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Lymphatic-sparing microsurgical varicocelectomy

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Academic year: 2021

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1. INTRODUZIONE

Il varicocele, definito come la dilatazione delle vene del plesso pampiniforme è l’affezione andrologica di più frequente osservazione nell’età adolescenziale. Il termine varicocele deriva dal latino “Varix” (varice) e dal greco “Χele” (gonfiore).

CENNI STORICI

Nel I° secolo dopo Cristo il medico Aulus Cornelius Celsus fu il primo a riconoscere il varicocele che così descrisse nella sua enciclopedia “De Medicina” 1: “ le vene sono gonfie e attorcigliate al di sopra del testicolo che diventa più piccolo del suo compagno in quanto il suo nutrimento diventa insufficiente”.

Il termine varicocele, invece, fu coniato da Curling nel 1843 facendo riferimento ad una dilatazione delle vene testicolari del plesso pampiniforme.

Tuttavia già trattati di medicina, sia dei greci che dei romani, descrivevano, in maniera alquanto dettagliata, questa patologia testicolare. Però come già accennato è solo nel I° secolo dopo Cristo, con Celso che si ebbe sia una descrizione sistematica di quello che allora si chiamava “Cirsocele”, sia una esplicazione del suo trattamento: la legatura transcutanea delle vene. Celso inoltre fu il primo a descrivere l’atrofia testicolare

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omolaterale al varicocele. La tecnica da lui descritta fu applicata per tanti secoli; fino a quando nel Medio Evo, gli arabi diedero una grande spinta allo sviluppo delle scienze in generale e della chirurgia in particolare.

Si deve, infatti riconoscere ad Abulcasis, (Abu al-Qasim al-Zahrawi), l’introduzione, nella Spagna di quel periodo, di un metodo innovativo nel trattamento del varicocele con l’effetto di salvaguardare i vasi arteriosi 2.

Tecniche successive, proposte dalla Scuola di Montpellier, rappresentano soltanto un naturale sviluppo della tecnica di Abulcasis. Va ricordato che la prima sezione della vena spermatica fu realizzata da Brodie a Londra all’inizio del secolo XIX 3. In ogni caso fu con l’affermarsi dell’anestesia che divenne possibile

Figura 1

AULUS CORNELIUS CELSUS

Figura 2

ABULCASIS

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eseguire più ampie resezioni venose, talvolta associate a resezione scrotale parziale di Cooper. Questi interventi furono quelli più utilizzati fino al secolo XX, successivamente sostituiti dalla tecnica di Ivanissevich descritta per la prima volta nel 1918, ma ignorata fino agli anni 50 4. Nel 1948 Palomo introdusse la tecnica di legatura alta della vena gonadica per correggere il varicocele 5.

INCIDENZA

L’incidenza della patologia varia dal 10% al 15%, se riferita al complesso della popolazione, mentre nel maschio infertile, come sostenuto da alcuni Autori, può arrivare fino al 40% 6, 7, 8 .

La maggior parte dei casi di varicocele si manifestano durante lo sviluppo puberale, è rara la sua osservazione in età prepuberale. L’incidenza massima (18-20%) si riscontra a 14-16 anni, con una lieve riduzione (15%) tra i 15 e i 19 anni 9, 10. Nel 90% dei casi il varicocele è localizzato a sinistra e nel 10% dei casi è bilaterale. Non esistono, tuttavia, dati omogenei sulla reale prevalenza del varicocele bilaterale 11.

Se non diagnosticato in età adolescenziale, il varicocele può rimanere misconosciuto per molto tempo ed essere scoperto in età adulta nell’ambito delle indagini avviate per lo studio dell’infertilità di coppia.

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Il varicocele può influenzare negativamente l’accrescimento della gonade in età pediatrico–

adolescenziale, associandosi ad una significativa riduzione del volume testicolare, e può inoltre comportare un’alterazione dei parametri seminali e della fertilità 8, 11.

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2. ASPETTI ANATOMO-CLINICI E TERAPEUTICI

2.1 STUDIO ANATOMICO - CHIRURGICO

La precisa conoscenza dell’anatomia del sistema venoso spermatico è premessa indispensabile sia per un corretto inquadramento eziopatogenetico che per una valida impostazione della terapia del varicocele idiopatico e delle sue recidive.

Pur con le variazioni tipiche di ogni sistema venoso, le vene del testicolo, dell’epididimo e del funicolo dimostrano caratteristiche di distribuzione abbastanza costanti12, 13, 14, 15

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Il drenaggio venoso del testicolo e dell’epididimo è assicurato da un circolo venoso superficiale e da uno profondo che costituisce, in condizioni fisiologiche, la via di scarico principale.

Il circolo venoso superficiale è costituito dalle vene scrotali anteriori, confluenti nella vena grande safena, e dalle vene scrotali posteriori, che drenano nelle vene pudende interne. Le vene scrotali sono anastomizzate con la vena spermatica esterna, con la vena otturatoria ed inoltre, tramite vene transettali e pre-retropubiche, sono in collegamento con l’emiscroto controlaterale.

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Il circolo venoso profondo può essere a sua volta suddiviso in un gruppo anteriore, o spermatico, che circonda l’arteria testicolare, ed in un gruppo posteriore, o deferenziale, in stretto rapporto con il deferente.

È il gruppo anteriore che costituisce la parte principale del plesso, quello con maggiore tendenza alla formazione di varici. Le vene del gruppo anteriore originano dalla porzione più centrale del testicolo e dalla testa dell’epididimo, quindi convergono verso il margine posteriore del testicolo formando un gruppo di grossi

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tronchi venosi, di norma 5-6, e infine salgono nel cordone spermatico al davanti del deferente.

Le vene del gruppo anteriore nel loro decorso ascendente si riducono progressivamente di numero e distalmente si riuniscono in un tronco unico, definito vena spermatica interna; queste, pervenute in addome, contornano l’arteria spermatica a plesso, insieme percorrono la fossa iliaca e la regione lombare, comprese tra il muscolo psoas ed il peritoneo. A destra costeggiano il margine mediale del cieco, mentre a sinistra passano sotto il colon ileo-pelvico. Nella regione lombare incrociano obliquamente, dal davanti, in senso latero- mediale, l’uretere.

Una volta divenute vena spermatica interna, questa drena, a destra, sul contorno anteriore della vena cava inferiore con angolo acuto, mentre, a sinistra, drena nella vena renale, in maniera quasi perpendicolare ad essa. Inoltre le vene del gruppo anteriore si anastomizzano alla radice del pene con la vena dorsale del pene, tributaria della safena interna, e con le vene pudende esterne, tributarie a loro volta della vena safena interna.

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La vena spermatica interna, lungo il suo tragitto, è in connessione :

con il sistema lombare e perivertebrale; con la vena cava inferiore; col circolo capsulare del rene e le vene ureterali; con la vena renale tramite collaterali; con le vene intercostali; con la vena ipogastrica; con il sistema mesenterico inferiore; con la vena epigastrica inferiore tramite l’anastomosi con la vena spermatica esterna; con

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la vena circonflessa iliaca profonda, tributaria della vena iliaca esterna e col sistema gonadico controlaterale a livello lombare o tramite le vene pudende.

ANASTOMOSI TRA LA VENA SPERMATICA INTERNA E ALTRI TERRITORI VENOSI

1) V. cava inferiore; 2) v. renale; 3) v. iliaca comune; 4) v. femorale; 5) v. ipogastrica; 6) v.

spermatica interna; 7) v. spermatica esterna; 8) v. epigastrica inferiore; 9) v. deferenziale; 10) vv. scrotali; 11) v. safena interna; 12-13) anastomosi tra le vene scrotali; 14) sistema venoso lombare ascendente; 16) anastomosi con il circolo capsulare del rene (15); 18) anastomosi con la v. gonadica destra (17); 19) anastomosi con la v. renale tramite collaterali; 20) anastomosi con la v. cava inferiore; 21) anastomosi con il sistema lombare ascendente (14).

Per le importanti implicazioni terapeutiche sono da segnalare le possibili variazioni anatomiche della vena spermatica interna 16, 17. In un terzo dei casi è doppia o tripla, nel 58% dei casi sono presenti collaterali nel suo

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tratto distale; nel 27% in quello medio e nel 15% in quello prossimale.

Le vene del corpo e della coda dell’epididimo, e quelle, assai esili, della rete propria deferenziale, si raccolgono in un gruppo di vene che decorrono nel funicolo spermatico dietro al deferente, formando così il gruppo posteriore. All’altezza dell’anello inguinale esterno le vene del gruppo posteriore confluiscono in due tronchi:

la vena deferenziale e la vena spermatica esterna o cremasterica.

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La vena deferenziale decorre in sede intrafunicolare fino a confluire nella vena ipogastrica.

La vena cremasterica decorre completamente fuori dal funicolo, quindi in sede extrafunicolare, sopra o sotto la fascia cremasterica e si getta nella vena epigastrica inferiore; inoltre si anastomizza con le vene del circolo cutaneo superficiale dello scroto.

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Le vene del gruppo anteriore sono anastomizzate ripetutamente tra loro e con quelle del gruppo posteriore, sia all’origine che lungo il decorso del cordone spermatico16.

Il complesso sistema venoso di drenaggio gonadico dimostra come l’ectasia del plesso pampiniforme, ossia il varicocele, può essere una conseguenza sia dell’ipertensione reno-spermatica, con reflusso nella vena spermatica interna, che dell’ipertensione iliaco- testicolare, con reflusso nella vena deferenziale e nella vena spermatica esterna (plesso cremasterico).

Le vene spermatiche interne sono povere di valvole:

quella di destra ne possiede due, continenti allo sbocco in vena cava, mentre quella di sinistra ne possiede una sola a circa 1 cm dall’ostio.

La vascolarizzazione arteriosa del testicolo è affidata all’arteria testicolare, all’arteria deferenziale e all’arteria cremasterica.

L’arteria testicolare origina ad angolo acuto dall’aorta addominale, ad un livello posto tra l’origine delle arterie renali e dell’arteria mesenterica inferiore. L’arteria deferenziale, di notevole rilevanza emodinamica, è un ramo dell’arteria vescicolo-deferenziale, che origina dall’arteria iliaca interna. L’arteria cremasterica è un ramo dell’arteria epigastrica inferiore.

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L’arteria testicolare, arrivata in prossimità del testicolo, si divide in un ramo anteriore, arteria epididimaria anteriore, che si distribuisce alla testa dell’epididimo, ed un ramo posteriore, arteria epididimaria posteriore, destinato a corpo e coda dell’epididimo. L’arteria epididimaria posteriore insieme all’arteria deferenziale costituisce l’arteria testicolo-deferenziale, che si anastomizza ampiamente con l’arteria cremasterica, costituendo la cosiddetta anastomosi di Colle (testicolo- deferenziale-cremasterica). Queste ampie connessioni anatomiche tra le tre arterie permettono una efficace irrorazione arteriosa del testicolo.

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2.2 IPOTESI FISIOPATOLOGICHE

Dare una chiara definizione della fisiopatologia del varicocele è ancora oggi un compito non facile, in quanto numerose sono le ipotesi avanzate in ordine alla sua genesi 18.

Nel 1918 Ivanissevich e Gregorini stabilirono che, all'evidenza clinica di dilatazioni venose multiple palpabili, o anche visibili del funicolo spermatico, deve associarsi un'incompetenza valvolare venosa, responsabile del reflussodi sangue, e quindi, decisiva nella patogenesi del varicocele. Tuttavia studi anatomici sulle vene gonadiche escludono una correlazione tra l'assenza di valvole venose e la prevalenza di varicocele nella popolazione 19, 20. L'insufficienza venosa potrebbe essere pertanto il risultato di un ostacolo al flusso ematico venoso dovuto ad altre cause.

I dati epidemiologici evidenziano come la pubertà sia un momento critico per la comparsa della patologia 9. È ormai un dato acquisito che durante la maturazione puberale si verifica un accrescimento volumetrico del testicolo, che non trova analogie, per quanto attiene intensità e velocità, con altre curve di crescita. Il supporto nutrizionale per questo processo biologico sarebbe da ascrivere ad una condizione di iperafflusso

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arterioso alla gonade, secondario all’attivazione gonadotropinica che segna l’inizio della pubertà.

Tale condizione di iperafflusso è sostenuta da 3 sistemi arteriosi: - della spermatica; - della deferenziale; - della cremasterica. Il ritorno venoso, invece, viene a essere competenza quasi esclusivamente del sistema della spermatica interna, che, per molte considerazioni anatomiche e funzionali, appare meiopragico. Tanto più criticamente si realizza questo iperafflusso, tanto più facilmente si viene a determinare una discrepanza artero – venosa, che cerca di trovare in compensi vascolari un qualche equilibrio.

Come è noto che il varicocele si manifesta nel 90% circa dei casi nel lato sinistro; questo dato statistico ha suggerito un possibile ruolo eziopatogenetico delle implicazioni emodinamiche, riferite alle differenze anatomiche, tra le due vene spermatiche, destra e sinistra.

Da quest’ultimo lato, in effetti, il sangue venoso, proveniente dal testicolo, deve compiere "un doppio giro di 90°" prima di giungere nella vena cava inferiore, per via dello sbocco a "T" della vena spermatica sinistra nella vena renale omolaterale; contrariamente a quanto avviene a destra, dove, oltre a uno sbocco diretto del flusso dalla vena gonadica alla vena cava inferiore, è stato

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ipotizzato un "effetto suzione" dell'atrio destro, che sarebbe ininfluente sul drenaggio del sangue venoso proveniente dal plesso pampiniforme di sinistra 21.

Facendo riferimento alle considerazioni già espresse in ordine alla diversa percentuale di incidenza della patologia tra destra e sinistra, va ricordato che Coolsaet nel 1980 propose, sulla base di studi angiografici, la seguente classificazione eziopatologica 22:

Tipo I: Compressione della vena renale sinistra, da parte della aorta e della arteria mesenterica superiore, nota come fenomeno di nutcracker prossimale (ipertensione reno - spermatica sinistra) o Coolsaet tipo I.

Tipo II: Compressione della vena iliaca comune da parte della arteria iliaca destra, nota come fenomeno del nutcracker distale (ipertensione iliaco - testicolare) o Coolsaet tipo II.

Tipo III: varicocele causato dall'associazione dei due fenomeni precedenti.

Questa classificazione, pur sottolineando il ruolo del reflusso iliaco - spermatico, già descritto negli studi precedenti, non permette una esaustiva classificazione di tutti i casi di varicocele;

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La diagnosi di varicocele destro è dunque piuttosto rara ed è una condizione che può realizzarsi: per una trombosi occlusiva della vena cava inferiore o in pazienti con situs viscerum inversus (il 10% presenta un varicocele bilaterale), o più frequentemente, per processi espansivi del retroperitoneo o del rene (tumori, cisti renali, linfonodi retroperitoneali) 11.

Nonostante il varicocele sia prevalentemente sinistro, è stato dimostrato che anche il testicolo controlaterale ne risente negativamente e ciò comporta una riduzione del grado di fertilità 23.

I risultati ottenuti dopo la legatura chirurgica sembrano essere significativamente correlati alla presenza o meno di differenze istologiche tra i due testicoli.

Secondo una interessante teoria anatomica, proposta da Shafik nel 1972, si ipotizzò che la stasi venosa del varicocele fosse causata da "una insufficienza" del

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rivestimento muscolare del funicolo spermatico dovuta ad atrofia del cremastere 24. Tuttavia, facendo riferimento ai dati relativi a numerosissimi pazienti, che in tutto il mondo, sono stati sottoposti a trattamento chirurgico per ernia inguinale sinistra, con completa incisione del muscolo cremastere, non risulta, riportato in letteratura, la presenza di varicocele postoperatorio, potendo cosi ipotizzare che tale meccanismo a pompa del muscolo cremastere sia patogeneticamente ininfluente.

Nel 1991 Shafik, partendo da importanti dati fìsio- anatomici sul meccanismo di controllo del ritorno venoso testicolare, identifica tre stadi venosi del varicocele 25.

Secondo questo Autore l'ipertensione venosa è responsabile del cambiamento morfologico delle vene funicolari testicolari. In un primo stadio lo spessore della parete venosa aumenta ma non c'è dilatazione.

Non c'è stasi perché l'ipertrofia compensatoria della tunica media costituisce un meccanismo di pompa venosa (stadio compensato).

Un ulteriore incremento della pressione venosa determina uno sfiancamento della media e conseguentemente una stasi venosa, ma non ancora varicosità (varicocele nascosto).

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Sempre secondo Shafik, questo stadio risulta essere il più importante, perché anche un varicocele sub-clinico, può essere accompagnato da una congestione testicolare e alterazione della spermatogenesi, e quindi un intervento tempestivo, potrebbe evitare tali alterazioni. Persistendo l'ipertensione venosa, la parete venosa viene frammentata e ialinizzata; questo stadio corrisponde macroscopicamente allo sviluppo di varicosità (varicocele manifesto).

Lo sviluppo del varicocele potrebbe, quindi, essere articolato in tre fasi.

Nella prima fase, le vene cremasteriche si dilatano per prime perché, essendo situate esternamente alle strutture rigide muscolo-fasciali ed essendo povere di tonaca muscolare e di strutture valvolari, risentono fortemente degli effetti dell'ipertensione venosa, attraverso le vene comunicanti tra il plesso cremasterico e quello pampiniforme (stadio primo della varicosità cremasterica). Quando il plesso cremasterico raggiunge la massima dilatazione, il plesso pampiniforme comincia a dilatarsi (stadio II della varicosità vasale). Il plesso deferenziale si dilata per ultimo perché è situato nel compartimento deferenziale del funicolo spermatico, dove solo un'ipertensione venosa molto grande può consentire lo sviluppo di varicosità (stadio III della varicosità vasale).

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Un studio, del 1990, ha posto in evidenza le proprietà viscoelastiche ed il contenuto di collagene della vena safena, confrontando quelle normali con quelle varicose, sono state trovate significative modificazioni strutturali in quest'ultime26. Morfologicamente la fibrosi è la lesione principale del processo varicoso, mentre il contenuto di collagene è soltanto modestamente alterato tra soggetti normali e pazienti operati di varicocele.

Le conclusioni a cui era pervenuto Shafik sono state smentite da più recenti studi; quelli di Tilki e Kilic, nel 2007, effettuati sulla parete venosa delle vene del plesso pampiniforme e quelli compiuti da Macchi nel 2008 che rappresentano una verifica ed una conferma dei precedenti 27, 28. Gli studi citati hanno rilevato alterazioni più complesse dell’architettura delle cellule muscolari, che non la semplice ipertrofia e ialinizzazione.

Questi Autori hanno per primi messo in evidenza che le vene spermatiche, di più grande dimensione, del plesso pampiniforme hanno una eccezionale struttura anatomica che vale la pena descrivere.

Sono formate da un consistente strato longitudinale di cellule muscolari lisce situato nel contesto dell’avventizia;

e per l’effetto di un altro strato di cellule muscolari lisce, orientate obliquamente, sono in connessione, con lo

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strato muscolare circolare della tunica media, anch’esso formato da cellule muscolari lisce.

Tale organizzazione degli strati muscolari, ne permette una contrazione coordinata, che genera un meccanismo di trasporto del sangue, simile alle onde peristaltiche, che risulta essere un’importante base per il ritorno venoso. Il ritorno venoso infatti non può essere spiegato solo dalla azione delle valvole nelle vene spermatiche che, tra l’altro, non sempre sono state riscontrate nei più recenti studi anatomopatologici.

Le vene spermatiche più piccole invece non presentano questo strato muscolare esterno longitudinale e questa particolare architettura muscolare, non sono inoltre, coinvolte in maniera primaria nello sviluppo del varicocele.

La presenza di uno strato addizionale di muscolatura nella avventizia delle normali vene del plesso pampiniforme è stato già osservato nelle vene degli arti inferiori. La causa può essere individuata in un elevato regime pressorio nel territorio venoso del testicolo determinato da anastomosi artero-venose. L’enorme aumento del volume sanguigno, che avviene durante l’adolescenza, contribuisce all’insorgenza del varicocele e del reflusso venoso.

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Sempre secondo Tilki e Kilic nel contesto dell’avventizia, vi sono, in notevole quantità, vasa vasorum e fibre nervose, che probabilmente hanno un ruolo principale nel permettere e coordinare la contrazione della muscolatura liscia. Nel caso del varicocele si ha una netta diminuzione, o addirittura la scomparsa, di tali vasi e nervi; ciò si associa alla degenerazione dello strato di muscolatura liscia longitudinale nelle vene del varicocele, che comporta una perdita di funzione contrattile.

Al momento non vi sono dati sufficienti per decidere se, nel caso del varicocele, avvenga prima la degenerazione della strato di muscolatura liscia o prima la perdita di vasi e di strutture nervose.

In presenza di varicocele è soprattutto lo strato di muscolatura liscia esterna ad essere degenerato, o completamente assente; questa degenerazione è apparentemente collegata al grado clinico di varicocele.

La mole di dati disponibile non basta per sostenere una spiegazione certa del fenomeno; per queste ragioni la alterazione della architettura anatomica, conseguente non solo al danneggiamento della muscolatura longitudinale, ma anche alla diminuzione della componente muscolare obliqua e circolare, ed all’aumento della componente connettivale, potrebbe

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dunque essere sia la causa dell’insufficienza venosa con flusso venoso retrogrado, sia la conseguenza.

ASSOCIAZIONE TRA VARICOCELE E DANNO TESTICOLARE

L’esistenza di danno testicolare può essere dimostrata da:

– presenza di ipotrofia testicolare nel varicocele, descritta già 20 secoli fa da Celso, e riportata anche in recenti studi 29;

– mancato sviluppo del testicolo nell’adolescente descritta da vari Autori 30, 31 ;

– presenza all’esame istologico e citologico testicolare di quadri di ipospermatogenesi, arresti maturativi a vari livelli e quadri di Sertoli cell-only (SCOS), accanto peraltro a quadri istologici normali 32; da rilevare che, quando presenti, le alterazioni sono bilaterali;

– miglioramento del quadro istologico dopo varicocelectomia anche in soggetti azoospermici .

Per quanto attiene alla disfunzione testicolare associata al varicocele, è opportuno notare che sono stati proposti vari meccanismi patogenetici.

L’ipertermia sembra essere il meccanismo fisiopatologico più rilevante33. In uno studio condotto da Wright e Goldstein 34, prendendo in considerazione 54 su 119 soggetti con varicocele e 45 controlli sani, è stato evidenziata una differenza significativa della

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temperatura testicolare tra varicocele e controlli, prima dell’intervento di circa 1 grado (34°C vs. 33 °C – p <

0,001), dopo l’intervento la temperatura testicolare scendeva a valori quasi identici al gruppo di controllo.

Altri studi hanno, invece, mostrato che alte temperature intrascrotali sono un dato frequente in pazienti con oligozoospermia idiopatica e non sempre è stata riscontrata un'associazione tra varicocele e le temperature intrascrotali più elevate.

Anche il reflusso di metaboliti renali e surrenali dalla vena renale viene ipotizzato quale causa ipossica del distretto parenchimale testicolare e numerose indagini accennano al ruolo della prostaglandina nel determinare un fattore di stress sulla spermatogenesi.

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Sono stati osservati incrementi dei livelli di renina- angiotensina I nel sangue della vena spermatica sinistra di pazienti sottoposti a varicocelectomia sinistra, mentre i rispettivi livelli di renina-angiotensina I nel sangue periferico erano significativamente più bassi 21.

Inoltre recenti studi hanno dimostrato che i livelli di concentrazione della fosfolipasi A2 (PLA2) nel liquido seminale risultavano significativamente ridotti dopo la correzione chirurgica del varicocele rispetto ai valori preoperatori 21.

Altri Autori sostengono che l'infertilità nei pazienti con varicocele abbia una patogenesi multifattoriale35, 36. A tal proposito alcuni risultati sembrano dimostrare che il fumo, in soggetti con varicocele, ha un ruolo più marcato rispetto ad altri fattori.

Studi condotti su animali hanno evidenziato un incremento bilaterale del flusso sanguigno e conseguentemente un aumento della temperatura testicolare dopo aver determinato in essi un varicocele monolaterale. La successiva correzione di questi varicocele sperimentali portava a una normalizzazione del flusso sanguigno e della temperatura scrotale in entrambi i testicoli 21. Questi dati possono spiegare l'effetto bilaterale del varicocele monolaterale 36, 37.

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I meccanismi cellulari e molecolari attraverso i quali si realizza il danno della spermatogenesi sembrano essere i seguenti:

a) induzione dell’apoptosi;

b) aumento dello stress ossidativo (OS);

c) alterazioni della reazione acrosomiale.

INDUZIONE DELL’APOPTOSI

La spermatogenesi è un processo che porta alla produzione di milioni di spermatozoi ogni giorno e l’apoptosi è un processo fisiologico fondamentale che regola la quantità e la qualità degli spermatozoi emessi.

L’apoptosi è, come noto, la morte cellulare che a livello macromolecolare si manifesta con una frammentazione del DNA e come tale viene riconosciuta e rilevata mediante TUNEL assay, (Terminal deoxynucleotidyl transferase, dUTP, nick end labeling), grazie all’enzima dTUP38.

L’apoptosi può colpire tutte e tre le linee germinali:

spermatogoni, spermatociti e spermatidi. Si è visto che in condizioni fisiologiche nei soggetti anziani l’apoptosi risulta essere aumentata. Il processo di apoptosi è regolato a 3 livelli:

a) a livello di membrana cellulare: a questo livello sono presenti recettori della famiglia dei tumor necrosis factor (TNFR) noti come “Fas” e “Fas ligando” presenti

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rispettivamente sulle cellule germinali e sulle cellule del Sertoli;

b) a livello citoplasmatico: sono presenti alcune proteasi della famiglia delle “caspasi”;

c) a livello nucleare: sono presenti geni regolatori dell’apoptosi che comprendono i geni p53 e Bcl-2.

In risposta ad un danno del DNA, il gene p53 blocca la cellula in fase G1 dandole tempo di riparare il danno;

qualora il danno al DNA risulta irreparabile, il p53 avvia il processo di morte cellulare stimolando il legame del recettore di membrana Fas al Fas ligando.

Il sistema “Fas” nel testicolo è stato identificato come un sistema fondamentale nella regolazione dell’apoptosi.

Esiste inoltre una forma solubile del sistema Fas (sFas), che legandosi al recettore della cellula germinale Fas, blocca l’apoptosi. L’importanza del sistema Fas è stata evidenziata da uno studio molto interessante di Fujsawa et al. che ha documentato come i pazienti con varicocele presentavano livelli di sFas nel liquido seminale significativamente inferiori rispetto a soggetti infertili da altra causa ed ancora di più rispetto a soggetti sani 39. I livelli di sFas si correlavano significativamente con la concentrazione nemaspermica; la correzione del varicocele determinava un significativo aumento dei livelli di sFas nel liquido seminale.

Nel varicocele un aumento dell’apoptosi è stato dimostrato sia in modelli animali che nell’uomo 38.

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Simsek et al. hanno riportato una percentuale media di cellule in apoptosi pari al 14,7% in soggetti affetti da varicocele rispetto al 2% dei controlli 40. Baccetti et al.

hanno riportato fino al 10% di cellule spermatiche in apoptosi in soggetti con varicocele rispetto allo 0,1% nei soggetti normali 41.

I meccanismi attraverso i quali il varicocele induce un aumento dell’apoptosi sembrano essere:

- aumento della concentrazione di cadmio nel testicolo;

- riduzione degli androgeni intratesticolari;

- danno del DNA.

Benoff et al. in uno studio controllato hanno documentato la presenza di elevate concentrazione di ione cadmio solo nel varicocele con ipospermatogenesi.

In un lavoro più recente, gli stessi Autori hanno rilevato che un’elevata presenza dello ione cadmio intratesticolare si correla negativamente con la ripresa della spermatogenesi dopo chirurgia e lo hanno proposto come test prognostico routinario 42.

Un aumento dello ione cadmio è stato segnalato anche nei forti fumatori. Questi lavori confermano che una elevata concentrazione di ione cadmio aumenta l’apoptosi nel testicolo;

Un’altra via per indurre l’apoptosi sembra essere la riduzione degli androgeni intratesticolari e dei recettori androgenici dimostrata in modelli animali ed anche nell’uomo 35.

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Un’alterazione del DNA nel varicocele è stata evidenziata da vari Autori mediante un aumento dello stress ossidativo 43, 44; Zini et al. hanno documentato un miglioramento statisticamente significativo dell’integrità del DNA dopo varicocelectomia su 37 pazienti 45.

AUMENTO DELLO STRESS OSSIDATIVO

Lo stress ossidativo (OS) è l’equilibrio che deriva dall’azione ossidante dei ROS e dall’azione di sostanze antiossidanti che nel loro insieme costituiscono la capacità antiossidante totale (TAC). I ROS (Reactive Oxygen Species) comprendono una serie di molecole:

anione superossido, radicale idrossilico, ossido nitrico, perossido di idrogeno.

Gli spermatozoi quando vengono incubati in ambiente aerobico hanno la capacità di produrre ROS; tale produzione è fisiologica ed è utile allo spermatozoo in numerose funzioni tra le quali l’induzione della reazione acrosomiale e l’adesione all’ovocita; un eccesso di ROS può essere però dannoso.

Nelle persone sane il liquido seminale contiene scavengers naturali o antiossidanti che neutralizzano gli effetti dannosi dei ROS. In condizioni patologiche l’eccessiva produzione di ROS supera la capacità antiossidante totale (TAC) e di conseguenza aumenta lo stress ossidativo (OS). L’aumento dello stress ossidativo danneggia i lipidi di membrana e determina alterazioni della morfologia (a carico della testa dello spermatozoo

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principalmente), alterazioni della motilità ed alterazione dei processi di fusione con l’ovocita.

L’aumento dell’OS comporta altresì un danno della cromatina nucleare e determina frammentazione del DNA 44, 46.

La concentrazione di ROS confrontata con i soggetti normali è risultata significativamente più elevata sia nei varicocele infertili che in quelli fertili. Oltre ad un aumento dei ROS è stato riscontrato nel varicocele una riduzione della capacità antiossidante totale (TAC) che determina di conseguenza un ulteriore aumento dell’OS.

Un aumento significativo dell’OS associato ad aumento del danno al DNA è stato rilevato in soggetti infertili con varicocele rispetto ad infertili da altre cause ed a soggetti sani. È stata riportata anche una variazione dell’OS in funzione del grado di varicocele 47, 48, 49, 50

. ALTERAZIONI DELLA REAZIONE ACROSOMIALE

Numerosi studi, sia pure ancora contrastanti, hanno avuto come oggetto i processi attraverso i quali il varicocele si associa ad infertilità in soggetti normospermici. Si ritiene che in questi soggetti ci sia un difetto funzionale dello spermatozoo piuttosto che un’alterazione della spermatogenesi e ancora che questo difetto possa coinvolgere l’induzione della reazione acrosomiale nella sede di legame dello spermatozoo alla zona pellucida.

(32)

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Glazier et al. hanno presentato uno studio in cui il 48%

dei soggetti con varicocele presentava un’alterazione della reazione acrosomiale e dopo l’intervento si è avuto una normalizzazione del processo nel 35% dei casi 51. La reazione acrosomiale è un meccanismo complesso che ha richiesto studi molecolari molto minuziosi.

Benoff et al. hanno evidenziato che tale reazione è un processo calcio dipendente ed in condizioni fisiologiche, a seguito di stimoli vari (perdita del colesterolo di superficie, stimolazione mannosio-mediata), si verifica la penetrazione di ioni calcio all’interno dello spermatozoo che avvia il processo della reazione 52.

Un’alterazione della normale pervietà di membrana dei canali del calcio è stata dimostrata nei soggetti affetti da varicocele 53; si pensa che i canali del calcio possano essere bloccati anche da sostanze tossiche ambientali quali cadmio, zinco, nickel, alluminio, piombo. Gli stessi Autori avevano riportato un aumento del cadmio ed una riduzione dello zinco nel liquido seminale di soggetti infertili con varicocele.

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2.3 DIAGNOSTICA

L’esame clinico dello scroto rimane la più comune tecnica usata per diagnosticare il varicocele tuttavia, in alcuni soggetti, l’anatomia scrotale (in pazienti con storia di pregressa chirurgia scrotale, idrocele concomitante, obesità) può non renderlo affidabile. In queste situazioni si hanno migliori risultati con le tecniche di imaging 54. L’esame obiettivo presenta una notevole variabilità intra e interindividuale ben documentata. Infatti nel 1985, la World Health Organization riscontrò che l’esame obiettivo aveva solo il 50% di sensibilità rispetto alla flebografia nel diagnosticare il varicocele, con una percentuale di falsi positivi del 23% 55. Un successivo studio, nel 1991, della Washington University mise in evidenzia che l’esame clinico da solo, riusciva a diagnosticare il 71% dei varicocele presenti alla flebografia 56. Quindi in caso di esame clinico, inconcludente o equivoco, The American Urology Association and the Practice Committee of the American Society of Reproductive Medicine (ASRM) raccomanda l’utilizzo di studi di imaging associati 57.

L’associazione dell’ecocolor-Doppler scrotale e dell’esame clinico sono alla base della classificazione secondo Hörner, che prevede:

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- varicocele di I° grado: è subclinico, ovvero è valutabile solo con metodiche quali l’eco-color doppler.

- varicocele di II° grado: è palpabile

- varicocele di III° grado: è palpabile e visibile

Un’altra classificazione, largamente usata, è quella proposta da Dubin e Amelar 58, ed accettata anche dalla WHO, in cui possiamo distinguere tre gradi:

- varicocele di I° grado: palpabile solo durante la manovra di Valsalva.

- varicocele di II° grado: palpabile durante la stazione eretta.

- varicocele di III° grado: visibile durante la posizione eretta.

Lo studio mediante eco color-Doppler dei funicoli spermatici associato a ecografia dei testicoli (CDUS) attualmente viene considerato il Gold-standard clinico ed è ormai ampiamente dimostrato come, in alcuni centri, tale metodica, abbia raggiunto una sensibilità e una specificità del 95% se paragonata alla flebografia 54,

59.

Lo studio con ultrasuoni dello scroto, deve essere effettuato con sonde lineari ad alta frequenza e con dispositivi capaci di valutare il flusso sanguigno. I vasi

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35

sono prima studiati in scala di grigio e successivamente con color-Doppler. Per la corretta individuazione dei flussi, il CDUS deve essere calibrato per individuare un flusso lento (7.5 kHz). La valutazione dovrebbe essere effettuata in posizione supina e successivamente in posizione eretta, con e senza la manovra di Valsalva, per ottenere una valutazione completa dei flussi nelle vene del funicolo spermatico.

Inizialmente è necessario procedere posizionando la sonda lungo il canale inquinale per identificare la vena spermatica interna; la sonda va quindi mossa medialmente e posizionata sopra il tubercolo pubico, assicurandosi di mantenerla ad adeguata distanza dai vasi iliaci. La sonda è nella corretta posizione quando il flusso dell’arteria iliaca si manifesta in rosso (il flusso si muove verso la sonda) ed il flusso della vena iliaca si manifesta in bleu (il flusso si muove in direzione opposta alla sonda). L’arteria iliaca esterna sinistra viene usata come punto di riferimento.

Individuata la fossa iliaca sinistra, è possibile identificare, se dilatata, la vena deferenziale; in questo caso appare come un arco, posto sopra i vasi iliaci esterni, che decorre dall’anello inquinale interno giù nella pelvi drenando nella vena iliaca interna attraverso le vene vescicali. Infatti nei ragazzi sani la vena deferenziale non

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36

è visibile allo studio CDUS anche durante manovra di Valsalva 60.

Il varicocele, alla ecografia real-time, appare come una struttura tubulare, vuota, che aumenta di dimensioni durante la manovra di Valsalva.

La dimostrazione di un reflusso "significativo" è sempre stata ritenuta requisito indispensabile per poter definire una infertilità come secondaria ad un varicocele clinico 61,

62, 63.

Il reflusso di sangue venoso, evidenziato al color- Doppler, da un rush, cioè un immagine rappresentata da più colori che ricorda una “tempesta di neve”

rappresenta quindi un importante riscontro nella diagnosi del varicocele. Questo deve essere differenziato

Figura 3

VISIONE ECOGRAFICA DELLE VENE ECTASICHE

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dal modesto e transitorio aumento di flusso che si verifica normalmente durante la manovra di Valsalva.

Quando il reflusso è evidente nella vena spermatica interna ma non nella deferenziale si può concludere che ci troviamo di fronte ad un reflusso spermatico - renale (Coolsaet tipo 1).

In presenza di vena deferenziale visibile e refluente, l’immagine CDUS cambia dal bleu (normale flusso venoso) al rosso (reflusso venoso patologico), é questo il segno ecografico di reflusso iliaco - deferenziale (Coolsaet tipo 2).

Quando sia la vena spermatica interna che la deferenziale sono visibili e refluenti, si può presumere la presenza di un reflusso associato, che avviene tra vena spermatica interna e renale, e, tra vena iliaca e deferenziale (Coolsaet tipo 3).

Le informazioni scaturenti dalla utilizzazione della CDUS nella identificazione dei vari tipi di reflusso possono pertanto offrire elementi decisivi per la scelta dell’intervento terapeutico più adatto al tipo di varicocele come è stato riportato nello studio di Cimador

60.

Una rilevante importanza va attribuita al calcolo del volume di entrambi i testicoli tramite la formula dell’ellissoide: lunghezza X larghezza X spessore X 0.52 64.

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Come sarà ulteriormente sottolineato la presenza di ipotrofia testicolare rappresenta l’indicazione principale al trattamento del varicocele adolescenziale.

La presenza di vene multiple, maggiori di 3.0-3.5 mm con concomitante reflusso venoso dopo manovra di Valsalva, è il criterio più largamente usato per la diagnosi ecografica del varicocele, nonostante l’assenza di un consenso unanime 65, 66.

La maggioranza degli autori concorda nel sostenere che la presenza di reflusso venoso, durante la normale respirazione e durante di manovra di Valsalva, sia un criterio essenziale per la diagnosi di varicocele 67, 68. Per stabilire se il reflusso è significativo o meno Cornud 69 nel 1999 propose una classificazione in 3 gradi:

-Grado 1: il reflusso dura meno di un secondo ed è considerato fisiologico;

-Grado 2: il reflusso diminuisce progressivamente, durante la manovra di Valsalva, fino ad esaurirsi in 1-2 secondi;

-Grado 3: il reflusso dura più di 2 secondi e non cambia di intensità durante la manovra di Valsalva.

Sarteschi ha proposto un’altra classificazione ecografica del varicocele individuando 5 gradi secondo le caratteristiche del reflusso, in particolare considerando

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la sua durata e le sue variazioni durante la manovra di Valsalva 70.

- Grado 1: caratterizzato dal rilevamento di un reflusso prolungato nei vasi del canale inquinale solo durante la manovra di Valsalva, mentre non sono evidenti varicosità scrotali nello studio con scala di grigi.

- Grado 2: caratterizzato da piccole varicosità posteriori che raggiungono il polo superiore del testicolo ed aumentano di diametro durante la manovra di Valsalva.

La valutazione con CDUS chiaramente dimostra la presenza di reflusso venoso nella regione sovratesticolare solo durante manovra di Valsalva.

- Grado 3: caratterizzato da vasi che appaiono aumentati al polo inferiore del testicolo quando il paziente assume posizione eretta, mentre nessuna ectasia si evidenzia in posizione supina. La CDUS dimostra la presenza di reflusso solo durante manovra di Valsalva.

- Grado 4: definito dalla presenza di vasi aumentati di diametro anche con paziente in posizione supina. Tale aumento è più manifesto in posizione eretta e durante manovra di Valsalva. L’aumento del reflusso venoso, durante manovra di Valsalva, è il criterio che permette la distinzione di questo grado dal precedente e dal successivo. In questo stadio è comune trovare ipotrofia del testicolo.

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- Grado 5: caratterizzato da ectasie venose in qualsiasi decubito. Il CDUS dimostra la presenza di un rilevante riflusso venoso basale che non aumenta durante manovra di Valsalva.

Infine per quanto riguarda la flebografia esistono sostanzialmente due modalità di esecuzione, che presentano entrambi vantaggi e limiti evidenti 71:

- La flebografia anterograda preoperatoria: è una metodica che è stata utilizzata in passato. Essa prevede la preparazione chirurgica di una delle vene ectasiche del plesso pampiniforme che viene incannulata per poter ricevere il mezzo di contrasto, il quale viene così a opacizzare parte del circolo venoso refluo del testicolo, in modo da offrire una mappa anatomica del circuito interessato. Questa metodica non è più utilizzata perché non fornisce dati attendibili circa il tipo di reflusso, tale limite si comprende appieno considerando che l’iniezione del mezzo di contrasto avviene nella direzione fisiologica del deflusso di sangue dal testicolo.

- La flebografia retrograda pre-operatoria: attraverso un apposito catetere introdotto per via femorale, secondo Seldinger, o secondo più recenti tecniche via transbrachiale, si esegue un incannulamento della vena renale sinistra e successivamente della vene spermatica interna omolaterale. Mentre il paziente esegue la

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manovra di Valsalva, viene iniettato il mezzo di contrasto nella vena renale nella misura di 35ml con un flusso di 8 ml/sec., per la durata di 4 secondi. Le lastre vengono impressionate alla velocità di una lastra/sec. per 4 sec. e successivamente 1 lastra/sec. dal 7° al 10° secondo. Se il mezzo di contrasto refluisce nella vena spermatica, viene dimostrato un reflusso di tipo 1 secondo Coolsaet.

Successivamente si cateterizza la vena spermatica interna e si iniettano 10 ml di mezzo di contrasto con un flusso di 3 ml/sec. Questa manovra permette di definire al meglio il quadro anatomo – radiologico. Una manovra analoga viene eseguita a livello iliaco per evidenziare un reflusso Coolsaet tipo 2 o eventualmente tipo 3. A tale metodica diagnostica è stato associato la possibilità di intervento terapeutico attraverso l’iniezione di soluzione sclerosante nella vena spermatica interna.

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La flebografia retrograda della vena spermatica è considerata il gold-standard per gli studi di ricerca, nonostante sia invasiva e dispendiosa, perché non è suscettibile di variazioni tecniche e di variabilità interoperatore.

Comunque un inaccurato posizionamento del catetere, l’esecuzione della flebografia sotto alti regimi pressori ed infine variazioni anatomiche possono essere cause di risultati falsi-positivi o falsi-negativi. Quindi anche il gold- standard, al quale tutte le metodiche diagnostiche sono comparate, non è senza limitazioni.

Figura 4

FLEBOGRAFIA SPERMATICA IN PAZIENTE PORTATORE DI VARICOCELE DI III TIPO

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2.4 RAPPORTO VARICOCELE-INFERTILITÀ

Nell’ antichità la mancanza di discendenza nella famiglia era attribuita all’infertilità della femmina. L’idea che l’infertilità fosse anche un problema legato all’uomo venne presa in considerazione solo quando la donna migliorò il suo stato sociale.

Tuttavia, se è vero che nella mitologia dei popoli della Grecia, dell’Asia e addirittura nella Bibbia i testicoli vengono considerati fonte di vita e che Galeno descrisse due funzioni degli stessi, endocrina e produzione del seme, soltanto alla fine del secolo XVII Leeuwenhoek scopre lo spermatozoo dando inizio al vero studio dell’infertilità maschile 2.

Passeranno circa due secoli per pervenire all’intuizione che il varicocele può determinare infertilità ed un altro ancora per giungere alla sua dimostrazione scientifica 3. Questo lungo e non sempre lineare processo per approdare all’associazione tra varicocele ed infertilità ipotizzata da secoli, (Barwell 1885, Bennet 1889, Macomber e Sanders 1929) perviene ad una compiuta dimostrazione con Tulloch nel 1952 72, 73; questo Autore riportò il caso di un paziente azoospermico affetto da

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varicocele con quadro di arresto maturativo alla biopsia testicolare. L’intervento di varicocelectomia consentì un marcato miglioramento dei parametri seminali, seguito da gravidanza spontanea della partner.

Negli anni successivi numerosi altri Autori studiarono il problema, confermando l’associazione tra varicocele ed infertilità 73.

Tramite numerosi studi retrospettivi venne descritto il miglioramento dei parametri seminali, sia per quanto riguarda la motilità che il numero degli spermatozoi, dopo correzione chirurgica, che fu fino al 77% dei pazienti, con una percentuale di gravidanze nelle partner (Pregnancy Rate) dei pazienti trattati del 43%, rispetto al 16% dei pazienti non sottoposti a riparazione del varicocele 74, 75, 76

; l’intervento di varicocelectomia divenne, ed è tuttora, il trattamento principale dell’infertilità maschile 77, 78.

Dopo questo iniziale entusiasmo, considerando il fatto che l’80-85% degli uomini con varicocele non presenta infertilità e soprattutto dopo l’introduzione delle tecniche di fecondazione assistita, comparvero i primi lavori che misero in discussione l’efficacia del trattamento chirurgico nel varicocele infertile.

La Intrauterine Insemination (IUI), la fertilizzazione in vitro/intracytoplasmic sperm injectin (IVF/ICSI) ed il

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trattamento del varicocele, sono le opzioni terapeutiche per le coppie in cui l’infertilità maschile è associata al varicocele. La decisione su quale tipo di trattamento utilizzare è influenzata da numerosi fattori 57.

Il più importante di questi, da tenere presente al momento della valutazione, è che il trattamento del varicocele ha il potenziale ruolo di eliminare una condizione patologica e ottenere la guarigione definitiva dall’infertilità, mentre la IUI o le tecniche di riproduzione assistita (ART) devono essere effettuate ex-novo in ogni tentativo di fecondazione.

Altri fattori da considerare sono l’età della partner, la mancanza di dati sugli effetti a lungo termine della IVF e della ICSI sulla salute delle pazienti; il minor dispendio economico che deriva dal trattare il varicocele, rispetto alla IVF con o senza ICSI. Di norma la correzione del varicocele non dovrebbe essere indicata quando la IVF è necessaria per trattare l’infertilità della partner.

Comunque ci sono alcune circostanze nelle quali il trattamento del varicocele dovrebbe essere considerato prima delle tecniche di riproduzione assistita (ART), anche quando è presente un fattore di infertilità femminile, in particolare quando il partner presenta associati varicocele e azoospermia; quest’ultima presumibilmente dovuta a ipospermatogenesi e arresto

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della maturazione degli spermatozoi, causato dal varicocele.

Importanti studi su questa patologia, effettuati da Autori autorevoli come Evers e Collins nel 2003 79, e annuali review del Cochrane database 80, basati sulla meta- analisi dei risultati della correzione del varicocele in coppie infertili eseguiti sugli studi controllati e randomizzati pubblicati in letteratura, mettono in discussione l’utilità della correzione, aprendo così la strada ad altre opzioni terapeutiche, in primis l’approccio conservativo.

(47)

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2.5INDICAZIONI AL TRATTAMENTO

Rifacendoci al documento redatto, nel 2007, dalla Società Italiana di Medicina della Adolescenza (SIMA) e dalla Sociedad Española de Medicina de la Adolesciencia (SEMA) 81, in accordo con le raccomandazioni della American Urology Association e della American Society for Reproductive Medicine 57, le indicazioni al trattamento del varicocele in età adolescenziale sono:

- Riduzione di volume della gonade, omolaterale al varicocele, maggiore del 20% o di 2mL rispetto alla controlaterale;

- Varicocele sintomatico, ossia con sensazione di peso o dolenzia, e contemporaneo reflusso continuo all’indagine strumentale, dopo aver escluso altre patologie scrotali come causa della sintomatologia dolorosa riferita dal paziente.

- Monorchia

- Pregresso intervento per testicolo ritenuto.

- Varicocele di III° grado con reflusso continuo all’eco- colorDoppler dei funicoli spermatici; Questa indicazione deve essere adeguatamente discussa e condivisa dai genitori del paziente, per la insufficiente disponibilità di

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dati capaci di dimostrare la futura riduzione della fertilità e quindi la necessità dell’intervento preventivo.

Il dibattito sulla reale efficacia del trattamento del varicocele, in età adolescenziale e pediatrica e quindi anche sulle indicazioni al trattamento, risulta essere non solo molto accesso, ma presenta accaniti sostenitori e altrettanto impegnati detrattori.

La discrepanza nell’adolescente del volume testicolare tra le due gonadi, come già accennato in precedenza, risulta, al momento, essere l’unico parametro di riferimento per avanzare una predizione di infertilità futura 82, 83, 84

, e la principale indicazione al trattamento del varicocele. Su questo dato si sono scatenate le polemiche.

Dopo la varicocelectomia nell’adolescente esiste evidenzia di una crescita “catch-up” del testicolo omolaterale al varicocele ma non è chiaro quale effetto possa avere la chirurgia in epoche precoci sulla fertilità a lungo termine 74.

È stato teorizzato da Kocvara 85 nel 2003 che tale crescita testicolare sia dovuta ad edema, causato da lesioni dei vasi linfatici, come avviene in alcune procedure chirurgiche.

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Uno studio di aprile 2008 effettuato da Preston et al. 86, si pone l’obiettivo di modificare la visione attuale sul trattamento precoce del varicocele, basandosi proprio sulla valutazione nel tempo della differente volumetria tra testicolo omolaterale e controlaterale al varicocele.

Gli Autori, si sono proposti di valutare l’efficacia dell’atteggiamento conservativo su 60 ragazzi affetti da varicocele; di questi, 33 all’inizio dello studio presentavano una differenza di volume tra i due testicoli maggiore del 20%; dopo un follow-up ecografico medio di 2 anni, risultò che ben il 50% di essi, ebbe una crescita del testicolo omolaterale al varicocele, tale da annullare, in maniera statisticamente significativa, la differenza volumetrica precedente. In tal modo essi supportano la teoria affermante che i testicoli durante l’adolescenza si sviluppino a fasi di crescita differenti tra essi e di conseguenza che la riparazione profilattica del varicocele potrebbe esporre molti ragazzi a rischi chirurgici non necessari.

In base a questi risultati gli autori propongono che l’indicazione al trattamento debba essere, non la semplice differenza volumetrica tra il testicolo omolaterale al varicocele e il controlaterale, ma la persistente o progressiva differenza di volume.

Naturalmente queste moderne visioni si scontrano con le precedenti concezioni riguardanti il varicocele.

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Infatti numerosi Autori, negli ultimi due decenni, hanno considerato e considerano, il varicocele come una patologia evolutiva, che pertanto necessita di un trattamento il più precoce possibile 87 – 90, 9, 11, 18, 74

.

In questo contesto si comprende appieno l’evoluzione delle indicazioni al trattamento del varicocele adolescenziale;

Al momento attuale per quanto riguarda il suo rapporto con l’infertilità e di conseguenza le indicazioni al trattamento, come del resto per molti altri aspetti del varicocele, non si hanno sufficienti dati derivanti da attendibili studi a lungo termine, da permettere di confutare e, o, accettare appieno alcuna teoria.

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2.6TERAPIA

Poiché nel varicocele notevole importanza riveste, dal punto di vista fisiopatologico, il reflusso all’interno del sistema venoso spermatico, il trattamento mira ad ottenere l’occlusione di tutte le vene refluenti. Esistono diverse tecniche finalizzate al raggiungimento di questo obiettivo, ciascuna delle quali presenta pro e contro.

Nella età evolutiva una metodica considerata di prima scelta nell’adulto può diventare estremamente complessa e non dare gli stessi risultati.

I dati attualmente disponibili indicano che:

- Non esiste un Gold-standard assoluto nel trattamento del varicocele.

- La scelta del trattamento deve essere basata sulla esperienza dell’operatore, sulla mini-invasività della tecnica e sui costi.

- Quando possibile bisognerà prediligere le tecniche che possono essere eseguite in anestesia locale.

Possiamo distinguere due gruppi di opzioni terapeutiche:

il primo, comprendente le metodiche chirurgiche propriamente dette, e il secondo, di cui fanno parte le metodiche sclerosanti.

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METODICHECHIRURGICHE

1.6.1 LEGATURE SOPRAINGUINALI

Le tecniche di legatura soprainguinale sono fondamentalmente due: la tecnica di Ivanissevich e la tecnica di Palomo.

Prima di descriverle pare opportuno specificare il termine di “legatura alta” ad esse correlato. Con questo termine infatti si intende la legatura della vena spermatica interna nel suo decorso retroperitoneale.

- Tecnica di Ivanissevich.

La tecnica di Ivanissevich 4, proposta nel 1960, è stata la più usata in ambito internazionale per la legatura della vena spermatica per quasi due decenni.

Questa procedura prende inizio con l’incisione del piano cutaneo in sede pararettale sinistra 2 cm al di sopra della linea bis-iliaca. Viene poi raggiunta ed incisa la fascia del muscolo obliquo esterno, e si dissociano, secondo l’orientamento, le fibre muscolari dell’omonimo muscolo, dell’obliquo interno e del trasverso.

Una volta evidenziato il sacco peritoneale questo viene spostato medialmente e caricato su un divaricatore di Leriche così da accedere al retroperitoneo.

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Si procede allora al riconoscimento del muscolo psoas, considerato il punto di repere laterale del campo d’azione, in quanto medialmente ad esso e si reperta il fascio vascolare spermatico.

Identificata e preservata l’arteria spermatica si procede alla legatura e sezione della vena spermatica interna, si ricercano inoltre le eventuali collaterali che vanno anch’esse trattate.

Dopo attente manovre di emostasi l’intervento ha termine con la sintesi dei piani muscolo – fasciali e tegumentari senza posizionamento di drenaggi.

La tecnica di Ivanissevich permette un agevole accesso alle strutture del funicolo, rendendo così possibile una facile identificazione e preservazione dell’arteria spermatica.

Le percentuali di successo in termini di correzione del varicocele a lungo termine sono, attualmente, del 70 - 85%. L’incidenza di idrocele, dovuta alla legatura dei linfatici, è del 15% 91.

- Tecnica di Palomo

La metodica in questione si differenzia dalla precedente per il fatto che il fascio vascolare spermatico viene isolato, e la sezione effettuata, prossimalmente al suo

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sbocco in vena renale, pertanto, più in alto rispetto alla tecnica di Ivanissevich 5.

Secondo l’Autore ciò permette di evidenziare meglio eventuali collaterali reno-spermatiche, che, normalmente, a questo livello decorrono vicino al tronco principale.

L’incisione pararettale del piano muscolo – cutaneo viene eseguita in modo che il suo terzo medio incroci l’ombelicale trasversa.

I tempi dissettivi e di sintesi dei piani muscolari descritti da Palomo risultano sovrapponibili alla tecnica di Ivanissevich da cui la metodica si discosta prevedendo la legatura in blocco del fascio vascolare senza preservazione dell’arteria e dei linfatici.

Una variante indicata come intervento di “Palomo modificato” prevede, di contro, l’esclusione dell’arteria spermatica dalla legatura.

Kass e Marcol 92 in uno studio del 1992 riportano una percentuale di successo del 89% quando viene preservata l’arteria spermatica, mentre la percentuale è del 98% quando si effettua una legatura in massa di tutti i vasi spermatici.

L’idrocele con la procedura di Palomo si presenta con una incidenza del 7%; è per queste ragioni che Kass nel

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55

1992 sosteneva questa tecnica come il Gold-standard in età pediatrica.

Riassumendo le complicanze conseguenti all’uso delle tecniche di legatura soprainguinale risultano fondamentalmente rappresentate da:

- alterazioni testicolari

- mancate guarigioni o recidive - idrocele

Per quanto concerne le alterazioni testicolari le varie casistiche risultano alquanto disomogenee riportando con la tecnica di Palomo, valori che raggiungono anche il 33%.

Da altre casistiche, prodotte da Atassi et al. 93, risulta che, comparando la tecnica originale di Palomo con le metodiche che prevedono la preservazione dell’arteria, si hanno riduzioni del volume testicolare non statisticamente significative, rilevando come la vascolarizzazione testicolare sia vicariata dai rami arteriosi cremasterici e deferenziali.

Anche considerando i miglioramenti del liquido seminale e le gravidanze post-operatorie dai dati raccolti in letteratura non si rilevano significative differenza tra le metodiche che prevedano la preservazione o meno dell’asse vascolare arterioso.

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Le recidive sono da interpretare, in realtà, come mancate guarigioni, dovute alla mancata sezione di eventuali rami venosi collaterali alla vena spermatica interna.

Se prendiamo in esame le tecniche che prevedono la salvaguardia dell’arteria, ossia la Palomo modificata e la Ivanissevich, e le rapportiamo ai dati delle varie statistiche di riferimento, risulta che tra queste è da preferire l’intervento di ”Palomo modificato” 93.

Questo presenta tassi di recidiva inferiore rispetto all’intervento di Ivanissevich in quanto realizzato in una zona anatomica più favorevole all’individuazione di eventuali circoli collaterali.

L’insorgenza di idrocele con le metodiche di legatura alta è sicuramente minore rispetto alle tecniche di legatura sottoinguinale, che comportano l’inevitabile manipolazione delle strutture del funicolo e dei vasi linfatici;

Tuttavia, con l’uso recente di mezzi ottici l’incidenza di idrocele, si è ridotta notevolmente attestandosi su valori medi dello 0,6%, facendo si che l’intervento di Palomo venga ormai pratica esclusivamente per via laparoscopica.

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1.6.2 LEGATURE INGUINALI

L’approccio inguinale, tecnica codificata da Bernardi nel 1947 94, si esegue effettuando un’incisione obliqua, parainguinale a livello dell’anello inguinale esterno. Si incide l’aponevrosi del muscolo obliquo esterno e si accede al funicolo spermatico, si apre la sua guaina, si isola il deferente e si procede alla resezione e alla legatura delle vene ectasiche.

Questa tecnica, come anche le metodiche di legatura subinguinale, ha il vantaggio di permettere una esteriorizzazione delle componenti del funicolo: le vene, l’arteria testicolare, il deferente e le strutture nervose.

Ne consegue sia la possibilità di una più accurata dissezione delle stesse, ma, soprattutto l’esteriorizzazione consente di accedere ad un maggior numero di vene sia funicolari che extrafunicolari con una minore incidenza di recidive.

Non va dimenticato però, che l’utilizzazione della tecnica della legatura inguinale necessita di un tempo di esecuzione più lungo rispetto a quello utilizzato per le altre metodiche. Viene richiesta, inoltre, una maggiore accuratezza da parte dell’operatore per evitare di ledere le strutture del funicolo e per il maggiore numero di vene ectasiche da legare.

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