• Non ci sono risultati.

Esercizi per il Corso di Matematica Generale (con un compendio di teoria) a.a. 2018-19

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Esercizi per il Corso di Matematica Generale (con un compendio di teoria) a.a. 2018-19"

Copied!
106
0
0

Testo completo

(1)

Esercizi per il Corso di Matematica Generale (con un compendio di teoria)

a.a. 2018-19

Salvatore Federico January 14, 2020

(2)
(3)

Contents

1 Numeri reali e logica 5

2 Funzioni reali: generalità 13

3 Successioni e serie 33

4 Funzioni reali: limiti e continuità 49

5 Calcolo differenziale e applicazioni 65

6 Calcolo integrale 81

7 Elementi di algebra lineare 93

(4)
(5)

Capitolo 1

Numeri reali e logica

Richiami di teoria

Notazione 1.1. Si riportano di seguito alcuni simboli e notazioni di carattere generale.

• ∨: connettivo logico di disgiunzione (“o”).

• ∧: connettivo logico di congiunzione (“e").

• ¬: connettivo logico di negazione (“non").

• ∀: quantificatore universale (“per ogni”).

• ∃: quantificatore esistenziale (“esiste”).

• @: negazione del quantificatore esistenziale (“non esiste”).

• ⇒: simbolo di implicazione (“implica").

• 6⇒: negazione del simbolo di implicazione (“non implica").

• ⇐⇒: simbolo di doppia implicazione o equivalenza (“se e solo se").

• ∈: simbolo di appartenenza di un elemento ad un insieme (“appartiene a").

• ∉: negazione del simbolo di appartenenza di un elemento ad un insieme (“non appartiene a").

• ⊆: simbolo di contenimento largo tra insiemi (“contenuto in").

• 6⊆: negazione del simbolo di contenimento largo tra insiemi (“non contenuto in").

• ⊂: simbolo di contenimento stretto tra insiemi (“strettamente o propriamente contenuto in").

• ∩: simbolo di intersezione di insiemi.

• ∪: simbolo di unione tra insiemi.

• ;: insieme vuoto.

• ∞: simbolo di “infinito”. 

Metodi di dimostrazione indiretta. I metodi di dimostrazione indiretta sono due.

(6)

1. Metodo di dimostrazione per contronominale. Per dimostrare l’implicazione P =⇒ Q si dimostra l’implicazione (¬Q) =⇒ (¬P).

2. Metodo di dimostrazione per assurdo. Per dimostrare l’implicazione P =⇒ Q si di- mostra che (¬Q) ∧ P è falsa (cioé che (¬Q) e P non possono valere contemporaneamente,

cioè che ¬Q contraddice P). 

Metodo di dimostrazione per induzione. Sia P (n) una proposizione associata al numero naturale n ∈ N. Per dimostrare che P (n) è vera per ogni n ∈ N con n ≥ n0∈ N si dimostra che:

• P (n0) è vera;

• vale l’implicazione:P (n) vera =⇒ P (n + 1) vera. 

Definizione 1.2 (Intervalli). Siano a, b ∈ R tali che a < b. Un insieme si dice un intervallo (non degenere) se è in una delle seguenti forme:

(i) [a, b] := {x ∈ R : a ≤ x ≤ b} (intervallo chiuso di estremi a, b).

(ii) (a, b) := {x ∈ R : a < x < b} (intervallo aperto di estremi a, b).

(iii) [a, b) := {x ∈ R : a ≤ x < b} (intervallo chiuso a sinistra e aperto a destra di estremi a, b).

(iv) (a, b] := {x ∈ R : a < x ≤ b} (intervallo aperto a sinistra e chiuso a destra di estremi a, b).

(v) [a, +∞) := {x ∈ R : x ≥ a} (intervallo chiuso illimitato a destra di estremo a).

(vi) (a, +∞) := {x ∈ R : x > a} (intervallo aperto illimitato a destra di estremo a).

(vii) (−∞, a] := {x ∈ R : x ≤ a} (intervallo chiuso illimitato a sinistra di estremo a).

(viii) (−∞, a) := {x ∈ R : x < a} (intervallo aperto illimitato a sinistra di estremo a).  Osservazione 1.3. Anche l’insieme {a} potrebbe essere considerato un intervallo (degenere).

Esso potrebbe essere visto in effetti come l’intervallo chiuso [a, a] := {x ∈ R : a ≤ x ≤ a}. Nel se- guito, nel riferirci ad intervalli I ⊆ R escluderemo questo caso: per intervalli intenderemo sempre intervalli non degeneri ed useremo quasi sempre la notazione I per denotare intervalli.  Definizione 1.4 (Intorno circolare). Sia x0∈ R. Si dice intorno circolare di x0un intervallo aperto

della forma (x0δ, x0+δ) conδ> 0. 

Definizione 1.5 (Intorno circolare bucato). Sia x0∈ R. Si dice intorno circolare bucato di x0 un insieme della forma (x0δ, x0+δ) \ {x0}conδ> 0.  Definizione 1.6. Sia A ⊆ R. Un punto x0∈ A si dice interno ad A se esiste un intorno circolare di x0contenuto in A, cioé se esisteδ> 0 tale che (x0δ, x0+δ) ⊆ A.  Definizione 1.7 (Insiemi numerici limitati superiormente/inferiormente - maggioranti/minoranti).

Sia A ⊆ R non vuoto. 

• A si dice limitato superiormente se esiste M ∈ R tale che x ≤ M per ogni x ∈ A; in tal caso si dice che M è un maggiorante per A. In caso contrario si dice che A è illimitato superior- mente.

• A si dice limitato inferiormente se esiste m ∈ R tale che x ≥ m per ogni x ∈ A; in tal caso si dice che m è un minorante per A. In caso contrario si dice che A è illimitato inferiormente.

(7)

• A si dice limitato se è sia limitato superiormente, sia limitato inferiormente, vale a dire se esistono m, M ∈ R (con m ≤ M necessariamente) tali che m ≤ x ≤ M per ogni x ∈ A. In caso

contrario si dice che A è illimitato. 

Definizione 1.8 (Estremo superiore/inferiore di insiemi limitati superiormente/inferiormente).

• Sia A ⊆ R non vuoto limitato superiormente. Un numero M ∈ R si dice estremo superiore di A se verifica queste due proprietà:

1. M è un maggiorante di A;

2. per ogniε> 0 esiste x ∈ A tale che x > M −ε.

• Sia A ⊆ R non vuoto limitato inferiormente. Un numero m ∈ R si dice estremo inferiore di A se verifica queste due proprietà:

1. m è un minorante di A;

2. per ogniε> 0 esiste x ∈ A tale che x < m +ε. 

Osservazione 1.9. Se A ⊆ R è limitato superiormente (risp., inferiormente) allora esiste1 ed è

unico l’estremo superiore (risp. inferiore). 

Notazione 1.10. Se A ⊆ R è limitato superiormente (risp., inferiormente), l’estremo superiore

(risp., inferiore) di A si denota con sup A (risp. inf A). 

Definizione 1.11 (Estremo superiore/inferiore di insiemi non limitati). Se A non è limitato su- periormente (risp., inferiormente) si pone per convenzione sup A = +∞ (risp., inf A = −∞). Inoltre

si pone per convenzione sup ; = −∞, inf; = +∞. 

Osservazione 1.12. Per quanto sopra, ogni sottoinsieme diR ammette (un unico) estremo supe-

riore ed (un unico) estremo inferiore (finito o infinito). 

Definizione 1.13. Sia A ⊆ R. M ∈ R (risp., m ∈ R) si dice massimo (risp, minimo) di A se verifica queste due proprietà:

1. M è un maggiorante (risp., minorante) di A;

2. M ∈ A (risp., m ∈ A). 

Osservazione 1.14. Un massimo (risp., un minimo) di A, se esiste, coincide con sup A (risp., con

inf A) e pertanto è unico. 

Notazione 1.15. Sia A ⊆ R non vuoto. Il massimo (risp., minimo) di A si denota con max A (risp.,

min A). 

Esercizi

Esercizio 1.1 Si stabilisca se le seguenti proposizioni sono vere o false.

(i) Se n ∈ N è tale che n2− 8 ≤ 0, allora n = 0 ∨ n = 1 ∨ n = 2.

(ii) Sia x ∈ R. x2− 1 ≤ 0 ⇒ 0 ≤ x ≤ 1.

1Questa proprietà di esistenza discende dalla proprietà di completezza dei numeri reali, che non abbiamo illustrato.

(8)

(iii) Se x ∈ R è tale che x2− 2 ≤ 0, allora x ∉ Q.

(iv) ∀x ∈ R ∃n ∈ N : 1+x12≤ n.

(v) ∃x ∈ R : x2+ 1 ≥ n ∀n ∈ N.

(vi) ∀x ∈ R e ∀z ∈ R ∃y ∈ R: x + y = z.

Esercizio 1.2

Si scriva la negazione delle proposizioni dell’esercizio precedente.

Esercizio 1.3 Si dimostri per induzione la seguente formula:

n

X

k=1

k2=1

6n(n + 1)(2n + 1) ∀n ∈ N \ {0}.

Esercizio 1.4 Si consideri l’insieme numerico

A =

½ 1 − 1

n2 : n ∈ N \ {0}

¾ . (i) Si stabilisca se 1 ∈ A.

(ii) Si determini l’estremo superiore di A e si stabilisca se è anche il suo massimo.

(iii) Si determini l’estremo inferiore di A e si stabilisca se è anche il suo minimo.

Esercizio 1.5

Si consideri l’insieme numerico A =

½ 1

1 + z: z ∈ Z \ {−1}

¾ . (i) Si stabilisca se 1 ∈ A.

(ii) Si determini l’estremo superiore di A e si stabilisca se è anche il suo massimo.

(iii) Si determini l’estremo inferiore di A e si stabilisca se è anche il suo minimo.

Esercizio 1.6

Si considerino i seguenti insiemi numerici.

(i) [4, 5),

(ii) (−∞,1) ∪ (2,3], (iii) (0, +∞),

(iv) (−∞,0) ∪ [1,+∞),

(9)

(v) {x ∈ R : |x| < 2x − 1}, (vi)

½

x = n −1 n: n ∈ N

¾ .

- Si stabilisca se essi sono limitati superiormente e/o inferiormente;

- Si determinino l’insieme (eventualmente vuoto) dei suoi maggioranti e l’insieme (eventual- mente vuoto) dei suoi minoranti per ciascuno di essi.

- Si determinino, per ciascuno di essi, l’estremo superiore e inferiore e si stabilisca se sono anche, rispettivamente, massimo e minimo.

Esercizio 1.7 Si dica se le seguente affermazione è corretta.

Se A ⊆ R è limitato superioremente (risp., inferiormente), allora l’insieme dei maggioranti (risp., minoranti) di A è un intervallo illimitato superiormente (risp., inferiormente). Se A ⊆ R è illimitato superioremente (risp., inferiormente), allora l’insieme dei maggioranti (risp., minoranti) di A è vuoto.

Soluzioni

Es. 1 (i) Vero.

(ii) Falso. Si prenda ad esempio x = −1.

(iii) Falso. Si prenda ad esempio x = 0.

(iv) Vero. Basta prendere n = 1. Si noti che tale n non dipende da x. Quindi è vera un’affermazione più forte:

∃n ∈ N : 1

1 + x2 ≤ n ∀x ∈ R.

Tale n è (ad esempio) n = 1.

(v) Falso. Infatti per ogni x ∈ R esiste n ∈ N tale che n > x2+ 1.

(vi) Vero. Tale y è semplicemente la soluzione (nell’incognita y) dell’equazione x + y = z, cioé y = z − x.

Es. 2

(i) ∃n ∈ N\{0,1,2} : n2− 8 ≤ 0.

(ii) ∃x ∈ R\[0,1] : x2− 1 ≤ 0.

(iii) ∃x ∈ Q : x2− 2 ≤ 0.

(iv) ∃x ∈ R :1+x12> n ∀n ∈ N.

(v) ∀x ∈ R ∃n ∈ N : x2+ 1 < n.

(vi) ∃ x, z ∈ R : x + y 6= z ∀y ∈ R.

(10)

Es. 3

Si procede per induzione.

• Si ha

1

X

k=1

k2= 12= 1 =1

6(1)(1 + 1)(2 · 1 + 1), dunque la formula vale per n = 1.

• Si supponga la formula valida per n. Dimostriamo che allora vale anche per n + 1. Si ha

n+1X

k=1

k2=

n

X

k=1

k2+ (n + 1)2.

Usando l’ipotesi induttiva (nella prima delle uguaglianze che seguono)

n

X

k=1

k2+ (n + 1)2 = 1

6n(n + 1)(2n + 1) + (n + 1)2=1

6(n + 1)[n(2n + 1) + 6(n + 1)]

= 1

6(n + 1)[2n2+ 7n + 6] =1

6(n + 1)(n + 2)(2n + 3), cioè la formula per n + 1.

Es. 4

(i) Si ha 1 −n12< 1 per ogni n ∈ N. Dunque 1 ∉ A.

(ii) sup A = 1 e non è un massimo, poiché 1 ∉ A.

(iii) Si ha 1−n12≥ 0 per ogni n ∈ N\{0} e 1−n12= 0 quando n = 1. Quindi inf A = 0 ed è un minimo.

Es. 5

(i) Se z = 0 si ha 1+z1 = 1. Dunque 1 ∈ A.

(ii) Si ha 1

1+z≤ 1 per ogni z ∈ Z \ {−1} e 1+z1 = 1 se z = 0. Quindi sup A = 1 ed è il massimo di A.

(iii) Si ha 1+z1 ≥ −1 per ogni z ∈ Z \ {−1} e 1+z1 = −1 se z = −2. Quindi inf A = −1 ed è il minimo di A.

Es. 6

(i) Limitato superiormente e limitato inferiormente.

(ii) Limitato superiormente e illimitato inferiormente.

(iii) Limitato inferiormente e illimitato superiormente.

(iv) Illimitato inferiormente e illimitato superiormente.

(11)

(v) La disequazione |x| < 2x − 1 si riscrive come (x < 2x − 1

x ≥ 0 ∨

(−x < 2x − 1 x < 0 ovvero

(x > 1 x ≥ 0 ∨

(1 < 3x x < 0.

Poiché il primo sistema ha come insieme delle soluzioni (1, +∞) e il secondo sistema non ha soluzioni, si conclude che la disequazione |x| < 2x−1 ha come insieme delle soluzioni (1,+∞).

Quindi l’insieme proposto è limitato inferiormente ma non superiormente.

(vi) L’insieme in considerazione è limitato inferiormente, ma non superiormente. È limitato inferiormente poiché

0 ≤ n −1

n, ∀n ∈ N \ {0}.

Per dimostrare che non è limitato superiormente, si prende M ∈ R. Chiaramente esiste n ∈ N (nota: che dipende da M) tale che n > M + 1. Ne consegue

n −1

n≥ n − 1 > (M + 1) − 1 = M.

Dall’arbitrarietà di M discende che l’insieme non è limitato superiormente.

Es. 7 Corretta. Infatti, se M ∈ R è un maggiorante per A, tale è anche ogni M0≥ M; da ciò si deduce che l’insieme dei maggioranti di un insieme A limitato superiormente è un intervallo illimitato a destra. Se A è illimitato superiormente, per definizione non esiste nessun maggio- rante per A, quindi l’insieme dei maggioranti è vuoto. Simmetricamente si ha l’enunciato nel caso “inferiormente” e “minoranti”.

(12)
(13)

Capitolo 2

Funzioni reali: generalità

Richiami di teoria

N.B.: Nel seguito, se non diversamente specificato, si assumerà sempre che i sottoinsiemi diR considerati nelle definizioni sono non vuoti.

Definizione 2.1 (Dominio naturale). Quando una funzione reale f è assegnata attraverso una espressione analitica nella variabile indipendente, se non diversamente specificato, si considera come dominio della funzione il più grande insieme di valori che la variabile indipendente può assumere dando senso alla suddetta espressione analitica e lo si chiama dominio naturale della funzione. Di seguito esso si denoterà solitamente col simbolo Df.  Definizione 2.2 (Funzioni pari e dispari). Sia A ⊆ R simmetrico rispetto a 0, cioè tale che x ∈ A se e solo se −x ∈ A.

• Una funzione f : A → R si dice pari se f (−x) = f (x) per ogni x ∈ A.

• Una funzione f : A → R si dice dispari se f (−x) = −f (x) per ogni x ∈ A.  Osservazione 2.3. A livello di grafico le funzioni pari e dispari si caratterizzano per avere le seguenti proprietà di simmetria.

• Le funzioni pari sono tutte e sole quelle che hanno grafico simmetrico rispetto all’asse ver- ticale del sistema di riferimento cartesiano (prototipo: f (x) = xncon n ∈ N pari).

• Le funzioni dispari sono tutte e sole quelle che hanno grafico simmetrico rispetto all’origine del sistema di riferimento cartesiano (prototipo: f (x) = xncon n ∈ N dispari).  Definizione 2.4 (Restrizione di una funzione). Sia f : A ⊆ R → R e sia E ⊆ A. La restrizione di f

ad E è la funzione f |E: E → R, x 7→ f (x). 

Definizione 2.5 (Immagine). Sia f : A ⊆ R → R e sia E ⊆ A. L’immagine di E tramite f è l’insieme f (E) :=© f (x) : x ∈ Eª.

f (A) si dice anche, semplicemente, immagine di f . 

Definizione 2.6 (Funzioni limitate superiormente/inferiormente). Sia f : A ⊆ R → R e sia E ⊆ A.

• f si dice limitata superiormente su E se f (E) è limitato superiormente; equivalentemente, se esiste M ∈ R tale che f (x) ≤ M per ogni x ∈ E; in tal caso si dice che M è un maggiorante per f su E. In caso contrario si dice che f è illimitata superiormente su E.

(14)

• f si dice limitata inferiormente su E se f (E) è limitato inferiormente; equivalentemente, se esiste m ∈ R tale che f (x) ≥ m per ogni x ∈ E; in tal caso si dice che m è un minorante per f su E. In caso contrario si dice che f è illimitata inferiormente su E.

• f si dice limitata su E se è sia limitata superiormente su E, sia limitata inferiormente su E;

equivalentemente, se esistono m, M ∈ R (con m ≤ M necessariamente) tali che m ≤ f (x) ≤ M per ogni x ∈ E; equivalentemente, se esiste L ≥ 0 tale che |f (x)| ≤ L per ogni x ∈ E. In caso contrario si dice che f è illimitata su E.

Quando E = A, “su A” viene solitamente omesso nella definizione.  Definizione 2.7 (Estremo superiore/inferiore di una funzione su un insieme). Sia f : A ⊆ R → R e sia E ⊆ A.

• L’ estremo superiore di f su E, denotato da sup

E

f (o da sup

x∈E

f (x)), è il “numero" (finito o infinito) sup f (E).

• L’ estremo inferiore di f su E, denotato da inf

E f (o da inf

x∈Ef (x)), è il “numero" (finito o infinito) inf f (E).

Quando E = A, “su A” viene solitamente omesso nella definizione.  Osservazione 2.8. Si ha la seguente caratterizzazione (che può essere presa, equivalentemente, come definizione) di sup

E

f e inf

E f .

• sup

E f = M ∈ R se e solo se

1. M è un maggiorante di f su E;

2. per ogniε> 0 esiste x ∈ E tale che f (x) > M −ε.

• sup

E f = +∞ se e solo se per ogni M ∈ R esiste x ∈ E tale che f (x) ≥ M.

• inf

E f = m ∈ R se e solo se

1. m è un minorante di f su E;

2. per ogniε> 0 esiste x ∈ E tale che f (x) < m +ε.

• inf

E f = −∞ se e solo se per ogni m ∈ R esiste x ∈ E tale che f (x) ≤ m.  Definizione 2.9 (Massimo/minimo globale di una funzione su un insieme). Sia f : A ⊆ R → R e sia E ⊆ A.

• Il massimo globale di f su E, denotato da max

E f (o da max

x∈E f (x)), è il numero reale (se esiste) max f (E).

• Il minimo globale di f su E, denotato da min

E f (o da max

x∈E f (x)), è il numero reale (se esiste) min f (E).

Quando E = A, “su A” viene solitamente omesso nella definizione.  Osservazione 2.10. Si ha la seguente caratterizzazione (che può essere presa, equivalente- mente, come definizione) di max

E f e min

E f .

• max

E f = M ∈ R se e solo se

(15)

1. M è un maggiorante di f su E;

2. esiste xM∈ E tale che f (xM) = M.

Equivalentemente, se esiste xM∈ E tale che M = f (xM) ≥ f (x) per ogni x ∈ E. Il punto xMè detto punto di massimo per f su E.

• min

E f = m ∈ R se e solo se

1. m è un minorante di f su E;

2. esiste xm∈ E tale che f (xm) = m.

Equivalentemente, se esiste xm∈ E tale che m = f (xm) ≤ f (x) per ogni x ∈ E. Il punto xmè

detto punto di minimo per f su E. 

Definizione 2.11 (Funzioni monotone). Sia f : A ⊆ R → R e sia E ⊆ A.

• f si dice crescente su E se per ogni x1, x2∈ E con x1< x2risulta f (x1) ≤ f (x2).

• f si dice decrescente su E se per ogni x1, x2∈ E con x1< x2risulta f (x1) ≥ f (x2).

• f si dice strettamente crescente su E se per ogni x1, x2∈ E con x1< x2risulta f (x1) < f (x2).

• f si dice strettamente decrescente su E se per ogni x1, x2∈ E con x1< x2risulta f (x1) > f (x2).

Quando E = A, “su A” viene solitamente omesso nella definizione.

Se f rientra in una delle casistiche precedienti si dice che f è monotona su E; se vi rientra nelle casistiche strette, si dice che f è strettamente monotona su E.  Definizione 2.12 (Funzioni concave/convesse). Sia f : A ⊂ R → R e sia I ⊆ A un intervallo.

• f si dice convessa su I se

f (tx1+ (1 − t)x2) ≤ t f (x1) + (1 − t)f (x2) ∀x1, x2∈ I, ∀t ∈ [0, 1].

• f si dice concava su I se

f (tx1+ (1 − t)x2) ≥ t f (x1) + (1 − t)f (x2) ∀x1, x2∈ I, ∀t ∈ [0, 1].

• f si dice strettamente convessa su I se

f (tx1+ (1 − t)x2) < t f (x1) + (1 − t)f (x2) ∀x1, x2∈ I, ∀t ∈ (0, 1).

• f si dice convessa su I se

f (tx1+ (1 − t)x2) > t f (x1) + (1 − t)f (x2) ∀x1, x2∈ I, ∀t ∈ (0, 1).

Quando I = A, “su A” viene solitamente omesso nella definizione.  Osservazione 2.13. Il grafico di una funzione convessa su un intervallo è tale che ogni corda congiungente due suoi punti giace sopra di esso; il grafico di una funzione concava è tale che ogni corda congiungente due suoi punti giace sotto di esso. Se la funzione è strettamente convessa o strettamente concava, le caratterizzazioni geometriche descritte sopra si verificano in modo stretto (cioè non ci sono pezzi della corda, ad eccezione degli estremi, che giacciono sul grafico

della funzione). 

(16)

Definizione 2.14 (Punto di flesso). Sia f : A → R. Un punto x0∈ A si dice punto di flesso se esiste un intorno (x0δ, x0+δ) ⊆ A di x0 tale che f è convessa in (x0δ, x0] e concava in [x0, x0+δ) o

viceversa. 

Definizione 2.15 (Punti di massimo e minimo locali).

• Sia f : A → R e sia x0∈ A. x0si dice un punto di massimo locale per f se esisteδ> 0 tale che x0è un punto di massimo globale per f |A∩(x0−δ,x0+δ), cioè se esisteδ> 0 tale che f (x0) ≥ f (x) per ogni x ∈ A ∩ (x0δ, x0+δ). Se la disuguaglianza sopra è stretta per x 6= x0, si dice che x0 è un punto di massimo locale stretto o forte.

• Sia f : A → R e sia x0∈ A. x0si dice un punto di minimo locale per f se esisteδ> 0 tale che x0 è un punto di minimo globale per f |A∩(x0−δ,x0+δ), cioè se esisteδ> 0 tale che f (x0) ≤ f (x) per ogni x ∈ A ∩ (x0δ, x0+δ). Se la disuguaglianza sopra è stretta per x 6= x0, si dice che x0

è un punto di minimo locale stretto o forte. 

Definizione 2.16. Siano f : A → R, g : B → R funzioni reali. Si definiscono le funzoni somma f + g, prodotto f · g e quoziente f /g come segue.

• Somma: si definisce

f + g : A ∩ B → R, ( f + g)(x) := f (x) + g(x) ∀x ∈ A ∩ B.

• Prodotto: si definisce

f · g : A ∩ B → R, ( f · g)(x) := f (x)g(x) ∀x ∈ A ∩ B.

• Quoziente: posto

Z :=©x ∈ B : g(x) = 0ª, si definisce

f

g: (A ∩ B) \ Z → R, µf

g

(x) := f (x)

g(x) ∀x ∈ (A ∩ B) \ Z.

Definizione 2.17. Siano f : A → R e g : B → R. Si dice funzione composta di g ed f e si denota g ◦ f la funzione

g ◦ f : E → R, x 7→ g(f (x)),

definita sul dominio E := {x ∈ A : f (x) ∈ B}. 

Osservazione 2.18. Chiaramente, in generale la composizione di funzioni non è commutativa, cioè g ◦ f 6= f ◦ g.

Osservazione 2.19. La composizione si può iterare: assegnate n ≥ 2 funzioni fi: Ai→ R, i = 1, . . . , n, si definisce la funzione composta fn◦. . .◦ f1è definita per ricorsione attraverso la seguente:

fn◦ . . . ◦ f1:= fn◦ [ fn−1◦ . . . ◦ f1].  Notazione 2.20. Se n ≥ 2, si usa la notazioine fnper denotare la composizione f ◦... ◦ f ripetuta

n volte. 

Osservazione 2.21. L’espressione fn(x), quando ha senso, non coincide, in generale, con [ f (x)]n. La prima espressione si ottinene componendo f con se stessa n volte e calcolandola in x, la sec- onda calcolando f (x) ed elevando il risultato alla potenza n-esima. Si osservi, comunque, in un certo contrasto con quanto detto sopra, che solitamente la notazione sin2x sta in effetti per (sin x)2 e non per sin(sin x) e lo stesso vale per sinnx, cosnx, tannx e lognax. 

(17)

Definizione 2.22 (Funzione iniettiva o invertibile; funzione inversa). Sia f : A → R. f si dice iniettiva o invertibile se

x1, x2∈ A, x16= x2 =⇒ f (x1) 6= f (x2).

Se f è iniettiva, si definisce la funzione inversa, denotata da f−1nel seguente modo:

f−1: f (A) → R, y 7→ l’unico x ∈ A : f (x) = y.  Osservazione 2.23. Definiamo la funzione identità su E ⊆ R come IdE: E → R, x 7→ x. Se f : A → R è una funzione invertibile, allora anche f−1è invertibile e risulta

f−1◦ f = IdA, f ◦ f−1= Idf (A). 

Osservazione 2.24. La condizione di invertibilità di una funzione f : A → R equivale a richiedere che per ogni y ∈ R l’equazione f (x) = y abbia al più una soluzione; precisamente essa abbia un’unica soluzione per ogni y ∈ f (A). Tale soluzione è, per definizione, l’elemento f−1( y) ∈ A.



Osservazione 2.25. L’espressione f−1(x), quando ha senso, non coincide, in generale, con [ f (x)]−1.



Osservazione 2.26. Talvolta, quando f non è invertibile, può essere significativo considerare restrizioni f |E: E → R con E ⊆ A che risultino invertibili. Il caso più rappresentativo è cositituito dalla funzione f :R → R, x 7→ x2. Tale funzione non è chiaramente invertibile, ma lo è la sua restrizione aR+: precisamente ( f |R+)−1(x) =p

x. 

Definizione 2.27 (Funzioni definite a tratti). Una f : A → R si dice definita a tratti se è definita assegnando diverse leggi in diversi pezzi del suo dominio, cioè il dominio A viene partizionato come A =Sn

i=1Ai, con Ai∩ Aj= ; per ogni i, j = 1, ..., n con i 6= j, e si definisce f attraverso le sue restrizoni su ciascun insieme Ai:

f |Ai= fi, con fi: Ai→ R, i = 1, ..., n assegnate.  Esempio 2.28 (Alcune funzioni speciali). Di seguito elenchiamo alcune funzioni che risultano utili per lo sviluppo della teoria e nelle applicazioni.

(i) La funzione valore assoluto: è la funzione, denotata da | · | e definita da

| · | : R → R, |x| :=

(x, se x ≥ 0,

−x, se x < 0.

(ii) La funzione parte positiva: è la funzione, denotata dall’apice+e definita da

+:R → R, x+:=

(x, se x ≥ 0, 0, se x < 0.

(iii) La funzione parte negativa: è la funzione, denotata dall’apicee definita da

:R → R, x:=

(0, se x ≥ 0,

−x, se x < 0.

(iv) La funzione indicatrice di un insieme E ⊆ R: è la funzione denotata da 1E e definita da

1E:R → R, 1E(x) :=

(1, se x ∈ E, 0, se x ∉ E.

(18)

(v) La funzione parte intera: è la funzione, denotata da [·] e definita da [·] : R → R, [x] := max© z ∈ Z : z ≤ xª.

(vi) La funzione parte frazionaria: è la funzione, denotata da b·c e definita da b·c : R → R, bxc := x − [x].

(vii) La funzione segno: è la funzione, denotata da Sgn e definita da

Sgn :R → R, Sgn(x) :=





1, se x > 0, 0, se x = 0,

−1, se x < 0. 

Osservazione 2.29. Chiaramente si hanno le identità x = x+− xe |x| = x++ x.  Esempio 2.30 (Le funzioni elementari). Di fondamentale importanza per lo sviluppo della teroia sono le funzioni elementari.

(i) La funzione potenza xαconsiderata suR+seα> 0 e su (0, +∞) seα< 0.

(ii) La funzione esponenziale ax, con a > 0, definita su R.

(iii) La funzione logaritmica logax, con a ∈ (0,1) ∪ (1,+∞), definita su (0,+∞).

(iv) Le funzioni trigonometriche sin x e cos x definite suR e la funzione tg x definita per x 6=π2+kπ per ogni k ∈ Z.

Per la loro definizione e descrizone si rimanda al libro di testo. 

Esercizi

Esercizio 2.1

Si consideri la funzione f il cui grafico è rappresentato dalla figura in basso.

(19)

(i) Si determini il dominio Df della funzione.

(ii) Si determini l’insieme {x ∈ Df: f (x) = 0}.

(iii) Si stabilisca se la funzione è limitata superiormente e/o inferiormente su Df e si determinino sup

Df

f ed inf

Df

f .

(iv) Si stabilisca se l’estremo superiore e l’estremo inferiore della funzione, trovati nel punto precedente, sono anche, rispettivamente, massimo e minimo (globale) per la funzione.

(v) Si determini l’immagine di f .

(vi) Si determini l’immagine dell’insieme [−1,1] ∩ Df tramite f , cioé f ([−1,1] ∩ Df).

(vii) Si stabilisca se la funzione f : Df→ R è iniettiva.

(viii) Si stabilisca se la funzione f |[−1,1]∩Df è iniettiva.

(ix) Si stabilisca se la funzione f è monotona (crescente o decrescente).

(x) Si stabilisca se la funzione f |[−1,1]∩Df è monotona (crescente o decrescente).

Esercizio 2.2

Si risponda alle seguenti domande giustificando le risposte:

(i) È vero che una funzione strettamente monotona è sicuramente iniettiva?

(ii) È vero che una funzione iniettiva è sicuramente strettamente monotona?

(iii) È vero che una funzione monotona è sicuramente iniettiva?

(iv) È vero che una funzione iniettiva è sicuramente monotona?

Esercizio 2.3

Si determini il dominio naturale delle seguenti funzioni:

(i) f (x) =x1/2x−1. (ii) f (x) =px2x−1−1.

(iii) f (x) =1−2x+x1 2+1−|x|1 . (iv) f (x) =|x|x.

(v) f (x) =

px2−1 p1−x2

1 (|x|−1). (vi) f (x) =p1e|x|· log |x − 1|.

(vii) f (x) =|e1px|.

(viii) f (x) =log(1+xpx−12)−log|x|.

(20)

(ix) f (x) =log(x+1)−1px2+x .

(x) f (x) =plog|x| +p1x.

Esercizio 2.4

Si rappresenti il grafico della funzione del punto (iv) dell’Esercizio 2.3.

Esercizio 2.5

Con riferimento ai punti (iii)-(iv) dell’Esercizio 2.1, si motivi in linguaggio matematico rig- oroso le risposte usando le definizioni di sup, inf, max, min per il caso specifico in considerazione.

Esercizio 2.6

Si consideri la funzione f definita dall’espressione analitica seguente

f (x) = x2 1 + x2. (i) Si determini il suo dominio naturale Df.

(ii) Si determini l’immagine di f . (iii) Si determini f (R+).

(iv) Si stabilisca se la funzione è pari, dispari oppure né pari né dispari.

(v) Si stabilisca se f |R+∩Df è iniettiva. In caso affermativo, se ne calcoli l’inversa.

Esercizio 2.7

Si consideri la funzione f definita dall’espressione analitica seguente:

f (x) = (1 + |x| + x2).

(i) Si determini il suo dominio naturale.

(ii) Si determini il minimo globale della funzione sul suo dominio naturale.

(iii) Si scriva f nella forma f (x) = g(|x|) con g : R → R con g di grafico noto.

(iv) Si tracci il grafico di f .

Esercizio 2.8

(21)

Si consideri la funzione f il cui grafico è rappresentato dalla figura in basso.

(i) Si determini il dominio Df della funzione f .

(ii) Si determini in quali punti x ∈ Df risulta f (x) = 0 ed in quali risulta f (x) = 1.

(iii) Si stabilisca se la funzione è iniettiva su Df e se lo è su [0, 2].

(iv) Si stabilisca se la funzione ammette massimi o minimi locali sul dominio.

(v) Si determinino f (Df) e f ([0, 2]).

(vi) Si stabilisca in quai intervalli la funzione è concava o convessa.

(vii) Si stabilisca in quali intervalli la funzione è monotona.

(viii) Se ristretta all’intervallo [−2,0] la funzione è invertibile? In caso affermativo si tracci il grafico dell’inversa.

(ix) Si determinino supDf f e infDf f . (x) Si determinino sup

{0}

f e inf

{0}f .

Esercizio 2.9 Si considerino le funzioni

f (x) = log x, g(x) = 1 + cos x, h(x) = x2 sui loro rispettivi domini naturali.

(i) Determinare il dominio e l’espressione analitica della funzione composta f ◦ g ◦ h.

(ii) Scrivere la funzione

k : (0, +∞) → R, k(x) = [1 + cos(log x)]2 come composizione, nel giusto ordine, delle funzioni f , g, h.

(22)

Esercizio 2.10

Si consideri la funzione f il cui grafico è rappresentato dalla figura in basso.

(i) Si determini il dominio Df della funzione f .

(ii) Si dica in quali punti x del dominio risulta f (x) = 0 e in quali f (x) = 1.

(iii) Si stabilisca se la funzione è limitata speriormente e/o inferiormente su Df e si determinino sup

Df

f e inf

Df

f .

(iv) Si stabilisca in quali intervalli f è crescente e in quali è decrescente.

(v) Si stabilisca in quali intervalli f è convessa e in quali è concava.

(vi) Si stabilisca se f |[2,+∞)è invertibile. In caso affermativo, si tracci il grafico dell’inversa.

(vii) Si determinino f (Df) e f ([2, +∞)).

(viii) Se g : A → R, la controimmagine di B ⊂ R tramite g è l’insieme definito da g−1(B) := {x ∈ A : f (x) ∈ B}.

Si determinino, in questo caso, gli insiemi f−1(R+) e f−1((1, +∞)).

Esercizio 2.11

(23)

Si consideri la funzione f il cui grafico è rappresentato nella figura in basso.

(i) Si determini il dominio Df della funzione f .

(ii) Si determini per quali valori di x ∈ Df risulta f (x) = 0 e per quali f (x) = −1.

(iii) Si determinino i punti di massimo e di minimo locale di f ed i corrispondenti valori di massimo locale e di minimo locale.

(iv) Si determinino sup

{0}

f e inf

{0} f .

(v) Si stabilisca in quali intervalli f è crescente e in quali è decrescente.

(vi) Si stabilisca in quali intervalli f è convessa e in quali è concava.

Esercizio 2.12 Rappresentare graficamente le seguenti funzioni.

(i) Le funzioni dell’ esempio 2.28.

(ii) Dato K > 0,

f :R+→ R, f (x) = (x − K)+.

Tale funzione è utilizzata, in ambito finanziario, per la definizione dell’opzione call.

(iii) Dato K > 0,

f :R+→ R, f (x) = (K − x)+.

Tale funzione è utilizzata, in ambito finanziario, per la definizione dell’opzione put.

(iv) Dato K > 0,

f :R+→ R, f (x) = 1[K,+∞).

Tale funzione è utilizzata, in ambito finanziario, per la definizione delle opzioni digital.

(24)

Esercizio 2.13

Si considerino le funzioni

f (x) = ex, g(x) = −x, h(x) = log x

sui loro rispettivi domini naturali.

(i) Si determini il dominio e l’espressione analitica della funzione composta f ◦ g ◦ h.

(ii) Si scriva la funzione k :R → R, k(x) = −x come composizione, nel giusto ordine, delle tre funzioni f , g, h.

Esercizio 2.14

Si consideri la funzioni il cui grafico è rappresentato in figura.

Si tracci il grafico della funzione

g :R \ {0} → R, g(x) := −f (|x|).

Esercizio 2.15

Si consideri la funzione f il cui grafico è rappresentato in figura.

(25)

(i) Si determinino gli intervalli di monotonia della funzione.

(ii) Determinare gli intervalli di concavità e convessità della funzione.

(iii) Si determini f ([−2,1)).

(iv) Si tracci il grafico di g−1dove g = f |[−2,1).

Esercizio 2.16

Consultare gli esercizi e le soluzioni dei Capitoli 1-2 del volume:

- Francesco Brega, Grazia Messineo, Esercizi di Matematica Generale (Funzioni, limiti e con- tinuità). Giappichelli Editore.

Soluzioni

Es. 1

(i) [−3,0) ∪ (0,+∞).

(ii) f (x) = 0 se e solo se x = −2. Quindi l’insieme richiesto è {−2}.

(iii) Limitata superioremente e inferiormente; supD

f f = 2, infDf f = −1.

(iv) Entrambi i valori di sup e inf sono ottenuti come immagini di elementi del dominio (precisa- mente f (1) = 2 e f (−1) = −1. Dunque essi sono, rispettivamente, massimo e minimo.

(v) f (Df) = [−1,2].

(vi) f ([−1,1] ∩ Df) = [−1,0) ∪ (1,2].

(vii) Non è iniettiva: se y ∈ (0,1/2] allore esistono x1, x2∈ Df con x16= x2tali che f (x1) = f (x2) = y.

(viii) Si: per ogni y ∈ [−1,0) ∪ (1,2] esiste un unico x ∈ [−1,1] ∩ Df tale che f (x) = y.

(26)

(ix) Non è monotona.

(x) È monotona (strettamente crescente).

Es. 2

(i) Si. Supponiamo per assurdo che la funzione non sia iniettiva. Questo significa che esistono x1, x2∈ Df con x16= x2 (e supponiamo x1< x2) tali che f (x1) = f (x2). Ciò contraddice l’ipotes di stretta monotonia (che infatti implicherebbe f (x1) < f (x2) nel caso strettamente crescente e f (x1) > f (x2) nel caso strettamente decrescente).

(ii) No. Si consideri la funzione f :R \ {0} → R, x 7→1x.

(iii) No. Qualsiasi funzione costante rappresenta un controesempio.

(iv) No. Di nuovo la funzione del punto (ii) funziona come controesempio.

Es. 3

(i) [0, 1) ∪ (1,+∞).

(ii) (1, +∞)

(iii) (−∞,−1) ∪ (−1,1) ∪ (1,+∞).

(iv) (−∞,0) ∪ (0,+∞).

(v) ;.

(vi) (−∞,1) ∪ (1,+∞).

(vii) R+= [0, +∞).

(viii) (1, +∞).

(ix) (0, +∞), (x) [1, +∞).

Es. 4

Es. 5

(27)

• Si ha

f (x) ≤ 2 ∀x ∈ Df ∧ ∀ε> 0 ∃x0∈ Df: f (x0) > 2 −ε. cioè la definizione di sup

Df

f = 2.

• Si ha

f (x) ≥ −1 ∀x ∈ Df ∧ ∀ε> 0 ∃x0∈ Df: f (x0) < −1 +ε. cioè la definizione di inf

Df f = −1.

• Si ha f (1) ≥ f (x) per ogni x ∈ Df, cioè la definizione di max

Df

f = 2 (con punto di massimo x0= 1).

• Si ha f (−1) ≤ f (x) per ogni x ∈ Df, cioè la definizione di min

Df

f = −1 (con punto di minimo x0= −1).

Es. 6

(i) Df = R.

(ii) Sia y ∈ R e consideriamo l’equazione (nella variabile x) f (x) = y. Svolgendo i calcoli si vede che tale equazione ha soluzione se e solo se y ∈ [0,1). Precisamente:

• x = 0 se y = 0;

• x = ±q y

1−y, se y ∈ (0,1).

Se ne deduce che f (R) = [0,1).

(iii) f (R+) = [0,1); infatti, per il punto precedente l’equazione f (x) = y ha (un’unica) soluzione in R+, data daq y

1−y, se e solo se y ∈ [0,1).

(iv) Pari.

(v) Considerando il punto (iii): è iniettiva e l’inversa è la funzione

( f |R+)−1: [0, 1) → [0,+∞), y 7→

r y

1 − y.

Es. 7

(i) Il dominio naturale èR.

(ii) 1 = f (0) ≥ f (x) ≥ 1 per ogni x ∈ R. Dunque min

Df f = 0 con punto di minimo xm= 0.

(iii) g(x) = 1 + x + x2. (iv) Il grafico è il seguente:

(28)

Es. 8

(i) Df = [−2, 2].

(ii) f (x) = 0 per x = −2 ∨ x = 2. f (x) = 1 per x = −1 ∨ x = 0 ∨ x = 1.

(iii) Non è iniettiva né su Df, né su [0, 2]. Infatti si ha, ad esempio, f (0) = f (1) = 1.

(iv) Punti di minimo locale: x = −2, x = 0, x = 2. Non ci sono punti di massimo locale.

(v) f (Df) = f ([0,2]) = [0,2).

(vi) Concava in [−2,−1] ed in [0,1]. Convessa in [−1,0) ed in [1,2].

(vii) Crescente (strettamente) in [−2,0). Decrescente (strettamente) in (0,2].

(viii) Non è invertibile poiché f (−1) = f (0) = 1.

(ix) sup

Df

f = 2, inf

Df f = 0.

(x) sup

{0} f = 1, inf

{0} f = 1.

Es. 9

(i) Il dominio di f ◦ g ◦ h è

Df ◦g◦h = {x ∈ R : h(x) ∈ R ∧ g(h(x)) > 0} = {x ∈ R : 1 + cos x2> 0}

= {x ∈ R : cos x26= −1} = {x ∈ R : x26=π+ 2kπ∀k ∈ Z}

= {x ∈ R : x 6= ±p

π+ 2kπ∀k ∈ N}.

L’espressione analitica di f ◦ g ◦ h è

[ f ◦ g ◦ h](x) = log(1 + cos x2).

(ii) Si ha k = h ◦ g ◦ f .

Es. 10

(29)

(i) Df = (−∞, −1) ∪ (−1, +∞).

(ii) f (x) = 0 per x = −2, x = 0. f (x) = 1 per x = 1.

(iii) La funzione non è limitata né superiormente, né inferiormente su Df. Dunque sup

Df

f = +∞

e inf

Df

f = −∞.

(iv) f è crescente (strettamente) in (−∞,−2], in (−1,0] ed in [1,2]. f è decrescente (strettamente) in (−2,−1) in (0,1] ed in [2,+∞).

(v) f è convessa in (−∞,−2], in (−2,−1), in (0,1] ed in [3,+∞). f è concava in (−1,0] ed in [1,3].

(vi) Si, è invertibile. Il grafico richiesto è il seguente:

(vii) f (Df) = R e f ([2,+∞) = (1,2].

(viii) f−1(R+) = [−2,−1) ∪ [0,+∞) e f−1((1, +∞)) = (0,1) ∪ (1,+∞).

Es. 11

(i) Df = (−4, −1] ∪ R+.

(ii) f (x) = 0 per x = −3 e x = −1 e x = 2; f (x) = −1 per x = −2 e x = 0.

(iii) Punti di massimo locale: x = −1 con valore f (−1) = 0; x = 1 con valore f (1) = 2. Punti di minimo locale: x = −1 con valore f (−2) = −1; x = 0 con valore f (0) = −1.

(iv) sup

{0} f = −1, inf

{0} f = −1.

(v) Strettamente decrescente in (−4,−2] e in [1,+∞). Strettamente crescente in [−2,−1] e in [0, 1].

(vi) Strettamente convessa in [−3,−1] ed in [2,+∞). Strettamente concava in (−4,−3] ed in [0, 1]. Convessa e concava contemporaneamente in [1, 2]. Convessa in [1, +∞).

(30)

Es. 12

Es. 13

(i) Il dominio di f ◦ g ◦ h è

Df ◦g◦h= {x ∈ (0, +∞) : h(x) ∈ R ∧ g(h(x)) ∈ R} = (0, +∞).

L’espressione analitica di f ◦ g ◦ h è

[ f ◦ g ◦ h](x) = e− log x=1 x. (ii) Si ha k = g ◦ h ◦ f .

Es. 14

Il grafico richiesto è il seguente:

(31)

Es. 15

(i) f è strettamente crescente nell’intervallo [−2,1] e strettamente decrescente nell’intervallo (2, +∞).

(ii) f è strettamente convessa negli intervalli [−2,−1] e [1,+∞); strettamente concava negli intervalli [−1,0]; concava e convessa nell’intervallo [0,1].

(iii) f ([−2,1)) = [0,3).

(iv) Il grafico di g−1è il seguente.

(32)
(33)

Capitolo 3

Successioni e serie

Richiami di teoria

Convenzione 3.1. (i) Nel seguito di questo capitolo n, n0 indicheranno sempre numeri natu- rali, mentreε, M indicheranno sempre numeri reali.

(ii) Quando scriveremo ∞, senza segno intenderemo +∞ ∨ −∞.

(iii) In deroga alla convenzione stabilita in (ii), quando scriveremo n → ∞ intenderemo esclusi- vamente n → +∞. Questo è chiaro dal contesto se si tiene conto della convenzione (i) e dal significato del simbolo n → ∞ che sarà stabilito in questo capitolo.  Definizione 3.2 (Successione). Una successione è una funzione a :N → R. Per denotare una successione si usa solitamente la notazione compatta {an}n∈N. Il pedice n si chiama indice della

successione e ansi dice elemento n-esimo della successione. 

Definizione 3.3 (Successioni definite per ricorrenza). Sia f :R → R. Una successone {an}n∈Nè definita per ricorrenza dalla legge f , se è definita assegnando il suo primo elemento a0 e asseg- nando i successivi elementi tramite la relazione ricorsiva

an+1= f (an), n ∈ N. 

Osservazione 3.4. Le successioni definite per ricorrenza modellizzano bene modelli dinamici a tempi discreti: a0 rappresenta lo stato iniziale del sistema, anrappresenta lo stato del sistema al tempo n ∈ N e f rappresenta la legge che stabilisce la dinamica del sistema.  Esempio 3.5 (Successione aritmetica). La successione aritmetica di ragione r ∈ R e con valore inizialeα∈ R è la successione

an=α+ rn, n ∈ N.

Essa può anche essere definita per ricorrenza come segue:

(an+1= an+ r, ∀n ∈ N, a0=α.

Esempio 3.6 (Successione geometrica). La successione geometrica di ragione r ∈ R e con valore inizialeα∈ R è la successione

an=αrn, n ∈ N.

Essa può anche essere definita per ricorrenza come segue:

(an+1= ran, ∀n ∈ N, a0=α.

(34)

Osservazione 3.7. La successione aritmetica e la successione geometrica modellizzano, rispet- tivamente, la legge di capitalizzazione semplice e la legge di capitalizzazione composta.  Osservazione 3.8. Talvolta la successione non è propriamente una funzione definita su tuttoN, ma soltanto a partire da un certo m ∈ N \ {0} in poi, cioè una funzione a : N \ {0,..., m − 1} → R. In

tal caso si denoterà con la scrittura {an}n≥m. 

Definizione 3.9 (Successioni a termini positivi/negativi). Una successione si dice a termini pos- itivi (risp., negativi) se an> 0 per ogni n ∈ N (risp., an< 0 per ogni n ∈ N).

Definizione 3.10 (Successioni monotone). Sia {an}n∈Nuna successione.

• {an}n∈Nsi dice crescente se an+1≥ anper ogni n ∈ N.

• {an}n∈Nsi dice decrescente se an+1≤ anper ogni n ∈ N.

• {an}n∈Nsi dice strettamente crescente se an+1> anper ogni n ∈ N.

• {an}n∈Nsi dice strettamente decrescente se an+1< anper ogni n ∈ N.

Se {an}n∈N rientra in una delle casistiche precedenti si dice che essa è monotona; se vi rientra nelle casistiche strette, si dice che essa è strettamente monotona.  Osservazione 3.11. Una successione è un elenco ordinato di numeri reali. Essa può comunque essere vista, in particolare, come un sottoinsieme di R. Le definizioni date per sottoinsiemi di numeri reali (limitatezza superiore e inferiore, estremo superiore e inferiore, massimo e minimo) si applicano quindi anche alle successioni. Con chiaro significato dei simboli, sup

n∈N

an starà per

sup{an: n ∈ N}, eccetera. 

Definizione 3.12 (Proprietà asintotiche di una successione). Sia {an}n∈N una succcessione. Se una certa proprietà vale per ogni termine an a partire da un certo indice n0∈ N in poi (cioè per ogni an, n ≥ n0), si dice che la successione possiede tale proprietà asintoticamente o definitiva-

mente. 

Definizione 3.13 (Limite finito di una successione). Sia {an}n∈Nuna succcessione. Si dice che:

• il limite di anper n che tende all’infinito è L ∈ R e si scrive limn→∞an= L;

oppure che

• antende a L ∈ R quando n tende all’infinito e si scrive an→ L per n → ∞ oppure ann→∞

→ L oppure, più semplicemente, an→ L,

se

ε> 0 si ha |an− L| <ε definitivamente, cioè se

ε> 0 ∃n0∈ N : |an− L| <ε ∀n ≥ n0.  Definizione 3.14. Se, nella situazuione della definizione precedente, risulta an> L definitiva- mente (risp., an< L definitivamente) allora si dice che antende a L per eccesso (risp., per difetto)

e si scrive an→ L+(risp., an→ 0.) 

Osservazione 3.15. Il numero n0della definizione precedente, in generale dipenderà dalla scelta

diε. 

Definizione 3.16 (Limite infinito di una successione). Sia {an}n∈Nuna succcessione. Si dice che

(35)

• il limite di anper n che tende all’infinito è +∞ (risp., −∞) e si scrive limn→∞an= +∞ (risp.,

−∞) oppure che

• an tende a +∞ (risp., −∞) quando n tende all’infinito e si scrive an→ +∞ (risp. −∞) per n → ∞ oppure ann→∞

−→ +∞ (risp., −∞) oppure, più semplicemente, an→ +∞ (risp., −∞), se

∀M > 0 si ha an≥ M (risp., an≤ −M) definitivamente, cioè se

∀M > 0 ∃n0∈ N : an≥ M (risp., an≤ −M) ∀n ≥ n0. 

Osservazione 3.17. Il numero n0della definizione precedente, in generale dipenderà dalla scelta

di M. 

Definizione 3.18 (Successioni convergenti, divergenti, irregolari). Sia {an}n∈Nuna succcessione.

(i) Se an→ L ∈ R, si dice che la successione {an}n∈Nconverge (ad L) o che essa è convergente (ad L).

(ii) Se an→ +∞ oppure an→ −∞, si dice che la successione {an}n∈Ndiverge o che essa è diver- gente. Precisamente, nel primo caso si dice che essa diverge positivamente, nel secondo caso che essa è diverge negativamente.

(iii) Se la successione {an}n∈Nnon è né convergente, né divergente, si dice che essa è irregolare.

Nei casi (i)-(ii) si dice che la successione ammette limite (finito o infinito) o che il limite della successione esiste (finito o infinito). Nel caso (iii) si dice che la successione non ammette limite o

che il limite della successione non esiste. 

Teorema 3.19 (Unicità del limite). Se il limite di una successione esiste, allora esso è unico.  Proposizione 3.20 (Passaggio al limite di diseguaglianze). Siano {an}n∈N, {bn}n∈N,succcessioni tali che an≤ bndefinitivamente. Valgono i seguenti enunciati.

(i) Si ha limn→∞an≤ limn→∞bn(se i precedenti limiti esistono).

(ii) Se (esiste) limn→∞an= +∞, allora (esiste) anche limn→∞bn= +∞.

(iii) Se (esiste) limn→∞bn= −∞, allora (esiste) anche limn→∞an= −∞.  Corollario 3.21 (Teorema dei “due carabinieri”). Siano {an}n∈N, {bn}n∈N, {cn}n∈Nsucccessioni tali che an≤ bn≤ cn definitivamente. Se (esistono) limn→∞an= limn→∞cn= L ∈ R, allora (esiste)

anche limn→∞bn= L. 

Osservazione 3.22. Il passaggio al limite non mantiene, in generale, la disuguaglianza stretta:

il fatto che risulti an< bndefinitivamente e che esistano i limiti di {an}n∈N, {bn}n∈Nnon garantisce che risulti anche limn→∞an< limn→∞bn. Un controesempio è costituito dalle successioni an≡ 0 e bn=1n. Si ha an< bnper ogni n ≥ 1, ma limn→∞an= limn→∞bn.  Teorema 3.23 (Esistenza del limite di successioni monotone). Sia {an}n∈Nuna successione.

(i) Se {an}n∈Nè monotona, allora essa ammette limite (finito o infinito).

(36)

(ii) Se {an}n∈N è monotona e limitata, allora il suo limite (che esiste in virtù del punto prece- dente) è finito.

Esempio 3.24 (Definizione di e). Si consideri la successione an=

µ 1 +1

n

n

, n ∈ N \ {0}.

Si può dimostrare che tale successione è (strettamente) crescente e limitata. Pertanto essa am- mette limite finito in virtù della Proposizione 3.23. Tale limite si chiama numero di Nepero e si denota col simbolo e. Si ha e ∈ (2,3).

Proposizione 3.25 (Limiti di successioni elementari). Si hanno i seguenti risultati.

• Datoα∈ R, si ha lim

n→∞nα=





+∞, seα> 0, 1, seα= 0, 0, seα< 0.

• Datoα∈ R, si ha lim

n→∞αn=









+∞, seα> 1, 1, seα= 1, 0, seα∈ (−1, 1), non esiste, seα≤ −1,

• Datoα∈ (0, 1) ∪ (1, +∞), si ha lim

n→∞ logαn =

(+∞, seα> 1,

−∞, seα∈ (0, 1).

• Datoα> 0, si ha lim

n→∞α1/n= 1. 

Definizione 3.26 (L’insiemeRe la sua aritmetizzazione parziale). Definiamo R:= R ∪ {+∞,−∞}.

Estendiamo l’ordinamento suR dato dalle relazioni ≤ e < definendo

−∞ ≤ a ≤ +∞ ∀a ∈ R; −∞ < a < +∞ ∀a ∈ R.

Estendiamo parzialmente le operazioni di somma, prodotto, quoziente e potenza considerando anche gli elementi infiniti diRcome segue:

• Somma:

si definisce (+∞) + (+∞) = +∞ e (−∞) + (−∞) = −∞;

se a ∈ R, allora si definisce a + (+∞) = +∞ e a + (−∞) = −∞.

• Prodotto:

si definisce ∞ · ∞ = ∞;

se a ∈ R \ {0}, allora si definisce a · ∞ = ∞.

• Quoziente:

se a ∈ R, allora si definisce a = 0 e a = ∞;

se a ∈ R \ {0}, allora si definisce a0 = ∞.

(37)

• Potenza:

se a ∈ (1,+∞) ∪ {+∞}, allora si definisce a+∞= +∞;

se a ∈ [0,1), allora si definisce a+∞= 0;

se a ∈ (1,+∞) ∪ {+∞}, allora si definisce a−∞= 0;

se a ∈ [0,1), allora si definisce a−∞= +∞.

I segni nelle operazioni di prodotto e quoziente vanno attribuiti nel seguente modo:

• per il prodotto vale la regola del prodotto dei segni;

• per le operazioni a ea con a 6= 0 vale la regola del prodotto dei segni;

• per le operazioni 0 e a0 con a 6= 0 vale la regola del prodotto dei segni quando sia possibile attribuire un segno allo 0 nel senso di quanto stabilito nella Proposizione 3.30.  Osservazione 3.27. L’aritmetizzazione su R è solo parziale, nel senso che vi sono operazioni non definite su esso:

+∞ + (−∞), 0 · ∞, 0 0, ∞

∞, 00, 1, +∞0.

Tali “forme” si dicono forme indeterminate. Quando, nel calcolo dei limiti, si incorre in tali forme, è necessario “scioglierle“, cioè aggirarle (se possibile), con altre tecniche.  Osservazione 3.28. Si noti che 0 e0 non sono forme indeterminate.  Osservazione 3.29. Si noti che le forme indeterminate 00e 1possono essere riportate in forme indeterminate di tipo prodotto: formalmente si ha

" 1= elog 1= e∞·log 1= e∞·0",

" 00= elog 00= e0·log0= e0·(−∞)",

" + ∞0= elog +∞0= e0·log(+∞)= e0·+∞".

ritrovando la forma indeterminata 0 · ∞. 

Proposizione 3.30 (Algebra dei limiti). Siano {an}n∈N{bn}n∈Ndue successioni tali che an→ L e bn→ L0, con L, L0∈ R. Se le operazioni che seguono sono ben definite nell’algebra parziale diR che è stata introdotta, si hanno i seguenti enunciati.

• Si ha

n→∞lim(an+ bn) = L + L0, lim

n→∞(anbn) = LL0.

• Se bn6= 0 definitivamente, si ha

n→∞lim an bn = L

L0,

con la seguente accortezza per la determinazione del segno nel caso L 6= 0 e L0 = 0: il prodotto dei segni va fatto attribuendo, quando possibile, un segno a 0 nel seguente modo:

– segno positivo se bn→ 0+; – segno negativo se bn→ 0.

Quando ciò non è possibile, cioè {bn}n∈N non mantiene definitivamente il segno costante, allora il limite non esiste.

Riferimenti

Documenti correlati

Tramite l’opportuno teorema di De L’Hospital calcolare i limiti delle seguenti forme

L’enunciato (ii)(b) della Proposizione 5.28 non può essere invertito, nel senso che la funzione f potrebbe essere strettamente convessa su I senza che risulti f 00 &gt; 0 ovunque

Teorema sulla condizione sufficiente per l'esistenza di massimi e minimi relativi (dim).. Test delle derivate parziali seconde per l'esistenza di massimi e minimi

[r]

Dimostrazione del Teorema di invarianza per omotopia degli integrali curvilinei di forme di classe C 1 chiuse in E su curve omotope in E ( dimostrazione nel caso generale usando

PQ e imponi che esso sia perpendicolare sia al vettore direttore di r che al vettore direttore di s. Questo metodo cosa ti permette

Teorema: In una progressione geometrica finita il prodoto di due termini equidistanti dai due termini estremi è uguale al prodoto degli stessi.. Sia data una progressione

Poiché il denominatore non si annulla mai, in quanto è diverso da zero per qualunque valore della x, non ci sono punti di discontinuità e quindi asintoti