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1INTRODUZIONE. Le risorse immateriali rappresentano oggi, in molti settori e realtà aziendali, le variabili strategiche e distintive dell’azienda, e gli elementi che determinano la creazione di valore e il successo dell’impresa.

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INTRODUZIONE.

Le risorse immateriali rappresentano oggi, in molti settori e realtà aziendali, le variabili strategiche e distintive dell’azienda, e gli elementi che determinano la creazione di valore e il successo dell’impresa.1

La competizione globale, in questo periodo di discontinuità e turbolenza degli scenari, si sta combattendo non più sul lato delle risorse fisiche, quali impianti e macchinari, ma su conoscenza, innovazione e le altre risorse intangibili che le aziende sono in grado di sviluppare.

Infatti, gli assets tangibili stanno rapidamente diventando commodities, facilmente riproducibili e acquisibili dalle imprese, capaci di produrre al massimo un moderato ritorno sull’investimento 2.

1

L’importanza delle risorse naturali come fattori critici di successo è presente in molti autori. Tra tanti BRUNI- CAMPEDELLI, La determinazione, il controllo e la rappresentazione,1993; BUTTIGNON, Le risorse immateriali ruolo strategico e problematiche di rilevazione del valore delle risorse immateriali nell’economia dell’impresa,1993; ITAMI, Le risorse invisibili, 1988; PARR , I beni immateriali nel bilancio d’esercizio,1992;. PORTE Il Vantaggio Competitivo, 1987; . RENOLDI, La valutazione dei beni immateriali. Metodi e soluzioni, 1992; VICARI, Invisible asset e comportamento incrementale,1989 e GIANESSI, Le aziende di produzione originaria, Volume I, Le aziende agricole 1960.Quest’ultimo sosteneva che il fine ultimo dell’azienda fosse il conseguimento di un determinato equilibrio economico durevole nel tempo, e tra gli elementi essenziali che permettono di raggiungerlo indica, tra gli altri, le risorse immateriali:“Tutte le aziende, infine, a qualunque categoria appartengano, devono salvaguardare l’ammortamento, i brevetti, i marchi, il nome, le etichette, la fiducia, i processi tecnici, i segreti organizzativi, le conoscenze, le esperienze, le modalità di esecuzione e ogni altro elemento, che pur non avendo consistenza specifica, richieda il sostenimento di una certa quantità di costi e contribuisca, direttamente o direttamente, alla difesa, al mantenimento e al divenire dell’equilibrio aziendale.”pag 74.

2

Sull’argomento si sono espressi molti autori: ; PARR , I beni immateriali nel bilancio d’esercizio,1992, BARUCH, Intangibles. Gestione, valutazione e reporting delle risorse intangibili delle aziende 2003, BRUGGER, La valutazione dei beni legati al marketing e alla tecnologia,1989; così scrive PARR ne Le risorse intangibili, 1992: “Il mero possesso di capacità industriale o di materie prime non è sufficiente ad assicurare continuità allo sviluppo e alla redditività…Se non possiede risorse intangibili, tutto ciò

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Profitti straordinari, posizioni competitive dominanti e talvolta persino monopoli temporanei sono ottenibili oggi, non più con lo sfruttamento delle economie di scala degli elementi materiali (ormai banalizzati) del precedente paradigma produttivo, ma con l’uso intelligente delle risorse intangibili, insieme a quello di altri tipi di voci patrimoniali.

Negli ultimi due decenni (a partire dagli anni ’80) si è verificato un mutamento nel contesto economico, dovuto da una parte alla continua pressione competitiva provocata dalla globalizzazione degli scambi commerciali, dalla saturazione del mercato e dalla deregulation spinta di alcuni settori economici chiave; e dall’altra ai forti cambiamenti tecnologici (information technology, internet).

Ciò ha portato a un ribaltamento dei sistemi competitivi e al superamento dei vecchi modelli produttivi e organizzativi delle aziende. I vecchi modelli non garantiscono più gli alti rendimenti passati, e le aziende lungimiranti per essere competitive, per sopravvivere e crescere, hanno cambiato radicalmente la loro struttura e hanno promosso gli intangibili al rango di fattori determinanti per il successo dell’impresa, scorgendo in essi, la forte valenza strategica.

Si è verificato, quindi, un progressivo spostamento degli investimenti aziendali verso i componenti immateriali del patrimonio, i quali in molti settori hanno assunto ruolo di preminenza strategica rispetto agli elementi materiali.

che rimane a un’impresa è la capacità di produrre beni indifferenziati (commodities) o di fabbricare per conto terzi; ed entrambe le cose significano, di solito, profitti ridotti all’osso e una performance azionaria deludente”, infatti, sostiene Parr che il mercato borsistico riconosce gli investimenti in intangibili (anche se non capitalizzati nello Stato Patrimoniale, come i marchi sviluppati all’interno) e premia le aziende ad alta intensità di beni intangibili.

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Tale fenomeno è ben visibile ad esempio in settori dove la tecnologia e i mezzi di produzione sono limitati e il differenziale è rappresentato dagli intangibili come il marchio e l’immagine; oppure nei settori ad alto tasso d’innovazione dove la ricerca e i caratteri distintivi dei prodotti possono rappresentare importanti fonti di vantaggio competitivo3.

In tali settori le aziende competono differenziandosi, rispetto alle aziende concorrenti, proprio sugli elementi immateriali (marchi, immagine, ricerca e sviluppo, innovazione, brevetti) dell’offerta/prodotto, che non solo possono aiutare nel raggiungimento del vantaggio competitivo, ma costituiscono anche barriere competitive per gli altri concorrenti e barriere all’entrata per eventuali nuovi concorrenti4.

Proprio perché fonte di differenziazione e vantaggio le risorse intangibili sono considerate alla base delle core competences (competenze distintive), che l’azienda deve assolutamente sviluppare -investendovi- e mantenere sotto il proprio controllo.

Le aziende moderne per adeguarsi ai mutamenti competitivi, a partire dalla metà degli anni ’80, decidono di ristrutturarsi dalle fondamenta e in modo lungimirante, allontanandosi dal modello d’impresa integrata verticalmente dell’epoca industriale e dal modello fordista basato sulle forti economie di scala degli asset fisici.

Introducono un nuovo paradigma aziendale; l’azienda snella e flessibile, che riesce a innovarsi continuamente e “velocemente”, che meglio risponde al mercato turbolento e alla concorrenza aggressiva, e che si contrappone alla vecchia struttura rigida.

3

BRUGGER, La valutazione dei beni legati al marketing e alla tecnologia, in Finanza, marketing e Produzione, 1989, pag.36.

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L’azienda per snellire la sua struttura pone in essere l’outsourcing5 di alcune funzioni aziendali, come le fasi del processo produttivo, che hanno scarso valore strategico, e si concentra e specializza su variabili strategiche come la progettazione, l’immagine e la ricerca, che maggiormente incidono sulla capacità di differenziazione, giungendo ad una “dematerializzazione” dell’impresa.

Un caso esemplare riportato da Forbes 6, ha come protagonista la Ford Motor Company: nel 2000 per rendere la struttura aziendale più snella, si libera della maggior parte dei suoi impianti di componentistica, per un valore di circa 10 miliardi di dollari (si libera di assets fisici), deintegrandosi verticalmente; e contemporaneamente investe in risorse intangibili, spendendo più di 12 miliardi di dollari per acquistare nomi prestigiosi con marchi molto forti e riconosciuti sul mercato (Jaguar, Volvo, Aston Martin e Land Rover)7; acquisisce così un patrimonio intangibile unico e difficilmente riproducibile, la cui vita economica utile può essere molto lunga e il cui utilizzo può estendersi a molteplici applicazioni.

A fronte del generale riconoscimento degli intangibili come principali drivers per la creazione di valore8 si è sviluppata negli ultimi decenni 4

GRANT, L’analisi strategica per le decisioni aziendali, 1998.

5

L’outsourcing è un processo di esternalizzazione di una o più funzioni operative, presso terze aziende e fornitori, in precedenza svolte all’interno dell’azienda. L’outsourcing può riguardare fasi del processo produttivo o servizi.

6

Forbes, 17/07/2000, pp.30-34.

7

Le acquisizioni non hanno dato contributi in termini d’impianti e stabilimenti, ma in termini di marchio, quote di mercato, reti di distribuzione.

8

Sull’argomento: PODESTÀ., Intangibles e valore, relazione presentata al Convegno Valori di capitale economico e valori di mercato delle imprese: quali strumenti per attenuare il divario?, 1993. L’autore sostiene il diretto rapporto tra elementi immateriali e processo di creazione del valore.

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un’ampia e fiorente letteratura multidisciplinare, che ha come oggetto lo studio delle risorse intangibili.

Le prospettive, rispetto cui si può affrontare il tema dell’intangibilità, sono molteplici e strettamente collegate: proprio per questo numerosi e vari sono gli apporti e le posizioni degli studiosi sull’argomento.

L’immaterialità nel sistema azienda rileva:

− nell’ambito dell’economia d’azienda e della strategia d’azienda, quale variabile critica per il successo dell’impresa stessa; molteplici e interrelati sono i legami tra risorse immateriali, vantaggio competitivo, differenziali di redditività e valore economico.

− nell’ambito del piano contabile (appunto sotto l’ottica della contabilità sarà trattato l’argomento in questo testo); i testi e i trattati sulle risorse intangibili s’interrogano sui modi e sui limiti di rappresentazione degli elementi immateriali nel bilancio di esercizio, soprattutto nell’ottica del quadro fedele della situazione aziendale, che tale documento deve fornire.

− sul piano giuridico; anche la giurisprudenza si è interessata alla disciplina giuridica dei beni immateriali aziendali (brevetti, concessioni, licenze..) in continuo mutamento e alle disposizioni di legge relative alla redazione del bilancio.

Nonostante l’intangibile sia una componente importante del patrimonio aziendale si può osservare una difficoltà sia nel valutare il valore economico di tale tipologia di beni e risorse, sia nel rappresentare la

Egli contesta la presunta recente rilevanza dei beni immateriali, osservando che anche in passato esistevano e davano loro apporto nel processo di formazione del valore sebbene in misura minore.

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partecipazione delle risorse immateriali alla formazione del reddito, in sede di redazione dei bilanci.

Già dalla fine degli anni’80 alcuni autori inglesi s’interrogarono sulla capacità del bilancio d’esercizio di esprimere tali risorse, giudicandolo inadeguato.

Infatti, gli studiosi osservando una serie di operazioni di merger and acquisitions9, generalmente concluse a valori ampiamente maggiori rispetto ai dati emergenti dalle capitalizzazioni di borsa o dai documenti contabili (per le non quotate), imputarono all’area dell’immaterialità la ragione del divario tra i prezzi negoziati e i corrispondenti valori quotati nei mercati finanziari (o i valori contabili). Secondo loro i prezzi negoziati riflettevano l’apprezzamento degli operatori per le risorse immateriali, considerate determinanti per il conseguimento di posizioni di vantaggio sostenibile; risorse tangibili a livello di sostanza, ma che non riuscivano ad emergere- a livello di forma- nei documenti di bilancio10.

9

ANDERSEN in The valuation of intangible assets,1992, ricorda l’acquisizione nel 1988 della Rowntree da parte della Nestlé ad un prezzo superiore al doppio della capitalizzazione di borsa. Sull’argomento, anche POZZA in Le risorse immateriali, 1999, pag.80-81.

10

Così PARR in Le risorse intangibili, 1992.

BARUCH in Intangibles , 2003, menziona uno studio sul market-to-book-value ( il rapporto tra la capitalizzazione di Borsa di un’azienda e il suo patrimonio netto, rappresentato in bilancio) delle cinquecento società dell’indice Standard & Poor (S&P) dal 1980 aL 2000, che dimostra come negli anni la media del rapporto sia cresciuta sino a raggiungere valore 6. Ciò indica che ogni sei dollari di valore di mercato, solo uno è indicato nello Stato Patrimoniale, e secondo BARUCH la differenza 5 si spiega con le risorse intangibili “sommerse”, che non sono espresse in bilancio, ma sono ugualmente riconosciute dagli investitori, indipendentemente dalla scarsità delle informazioni fornite dal bilancio.

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Si sviluppò la sensazione che l’informativa di bilancio fosse incompleta11, non in grado di riflettere tutti i fatti rilevanti dell’impresa, ed addirittura fuorviante per l’apprezzamento delle capacità competitive dell’azienda12. Sullo stesso tema d’indagine intervenne anche Brugger nel 1987, egli osservò come la presenza degli elementi intangibili nei prospetti di bilancio fosse molto limitata, ed esistesse un grande “divario fra la rappresentazione contabile dei fenomeni e l’effettiva misura della consistenza del patrimonio d’azienda.13

I bilanci molto spesso non evidenziano l’esistenza di importanti assets intangibili, legati durevolmente all’azienda, nello stato patrimoniale, e spesano nell’esercizio l’investimento posto in essere per svilupparli e mantenerli.; ad esempio Coca-Cola “è uno dei marchi più conosciuti del mondo, eppure il valore de marchio non compare nella contabilità della società”14, in base a quanto dispongono i principi contabili internazionali e americani.

La verità di fatto è che esiste un’“asimmetria contabile tra assets tangibili ed assets intangibili”15, mentre i primi vengono capitalizzati, i secondi solo in parte sono rappresentati nello Stato Patrimoniale (a determinate rigide condizioni), e il resto passa solo per il Conto Economico dell’anno (anche

11

FELLEGARA riprendendo il pensiero di BRUGGER, sostiene che: “le situazioni patrimoniali, in particolare quelle volte alla determinazione del reddito d’esercizio, nella prassi aziendale rappresentano in maniera marginale le risorse immateriali, ciò soprattutto per considerazioni di tipo fiscale, civilistico o per prudenza amministrativa” FELLEGARA,I valori delle immobilizzazioni immateriali, 1995.

12

Vedere SIMMONDS, In The accounting assessment of competitive position, pag.16. 13

Cfr. BRUGGER, La valutazione dei beni legati al marketing e alla tecnologia, in Finanza, marketing e Produzione, n.1 1989.

14

Cfr. GREEN R., Inequitable Equity, Forbes, 11/07/88, pag.88.

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nel caso di attività legate durevolmente all’azienda e che contribuiscono negli anni a creare valore).

La sopra citata differenza di trattamento è dovuta all’elevato grado d’incertezza propria degli assets intangibili, alla maggiore difficoltà di previsione dei risultati e delle performance legate ad investimenti in beni immateriali.

Le difficoltà che si presentano nello studio delle risorse immateriali e nel tentativo di circoscriverle e classificarle è dovuto in parte alla loro stessa natura.

Un primo ostacolo, studiando le risorse intangibili si scorge nel loro carattere aleatorio, esse sono considerate come categoria difficilmente definibile, di cui non esiste un’univoca definizione positiva, costituita da un insieme di elementi estremamente eterogenei, senza contorni definiti, ma anzi in continua evoluzione 16.

Sicuramente altri ostacoli sono la specificità, l’unicità delle risorse immateriali e il forte legame con il contesto aziendale, per cui è difficile astrarre il singolo intangibile dal tutto azienda.

La specificità dei beni immateriali può essere una, ma non l’unica delle cause di mancata commerciabilità, infatti, ciò che “distingue le risorse intangibili dalla maggior parte degli altri assets è l’assenza di mercati organizzati e attivi, con parecchi partecipanti e prezzi trasparenti”17, quindi manca un riferimento che permetta di dare una valutazione monetaria a

16

Secondo FELLEGARA, op.cit., 1995, lo sviluppo economico, il progresso scientifico e l’innovazione, modificano costantemente metodi e disposizioni usate nel processo produttivo, contribuendo a mantenere in continua evoluzione la categoria .

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prezzi di mercato; questo può rappresentare un ostacolo all’iscrizione in bilancio, giustificata dalla misurazione poco attendibile.

La consapevolezza ha aperto un dibattito legato all’esigenza di trovare nuovi approcci nella disciplina e nel trattamento contabile dell’intangibile, ma che si scontra con le difficoltà proprie della complessa disciplina delle immobilizzazioni e delle risorse immateriali.

La dottrina presenta dubbi e pareri contrastanti riguardo ai rimedi per superare i problemi di rappresentazione delle risorse immateriali, le soluzioni proposte possono essere riassunte in due direzioni:

− la via contabile; − la via extra-contabile;

Studiosi che appoggiano la seconda soluzione suggeriscono di introdurre le informazioni sui beni intangibili, non iscritti in bilancio, in documenti, che permettano di comunicare agli stake holders una rappresentazione più completa del patrimonio e della situazione dell’azienda: come la Relazione sulla Gestione oppure il Bilancio dell’Intangibile.

Autori che invece aderiscono alla prima soluzione18propongono di modificare la disciplina contabile del bilancio d’esercizio, aprendo la capitalizzazione in bilancio a categorie d’intangibili finora non iscritte o iscritte come costi d’esercizio19. Tale soluzione è in armonia con la nuova

18

Nella presente trattazione si analizza la particolare sottocategoria delle immobilizzazioni immateriali e si studia la loro disciplina nel bilancio d’esercizio in riferimento ai principi contabili nazionali ed internazionali . Per tale motivo ci limitiamo a richiamare il Bilancio dell’Intangibile, senza ulteriori approfondimenti.

19

Su questa via si stanno operando molti cambiamenti sia a livello nazionale che internazionale, grazie alle riforme dei principi contabili internazionali. Lo IASB (International accounting standard board )il 23 gennaio 2007 ha varato la prima parte del documento tecnico a supporto del progetto Intangible Assets, che è la base per

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impostazione dottrinale che predilige la rappresentazione fedele e la rilevanza economica, anziché la preminenza del principio della prudenza e del conservatorismo (proprio della contabilità a costo storico).

Questa soluzione può esporre a dei rischi, dovuti all’ampio margine di soggettività e discrezionalità nella valutazione di alcuni beni immateriali, ma permette di far emergere in bilancio risorse importanti.

Su questa strada si è mosso lo IASB, sia con l’introduzione dei nuovi principi contabili internazionali (IAS/IFRS), sia con le iniziative che vorrebbero eliminare la differenza di trattamento tra intangibili sviluppati internamente e intangili acquistati o acquisiti tramite business combinatine. Infatti, per questi ultimi, secondo i principi contabili internazionali, si ha l’obbligo di iscrizione in Stato Patrimoniale.

Conseguenza di ciò è la perdita di comparabilità tra aziende che seguono percorsi di crescita esterna (più patrimonializzate, più ammortamenti iscritti) ed aziende dello stesso settore che sviluppano un percorso di crescita interno (meno patrimonializzate, meno ammortamenti in Conto Economico).20

L’oggetto al centro della presente esposizione è una particolare ed importante sottocategoria di risorse immateriali: le immobilizzazioni immateriali. Ovvero quelle attività che “sono caratterizzate dalla mancanza di tangibilità” (immateriali) e “che non esauriscono la loro utilità in un solo

l’exposure drafts ,che sarà varato prossimamente, e che fungerà come bozza per determinare la valutazione dei “nuovi intangibili” in bilancio.

20

Cfr. BINI, Si preparano nuovi standard interni sugli intangibili in Il Sole 24Ore dello 07/02/07.

Nell’articolo Bini usa un esempio ipotetico: “se Pepsi acquisisse Coca Cola, dovrebbe contabilizzare tra gli assets acquisiti anche il brand Coca Cola, mentre Coca Cola rimanendo da sola non potrebbe iscrivere in bilancio il proprio brand perché è stato formato internamente”.

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periodo, ma manifestano i benefici economici lungo un arco temporale di più esercizi” (immobilizzazioni).21

Nei prossimi capitoli passeremo a definire bene tale categoria, ed analizzeremo la disciplina delle immobilizzazioni immateriali in relazione sia alle norme civilistiche italiane e ai principi contabili italiani, sia alla riforma dei principi contabili internazionali.

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