombardia
perla efficaciaobbligatoria delle terne, chiarita ora piùcompletamente
la cosa, sia il Consiglio di Stato per riconoscere cerneveramente
noncompeta
al Go- verno la facoltà dinominare ad un
Canonicato vacanteuna
persona estranea alla terna dell'Ordinario.Ma
in ogni caso dovrà pursempre
rimanere integra la questione seMonsignor
Caccia per avere affermatoun
diritto19 che egli credeva competergli, e per avere ricusato
una
inve- stitura che eglinon
credeva fosse in suafacoltàdi accordare, abbia dato prova di quelmal animo
che è pur necessario a costituire l’atto abusivo, e,mancando
il quale,non
potrebbe giustamente infliggersiuna
censura oduna
repressione.Ciò benesentì l’autore delle Requisitorie, epperò a vece di trattare,
come
la logica e la giustizia voleano, isolatamente la materia dei Canonicati, la quale solapuò
dar luogoa
do-manda
di dichiarazione di abuso, si ingegnò di confondere questa accusa specitìca e precisa, con tutte quelle altre va- ghe e confuse insinuazioni le qualihanno
tratto alle pretese aspirazioni politiche, ed ai supposti intendimenti retrivi di Monsignor Caccia.Ma appena
occorre osservare che quest’altra serie di alle- gazioni,come
nonviene dallo stesso accusatore invocata perla dichiarazione di abuso, così non può, non dee sopra di essa influire,ma
vuoisi anzi porre lamassima
cura nel sceverar questada
quella, permantenere
al giudizio tutta la sua im- parzialità.Vorrà adunque
certamente il Consiglio di Stato esaminare se nel ritìnto perpartedi Monsig. Caccia alla chiestagli inve- stitura, e nella persistenza in tale rifiuto, concorrano gli estremi costitutivi del fatto di abuso.
Le
Requisitorie atfermano chesì,perchè « col rifiuto Monsi- g;jor Caccia resiste alla osservabile autorità delparereemesso dalla Sezione di grazia e giustizia su cotesta vertenza;« resiste all’invito del Re,
« resiste ad
un
diritto inviolaliile della Sovranità che po- stergaad una
sua pretesa,« e nega indebitamente
un
ufficio del suo ministero,« e reca ingiusto
nocumento
a cittadini e sacerdoti,« e tuttoquestosenza che ciò ricliieggano gliinteressi della Chiesa. »
È
finissimo accorgimento questo dell’autore delle Requisi- torie, di rappresentai’e al ConsigliodiStatoMonsignor
Cacciacome
riluttante all’avviso del Consiglio di Stato.E
forse innanzi a Giudici volgari l’artificio profitterebbe a chi lo adopera.Ma
non certo innanziad
uomini così indi- pendentida
ogni preconcetta opinione qualigli illustrimembri
di questo Consesso.
20
Essi invece vorranno considerare che
appunto
la leggeha
desiderato in questi più gravi argomenti ilvoto delle Sezioni riunite per circondare di maggiori guarentigie i’ accusato, e cercheranno se,non
ostante quel parere,non
rimanesse aMonsignor
Caccia qualche plausibile motivo di dubbio.E non
tarderanno a riconoscere che così è veramente.Così è; perchè quel parere fondavasi sul supposto che le Circolari del 1815 e del 1817 segnassero Tultimo stato della legislazione
—
e invece la materia è retta dalle Circolari del 1818.Così è; perchè lo stesso Ministro Guardasigilli,
dopo
ilpa- rere della Sezione, proseguì le trattative, e la discussioneeonMonsignor
Caccia, e tanto si mostrò alieno dal credere clieidopo
quel parere la controversia fosse chiusa, che accettòla proposta fattagli inmarzo
1863da Monsignor
Caccia nella lettera che si unisce astampa
frai documenti (allegatoH
)per la preventiva esplorazione delle intenzione della Santa Sede,
E
la risposta avutada Roma,
edimmediatamente
comuni- cata, secondo i presi accordi , aSua
Eccellenza il Guardasi-gilli, elimina ogni accusa che
Monsignor
Caccia posterghi a pretese proprie i diritti o del Principe o dei privati , e fadocumento
che quand’egli si rifiuta alle istanze del Ministero egli èmosso
dal solo sentimento del dovere che il suo uffi-cio, il sua carattere, e la volontà del suo Superiore Ecclesia- stico gli impongono.
In verità che non è seriaqueU’argomentazione perla quale, con flagrante petizion diprincipio, si
dà
per definito ciò pre- cisamente di cui si piatisce, e si accusa Monsignor Caccia di disconoscere i diritti altrui,quando
la questione èappunto
di vedere se
ad
altri alcun diritto competa.Meravigliosa poi riesce la disinvoltura colla quale si af-
ferma
che gli interessi della Chiesa: «non
consiglianopunto a ùlonsignor Caccia questa resistenza »mentre non può
ignorare il Puljblico Accusatore, che, in seguito a previoac- cordo col signor Guardasigilli Pisanelli, Monsignor Caccia scrisse aRoma
, rappresentando le angustie sue e chiedendo facoltà di acconsentire la investitnra.E
la SantaSede
rispose conun
assoluto divieto,21 Inguisachè ora, per il fatto anche del Ministro,
Monsignor
Caccia è posto in questa condizione chenon può
condiscen- dere allenomine messe
innanzi a vece delle sue terne dal signor Prefetto di Milano, salvochè disobbedendo agli ordini precisi della Santa Sede , interpellata—
giovi ripeterlouna
terza volta—
previo accordo col signor Ministro.Bastino queste avvertenze a fare ragione della fantasma- goria nelle Requisitorie evocata contro
un
rifiuto che ènulla più delloadempimento
leale e palese diun
dovere pubblico e notorio.Tanto più che essendo la
Ambrosiana
la Diocesi principale di Lombardia, tutte le altreguardano
a questa,come ad un
esemplareda
seguire; e il di in cuiper la Diocesi MIanese, fosseabbandonata
la terna, è troppo ovvioche essapotrebbefin
da
quelmomento
considerarsicome
perduta per tutto lo EpiscopatoLombardo.
Vili.
Fera Genesi
deUa
vertenza dei Canonicati vacanti.E
cheveramente
finda
bel principio, esempre
inseguito,il motivo del rifiuto opposto
da Monsignor
Cacciaconsistesse esclusivamente nell’ obbligo di coscienza che a lui derivava’dal carattere e dall’ufficio suo di depositario
temporaneo
dell’autorità dell’Ordinario nella Diocesi ,
emerge
dalcom-
plesso dei documenti hinc inde presentati, e che certo ilCon-
siglio di Stato , vorrà esaminare ed apprezzare;
emerge
in ispecie dal contegnosempre
tenuto in questa lunga e fasti- diosa vertenzada Monsignor
Caccia.E
quinon
sarà inutile ricordare succintissimamente le ori- giniprime
, e le fasi successive della questione dei Canonici.Chi legga le Requisitorie si
dà
a credere chequando
]\Ion- signor Caccia ebbemandata
la terna , o meglio le tre terne per i tre canonicati vacanti, ilGoverno
del Re, periniziativa propria, subito la respingesse e proponesse invece altri can- didati.22
Le
lettere del Regio Prefetto di Milano,Marchese
Villama- rina dal Ministro in causa prodotte chiariscono esserele cose procedute ben altrimenti.Da
pochissimi giorni il Ministero , che allora si intitolava dall’illustre Farmi', avea assunto il potere,quando
alli 2 di-cembre
1802una
lettera del Prefetto Villamarina alMinistro di Grazia e Giustizia lo informava essersi a lui, Prefetto,
fatto supporre che
Monsignor
Caccia pensasse di trasmettere direttamente alGoverno
Centrale le proposte per alcuni Ca- nonicati vacanti; pregar egli il Ministro, se ciò accadesse, a volerlo fare avvertito; e in margine, di propriopugno, il Regio Prefetto aggiungea questa nota: «Ove
questo caso si avve-« rasse
non
sarebbe che il risultato diun
intrigo ordito per« sorprendere la
buona
fede del IMinistero. »In questa lettera è la chiave di tutta la intricatissima con- troversia.
Da
essaappare chementre
nessuno, fatta eccezione di qualche interessato postulante, si preoccupava della vacanzadeiCano-
nicati, era chi s’indettava colPrefetto
; erachi,
prima
ancora di conoscere quali personeMonsignor
Caccia avrebbe propo-ste, già insinuava che queste non fossero
da
nominare; esup-ponea
cheMonsignor
Caccia,omis50Jue(^?o, pensasse di far di-rettamente le sue proposte a Torino, e non esitavaa direche ciò era il risultato di
un
intrigo.Il Ministro di Grazia e Giustizia non poteva non provare
una
certa sorpresa nel ricevere, contro ogni consuetudine, quella lettera del Prefetto .Yillarnarina.E dopo
avervi ben bene pensato sopra , il 6 dicembre finalmente gli rispondea ringraziandolo, con frasi nelle quali traspirauna
certame-
raviglia, del
grande
suo interesse ai treCanonicati vacanti, c gli notificavaad un tempo
non avere ricevuto proposta al- cuna.E
dicea il vero; poichéMonsignor
Caccia giàche il 2 di-cembre
venia dipinta dal Villamarinacome
tutto intento a carpir di soppiatto coll’intrigo al Ministero lanomina
di tre Canonici, erainvece così alienoda
questi propositi che solo alcuntempo dopo
facea le sue proposte; e facevaie,non
al Ministero,bensì al Villamarina.Il quale a vece di dare
ad
esse corso, comunicandole al23 Governo, faceva
una
controproposta di quattro (anziché soli tre) candidatida
surrogare a quelli delleterne diMonsignor
Caccia.Questi naturalmente osservava che anzitutto trattavasi per ora di tre e
non
di quattro canonicati: che la proposta do- vea farsi per terne e spettava all’Autorità Ecclesiastica; cheil
Governo nominava
fraleterne,ma non
poteva sostituire ainomi
in queste compresi, altrinomi
estranei.Il Villamarina s’ incocciava, e addì i5 dicembrescrivevaai neo-Ministri aver egli pensato di darloro il benvenuto al po- tere per le Provincie di oltre Ticino colla
nomina
di quattroCanonici invisi a
Monsignor
Caccia.Ecco
le parole testuali della sua lettera.« Vi
propongo
quattro nomine: senon
incontreranno la simpatia del Vicario avrassi in ciò stesso la prova che ilPaese le valuterà
come un
atto di sapienza, col qualeilnuovo Consiglio delRe
vuole inaugurati i suoi lavori. »«
Raccomando
vivamente e caldamente alle serie conside- razioni del signor Ministroquesto importantissimo (!)affare^gravido di conseguenze. Se le
mie
controproposte sono accolte assicuro con tutta certezza che avrannopilauso universale...'^« Dichiaro qui iu ultimo,senzaesitanza, che ove il
Sovrano
dia la preferenzaad un
solo deipropostida Monsignor
Vicario laMaestà Sua
è certa, conun
tal fatto,di introdurrein que- sto Capitolowowhii (uno-uomini !) inetti notoriamente ostili al Governo,ad
avversi alle istituzioni che ci reggono. »Come
abbia potuto accadere che il Prefetto Villamarina si inducesse a scrivere questa lettera, è inutile venire orainda- gando.Se
diasi fede a talune sue recenti dichiarazioni, eglinon
le vergherebbe più oggidì, illuminatoda una maggiora
esperienza di uomini e di cose.Ma
intanto risultano all’evidenza queste circostanze:\.
Prima
cheMonsignor
Caccia avesse formato le terne, equando
si ignorava affatto chi proporrebbe, già il Prefetto, avea dimoto
proprio, inconsapevole ed inconsultoilMinistro preparato altre proposte.2. Tant’ è vero che lo facea
prima
diconoscere i candidati diMonsignor
Vicario, cheneppur
sapea se questi propor- rebbe per tre o per quattro vacanze e così noveoppur
dodici soggetti.24
3. Il che aj^parì viemmeglio
quando
, fatteda
Monsignor Caccia la proposta fu palese che per esse ei provvedeva a tre vacanze e invece il Villamarina aveain petto quattro can- didati.A. Il Prefetto era deliberato ad avversare le proposte di
Monsignor
Cacciaqualunque
fossero.5.
Era
così deciso in questo chetemendo
le facesse egli direttamente al Ministero, davasi la briga di pregare questi anon
provvedere senza comunicarle a lui.6.
La
passione delRegio Prefettoin questoaffare era tanta, od erano così stringenti gli impegnida
lui presi con altre persone per quellenomine
, che non si peritava a raccoman- darecome
affareimportantissimoegravidodi serieconseguinze lanomina
di tre Canoniciad un
Ministero salitoda
pochissimi dì al potere, e chiamato a sanare laiattura di Aspromonte, ed a compiere runiticazione legislativa ed amministrativa del Regno.7.
E
la preconcetta sua opinione era cosìprepotente in lui,da
fargli scrivere fin dalprimo
invio delle sue quattro con- troproposte, che ilGoverno
ben si guardasse dall’accettare anche?m
solo fra i nove candidati del Vicario Diocesano.Se questo sia linguaggio e contegno di savio e prudente Magistrato, giudichi il Consiglio Eccelentissimo; ed all’uopo ricordi
come
tutto questo parendo forse poco al Prefetto di Milano, egli la lunghissimainformativa del 15 dicembre volle ancora postillata di suamano,
per aggiungervi, a scongiuro d’ogni tendenza di conciliazione che aver potessero i Mini- stri, queste altre parole:Uno
solo darebbe la vittoria alla Curia.Cosicché il Ministero dovea tenersi per bene
ammonito:
0
quattro Canonici, e tutti quattro, tali e quali li vuole ilPrefetto di Villamarina, o la perdizione e lo sfacelo!
Non
siaccenni
ad
accordi,non
si parli di transazione, due, tre, non bastano perchè,uno
solo darebbe la vittoria alla Curia.Iniziata con questo
animo
la controversia per i Canonicati vacanti, potea essa venir condotta aduna
ragionevole so- luzione ?Monsignor Caccia
duramente
trattato, dichiarò ciò che era suo obbligo dichiarare: depositario dell’Autorità Vescovile,non
potere abdicaread
alcuna parte de’ suoi diritti.25
Il
Governo
centraleda
principionon
si mostrò alieno daitemperamenti
conciliativi.Se il Prefetto di Milano
non
avesse diprimo
impeto var- cato i giusti confini, il Ministro avrebbe senza dubbio prefe- ritouna
onesta transazionead una
aperta rottura.Se ne
ha
la prova nel lungo indugiare che fece ilGoverno
e nel voluminoso carteggio seguito fra il Ministero e Monsi- gnor Caccia.Ma
il Prefetto Villamarina avea bruciate le sue na\i.Il Ministero si vide trascinato suo
malgrado
a questa al- ternativa di optare fraun
suo alto Funzionario ed il Vicario Diocesano.Di
qui le contraddizioni apparenti del contegno tenuto dal Governo, di qui T alternarsi ideile insistenze e dei silenzi, delle minaccio e delle discussioni, e il trascorso di oltreun anno
senza che si accennassead una
risoluzione definitiva.Il che se per
una
parte tornaad
elogio dellarepugnanza
che il Ministromostrava
per provvisioni di rigore, della giu- stizia delle qualinon
poteva essereben
persuaso eglimede-
simo, eliminaad un tempo
ogni sospetto di malizia o pervi- cacia nell’animo
di monsignor Vicario.E
dimostra cheseegli persisteva nel suo rifiuto, veniva a ciò in certomodo
per- suaso anche dalle stesse esitanze Ministeriali.Infatti
come
avrebbe egli potuto credere che ildiritto pre- teso dal Villamarina fosse così evidente e categoricoda non ammettere
dubbio,mentre
il dubbio si rivelava nella irreso- lutezzamedesima
del Governo?E come
poteva egli, a coscienza tranquilla, sagrificare le ragioni dello Episcopato, consecrateanche
dalla pratica se- colare,ad un
preteso diritto del quale mostravansi cosìmal
sicuri quegli stessi che lo invocavano?
Di
qui avvenne che fra le due parti contendenti si intavo- lasse quella lunga corrispondenza epistolare nella quale fi-gurano
da
quindici a venti lettere, lapiù parte discretamente lunghe, del signor Ministro, che era costretto a rubare alla- voro urgente dei Codiciun tempo
prezioso usurpatoglida
queste interminabili discussioni per tre Canonici.Or
bene in tutta questa lunghissima controversia. Monsi- gnor Cacciamutò mai
linguaggio o contegno?. 20
Si mostrò
mai
ostile ai principii delliberoGoverno
o spre- giatore dell’Autoiità Sovrana?Un
solo argomento, sotto svariate forme egli vennemai sempre proponendo
e riproducendo:« Il Vicario Capitolare dee conservare intatto il tesoro dei diritti vescovili: tra questi è che ai Canonicati di prero- gativa, e
non
di patronato, ilGoverno
nomini esclusivamente soprauna
terna formata dall'Ordinario: il VicarioCapitolare pregiudicherebbe il deposito a lui affidato se accordasse la investitura canonica a candidati estranei alla terna;una
sola Autorità potrebbe autorizzarlo a fare ciò che di propria ini- ziatira non gli è lecito fare. Questa è la Santa Sede: seil
Governo
acconsente, egli pregherà la SantaSede
a con- cedergli per questa volta di scostarsi dalla rigorosa osser- vanza del diritto della Chiesa ».Questa proposta conciliativa faceva
Monsignor
Caccia inmodo
formale al Ministro di Grazia e Giustizia, colla lettera che si unì fra i documenti astampa
(allegato II) (1).E
il signor Ministro Pisanolli aderiva a tale proposta e concedeva aMonsignor
Caccia il termine,prima
di venti giorni, poi diun mese
entro cui procacciarsi ilRomano
Re- sponso.11 13 aprile 1803 la Sacra Penitenzieria deliberava negati- vamente sulla
domanda
fattale daMonsignor
Caccia.Questo Responso
appena
ricevuto fuimmediatamente
tras-messo da Monsignor
Caccia al Ministro Pisanelli,il quale, ilquale presane contezza, glielo fece restituire, conlettera d’uf- ficio in data 3
maggio
successivo.(1) Pag. 58 c 59.