• Non ci sono risultati.

Capitolo 1 1. L’asino

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Capitolo 1 1. L’asino"

Copied!
96
0
0

Testo completo

(1)

Introduzione

L’asino, addomesticato circa 8000 anni fa, è stato utilizzato dall’uomo per molteplici funzioni quali: soma, traino, sella e lavoro nei campi, anche se a causa della sua natura forte e robusta, è stato trattato con minor cura e maggior durezza rispetto ad altri animali domestici.

L'evoluzione dell'economia nei paesi industrializzati ed in particolare in Italia, è passata dalla prevalenza del settore agricolo a quella del terziario e del terziario avanzato, comportando tra altro, una rapida dispersione del patrimonio asinino italiano che vantava molte specie autoctone (Ragusana, Amiatina, Sarda, dell'Asinara, di Pantelleria, Abruzzese o Carovilli, Romagnolo, ecc...) rinomate anche all'estero.

L’industrializzazione e la diffusione di macchine agricole efficienti hanno sostituito il lavoro dell’asino, cosicché in nazioni come l’Italia questo animale rischia l’estinzione, anzi, alcune razze sono in pratica già scomparse (ad esempio quella Abruzzese).

Il progresso della società ha inoltre portato il nostro Paese a presentare sintomi di distacco esasperato da canoni di comportamento consigliati dal semplice buon senso, quali ad esempio, uno scarso allattamento al seno dei neonati, l'aumento dell'obesità infantile, l'insufficiente qualità e sicurezza dei cibi.

Si possono tuttavia evidenziare attualmente alcune tendenze generali della società che, in reazione delle predette linee “involutive”, possono incidere positivamente su interessi comuni nell'allevamento asinino (Milonis, 2011):

 crescente attenzione alla sicurezza ed alla qualità degli alimenti;

 ritorno ai prodotti naturali (agricoltura biologica);

 favore per uno sviluppo locale ed eco-sostenibile;

 tutela dell'ambiente;

 cura degli stili di vita;

 benessere animale.

Si stanno però riscoprendo le mille potenzialità dell'asino. Produce un latte molto simile a quello materno di eccezionale qualità, utilizzabile sia per i bambini che presentano allergie alle proteine del latte vaccino, sia per la realizzazione di cosmetici.

Potendo utilizzare le sue caratteristiche fisiche e comportamentali (taglia ridotta, paziente, lento nei movimenti ed incline alle andature monotone e controllate) è

(2)

possibile impiegarlo in vari servizi incentrati sulla riabilitazione e cura degli handicap e soprattutto a favore di quelle persone, in particolare bambini, che possiedono problemi di relazione e socializzazione riguardanti la sfera affettiva ed emozionale.

L'onoterapia permette l’introduzione graduale e sistematica di animali selezionati ed addestrati nelle immediate vicinanze di un individuo, o di gruppi di individui, per scopi terapeutici.

(3)

Capitolo 1 1. L’asino

1.1. caratteristiche morfologiche e origine della specie

La maggior parte degli asini domestici hanno un'altezza al garrese che va da 90 a più di 140 centimetri, anche se la razza Andalusa-Cordobese del sud della Spagna è in grado di raggiungere 160 centimetri di altezza al garrese.

Tra le tante caratteristiche uniche per questa specie, gli asini sono riusciti ad adattarsi alle terre desertiche.

A differenza dei cavalli selvatici che si muovono in mandrie, gli asini selvatici vivono separati dagli altri individui della loro specie. Grazie a forti vocalizzazioni, gli asini mantengono il contatto con gli altri asini presenti negli immensi spazi desertici. Il raglio, che risulta essere il richiamo più conosciuto, è udibile per più di tre chilometri di distanza. Orecchie molto più grandi rispetto a quelle dei cavalli, gli permettono di poter captare suoni più distanti; inoltre forse potrebbero aiutare a mantenere bassa la loro temperatura del sangue per mezzo della termoventilazione.

Gli asini appartengono all’ordine Perissodactyla e sono ungulati della famiglia degli Equidi, la quale è costituita da un solo genere (Equus), suddiviso a sua volta in cinque sottogeneri (Benedetti 1997).

I cinque sottogeneri: Asinus, Dolichohippus, Hemionus, Hippotigris-Quagga, Equus propriamente detto, si differenziano ulteriormente in sei specie ed in un ulteriore numero di sottospecie.

Gli equidi, solipedi, popolarono tutti i biotipi della terra, ad eccezione delle zone polari, della fascia equatoriale e dell’Australia.

Alcuni autori ritengono che i rappresentanti del genere Equus, sia quelli estinti, sia quelli ancora viventi, possano derivare dal Dinohippus; frammenti fossili dello stesso, ritrovati nel Nord America, risalgono al Miocene superiore, circa cinque milioni di anni fa (Benedetti 1997).

Nel continente Euroasiatico i primi fossili di equidi ritrovati risalgono al Pliocene superiore (due milioni e mezzo di anni fa) e appartengono alla specie E. Livenzovensis (animali di grande mole).

(4)

Reperti risalenti al Pleistocene inferiore (circa ottocentomila anni fa) fanno desumere la diffusione dell’equide denominato E. Stenonis (animale di media mole) sul territorio euroasiatico ed americano. Nell’intervallo tra il Pleistocene inferiore ed il medio si constata l’evoluzione, dall’E. Stenonis, di tre adattamenti morfo-genetici: l’E. Stehlini (dalle caratteristiche asinine), l’ Bressanussussenbornensis (di alta e robusta mole) ed una linea di equidi dalla denominazione incerta. In Italia, reperti dell’E. Stehlini sono stati ritrovati in Toscana (Museo di Geologia e Paleontologia, Univ. Di Firenze).

Risalgono all’Eocene i primi ritrovamenti fossili del genere Hyracotherium, tetradattilo, scoperti sia in America che in Europa; tali fossili furono riconosciuti quale primo gradino evolutivo del genere Equus. In seguito il filum genetico dell’Hyracotherium, evolse in Orohippus ed in Epihippus entrambi tetrattili e di piccole dimensioni, i quali si modificarono nei tridattili Mesohippus e Miohippus nell’Oligocene. Questi dettero origine, nel Terziario superiore, all’Anchitherium ed al Merychippus e da quest’ultimo, nel Pliocene, presero origine l’Hipparium e il Pliohippus, considerati precursori filogenetici del genere Equus in quanto monodattili.

Ulteriori adattamenti ambientali dettero origine a diversi sottogeneri, fra i quali il sottogenere Asinus. Keller ipotizza che siano esistite due linee genetiche originanti le odierne razze asinine: l’una in Asia occidentale e l’altra in Africa orientale.

Secondo altri Autori gli asini hanno origine da un’unica specie presente esclusivamente sul suolo africano, precisamente dall’Asino selvatico africano (Equus asinus), caratterizzato da un’altezza al garrese di circa 125 cm, con orecchie molto lunghe, mantello grigio uniforme, addome più chiaro, con presenza, a volte, di strisce nere sulle spalle e sulla faccia esterna degli arti.

Questa specie possiede 62 cromosomi e se ne distinguono tre sottospecie:

1) Asino selvatico della Nubia (Equus asinus africanus) avente dimensioni modeste, con mantello grigio giallognolo solcato dorsalmente (sul rachide) da una striscia scura e da un’altra analoga,trasversale sulle spalle; diffuso un tempo fra l’Egitto ed il Sudan orientale, oggi sopravvivono pochi esemplari, non puri, in alcuni giardini zoologici sparsi nel mondo.

2) Asino selvatico del Nord Africa (Equus asinus atlanticus) oggi estinto, era diffuso nella regione geografica compresa tra il grande Atlante, Marocco e l’Erg (Algeria).

Si ritrovano i suoi caratteri negli asini domestici del Sahara.

3) Asino selvatico della Somalia (Equus asinus somalicus o somaliensis) distinto da un’altezza al garrese di circa 140 cm, più robusto del Nubiano, possiede un mantello

(5)

grigio con sfumature rosate, presenta una striscia nera lungo la colonna vertebrale e strisce multiple sulle superfici esterne dei quattro arti. Esistono attualmente solo poche centinaia di esemplari diffusi tra la Somalia, l’Etiopia ed il Kenia settentrionale. Alcuni nuclei familiari vivono nella valle della Dancalia (Etiopia) resistendo alle altissime temperature e proibitive condizioni micro ambientali.

Alcuni autori ammettono l’esistenza di altre due sottospecie: l’Equus asinus taeniopus d’Henglin o asino abissino della Dancalia e dell’Ogaden e dell’Equus asinus aethiopicus del Denman, anch’esso della Dancalia.

Esiste anche un altro raggruppamento, l’Equus asinus arabicus. Nel bacino del Mediterraneo, durante gli scavi sull’isola di Pianosa, furono ritrovati resti fossili risalente al Pliocene, appartenenti ad un Equus asinus.

Residui fossili e graffiti, ritrovati nel sud - Europa e nell’Italia meridionale, dimostrano la presenza dell’asino nel Pleistocene superiore (Benedetti 1997).

Le razze asinine domestiche, in particolar modo quelle diffuse nei paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo, derivano sicuramente dai precursori selvatici sopra citati (Biagini 2008).

(6)

1. 2. Le origini storiche

L’addomesticamento dell’asino selvatico, precedente a quello del cavallo, avvenne circa ottomila anni fa ad opera di genti nubiane, avi degli antichi egizi, i quali permisero la diffusione ed apprezzamento di questi animali presso le popolazioni asiatiche sino alla cinese, divenendo un’importante animale da soma dato che poteva facilmente portare il 20-30% del suo stesso peso corporeo ed inoltre veniva usato come animali da allevamento per la produzione di latte.

In Europa settentrionale e centrale l’asino è considerato un animale pigro e testardo, mentre nell’Europa meridionale ed in Egitto è ritenuto, con ragione, vivace, forte e disponibile.

La razza asinina presente nella penisola arabica è composta da due varietà: una veloce, impiegata come cavalcatura e l’altra, piccola e più debole, utilizzata per la soma.

Dal 1800 a.C., l’asino arrivò nel Medio Oriente, con una massiccia presenza al punto da chiamare la città commerciale di Damasco “città degli asini”, come da quanto scritto sui testi cuneiformi ritrovati. In Siria abbiamo la presenza di quattro varietà asinine utilizzate, a seconda della loro prestanza fisica, come cavalcatura, soma e per le corse. I Greci associavano l’asino col dio siriano del vino, Dioniso.

Nel II millennio a.C. l’asino africano addomesticato giunse, grazie ai traffici navali dei mercanti Etruschi, in Italia, dove essendo molto apprezzato si diffuse in tutta l’Etruria.

In seguito, conosciuto da altre popolazioni italiche, fu sempre utilizzato come insostituibile aiutante del lavoro dell’uomo.

I romani usavano probabilmente l'asino come animale da sacrificio, dandogli così grande valore. I cavalli e gli asini furono riportati nelle Americhe dai conquistatori nel 1492, quando Cristoforo Colombo portò quattro maschi e due femmine. Partendo da questa linea di sangue furono generati molti muli usati dai conquistatori mentre esploravano le Americhe. George Washington cercando di produrre muli di qualità per il lavoro, importò asini dalla Spagna e dalla Francia, alcuni sopra 163 centimetri di altezza. Nonostante queste prime apparizioni in America, l’asino non ebbe una distribuzione molto estesa fino a che risultò utile come animale da soma per i minatori, in particolare i cercatori di oro nella metà del 1800. Essi prediligevano questi animali per la loro predisposizione nel portare arnesi, provviste e metalli. La loro predisposizione alla cordialità e l’adattamento alla compagnia permisero ai minatori di lasciare i loro asini anche incustoditi, seguendo semplicemente i loro padroni. Non

(7)

appena il lavoro nelle miniere passo da un’occupazione del cercatore individuale a un’operazione industriale sottoterra, gli asini dei minatori non furono più utilizzati per quel lavoro e molti di questi furono lasciati liberi nei deserti Americani. I discendenti di questi asini si possono ancora oggi vedere allo stato selvatico nel Sud-ovest dell'America. Nell’ultimo secolo, gli asini vengono usati sempre meno come animali da lavoro divenendo animali domestici negli Stati Uniti ed in altre nazioni ricche, mentre continuarono ad essere impiegati nel lavoro in molte regioni povere. Un aspetto particolare riguardo ad alcune specie è che sono ideali per proteggere i greggi di pecore dai predatori, poiché la maggior parte degli asini hanno diffidenza per i coyotes e per altri canidi tenendoli lontani dai greggi (Biagini 2008).

(8)

1. 3. L’asino ai giorni nostri

Attualmente è stato stimato che esistono circa 44 milioni di asini. La quota maggiore è presente in Cina dove si rilevano più di 11 milioni di esemplari, seguita dall’Etiopia ed il Messico. Si presume che il numero reale sia più elevato visto che molti asini non sono stati contati. I tipi di lavoro per cui vengono utilizzati la maggior parte degli asini è sono uguali a quelli per cui sono stati utilizzati per 6000 anni. Il lavoro più comune è il trasporto di pesi, o il traino di carri. Vengono impiegati anche per la coltivazione di terreni, nelle attività di trebbiatura, per il trasporto dell’acqua, per la macinatura ed per altri lavori. Altri impieghi sono: per generare muli, come compagni per i cavalli, per sorvegliare i greggi di pecore e come animali domestici. Sono ancora pochi quelli allevati per la produzione di latte o di carne. Alcuni fattori che hanno permesso l’incremento del loro numero sono l’aumento della popolazione umana, il progresso nello sviluppo economico e la stabilità sociale in alcune nazioni povere, la sostituzione di foreste a favore di fattorie e distese di terreno, l’abbassamento dei prezzi dei veicoli a motore e a gasolio e la popolarità degli asini come animali domestici. Il benessere degli asini, nei Paesi industrializzati recentemente è diventato una preoccupazione e sono stati costruiti diversi rifugi per l'alloggio e un eventuale soccorso degli asini. Il più grande è il Parco dell’Asino in Inghilterra, che supporta anche i progetti per il loro benessere in Egitto, Etiopia, India, Kenia e Messico (Biagini 2008). La situazione odierna in Italia e nella regione Toscana è rappresentata rispettivamente nelle tabelle 1 e 2.

(9)

Tabella 1. Principali razze asinine italiane (AIA 2009)

Razze asinine Dati

Asino Ragusano 1856

Asino Amiata 1384

Asino Sardo 1218

Asino Martina Franca 879

Asino Romagnolo 490

Asino Pantesco 71

Asino Asinara 60

N. totale 5958

Tabella 2. Numero di asini nelle provincie toscane (AIA 2009)

Provincie Dati

Arezzo 281

Firenze 306

Grosseto 1215

Livorno 126

Lucca 265

Massa Carrara 298

Pisa 219

Pistoia 130

Siena 255

N. totale 3095

(10)

Capitolo 2 2. Nutrizione e alimentazione

2. 1. Caratteristiche nutrizionali ed alimentari dell’asino

L’asino è un erbivoro monogastrico, con stomaco ridotto (10% dell’intero tratto gastroenterico) e con intestino cieco di notevoli dimensioni e capacità. Si è spesso fatto un paragone tra intestino cieco dell’equino e il rumine dei poligastrici sostenendo che, come il primo dei 4 stomaci dei bovini, anche il cieco è un complesso e particolare organo capace di trasformare e digerire la cellulosa dei foraggi. L’ambiente gastrico presenta valori di pH intorno a 6 nella regione del fondo e di pH 2,6 nella regione pilorica; nella valutazione degli alimenti per gli asini quindi occorre considerare sia le caratteristiche chimiche sia quelle fisiche, come ad esempio, la dimensione e l’ingombro delle particelle. Inoltre quelle chimico-fisiche, come la naturale azione tamponante dovuta alla capacità di scambio cationico, può influire in modo considerevole sulla digestione ed assorbimento dei principi nutritivi (Chiofalo et al., 2011).

I componenti digeribili del contenuto cellulare sono per la maggior parte attaccati dagli enzimi delle secrezioni digestive dello stomaco e dell’intestino tenue, mentre la frazione digeribile dei componenti delle pareti cellulari (cellulosa, emicellulose), e delle sostanze pectiche (pectina, amilopectina), è quasi totalmente degradata tramite gli intensi processi di fermentazione microbica che avvengono nella parte posteriore del digerente (cieco e colon) dopo l’attacco enzimatico in sede gastrica ed enterica.

Appare chiaro che la dieta svolge un ruolo rilevante sulla produzione e qualità del latte degli equidi, in quanto l’assorbimento dei nutrienti precede la fermentazione cecocolica.

(Chiofalo et al., 2011).

Per aggirare il problema, la strategia alimentare dei monogastrici è di ingerire una gran quantità di alimento, ricavando però meno nutrienti rispetto a un ruminante.

Questa è la ragione per cui per la loro mole, gli asini ingeriscono una quantità maggiore di alimenti ricchi di fibra per unità di peso vivo rispetto ai bovini, anche se la quantità di sostanza secca digerita sarà minore.

(11)

I bovini consumano sostanza secca per il 2 % del loro peso vivo al giorno, mentre con la stessa qualità di fibra gli asini ne consumano il 2 – 2.5 % e i cavalli più grandi il 2.5 – 3

%.

Questo presume che sia stato dato loro il tempo per alimentarsi. Paragonato al cavallo, l’asino è migliore nel digerire gli alimenti con alto contenuto in fibra e così, tende a digerire una parte di sostanza secca più elevata rispetto a un cavallo al quale è stata data la stessa quantità di fibra nella dieta.

Questa differenza si evidenzia con la somministrazione di alimenti che presentano un contenuto in fibre di buona qualità e digeribilità come l’erba medica. Il consumo di sostanza secca può salire, anche, a 3 – 4 % con alimenti di scarsa qualità come paglia di orzo o sottoprodotti del mais. La ragione per la quale gli asini sono migliori dei cavalli nel digerire la componente fibrosa degli alimenti di scarsa qualità non è sconosciuta, infatti alcuni sostengono che i microrganismi nel grosso intestino sono diversi, in quanto quelli degli asini digeriscono meglio la cellulosa, mentre altri affermano che la quantità di microrganismi presenti nel tratto digestivo degli asini sia proporzionale al peso vivo dell'animale. Studi comparati sui fabbisogni di energia e proteine per gli asini ed i pony non hanno mostrato nessuna differenza in questo. Dunque sembra chiaro che, in assenza di altre prove, almeno parte delle ragioni per la quale gli asini sfruttano meglio l'alimento rispetto ai cavalli è dato dalla loro grande capacità di digerire alimenti ad alto contenuto di sostanze fibrose.

Questo risulta vantaggioso quando è somministrata una quantità fissa di alimento, dove i cavalli non possono trarre vantaggio avendo un fabbisogno in contenuto di fibre degli alimentari generalmente più elevata.

Normalmente l’asino assume un quantitativo di alimento per unità di peso più grande di un bovino ed è migliore nel digerire diete con alto contenuto di fibre rispetto al cavallo (Pearson, 2005).

(12)

2. 2. Fabbisogni nutritivi

(Pearson, 2005)

I nutrienti indispensabili a tutti gli animali sono energia, proteine, minerali, vitamine e acqua.

Energia e suoi fabbisogni

L'asino ricava energia principalmente dagli alimenti, sottoforma di carboidrati, grassi o proteine. Può essere anche ricavata utilizzando le riserve corporee di glicogeno presenti nei muscoli e nel fegato o utilizzando i grassi di cui sono costituiti i tessuti adiposi in ogni parte del corpo. Ricavare energia dalle proteine presenti negli alimenti è dispendioso, infatti molti asini impiegati nei lavorano sono magri e possiedono poche riserve corporee a cui appellarsi; il principale apporto di energia per un animale sottoposti a lavora deriva quindi principalmente dai carboidrati e dai grassi della dieta.

I carboidrati si presentano sotto 2 forme:

 carboidrati semplici, come il glucosio, che viene assorbito dall’intestino tenue per passare nel circolo ematico;

 carboidrati complessi o strutturali, presenti nella materia fibrosa delle piante, fermentate poi dai microrganismi nell’intestino crasso per produrre acidi grassi volatili assorbiti attraverso le pareti intestinali per giungere nel circolo ematico.

I carboidrati nella forma semplice sono presenti principalmente negli alimenti concentrati, mentre gli alimenti ricchi di fibre, contengono principalmente carboidrati strutturali.

Diete costituite da concentrati di solito forniscono all’asino la forma più rapida da cui ricavare energia, visto che sono prontamente digerite ed assorbite nell’intestino tenue.

Un asino alimentato principalmente con carboidrati complessi presenti negli alimenti ricchi di fibre, utilizza maggiormente i microrganismi dell’intestino crasso per produrre l’energia in una forma utilizzabile. L'alimentazione degli asini e dei cavalli non può essere basata solamente sull'utilizzo di alimenti concentrati, poiché la loro dieta deve contenere alimenti ricchi di fibre per stimolare la peristalsi del tratto digestivo e diluire i carboidrati semplici più rapidamente fermentescibili. Infatti una razione costituita da concentrati e foraggi riduce la possibilità di coliche o altri problemi digestivi, che possono avvenire quando gli equini sono alimentati con eccessivi quantitativi di concentrato.

(13)

I fabbisogni energetici di un asino sono identificati di solito come la quantità di energia digeribile che l’asino necessita nelle varie situazioni in cui si trova. Tutti gli alimenti contengono energia, ma la quantità che un asino può utilizzare dipende dalle caratteristiche dell’alimento considerato.

Ad esempio, può assimilare circa il 95 % dell’energia presente nel granella di mais, e solo il 35 % di quella presente nella pianta intera di mais, poiché quest’ultima è molto più fibroso del mais in granella, e quindi la maggior parte finisce nelle feci.

Pertanto i fabbisogni di energia degli equini sono solitamente considerati come quantità di energia digeribile, sottovalutando così il fatto che tutti gli alimenti hanno digeribilità differenti. Occorrono circa 20 MJ al giorno di energia digeribile per un asino di 150 kg in fase di mantenimento.

Le asine necessitano di circa il 10% in più di energia ogni giorno negli ultimi 3 mesi di gravidanza, mentre una femmina necessiterà di circa il 120% in più di energia nei primi 3 mesi di lattazione. La quantità necessaria diminuirà fino a circa il 50% oltre i fabbisogni minimi nelle fasi successive della lattazione quando il quantitativo di latte diminuisce.

Crescendo gli asini acquisiscono un fabbisogno energetico simile a quello di un adulto, ma essendo piccoli, hanno un apporto di alimenti minore; pertanto la loro energia necessaria dovrebbe essere fornito in una forma più concentrata rispetto a quella disponibile nelle sole fibre degli alimenti.

Se il fabbisogno giornaliero di energia di un asino che lavora raddoppia, in teoria, su una giornata lavorativa, l’asino dovrà mangiare almeno due volte in più rispetto a quando si alimenta in fase di mantenimento, o altrimenti perderà peso. Anche se a un asino sottoposto a lavoro gli vengono somministrati alimenti ricchi di fibre di scarsa o normale qualità, esso non aumenta il suo apporto volontario di cibo in risposta al lavoro.

In alcuni casi l’apporto di cibo può anche diminuire poiché un asino che lavora ha meno tempo da dedicare all’alimentazione durante il giorno.

Dunque per andare incontro ai fabbisogni superiori di energia di una giornata lavorativa, l’asino necessita di una razione di qualità migliore, in altre parole, una con maggiore energia digeribile di quella che si trova nella maggior parte degli alimenti ricchi di fibre, come per esempio residui di colture e pascolo e di erba non falciata, che sono comunemente disponibili per gli asini che lavorano. La mancanza di aumento di concentrazione energetica nella razione di asini sottoposti a lavoro porterà ad una perdita di peso. Una perdita di peso può essere accettate in un asino che lavora solo

(14)

stagionalmente, poiché ha l’opportunità di riacquistare il peso nel periodo di riposo; ma la perdita non è accettabile in un asino che lavora tutto l’anno, o in uno che comincia a lavorare in condizioni non ottimali, magre.

Proteine e suoi fabbisogni

Le proteine sono formate da lunghe catene di AA ed i più importanti sono 25, di cui 10 non possono essere sintetizzati dall’asino o dai microrganismi presenti nel grosso intestino, in quantità sufficiente per i suoi fabbisogni e così devono essere forniti attraverso la dieta.

Le proteine microbiche non potendo essere digerite nell’intestino crasso, fanno si che l’asino dipende solitamente dalle proteine presenti negli alimenti per apportare gli aminoacidi di cui ha bisogno.

Gli alimenti vegetali sono in grado di sintetizzare tutti gli aminoacidi necessari all’asino. Un asino giovane in crescita ha un elevato fabbisogno di lisina, la cui mancanza può inibire la crescita, soprattutto se l’asino giovane è alimentato solamente con alimenti ricchi in fibre. Gli aminoacidi ingeriti in eccesso rispetto ai fabbisogni dell'asino non possono essere immagazzinati come tali, ma vengono metabolizzati per fornire energia, oppure convertiti in riserve corporee di grasso e glicogeno. Pertanto un'eccessiva ingestione di proteine risulta inutile. Questa situazione si riscontra raramente negli asini che lavorano nelle zone tropicali, in quanto diete ricche di sostanze proteiche sono generalmente dispendiose e non vengono quindi utilizzate.

La qualità proteica di un alimento dipende dal tipo di aminoacidi presenti e dalla quantità di proteine dell’alimento stesso.

Alimenti con contenuti di azoto simili possono avere lo stesso contenuto di proteina grezza, anche se la proporzione di aminoacidi essenziali e quindi la qualità dell’alimento può essere diversa.

Migliore sarà la qualità delle proteine e di conseguenza maggiore sarà la concentrazione di aminoacidi essenziali.

Le proteine di qualità migliore, sono quelle di origine animale come la farina di pesce poiché contengono le maggiori proporzioni di aminoacidi essenziali. Le migliori proteine di origine vegetale sono quelle presenti nella soia.

I legumi sono alimenti ricchi di fibre che contengono le maggiori quantità di proteine.

Le paglie di cereali maturi contengono livelli proteici molto bassi. Ha molta importanza, quindi sapere quante proteine sono disponibili nell’alimento, quante possono essere

(15)

digerite nell’intestino e quante passano indigerite direttamente nelle feci. In tagli maturi di fieno la percentuale di proteina digeribile è di circa il 45%, a differenza dei tagli freschi in cui la digeribilità sembra arrivare anche al 74–80%. Per le fattrici nelle prime fasi di lattazione e per i puledri in accrescimento, occorre somministrare concentrati con contenuto proteico del 13-14%. Le proteine animali (farina di pesce oppure proteine del latte) sono migliori per ottimizzare la crescita dei giovani puledri, ma vengono somministrate raramente dai proprietari di asini impiegati nel lavoro a causa del loro costo elevato. L'alternativa consiste nell'utilizzo di piante disponibili localmente che contengono alti livelli proteici.

I fabbisogni di proteine per l’asino adulto sono relativamente bassi e sono principalmente legati ai fabbisogni proteici dei microrganismi nell’intestino crasso, indispensabili per la metabolizzazione delle fibre nella dieta. I fabbisogni proteici di un asino non aumentano in maniera rilevante durante il lavoro.

Gli asini in crescita o le asine sia in gravidanza che in lattazione necessitano maggiormente di proteine nella dieta rispetto agli altri asini.

Negli ultimi 3 mesi di gravidanza di un'asina il fabbisogno proteico aumenta in relazione all'aumentata crescita fetale. Questo è il periodo in cui lo sviluppo fetale prende sempre più spazio nella cavità addominale, riducendo la capacità di ingestione della madre nei confronti di alimenti ricchi di fibre. In questo momento, per far fronte all’aumento del fabbisogno energetico e proteico, è necessario aumentare la quantità di concentrato nella razione e riducendone la parte fibrosa.

Sali minerali, vitamine e loro fabbisogni

I sali minerali sono composti inorganici, che svolgono un ruolo fondamentale nel funzionamento di processi metabolici e di attività dell’organismo. I minerali maggiormente presenti sono calcio, fosforo e magnesio (importanti nella costituzione dello scheletro), sodio, potassio e cloro (importante nell’equilibrio acido/base e nella regolazione dei fluidi), zolfo (necessario nei processi metabolici e per la formazione di cartilagine e pelo). I minerali presenti in tracce (che sono necessari in piccole quantità nel corpo dell’asino) sono ferro, manganese, zinco, rame, iodio, selenio e cobalto. Tutti questi minerali possono essere assunti con la dieta. Gli animali sottoposti a lavoro devono mantenere l’equilibrio idrico attraverso il reintegro del sodio perso con la sudorazione, pertanto è importante assicurare ad un asino che lavora un'integrazione di

(16)

sali nella razione giornaliera, o lasciargli a disposizione del salgemma quando è a riposo.

Le vitamine sono sostanze organiche essenziali per una corretta funzione fisiologica dell'organismo.

Sono necessarie in quantità molto piccole. Si dividono in 2 tipi: le liposolubili (A, D, E, K) e le idrosolubili (C e quelle del gruppo B). Le vitamine B, C e K, essendo sintetizzate dai microrganismi nell’intestino crasso, ha meno importanza integrarle con la dieta.

Gli integratori di sali minerali e vitamine possono essere aggiunti alle razioni se gli asini non hanno accesso a foraggi verdi e freschi.

Acqua e suoi fabbisogni

Non bisogna sottovalutata l'acqua quando si valutano le necessità nutritive.

Anche molti equini impiegati nei lavori possono presentare disidratazione se non ricevono sufficiente acqua nella giornata lavorativa. Gli asini hanno un fabbisogno di acqua per unità di peso vivo minore rispetto a molti altri grandi mammiferi, e questa caratteristica gli permette di sopravvivere in condizioni desertiche.

La quantità di acqua di cui un asino necessita dipende dal tipo di razione somministratagli, dal lavoro che sta svolgendo, dal suo stadio fisiologico e dalle temperature ambientali in cui sta vivendo e lavorando. Maggiore sarà il quantitativo di sostanza secca ingerisce da un animale e maggiore sarà di conseguenza il fabbisogno di acqua. Per ogni kg di sostanza secca ingerito, un asino, posto in ambienti freddi senza compiere nessuna attività lavorativa, ingerisce circa 2,5 l di acqua. Se invece lavora, usa molta energia per le contrazioni muscolari, il che comporta produzione di calore, e quindi per mantenere la sua temperatura corporea costante mentre lavora, perde calore attraverso la sudorazione.

L’uso di queste tecniche esaurisce l’acqua corporea. Pertanto, un asino sottoposto a un lavoro necessita di più acqua rispetto a un asino in mantenimento, in alcuni casi 5 o 6 volte di più.

Un’asina in lattazione necessita di circa il doppio d’acqua rispetto ad una che non produce latte. Appena la temperatura ambientale supera i 30 °C, il fabbisogno di acqua aumentano di 3–4 volte, e l’asino inizia a sudare per mantenere la sua temperatura corporea. Tutti questi fattori messi insieme affermano che il fabbisogno di acqua di un asino durante una giornata, può variare dai 5 ai 35 litri.

(17)

Il miglior consiglio per soddisfare i fabbisogni giornalieri di acqua dell’asino è quello di consentire l’abbeverata almeno 4 volte nell’arco della giornata, soprattutto se l’asino è sottoposto a lavori in ambienti caldi. Contrariamente alla credenza popolare, un asino e un cavallo possono bere grandi quantità di acqua in un’unica volta senza nessun effetto collaterale, potendo così effettuare intervalli di abbeverata di 48 ore. In ogni breve periodo di riposo è importante far stare l’asino all’ombra e fornirgli acqua ad libitum.

2. 3. L’Apporto di alimento

Nella razione giornaliera di un asino, possono essere somministrati foraggi di buona qualità, per una quantità di sostanza secca equivalente al 2-3% al giorno del suo peso vivo.

Nella pratica, la quantità di sostanza secca ingerita da un asino giornalmente dipende da molti fattori, i più importanti dei quali sono schematizzati nella tabella 3:

Caratteristiche degli alimenti

Piante giovani possono essere ingerite più velocemente rispetto a quelle mature, ma hanno un contenuto in sostanza secca per ogni kg di alimento inferiore rispetto a quest’ultime.

L’alimento se pellettato necessita di un tempo inferiore per essere consumato rispetto a 1 kg di foraggio, anche se questo venisse trinciato. Infine, per 1 kg di concentrato o di pascolo costituito da leguminose si impiega meno tempo per il suo utilizzo da parte dell’animale, rispetto a 1 kg di residui di raccolto.

Assunzione degli alimenti

In natura il tempo impiegato da un asino per alimentarsi è di circa 14–16 ore giornaliere, pertanto è importante che gli asini tenuti al pascolo abbiano tempo sufficiente per alimentarsi.

In particolare, il lavoro toglie tempo all’alimentazione, di conseguenza: più sarà il tempo dedicato al lavoro e meno sarà il tempo dedicato all'alimentazione, quindi occorrerà una razione maggiore per soddisfare l'aumento della richiesta energetica.

Un asino sottoposto a lavoro necessita di una razione ricca di concentrati rispetto ad uno che non lavora. Gli asini sono più suscettibili al tempo fornitogli per alimentarsi rispetto ai bovini, che aumentano la quota di cibo in caso di una loro utilizzazione nei lavori.

(18)

Questo comportamento non avviene negli asini, poiché la masticazione iniziale è molto importante nella digestione dell’alimento.

Disponibilità d’alimento

Se forniamo all’asino una razione ricca in foraggio questo selezionerà le parti più appetibili. La digeribilità della sostanza secca della paglia data ad libitum ad un asino può essere più alta del 7% se paragonata alla digeribilità misurata quando viene offerto lo stesso alimento in quantità limitate.

Disponibilità d’acqua

L’asino, se disidratato, ridurrà l’assunzione di alimento o probabilmente smetterà di mangiare, di conseguenza richiederà molta più acqua rispetto a quella che può bere durante una giornata.

Un asino che assume acqua ogni 48 ore diminuirà l’ingestione di sostanza secca media giornaliera di un foraggio di media qualità del 50%, se paragonato ad un altro che ha acqua ad libitum.

Salute

Uno dei motivi per cui un asino si presenta magro è dovuto alla presenza di molti parassiti al suo interno che lo spingono ad aumentare l'ingestione anche se l'asino tenderà a perdere peso invece di ingrassare.

Dentatura

Gli asini con denti consumati irregolarmente, si alimenteranno più lentamente ed avranno un’ingestione media giornaliera di alimento minore.

Stato fisiologico nella gravidanza

Col prolungarsi della gravidanza le asine avranno una riduzione dello spazio addominale disponibile per gli alimenti, dovuto alla presenza del feto, che tenderà a ridurre l’ingestione di foraggio. Questa situazione può essere compensata aumentando l’apporto di concentrato.

Grado di umidità e temperatura ambientale

All’aumentare della temperatura ambientale o dell’umidità l’ingestione della razione diminuisce.

(19)

Un metodo che adotta l’asino per regolare la propria temperatura corporea è ridurre il calore metabolico prodotto durante l’ingestione di alimento.

Tabella 3. Fattori che influenzano la quantità di alimento ingerite in un giorno.

Gestione allevamento Tipi di alimentazione Condizioni ambientali -tempo concesso per

alimentarsi

-quantità di cibo offerta -disponibilità di acqua -stato di salute dell’animale -presenza di parassiti -stato della dentatura -stato riproduttivo

-natura degli alimenti -qualità degli alimenti

-temperatura ambientale ed umidità

(20)

2. 4. Fabbisogni alimentari nelle varie fasi

(Pearson, 2005)

Mantenimento

Un asino per soddisfare i fabbisogni energetici relativi al suo mantenimento, può utilizzare:

 una dieta basata sul solo pascolo di qualità normale;

 una miscela di paglia e foraggio verde (come ad esempio l'erba medica) in proporzione di 3:1;

 l'integrazione di una miscela di paglia a un pascolo di qualità normale, permettendo all’animale di utilizzare gli alimenti ad libitum nell’arco della giornata.

L’ingestione giornaliera di un asino è di circa 2.5 kg di sostanza secca per 100 kg di peso vivo, e se ha libero accesso al pascolo, trascorrerà circa il 60 % del giorno mangiando.

Lavoro

L’asino sottoposto a lavoro sarà capace di ingerire solamente circa 2 kg di sostanza secca al giorno per 100 kg di peso vivo a causa tempo dedicato al lavoro, pertanto è necessario che l'energia fornitagli con la dieta sia in una forma più concentrata rispetto a quando l'animale è a riposo.

Somministrando un foraggio di normale qualità a un asino che lavora per 4 ore al giorno, necessiterà un apporto di sostanza secca equivalente a circa la metà di quello ottenuto da concentrati ricchi di energia; mentre se il lavora ha una durata di 8 ore l'apporto dovrà essere pari al 60%.

Nel caso si somministrino foraggi di scarsa qualità l'apporto di sostanza secca sarà del 60% se il lavoro ha una durata di 4 ore giornaliere, invece sarà del 70% se il lavoro ha una durata di 8 ore al giorno rispetto all'apporto di sostanza secca in concentrati.

(21)

Gravidanza e lattazione

Le asine gravide che hanno una razione di foraggio di qualità normale e concentrato con un contenuto in proteine del 12-13% in rapporto 1:1, assumeranno circa 2 kg di sostanza secca per 100 kg di peso vivo, permettendogli così di soddisfare i loro fabbisogni proteici anche a gravidanza inoltrata. Anche se il latte di asina non è ricco di proteine come quello di una bovina, nella prima fase della lattazione, i fabbisogni proteici dell’asina tendono ad aumentare. Dopo la nascita del puledro la quantità di proteine e di energia digeribile nella razione delle fattrici deve essere aumentata. Nutrienti sufficienti alle prime 3 settimane di lattazione sono forniti all'asina utilizzando una razione composta dal 40% di foraggio di qualità normale e dal 60% di una miscela di concentrato con elevato contenuto di proteine e di energia. Questo permette all’asino di soddisfare i fabbisogni proteici ed energetici per la lattazione e dà al puledro un buon incremento allo suo sviluppo. Dopo 3 mesi i fabbisogni proteici ed energetici della fattrice diminuiscono e una razione di foraggio di qualità normale e concentrato in proporzione 1:1 ricoprirà questi fabbisogni.

Dopo lo svezzamento il concentrato può essere tolto dalla razione della fattrice se non è sottoposta a lavoro. È necessario aumentare la proporzione di concentrati nella razione quando è disponibile solo foraggio povero, come ad esempio il residuo del raccolto dei cereali.

L’ultimo controllo da effettuare per capire se la quantità di alimento è sufficiente per l’asino, è monitorare la sua condizione corporea (tabella 4) e modificare se è il caso la razione secondo i risultati ottenuti.

Se l’asina gravida o in lattazione sta diventando magra (tabella 4), necessita più energia e proteine e meno sostanze fibrose, quindi è consigliato ridurre il foraggio secco e aumentare la proporzione di concentrati rispetto ai foraggi, o dare più foraggio verde se disponibile, specialmente alle femmine che allattano; assicurarsi che l’apporto di acqua ricopra i fabbisogni.

Crescita

L’energia necessaria ai puledri per l’accrescimento può essere fornita da una dieta a base di foraggi e concentrato con un rapporto di 2:1 dopo lo svezzamento, per il primo anno di vita. Questo stima l’apporto di sostanza secca a 1.5-2 kg per 100 kg di peso vivo al giorno.

(22)

2. 5. Tecnica di misurazione del peso vivo negli asini

Difficilmente i proprietari di asini hanno la possibilità di pesare regolarmente i propri animali con una bilancia abbastanza grande. Un metodo di misurazione è l'utilizzo di un metro a nastro per la misurazione della circonferenza dell’animale effettuata passando il nastro attorno al corpo all’altezza del cuore, proprio dietro gli arti anteriori.

Per un asino sottoposto a lavoro, le formule di conversione conosciute sono 3:

1) Peso vivo (kg) = circonf. toracica (cm)2,65 / 2188

2) Peso vivo (kg) = circonf. toracica (cm)2,12 x lungh. tronco (cm)0,688/ 3801 3) Peso vivo (kg) = circonf. toracica (cm)2,575 x altezza garr.(cm)0,260/ 3968

Queste formule, principalmente la seconda e terza, danno un’aspettativa ragionevole del peso dell’animale, ma non è sempre così facile determinare i cambiamenti relativi al peso che si hanno di settimana in settimana in un animale.

2. 6. Valutazione della condizione corporea (BCS) di un asino

Il metodo più semplice per capire se la razione somministrata a un asino è corretta, consiste nell'osservare la condizione corporea in cui si trova e poi assegnargli un punteggio in base alla copertura adiposa di precise regioni del corpo dell'animale.

Sono stati sviluppati diversi sistemi di punteggio per gli asini, ma prevedono tutti un periodo di tempo in cui è possibile osservare l'animale oggetto della valutazione, in modo da poterne valutare in maniera corretta i vari cambiamenti, della costituzione corporea, effettuati. Per usare il sistema di punteggio riportato nella tabella 4 (Pearson e Oussat., 2000), si deve prima camminare intorno all’asino, indietreggiare ed osservarlo Così facendo è possibile giudicare se animale da valutare è:

 magro (1–3): le costole e l’ossatura sono evidenti;

 normale (4–6): l’ossatura e la copertura sono equilibrate;

 grasso (7–9): la copertura copre interamente l’ossatura;

Avendo deciso a quale categoria di condizione corporea l’asino appartiene, bisogna vedere se siamo in grado di collocarlo nelle categorie più specifiche nella tabella 4. È raro vedere un asino che lavora con punteggio di condizione corporea di 8 o 9.

(23)

Tabella 4: Punteggi Body Condition Score (BCS) (Pearson e Oussat., 2000).

PUNTEGGIO

CORPOREO DESCRIZIONE

1 DEFEDATO

Animale estremamente emaciato; i processi spinosi, le costole, la tuberosità iliaca e quella ischiatica e l’attacco della coda sono prominenti; la struttura ossea del garrese, delle spalle e del collo è evidente; al tasto non è individuabile tessuto adiposo.

2 MOLTO MAGRO

Animale emaciato; un grasso sottile ricopre la base dei processi spinosi; i processi trasversi delle vertebre lombari sono arrotondati; i processi spinosi, le costole, l’attacco della coda, la tuberosità iliaca e quella ischiatica sono prominenti; il garrese, le spalle e la coda chiaramente evidenti.

3 MAGRO

Il grasso ricopre la metà del processo spinoso; il processo trasverso non può essere apprezzato; uno strato sottile di grasso ricopre le costole; il processo spinoso e le costole sono comunque evidenti, l’attacco della coda è prominente, ma le singole vertebre non possono essere identificate visivamente; la tuberosità iliaca appare rotondeggiante, ma chiaramente identificabile; la tuberosità ischiatica non è distinguibile; il garrese, le spalle ed il collo non particolarmente sottili.

4 MODERATAMENTEMAGRO

Una leggera cresta corre lungo il posteriore; le costole sono scarsamente evidenziabili; la prominenza dell’attacco della coda dipende dalla conformazione, ma vi può essere anche un deposito di grasso intorno a questa zona; la tuberosità ischiatica non è distinguibile; il garrese, le spalle e il collo non sono snelli.

5 MODERATI

Il posteriore è piatto (non vi sono creste o pieghe); le costole non sono visivamente distinguibili, ma facilmente identificabili alla palpazione, il grasso attorno all’attacco della coda comincia a diventare spugnoso; il garrese appare arrotondato sui processi spinosi; le spalle e il collo sono armonicamente attaccati al corpo.

6 MODERATAMENTEIN CARNE

Può avere una leggera piega sotto il posteriore; il grasso sopra le spalle è spugnoso; quello intorno alla coda soffice; il deposito di grasso inizia anche lateralmente al garrese, dietro le spalle e il collo è armonicamente attaccato al corpo.

7 IN CARNE Può avere una cresta (piega) al di sotto del posteriore; le singole costole possono essere palpate, ma si avverte un deposito di grasso tra di esse;

il grasso si trova depositato sul garrese, dietro le spalle, e lungo il collo.

8 GRASSO

Vi è una piega sotto il posteriore; è difficile sentire le costole; il grasso intorno alla coda è molto soffice; l’area lungo il garrese ricoperta di grasso, così come quella dietro alle spalle; è visibile l’ispessimento del collo; il grasso si deposita all’interno delle cosce.

9 ESTREMAMENTE

GRASSO

Vi è una piega molto evidente sotto il posteriore; del grasso non uniforme si evidenzia sulle costole; l’attacco della coda è rigonfio di grasso, così come lungo il garrese, dietro le spalle e lungo il collo; il grasso all’interno della coscia le fa sfregare insieme; i fianchi sono ricoperti di grasso.

(24)

2. 7. Suggerimenti pratici su come alimentare gli asini

 Utilizzare alimenti di ottima qualità e conservarli in appositi magazzini.

 Controllare i denti e se necessario limarli in modo che l’asino possa effettuare una corretta masticazione.

 Somministrare la dieta dopo aver dato da bere, e non prima. Se l’asino è disidratato non si alimenterà correttamente o smetterà proprio di alimentarsi.

 Somministrare l'alimento individualmente, non in gruppo, per ridurre la competizione nell'alimentarsi ed essere così sicuri che ogni asino abbia ingerito la propria razione.

 Stabilire dei momenti in cui somministrare la razione utilizzando sempre posti all’ombra, suddividendo così la razione quotidiana in 3–4 pasti , in modo da evitare che l’asino utilizzi tutta la sua razione giornaliera in un unico pasto troppo grande.

 Somministrare un po’ di foraggio verde quando è possibile. A causa dello scarso contenuto in sostanza secca (può contenere acqua per l’80%) è meglio darne in aggiunta al foraggio secco e lasciar scegliere l’asino. Un kg al giorno (circa 200 g di sostanza secca) è adeguato.

 Se il foraggio è di scarsa qualità darne di più cosicché l’asino possa scegliere le parti più nutrienti, e dare la rimanenza a capre o pecore, o utilizzarla come lettiera e poi come fertilizzante.

 Utilizzare una miscela di 2 o 3 tipi di alimenti concentrati piuttosto che di un tipo solo.

 Somministrare un piccolo quantitativo di sale al giorno agli asini sottoposti a lavoro, mescolato al pasto.

 Lasciare libero accesso al pascolo agli asini, ma non fare affidamento solo ad esso, a meno che questo non sia di buona qualità.

 Trinciare il foraggio e schiacciare i cereali, l’orzo, l’avena, il granoturco per facilitare l’ingestione e la digestione. Bagnare la razione composta da orzo e avena al massimo per 12 ore prima di somministrarla, è un’alternativa all'impossibilità di schiacciare i singoli alimenti.

 Se l’asino lavora, somministrare i concentrati durante la giornata e i foraggi durante la notte, quando l’animale ha più tempo per alimentarsi.

(25)

2. 8. Nozioni pratiche per una corretta gestione dell’allevamento

Normalmente gli asini vengono allevati da due categorie di allevatori: la prima sono quelli che allevano per un utilizzo nel campo delle attività di tipo riabilitativo/educativo, la seconda categoria sono gli allevatori che allevano al fine di un reddito/produzione di alimenti per l'uomo in aziende agro-zootecniche. I sistemi di allevamento della specie asinina possono essere diversi ma per una buona salute degli animali, il più utilizzato è quello a stabulazione libera.

L'asino infatti è un animale che soffre molto lo stress, che si manifesta, ad esempio, nel caso in cui rimanga chiuso in box per più di un giorno; inoltre ha bisogno del contatto

“sociale” e del movimento.

Il pascolo ideale è quello fornito da un ambiente boschivo con vegetazione molto folta, trovando riparo dalle intemperie e dagli insetti nelle ore calde in estate, trovando inoltre un'alimentazione sufficiente, poiché al contrario del cavallo, riesce a mordere ed a nutrirsi di materiale legnoso fino ad un diametro di 12-15 mm. (Schirò, 2011).

Per quanto riguarda l’allevamento dell’asina da latte, a differenza delle altre specie di interesse zootecnico, non esistono indicazioni riguardanti le caratteristiche che dovrebbe avere per aspirare a diventare un'attività zootecnica efficiente ed economicamente sostenibile. (Sandri, 2011).

Un presupposto fondamentale è il concetto secondo cui l'allevamento è il risultato dell'interazione tra uomo, animale e ambiente.

Fra questi fattori, quello che determina la maggior parte delle caratteristiche gestionali, è quello ambientale in cui è inserito. Ad esempio, a secondo delle disponibilità di superficie pascoliva, l'allevamento si configura come semibrado (libertà di pascolo e rientro per mungitura e/o per la notte), oppure stabulato in ricoveri con paddock esterni.

Nel caso dell'allevamento semibrado (il più diffuso), la quantità, tipologia e gestione del pascolo, possono influenzare la componente alimentare e quella economica dell'allevamento.

Nello specifico i principali fattori da tenere in considerazione sono:

 Tipo di pascolo, se seminativo, seminativo non rinnovato o spontaneo e quindi il livello di copertura del cotico erboso e le specie foraggere presenti in funzione delle caratteristiche nutritive;

 Il carico animale, cioè il numero di animali/ettaro, in funzione delle capacità del cotico di coprire i fabbisogni degli animali. Per quanto riguarda i cavalli,

(26)

il parametro di riferimento sono le UBA (unità bovino adulto; un equino di 600 kg di p.v. equivale ad 1 UBA), con un valore di 2 UBA/ha.

Non essendoci attualmente indicazioni per la specie asinina il carico applicabile può essere calcolato come equivalente in peso di asini adulti, con un valore di 4-6 UBA/ha, in funzione della taglia.

 La turnazione dei pascoli, ovvero la rotazione degli appezzamenti in funzione del consumo del cotico. Questa tipologia di gestione permette lo sfruttamento ideale del pascolo prevenendo l'eccessiva usura ed il riposo per il ricaccio vegetativo (Sandri 2011).

Nell’allevamento dell’asino l’utilizzazione razionale del bosco per il pascolo può rappresentare un aspetto fondamentale per una corretta gestione tecnico-economica di un’azienda. A maggior ragione, la conduzione di un allevamento brado o semi-brado deve necessariamente basarsi sulla conoscenza delle risorse naturali, sia coltivate che spontanee.

L’allevamento allo stato brado, in gernerale, prevede la permanenza del bestiame nell’area di pascolo per tutto l’anno e può permettere una riduzione dei costi di produzione fino al 60% rispetto ad una gestione convenzionale. L’allevamento semi- brado, avvalendosi di strutture di riparo o alimentazione fisse, consente una riduzione dei costi del 30%.

L’importanza della realtà forestale toscana emerge dall’alto indice di boscosità, pari a circa il 47%, con oltre 1.080.000 ha. Le specie prevalenti sono Cerro (22.1%), Castagno (16.4%), Roverella (11.7%), Leccio (10.9%), Faggio (7.0%), Pini mediterranei (5.4%) e

Carpino nero (5.2%) (Goracci 2009).

Nell’Italia Centrale generalmente il pascolo viene effettuato per un periodo di circa 6 mesi su macchia mediterranea sempreverde, boschi di latifoglie decidue o prati. In questo tipo di gestione il binomio animale-ambiente viene valorizzato al massimo dalla presenza di razze rustiche autoctone, come, nel nostro caso, l’asino Amiatino, che può utilizzare al meglio ciò che una gestione estensiva fornisce loro. L’impiego di pascoli naturali e macchia mediterranea con essenze sempreverdi può garantire a tali animali una sufficiente base alimentare sia in inverno, che in estate e un efficiente riparo dalle avversità atmosferiche.

Il tipo di terreno ed il clima rivestono un’importanza fondamentale nella gestione del pascolamento in bosco: le terre argillose, in quanto facilmente compattabili specialmente nelle stagioni umide, risultano le meno adatte, mentre il suolo permeabile

(27)

delle sugherete, per esempio, appare meno danneggiato dal calpestio animale (Goracci 2009).

Conoscere le principali caratteri selvicolturali del bosco risulta fondamentale per un corretto utilizzo nelle varie fasi stagionali e di sviluppo delle piante.

A causa di una non razionale conduzione degli animali in foresta si può notare una vera e propria regressione del bosco: le specie legnose più pregiate risultano spesso anche le meno resistenti e rustiche, rischiando così di scomparire più facilmente a vantaggio

delle specie più robuste, ma meno pregiate.

Non esistono dati “ufficiali” in merito al carico animale in bosco ma, alcuni Autori ritengono che l’ambiente boschivo possa sopportare un carico di mammiferi selvatici per ettaro da 10 kg a 100-110 kg di peso vivo. Tali valori devono comunque essere sempre messi in relazione con la ricchezza della vegetazione, la capacità di rigenerazione degli ecosistemi, la fertilità del terreno, l’andamento climatico, le rotazioni adottate e l’eventuale competizione alimentare tra fauna domestica e selvatica del territorio. L’interruzione del pascolo dovrebbe anche contribuire al diffondersi delle specie nemorali, indispensabili per il miglioramento delle caratteristiche morfologiche e funzionali del tipo di humus ed alla mineralizzazione della lettiera da parte degli agenti biologici (Goracci 2009)

Da un punto di vista nutrizionale risulta molto difficile stimare sia le potenzialità di un pascolo che la quota di ingesta, poiché strettamente collegate con la fase fenologica

della pianta e l’andamento climatico.

La produttività del bosco è stata valutata in Maremma pari a circa 100-150 UF/ha all’anno, corrispondenti a 10-12 q/ha di foglie, germogli, fronde ed erbe del sottobosco con valore nutritivo medio di 10 UF/q, con punte di circa 20-40 q/ha di sostanza secca in primavera. In media da una foresta è possibile ottenere l’equivalente di 3.2 q di fieno/ha con un valore medio di 40 UF/q. Risulta infatti che la sostanza secca delle foglie di ornello, roverella, corbezzolo e ginestra abbia un valore nutritivo superiore a quello del fieno di media qualità, mentre quello di leccio e scopa appare paragonabile a quello di una buona paglia di avena (Goracci 2009).

Queste considerazioni, pur necessariamente generiche, vanno a sommarsi alle decisioni che ogni singolo allevatore sceglierà in base ai suoi obbiettivi ed alla risposta fisiologica della mandria in termini di produzioni e variazioni della condizione corporea.

Nella gestione degli animali al pascolo va sempre considerata la possibilità di integrare l'apporto erbaceo con fieno ed una quota di alimenti concentrati e di integratori minerali

(28)

- vitaminici almeno per i soggetti con fabbisogni più elevati (lattazione ed accrescimento), in periodi stagionali sfavorevoli (Sandri, 2011).

In un allevamento da latte gli aspetti gestionali fondamentali in grado di influenzare l'efficienza della mandria sono la riproduzione insieme all’alimentazione.

I parametri utilizzati sono essenzialmente l'interparto (tempo fra 2 parti), l'intervallo parto-concepimento, numero di interventi fecondativi per gravidanza, tipologia dell'allevamento e, non ultimo, le capacità gestionali dell'allevatore.

L’elemento cardine di questi parametri è il periodo dell'asciutta, che corrisponde all'intervallo di tempo tra la fine della lattazione ed il parto successivo. Tale parametro dovrebbe essere ridotta al minimo per ottimizzare l'interparto, garantendo comunque il benessere degli animali, rispettandone le esigenze fisiologiche.

Idealmente è auspicabile sfruttare il calore “post partum” che indicativamente compare dal 7° al 15° giorno dopo il parto, ma che in condizioni di “sofferenza” (scarsa nutrizione, clima rigido, anestro da lattazione) può non verificarsi.

L'obbiettivo principale in un allevamento da latte è di avere una produzione annua quanto più costante, che corrisponde ad avere parti e quindi produzione lattea, distribuita in modo omogeneo nell'arco dell'anno.

L'asina, essendo un animale poliestrale non stagionale, presenta estri durante tutto l'anno, permettendo così di pianificare gli accoppiamenti con modalità diverse a seconda della tipologia gestionale. Infatti, nell'allevamento semibrado l'allevatore potrà lasciare lo stallone in branco con le fattrici, oppure portare le asine nel paddock del maschio al momento fisiologico opportuno. Nel primo caso c'è da tenere in considerazione l'irruenza tipica del maschio, con il rischio di ferimenti delle fattrici, dei puledri o che lui stesso subisca danni, ma anche, dal punto di vista temporale, l'imprecisione delle informazioni del numero e dei momenti degli accoppiamenti. Nel secondo caso portare le asine singolarmente al maschio per poche ore, senza il redo, riduce i rischi sanitari e permette un controllo dell'attività riproduttiva, evidenziando eventuali problemi inerenti, anche se il fabbisogno di tempo e manodopera è maggiore.

Infine effettuare le monte “alla mano”, cioè creare una zona dove lo stallone è portato alla fattrice, è la soluzione più sicura per gli animali e per la raccolta dati, anche se per abituare gli animali ed il relativo monitoraggio costante dei calori delle asine, necessita di molto tempo.

(29)

Le ultime due tipologie di gestione delle monte (recinto e alla mano) non si escludono a vicenda, ma si possono utilizzare entrambe, come nel caso di asine di pregio o particolarmente difficili.

E' opportuno effettuare almeno un controllo ecografico 15-30 giorni dopo la monta o il presunto calore, per diagnosticare la gravidanza ed escludere gravidanze gemellari, pericolose in seguito al momento del parto, sia per la fattrice che per i redi (Sandri 2011).

Una categoria di asine spesso sottovalutata all'interno di un allevamento, ma che garantisce le produzioni future, sono le puledre che nascono in azienda. Costituiscono la rimonta, cioè i soggetti che selezionati per genetica e morfologia, sostituiranno in età adulta le fattrici a fine carriera o giudicate inadatte alla produzione di latte. La perdita di soggetti giovani o l'inadeguato sviluppo dovuto ad errori gestionali o alimentari, possono avare ripercussioni economiche in termini di mancate produzioni o di acquisto di altri animali. (Sandri, 2011).

Gli spazi dedicati alle altre attività svolte nell'allevamento sono:

 Zone funzionali alla produzione del latte: sala di attesa e di uscita dalla mungitura, zona di mungitura, locale raccolta latte.

 Zone funzionali per la riproduzione ed i riproduttori: zona monte, zone visite, zona di stabulazione dei riproduttori, zona pre-parto e parto, zona allattamento.

 Zona di svezzamento e allevamento della rimonta.

 Zone funzionali alla gestione tecnica: magazzino attrezzature e stoccaggio alimenti, zona e strutture di stoccaggio delle deiezioni.

 Zone funzionali alla sicurezza sanitaria: box infermeria, zona di quarantena.

L’allevamento asinino da latte è un sistema complesso, che presenta ancora delle problematiche specifiche derivanti da incompleta ricerca scientifica, e quindi le capacità gestionali e lo spirito di osservazione dell'allevatore assumano una importanza ancora maggiore. Perciò oltre alle necessarie competenze specifiche, la sensibilità nel rapportarsi con gli animali e l'acquisizione di esperienza, rappresentano il presupposto alla base del miglioramento dell'attività. (Sandri, 2011).

(30)

Capitolo 3

3. Asino dell’Amiata

3. 1. Origine, storia e generalità

.

La razza Amiatina nasce, come gli altri asini domestici, da progenitori selvatici di Equus africanus. Si suppone che, in particolare, abbia le sue origini nella sottospecie algerina, ormai estinta da secoli; influenzata, però, anche da incroci con l’asino Somalo che ne ha modificato l’aspetto. In Somalia era, infatti, pratica comune incrociare le femmine domestiche con stalloni selvatici, per ottenere soggetti di maggior mole e

resistenza.

Come l’Algerino selvatico, l’Amiatino presenta il mantello sorcino, i crini scuri e i caratteristici disegni: la croce di Sant Andrea sul dorso e le zebrature agli arti.

Invece, avrebbe ereditato dal Somalo una taglia relativamente più raccolta e la depigmentazione delle parti ventrali del corpo.

L’inizio della sua domesticazione è avvenuta in Nord-Africa in età pre-faraonica. Dopo le ibridazioni con esemplari selvatici locali, in Italia sarebbe giunto dall’Asia minore attraverso l’Europa orientale, insediandosi in tutte le zone appenniniche .

La razza si consolidò definitivamente quando entrò nella vita del popolo Etrusco al tempo in cui era padrone incontrastato di tutta l’Italia centrale. Ci sono indiscusse testimonianze grafiche su vasellame etrusco che confermano la discendenza dell’Amiatino dagli asini di questo popolo.

La razza nei secoli, infatti, non ha subito variazioni apparenti e ancor oggi i pochi soggetti presentano caratteristiche che trovano riscontro nelle più remote documentazioni.

Alcuni autori, tuttavia, sostengono che la recente razza Amiatina sia stata modificata da incroci con asini di tipologia asinina Romagnola, in quanto alcuni stalloni di questa

(31)

razza italiana furono importati dai granduchi di Toscana sul monte Amiata per rinsanguare le fattrici locali. Nei primi del ‘900, inoltre, pare che ci sia stato apporto di sangue dell’asino di Martina Franca e forse anche di sangue di asino Ragusano, nel tentativo di aumentare la taglia dell’amiatino. Questa ipotesi, tuttavia, non è accettata dalla maggior parte degli autori, poiché gli allevatori toscani si opposero con decisione all’insanguamento, nel momento stesso in cui fu tentato, in quanto la stazza e la nevrilità dell’asino Amiatino erano considerati già ideali per il lavoro ed il territorio.

L’asino etrusco fu riconosciuto ufficialmente come razza nel 1800, allorché venne individuata una popolazione omogenea con caratteristiche standardizzabili; così ricevette il nome di Asino dell’Amiata, poiché la massima concentrazione di esemplari si riscontrava sul massiccio montuoso dell’Amiata (A.I.A 1994). Nei primi del ‘900 sul suddetto monte vi erano circa 2500 esemplari.

Nel 1881 in Toscana il patrimonio asinino ammontava più o meno a 53.000 capi, dei quali circa 11.000 erano allevati in provincia di Grosseto (Barsanti, 1987)

Studi relativi al territorio hanno evidenziato come nelle numerose comunità amiatine e maremmane buona parte delle famiglie, al tempo, possedesse un asino (rapporto di quasi 1:1). I dati relativi alla comunità di Arcidosso sono una conferma di ciò: vi si contavano 992 capi per un numero totale di 1200 nuclei familiari presenti.

La popolazione amiatina negli anni ’40 era stimata intorno agli 8000 capi nelle province di Grosseto e Perugia.

Nel secondo dopoguerra, nei comuni di Arcidosso e Manciano, in provincia di Grosseto, fu avviata una selezione di soggetti per il ritorno alla purezza della razza, su iniziativa del ministero dell’Agricoltura e delle Foreste e del Deposito Stalloni di Pisa. La selezione utilizzava anche rassegne annuali per i puledri di sei, otto, diciotto e trenta mesi d’età e l’assegnazione di premi di allevamento.

Negli elenchi degli stalloni asinini, approvati attualmente alla monta e di proprietà degli allora Istituti d’Incremento ippico, il nome della razza Amiatina compare per la prima volta alla fine degli anni ’50. Se da una parte gli anni ’40-’60 coincidevano con il periodo di affermazione della popolazione a razza; erano però anche gli anni in cui, come già detto, la specie asinina nella sua totalità andava incontro ad una progressiva e rapida contrazione, dovuta ai processi di urbanizzazione delle campagne e delle comunità contadine e, soprattutto, come già detto, a seguito della meccanizzazione dell’agricoltura.

(32)

Inoltre, negli anni dal 1960 al 1972, al Deposito Stalloni di Pisa, trasformato in Istituto d’Incremento Ippico, sono venuti a mancare i fondi del ministero per il miglioramento equino e asinino. In questo modo, nel decennio 1970-1980 si è assistito ad una diminuzione della razza Amiatina dell’87,5% rispetto ai 16.000 capi presenti nel dopoguerra (Gennero e Calcagni, 1981), raggiungendo così il minimo storico; si ritiene che nel 1983 in Italia ci fossero soltanto tre stalloni e pochissime femmine.

Solo l’Istituto d’Incremento Ippico, attraverso l’azienda Cernaia (Grosseto) mantenne un gruppo di soggetti composto, mediamente, da 10 fattrici con i relativi puledri, tutelando, così, la razza e riuscendo a salvarne alcune linee genetiche. In una situazione così estrema, furono, per fortuna, prese alcune importanti iniziative che portarono, finalmente, ad un’inversione di tendenza.

Il Parco Faunistico del Monte Amiata acquistò l’ultimo maschio presente sull’Amiata ed organizzò una monta gratuita; inoltre, furono censite tutte le femmine presenti nella Maremma e gli allevatori furono convinti ad accrescerne il numero e a farle coprire. In seguito a tali iniziative, nel 1990 si potevano, così, contare 50 femmine e 12 stalloni.

Nel 1990 a Strasburgo, sede del Parlamento Europeo, la commissione responsabile delle biodiversità stilò l’elenco delle specie e razze animali minacciate di estinzione: fra le razze equine domestiche italiane venne inserita la popolazione dell’asino dell’Amiata L.

215/90).

Nel 1992 venne censita la consistenza asinina Amiatina presente sul territorio nazionale, la quale risultò inferiore ai 300 capi.

Sempre nel 1992, a seguito dell’allarmante scomparsa di numerose specie nel mondo, fu siglata a Rio de Janeiro la Convenzione Internazionale sulle Biodiversità, che si pone come obiettivo “la conservazione della diversità biologica, la gestione duratura delle sue componenti e la divisione giusta ed equa dei vantaggi che provengono dall‘utilizzazione delle risorse genetiche”.

L’asino sorcino crociato dell’Amiata è stato riconosciuto come un rappresentante dell’identità territoriale toscana e italiana, una delle molteplici ricchezze storiche e naturali; per questo è stato inserito nel suddetto progetto, ai fini del recupero e della ripopolazione territoriale della razza che, ad oggi, si trova in pericolo di estinzione.

Nell’ambito del progetto di recupero, nel 1993 fu istituito il registro anagrafico degli asini di razza Amiata. Tale registro è custodito e aggiornato dalla associazione provinciale allevatori (APA) di Grosseto. Nello stesso anno di nascita del registro anagrafico, venne costituita l’associazione “Allevatori Micci Amiatini”, il cui scopo

(33)

principale è la conservazione del patrimonio genetico, la valorizzazione e la diffusione della razza.

3. 2. Caratteri morfologici

a) Mantello: prevale il grigio sorcino crociato; zebrature agli arti; orecchie con orlatura scura; muso e ventre grigio chiaro;

b) Conformazione:

Testa: ben proporzionata; orecchie diritte e ben portate;

Collo: forte e muscoloso;

Spalla: tendenzialmente diritta e robusta;

Garrese: appena pronunciato;

Linea dorso-lombare: distesa , ma sostenuta;

Groppa: spiovente;

Petto: aperto;

Torace: preferibilmente profondo;

Arti: corti e solidi, con tendini asciutti;

Articolazioni: larghe;

Andature: regolari;

Appiombi: corretti;

Piede: robusto con unghia compatta.

c) Temperamento: nevrile;

d) Altre caratteristiche: sobrio, resistente, idoneo allo sfruttamento delle aree marginali;

e) Difetti che comportano l’esclusione dal Registro Anagrafico: gravi difetti agli appiombi. Eccessiva depressione della linea dorso-lombare.

Secondo i reports ufficiali riportati sul registro, nel 1995 vi erano 89 capi e nel 2005 503 (129 maschi e 347 femmine). Nel 2006 sembrava, addirittura, di essere passati a ben

Riferimenti

Documenti correlati

Alla ricerca, coordinata da Corrado Zoppi, hanno collaborato, oltre ad Adriana Di Liberto e Giuseppe Filippo Dettori: Enrico Tocco (Direttore, Uffi cio Scolastico Regio- nale

Solo 12 ragazzi su 20 hanno detto che molto probabilmente l’abete del Colorado in questione non raggiungerà i 450 anni, ma ricordo che dalla tabella presente nel

Per quanto riguarda invece il contenuto in acidi grassi del grasso del latte, i soggetti del Controllo hanno presentato nel corso dell’inte- ro periodo sperimentale un tenore medio in

The global approach involves different steps: - characterization of the farming system and typical products; - morphological and productive evaluation of the animals; -

L’évolution des taux du chômage et les variations ressortant de la participation au marché du travail au sein du pays d’accueil démarquent une intégration plus rapide parmi

Dopo aver dimostrato che lo stesso sesso dei genitori non ha ricadute negative sullo sviluppo dei figli, degli studi hanno focalizzato l'attenzione su come il mancato

Faculty of Applied Information Science, Hiroshima Institute of Technology, Hiroshima, Japan 62a Department of Physics, The Chinese University of Hong Kong, Shatin, N.T., Hong