Provincia di Latina
Medaglia d’Oro al Merito Civile
Verso l’Unità d’Italia
Il passaggio del Garigliano Ø La Battaglia di Mola Ø L’assedio di Gaeta
Copyright © 2010: Provincia di Latina
Progetto Editoriale:
Provincia di Latina: Domenico Tibaldi e Ada Balestra
Associazione Nazionale Granatieri di Sardegna - Centro Studi: Ernesto Bonelli
Progetto grafico e impaginazione:
A2adv - Latina
Stampa:
Effetto Immagine - Roma
Si ringraziano per la disponibilità e la collaborazione:
• Stato Maggiore Esercito – Reparto Affari Generali - Ufficio Storico, Roma;
• Stato Maggiore Esercito – Reparto Affari Generali - Rivista Militare, Roma;
• Comando Brigata Meccanizzata Granatieri di Sardegna, Roma;
• Associazione Nazionale Granatieri di Sardegna, Roma;
• Museo Nazionale Risorgimento Italiano, Torino;
• Museo Storico Granatieri di Sardegna, Roma;
• Museo Storico dei Bersaglieri, Roma.
La pubblicazione della documentazione e delle immagini è stata autorizzata da: - Stato Maggiore Esercito – Ufficio Storico con foglio n. 1285 Cod. id. STOR1 ind. Cl. 12.7 del 25 marzo 2010;
Stato Maggiore Esercito –Rivista Militare. e-mail riv. mil. -11 maggio 2010 - Museo Nazionale del Risorgimento Italiano. Prot. n. 512/10 Torino, 13 aprile 2010.
Allegato al volume edito dalla Provincia di Latina:
Verso l’Unità d’Italia - La Battaglia di Mola di Gaeta.
Patria sì bella ma non perduta!
11 maggio 1860: Giuseppe Garibaldi sbarca a Marsala alla testa di 1091 «camicie rosse». 7 settembre: Giuseppe Garibaldi entra trionfante a Napoli.
In poco più di quattro mesi, incalzando un esercito borbonico devoto e preparato, ma sottratto alla pugna da generali anziani e privi di polso, il Condottiero che, con Giuseppe Mazzini, più di altri, incarnava gli ideali risorgimentali di Unità e di Libertà per tutti gli italiani, aveva percorso, combattendo, mille chilometri;
vinto o disperso forze avversarie per circa 60 mila uomini; sostenuto quattro grandi battaglie (Calatafimi, 15 maggio; Palermo, dal 27 al 30 maggio; Milazzo, 20 luglio; passaggio dello Stretto e Reggio, 19 e 20 agosto; affrontato e risolto numerosi problemi di ordine politico, amministrativo, finanziario, pur senza poter contare su una collaudata organizzazione di governo politico-amministrativo; conquistato, ma non completamente, un regno di circa centomila chilometri quadrati e di dodici milioni di abitanti e, con esso, un mondo ormai privo di sussulti e attraversato da contraddizioni profonde.
Si devono a quel mondo, tra l’altro: la realizzazione della prima ferrovia Napoli-Portici; del primo ponte a catene d’Italia, quello sul Garigliano, opera dell’architetto Luigi Giura; la nascita di 5.000 imprese manifatturiere, con quelle tessili all’avanguardia; l’istituzione degli «alberghi dei poveri».
Insomma, un quadro complessivo ed una situazione economica positivi che, probabilmente, sarebbero divenuti ancor più fiorenti con la prospettiva tracciata dai lavori di scavo del canale di Suez da poco iniziati.
Da altro angolo visuale è pur corretto porre in rilievo che in quel mondo gli squilibri sociali erano molto profondi, nuove e diverse condizioni di classe erano prero- gative esclusiva del volere del Principe, le benevolenze acquisite attraverso il sotterfugio, l’imposizione o la minaccia erano, in uno, elementi di distinzione e qualificazione.
Napoli, dunque. Appena messovi piede, Garibaldi venne raggiunto da Giuseppe Mazzini e Carlo Cattaneo. Da Torino, Cavour, fine tessitore della politica estera ed interna della monarchia sabauda, considerava la città il quartiere generale dei democratici, temeva che da essa l’azione rivoluzionaria potesse svilupparsi su Roma, provocando l’intervento dei francesi a difesa dello Stato pontificio. Nonostante le smentite di Garibaldi, il primo ministro sabaudo trasse da quel convincimento il pretesto per legittimare agli occhi degli stessi francesi e del loro imperatore, Napoleone III, l’intervento dell’Armata piemontese che invase Umbria, Marche ed Abruzzo per poi raggiungere, nei pressi di Teano, Giuseppe Garibaldi e le sue «camicie rosse», assorbendone i risultati, scemandone la carica patriottica e rivoluzionaria che ne aveva motivato la partenza da Quarto e che nella Battaglia del Volturno e nella conquista di Capua (pur con il determinante sostegno delle truppe piemontesi) avevano trovato ennesima sublimazione.
Ecco: le immagini raccolte nell’opera segnano il passaggio del «testimone» unitario tra i Mille e l’Armata sabauda e le fasi finali di una guerra mai formalmente dichiarata tra piemontesi e borbonici che coinvolsero le popolazioni e un’ampia area geografica del nostro territorio (ieri Terra di Lavoro) tra Suio di Castelforte e Terracina.
Tre furono i grandi fatti: Il Passaggio del Garigliano; La Battaglia di Mola di Gaeta: l’Assedio di Gaeta.
Sul Garigliano, sembrò che i borbonici - sempre più desiderosi di affermare il proprio onore militare – volessero resistere ad oltranza con una divisione sul basso corso del fiume, una brigata di riserva dietro, sui declivi di Minturno (Traetto) e una a nord-est, sulle colline tra Castelforte e Suio. Il 29 ottobre, i piemon- tesi compivano una ricognizione con tre reggimenti di cavalleria, quattro battaglioni bersaglieri e 8 cannoni. Il settimo battaglione bersaglieri, in particolare, lasciò sul campo diversi fanti piumati nell’attacco al ponte del Giura e, al pari del resto dell’avanguardia sabauda, fu costretto a retrocedere. La notte del 31 ottobre, un nuovo tentativo di superamento del fiume, coronato da successo grazie al micidiale volume di fuoco dei cannoni rigati proveniente dalla flotta dell’Ammiraglio Persano. Il 3 novembre il passaggio del corso d’acqua caro a Dante venne completato ed ecco la Battaglia di Mola di Gaeta.
Il tentativo di resistere in questo luogo fu presa la sera del due novembre. Due giorni più tardi, Mola, Castellone, Trivio e Maranola divennero lo scenario di immani bombardamenti navali, scambi di fucileria e scontri all’arma bianca tra cacciatori duosiciliani e granatieri di Sardegna (e bersaglieri) che, d’impeto, superarono la disperata e non meno valorosa difesa borbonica. Nel mezzo: migliaia di civili inermi, duemila e passa feriti, il concitato andirivieni di truppe, ca- valli, improvvisati mezzi di trasporto.
Superata Mola, ecco l’ultimo baluardo del Regno dei Borboni : la fortezza di Gaeta, inadeguata a sostenere un lungo assedio, ma soprattutto priva di quei cannoni rigati che si rivelarono risolutori sul piano militare. Dal mare e da terra, un lungo assedio, tra tifo, fame, freddo, sangue, bombardamenti, scontri di fanteria. Durò fino a quel 14 febbraio 1861, quando Re Francesco II di Borbone e la Regina Maria Sofia, l’eroina di Gaeta che incitava i soldati a resistere, esponendosi al fuoco degli assedianti, lasciarono Gaeta a bordo del vascello francese «La Mouette» ; il giorno seguente, i reparti duosiciliani abbandonavano la fortezza tra i piemontesi che rendevano loro l’onore delle armi; il 17 febbraio, a Montesecco, una messa funebre avrebbe accomunato gli italiani di ambo le parti in una commossa e deferente preghiera.
Le ragioni del folder: uno dei nostri contributi - speriamo significativo e, di certo, non esaustivo - alla conoscenza delle vicende della storia nella nostra terra, ma anche al 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Siamo consapevoli che un secolo e mezzo dopo c’è una “Questione Meridionale” ancora aperta, ma proprio perché tale, quest’opera si pone in un’ottica più ampia, tesa a fare dell’Anniversario una grande opportunità per rileggere e raccontare di nuovo, con le
“voci giovanili” auspicate da Lucio Villari, il Risorgimento per quello che esso davvero fu e per quanto rappresentò come “strumento di riflessione serena, completa e consapevole non quale nuovo alimento di antiche divisioni, ma per raccogliere e vincere, pur nel rispetto delle identità locali, la Sfida più grande: “far recuperare all’Italia e agli italiani l’orgoglio della propria identità comune” (Francesco Perfetti).
Siamo convinti che la serena esposizione dei fatti e delle analisi di opposto segno sul crepuscolo del Regno di Napoli, sull’alba dell’Unità d’Italia e sugli avvenimenti che ne seguirono, possano trovare un punto d’approdo dal quale gli Italiani del Nord, del Centro e del Sud devono ripartire perché la “Questione Meri- dionale” sia davvero risolta ed una “Questione Settentrionale” perda ragioni di radicamento: sono i principi della Costituzione di un Paese duramente provato dalla seconda guerra mondiale, ma professati ed attuati con rigore e serietà e nella consapevolezza che diritti e doveri devono essere realmente uguali per tutti. Tradurli sul piano concreto è la prospettiva verso la quale far convergere ogni pensiero, ogni sforzo, ogni impegno. Perché questa Patria è si Bella e mai dovrà essere perduta.
Presidente della Provincia
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Medaglia d’Oro al Merito Civile
Raffaele Pontremoli, Il Generale Manfredo Fanti si arrampica sulla Torre del Garigliano aiutato dai Bersaglieri.
Olio su tavola. Roma. Museo dei Bersaglieri.
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Battaglia del Garigliano, 3 novembre 1860, Geisfler P.C. Ed., Norimberga, litografia acquarellata. mm 213 x 340. Torino Museo del Risorgimento.
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Carlo Bossoli, Passaggio del Gariglianodell’Esercito Italiano - 31 ottobre 1860, olio su tela, cm 135 x 257 . Torino Museo del Risorgimento.
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Raffaele Pontremoli, Passaggio del Garigliano, tempera su carta, cm 33 x 55 . Torino Museo del Risorgimento.
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Carlo Bossoli, Presa di Mola di Gaeta, tempera su carta, cm 33 x 52 . Torino Museo del Risorgimento.
Carlo Bossoli, Assedio di Gaeta.
Bivacco dei bersaglieri nella via di San Cosimo nel Borgo di Gaeta. Tempera su carta cm 48 x 32.Torino Museo del Risorgimento.
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Assedio di Gaeta. Il Generale Cialdini alla Torre Atratina il 22 gennaio 1861
Il Genio nella campagna d’Ancona e della Bassa Italia. 1860-1861. Atlante. Stato Maggiore Esercito. Ufficio Storico.
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Assedio di Gaeta. I Generali alla trincea la notte del 27 gennaio 1861
Il Genio nella campagna d’Ancona e della Bassa Italia. 1860-1861. Atlante. Stato Maggiore Esercito. Ufficio Storico.
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Assedio di Gaeta. Messa funebre sull’Istmo di Montesecco il 18 febbraio 1861
Il Genio nella campagna d’Ancona e della Bassa Italia. 1860-1861. Atlante. Stato Maggiore Esercito. Ufficio Storico.