• Non ci sono risultati.

Prolegomeni ad una teoria unitaria dell’abnormità nel diritto processuale - Judicium

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Prolegomeni ad una teoria unitaria dell’abnormità nel diritto processuale - Judicium"

Copied!
5
0
0

Testo completo

(1)

www.judicium.it

ROSARIO RUSSO

Prolegomeni ad una teoria unitaria dell’abnormità nel diritto processuale

1. Secondo l’ultimo responso sul tema delle Sezioni Unite, «Non è abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento - rilevata l'invalidità della notifi- ca dell'avviso di conclusione delle indagini di cui all'art. 415 bis cod. proc. pen., in realtà ritualmente eseguita - dichiari erroneamente la nullità del decreto di citazione a giudizio, disponendo la trasmissione degli atti al P.M., trattandosi di provvedi- mento che, lungi dall'essere avulso dal sistema, costituisce espressione dei poteri riconosciuti al giudice dall'ordinamento e che non determina la stasi del procedi- mento, potendo il P.M. disporre la rinnovazione della notificazione del predetto av- viso».……… «L'abnormità funzionale, riscontrabile, come si é detto, nel caso di stasi del processo e di impossibilità di proseguirlo, va limitata all'ipotesi in cui il provvedimento giudiziario imponga al pubblico ministero un adempimento che concretizzi un atto nullo rilevabile nel corso futuro del procedimento o del proces- so. Solo in siffatta ipotesi il pubblico ministero può ricorrere per cassazione lamen- tando che il conformarsi al provvedimento giudiziario minerebbe la regolarità del processo; negli altri casi egli è tenuto ad osservare i provvedimenti emessi dal giu- dice. In tal senso si è innovativamente determinato il vigente codice di rito in cui, a proposito dei "casi analoghi" di conflitto (art.28 comma 2 C.P.P.), si è affermato, nella Relazione al progetto preliminare del Codice (pag. 16): " Si è volutamente e- vitato qualsiasi riferimento a casi di contrasto tra pubblico ministero e giudice, pro- prio per sottolineare che eventuali casi di contrasto non sono riconducibili alla ca- tegoria dei conflitti, e ciò anche in considerazione della qualità di parte - sia pure pubblica – che il pubblico ministero ha nel contesto del nuovo sistema processua- le". Non è invece caratterizzante dell'abnormità la regressione del procedimento, nel senso di "ritorno" dalla fase del dibattimento a quella delle indagini preliminari.

(2)

L'esercizio legittimo dei poteri del giudice può comportare siffatta regressione. Se si consente al pubblico ministero di invocare il sindacato della Cassazione in ogni caso in cui essa è stata disposta dal giudice, si rende possibile tale sindacato avver- so tutti i provvedimenti di siffatto tipo, eludendosi così il principio di tassatività delle impugnazioni. Deve, quindi, ribadirsi che se l'atto del giudice è espressione di un potere riconosciutogli dall'ordinamento, si è in presenza di un regresso "consen- tito", anche se i presupposti che ne legittimano l'emanazione siano stati ritenuti sus- sistenti in modo errato. Non importa che il potere sia stato male esercitato, giacché in tal caso esso sfocia in atto illegittimo, ma non in un atto abnorme. 11. Nel caso in esame, non sussiste alcun impedimento per il P.M. per la rinnovazione della noti- ficazione dell'avviso di conclusione delle indagini agli indagati»1.

2. La categoria dell’'abnormità' non ha autonoma cittadinanza nel diritto civilpro- cessuale, restando assorbita dalla tematica ivi contemplata sub specie di ricorso straordinario per cassazione2. Come è noto, infatti, la possibilità di ricorrere per cassazione nei confronti di qualsiasi 'sentenza' (anche dichiarata espressamente non impugnabile: v. per esempio art. 618 c.p.c.) ex art. 111, 7° Cost. non è normativa- mente 'importata' nel codice di rito civile (come invece ha fatto l’art. 568, 2°

c.p.p.), ma è frutto di elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale, con i seguenti approdi ermeneutici finali:

è impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione qualsiasi provvedimento, ancorché per legge emesso non in forma di sentenza, che sia decisorio (tale cioè da incidere su posizioni sostanziali di diritto soggettivo3) e definitivo (cioè non altri- menti impugnabile); in questi casi, fino alla riforma (ad opera del D. lgs. n. 40 del 2006) dell’art. 366, ultimo comma, c.p.c., la cognizione della Suprema Corte era

1 Sez. U, Sentenza n. 25957 del 26/03/2009, passim, annotata da G. TODARO, in Cass.

pen., 2009, fasc. n. 12, pag. 4554 e segg.

2 Cass.. civ., Sez. L, Sentenza n. 28299 del 31/12/2009: «Il giudice, una volta definito il giudizio e regolato con sentenza l'onere delle spese processuali, non ha più il potere di provvedere alla liquidazione dei compensi in favore del consulente tecnico d'ufficio; ne consegue che il relativo provvedimento risulta abnorme e in relazione ad esso, trattandosi di atto idoneo ad incidere in modo definitivo su posizioni di diritto soggettivo, è ammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell'art.

111 Cost., senza che possa ravvisarsi alcuna lesione del diritto del consulente tecnico d'ufficio ad ot- tenere il compenso per la propria prestazione, ben potendo egli chiedere il decreto ingiuntivo ex art.

633, n. 3, cod. proc. civ. (Nella specie, la S.C. ha cassato senza rinvio i decreti con i quali il giudice, dopo aver definito il giudizio, ha liquidato i compensi spettanti al consulente tecnico d'ufficio, indivi- duando anche la parte tenuta al pagamento e, in un secondo momento, ha modificato altresì, in viola- zione peraltro del principio del contraddittorio, la parte a carico della quale erano stati posti i predetti compensi)».

3 Perciò, come si legge nella sentenza riportata alla nota n. 2, un provvedimento civile che incidesse definitivamente su posizioni soggettive si considera ricorribile per cassazione, siccome, per l’appunto, abnorme.

(3)

limitata alla mera violazione di legge (con esclusione dunque del controllo indiretto sulla motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c.); infine, nei confronti di provvedimenti non decisori vel non definitivi è ammesso soltanto il ricorso ex art. 363 c.p.c., ma senza effetti sulla controversia, al fine di consentire alla Suprema Corte di estende- re la sua tipica funzione nomofilattica;

se il giudice civile adotta erroneamente una forma di decisione diversa da quella prevista dal legislatore, soltanto questa è rilevante ai fini della ricorribilità per cassazione;

infine, per il principio dell’apparenza, nei casi in cui (ai fini della ricorribilità per cassazione) rilevi la qualificazione giuridica della fattispecie, è decisiva quella at- tribuita dal giudice a quo: così, nel caso di opposizione agli atti esecutivi, tale qua- lificata (ancorché erroneamente) dal giudice a quo, è comunque ammesso il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 618 c.p.c.

3. Sotto altro contiguo profilo, nell’ordinamento civilprocessuale le categorie dell’invalidità sono soltanto quelle della nullità (idonea a convertirsi in motivo di impugnazione ex art. 161, 1° c.p.c. e quindi assorbita dal passaggio in giudicato formale) e dell’inesistenza (che sopravvive invece al giudicato: art. 161, 2° c.p.c.).

Come si è notato, in conclusione, il concetto di abnormità viene (talvolta) utilizzato soltanto al fine di stabilire se il provvedimento impugnando sia decisorio e anche (cioè: and) definitivo: se ricorrono entrambi questi requisiti, esso (siccome, in altri termini, per l’appunto 'abnorme') è comunque (e cioè ancorché non reso in forma di sentenza) ricorribile per cassazione in forza dell’art. 111, 7° Cost., inteso in sen- so sostanziale (perché la forma legale dell’atto, in ipotesi diversa dalla sentenza, non può escludere la tutela costituzionale di legittimità).

4. Accanto ad altre forme tipiche di invalidità (per esempio, la nullità e l’inutilizzabilità), il sistema processualpenale, in cui la ricorribilità per cassazione delle sentenze e dei provvedimenti sulla libertà personale è espressamente codifica- ta (art. 568, 2° c.p.p.), conosce non solo quella dell’inesistenza, ma anche quella dell’abnormità. Entrambe sono atipiche e fanno eccezione al principio di tassativi- tà delle impugnazioni (art. 568, 1° c.p.p.), ma soltanto la prima sopravvive anche al giudicato: l’abnormità infatti deve essere fatta valere con il ricorso per cassazione,

(4)

nei termini per esso previsti 4, decorrenti però dalla concreta conoscenza (e non dalla conoscenza legale) dell’atto5.

5. A differenza di quel che avviene nel processo civile, quello penale è caratteriz- zato dalla distinzione tra procedimento (in senso stretto, le indagini preliminari) e processo penale (quest’ultimo, essendo una porzione del procedimento, è costitui- to, a seguito dell’esercizio dell’azione panale, dall’udienza preliminare e dal giudi- zio), affidati a soggetti diversi (rispettivamente: Pubblico Ministero, G.U.P., Giudi- ce). Ragione per cui, a differenza di quel che avviene nel processo civile (in cui il Decidente è normalmente quello definito unitariamente ed esclusivamente dalla competenza), può avvenire - ed avviene – che la validità di atti di una fase proce- dimentale pregressa, compiuti da un soggetto processuale (in ipotesi, il Pubblico Ministero), sia (e debba essere) vagliata da soggetti processuali 'titolari' della fase successiva (in ipotesi, G.U.P. aut Giudice), con la conseguenza che in tali casi è facile riscontrare una regressione processuale. Non è un caso dunque che la mag- gior parte dei provvedimenti abnormi sia rinvenuta nei rapporti tra Giudice e Pub- blico Ministero. Nelle quali ipotesi ben si intende il dictum delle Sezioni Unite so- pra trascritto (v. retro sub par. n. 0): sussiste abnormità soltanto all’estremo limite, quando cioè a seguito dell’illegittimo provvedimento il procedimento non possa es- sere riattivato senza imporre al Pubblico Ministero l’emissione di un atto nullo, e quindi avvitando il procedimento in un irreparabile circolo vizioso senza (legitti- ma) uscita. Per tal via le Sezioni Unite individuano l’abnormità irrimediabilmente ricorribile per cassazione nelle ipotesi in cui il provvedimento censurato di abnor- mità impedisca la prosecuzione legittima del procedimento, così troncandolo e im- pedendogli di pervenire ad una legittima decisione; il che è quanto dire allorché il provvedimento denunciato di abnormità sia tale da (pre)giudicare definitivamente

4 Sez. U, Sentenza n. 11 del 09/07/1997 Cc. (dep. 31/07/1997 ): «Le disposizioni del codice di rito concernenti i termini per la proposizione dell'impugnazione operano anche con riferi- mento al ricorso per cassazione avverso gli atti abnormi; con la sola eccezione delle ipotesi di grava- me proposto nei confronti di quei provvedimenti affetti da un'anomalia genetica così radicale che, de- terminandone l'inesistenza materiale o giuridica e rendendoli inidonei a passare in giudicato, può es- sere denunciata in qualsiasi momento. (In applicazione di tale principio la Corte ha dichiarato inam- missibile perché tardivo il ricorso del pubblico ministero il quale aveva denunciato l'abnormità del provvedimento del pretore che, ritenuta la nullità del decreto di citazione per omessa citazione della persona offesa, aveva restituito gli atti al titolare dell'azione penale, osservando come dall'anomalia da cui era affetto detto provvedimento non potesse comunque conseguirne l'inesistenza giuridica)».

5 Sez. U, Sentenza n. 34536 del 11/07/2001 Cc. (dep. 24/09/2001 ): «Il termine per pro- porre ricorso per cassazione avverso provvedimento abnorme decorre dal momento in cui l'interessa- to ne abbia avuto effettiva conoscenza e che, in difetto di prova contraria, va identificato in quello indicato dal ricorrente. (Fattispecie concernente ricorso del Procuratore Generale della Repubblica contro provvedimento, non comunicato, di diretta trasmissione in archivio, da parte del P.M., di atti ritenuti penalmente irrilevanti)».

(5)

la decisione sull’azione penale. Una evenienza questa che – come appare chiaro - sembra del tutto sovrapponibile ai casi (v. retro sub par. nn. 0 e 0) in cui, mutatis mutandis, nel rito civile la Suprema Corte ravvisa la ricorribilità per cassazione av- verso i provvedimenti civili decisori (perché incidenti su diritti soggettivi) e definiti (cioè non altrimenti impugnabili). In entrambe le ipotesi la ricorribilità per cassa- zione è assicurata, allorché l’impugnando provvedimento abbia comunque 'deciso' (nel modo contorto sopra evidenziato) sul thema decidendi, sia esso costituito dal diritto soggettivo ovvero dall’azione penale.

Riferimenti

Documenti correlati

115/2002 – nel caso de quo ha dichiarato inammissibile il ricorso principale – e, di conseguenza, ha condannato il ricorrente anche al versamento dell’ulteriore

surendettement le 8 avril 2008 n'interrompait pas la prescription au motif qu'il était distinct par son objet et sa cause d'une action en paiement, quand ce recours constituait

In ragione delle argomentazioni espresse, deve essere dichiarato come il ricorso in riassunzione si inserisca in un procedimento già avviato nell'ambito del quale le parti

Pur se codesto sarebbe già un notevole risultato, purtroppo appannatosi, nelle procedure condivise – e aggiungiamo: non solo nella trattazione originaria della

La percezione diretta si ha in relazione al fatto evidenziante (prassi sociale, atto legislativo), che è un fatto materiale, mentre la situazione evidenziata (regola juris),

In altri termini, mentre sinora i temi legati alla tutela del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione venivano sostanzialmente inquadrati secondo

In altre parole, in caso di “dolo del giudice”, la fattispecie del danno risarcibile non si esaurisce (come induce a credere la motivazione della sentenza)

Il tapino che si risolve ad articolare (o meglio: si risolveva, perché i tempi sono cambiati e il povero n. 5 è stato nel frattempo massacrato) in un solo motivo