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CAPITOLO 1 ANALISI DEL SETTORE IDRICO E DELL’ACQUEDOTTO DEL FIORA 1.1. LE PUBLIC UTILITIES

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CAPITOLO 1

ANALISI DEL SETTORE IDRICO E DELL’ACQUEDOTTO DEL FIORA

1.1. LE PUBLIC UTILITIES

Si definisce “public utilities” una società, ovvero un ente o azienda statale che viene chiamata a soddisfare la domanda di servizi ritenuti di interesse rilevante per una comunità. È servizio di pubblica utilità quello che risponde alle seguenti caratteristiche:

1. sia prodotto in presenza di grosse imperfezioni del mercato quali monopolio naturale, esternalità, asimmetria informativa o informazione incompleta;

2. che abbia contenuti tali da consigliare a uno Stato l’utilizzo di elementi di politica redistributiva attraverso la fissazione di tariffe pubbliche.

La definizione servizio di pubblica utilità passa poi attraverso le valutazioni di natura politica, sociale ed economica, da parte dello Stato, relativo all’interesse della collettività nei confronti dell’erogazione di determinate prestazioni, le public utilities sono infatti beni immateriali o intangibili, necessari e irrinunciabili per soddisfare i bisogni dei cittadini.

A causa delle caratteristiche, questi servizi sono stati per molto tempo gestiti ed erogati da imprese pubbliche o private operanti in regime di concessione sulla base di una riserva di mercato garantita per legge.

Il mercato era quindi di tipo monopolistico anche se con limitazioni e controlli esterni di vario tipo, basta pensare ai prezzi di vendita che sono sottoposti a un regime vincolistico in modo da sottrarli alla “autonoma determinazione di mercato”

Le politiche di differenziazione e discriminazione dei prezzi tendono a assumere comportamenti non omogenei e contrastati rispetto ad aziende operanti in altri settori1.

L’industria delle “public utilities” costituisce una buona quota del PIL e dell’occupazione. Principalmente i settori interessati sono:

1. acqua;

2. altri (cultura, turismo e tempo libero); 3. comunicazione(telefonia e servizi postali);

1 Molte volte viene anche negato il rapporto prezzo e costo di erogazione, mantenendo comunque

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4. energia (gas, elettricità, calore); 5. igiene urbana;

6. trasporti.

Questi servizi non presentano tutti le stesse caratteristiche, hanno diversità dal punto di vista economico-strutturale (es. incidenza sul PIL), ovvero sul livello di capitale e lavoro investito, piuttosto che sulla profittabilità o ancora sul tasso di evoluzione delle loro tecnologie.

D’altro canto, il settore delle pubblic utilities presenta alcune e importanti caratteristiche comuni, quali:

comprendono molte attività, con aspetti di monopolio naturale e sottoposte a particolari regolamentazioni

struttura settoriale che va dal monopolio centralizzato, a monopolio settoriale (regioni, province, comuni)

le proprie caratteristiche hanno portato a una scarsa cultura industriale.

In Italia il sistema delle pubbliche utilità è centrato soprattutto su aziende locali gestite da enti pubblici, cd “municipalizzate”, queste sono prive di personalità giuridica, ed erogano servizi a rete in cui esiste il monopolio naturale e fabbisogni di investimento ingenti, da non poter essere fatti ricadere sulla collettività sotto forma di maggior prezzo per il servizio. Le municipalizzate presentano comunque caratteristiche diverse tra loro. Importante è anche la figura del comune, che con imprese pubbliche locali forniscono servizi pubblici garantendo economicità e flessibilità nella gestione.

1.2. IL SETTORE IDRICO

L’acqua è un bene economico che permette di svolgere una molteplicità di funzioni che vanno dall’organizzazione del territorio e preservazione dell’ambiente, all’uso per salute e per igiene pubblica, senza dimenticare lo sfruttamento come fattore produttivo per molte attività economiche.

Per molto tempo si è pensato che questo bene avesse vita illimitata, quindi ne è stato fatto un uso sfrenato e poco razionale, adesso molti fenomeni quali inquinamento e progressiva diminuzione dell’offerta naturale rispetto all’aumento della domanda, portano ad una razionalizzazione dell’uso e dell’intero servizio.

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Le risorse idriche sono catalogabili in “risorse naturali rinnovabili” ciò significa che passano: da acqua a gas, da gas a acqua di nuovo con le precipitazioni (da stato solido, a gassoso a liquido) spostando così anche la distribuzione territoriale.

Ma il ciclo economico dell’acqua a differenza di quello naturale è un fenomeno locale e lineare che determina modifiche nella disponibilità a causa usi alternativi. Le attività dell’uomo sull’acqua sono sostanzialmente riconducibili a:

• prelievo risorse • rilascio dei reflui

Il ciclo dell’acqua comprende quindi le seguenti fasi fondamentali:

1. raccolta o captazione da una fonte (sorgente, falda sotterranea o corso d’acqua superficiale)

2. distribuzione agli utenti civili o industriali (mediante acquedotti generalmente) 3. scarico nella rete fognaria (in corsi d’acqua che la portano al mare).

L’acqua viene usata come bene finale se siamo nel caso di consumo idropotabile, o come risorsa primaria nella produzione se consideriamo i settori di agricoltura e industria. Questi utilizzi essenzialmente producono o meno un consumo in senso fisico, si pensi al caso dell’energia idroelettrica che utilizza sempre la medesima risorsa, o il campo dell’agricoltura dove una parte è restituita alle falde acquifere.

La domanda di acqua può essere segmentata per classi di utenza (fig.1) e l’agricoltura ne consuma metà dell’intera domanda, cosa non preoccupante visto lo stadio di maturità del settore che non lascia spettro di crescita superiore all’attuale.

59% 15% 26% uso agricolo uso civile uso industriale

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Tabella 1: stima fabbisogno risorse idriche in Italia (fonte: Conferenza nazionale sulle acque) 101,7 82,1 74,2 102 nord centro sud e isole lombardia

figura 2: consumi annui pro capite di acqua potabile (dati in mc) (fonte: dati Cispel)

In Italia la distribuzione di acqua potabile, prima della Legge Galli, era gestita in prevalenza direttamente dai Comuni o dalle aziende consorziati. Tuttavia, anche se il volume delle gestione dei Comuni erano molte, i privati e le municipalizzate hanno un volume di affari maggiori.

Il settore è stato caratterizzato da una disomogeneità di soggetti che comprendevano aziende municipalizzate, acquedotti a gestione comunale diretta, consorzi, società private concessionarie del diritto di gestione esclusivo del servizio pubblico e grandi enti di gestione acquedotti promossi da letti speciali per far fronte alle esigenze specifiche di alcune aree2.

2 Es: acquedotto sardo, pugliese e siciliano.

settore di utenza fabbisogno 2005 fabbisogno 2015

civile 6.954 7.900

agricolo 24.989 28.629

industriale 9.721 13.300

energetico 6.620 8.990

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42% 18% 11% 29% nord-ovest nord-est centro sud

Figura 3 ripartizione territoriale servizi idrici (fonte Istat)

Il settore, inoltre, presenta molti soggetti che gestiscono un numero limitato di impianti, la frequenza dei gestori sotto dieci impianti è superiore nel Sud e nel Nord-Ovest mentre quella dei gestori con più di dieci impianti è nettamente superiore al Centro e nel Nord Ovest, in particolare in Toscana, Umbria, Emilia Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia.

fino a 9 impianti

10-29

impianti oltre 30 impianti totale

nord ovest 89,80 8,70 1,50 100

nord est 84,55 11,69 3,76 100

centro 77,68 17,28 5,04 100

sud 94,78 4,20 1,02 100

totale 88,91 8,92 2,17 100

Tabella 2: gestori servizi idrici per numero di impianti gestiti e per ripartizione territoriale(fonte ISTAT)

1.3. EFFETTI DELLA LEGGE GALLI

Sulla scia della riforma inglese, in cui venivano istituite le Water Authorities attraverso un processo di concentrazione elle competenze in precedenza distribuite tra una serie di piccoli enti locali, con la legge n.183/1989 anche nel nostro Paese è stata introdotta la possibilità di accorpare le gestioni esistenti in ambiti di maggiore dimensione. Con la legge 142/1990 è diventata possibile la gestione dei servizi pubblici locali, inclusi quelli idrici, anche attraverso società di capitali. Infine con la legge del 5

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gennaio 1994 n. 36, recante “disposizioni in materia di risorse idriche”- la cd. “legge Galli”- si regola la gestione dei servizi pubblici di acquedotto, di fognatura e di depurazione.

Tale legge è stata introdotta per ovviare alle difficoltà ed alle inefficienze del settore idrico italiano dovute essenzialmente da:

eccessiva frammentazione della gestione( ciò a ovviamente creato una mancata specializzazione soprattutto sul piano tecnologico);

sistema tariffario non riconciliabile (il diverso fabbisogno finanziario creava diversi livelli di servizio al cittadino);

forma diretta di gestione (i comuni che si occupavano prevalentemente del servizio non avevano un ottica “industriale”;

assetto istituzione poco attento alla tutela del consumatore.

La legge Galli, nei suoi cinque Capi, ha introdotto nuovi processi e nuovi soggetti istituzionali, disponeva infatti che le Regioni dovevano approvare la legge regionale di applicazione, e delimitare gli ATO3 (Ambiti Territoriali Ottimali). Quest’ultimi dovevano definire un “Piano d’Ambito” per le infrastrutture e per l’ottenimento di obiettivi di maggior efficienza ed efficacia nel servizio, e cedere ad un gestore mediante un contratto o convenzione il Servizio Idrico Integrato (SII)4ovviamente controllando la realizzazione di quanto richiesto.

La legge ha inoltre previsto l’istituzione, presso il Ministero dell’Ambiente, del CO.VI.RI (Comitato per la Vigilanza sull’uso delle Risorse idriche) cui spetta il compito di vigilare sull’attuazione della riforma e sulla successiva gestione del servizio mediante una segreteria tecnica e un Osservatorio di servizi idrici.

L’Osservatorio è chiamato a svolgere funzioni di raccolta, organizzazione e elaborazione di informazioni di dati e quindi compie attività molto importanti per ISTAT in special modo nel settore di statistiche ambientali e tariffe dei servizi idrici.

Negli ambiti territoriali, Comuni e Province dovevano associarsi o consorziarsi per avere un governo unitario dei servizi5, un unico gestore cioè che gestisce tutto il

3 ATO: bacini di utenza di dimensioni tali da consentire il raggiungimento di economie di scala e di

generare introiti tali da coprire i costi di gestione e gli investimenti necessari, remunerando il capitale investito.

4 SII: l’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione d’acqua a usi civili, di

fognatura e depurazione delle acque reflue.

5 Viene infatti superata la gestione diretta del servizio da parte di enti locali, ritenuta poco funzionale alla

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ciclo idrico che deve: applicare un'unica tariffa che copre costi d’esercizio e investimenti (cioè autofinanziarsi) perché il piano prevede:

a) accertamento dello stato di impianti e servizi; b) standard qualitativi del servizio;

c) programma di attuazione degli investimenti; d) incrementi minimi di produttività

e) tariffa e modalità di adeguamento della stessa in relazione ai miglioramenti di servizio conseguiti.

Secondo l’art. 11 della legge 36/94 la convenzione prevede in particolare: a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio;

b) l’obbligo del raggiungimento dell’equilibrio economico- finanziario della gestione;

c) la durata dell’affidamento, non superiore a 30 anni;

d) i criteri per definire il piano economico-finanziario per la gestione integrata del servizio;

e) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio;

f) il livello di efficienza e affidabilità del servizio da assicurare all’utenza; g) la facoltà del riscatto da parte degli enti locali;

h) l’obbligo di restituzione delle opere, degli impianti e delle canalizzazioni dei servizi;

i) idonee garanzie finanziarie e assicurative; j) le penali e sanzioni in caso di inadempimento;

k) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dagli enti locali e del loro aggiornamento.

A 10 anni dalla legge 36 di riforma del settore idrico sono 87 (il 96%) gli ATO (Ambiti territoriali ottimali) insediati.

Nel prospetto numero 1 degli allegati 6 sono riportati i novantuno ATO suddivisi per regione con indicati il numero di comuni che ne fanno parte.

Dall’esame delle informazioni contenute in questo prospetto si rileva l’attività normativa delle 19 regioni:

a) cinque regioni (Valle d’Aosta, Molise, Basilicata, Puglia e Sardegna) hanno optato per un solo ATO coincidente, con l’intero territorio regionale;

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b) cinque regioni (Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Calabria, Sicilia) hanno fatto coincidere la delimitazione degli ATO con i confini provinciali, anche sè in Lombardia il comune di Milano costituisce un ambito territoriale a se stante;

c) una regione (Friuli-Venezia Giulia) fa riscontrare una pratica coincidenza tra ATO e province con eccezione dell’ATO “Occidentale” nel quale è presente l’intera provincia di Pordenone ed un comune della provincia di Udine; d) nelle altre otto regioni i confini degli ATO non sono, in generale coincidenti

con quelli provinciali. C’è da sottolineare che in queste ultime otto regioni gli ATO sono sempre costituiti da accorpamento di comuni interi e che, pertanto, non sono presenti casi di suddivisone del territorio comunale.

VEN7 LO M3 FVG4 FVG3 EMR 9 MAR 4 LO M7 LO M6 CAM 4 LO M12 LIG 3 CAL4 LO M4 VEN4 ABR3 LIG 2 LO M5 VEN3 MAR 5 ABR4 ABR5 ABR1 MAR 2 EMR 7 CAL3 UM B2 LIG 4 LO M8 ABR2 VEN5 TOS5 UM B3 LIG 1 EMR 3 LO M9 EMR 8 ABR6 FVG2 LO M10 MAR 3 EMR 1 PIE5 CAL2 EMR 6 LO M11 EMR 4 LO M1 LAZ 4 MAR 1 SIC7 CAM 2 TOS1 SIC5 VEN6 VEN2 LAZ 3 TOS4 EMR 2 VDA1 CAL5 PIE6 EMR 5 VEN8 VEN1 TOS2 SIC3 LAZ 5 TOS3 LAZ 1 UM B1 PIE2 MO L1 SIC2 PIE1 SIC4 CAM 3 CAM 1 LO M2 FVG1 LAZ 2 SIC1 SIC6 CAL1 TOS6 PIE3 PIE4 BAS1 TAA0 PUG 1 SAR1 VEN7 LO M3 FVG4 FVG3 EMR 9 MAR 4 LO M7 LO M6 CAM 4 LO M12 LIG 3 CAL4 LO M4 VEN4 ABR3 LIG 2 LO M5 VEN3 MAR 5 ABR4 ABR5 ABR1 MAR 2 EMR 7 CAL3 UM B2 LIG 4 LO M8 ABR2 VEN5 TOS5 UM B3 LIG 1 EMR 3 LO M9 EMR 8 ABR6 FVG2 LO M10 MAR 3 EMR 1 PIE5 CAL2 EMR 6 LO M11 EMR 4 LO M1 LAZ 4 MAR 1 SIC7 CAM 2 TOS1 SIC5 VEN6 VEN2 LAZ 3 TOS4 EMR 2 VDA1 CAL5 PIE6 EMR 5 VEN8 VEN1 TOS2 SIC3 LAZ 5 TOS3 LAZ 1 UM B1 PIE2 MO L1 SIC2 PIE1 SIC4 CAM 3 CAM 1 LO M2 FVG1 LAZ 2 SIC1 SIC6 CAL1 TOS6 PIE3 PIE4 BAS1 TAA0 PUG 1 SAR1

Localizzazione degli ambiti territoriali ottimali

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1.4. INDICATORI DI SERVIZIO IDRICO INTEGRATO (SII)

Il sistema idrico integrato si sostanzia in tre servizi come già sottolineato in precedenza:

1. acquedotto 2. fognatura 3. depurazione

Alcune informazioni su questi servizi idrici sono state desunte, anche se in maniera parziale perchè non sono riferite a tutti i 91 ambiti, dai dati di sintesi raccolti dal CO.VI.RI. e disponibili sul sito del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio7.

Gli indicatori usati sono: per il servizio di acquedotto8:

copertura del servizio di acquedotto = abitanti servizi/ abitanti residenti

questo indice presenta un valore medio pari al 96,4% . Nel 25% degli ATO risulta servita la quasi totalità della popolazione e nel 25% degli ATO la percentuale di popolazione servita è comunque superiore al 95%

dotazione pro-capite lorda = volume giornaliero erogato (o fatturato)/abitanti serviti. È pari a circa 272 litri giornalieri, ma tra gli ambiti c’è molta variabilità infatti si va da un minimo di 94 ad un massimo di 584 litri al giorno per persona servita, con un rapporto di 1 a 6.

perdite di rete = (%volume immesso in rete – %volume erogato)/volume erogato. Questo indicatore mette in risalto una situazione piuttosto allarmante infatti, quasi il 39% dell’acqua immessa non viene erogata a causa di perdite nelle reti di distribuzione. Il 75% degli ambiti presenta perdite superiori al 28% e nel 25% le perdite superano il 47% dei volumi immessi.

perdite di rete per Km di rete = perdite di rete annue/ lunghezza della rete. Questo indicatore ci permette di misurare lo stato delle reti. Annualmente si perdono 10.000 mc per ogni Km di rete. I dati disponibili mettono in evidenza come le situazioni peggiori si riscontrano nelle regioni meridionali.

7 Sito internet: www.ministerodell’ambiente.it 8 vedi allegato pagina 164 (prospetto numero 2)

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età media in anni delle reti di distribuzione: è di circa 30 anni, il 75% di queste supera il 22 anni e il 25% i 38.

indicatori del servizio di fognatura9:

copertura servizio di fognatura = abitanti serviti /abitanti residenti. Risulta abbastanza soddisfacente, con un valore medio pari al 85,4%

età media in anni della rete di fognatura: la media è di 27,6 anni, con valori che oscillano dai 5 ai 51 anni, con un elevata concentrazione nella classe tra 20-40 anni nella quale si trovano l’85% delle reti e solo il 25% ha meno di 23 anni. scarichi trattati: numero scarichi fognari afferenti ad un impianto di

trattamento/totale scarichi fognari. In media risultano il 68% degli scarichi fognari. Nel 25% degli ATO la percentuale degli scarichi trattati è inferiore al 41%.

indicatore del servizio di depurazione10:

copertura del servizio di depurazione = abitanti serviti/abitanti residenti. Rappresenta più del 71% della popolazione residente negli ambiti che hanno compilato il questionario

surplus di capacità depurativa =potenzialità (abitanti equivalenti)/abitanti serviti da depurazione. Questo indicatore fornisce una misura sull’idoneità del dimensionamento degli impianti rispetto agli abitanti che devono essere serviti. Gli impianti di depurazione risultano mediamente sovradimensionati del 60%, ciò indica che la capacità depurativa è doppia rispetto la numero di abitanti da servire.

età media in anni degli impianti di depurazione: è di circa 16,3 anni minore ovviamente di quella riscontrata per le reti di distribuzione (30 anni) e di fognatura(27,6 anni), essendo i depuratori di più recente datazione.

1.5. TARIFFA E PIANO DEGLI INVESTIMENTI

La legge Galli ha rivoluzionato il sistema tariffario esistente e in attesa della sua piena applicazione ha dato vita ad un regime transitorio, che dal 1995, prevede

9 vedi allegato pagina 166 prospetto numero 3 10 vedi allegato pagina 166 prospetto numero 3

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una Deliberazione CIPE annuale per la determinazione degli incrementi massimi ammissibili.

Allo stato attuale le tariffe per uso domestico si articolano, in base al consumo (espresso in mc) in: tariffa agevolata11, tariffa base, e tariffe eccedenza.

Il totale della bolletta dell’acqua che paghiamo è il risultato di più voci: la quota fissa, calcolata generalmente su base annua

la quota variabile, calcolata in base ai mc di acqua consumati (suddivisi per scagioni)

canone di depurazione e canone di fognatura, variabili in base ai consumi ( in genere al tariffa è unica e si riferisce all’intero consumo)e al tipo di uso (civile o produttivo) che siamo tenuti a pagare anche in casso di assenza d’impianto di depurazione o di sua inattività;

IVA al 10% calcolata su tutte le precedenti voci

Con il pagamento della prima bolletta si versa, inoltre un deposito cauzionale, fissato dall’azienda, a garanzia del rispetto del contratto.

Fino al 1974 le tariffe dell’acqua erano determinate dal CIP (comitato interministeriale prezzi) senza alcun riferimento ai costi di gestione. A partire da quell’anno il CIPE (comitato interministeriale per la programmazione economica) demandò la fissazione delle tariffe ai CPP (comitati provinciali prezzi), maggiormente in grado di valutare l’effettivo costo del servizio. L’obiettivo era quello di eguagliare i ricavi di gestione ai relativi costi.

I provvedimenti emanati dal CIP tra il 1974 e il 1975 individuarono tratti fondamentali dell’attuale sistema tariffario, quali l’articolazione tariffaria per scaglioni di consumo e il c.d.”minimo garantito12”. Inoltre il procedimento 26/1975 ha introdotto il cd minimo impegnato che consiste nel volume di acqua fatturato alle utenze indipendentemente dal consumo effettivo (concetto superato poi dalla delibera CIPE 52/01 per consentire maggiore correlazione tra consumo e costo in modo da eliminare sprechi, con la medesima delibera si introduce la quota fissa per nolo del contatore).

A partire dal 1984 gli adeguamenti della tariffa idrica furono assoggettati al limite dell’inflazione programmata. Nella seconda metà degli anni 80 la situazione di grave deficit finanziario in cui versavano gli enti gestori del servizio spinse nella

11 Tariffa agevolata: per coloro che rientrano nella prima fascia di consumo

12 Minimo garantito: il quantitativo di acqua minimo corrispondente alle necessità domestiche

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direzione di un allineamento dei vincoli alla crescita delle tariffe. Il cambiamento di intonazione nella politica tariffaria contribuì a rendere più complesso il quadro delle competenze istituzionali in materia di tariffe idriche (tra CPP e enti locali).

Un primo ambito di riforma della politica dei servizi idrici è dovuto alla legge 183/89 la quale ha posto alcuni principi base: l’individuazione di ambiti territoriali di riferimento nel bacino idrografico; l’istituzione delle Autorità di bacino, quali organismi specializzati esercitanti le competenze più rilevanti; l’introduzione di uno strumento pianificatorio, il piano di bacino.

La mancanza di chiarezza sul quadro istituzionale fu accentuata dal D.Lgs 504/92 che attribuì agli enti in economia, gestori del servizio, la facoltà di variare le tariffe anche senza approvazione del CPP. Così a partire dal 1992, il corrispettivo del servizio idrico venne definito secondo diverse modalità: per le gestioni comunali dirette, gli enti locali stabilivano le tariffe in modo autonomo, mentre le aziende private di gestione rimanevano sottoposte alle autorizzazioni dei CPP.

La vera rivoluzione del settore si ebbe a partire del 1994 quando con l’approvazione della legge Galli vennero soppressi il CIP e il CPP.

A dieci anni dall’entrata in vigore della legge 36/94 la riforma non è ancora completata.

Attualmente, su 91 Ato previsti ne sono insediati 87. Le ricognizioni sono terminate in 81 ambiti e 61 degli ATO insediati hanno redatto o approvato il Piano d’ambito. Infine, 38 ATO hanno proceduto, con varie scadenze temporali, all’affidamento della gestione del SII13.

I Piani approvati risultano essere 61 e le Regioni che hanno completato l’intero iter procedurale sono: Toscana, Umbria, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna.

Il Piano d’Ambito è un documento di programmazione che serve a definire gli investimenti necessari a realizzare gli obiettivi di miglioramento del servizio e della qualità dell’ambiente; questo fornisce in pratica il piano d’impresa in modo da consentire una valutazione complessiva dei costi d’investimento e di gestione cui occorre fare fronte per assicurare al gestore l’ottenimento dell’equilibrio economico-finanziario. Il piano si completa con la determinazione della tariffa del servizio, in modo da assicurare al gestore i mezzi necessari alla realizzazione degli investimenti prefissati.

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La tariffa dovrebbe avere un limite d’incremento, infatti in seguito al recupero di efficienza il gestore dovrebbe ogni anno vedere ridurre i propri costi operativi e questa efficienza dovrebbe essere trasmessa al cliente/consumatore.

La redazione del Piano d’Ambito si sostanzia prima di tutto con l’identificazione delle infrastrutture esistenti, lo studio delle domande e la risorsa disponibile, in modo da poter dare un quadro per il futuro. Una volta conosciuta la capacità produttiva si possono definire i livelli di servizio necessari per la soddisfazione degli utenti.

Dopo aver analizzato lo stato delle infrastrutture e definito i livelli di servizio obiettivo, il confronto tra la situazione esistente e l’insieme degli obiettivi consente all’autorità di ambito di individuare gli elementi di criticità sui quali è necessario intervenire con il piano degli investimenti.

La definizione delle aree critiche assegna ai problemi una dimensione e una priorità, in modo da stabilire lo scopo di ciascun intervento in termini di obiettivi quantificabili. L’area critica è un area territoriale caratterizzata in modo omogeneo da un problema organizzativo o tecnico in riferimento a uno o più livelli di servizio e per il quale è necessario un progetto di interveneto. A ogni area è quindi associato un progetto d’intervento, costruito in modo da conoscere non solo la popolazione interessata, ma anche la data di completamento che segna il superamento dei problemi che hanno portato a definire critica quella area.

I costi operativi, con gli ammortamenti e la remunerazione del capitale investito, rappresentano la terza componente da considerare per il calcolo della tariffa. In generale, tale voce dovrebbe essere esplicitata nei seguenti elementi di dettaglio:

personale necessario alla conduzione del servizio idrico integrato; forniture materiali e l’acqua acquistata da terzi;

costo previsto di energia elettrica per l’erogazione dei servizi;

individuazione dei mezzi e degli immobili, quali per esempio, strutture centrali e periferiche, automezzi ecc.

Le previsioni contenute nel piano di gestione hanno come obiettivo la stima dei costi operativi; pertanto, tutte le valutazioni in merito ai livelli occupazionali e, più in generale, all’assetto organizzativo sono da considerare comune scenario di riferimento, utile al carico tariffario. Il gestore avrà in seguito piena libertà imprenditoriale nel definire il modello gestionale secondo propri criteri organizzativi.

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I costi operativi di progetto includono poi un canone di concessione. Tale corrispettivo dovrebbe essere stimato sommando due componenti distinte: la prima riferita agli oneri finanziari che i Comuni stanno attualmente sostenendo, sulla base dei finanziamenti contratti per la realizzazione degli investimenti pregressi; la seconda rappresentata dai costi delle attività di controllo dell’autorità di ambito.

Il metodo normalizzato del ministero dei Lavori Pubblici, con D.M. dell’1/8/96 per la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato, introduce un meccanismo di adeguamento temporale basato sui limiti alla crescita del prezzo (c.d. meccanismo “price cap”).

Più precisamente, il metodo normalizzato stabilisce che l’incremento tariffario deve essere contenuto nei limiti del tasso di inflazione programmato ( ) e di un parametro K. Per la determinazione del valore massimo ammissibile del K, il metodo fornisce una tabella di valori decrescenti rispetto al valore della tariffa.

Ogni anno la tariffa dovrà essere confrontata con quella dell’anno precedente: l’incremento percentuale così calcolato (K progetto) non dovrà superare i K limite previsto del metodo.

Dopo aver stabilito i costi operativi, gli ammortamenti e la remunerazione del capitale investito, la somma totale, va divisa per i volume erogato previsto, consente di calcolare la tariffa ideale media e di verificare il rispetto del “limite K” agli incrementi tariffari.

Nella metodologia proposta, l’incremento della tariffa del primo anno viene determinato a partire dalla tariffa media ponderata (TMP) delle gestioni preesistenti alla creazione del gestore unico di ambito14. Per gli anni successivi al primo, il K di progetto è quel parametro che consente, al netto dell’inflazione, di passare dalla tariffa dell’anno precedente a quella calcolata in base al programma degli interventi per l’anno in esame. Nel caso in cui il K di progetto superi il livello massimo, occorrerà rivedere il piano degli investimenti. Il processo di aggiustamento terminerà solo quando tutti i K di progetto risulteranno inferiori al tetto massimo. In altri termini, solo quando tutti gli incrementi tariffari risulteranno inferiori o uguali al limite K la programmazione degli investimenti potrà considerarsi conclusa.

14 La TMP è data dal rapporto tra la somma dei ricavi delle gestioni presenti nell’ambito, comprensivi

anche dei costi non recuperati attraverso la tariffa per la mancata coperta del 100 per cento dei costi, e l’acqua complessiva venduta.

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Una volta definita la tariffa reale media è necessario procedere all’articolazione tariffaria per utenze e per fasce di consumo, come previsto dalla legge 36/94 e dai provvedimenti CIP 45 e 46 del 1974 e del 1975.

La formula generale per il calcolo della tariffa risulta dunque:

Tn=(a+b+c)n-1x(1+ +K)

Dove:

Tn = tariffa corrente dell’anno n

a= costo operativo dell’anno precedente

b= costo di ammortamento dell’anno precedente c= remunerazione del capitale investito

= tasso di inflazione

K= limite di prezzo ottenuto considerando l’obiettivo di crescita della produttività, il fabbisogno di investimento e la tollerabilità dell’aumento del prezzo per l’utenza.

Per il calcolo del costo operativo, il metodo fornisce una formula parametrica che è ottenuta attraverso una regressione statistica su una parte significativa dell’industria idrica nazionale, ossia sull’insieme delle gestioni dotate di propria contabilità, con l’esclusione quindi delle sole gestioni in economia.

È anche opportuno sottolineare come, a causa della diffusa non contabilizzazione dei consumi pubblici, il volume erogato risulti attualmente superiore a quello fatturato, ma una riduzione del divario esistente rappresenta proprio uno degli obiettivi della legge Galli, contenuta nei piani di ambito.

La stima della domanda futura deve basarsi su studi realizzati ad hoc sul trend socio demografico e di utilizzo-consumo della popolazione residente, allo scopo di stabilire l’andamento prospettico della richiesta delle risorse idriche. È poi opportuno procedere a una scomposizione di questi valori effettuando stime sui consumi relativi ad altri usi: quello di abitanti non residenti, delle attività produttive e dei servizi e, infine, degli utilizzi pubblici.

Nel dibattito sorto dopo l’introduzione del nuovo metodo di calcolo della tariffa, è emersa una certa preoccupazione sull’adeguatezza del metodo stesso poiché si teme che il costo del rinnovamento delle infrastrutture venga scaricato sugli utenti.

Tuttavia, da parte delle associazioni di categoria, è stato evidenziato che gli aumenti tariffari saranno introdotti gradualmente e proporzionalmente agli investimenti

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necessari nei diversi ATO. Infine una volta che gli investimenti saranno completati, il livello delle tariffe si assesterà su valori contenuti

1.6. IL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO IN TOSCANA

In Toscana, negli ultimi dieci anni, si è realizzato un processo di riorganizzazione della gestione dei servizi idrici per molti aspetti unico in Italia, che potrebbe rappresentare un interessante modello per molti paesi, sia dell’area sviluppata del mondo che di quella in via di sviluppo.

Il modello toscano si è basato, da un lato, su una profonda riorganizzazione delle competenze pubbliche in materia di servizio idrico, dall’altro su una profonda riorganizzazione industriale. L’obiettivo era semplice: garantire la fornitura di acqua potabile a tutti i cittadini, in quantità giusta e di buona qualità, e garantire il corretto allontanamento e smaltimento di tutte le acque reflue, in modo da tutelare l’ambiente e conservare le risorse idriche per gli stessi usi potabili. Per garantire un diritto universale da un lato e la tutela dell’ambiente, dall’altro si sono resi necessari due strumenti:

la definizione di un ruolo chiaro della pubblica amministrazione competente, in una logica di moderna regolazione di un settore di rilevanza strategica che presenta forti tratti di pubblico interesse;

l’attribuzione dello svolgimento dei servizi idrici, riconosciuti come attività a rilevanza industriale, a soggetti imprenditoriali.

Il presupposto, quindi, è stato quello di una netta separazione fra ruolo pubblico di programmazione, regolazione e controllo da una parte e ruolo delle imprese (pubblico-private) nella fase di gestione dall’altra.

Questo mix di politiche pubbliche moderne e di corretta gestione di impresa sta dando vita, in Toscana, a un modello per certi aspetti originale e che si pone in modo equidistante sia da logiche “solo pubbliche” di gestione dei servizi (gestioni spesso inefficaci, associate a patologie burocratiche e ad aspetti di inefficienza e di incompetenza), sia a logiche di “privatizzazione” totale di questo comparto.

1.6.1. RIORGANIZZAZIONE DEL SETTORE IDRICO

Nella seconda metà degli anni ’90 a seguito della approvazione di una nuova legge nazionale (legge Galli) e della conseguente legge regionale, si è avviata in

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Toscana una profonda riorganizzazione della gestione dei servizi idrici che ha coinvolto sia i soggetti titolari del servizio (i Comuni) che le imprese e i gestori che svolgevano il servizio stesso.

Il territorio toscano è stato così diviso in sei Ambiti Territoriali Ottimali, cui sono state assegnate tutte le funzioni di organizzazione del servizio che erano svolte dei 287 Comuni del territorio regionale.

Ciascun Ambito Territoriale Ottimale ha definito il suo Piano di Ambito e ha affidato la gestione ad un’unica società per azioni, che gestisce il servizio idrico.

I sei gestori hanno così, in pochi anni, sostituito le decine di gestioni preesistenti. Si è trattato di un processo di riorganizzazione industriale imponente, che non ha avuto pari, almeno per adesso, in Italia.

1.6.2. ALCUNE INFORMAZIONI SULLA TOSCANA

La Toscana si estende per 23482 km e conta 3.598.269 abitanti divisi in 287 comuni e 10 province. La densità media regionale è di 150 ab/km2, con punte di 654 ab/km2 nelle aree urbane (provincia di Prato) e minimi di 46 ab/km2 nell’area meridionale (provincia di Grosseto).

A livello di Ambito Territoriale Ottimale l’ambito più densamente abitato è il Medio Valdarno con 348 ab/km, quello meno denso è l’Ombrone, con 46 ab/km2.

Gli abitanti

AMBITI SUPERFICIE DENSITA’ (km2) (ab/ km2) 1 2883 178 2 3400 230 3 3726 348 4 3262 70 5 2511 142 6 7700 46 totale 23482 150

Dal punto di vista idrografico, la Toscana è interessata da un bacino di importanza nazionale (quello dell’Arno) e in alcuni bacini di rilevo regionale e interregionale (Ombrone, Serchio, Magra). Il bacino dell’Arno (241 km di percorso) è di gran lunga il più importante, con una superficie di oltre 8mila km2, un deflusso annuo di 8 miliardi di m3 e una popolazione interessata di circa 2 milioni di abitanti, in 142 comuni, le principali aree industriali sono collocate al suo interno.

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Il bacino dell’Ombrone Grossetano (161 km di percorso) è pari a 3.600 km2 per una popolazione interessata di circa 400mila abitanti in 50 comuni.

Il bacino del Serchio (111 km di percorso) si estende per 1.565 km2, interessa 270mila abitanti, in 36 comuni.

Il bacino del Magra (65 km) si estende per 1.700 km2 solo parzialmente in Toscana.

1.6.3. LO STATO DEI SERVIZI IDRICI IN TOSCANA

La Toscana dispone di una rete di distribuzione idrica estesa, che raggiunge circa il 93,17% dei cittadini. La rete si estende per 29.119 km, gli impianti di potabilizzazione sono 1.148, di cui 797 cloratori semplici.

16.3.1. Il servizio di acquedotto

ATO POPOLAZIONE LUNGHEZZA IMP. POTABILIZZAZIONE

SERVITA(%) (Km) 1 99,00 5.200 117 2 92,00 6.614 201 3 96,00 5.796 442 4 85,00 2.300 298 5 92,00 2.283 77 6 95,00 6.926 13 Totale 93,17 29.119 1.148

Complessivamente in Toscana vengono prelevati circa 440 milioni di m3 di acqua per usi potabili, di cui 110 milioni da corsi d’acqua, circa 10 milioni da laghi e invasi, 113 milioni da sorgenti, 205 milioni di m3 da pozzi.

Prelievo per usi potabili

ATO CORSI D'ACQUA LAGHI E INVASI SORGENTI POZZI TOTALI 1 1.642 0 52.927 38.859 93.428 2 3.272 1.579 7.842 62.297 74.990 3 95.116 5.345 11.927 46.646 159.034 4 10.371 2.771 5.763 8.554 27.459 5 63 0 3.314 26.780 30.157 6 0 50 31.568 22.082 53.700 Totale 110.464 9.745 113.341 205.218 438.768 16.3.2. Fognatura

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Meno estesa è invece la rete fognaria, che raggiunge circa il 79% dei residenti. La rete si sviluppa per 12.281 km. La maggior parte dei nuclei abitati e delle frazioni è comunque servita. Il sistema più diffuso è quello della fognatura mista, in cui vengono convogliate sia le acque chiare che le acque scure. La diffusione di fognature separate è molto ridotta e si limita ad alcune aree di recente edificazione.

16.3.3 Lo stato dei servizi idrici Acquedotto

La Toscana dispone di una rete di distribuzione idrica estesa, che raggiunge circa il 93,17% dei cittadini. La rete si estende per 29.119 km, gli impianti di potabilizzazione sono 1.148, di cui 797 cloratori semplici

La maggior parte dei nuclei abitati e delle frazioni è comunque servita.

16.3.4. Il servizio di fognatura

Il sistema più diffuso è quello della fognatura mista, in cui vengono convogliate sia le acque chiare che le acque scure.

La diffusione di fognature separate è molto ridotta e si limita ad alcune aree di recente edificazione.

ATO POPOLAZIONE SERVITA (%) LUNGHEZZA RETE (km) 1 87,00 1.997 2 80,00 2.256 3 83,00 3.820 4 56,00 1.140 5 77,00 1.392 6 88,00 1.676 Totale 78,50 12.281 16.3.5. Depurazione

Dagli anni ’70 in poi tutti i corsi d’acqua e molte falde sotterranee sono stati caratterizzati da fenomeni anche acuti di inquinamento, cui è stato fatto fronte con interventi pubblici e privati tesi ad estendere il servizio di fognatura e depurazione dei nuclei abitati e a potenziare il trattamento delle acque reflue dei principali distretti industriali.

La situazione dell’inquinamento è molto migliorata, anche se permangono alcune situazioni di crisi.

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CARICO INQUINANTE ABITANTI EQUIVALENTI carico organico civile 3.528.222

carico organico industriale 6.302.105 carico organico totale 9.830.327 Totale capacità depurativa 8.991.617

La popolazione servita da depurazione è pari a circa 2,2 milioni di abitanti (60% del totale), gli impianti di depurazione attivi sono 818, molti dei quali di piccole dimensioni. Di questi impianti, 370 prevedono il solo trattamento primario, 311 il trattamento secondario e 117 il trattamento terziario. Tutte le principali aree urbane dispongono comunque di un impianto di depurazione.

Nei cosiddetti “distretti industriali”, si è consolidata, fin dagli anni ’70, l’esperienza di impianti di depurazione “misti”, in cui confluiscono tramite una unica rete fognaria, sia gli scarichi civili, che quelli di origine industriale, provenienti dalle imprese diffuse sul territorio. Questo modello si è sviluppato nei principali distretti locali, come quello del cuoio (S. Croce sull’Arno), del tessile (Prato), della carta (Lucca), producendo risultati positivi di controllo sugli scarichi inquinanti e di depurazione centralizzata dei reflui.

1.6.4. NASCITA DEGLI AMBITI TERRITORIALI OTTIMALI DAI COMUNI AGLI AMBITI

Il primo passo per la riorganizzazione della gestione idrica ha riguardato gli enti titolari del servizio, cioè i Comuni che, per legge, fino al 1994 avevano la competenza in materia.

Nel 1995 la Regione Toscana ha diviso il proprio territorio in sei Ambiti Territoriali Ottimali (Ato), utilizzando un criterio strettamente idrografico: il bacino dell’Arno è stato diviso in tre Ato (Alto, Medio e Basso Valdarno), il bacino dell’Ombrone ha costituito il quarto Ambito, mentre i bacini della Toscana Nord (Serchio e Magra) hanno formato il quinto.

L’ultimo Ambito, infine, è stato disegnato sulla base del reticolo idrografico della costa livornese. Si tratta di territori sufficientemente grandi: 300mila abitanti il più piccolo, 1,3 milioni di abitanti il più esteso.

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AMBITI POPOLAZIONE (ab) NUMERO COMUNI 1 513.612 51 2 782.314 62 3 1.295.198 50 4 228.224 37 5 355.817 34 6 353.104 53 Totale 3.528.269 287

Fra il 1996 e il 1998 si sono costituite le sei Autorità di Ambito Territoriale Ottimale, in forma di Consorzi fra Comuni.

Contestualmente le funzioni dei Comuni in materia idrica sono cessate.

La funzione principale delle Autorità di Ambito è stata quella di affidare il servizio idrico integrato ad un gestore sulla base di un Piano di Ambito, che indica gli standard di servizio da raggiungere, gli investimenti da fare nel tempo, la tariffa che il gestore può praticare. Così, gli enti titolari sono passati da 287 a 6.

Entro il 2000 tutti i sei Piani sono stati approvati dalle Autorità di Ambito, definendo per la prima volta un quadro coerente di informazioni sul servizio idrico in Toscana, di obiettivi per l’erogazione dei servizi e un piano di investimenti necessario. Il primo affidamento gestionale è stato realizzato nel 1999 dall’ATO 4 Alto Valdarno.

Tra il 2000 ed il 2001 sono stati completati altri quattro affidamenti, ad eccezione di quello relativo all’ATO 1 Toscana Nord che si è concluso soltanto negli ultimi mesi del 2004.

Le imprese aggiudicatarie della gestione del servizio idrico integrato, nei sei ATO della Toscana, sono nate dalla fusione delle aziende pubbliche esistenti e dalla confluenza delle precedenti gestioni in economia nelle aziende stesse.

Si tratta di imprese monobusiness di media-grande dimensione operanti su territori di riferimento, corrispondenti al perimetro degli ATO.

Soltanto in un caso (Asa Livorno) è stato adottato il modello multiutility. Quadro delle imprese

ATO Gestore di ambito Durata della concessione ATO 1 Toscana Nord GAIA Spa gen 2005 - gen 2025 ATO 2 Basso Valdarno Acque spa gen 2002 - gen 2022 ATO 3 Medio Valdarno Publiacqua Spa gen 2002 - gen 2022 ATO 4 Alto Valdarno Nuove Acque Spa giu 1998 - giu 2023 ATO 5 Toscana Costa ASA Spa gen 2002 - gen 2027 ATO 6 Ombrone Acquedotto del Fiora Spa gen 2002 - gen 2027

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1.6.5. COSA SONO I PIANI DI AMBITO

Il Piano di Ambito rappresenta l’atto di pianificazione pubblica del servizio idrico ed è definito dall’Autorità di Ambito, è redatto a scala di Ambito e contiene:

• una descrizione dello stato dei servizi e delle gestioni; • l’analisi dei costi dei servizi e delle tariffe praticate;

• l’analisi delle criticità presenti nei diversi servizi e nelle diverse aree;

• la definizione dei livelli di servizio che l’Autorità di Ambito intende raggiungere nel tempo;

• l’individuazione degli investimenti necessari per raggiungere gli obiettivi e superare le criticità, distribuiti nel tempo;

• la previsione dei costi gestionali del gestore unico di ambito (benchmarking); • la dinamica tariffaria per tutta la durata del Piano (di norma 30 anni).

Il Piano di Ambito è il documento tecnico economico su cui si basa l’affidamento della gestione. Il gestore è tenuto pertanto a realizzare il Piano di Ambito.

1.6.6. GLI INVESTIMENTI

La riforma del settore è stata originata dalla necessità di dotare il Paese di un’industria dei servizi idrici capace di realizzare una consistente mole di investimenti, necessari per superare lo stato di cronico ritardo di questo settore: mancanza di servizio in molte aree del Paese, qualità dell’acqua potabile insufficiente, perdite di rete ingenti, servizio di fognatura poco esteso, depurazione ancora non completa e affidata a tecniche spesso poco efficaci.

La quantità di investimenti stimata per l’Italia nei prossimi 20 anni è stata calcolata pari a 50 miliardi di euro.

Il Piano degli investimenti previsto dalle Autorità di Ambito in Toscana, ed imposto ai Gestori, determinerà nell’arco temporale degli affidamenti, investimenti, a prezzi correnti, per oltre 3 miliardi di euro.

Il dato di previsione degli investimenti contenuta nei piani di ambito (sopra citata), appare tuttavia poco adeguato rispetto ai valori economici, che dopo i primi anni di gestione, risultano essere necessari per soddisfare il fabbisogno effettivo degli investimenti, in relazione alla manutenzione straordinaria delle opere esistenti e la costruzione dei nuovi impianti (previsti nei piani, ed imposti dalle leggi esistenti per garantire un servizio di qualità).

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Tale differenza, particolarmente accentuata nei primi anni di gestione, dipende da diversi fattori:

1. una rilevante sottostima dei costi di manutenzione ordinaria su “assets” esistenti che si sono rilevati più consistenti e in peggiori condizioni di quanto indicato nelle Ricognizioni di Ambito. Il valore globale degli investimenti previsti dai Piani sarebbe sufficiente a coprire una attività ragionevole di manutenzione delle reti e degli impianti esistenti.

2. diversi fattori stanno determinando un aumento del valore dei nuovi investimenti, rispetto a quanto definito nei Piani di Ambito:

a. acquedotto: le estensione di reti realizzate in questi anni sono superiori a quelle previste dai Piani, in ragione delle politiche di sviluppo urbanistico dei diversi comuni, tali incrementi spesso non sono stati compensati economicamente dagli oneri di urbanizzazione;

b. acquedotto: la crisi idrica persistente derivante dalle alterazioni climatiche rende necessari nuovi investimenti nel campo delle infrastrutture di captazione e stoccaggio, non previsti dai Piani;

c. fognatura e depurazione: la norma regionale sugli scarichi appropriati (2002) dispone investimenti aggiuntivi nel campo dei trattamenti non previsti dai Piani;

d. fognatura e depurazione: la individuazione dell’Arno come area sensibile indurrà ad un aumento rilevante dei costi di trattamento, solo parzialmente previsti dai Piani;

e. fognatura e depurazione: gli obblighi di legge in materia di scaricatori di Piena indicono i gestori a fare investimenti non previsti dai piani e probabilmente non riconducibili al servizio idrico integrato, ma comunque a carico delle aziende;

3. I tempi di applicazione del D. Lgs. 152/99 indicono inoltre a concentrare nei primi anni di gestione investimenti nel campo della depurazione, rischiando di far slittare gli interventi, altrettanto urgenti nel campo del sevizio potabile.

I Piani di Ambito approvati indicano un valore di investimento pari a 3 miliardi di Euro in 20 anni, ripartititi circa a metà fra manutenzione dell’esistente e nuove opere, per un valore medio di circa 41 Euro per abitante/anno.

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Le valutazioni fatte dai gestori per far fronte almeno agli argomenti sopra indicati determinano un valore degli investimenti totale pari a 6 miliardi di Euro in 20 anni, e un valore di circa 80 Euro ad abitante, valore medio indicato a livello nazionale come ragionevole in tutti gli studi. In sintesi le risorse che i Piani di ambito individuano nelle tariffe per gli investimenti globali sono sostanzialmente oggi interamente assorbite dagli interventi di manutenzione sugli impianti consegnati alle aziende in gestione. Le poche risorse residue sono interamente assorbite da interventi nel campo della depurazione spesso non previste dai Piani, ma obbligatorie per i gestori, sottoposti ai rischi di azione penale della Magistratura.

Tale aumento del fabbisogno di investimenti non può trovare facilmente soluzione nell’attuale sistema tariffario.

La maggior parte dei Piani infatti ha già saturato la quota massima di incremento tariffario prevista dalla Legge. Il quadro economico globale sconsiglia poi manovre tariffarie in rialzo. Anche i profili di bancabilità dei Piani rischiano di peggiorare a fronte di aumenti di investimenti previsti in tariffa.

Si rende necessario quindi un intervento urgente (a partire dal 2006) di finanziamento pubblico strutturale e continuativo, individuabile intorno al valore di 3 miliardi di Euro in 20 anni (150 milioni di Euro all’anno) a carico della fiscalità generale e del bilancio regionale, utilizzando la quota residua del fondo straordinario degli investimenti esistente e individuando per i prossimi anni un ulteriore strumento di finanziamento straordinario.

1.6.7. FORMAZIONE DEI GESTORI D’AMBITO

L’affidamento del servizio idrico integrato ad un unico gestore per Ambito è stato possibile grazie ad un lungo e faticoso processo di concentrazione delle gestioni esistenti prima dell’entrata in vigore della nuova normativa.

In Toscana infatti esistevano nel 1995, 200 gestioni del sevizio idrico: 176 comuni in economia, 19 aziende pubbliche in forma di azienda speciale, Consorzio o spa, alcune concessioni ad aziende private.

I sei gestori di ambito sono nati dalla fusione delle aziende pubbliche esistenti, dall’inglobamento da parte di queste delle gestioni in economia e dall’inclusione di alcune aziende private, mentre altri operatori privati continuano nel loro contratto di concessione fino al termine naturale di questo.

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Si è trattato di un’operazione industriale straordinaria, voluta dai Comuni della Toscana e attivata dalle aziende che hanno colto, nella novità normativa, una irripetibile occasione di crescita e di sviluppo industriale.

I Comuni proprietari di alcune aziende hanno già avviato un confronto per procedere rapidamente a un’ulteriore concentrazione di imprese, ipotizzando la fusione fra alcuni gestori di Ambito (Publiacqua e Acque) e, in seguito, con le altre aziende di Ambito. In questo modo sarà possibile costituire uno dei più importanti gestori idrici italiani.

1.6.8. APERTURA AL MERCATO E LE GARE PER IL PARTNER PRIVATO L’ultima fase del processo di riorganizzazione del servizio idrico in Toscana è stata l’apertura al mercato delle aziende pubbliche identificate come gestori unici di Ambito. Tramite gara a evidenza pubblica è stato selezionato, per ciascun gestore, un partner industriale-finanziario che ha acquisito il 40-46% delle quote delle società tramite aumento di capitale.

Tale operazione consente di sostenere finanziariamente l’ingente investimento previsto in ciascun Piano d’Ambito. Si sono definiti così degli accordi di partnership pubblico - privata, basati su una moderna concezione della “governance” di impresa, che consentono di migliorare la performance operativa delle imprese, di sostenere l’ingente piano di investimenti previsti dai Piani di Ambito, di definire accordi strategici per lo sviluppo di queste imprese sui mercati nazionali e internazionali.

La scelta fatta è stata quella di creare sinergie positive fra il mondo delle imprese pubbliche che avevano gestito il servizio idrico negli anni precedenti e il mondo degli operatori privati, tramite un processo di parziale privatizzazione tesa al rafforzamento delle imprese esistenti e alla loro valorizzazione.

La scelta di selezionare i partner privati con procedure ad evidenza pubblica ha infine consentito di ottemperare alle richieste di concorrenza dell’Unione Europea. Tutti i gestori unici sono stati quindi selezionati con affidamento diretto a società pubbliche, che hanno poi aperto il capitale alla partecipazione di soci privati di minoranza scelti tramite gara 1. Tale operazione ha visto l’ingresso nel mercato idrico toscano di importanti players nazionali ed internazionali.

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Quadro delle cessioni di quote

ATO Gestore unico soci privati % ATO 1 Toscana Nord GAIA Spa da realizzarsi

ATO 2 Basso Valdarno Acque spa ACEA - Mps Ondeo 45% ATO 3 Medio Valdarno Publiacqua Spa ACEA - Mps Ondeo 40% ATO 4 Alto Valdarno Nuove Acque Spa AMGA – Ondeo MPS - Banca Etruria 46%

ATO 5 Toscana Costa ASA Spa AMGA - Aquamet Spa - Galva Spa 40% ATO 6 Ombrone Acquedotto del Fiora Spa ACEA - Mps Ondeo 40%

Fa eccezione GAIA che non ha effettuato ancora tale operazione ma si prevede la cessione del 40% ad un partner da individuarsi tramite gara entro due anni dalla data di affidamento.

Ciò nonostante, le aziende del servizio idrico vedono ancora una netta predominanza della proprietà pubblica degli enti locali toscani.

Le aziende del servizio idrico in Toscana, che servono nel complesso il 91% della popolazione toscana, hanno fatturato, nel 2004, 409 milioni di euro, con un reddito operativo di 20,2 milioni di euro.

Il livello degli investimenti effettuati nel 2004 risulta pari a 119 milioni di euro ed è stato, per l’ 88%, effettuato dalle monoservizio e per circa l’86% da grandi aziende.

Il livello degli addetti complessivamente occupati dalle aziende in questione, e per l’anno di riferimento è stato di 2.261 unità.

Nell’analisi dei dati macro, si rileva, in Toscana, l’assoluta predominanza in questo comparto delle imprese monoservizio (9 aziende che realizzano l’82% del totale del fatturato) rispetto alle pluriservizio (2 aziende che realizzano appena il 18% del fatturato totale).

La suddivisione tra PMI e Grandi imprese evidenzia invece come, nonostante la predominanza delle prime rispetto alle seconde (il 65% del totale), sono le seconde che realizzano oltre l’81% del fatturato. Inoltre, il processo di concentrazione imposto dalla Legge Galli, trova conferma, nel 2004, dalla lettura delle suddivisione tra le aziende che svolgono il servizio idrico integrato (SII), rispetto alle altre. Infatti, pur con una predominanza numerica delle seconde rispetto alle prime (6 a 5), le aziende di SII producono quasi il 90% del fatturato delle aziende idriche toscane.

Il processo di graduale aumento delle principali variabili economiche risulta essere, nel comparto idrico, particolarmente sostenuto tra il 2000 ed il 2002. In tali anni (a partire dal 2001 e dal 2002), infatti, diventano operativi i gestori unici di ambito (ed i

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Piani di Ambito relativi), sostituendosi in numerose aree regionali alle precedenti gestioni in economia dei Comuni.

Il generalizzato incremento si stabilizza a partire dal 2003, anno conclusivo della transizione (eccetto che per gli addetti, che esauriscono in alcune aree il periodo di “comando” dai Comuni alle aziende, ed entrano in organico presso queste ultime).

Tra il 2000 ed il 2004 gli addetti aumentano di 3,2 punti percentuali. A tale fenomeno corrisponde anche un aumento del prodotto ceduto, che nello stesso periodo aumenta del 3,6%. Analizzando il dato nei cinque anni, gli utenti delle aziende pubbliche passano da 531.046 del 2000 a 1.175.374 del 2004, registrando un lieve flessione (-1,1%), nel 2004 rispetto al 2003.

Anche gli investimenti seguono la stessa dinamica: registrano una notevole crescita tra il 2000 e il 2004, passando da 49 milioni a oltre 119..

Il trend del fatturato assume valori molto positivi: con un aumento dell’83,3% tra il 2000 e il 2001, del 26,2% tra il 2001 e il 2002, di un ulteriore 15,3% l’anno successivo e dell’11,7% nell’ultimo biennio. Tra il 2002 ed il 2003 si riducono inoltre le perdite aggregate del comparto, per altro concentrate esclusivamente in tre operatori (con particolare rilevanza di due, in termini assoluti); trend che si conferma anche per il 2004: la perdita di esercizio passa da 6,8 milioni di euro del 2003 a 1,9 dell’ultimo anno di osservazione.

1.7. L’AZIENDA ACQUEDOTTO DEL FIORA

L’Acquedotto del Fiora S.p.a. è una società che opera in un vasto territorio della regione Toscana svolgendo attività relative alla gestione integrale di tutte le tipologie di servizio idrico. L’azienda è la più estesa realtà gestionale dell’Italia centrale e si occupa dell’insieme dei servizi di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue, oltre che del trattamento terziario delle acque per il loro riutilizzo e della dissalazione di acqua di mare e di acque salmastrose.

Le attività di gestione del servizio idrico integrato riguardano le reti (acquedotti e fognature) gli impianti (potabilizzatori, depuratori, dissalatori, etc.) di 56 comuni delle province di Grosseto e Siena che compongono l’Ambito Territoriale Ottimale n. 6 Ombrone, il più vasto ATO della regione Toscana, con un estensione di oltre 7144 kmq

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e una popolazione residente pari a 379 mila unità che nella stagione estiva raggiunge punte superiori alle 600 mila unità.

Dal 15 dicembre 2000 l’Acquedotto del Fiora S.p.A. ha conseguito la Certificazione di Qualità UNI EN ISO 9001, (certificato n° 3167/ II -3167/ I). A seguito dell’affidamento della gestione del servizio idrico integrato dell’ATO n.6 Ombrone, per una durata di 25 anni, il territorio è stato organizzato in sette aree gestionali, in questo vasto territorio è previsto un importante programma di investimenti (Piano d’Ambito ) circa 470 milioni di euro nei prossimi venticinque anni, con una tariffa media ponderata di vendita dell’acqua al primo anno pari a 1,02 euro.

La previsione di erogazione dell’acqua nell’ATO n. 6 è pari a circa 60 milioni di mq/anno; la struttura gestita si compone di circa 200 mila contatori, 7 mila km di reti acquedottistiche, rete fognarie, 102 impianti di depurazione oltre al n.11 impianti ad osmosi inversa, per una produzione di circa 21mila mc/giorno di acqua potabile prodotta da dissalazione.

Il fatturato del 2002 ammonta ad oltre 40 milioni di euro e l’organico dell’azienda si compone di 324 unità oltre a 50 collaboratori e consulenti.

Le attività svolte dalla società sono molteplici; oltre alla gestione delle reti e degli impianti dell’ATO n.6 Ombrone, l’azienda provvede alla realizzazione, anche per conto terzi (soggetti pubblici o privati) di studi, ricerche, progettazioni, indagini, sperimentazione e applicazione di nuove tecnologie, bonifica e riqualificazione del territorio.

1.7.1. IMPIANTI DI DISSALAZIONE

La società si costituisce nell’anno 1984 come Consorzio di comuni, è concessionaria del Ministero dei Lavori Pubblici per la gestione dell’acquedotto del Fiora nonché a decorrenza dal 01 gennaio 2002 - gestore del Sistema Idrico Integrato dell’ATO n. 6 Ombrone.

L’Acquedotto del Fiora S.p.A. è proprietario dell’impianto di dissalazione dell’Isola del Giglio (GR) (arcipelago toscano) che gestisce e che prossimamente permetterà di dare all’isola completa autonomia di approvvigionamento idrico.

Nell’ottica di fornire completa autonomia idrica all’Isola del Giglio l’Acquedotto del Fiora S.p.A. ha in corso di costruzione due nuovi impianti di dissalazione per una produzione complessiva di 3 mila mc/giorno di acqua potabile. Gli impianti interamente progettati all’interno della struttura aziendale sono composti da

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moduli intercambiabili con una produzione unitaria di 600 mc/giorno cadauno; questo tipo di struttura è concepita in modo da minimizzare i costi di produzione dell’acqua e da avere la massima ottimizzazione delle attività gestionali e delle scorte di magazzino.

1.7.2.IMPIANTI DI DEPURAZIONE

Per quanto riguarda le attività relative alla depurazione delle acque reflue, l’acquedotto del Fiora S.p.A sta progettando l’adeguamento dell’impianto di depurazione di Ponte a Tressa a servizio della Città di Siena. Il nuovo impianto interamente progettato all’interno della struttura aziendale, si compone di due linee per una potenzialità complessiva di 130 mila abitanti equivalenti che sarà in grado di produrre acqua con scarico conforme alle aree sensibile

L’Acquedotto del Fiora opera per la gestione integrale di tutte le tipologie di servizio, comprese le trasformazioni industriali, è la più estesa struttura acquedottistica della Toscana e rapprenda uno dei più grandi acquedotti dell’Italia centrale.

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In data 08/07/1994 la società si è trasformata ai sensi della legge 142/90 in Azienda Speciale consortile, ed in quanto tale, soggetta alle norme di cui al Dpr 4.10.1986 n. 902 “nuovo regolamento delle Aziende Speciali di servizi dipendenti degli Enti Locali”.

Dal 1994 è stato avviato un intenso processo di riorganizzazione ed evoluzione verso la gestione del Servizio Idrico Integrato, in linea con quanto previsto dalla Legge Galli (legge n.36 del 1994 recante “disposizioni in materia di Risorse Idriche”, per la riforma e il riordino dell’intero settore), nell’ammodernamento informatico, nella professionalizzazione del personale e significativi risultati in campo ingegneristico e gestionale.

Successivamente in data 22/10/1999 si è trasformata in Società per Azioni ai sensi dell’art. 22 III° comma della legge sul riordino del settore pubblico (142/90), ed è stata iscritta al Registro delle imprese in data 02/03/2000 con la denominazione di “Acquedotto del Fiora S.p.A.”.

Un lungo percorso quello dell’Acquedotto del Fiora SpA che ha portato,come già accennato, al conseguimento della Certificazione UNI EN ISO 9001, il 15 dicembre 2000.

Dopo l’affidamento all’Acquedotto del Fiora S.p.A. del Servizio Idrico Integrato di tutti i Comuni dell’ambito n. 6 Ombrone, il territorio è stato organizzato per aree gestionali (vedi cartina).

Il territorio in esame è suddiviso in cinque aree individuate da caratteri morfo-strutturali comuni.

1. Area di Grosseto, abitanti 124.127

Comuni di Grosseto, Orbetello, Monte Argentario, Manciano, Scansano, Capalbio, Magliano in Toscana, Campagnatico, Isola del Giglio.

L'area grossetana comprende, lungo la costa, l'Alta e la Bassa Maremma ed ha in Grosseto il principale polo urbano, che raggiunge una popolazione complessiva di circa 80.000 abitanti. Inoltre la bassa maremma grossetana trova i suoi poli urbani di riferimento, anche per quanto riguarda la presenza di servizi di carattere sovracomunale, in Orbetello e nei comuni dell'Argentario, che senza dubbio si pongono in posizione

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subordinata rispetto a Grosseto, ma che svolgono un ruolo strategico soprattutto in estate, quando è maggiore l’afflusso turistico.

2. Area delle Colline Metallifere, abitanti 62.851

Comuni di Follonica, Roccastrada, Massa Marittima, Gavorrano, Castiglion della Pescaia, Civitella Paganico, Scarlino, Montieri.

Nell' area delle Colline Metallifere il centro di Follonica rappresenta un polo di riferimento insediativo, turistico e produttivo. Il sistema insediativo fa gravitare una popolazione complessiva di circa 40.000 abitanti, sistema che si ripercuote anche lungo l’asse Follonica-Massa Marittima, cui afferisce un emiciclo di insediamenti pedecollinari e a mezza costa.

3. Area dell’Amiata, abitanti 27.122

Comuni di Montalcino, Castel del Piano, Arcidosso, Cinigiano, Castiglione d’Orcia, San Quirico d’Orcia, Pienza, Trequanda, Seggiano, San Giovanni d’Asso.

L’area dell’Amiata, e questo è un discorso valido sia per il versante senese che quello grossetano, è caratterizzata da una concentrazione della popolazione in pochi grossi centri con un numero di abitanti confrontabile con i valori minimi rispetto alla popolazione residente nelle case sparse. Le frazioni in questo ambito hanno una funzione prevalentemente turistica.

4. Area di Siena, abitanti 100.3177

Comuni di Siena, Sovicille, Castelnuovo Berardenga, Monteroni d’Arbia, Asciano, Rapolano Terme, Buonconvento, Gaiole in Chianti, Chiusdino, Murlo, Radda in Chianti, Monticiano.

L’area urbana di Siena, da considerare l’unico polo insediativo di un certo rilievo, non comprende solamente la città storica e le sue estensioni nella campagna urbanizzata, ma coinvolge ormai i comuni limitrofi, nei quali si è venuta a creare una serie di nuovi centri intorno ai confini comunali. Complessivamente la popolazione che interessa tale area supera i 70.000 abitanti, creando di fatto il maggiore polo urbano della provincia.

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5. Area della Val d’Orcia, abitanti 37.782

Comuni di Abbadia San Salvatore, Sarteano, Piancastagnaio, Pitigliano, Sorano, Cetona, Santa Fiora, Castell’Azzara, San Casciano ai Bagni, Semproniano, Roccalbegna, Radicofani.

Nell’area della Val d’Orcia la popolazione è concentrata prevalentemente negli insediamenti di pianura, posti sulla via Cassia. Infatti i centri collinari registrano un progressivo sfaldamento della struttura urbana con perdita di popolazione.

L’ATO n. 6 Ombrone è l’ambito più vasto della Toscana, comprende tutta la provincia di Grosseto e quasi l’intera provincia di Siena per un totale di 56 comuni. I comuni principali sono quelli di capoluogo: Grosseto e Siena.

La previsione di erogazione dell’acqua nell’ATO n.6 è pari a circa 60 milioni di metri cubi/anno, per circa 170mila utenti.

Nel corso dell’anno 2002, l’Acquedotto ha effettuato una scissione parziale proporzionale nel rispetto del disposto dall’art 31 della Legge 448/2001, il quale stabilisce che: “gli enti locali che alla data in vigore della legge detengano la maggioranza del capitale sociale delle società per la gestione di servizi pubblici locali, che siano proprietarie anche delle reti, degli impianti e delle dotazioni per l’esercizio dei servizi pubblici locali, provvedono ad effettuare, entro un anno dalla data in vigore della presente legge, anche in deroga alle disposizioni delle discipline settoriali, lo scorporo delle reti, degli impianti e delle dotazioni patrimoniali, oppure dell’intero ramo d’azienda è conferita ad una società avente le caratteristiche definite dal (..) comma 13 dell’art 113 del medesimo TU (TUEL D.Lgs 18/8/2002 n.267)”.

Tali società porranno le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali a disposizione dei gestori incaricati alla gestione del servizio.

A seguito di tale operazione, è stata costituita ed iscritta al registro delle imprese di Grosseto in data 31/12/2002, la società beneficiaria Fiorareti S.p.A.. Alla stessa è stato attribuito patrimonio pari ad Euro 5.084.435, costituito in parte dalle attività e dalle passività trasferite e da un conguaglio di scissione a favore delle beneficiaria, pari a Euro 310.829.

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Gestore Unico dell’ATO n. 6 dal 1.1.2002 è la società per azioni Acquedotto del Fiora partecipata per il 60% dal socio pubblico (tutti i comuni dell’ambito) e per il 40% dal partner privato.

OMBRONE SPA Sede: Roma - Piazzale Ostiense n. 2 . Capitale sociale Euro 100.000,00 - iscritta al Registro delle Imprese di Roma - Sezione Ordinaria, con il codice fiscale e numero d'iscrizione 07749101007

e da cinquantasei comuni:

ABBADIA S.SALVATORE MONTEROTONDO M.MMO ARCIDOSSO MONTALCINO

ASCIANO MONTICIANO BUONCONVENTO MONTIERI CAMPAGNATICO MURLO CAPALBIO ORBETELLO

CASOLE DI VAL D’ELSA PIANCASTAGNAIO CASTEL DEL PIANO PIENZA

CASTELL’AZZARA PITIGLIANO

CASTELLINA IN CHIANTI RADDA IN CHIANTI CASTELNUOVO BERARDENGA RADICOFANI

CASTIGLIONE DELLA PESCAIA RAPOLANO TERME CASTIGLIONE D’ORCIA ROCCALBENGA CETONA ROCCASTRADA

CHIUSDINO SAN CASCIANO DEI BAGNI CINIGIANO SAN GIOVANNI D’ASSO CIVITELLA PAGANICO SAN QUIRICO D’ORCIA COLLE DI VAL D’ELSA SANTA FIORA

FOLLONICA SARTEANO GAIOLE IN CHIANTI SCANSANO GAVORRANO SCARLINO GROSSETO SEGGIANO ISOLA DEL GIGLIO SEMPRONIANO MAGLIANO IN TOSCANA SIENA

MANCIANO SORANO MASSA MARITTIMA SOVICILLE MONTE ARGENTARIO TREQUANDA MONTERIGGIONI

MONTERONI D’ARBIA Le società partecipate sono:

ACQUASER S.r.l.

L’esercizio dell’attività nessuna esclusa, relative alla gestione dei servizi derivanti dal servizio idrico integrato delle acque di cui alla legge Galli nonché delle

Figura

Figura 1: la segmentazione della domanda (fonte: dati del Ministero dell’ambiente)
Tabella  1:  stima  fabbisogno  risorse  idriche  in  Italia  (fonte:  Conferenza  nazionale  sulle  acque)  101,7 82,174,2102 nord centro sud e isolelombardia
Figura 3 ripartizione territoriale servizi idrici (fonte Istat)
Figura 2: tabella volumi annui necessari al 20 anno di gestione
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