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Metodo degli Elementi finiti / Elementi isoparametrici

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Academic year: 2022

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(1)

Elemento quadrangolare isoparametrico

piano 12 nodi

Nella pratica industriale si tratta quasi sem- pre con componenti strutturali di forma com- plessa delimitati da contorni curvilinei, non modellabili adeguatamente con discretizza- zioni a contorni costituiti da spezzate.

Per poter sopperire a questa esigenza si è pensato di “distorcere” gli elementi finiti a lati rigidi stabilendo delle corrispondenze biuni- voche con elementi a lati curvi, più adatti per le applicazioni industriali.

L’idea base consiste nell’utilizzare il sistema di coordinate “naturali” per la scrittura di fun- zioni di forma che descrivono la forma della distorsione.

Metodo degli Elementi finiti / Elementi isoparametrici

(2)

Con riferimento al generico elemento bidimensionale la trasforma- zione di coordinate si ottiene scrivendo

x = N’1 x1 + N’2 x2 + N’3 x3 + …….

y = N’1 y1 + N’2 y2 + N’3 y3 + …….

dove N’1 e N’2 sono opportune funzioni (di geometria) che descrivono la forma della distorsione in coordinate (ξ,η), mentre le xi

e yi sono le coordinate dei nodi nel sistema reale.

L’effetto della trasformazione su elementi quadrangolari a lati rigidi rappresenta delle figure quadrate con assi naturali

(ξ,η) con

origine nel baricentro e rettilinei con coordinate dei nodi comprese fra -1 e 1.

Mentre sulla figura d’origine

in coordinate reali (x,y), gli

stessi assi (ξ,η) sono anco-

ra rettilinei, ma generalmen-

te non ortogonali.

(3)

Nel caso di elementi a lati curvi la figura trasformata in coordi nate (ξ,η) da quadrangolo è un quadrangolo a lati curvi e assi curvi non ortogonali e coordina- te di nodo comprese fra -1 e1,

mentre gli stessi in coordinate (x,y) sono rettilinei. Tuttavia la tra- sformazio è più complessa per via dei punti ulteriori, equispaziati sui lati, che necessitano per descrivere la geometria reale e giustificano la presenza di funzioni di geometria. Se le N’i coincidono con le Ni

che descrivono il campo di spostamento dell’elemento, si ottengono elementi isoparametrici. Gli elementi si diranno subparametrici se le funzioni N’ sono di grado inferiore alle N, superparametrici se il loro grado è superiore. Le funzioni di geometria pos-

sono essere di tipo parabolico o cubico, per rendere più semplice la trasformazione.

(4)

La coincidenza fra le funzioni di forma N ed N’, comunque ga- rantisce che:

-

elementi adiacenti risultano contigui (cioè la distorsione non produce sconnessioni) purchè le funzioni di forma siano continue;

- le funzioni spostamento si conservano continue

;

Si dimostra che tali condizioni sono assicurate assumendo come funzioni di forma

quelle apparte- nenti alla famiglia della “Serendipi- tà”.

Le funzioni di for-

ma che regolano questa trasformazione sono particolarizzate per l’elemento rettan-

golare del tipo qui accanto

(5)

Tale operazione, che non è soltanto una trasformazione di coordi- nate ma anche di forma (quindi topologica), è regolata da un opera- tore, detto Jacobiano, costituito dalle derivate prime delle funzioni di forma, organizzate in una matrice detta Jacobiana [J].

La corrispondenza biunivoca avviene attraverso la relazione sotto- stante, dove la matrice Jacobiana ha la forma del tipo riportato qui sotto.

Nel caso in cui l’elemento quadrilatero sia rettangolo, i termini della matrice jacobiana risulterebbero costanti sulla diagonale principale e nulli sull’altra.

𝜕𝑁𝑖

𝜕𝑁𝜕𝑥𝑖

𝜕𝑦

= 𝐽

−1

𝜕𝑁𝑖

𝜕

ξ

𝜕𝑁𝑖

𝜕

η

𝐽 =

𝜕𝑥

𝜕

ξ

𝜕𝑦𝜕

ξ

𝜕𝑥

𝜕

η

𝜕𝜕𝑦

η =

𝜕𝑁

𝜕

ξ

𝜕𝑁

𝜕

η

∙ 𝑥 𝑦

𝑥 = 𝑥

1

𝑥 ⋯

𝑛

𝑦 = 𝑦

1

𝑦 ⋯

𝑛

(6)

Con questo strumento matematico l’area delle porzioni di dominio può essere espressa nella forma

dx.dy = det[J] dξ dη per le superfici dx.dy.dz = det[J] dξ dη dζ per i volumi

Da cui discende che la condizione perché la trasformazione sia biu- nivoca è che la matrice [J] sia invertibile.

L’invertibilità della matrice Jacobiana ha un ben preciso significato geometrico legato alla configurazione dell’elemento. Perché il deter- minante non sia nullo, ed in particolare non assuma valori negativi è necessario che la configurazione dello elemento sia di tipo conves- so, ma comunque che in corrispondenza dei nodi di vertice i lati non formino angoli maggiori di 180 gradi.

La pratica di utilizzazione dei codici insegna che è prudente non av- vicinarsi nemmeno alla condizione di nullo per evitare risultati non accurati.

(7)

Pertanto nella preparazione della discretizzazione è assolu- tamente necessario evitare eccessive distorsioni, il che si realizza:

• Posizionando i nodi fra i vertici in modo che siano equidi- stanti da essi;

• Cercando di mantenere il più possibile inalterati gli angoli di intersezione fra spigoli;

• Non costruendo elementi troppo stretti.

Con queste accortezze gli elementi parametrici hanno il van- taggio di essere più accurati a parità di numero di nodi, e per- tanto sono più indicati per applicazioni scientifiche e di ricerca piuttosto che per applicazioni industriali dove prevale la routine e la generazione automatica delle schematizzazioni.

(8)

Se non si fa uso di elementi semplici come quelli triangolari lineari è molto difficile integrare analiticamente le espressioni che risul- tano dal calcolo della matrice di rigidezza con la trasformazione di coordinate.

Pertanto è necessario ricorrere all’integrazione numerica, che con- siste nell’approssimare l’integrale della funzione fra –1 ed 1, con quello di una polinomiale ad essa approssimante.

L’integrale della funzione è sostituito con una sommatoria di n va- lori del tipo

I = ∫

-11

f( φ) d φ ≈ ∑ H

i

* f( φ

i

)

dove gli f(φi) sono i valori assunti dalla funzio- ne in punti opportuni. Gli Hi sono coefficienti che pesano i valori della funzione.

Secondo Newton-Cotes i punti della funzione che definiscono la Newton-Cotes Metodo degli Elementi finiti /

Integrazione numerica

(9)

polinomiale sono scelti dividendo l’intervallo in parti uguali.

Secondo Gauss-Legendre i punti vengono scelti in modo da dare maggiore aderenza fra polinomio interpolatore e funzione da integrare.

Esistono delle tabelle, da cui i dati accanto so- no una estrazione, che forniscono le posi- zioni dei punti di Gauss nell’intervallo –1, 1 per ottimizzare l’integrale.

La scelta dell’ordine di integrazione è molto importante nelle applicazioni FEM. Da essa dipendono sia l’accuratezza della soluzione sia il costo dell’analisi.

Gauss

n =2

±ξ

i

= 0,577735 H

i

= 1,000000

n =3

±ξ

i

= 0,77459

0,00000

H

i

= 0,55555

0,88888

(10)

Per il procedimento di Gauss si dimostra:

- che il valore dell’integrale è esatto se il grado della funzio- ne integranda è

≤ 2n -1 con n = punti di integrazione

- che la convergenza alla soluzione esatta è assicurata se il numero di punti di integrazione è sufficiente a valutare e- sattamente il volume (l’area) dell’elemento.

Poiché il volume è definito dallo Jacobiano, il suo esame con- sente di valutare l’ordine della funzione integranda e sta- bilire il numero minimo dei punti di Gauss.

Per elementi isoparametrici piani parabolici, lo Jacobiano risulta di ordine 2 e perciò sono sufficienti 2 punti di Gauss [n = 3/2]

Per isoparametrici cubici lo Jacobiano risulta di ordine 8 e

perciò sono sufficienti 5 punti di integrazione [n = 9/2]

(11)

Si assumono le seguenti funzioni come approssimanti del cam- po di spostamento e rotazione per una trave inflessa:

f(x) = c1 + c2 x + c3 x2 + c4 x3

c1 consente di descrivere il moto rigido di traslazione Θ(x) = df/dx = c2 + 2 c3 x + 3 c4 x2

c2 consente di descrivere il moto rigido di rotazione

La continuità di spostamento è assicurata perché i nodi termi- nali rappresentano i soli punti in comune con elementi contigui.

Non si hanno discontinuità della funzione f(x) che in forma matriciale possiamo scrivere

fi = P · c ovvero

Elementi tipo trave: schema generale modelloTimoshenko

c

1

f(x) 1 x x

2

x

3

c

2

= c

3

Θ(x) 0 1 2x 3 x

2

c

(12)

f

1

(x) 1 0 0 0 c

1

f

Θ

(x) = 0 1 0 0 c

2

f

2

(x) 1 L L

2

L

3

c

3

f

Θ

(x) 0 1 2L 3L c

4

Il campo degli spostamenti all’interno dell’elemento può essere espresso in funzione degli spostamenti nodali mediante la relazione

f

i

= N · f

Invertendo la matrice per ricavare le costanti, e sostituendo il vettore calcolato nell’espressione generale, si ottengono le stesse funzioni di forma ricavate per altra via.

e considerando le coordinate di nodo della trave x = 0 e x = L si può scrivere

{ } [ ] { }

[ ] [ ]

01

{ }

0

1

x o

x

x o

f P

P f

f P

c

=

=

(13)

Per l’elemento trave inflessa si sceglie come parametro caratteri- stico di deformazione, la curvatura, che con la consueta approssi- mazione di trascurare le rotazioni (derivate prime) perché ipotiz-

zate piccole, si confonde con la derivata seconda della freccia.

Θ(x) = df/dx = c2 + 2 c3 x + 3 c4 x2 d2f/dx2 = 2 c3 + 6 c4 x

fy N11 N12 N13 N14 f1 = fΘ1 fΘ N21 N22 N23 N24 f3

fΘ2 N21 = 6ξ2/l - 6ξ/l N22 = 1-4ξ + 3ξ2 N23 = 6ξ/l - 6ξ2/l N24 = -2ξ + 3ξ2

) (

2 3

) 2 (

3 2

1

3 2

14

3 2

13

2 3

12

2 3

11

ξ ξ

ξ ξ

ξ ξ

ξ

ξ ξ

+

=

=

− +

=

− +

=

l N

N

l N

N

essendo ξ=x/l

che esplicitata

(14)

M = EJ d2f/dx2

Tale andamento del momento è corretto qualora il carico sia con- centrato. Se si dovesse trattare con un carico uniformemente distribuito, che dà luogo ad un diagramma parabolico, la legge approssimante del campo di spostamento non è sufficiente e bisognerebbe cambiarla con un’altra di grado superiore: almeno del quarto grado.

Ricorrendo, in ogni caso al sistema dei carichi concentrati equi- valenti sui nodi, la funzione scelta per descrivere il campo di spostamento fornisce la stessa matrice di rigidezza ricavata per altra via.

Questa formulazione, comunque, utilizzata per descrivere il compor- tamento sotto sforzo secondo Eulero, poggia sull’asserto che le sezioni normali alla linea media della trave nella configurazione

che in questo caso risulta lineare come il momento, essendo quest’ultimo proporzionale ad essa mediante la relazione

(15)

indeformata, rimangono piane e normali alla stessa linea media an- che nella configurazione deformata.

Questo risultato discende dall’aver trascurato gli spostamenti con- nessi con la deformazione di taglio rispetto agli spostamenti do- vuti alla flessione.

Questa assunzione risulta in accordo con la realtà se la trave è snel- la, come spesso accade nella ingegneria civile, ma non fornisce risultati soddisfacenti per travi tozze,

come spesso accade per le strutture mec- caniche. Per tener conto di questa eventua- lità, date le potenzialità degli EF si conside- ra il modello sviluppato da Timoshenko.

Esso poggia sull’ipotesi che le sezioni, normali all’asse medio prima della deformazione, anche dopo rimangono piane, ma non sono più normali all’asse medio per effetto della sollecitazione di taglio.

(16)

In formule, l’annotazione differenziale che rap- presenta la rotazione secondo Eulero, potrebbe essere modificata con θ = df/dx - γ dove df/dx = dw/dx è la rotazione totale della sezione

θ è la quota parte dovuta alla flessione γ è la quota parte dovuta al taglio

L’entità del momento flettente dipende dall’ef- fetto della curvatura della flessione e quella del taglio dallo scorrimento, mediante le espressioni

Mf = E Jf dθ/dx T = G A γ / χ essendo χ il fattore di taglio

Con questa formulazione la curvatura della tra- ve non può più essere espressa dalla derivata se-

conda dello spostamento in quanto il vettore che descrive il campo degli spostamenti è composto da due componenti indipendenti. Pertanto per rappresentare questo campo di spostamento occorre utilizzare due poli- nomi di primo grado, essendo lineare l’effetto del momento rispetto alla

(17)

rotazione e quello del taglio rispetto allo scorrimento della sezione, Essi sono, rispettivamente f(x) = c1 + c2 x θ(x) = c3 + c4 x

Ripetendo il procedimento seguito prima per le coordinate dei nodi di estre- mità, si ottengono delle funzioni di forma diverse e precisamente uguali a quelle relative alla trave sollecitata a sforzo assiale.

N11 0 N12 0 con N11 = 1- x/L N =

0 N11 0 N12 N12 = x/L

Per quanto riguarda poi le deformazioni si ottiene dθ/dx = c4

mentre γ = df/dx - θ = c2 - c3 - c4 x

dalle quali si può rilevare che con questo modello la curvatura risulta co- stante invece che lineare come secondo la trave di Eulero, e quindi an- che il momento ha andamento costante, mentre il taglio è variabile li- nearmente come lo è lo scorrimento.

Ne discende che questa formulazione fornisce una descrizione solo ap- prossimata del fenomeno fisico, in quanto per i carichi applicati solo nei nodi (concentrati) si ha un diagramma di momento costante, mentre è

(18)

lineare quello del taglio.

Questo limite potrebbe essere superato scegliendo un elemento a tre nodi per il quale la funzione rappresentativa ha un grado superiore, ma in re- altà questa formulazione comporta un altro limite, in quanto si riscontra un comportamento di notevole sovrastima della rigidezza della trave, quando viene applicata a travi snelle.

Per ricavare la matrice di rigidezza, vale sempre la formulazione generale, dove la matrice B, che lega le deformazioni agli spostamenti, è sempre la derivata della matrice N, mentre la matrice delle costanti elastiche è ora costituita sia dalla E che dalla G e pertanto è una 2x2. La matrice k si ricava con l’integrale ricorrente seguente e per convenienza si prefe- risce dividerla in due componenti: ciascuna per componente di rigidezza

V

[B]

T

[D] [B] dV = [k

f

] + [k

t

]

Quando la trave a cui si applica questa teoria è snella, il valore dello scor- rimento a taglio, ad andamento lineare, tende a zero, ma essendo la curvatura costante, la trave appare come vincolata alla rotazione con una rigidezza virtualmente accresciuta.

(19)

19

Questo comportamento anomalo legato al modello matematico prende il nome di “locking”.

Per ovviare a questo inconveniente vengono utilizzate tecniche di

“integrazione ridotta” e/o “selettiva” nella determinazione della matrice di rigidezza, modificando la funzione approssimante del taglio per svin- colarla dalla rotazione. Vale a dire viene sotto-integrata numericamente la sola parte della matrice connessa con il comportamento del taglio, forzando quindi l’abbassamento del grado della funzione.

Ma in definitiva, è opportuno puntualizzare che questa teoria fornisce risultati realistici solo per intervalli di snellezza non troppo estesi, in quanto anche nel caso di snel-

lezze basse, la rigidezza viene sottostimata con risultati che si allontanano dal concetto di trave..

Nella figura, nella quale in ascis- sa viene riportato un parametro correlato con la snellezza e in or- dinate il rapporto fra risultati ot- tenuti con elementi finiti e valore .

(20)

teorico, può essere evidenziato il range di utilizzo di questa formulazione.

Per bassi valori della snellezza, la trave è talmente tozza da non poter essere considerata ancora tra- ve, mentre per valori grandi di snellezza, la rigi- dezza del modello FEM è talmente elevata da evi- denziare il fenomeno del locking.

La stessa figura evidenzia che con la tecnica della sotto-integrazione viene esteso il range delle snel-

lezze per il quale la teoria risulta più soddisfacente in quanto il fenomeno non si registra più.

Tuttavia una ulteriore correzione è stata proposta, con ottimi risultati. Vale a dire l’assunzione del polinomio di terzo grado che rappresenta gli spostamenti della trave di Eulero

f(x) = c1 + c2 x + c3 x2 + c4 x3

e l’introduzione di una legge di scorrimento per il taglio costante, che è pari a

Θ(x) = df/dx - γ = c2 + 2 c3 x + 3 c4 x2

t = 12 χ E/G Jf /AL2

(21)

in tal modo le funzioni di forma ritornano ad essere 8, della forma

Al tendere del rapporto t a zero (travi snelle – raggio di inerzia piccolo) le funzioni di forma tendono all’espressione non mo- dificata e per t grandi (trave tozza con raggio di inezia grande) lo scorrimento al taglio aumenta.

Allo stesso tempo uno stesso elemento può essere utilizzato tanto per schematizzare travi tozze che snelle, evitando il problema del locking.

N21 = (6ξ2 - 6ξ)/ (l(1+t)) N22 = (1-4ξ + 3ξ2+t(1- ξ))/(1+t) N23 = (6ξ - 6ξ2)/(l(1+t)) N24 =(-2ξ + 3ξ2+tξ)/(1+t)

(22)

Ricordando il principio di d’Alembert

Metodo degli Elementi finiti:

Caso dinamico

δL

est

= δW δL

int

= δU

{ } [ ] { } { } σ ε = = [ ] B χ { } ε f

{ } [ ] { }

{ } [ ] { } { } f [ ] B N { } f f

f N

f

i i

δ ε

δ

δ δ

=

=

=

(23)

[ ] { } { }

[ ] [ ] [ ] B B dV [ ] k

F dS

N

V

T

eq S

T

=

= Ψ

χ

[ ] { } [ ]

[ ] [ ]

N N dV

[ ]

M

X dV

X N

V

T

eq V

T

=

=

ρ

Per cui l’equazione di equilibrio della dinamica, in forma

matriciale diventa

(24)

(*)

che nel caso della determinazione delle frequenze proprie, annul- lando le forze, diventa

{ } F

s eq

= { } F

v eq

= { } F = 0

[ ] k ⋅ { } f = ω

2

[ ] M { } f

che si trasforma nella seguente

qualora si ipotizza una legge si spostamento di tipo sinusoidale

{ } { }

f (t) = f cos(ωt)

(25)

La matrice [M] “Consistent”:

E’ simmetrica ed fondata sulla ipotesi di massa ripartita;

Ha elementi diversi da zero al di fuori della diagonale principale;

Il generico coefficiente mij rap- presenta il contributo alla forza di inerzia che agisce secondo il grado di libertà i, per effetto dell’accelerazione unitaria se- condo il grado di libertà j.

Possono essere costruite due tipi di matrici di massa: consistent o lumped, secondo le funzioni di forma che vengono scelte

(26)

La matrice [M] “lumped”:

È simmetrica ed è fondata sulla ipotesi di masse concentrate;

Ha elementi diversi da zero solo sulla diagonale principale; il ge- nerico elemento mij è nullo in quanto non si tien conto dell’ef- fetto mutuo delle forze d’inerzia sugli spostamenti dei punti i e j;

E’ costruita con funzioni di forma più semplici senza compromet- tere eccessivamente l’accura- tezza della soluzione.

L’accuratezza della soluzione dimi- nuisce col crescere dell’ordine dell’autofrequenza.

(27)

Matrice assemblata di struttura

Matrice delle masse

Riduzione della matrice di rigidezza assemblata

Risoluzione problema agli autovalori

Condizioni di vincolo

Dati di massa (l,A,V,ρ)

Diagramma riepilogativo relativo al problema dinamico

Riduzione della matrice di massa assemblata

Calcolo degli autovettori

(28)

Appendice 2: Autovalori e autovettori Si prenda in esame la relazione in forma matriciale

(*)

dove [A] e [B] sono matrici quadrate, λ è uno scalare e {y} un vettore.

Ponendo [B] = [I] , la relazione precedente diventa

(**) che può essere scritta nella forma

Def. – I valori di λ per cui il sistema omogeneo appena scritto ammette soluzioni diverse da quella nulla, sono detti autovalori o valori caratte- ristici della matrice [A].

Determinare gli autovalori di una matrice quadrata [A] significa, dunque, risolvere l’equazione caratteristica, di grado pari all’ordine della matrice, che si ottiene sviluppando la condizione

[ ] A { } y = λ [ ] B { } y

[ ] A { } y = λ [ ] I { } y [ ] [ ] ) { } 0

( A − λ Iy =

(29)

Nel caso [B] ≠ [I], la condizione diventa

In ogni caso l’espressione contenente la matrice unitaria è sempre ot- tenibile dalla (*) purchè una delle due matrici che vi compaiono sia invertibile. Infatti se questo è vero per la matrice [B], pre-moltiplicando ambo i membri della (*) per [B]-1, si ottiene

Similmente se risulta invertibile la matrice A si otterrà

[ ] [ ] ) 0

det( A − I λ =

[ ] [ ] ) 0

det( A − B λ =

[ ] [ ] { } [ ] [ ] { } [ ] { } [ ]

[ ] [ ]

) { } 0

(

} {

1 1

=

=

=

y I

U

y I

y U

y B B

y A B

λ λ

λ

[ ] [ ] { } [ ] [ ] { } [ ] { } [ ]

[ ]

*

[ ]

) { } 0

(

} {

*

*

1 1

=

=

=

y I

U

y U

y I

y B A

y A A

λ λ

λ

[ ] [ ] [ ]

U = B −1 A

[ ] [ ] [ ]

λ 1λ

*

*

1

=

= A B U

(30)

con la differenza che l’equazione caratteristica fornirà i reciproci degli autovalori. Se poi entrambe le matrici sono invertibili, per una proprietà delle matrici inverse risulterà [U*] = [U]-1 da cui si può dedurre che i reci- proci degli autovalori di una matrice sono gli autovalori della sua inver- sa. Ad ogni autovalore corrisponde almeno un autovettore {y} o moda di vibrazione determinato a meno di una costante arbitraria. Dalla (**) gli autovettori risultano definibili come quei vettori che pre-moltiplica- ti per la matrice [A] forniscono se stessi moltiplicati per il corri- spondente autovalore.

Generalmente le matrici che intervengono in un problema agli auto- valori possono contenere elementi reali o complessi, tuttavia per le ap- plicazioni a cui questo corso è interessato, la trattazione sarà limitata a matrici simmetriche con elementi reali.

In questa ipotesi è possibile dimostrare l’importante proprietà dell’orto- gonalità tra autovettori. Infatti se si indicano con λr e λs due autovalori distinti della (*) e con {yr} e {ys} i corrispondenti autovettori, risulterà

[ ] { } [ ] { }

[ ]

AA

{ }

yysr == λλsr

[ ]

BB

{ }

yysr

(31)

Pre-moltiplicando ambo i membri delle precedenti per il trasposto {ys}T e {yr}T rispettivamente, si avrà

Trasponendo la seconda e sottraendola alla prima ricordando che la trasposta di una matrice simmetrica è la stessa matrice, risulta

Dato che per ipotesi λr ≠ λs deve necessariamente risultare

da cui discende che nello spazio a n dimensioni in cui gli autovettori sono definiti, ogni altro vettore diverso da essi può essere espresso come combinazione lineare di tali vettori fondamentali, secondo la re- lazione

{ } [ ] { } { } [ ] { } { }

r T

[ ] { }

s s

{ }

r T

[ ] { }

sr

T s r r

T s

y B y

y A y

y B y

y A y

=

=

λ λ

{ }

ys T

[ ]

A T

{ }

yr = λs

{ }

ys T

[ ]

B T

{ }

yr

{ }

s T

[ ] { }

r

s

r − ⋅ yBy

= ( )

0

λ λ

{ }

ys T

[ ]

B

{ }

yr = 0

{ }

y =α1

{ }

y1 +α2

{ }

y2 +....αr

{ }

yr +...αs

{ }

ys +....αn

{ }

yn

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