Ercole APRILE, Presidente della Sesta Commissione del C.S.M.
Quale Presidente della Commissione consiliare che ha dato vita a questa iniziativa convegnistica saluto tutti i presenti e ringrazio in particolare il Presidente della Corte Costituzionale, i Vice Presidenti della Corte Costituzionale e tutti gli autorevoli relatori che hanno accettato il nostro invito e che partecipano ai lavori di questo incontro.
Vi è una idea di fondo che fissa una possibile traccia di riflessione in questo convegno, una sottile linea rossa che collega tre momenti della storia della nostra Repubblica.
Questa linea parte idealmente dal periodo tra il marzo e il giugno del 1946 nel quale, come è noto, le donne italiane esercitarono per la prima volta dopo la fine della seconda guerra mondiale il diritto di voto, inizialmente nelle elezioni amministrative e poi nelle prime
elezioni politiche, momento nel quale sulla base di una felice intuizione di due dei principali padri della nostra Repubblica, Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti, venne finalmente riconosciuta una cittadinanza a tutto tondo alle donne, con la piena parificazione agli uomini nella titolarità di uno dei fondamentali diritti politici. Il secondo momento lo
possiamo collocare quasi cinque lustri dopo, nel 1963, con l’approvazione della legge con la quale venne eliminato il divieto per le donne di coprire gli impieghi pubblici che
implicano poteri giurisdizionali, dunque il divieto di partecipare al concorso per
l’ammissione alla magistratura. Da allora la composizione dei ruoli della magistratura è profondamente mutata con le donne che sono oramai in numero nettamente superiore a quello degli uomini. Nella documentazione che vi è stata messa a disposizione vi è una tabella con dati statistici abbastanza eloquenti. Il terzo momento è rappresentato
dall’ingresso delle donne nel Consiglio Superiore della Magistratura nelle prime due consiliature degli anni ottanta, tra le quali ricordiamo le laiche Ombretta Fumagalli Carulli, Cecilia Assanti, Ferdinanda Contri e la togata Elena Paciotti, che hanno aperto, per così dire, una strada e al cui impegno e al cui merito sarà doverosamente dedicata la parte conclusiva di questa mattinata.
Questa cadenza temporale vede il Consiglio Superiore della Magistratura proiettato verso il futuro così in una visione prospettica che impone di riconoscere che ancora molto vi è da fare per giungere a un pieno riconoscimento di una posizione paritaria delle donne rispetto agli uomini nella società come nella magistratura, non possiamo trascurare ciò che è stato fatto di recente da questo Consiglio non solamente con una netta inversione di tendenza nelle scelte dei dirigenti degli uffici ma anche con l’adozione di più specifiche iniziative, tra le quali mi piace segnalare il parere sul lavoro svolto dalla commissione ministeriale Scotti in merito alle possibili modifiche della legge elettorale per l’individuazione dei componenti togati con la previsione di quote di genere, e la bozza della nuova circolare sulle tabelle di organizzazione degli uffici di imminente approvazione, nella quale sono state introdotte importanti novità a tutela delle donne magistrato e più in generale a salvaguardia delle esigenze genitoriali. Ciò senza neppure trascurare il lavoro che è stato fatto dal comitato pari opportunità istituito presso il Consiglio d’intesa con gli analoghi organi collegiali funzionanti presso i singoli Consigli Giudiziari.
In questa ricostruzione, basata su richiami storici volutamente accennati nei loro tratti essenziali ma densa di contenuti, voglio concludere questo mio breve intervento
introduttivo con il ricordo di quelle dieci coraggiose maestrine di Senigallia che nel lontano 1906, raccogliendo una sollecitazione che la pedagogista Maria Montessori aveva
formulato in un suo scritto, chiesero ed ottennero di essere iscritte nelle liste elettorali dei loro Comuni con una determinazione poi accreditata da un’importante decisione adottata dall’allora Presidente della Corte d’appello di Ancona, Ludovico Mortara, decisione nella quale fu sottolineato come l’articolo 24 dello Statuto Albertino, allora punto di riferimento normativo fondamentale, riconoscesse a tutti i cittadini del Regno eguali diritti civili e politici, salve le eccezioni che dovevano essere espressamente determinate dalla legge.
L’iscrizione, come a voi è noto, durò appena dieci mesi prima che su ricorso del Procuratore del Re la Cassazione di Roma annullasse la decisione di quella corte di merito sostenendo che occorresse una espressa previsione legislativa per consentire alle donne di esercitare quel diritto. Prendendo a prestito le parole di un collega che in un altro convegno ha ricordato quell’episodio, possiamo dire a proposito di tali maestre di
Senigallia che le immaginiamo ordinate ed eleganti continuare ad insegnare ai loro alunni, piene di problemi e di tensioni che tengono per sé, e mentre le osserviamo non possiamo non pensare che conservano proprio un grande fascino. Hanno fatto molta strada e a loro si sono unite altre donne ma il loro cammino non è terminato.
Auguri di buon lavoro, la parola ora alla collega Maria Rosaria San Giorgio che coordinerà i lavori della mattinata.