• Non ci sono risultati.

Capitolo 1. Risonanza Magnetica e Bobine a Radiofrequenza

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Capitolo 1. Risonanza Magnetica e Bobine a Radiofrequenza"

Copied!
47
0
0

Testo completo

(1)

Capitolo 1. Risonanza Magnetica e Bobine a

Radiofrequenza

1.1 Introduzione MRI

La Risonanza Magnetica per Imaging (Magnetic Resonance Imaging, MRI) è una tecnica utilizzata principalmente in campo medico per produrre immagini ad alta definizione all’interno del corpo umano.

L’MRI è basata sui principi della Risonanza Magnetica Nucleare (NMR), una tecnica spettroscopica usata per ottenere informazioni di tipo microscopico, chimico e fisico sulle molecole.

Il fenomeno della Risonanza Magnetica coinvolge campi magnetici e onde elettromagnetiche a radiofrequenza (RF). E’ stato scoperto nel 1946, indipendentemente, da due gruppi di scienziati: uno, diretto da Bloch, a Stanford e l’altro, con a capo Purcell, ad Harvard [1, 2]. Da allora, l’imaging mediante RM (RMI, o, dall’Inglese Magnetic Resonance Imaging: MRI) è stato un utilissimo strumento specialmente nella chimica analitica e nella biochimica [3, 4]. La MRI può generare immagini con eccellente contrasto tra i tessuti molli e con alta risoluzione spaziale in ogni direzione.

Analogamente ad altre tecniche di imaging, la MRI utilizza radiazioni elettromagnetiche per studiare distretti all’interno del corpo umano. Tali radiazioni, comunque, sono a bassa energia, per cui, se utilizzate in condizioni normali, possono tranquillamente essere considerate non dannose.

Volendo ricostruirne sommariamente la storia, si rileva che l’idea di eseguire studi con la MRI sull’uomo è dovuta a Jackson che, nel 1967, ha acquisito i primi segnali RM da un animale vivo. La prima immagine RM di un campione

(2)

contenente acqua è stata generata nel 1972 da Lauterbur [5]. Nel 1974, lo stesso Lauterbur generò la prima immagine RM di un animale in vivo [6]. Successivamente, moltissimi gruppi, in modo più o meno indipendente, contribuirono al miglioramento della tecnica e delle tecnologie stesse per la generazione e ricostruzione delle immagini RM [7, 8, 9, 10, 11, 12].

L’MRI è nata come tecnica di imaging tomografico, in grado cioè di produrre un’immagine del segnale NMR di una sottile fetta del corpo umano.

Da normale tecnica di produzione di immagini tomografiche si è evoluta fino a divenire una tecnica di imaging volumetrico.

1.2 Proprietà magnetiche dei nuclei

I nuclei atomici, costituiti da protoni e neutroni, possono essere pensati come piccole sfere elettricamente cariche ruotanti a grande velocità attorno al proprio asse. Tale rotazione è regolata dal numero quantico di spin. Questi nuclei si comportano, quindi, come piccoli magneti ed i deboli campi magnetici che generano originano dei momenti magnetici.

Figura 1.2.1 Schematizzazione di una massa, elettricamente carica, dotata di movimento

(3)

Ad ogni nucleo è associato un momento angolare dato da:

I

h

π

ρ

2

=

(1.1)

dove h è la costante di Plank, e I è il numero quantico di spin, che può assumere valori interi o semi-interi, dipendenti dal numero di protoni e neutroni presenti nel nucleo. Poiché, come detto, al nucleo è associata una carica elettrica, esso sviluppa un momento magnetico di dipolo (µ):

μ

=

γρ

(1.2)

Figura 1.2.2: I nuclei ruotano su se stessi e si comportano come magnetini elementari.

Il rapporto tra il momento magnetico e il momento angolare della rotazione viene detto rapporto giromagnetico γ ed assume valori caratteristici per ogni tipo di nucleo. Attualmente la quasi totalità dell’imaging RM è impostata sul segnale proveniente dai nuclei di idrogeno, anche se è in studio l’impiego di altri nuclei atomici. Il nucleo dell’idrogeno non ha neutroni ed è costituito da un solo protone. Fra i vari nuclei questo è il più adatto ad essere preso in considerazione per uno studio di risonanza magnetica poiché è presente in grande abbondanza nel corpo umano, sotto forma di acqua (il corpo è costituito per il 70% da acqua) e legato chimicamente a formare zuccheri, grassi e proteine; esso inoltre è dotato di un rapporto giromagnetico ottimale (42,58

(4)

MHz/T). Se consideriamo i nuclei di idrogeno come piccoli magneti, possiamo assumere che la loro distribuzione all’interno dei tessuti biologici sia casuale; in questa situazione non esiste una differenza di energia tra i vari livelli di spin ed i momenti hanno tutti la stessa intensità, ma orientazione casuale.

Figura 1.2.3: Sottoposti a un forte campo magnetico, i nuclei si allineano nella direzione di B0.

Se il campione viene sottoposto ad un campo magnetico statico B0 di elevata

intensità, costante nel tempo ed omogeneo nello spazio, i nuclei si vanno ad orientare secondo tale campo nella direzione parallela (up) od antiparallela (down) (fig. 1.2.3) a seconda della minore o maggiore energia dei nuclei: la differenza di energia fra i due stati è linearmente proporzionale all’intensità del campo magnetico applicato (effetto Zeeman):

I

h

E

π

γ

2

=

Δ

(1.3) All’equilibrio termico, il numero di nuclei nello stato ad alta energia è lievemente inferiore al numero di nuclei che si trovano nello stato a bassa energia:

=

Ndown

Nup

e

KT

E

Δ

(1.4)

(5)

Comunque, la differenza numerica tra questi due gruppi non è molta ed è possibile considerare un unico vettore risultante, detto di magnetizzazione macroscopica M0; aumentando l’intensità del campo statico B0, cresce

proporzionalmente anche quella del vettore M0 con conseguente aumento della

quantità di segnale utile per le immagini RM.

I nuclei non sono esattamente allineati secondo la direzione dell’asse z; infatti, oltre al moto intrinseco di rotazione intorno all’asse nucleare (fig. 1.2.1), i nuclei sono soggetti ad un movimento di precessione intorno alla direzione del campo magnetico principale, intendendo con questo termine il movimento relativamente lento compiuto dall’asse di un corpo in rotazione attorno alla superficie di un cono ideale, come illustrato in figura 1.3.1.

La velocità e la frequenza di precessione sono proporzionali all’intensità del campo magnetico principale B0 secondo l’equazione di Larmor:

ω

=

γ

B

0 (1.5)

1.3 Il segnale RM

Il termine risonanza si riferisce a un fenomeno fisico secondo il quale due sistemi in grado di scambiarsi energia lo fanno maggiormente quanto più alta è la loro affinità strutturale intrinseca.

Per quanto riguarda la risonanza magnetica, il sistema accettore di energia è rappresentato dai nuclei del campione biologico ordinati secondo il campo magnetico B0, mentre il sistema erogante energia è costituito da onde

elettromagnetiche (B1) dello spettro delle radio frequenze.

La condizione indispensabile affinchè si verifichi il fenomeno della risonanza magnetica è che l’onda RF di interrogazione B1 sia di frequenza uguale a quella

di precessione dei protoni di idrogeno del campione in esame.

In questo modo una frazione dei nuclei che si trovano a bassa energia assorbe energia fornita dal campo RF e salta allo stato ad alta energia; questo fa sì che l’equilibrio termico venga distrutto. Successivamente, non appena terminata l’irradiazione, i nuclei in eccesso nello stato ad alta energia tendono a tornare in

(6)

quello a bassa energia per ripristinare l’equilibrio del sistema emettendo, sotto forma di campo elettromagnetico RF, l’energia che avevano acquisito.

Andando dunque a stimolare i nuclei con un campo a radiofrequenza B1 i

protoni vengono eccitati e quindi tendono a tornare nello stato di minima energia (magnetizzazione netta con direzione parallela al campo statico B0)

emettendo un segnale a radiofrequenza alla frequenza ω0 (segnale FID: Free

Induction Decay) che viene captato mediante un’antenna posta

perpendicolarmente alla direzione del campo statico ( bobina RF di ricezione).

Figura 1.3.1: Movimento di precessione del nucleo atomico.

In funzione della durata dell’applicazione del campo a radiofrequenza avremo un maggiore o minore assorbimento di energia da parte dei nuclei e una conseguente variazione della magnetizzazione longitudinale e trasversa.

E’ dunque la durata dell’impulso a RF che determina l’ampiezza dell’angolo di deflessione del vettore magnetizzazione M0. Se, ad esempio, eccitiamo il

sistema con un impulso RF a 90°, il vettore di magnetizzazione M0 allarga il

raggio della propria orbita precessionale, fino a porsi in rotazione sul piano trasversale (fig. 1.3.2).

All’eccitazione protonica segue, quindi, una fase durante la quale gli spin tendono a liberarsi dall’energia in sovrappiù fino a tornare alla condizione iniziale che è più stabile e probabile.

(7)

Figura 1.3.2: Effetto dell’eccitazione del campo B1.

Questo riassetto nucleare viene detto rilassamento e comporta la totale cessione dell’energia ricevuta (fig. 1.3.3).

Poiché i nuclei di idrogeno sono immersi in ambienti molecolari diversi, in relazione alla composizione chimica dei tessuti, diverse saranno le modalità di cessione dell’energia. In altre parole ogni tessuto si lascia attraversare dall’energia in maniera diversa relativamente alla propria composizione e struttura molecolare. Alcuni tessuti ostacoleranno la cessione del sovrappiù energetico (rilassamento più lungo) e altri invece ne accetteranno il passaggio (rilassamento più breve). I principali responsabili di questa variabilità nell’accettare o meno energia sono individuabili nei moti browniani, che generano scambi termodinamici diversi da tessuto a tessuto, e nel numero di interazione all’interno del sistema protonico stesso.

Queste differenze sono quantificabili attraverso l’introduzione del concetto di entità fisiche costituenti i parametri intrinseci del segnale RM.

I principali parametri del segnale sono la densità protonica (DP), il tempo di

rilassamento T1 e il tempo di rilassamento T2.

La densità protonica è l’espressione della quantità di protoni di idrogeno risonanti per unità di volume di tessuto (voxel) ed è responsabile dell’ampiezza

(8)

massima del FID. Questo parametro aumenta con l’aumentare dell’intensità del campo magnetico, poiché più elevata è l’intensità di B0 maggiore sarà la

probabilità di allineamento dei protoni all’allineamento del campo magnetico. I tempi di rilassamento T1 e T2 rappresentano, rispettivamente, il tempo che regola l’annullarsi della magnetizzazione trasversa creata da un impulso a RF (esprimibile matematicamente come tempo necessario all’annullamento del 63% di tale magnetizzazione), e il tempo che regola il ripristino della magnetizzazione longitudinale dopo un impulso RF, che matematicamente è il tempo necessario al recupero del 63 % del valore globale di tale magnetizzazione. A prima vista i due fenomeni potrebbero sembrare legati da una proporzionalità inversa. In realtà il recupero della magnetizzazione longitudinale è generalmente più lungo del decadimento di quella trasversa e quindi in generale T1 è maggiore di T2; ciò dipende principalmente dalla struttura molecolare nella quale si trovano i protoni (T1 e T2 risultano uguali solo nei liquidi puri). I processi di rilassamento svolgono quindi un ruolo fondamentale all’interno dell’imaging RM.

Le variazioni nei tempi di rilassamento tra tessuti biologicamente diversi forniscono, infatti, la chiave per evidenziare i contrasti per discriminazioni anatomiche, in quanto il decadimento del segnale nel tempo dipende dall’ambiente molecolare in cui i nuclei si trovano. Inoltre, la differenza tra i tempi di rilassamento misurati e quelli di riferimento fornisce un potente meccanismo per la rivelazione di patologie (per esempio, i tempi di rilassamento magnetici nucleari dei tessuti sani sono differenti da quelli dei tumori).

(9)

Figura 1.3.3: Rilassamento del vettore magnetizzazione.

Figura 1.3.4: Contrasto tra tessuti con diverso T2, in funzione dei diversi valori di TE.

(10)

1.4 Hardware MRI

I principali componenti di un tomografo per Risonanza Magnetica sono mostrati in figura 1.4.1.

Figura 1.4.1: Schema a blocchi di un tomografo per Risonanza Magnetica

Il magnete è l’elemento fondamentale per un tomografo RM.

Esso deve generare un campo magnetico statico di intensità opportuna, con grande omogeneità e stabilità nel tempo: una bassa omogeneità di campo darà origine ad immagini di scarsa qualità poichè i protoni del campione in esame,

(11)

non trovandosi alla stessa intensità di campo magnetico, non risentiranno tutti dell’impulso RF e non precesseranno alla stessa frequenza di risonanza.

Esistono in commercio tomografi che utilizzano diversi tipi di magnete e che possiedono caratteristiche differenti ed anche costi di acquisto differenti. Tra questi, i più comuni sono:

A) Magnete permanente: è formato da blocchi di materiale ad alta memoria magnetica che, una volta magnetizzati, mantengono per un tempo indefinito il campo magnetico; questo permette risparmio di energia elettrica e garantisce costi di gestione limitati. Il magnete permanente, oltre al limite del peso e di una bassa intensità di B0, denuncia qualche difficoltà di omogeneizzazione del

campo magnetico stesso legato all’assemblaggio dei blocchi di materiale.

Figura 1.4.2: Esempio di tomografo a magnete permanente.

B) Magnete resistivo: è paragonabile ad una elettrocalamita, formata da spire di materiale conduttore nel quale circola costantemente corrente ad alta intensità. Il problema principale di questo tipo di magnete è rappresentato dalla grande quantità di calore generato dal passaggio di corrente, quindi necessità di raffreddamento. Il consumo di energia elettrica è elevato e i campi magnetici che sono di intensità bassa (0,2-0,3 T).

(12)

Figura 1.4.3: Esempio di tomografo a magnete resistivo.

C) Magnete superconduttivo: è costruito con materiali che, alla temperatura prossima allo zero assoluto, si lasciano attraversare dalla corrente elettrica opponendo una resistenza nulla e creando così un B0 di elevata intensità. I costi

di gestione sono limitati ma hanno un elevato costo di acquisto.

(13)

D) Magnete ibrido: costruito unendo le tecnologie relative ai magneti permanenti ed ai magneti resistivi.

Inoltre il Magnete Shimming (di compensazione) definibile come insieme di bobine di compensazione utilizzate per aumentare l’omogeneità del campo magnetico. Possono essere sistemi passivi od attivi: i primi sono realizzati in fase di costruzione del magnete e correggono le disomogeneità dovute al magnete stesso; i secondi utilizzano bobine inserite internamente all’apparecchio oppure gli stessi gradienti di campo.

Continuando l’esame dell’hardware MRI, occorre soffermarsi brevemente, salvo poi procedere ad un’analisi più approfondita nel proseguo della trattazione, sulle bobine a radiofrequenza, di cui già al par. 1.3, che possono considerarsi come delle vere e proprie antenne che servono ad emettere i segnali a RF necessari a perturbare l’allineamento protonico (bobine di trasmissione) ed a ricevere i deboli segnali emessi dai tessuti durante la fase di rilassamento (bobine di

ricezione).

Nei moderni sistemi RM esiste una bobina di trasmissione, fissata nella parte interna del magnete, che trasmette i segnali generati dal generatore di forme d’onda e amplificati dall’amplificatore di potenza. Tale bobina, denominata

body coil, è utilizzata sia come bobina trasmittente che ricevente, per lo studio

di grandi volumi corporei, quali addome e torace.

Relativamente alle bobine RF, possiamo schematizzare affermando che esse si dividono in bobine di volume ed in bobine di superficie.

Le prime hanno di solito la forma di un cilindro cavo, al cui interno si posiziona la struttura da esaminare. Si evidenzia che ultimamente tali bobine sono state sostituite da quelle a gabbia di uccello o birdcage coils (fig. 1.4.5), composte da una serie di sbarre dette rod, ciascuna delle quali riceve il segnale, migliorando notevolmente l’SNR. Le seconde, come lo stesso nome “bobine di superficie” indica, sono in grado di ricevere il segnale dalle strutture superficiali contigue, con una caduta del segnale RM ad andamento quadratico con l’aumentare della distanza, tra campione in esame e bobina. Con il loro utilizzo si ha il vantaggio

(14)

di poter adottare piccoli FOV senza pregiudicare il SNR; inoltre non si hanno significativi artefatti da ribaltamento (fold over).

Figura 1.4.5: Immagini di birdcage coils per MRI.

Figura 1.4.6: Immagini di surface coil per MRI.

Altro elemento hardware sono le bobine di gradiente, ossia bobine che generano campi magnetici variabili nello spazio e nel tempo che si sommano al

(15)

campo statico B0. Vengono posizionati lungo le tre direzioni dello spazio X, Y,

Z attorno al magnete e possono essere di selezione, di preparazione o di lettura, permettendo l’identificazione spaziale di ogni voxel in esame e la ricostruzione dell’immagine. Essi vengono caratterizzati dal parametro slew-rate, che indica il rapporto fra massima potenza e tempo necessario al raggiungimento del 100% del duty-cicle, e si misura pertanto in mT/m/msec.

Infine nel tomografo troviamo il computer. Questo rappresenta il cervello del sistema e controlla, tramite opportune interfacce, tutte le operazioni eseguite, dalla sintonia delle bobine, alla digitalizzazione dei segnali analogici ricevuti, alla trasformata di Fourier, alla ricostruzione e visualizzazione dell’immagine, a tutte le operazioni di post-processing (come il calcolo di distanze, superfici, intensità di segnale). Proprio per questo, il computer deve possedere una elevata capacità di calcolo oltre ad una grande memoria ed un’alta velocità di acquisizione dei dati.

1.5 Bobine a Radiofrequenza (RF)

Le bobine a radiofrequenza (RF coils), conosciute anche come risuonatori RF e sonde RF, sono componenti fondamentali di un sistema RM e hanno due funzioni: quello di generare impulsi alla frequenza di Larmor per l’eccitazione dei nuclei del campione in esame (bobina trasmittente) e quella di captare il segnale emesso dai nuclei alla stessa frequenza (bobina ricevente).

Il campo magnetico prodotto dagli impulsi a radiofrequenza generati dalla bobina di trasmissione è indicato in letteratura come B1 ed ha una direzione

perpendicolare a quella del campo magnetico principale.

Per ottenere immagini MR di alta qualità, le bobine devono possedere due requisiti fondamentali:

(16)

• quando sono utilizzate in trasmissione, devono generare un campo B1

omogeneo nel volume di interesse (ROI - Region of Interest), in modo da eccitare uniformemente i nuclei, e possedere un campo di vista (FOV - Field of View) quanto più elevato possibile, perché spesso la regione di interesse non è nota a priori.

• quando utilizzate in ricezione, devono garantire un elevato rapporto segnale-rumore (SNR) e devono poter ricevere il segnale RF con lo stesso guadagno per ogni punto del volume in esame.

In base al principio di reciprocità dei campi elettromagnetici, se la bobina ricevente soddisfa tale proprietà ed è utilizzata come trasmittente, deve essere in grado di produrre un campo omogeneo.

La recente tendenza all’utilizzo di campi magnetici B0 sempre più alti

(nell’ambito della ricerca si è arrivati ad utilizzare anche campi superiori a 8 T negli studi sugli esseri umani e a 17,6 T per quelli sugli animali), offre una strada in più per l’innalzamento del SNR raggiungibile, utilizzato spesso per migliorare la risoluzione spaziale (negli esseri umani si sono ottenuti anche risoluzioni che stanno sotto 1 mm).

Il passo più importante per l’ottimizzazione del SNR, come per l’ottimizzazione dell’omogeneità del campo RF, rimane comunque la progettazione delle bobine RF. Infatti, ogni particolare applicazione ha dei propri requisiti che devono essere soddisfatti; ciò determina, pertanto, che la bobina a radiofrequenza deve essere progettata ad hoc, in base al problema che si ha di fronte.

Non esiste una bobina che sia ottima per qualunque tipo di applicazione. Nel corso degli ultimi 25 anni sono state sviluppate diverse tipologie di bobine RF le quali, come già anticipato, secondo la loro forma, possono essere classificate in due gruppi: bobine di volume e bobine di superficie.

(17)

1.5.1 Bobine di superficie

Le bobine di superficie sono bobine aperte (Fig 1.5.1) in grado, come lo stesso nome indica, di ricevere il segnale dalle strutture superficiali contigue [43]. Esse forniscono un rapporto segnale-rumore più alto rispetto a quelle di volume: ciò a causa della loro più piccola regione di sensibilità, che comporta una piccola diminuzione della quantità di rumore ricevuta.

Il limite di queste bobine superficiali è che producono un’omogeneità del campo B1 relativamente bassa e, pertanto, vengono utilizzate principalmente in

ricezione. Nelle applicazioni per imaging clinico è desiderato avere un campo di vista (FOV) più elevato possibile. Questo requisito, ampiamente soddisfatto dalle bobine di volume, non viene soddisfatto dalle bobine in esame.

Una possibile soluzione a tale problema, e sicuramente la più semplice, consiste nell’utilizzare una bobina RF di superficie (single-loop coil) con SNR più grande possibile, oppure nel riposizionare una bobina più piccola, ripetendo ogni volta lo studio in relazione alla parte esaminata. Un’altra possibile soluzione consiste nell’utilizzare delle multiple-loop coils o coil array, chiamati in NMR phased array.

(18)

1.5.2 I phased array

Le bobine phased array, di cui un esempio è mostrato nelle figure 1.5.2-1.5.3, sono particolari antenne costituite da più unità poste in parallelo in cui ciascuna bobina riceve indipendentemente dalle altre.

La prima formulazione teorica riguardo a tali tipi di bobine ed al loro utilizzo si deve a Roemer ed Hayes nel 1989. Ad oggi, esse sono presenti, praticamente, in ogni scanner di Risonanza Magnetica, grazie al fatto che consentono di ottenere un’immagine con ampio campo di vista e un buon rapporto segnale-rumore, senza incrementare il tempo di scansione.

Il numero massimo di bobine utilizzabili in un array dipende dall’omogeneità del magnete e dal fatto che ogni bobina necessita di un disaccoppiamento elettronico, cioè di un proprio ricevitore e di un proprio hardware per l’acquisizione dei dati.

Inoltre, se si considerano due bobine identiche, risonanti alla stessa frequenza f0,

e si affiancano, la mutua induttanza che si genera porta ad uno splittamento della f0 in due diverse frequenze di risonanza, con una conseguente riduzione di

sensibilità alla frequenza di risonanza f0. Per eliminare o ridurre questo

accoppiamento si possono sovrapporre le bobine fino ad avere mutua induttanza uguale a zero. In questo modo realizziamo un disaccoppiamento geometrico.

(19)

Figura 1.5.3: Schema di una bobina phased array.

1.5.3 Bobine di volume

Le bobine di volume di solito hanno la forma di un cilindro cavo, al cui interno si posiziona il campione da esaminare.

Queste bobine sono caratterizzate dal cosiddetto Filling Factor, il quale dà un’indicazione di quanto le dimensioni della bobina siano prossime a quelle del campione sotto esame e, quindi, anche di quale sia il rapporto segnale-rumore atteso. E’ evidente che maggiore sarà tale fattore tanto più alto sarà il rapporto segnale-rumore, poiché la regione di spazio che non fornisce segnale utile ma contribuisce solo al rumore è tanto minore quanto più le dimensioni della bobina sono vicine a quelle del campione stesso.

(20)

Questa classe di bobine RF comprende molti tipi di risuonatori, tra cui:

Helmholtz coils, saddle coils e birdcage coils. Tra tutte queste, le birdcage coils

sono le più utilizzate grazie alla loro capacità di generare un campo B1

altamente omogeneo su di un grande volume all’interno della bobina.

Spesso vengono usate due bobine separate: una per la trasmissione, tipicamente una birdcage coil, che garantisce un’eccitazione uniforme della zona interessata, ed un’altra per la ricezione, in genere una surface coil, posizionabile molto vicino alla regione di interesse, che ha la caratteristica di avere un piccolo campo di vista (FOV).

Quando questo avviene è importante garantire il loro disaccoppiamento elettronico e geometrico in modo da minimizzare la mutua induttanza che deriva dal fatto che le due bobine sono accordate sulla stessa frequenza.

Figura 1.5.4: Birdcage coil caricata per MRI.

(21)

1.5.4 Teoria Elettromagnetica per lo studio della

Birdcage Coil

Le caratteristiche della birdcage coil per applicazioni di imaging della testa e del corpo in NMR sono state presentate per la prima volta nel 1985 da Hayes et al., i quali hanno evidenziato le potenzialità di questa bobina in termini di omogeneità del campo generato e di rapporto segnale-rumore.

In particolare, l’uniformità del campo a radiofrequenza, necessaria per generare sequenze accurate di impulsi multiecho, è risultata incrementata rispetto a quella generata da una “saddle coil” (bobina a sella), mentre il rapporto segnale-rumore è risultato linearmente dipendente dalla frequenza.

Si consideri un cilindro di lunghezza infinita, il cui asse è orientato lungo l’asse z, su cui scorre una corrente di superficie lungo la sua lunghezza e di valore proporzionale a sen(φ), dove φ è l’angolo azimuthale in coordinate cilindriche:

J

s

=

J0 sen(φ)

(1.6)

dove J è una costante; per calcolare il campo magnetico ovunque, si deve 0

trovare la soluzione generale per il campo all’interno ed all’esterno del cilindro. Ricordiamo adesso le equazioni valide per il campo magnetostatico nello spazio libero: 0 = ⋅ ∇ B

(1.7) 0 ^ = ∇ B

(1.8)

dove B rappresenta la densità di flusso di campo magnetico; per risolvere queste equazioni, si introduce il potenziale magnetico ψ definito da:

(22)

ψ

−∇ =

B

(1.9)

Poiché ∇^(∇ψ)=0, l’equazione (1.8) è automaticamente soddisfatta, mentre per soddisfare la (1.7), si sostituisce in essa la (1.9) e si ottiene:

0

2 =

∇ ψ (1.10)

che è la ben nota equazione di Laplace.

L’equazione può essere risolta mediante il metodo di separazione delle variabili; assumendo che ψ non vari lungo l’asse z, in coordinate cilindriche si ottiene: ψ

(

ρ

,

φ

)=

+∞ −∞ = m m ρ

(

Amcosmφ+Bmsenmφ)

(1.11)

dove Am e Bm sono delle costanti arbitrarie da determinare nei problemi specifici.

Da questa espressione, si ottiene:

B (ρ,φ)= ) sen cos ( ˆ ρ 1 φ φ ρ m Am m Bm m m m +

∞ −∞ = − + + ) cos sen ( ˆ -m 1 φ φ ρ φ

m m Am m Bm m ∞ = − (1.12) che è una espressione generale per il campo magnetico in coordinate cilindriche con l’assunzione che non ci siano variazioni lungo l’asse z.

Si torni adesso al cilindro di lunghezza infinita e con la particolare distribuzione di corrente; considerando prima il campo fuori dal cilindro, poichè esso deve decadere all’aumentare di ρ, dall’equazione (1.12) si ottiene:

(23)

1 B (ρ,φ)= ˆ ( cos sen ) 1 1 φ φ ρ ρ m Am m Bm m m m +

− −∞ = − + + ) cos sen ( ˆ 1 -m 1 φ φ ρ φ

m m Am m Bm m ∞ = − (1.13)

Si consideri ora il campo all’interno del cilindro: poichè il campo deve restare finito al centro, si ha solo il termine contenente ρm−1 (m≥1) e l’equazione (1.12) diventa:

B2

(

ρ,φ)

=

ˆ ( cos sen ) 1 1 φ φ ρ ρ m Am m Bm m m m +

∞ = −

+

+

ˆ ( sen cos ) 1 m 1 φ φ ρ φ

m m Am m Bm m = −

(1.14)

Applicando le condizioni di continuità del campo sulla superficie del cilindro e risolvendo per le costanti, si trova :

2 0 0 1 J A =−μ 0 0 2 1 2 a J A =−μ (1.15) sostituendo queste espressioni nelle equazioni (1.14) e(1.13), si ottiene:

1 B ( ρ,φ)= (ˆcos ˆsen ) 2 0 0 2 φ φ φ ρ μ ρ⎟⎟ + ⎞ ⎜⎜ ⎝ ⎛a J (1.16) e 2 B ( 2 ˆ ) sen ˆ cos ˆ ( 2 ) ,φ μ0 J0 ρ φ φ φ x μ0 J0 ρ = − = (1.17)

Dall’esame dell’equazione (1.17) si nota che il campo magnetico all’interno del cilindro è diretto lungo l’asse x ed è costante[39].

(24)

Si è dimostrato quindi che una corrente superficiale che scorre lungo l’asse z con una variazione proporzionale a sen produce un campo omogeneo diretto φ lungo l’asse x dentro al cilindro[39].

Ricordando la proprietà fondamentale che una RF coil utilizzata in trasmissione deve necessariamente avere, e cioè quella di generare un campo B uniforme 1

nel volume di interesse, viene quindi giustificato l’impiego di questo tipo di bobine RF [43].

1.6 Fattore di Qualità (Q)

Nella schematizzazione di una bobina a radiofrequenza tramite il metodo del circuito equivalente (fig. 1.6.1) risulta semplice mettere in evidenza come, in un tale sistema, esistano delle perdite di cui bisogna tener conto. Infatti, in una schematizzazione ideale i conduttori della bobina possono essere considerati induttori puri, privi di resistenza, ma in realtà essi presentano una parte resistiva che può influenzare il comportamento della stessa bobina. In particolare, nel caso in cui la bobina sia utilizzata in fase di trasmissione l’effetto della resistenza dei conduttori è quello di una dissipazione di potenza, mentre, se si utilizza in ricezione, si avrà un aumento del rumore in ingresso al sistema.

(25)

Un parametro importante per rappresentare le perdite dovute alla parte resistiva dei conduttori è il cosiddetto fattore di qualità, indicato con Q, che può essere espresso come:

R

L

Q

=

ω

0 (1.18)

dove L è l’induttanza e R è la resistenza caratteristica dell’induttore che può essere considerata in serie.

Possiamo dire che tale fattore influenza notevolmente il comportamento della bobina ed anche di tutto il sistema, in quanto si ha che l’SNR è proporzionale a

Q1/2. Ciò vale analogamente per i condensatori, caratterizzati anch’essi da perdite resistive. La scelta di tali componenti va fatta, quindi, orientandosi verso alti fattori di qualità.

Il parametro Q può essere espresso anche in modo diverso, come:

v

B

f

Q

=

0 (1.19)

in cui f0 è la frequenza di risonanza del sistema e Bv è la banda passante del

circuito risonante. Tale definizione, in particolare, evidenzia quella che è la selettività del circuito risonante.

Il fattore di qualità ricopre, quindi, un ruolo molto importante, in quanto consente di tener conto delle perdite citate precedentemente e, più in generale, di tutti i meccanismi di perdita di un dato sistema.

Nel caso delle bobine a radiofrequenza è necessario considerare perdite dovute alle interazioni magnetiche nella regione di campo vicino della bobina e perdite dovute alle interazioni elettriche, che si traducono per lo più in dissipazioni di potenza sul campione in esame.

(26)

Per determinare i relativi contributi dei vari meccanismi di perdita la via seguita è quella di misurare il fattore Q in differenti condizioni di carico, ovvero di inserire all’interno della bobina il campione da analizzare (condizione di bobina caricata). Con tali prove si verifica di quanto il Q della bobina caricata diminuisce rispetto a quello della bobina non caricata, misurando così le perdite sul campo rispetto a quelle della bobina.

1.6.1 Rapporto tra i Fattori di Qualità (

r

)

Un parametro molto importante da prendere in considerazione è il rapporto tra il fattore di qualità della bobina scarica1 e quello della bobina carica2, definito come segue [44]: coil campione carica scarica

R

R

Q

Q

r

=

=

1

+

(1.20)

Infatti, nel caso in cui r ≈ 1, le perdite sono prevalentemente dovute alla bobina, mentre nel caso in cui r >> 1, le perdite sono dovute essenzialmente al carico. In questo senso si può dire che un valore ottimale di r è intorno a 4-5. Inoltre, sfruttando tale rapporto è possibile calcolare la sensibilità S della bobina che si sta analizzando, riferita ad un valore di sensibilità S0 relativo ad una bobina

ideale, tramite la formula seguente:

scarica carica

Q

Q

r

S

S

=

=

1

1

1

0 (1.21)

1 Senza tessuto biologico da esaminare 2 Con tessuto biologico da esaminare

(27)

E’ doveroso far notare che il fattore di qualità è un parametro in grado di caratterizzare qualunque bobina, sia essa una bobina di volume o di superficie. Rilevazioni sperimentali hanno indicato come bobine circolari presentino un minimo disaccoppiamento ad una distanza pari al 75% dai centri delle due bobine, in quelle quadrate il 90% del lato. Questo studio è stato affrontato nel capitolo 3.

Figura 1.6.2: Effetto dell’interazione di due bobine alla frequenza di risonanza.

1.7 Interazione Campi RF e Tessuto Biologico

Come discusso precedentemente, nella MRI i nuclei sono eccitati da campi a radiofrequenza denominati B1.

Per i sistemi MRI che usano un basso valore di campo magnetico statico (minore di 0,5 T) la frequenza di Larmor e quindi la frequenza del campo B1 è

molto bassa e le dimensioni del corpo umano rappresentano solo una piccola frazione della lunghezza d’onda. In questi casi le interazioni tra il campo B1 e il

corpo umano possono essere trascurate e il B1 può essere studiato in assenza del

(28)

trascurabile, così come rateo di assorbimento specifico SAR (Specific energy Absorption Rate).

Consideriamo una certa massa M di materiale biologico, di composizione in genere non omogenea (si pensi, ad un arto, alla testa o anche all’intero organismo), che occupa un certo volume V; supponiamo di voler calcolare la potenza EM dissipata nell’oggetto, quando questo è investito da un campo EM incidente. Supponiamo di suddividere il volume in tanti volumetti

i

V

Δ (i = 1,2,3…) ciascuno dei quali sufficientemente piccolo da poter ritenere che :

1) il campo nel suo interno sia omogeneo;

2) che il materiale sia abbastanza omogeneo3.

Consideriamo uno dei qualsiasi volumetti, per esempio Δ , se: V1

2 1 1

2

1

i

E

v

w

=

Δ

Δ

σ

(1.22)

indica la potenza elettromagnetica in esso assorbita e

ρ

Δ

v

la massa in esso

contenuta, si definisce potenza elettromagnetica per unità di massa (SAR:

Rateo di Assorbimento Specifico) la quantità:

2

2

1

i i i i

E

v

w

SAR

ρ

σ

ρ

Δ

=

Δ

=

[W/Kg] (1.23)

in cui Ei indica il valore assoluto del campo elettrico nel volumetto Δ , vi ρ la

densità di massa, σ la conducibilità.

(29)

Sommando su tutti i volumetti, si calcola la potenza totale W assorbita in V, cioè

Δ

= i Wi

W e dividendo questa per la massa totale M4 contenuta in V, si ottiene il SAR medio o averege SAR definito come:

M

W

Massa

Potenza

SAR

volumeV del volumeV nel assorb m

=

=

− − − . [W/Kg] (1.24)

Una volta noto il SAR corrispondente ad una certa potenza incidente So (ad

esempio 1W m2) che possiamo indicare con SAR

0 si può determinare il SAR

di una qualsiasi potenza incidente S (purché gli altri parametri del campo, quali la polarizzazione, la distribuzione spaziale, la frequenza ecc., non siano cambiati) semplicemente moltiplicando il SAR0 per il rapporto S S0:

S

S

SAR

SAR

0 0

=

(1.25)

Questa semplice relazione di proporzionalità è una immediata conseguenza della linearità delle equazioni del campo elettromagnetico.

4 dove =

Δ

i vi

(30)

1.7.1 Significato biofisico del SAR

i

e SAR

m

Da un punto di vista biofisico il SARm esprime la densità di potenza media

assorbita nel volume V dell’oggetto in esame [38].

Se V corrisponde all’intero organismo, il SARm fornisce un’idea della quantità

di calore immessa in media in esso e della sollecitazione alla quale è sottoposto il sistema termoregolatore[38]. Il SARi (SAR specifico) fornisce invece la

distribuzione con cui è depositata localmente la potenza EM [38].

La conoscenza di queste distribuzioni permette di individuare la presenza di eventuali concentrazioni di potenza (hot spot), alle quali si deve riservare notevole attenzione per la potenzialità del rischio che queste possono costruire, specie se questi hot spot hanno luogo in organi particolarmente sensibili e/o scarsamente vascolarizzati (occhio e gonadi) [38].

Caratteristiche SAR e risultati sperimentali:

● SARm (SAR medio) è una funzione della frequenza e della polarizzazione

del campo EM. Essa è massima per E parallelo all’asse più lungo del corpo (polarizzazione E), eccetto alle frequenze elevate (sopra un GHz) dove l’assorbimento è di poco maggiore per H parallelo a tale asse.

● SARm presenta un massimo abbastanza largo alla frequenza di risonanza5

(fr).

● Il SARm per f > fr inizialmente decresce per poi mantenersi costante.

5 per Polarizzazione elettrica la frequenza di risonanza è esprimibile approssimativamente con la seguente

formula

L

(31)

● Il SARm nell’uomo presenta la frequenza di risonanza ≅65MHz

(frequenza alla quale si ha il massimo assorbimento di potenza EM).

Figura 1.6.3: Andamento del SARmedio al variare della frequenza.

1.7 .2 Dosimetria dei Campi Elettromagnetici

La dosimetria quantifica l’interazione tra un campo elettromagnetico (EM) e un corpo biologico ad esso esposto [38]. La dosimetria si pone il problema di andare a stimare il SAR (cfr. paragrafo 1.7.1) per mezzo di un approccio modellistico sia numerico che analitico (Dosimetria Numerica - Dosimetria Analitica)

La misura diretta della distribuzione di potenza depositata in un sistema biologico presenta grosse difficoltà, e per ovvi motivi non può essere fatta direttamente sull’uomo.

Appare a questo punto evidente la necessità di realizzare dei modelli teorici che consentano di legare il campo generato all’interno di un oggetto biologico al

(32)

campo EM incidente ed alle caratteristiche fisico-geometriche dell’oggetto stesso, così da poter effettuare previsioni di assorbimento ed estrapolazioni dei dati nelle sperimentazioni su animali. Contemporaneamente è di grande utilità sviluppare modelli sperimentali (tessuti biologici sintetici)6 per verificare l’accuratezza dei risultati ottenuti.

La simulazione sperimentale di un sistema biologico richiede la realizzazione di un materiale fantoccio di caratteristiche elettriche (ε, σ) simili a quelle medie del tessuto o dei tessuti da simulare, e lo sviluppo di una tecnica che consenta la misura del campo interno e della potenza assorbita.

Da un punto di vista elettrico, un corpo biologico è un dielettrico con perdite, non omogeneo ed anisotropo7.

In un tessuto biologico, l’elemento di più significato per le loro proprietà elettriche è senz’altro acqua, la quale, come è noto, costituisce circa il 70 per cento del peso corporeo. L’acqua circonda e permea le cellule. Nell’acqua sono immersi ioni salini e grosse molecole organiche. E’ quindi logico che le caratteristiche elettriche dei vari tessuti biologici siano strettamente correlate con la percentuale di acqua in essi contenuta. Alle frequenze più basse, però le proprietà dielettriche dei tessuti dipendono anche dalle loro proprietà strutturali (architettura cellulare, presenza di membrane, risposta delle grosse biomolecole, ecc). Dato il ruolo determinante dell’acqua è dunque comprensibile suddividere i tessuti in base al loro contenuto acquoso in:

a) Tessuti ad altissimo contenuto di acqua(90 % o più di acqua): sangue, liquido cerebrospinale e altri liquidi organici.

6 Tessuti biologici sintetici:tessuti che risultano avere caratteristiche fisiche e chimiche paragonabili a tessuti

biologici in termini di conducibilità e perdite dielettriche

(33)

b) Tessuti ad alto contenuto di acqua(80 % ): pelle, muscolo, cervello ed organi interni quali reni, fegato,milza, ecc.

c) Tessuti ad basso contenuto di acqua(50 % ): grasso tendini, ossa.

Figura 1.6.4: b) Andamento della conducibilità [S/m], e della costante dielettrica relativa

(34)

Figura 1.6.5: c)Andamento della conducibilità [S/m], e della costante dielettrica

relativa del tessuto adiposo al variare della frequenza.

Come si evidenzia da tali figure la conducibilità e la costante dielettrica relativa del tessuto muscolare e del tessuto adiposo hanno un andamento abbastanza simile, la conducibilità cresce all’aumentare della frequenza mentre la costante

dielettrica decresce all’aumentare della frequenza per convergere circa ad un valore costante.

La figura seguente mostra il valore numerico delle variabili fisiche per determinati tessuti biologici in esame.

(35)

Figura 1.6.6: Valori numerici di conducibilità[S/m], e della costante dielettrica relativa del tessuto

adiposo e muscolare per determinate frequenze.

Questi dati numerici verranno presi in considerazione per simulare la loro interazione con campi magnetici generati da un esperimento di Risonanza Magnetica.

1.7 .3 Modelli utilizzati per la determinazione del SAR in

un esperimento RM

Uno dei modelli maggiormente utilizzati per la stimare il SAR (Rateo di Assorbimento Specifico) in un esperimento RM è il modello di A. Bottomley et al. [21-22]. In tale modello il SAR viene stimato considerando un oggetto assorbitore come una sfera o come un cilindro caratterizzato da una lunghezza infinita. Il reinge frequenziale di interesse va da 1-100MHz, in questo intervallo è stato evidenziato come la conducibilità e le permittività variano in relazione sia alla frequenza di stimolazione ed in base al tessuto biologico di interesse.

(36)

1.7 .4 Spherical Models and Cylindrical Model

Dati sperimentali evidenziano che il SAR risulta dipendere dal campione di misura, del campione geometrico, dalla frequenza, della durata temporale dell’impulso di eccitazione, della resistività del tessuto biologico. In tale modello l’oggetto assorbitore viene considerato come una sfera omogenea (Spferical Model), o un cilindro di lunghezza infinita il SAR in tale modello è descritto dalla seguente relazione:

2 2 2 2

4

π

τ

ρ

θ

ν

T

s

R

C

P

a

=

(1.26)

dove: R, rappresenta il raggio della sfera, C, è una variabile di controllo che vale 6.81* 10-19, s, peso specifico, ρ la resistività del mezzo, T, rappresenta il tempo di ripetizione, e θ è il flip angle, definito dalla seguente relazione, dipendente dal campo magnetico B1.

θ

γ

B )

1

(

t

dt

(1.27)

dove: γ rappresenta il rapporto giromagnetico caratteristico per il tipo di nucleo, B1 rappresenta il campo magnetico a radiofrequenza (impulso magnetico), in questo modello si assume sinusoidale del tipo (B1sin (2πνt)). Questo modello vale per frequenze (ν ) maggiori o uguali a 30 MHz ed un τ T compreso tra 10−8e 10−3s2.

La distribuzione spaziale del SAR nel modello sferico è definito dalla seguente relazione:

(

)

2 2 2 2

4

)

(

,

,

π

τ

ρ

θ

ν

φ

T

s

r

C

r

P

z

r

P

=

a

=

(1.28)

(37)

Se consideriamo il campo solo lungo la direzione z evidenziato in figura (1.6.6) diviene:

Figura 1.6.7: Schematizzazione del modello cilindrico avente lunghezza infinita (a-c) e del

modello sferico (b)-‘Spferical model’.

)

(

,

,

4

2

(

2

cos

22 2

)

π

τ

ρ

φ

ν

φ

T

s

z

r

C

z

r

P

st

+

=

(1.29)

Noto il SAR puntuale (Pa) è possibile determinare il suo valore medio,

(38)

a a R R z R

P

drdz

rd

r

P

R

s

P

=

∫ ∫

=

− − π

φ

π

2 0 0 3

5

2

)

(

4

1

2 2 (1.30) s

P è il SAR medio nel modello sferico, mentre nel modello cilindrico (1.28) il

SAR assume la seguente relazione, l’integrale verrà esteso sul volume del cilindro.

∫∫

=

=

π

φ

π

2 0 0 0 2

(

)

2

1

a a L R

P

drdz

rd

r

P

L

R

ca

P

(1.31)

Da tale relazione si evidenzia una nuova variabile (L), che rappresenta la lunghezza di ogni elementino del cilindro.

1.7 .5 Campo trasverso per il modello cilindrico

Il modello di Bottomley et al. ha consentito inoltre di determinare il SAR, in presenza di una sorgente di eccitazione rettangolare (loop di corrente

rettangolare) , loop di corrente finito mentre estensione del cilindro infinita. Il campo magnetico è diretto lungo l’asse y che induce una forza elettromotrice pari:

L

E

r

E

V

ct

=

4

x

cos

φ

+

2

z (1.32) dove: Ex,Ez sono le componenti del campo elettrico

L’anello di flusso magnetico è descritto dalla seguente equazione )

2 sin( cos

(39)

Per Faraday la componente di campo elettrico lungo l’asse z è descritto dalla seguente relazione, Ez =2πνB1rcosφ, noto il valore assoluto del campo elettrico è possibile determinare il SAR come:

[ ]

[ ]

Kg

W

s

E

P

=

=

ρ

2

2 . (1.33)

In tale modello il massimo assorbimento di energia è pari:

P

ct

=

4

P

a (1.34)

e il suo valore medio è pari:

ct

4

ct

P

P

=

(1.35)

Per via sperimentale8 il modello ha evidenziato i seguenti risultati:

1) il SAR varia al variare della frequenza di stimolazione (figura 1.6.8); 2) il SAR varia al variare del raggio della sfera omogenea (figura

1.6.8);

3) il SAR varia in relazione della resistività e della permittività del mezzo materiale ;

4) Il SAR varia in relazione alla sorgente di eccitazione, e in relazione dei

parametri RM (θ,T, τ )

L’impulso non rettangolare viene utilizzato in un esperimento RM per la selezione di una fetta, l’ energia immagazzinata nel tessuto varia in relazione al tipo di stimolo ed in relazione alla sua durata.

E’ stato evidenziato in tale modello che il flip angle (θ) varia in relazione al tipo di stimolo.

Per un impulso rettangolare (θ) può essere definito come:

8 Gli esperimenti sono stati eseguiti utilizzando uno scanner RM da 1.5T, sul tronco, utilizzando sequenze spin echo planare, e spin warp NMR imaging, caratterizzata da un impulso a 90°della durata di 3,5ms, seguito

(40)

θ

=

1

,

06

γ

B

τ

g (1.36) dove: 2 1 1 B

Bρ = , γ è il rapporto giromagnetico caratteristico di ogni nucleo,

σ

τg =2,36 , dove σ rappresenta la deviazione standard.

Per un profilo di impulso gaussiano e per una funzione sinc, il flip angle assume la seguente relazione:

θ

=

γ

B

τ

z2 (1.37)

dove: τzrappresenta la larghezza centrale del lobo di una sinc nell’incrocio del

punto zero. Nella figura successiva si evidenziano i risultati ottenuti con tale modello.

Figura 1.6.8: Risultati ottenuti con il modello di Bottomley et al.- il SAR varia al variare

(41)

1.7.6 Stima del SAR e Normative vigenti in merito.

In un esperimento di MRI la quantità di energia elettromagnetica depositata in un tessuto biologico o in un fantoccio può essere determinata stimando il SAR (come visto nei paragrafi precedenti), questo non deve superare le norme vigenti in merito, che hanno l’obbiettivo di salvaguardare lo stato di vita e di salute del paziente.

1.7.7 Normative Nazionali ed Internazionali

Le normative riguardante i limiti di sicurezza per esposizione a campi elettromagnetici ha raggiunto, negli anni recenti, una sostanziale omogeneità a livello internazionale. Nella maggioranza dei casi si tratta di raccomandazioni o linee guida. L’italia è uno dei pochi paesi (se non l’unico) ad avere promulgato un ‘Regolamento avente forza di legge con decreto del ministero dell’ambiente del 10 settembre 98’. Verranno qui di seguito illustrati i seguenti documenti: a) Le linee guida elaborate dalla Commissione Internazionale per la Protezione

dalle Radiazioni non Ionizzanti (ICNIRP) da 0a 300GHz;

b) Lo standard dell’IEEE approvato dall’american National Standard Istitute (1992) da 3KHz a 300GHz;

c) La norma Europea sperimentale del Comitato Europeo di Normalizzazione Elettrotecnica (1995). ‘Human Exposure to Electromagnetic Field High

Frequency (10KHz to 300GHz)’, CENELEC, January 1995.

d) Il Regolamento emanato con Decreto dal governo italiano. ‘Regolamento

recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana’. Decreto ministero dell’ambiente n° 381 del 10

(42)

Tutti i documenti si prefiggono lo scopo di prevenire il verificarsi gli effetti nocivi alla salute umana, individuando, attraverso una valutazione critica e sistematica della letteratura pubblicata, quelli di cui è dimostrata l’esistenza e la causa – effetto.

Comunque gli effetti biologici osservabili non necessariamente si traducono in un effetto nocivo.

Gli effetti nocivi riscontrati sono:

1) elettrostimolazione di cellule eccitabili dei nervi e dei muscoli; 2) riscaldamento dei tessuti;

Per frequenze fino a 10-100KHz (ICNIRP) l’effetto prevalente è l’elettrostimolazione delle cellule eccitabili, indotte dal campo elettrico e magnetico. Per frequenze da 100KHz-100MHz si ha un riscaldamento superficiale, con possibilità di un incremento della temperatura corporea per pazienti con deficit al sistema termoregolatore.

1.7.8 Limiti di esposizione

Nel caso di esposizione al campo elettromagnetico i livelli dei campi elettrici, magnetici e della densità di potenza, mediati su un’area equivalente alla sezione verticale del corpo umano e su qualsiasi intervallo di sei minuti non devono superare i valori espressi dalla seguente tabella ‘Decreto interministeriale 10

(43)

I limiti di esposizione sono in generale riferiti al Campo Elettrico E, al Campo Magnetico H o alla densità di potenza S, perché facilmente misurabili fuori dal corpo.

Imponendo il limite sul campo elettrico viene imposto analogamente il limite sul SAR( vedi formula 1.2), per le alte frequenze superiore ai 10 GHz il limite viene dato su Si (densità di potenza). La restrizione sulla densità di potenza garantisce

comunque bassi valori di E ed H (vedi formula 1.3.5 in cui S∝ E , H )

eff eff

H

E

H

E

S

=

=

2

1

(1.38)

Gli effetti biologici e sanitari che sono stati accertati nell’intervallo di frequenza tra 10MHz e pochi GHz possono essere interpretati come risposte ad un aumento della temperatura corporea di oltre 1°C. In condizioni ambientali

Frequenza f(MHz) Valore efficace di campo elettrico E (V/m) Valore efficace di campo magnetico H (A/m) Densità di potenza dell’onda piana equivalente (W/m2) 0.1- 3 60 0.2 - >3- 3000 20 0.05 1 >3000-300000 40 0.1 4

Per f< 10MHz I limiti sono su E, H

Per 10MHz <f < 10GHz I limiti sono su E, H, Si

(44)

normali, un simile aumento di temperatura è provocato da un’esposizione ad un SAR al corpo intero di 4W/Kg per circa 30 minuti.

Si è scelto pertanto un SAR al corpo intero di 0.4W/Kg come limite in grado di fornire un’adeguata protezione professionale (personale professionalmente esposto), per persone comuni è stato introdotto un altro fattore di sicurezza pari a 5, che fornisce un limite 0.08W/Kg per il SAR medio sul corpo intero (ICNIRP).

Caratteristiche dell’esposizione per 100KHz<f<10GHz

ICNIRP

SAR mediato sul corpo intero (W/Kg) SAR localizzato ( arti) SAR localizzato (testa e tronco) Esposizione professionale 0.4 20 10 Esposizione del pubblico 0.08 4 2

Il SAR viene stimato per mezzo di un approccio modellistico (per esempio utilizzando il modello di Bottomley et al.) ed implementato via software9 nello

scanner RM.

Il SAR in un esperimento RM risulta essere determinato dalla seguente relazione : iente pesodelpaz epositata EnergiaRFd F temporaleR sequenza impulsiRF SAR × − ∝ ) ( ) ( (1.39)

9 La formula che definisce il SAR è stata implementata in C ,dall’EPIC ditta che sviluppa software per la

(45)

quindi il SAR aumenta all’aumentare del numero di impulsi e diminuisce all’aumentare del peso del paziente (mantenendo costanti gli altri parametri), il SAR varia anche in relazione al tipo di bobina RF.

Inoltre è possibile determinare il SAR medio prodotto in un esperimento RM, definito dalla seguente formula:

) ( ) ( ) tan ( var Kg iente pesodelpaz epositata EnergiaRFd F temporaleR sequenza dardRF S lsi Numeroimpu SARa ege × − − = (1.40)

Come si nota da tale equazione è presente al numeratore uno standard pulse, questo differisce la relazione del SAR medio da quello puntuale. Lo standard pulse è un impulso rettangolare capace di generare un campo magnetico di intensità pari a 0.117 Gauss.

L’energia depositata in seguito ad uno standard pulse varia al variare del peso del paziente, forza del campo magnetico B0 .

Per la determinazione del SAR medio, l’EPIC ha prodotto un algoritmo in C in grado si convertire un impulso generico in uno standard pulse.

Il primo picco di una sequenza di impulsi è determinato dalla seguente relazione: fa num fa act pw pw num b peakB _ _ _ 1 max_ 1= × × (1.41)

dove: max_ b ,num_pw,act_fa,num_fa,pw, sono delle variabili definite in C che 1 rappresentano rispettivamente, il massimo valore di campo magnetico, valore nominale dell’impulso, attuale valore di flip angle, valore nominale del flip angle.

Una volta determinato il valore di picco, lo standard pulse in questo software risulta essere proporzionale a peakB1ed avente le seguenti caratteristiche: 1) durata temporale 1ms 2) t angle flip B × − = γ θ( ) 1 =0.117Gauss

(46)

La determinazione dello standard pulse consente di determinare il SAR medio per mezzo dell’equazione (1.3.7), noti gli altri parametri RM precedentemente citati. Nel proseguo della trattazione verranno descritti i metodi numerici maggiormente utilizzati in ambito ingegneristico, che consentiranno di studiare l’interazione (EL) alle frequenze proprie di un esperimento RM su uomo.

(47)

Figura

Figura 1.2.1  Schematizzazione di una massa, elettricamente carica, dotata di movimento
Figura 1.2.3: Sottoposti a un forte campo magnetico, i nuclei si allineano  nella direzione di B 0.
Figura 1.4.1: Schema a blocchi di un tomografo per Risonanza Magnetica
Figura 1.5.2: Schema di una bobina phased array.
+5

Riferimenti

Documenti correlati

-volume coils, che comprende Helmholtz coils, saddle coils, e birdcage coils (tra tutte queste, le birdcage coils, mostrata in Fig. 1.6, sono le più utilizzate grazie alla

Infatti, poiché per un’oscillazione di regime lo sfasamento totale del segnale attraverso l’anello deve essere nullo, se ad una leggera deviazione della frequenza corrisponde una

Bobine superficiali (fig. Sono bobine dalla geometria tipicamente planare e sono poste nelle immediate vicinanze della superficie del campione; la loro sensibilità

posizionare Marker sul grafico e valutare in una tabella (List) la potenza dissipata dal transistore nel p.to individuato dal Marker (Suggerimento: usare la funzione indep()

The high electric fields produced by rf guns are necessary both to extract the high currents and to minimize the effects of space charge on emittance growth while the bunch

Although counter-terrorism policies are enacted by the federal government, following the attacks in Paris in 2015, and building on existing initiatives such as having contact

Furthermore, the application of general competition law to the different network industries has had direct consequences on national subsidies (e.g., State aid) ,

Palestinians of Gaza and East Jerusalem The following are some of the main issues regarding the movement of Palestinians within the West Bank, East Jerusalem and the Gaza Strip